i disturbi comportamentali geriatrici del cane

Veterinaria, Anno 17, n. 2, Aprile 2003
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I DISTURBI COMPORTAMENTALI GERIATRICI
DEL CANE: VALUTAZIONE CLINICA,
COMPORTAMENTALE ED APPROCCIO
TERAPEUTICO
M.C. OSELLA, L. BERGAMASCO*, P. BADINO**
Libero Professionista, Chivasso (TO)
* Dipartimento di Morfofisiologia Veterinaria, Sezione di Fisiologia ed Etologia
* * Dipartimento di Patologia Animale, Sezione di Farmacologia e Tossicologia, Università degli Studi di Torino, Grugliasco (TO)
Riassunto
Il veterinario pratico è testimone, nello svolgimento dell’attività professionale sui piccoli animali, delle innumerevoli alterazioni comportamentali del cane anziano, sovente riportate dai proprietari quali espressioni di senilità. Il primo passo consiste
nella conoscenza delle potenziali alterazioni comportamentali geriatriche; successivamente è necessario un approccio clinico
razionale per individuare eventuali cause organiche (neurologiche, ormonali, anatomo-funzionali etc.) che potrebbero contribuire alla modificazione comportamentale. I cani anziani manifestano diversi disturbi comportamentali, espressione della disfunzione cognitiva che in alcuni soggetti può portare ad alterazioni tali da inficiare la funzione del cane quale animale da compagnia. Scopo del presente studio è l’analisi dei diversi problemi comportamentali senili attraverso una valutazione clinica e
comportamentale. Nel periodo 1999-2001 nella popolazione di cani anziani genericamente riferita per patologie comportamentali sono stati selezionati 45 soggetti con alterazioni dell’etogramma specie-specifico ed esenti da patologie cliniche di entità
tale da compromettere di per sé il comportamento e/o lo stato emozionale e cognitivo del paziente. Sono state formulate le seguenti diagnosi: disfunzione cognitiva (7 casi), distimia senile (3 casi), sindrome da iper-aggressività senile (8 casi), depressione da involuzione (6 casi), sindrome da iperattaccamento senile (6 casi), fobie senili (3 casi), ansia generalizzata senile (12
casi). In ciascun caso si è impostato un piano terapeutico comprendente l’aspetto ambientale e il rapporto uomo-animale, sono state applicate le tecniche di modificazione comportamentale e sono stati somministrati farmaci quando ritenuto necessario. Si è riscontrato un miglioramento giudicato ottimo e soddisfacente rispettivamente nel 70% e 25% dei casi, risultato che
incoraggia il proseguimento dell’attività clinico-comportamentale nel settore geriatrico degli animali d’affezione.
Summary
Practicing veterinarians have long been aware of geriatric behavioural changes in pet dogs, often described by the owners
as “normal aging” or “senility”. The first diagnostic tool is a good knowledge of the potential behavioural changes associated
with aging; afterwards any underlying medical conditions (neurologic, hormonal, structural, disease processes etc.) related to
the behavioural changes should be identified. Old pet dogs exhibit multiple behavioural or “cognitive” problems indicative of
cognitive dysfunction, which in some canine patients are sufficiently severe to disrupt the dog’s function as an adequate pet.
Aim of this study has been to analyse the different geriatric behavioural problems by mean of behaviour and clinic evaluation.
During 1999-2001, forty-five dogs have been selected in the population of elderly dogs referred for behavioural abnormalities
without primary organ failure. The following diagnosis has been established: cognitive dysfunction (7 cases), age-related dysthymia (3 cases), age-related hyper-aggressiveness syndrome (8 cases), involutive depression (6 cases), age-related hyperattachment syndrome (6 cases), age-related phobias (3 cases), age-related generalized anxiety (12 cases). In each case a
therapeutic plan has been implemented, including the environmental and the behavioural aspects, the human-animal relationship and a drug therapy when necessary. The recovery grade has been excellent (70%) and good (25%) in most of the cases,
encouraging further research on the topic.
“Articolo ricevuto dal Comitato di Redazione il 26/11/2002 ed accettato per pubblicazione dopo revisione il 18/12/2002”.
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I disturbi comportamentali geriatrici del cane: valutazione clinica, comportamentale ed approccio terapeutico
INTRODUZIONE
L’età media dei cani che vivono nel nostro paese sta gradatamente aumentando, in rapporto alle migliori condizioni ambientali e gestionali, al maggior grado di coinvolgimento emotivo e di disponibilità economica dei proprietari, nonché grazie ai progressi compiuti nel settore prettamente clinico (Dairin, 1996).
In senso lato, l’invecchiamento non rappresenta una patologia, bensì un complesso processo biologico caratterizzato da una progressiva ed irrimediabile modificazione dei
tessuti e delle cellule, il cui risultato consiste in una ridotta
capacità dell’organismo a mantenere l’omeostasi in risposta
a stressori fisici ed ambientali (Landsberg e Ruehl, 1997).
Gli animali presentano conseguentemente una riduzione
delle loro performance, sia fisiche che cognitive, associata ad
un generico aumento della vulnerabilità dell’organismo.
Nei cani anziani i problemi comportamentali spesso sono dovuti ad una combinazione di disturbi organici e funzionali (Houpt e Beaver, 1981) e vengono di solito considerati, tanto dai proprietari quanto dai veterinari, come
manifestazioni della “sindrome del cane anziano”, oppure,
se particolarmente gravi, come “infermità senili”; tuttavia
a volte, possono anche essere attribuiti erroneamente al
“normale invecchiamento” del soggetto, inesorabile e di
conseguenza incurabile. Il passaggio da un semplice rallentamento delle attività psicomotorie ad una vera e propria alterazione dei processi “cognitivi” segna il punto di
confine tra l’invecchiamento fisiologico e quello patologico (Goldman e Côté, 1994). Allo scopo di evidenziare i diversi aspetti del comportamento geriatrico nel cane è stata
effettuata un’indagine retrospettiva su un campione di cani non affetti da patologie organiche primarie tali da modificare di per sé le espressioni comportamentali dell’animale, quali ad esempio un’insufficienza renale grave o una
sindrome di Cushing.
MATERIALI E METODI
La valutazione dei soggetti è stata effettuata su cani di
entrambi i sessi, di età superiore o uguale a 7 anni, di razza
o meticci, che sono stati proposti per un consulto comportamentale nel triennio 1999-2001. I casi (45 totali) sono
stati selezionati nella popolazione generica dei cani anziani
che presentano alterazioni dell’etogramma specie-specifico, escludendo i soggetti affetti da patologie cliniche gravi
o con segni di deficit neurologico; sono anche stati esclusi
i soggetti già sottoposti ad intervento comportamentale,
inclusa una specifica terapia farmacologica (Tab. 1).
Ciascun soggetto è stato sottoposto ad un esame fisico
completo, preceduto da un’accurata raccolta dell’anamnesi clinica e comportamentale; qualora ritenuto necessario è
stato richiesto un consulto specialistico (neurologico, dermatologico, ortopedico, cardiologico, etc.) e/o sono stati
effettuati gli accertamenti diagnostici e le analisi di laboratorio al fine di escludere che l’alterazione del comportamento fosse l’espressione dell’alterazione organica. L’esame ematochimico è stato effettuato di routine, escludendo
i soggetti in cui tale indagine fosse stata svolta negli ultimi
due mesi; il controllo della funzionalità tiroidea e/o dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene è stato eseguito soltanto
qualora i segni clinici e/o comportamentali ne dessero specifica indicazione, in considerazione dell’elevato costo a
carico del cliente. Le procedure standard consigliate sono
sintetizzate nella Tabella 2.
Per una valutazione comportamentale mirata in ambito
geriatrico, in ciascun individuo sono stati considerati i sistemi comportamentali specie-specifici di base (Scott e
Fuller, 1965; Houpt, 2000). Nel dettaglio sono stati considerati i comportamenti investigativo, epimeletico (rivolgere cure a se stessi ed ai compagni sociali, inclusa la cura
del corpo), et-epimeletico (richiedere cure ed attenzione ai
compagni sociali), allelomimetico (facilitazione sociale),
agonistico (inclusi i comportamenti competitivi intraspecifici, i segnali di affermazione di sé e di autoprotezione),
eliminatorio (atto fisiologico, marcatura), sessuale (atto fisiologico, significato sociale), ingestivo (acqua ed alimenti), ricerca di comfort ambientale (inclusi bioritmo e sonno). Le informazioni da raccogliere al momento del colloquio comportamentale sono sintetizzate nella Tabella 3,
mentre i parametri ritenuti validi per l’emissione della diagnosi comportamentale (Dodman e Shuster, 2000; Overall, 2001a; Pageat, 2001) sono riportati nella Tabella 4.
In base alla valutazione clinica e comportamentale è stata
emessa una diagnosi nell’ambito di un diagnostico differenziale, accompagnata dalla relativa prognosi; successivamente è stato elaborato un piano terapeutico caso-specifico,
considerando sia la modificazione dell’ambiente fisico e sociale del paziente sia l’eventuale approccio farmacologico. Il
follow-up è stato eseguito mediante visite di controllo e/o
colloquio telefonico a distanza di un mese e di 6 mesi.
RISULTATI
Dalla valutazione clinica e comportamentale è risultato
un campione di 45 cani affetti da disturbi comportamentali correlati alla senilità e precisamente da: disfunzione cognitiva (7 soggetti), distimia senile (3 soggetti), iper-aggressività senile (8 soggetti), depressione da involuzione (6
soggetti), sindrome da iperattaccamento senile (6 soggetti), fobie senili (3 soggetti) e ansia generalizzata senile (12
soggetti). La Tabella 5 riporta i dati relativi alle diagnosi.
Il piano terapeutico ha incluso strategie di modificazione dell’ambiente di vita dell’animale e del rapporto uomoanimale, così come l’applicazione delle tecniche di modificazione comportamentale nella totalità dei casi, mentre
l’intervento farmacologico è stato adottato in 35 casi su 45
totali (esclusivamente farmaci psicotropi in 25 casi, farmaci psicotropi in associazione a vasodilatatori periferici in 5
casi, esclusivamente vasodilatatori periferici in 5 casi).
Nessun soggetto è deceduto per morte naturale fino al secondo follow-up (6 mesi dal primo colloquio); successivamente si è dovuto procedere alla soppressione di 2 soggetti
con diagnosi di iper-aggressività senile, giudicati ingestibili e
realmente pericolosi per il nucleo famigliare (Tab. 5).
DISCUSSIONE
Gli effetti dell’invecchiamento si riflettono a livello organico e funzionale sui diversi apparati dell’organismo determinando modificazioni comportamentali che talora so-
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no erroneamente interpretate come patologie di ordine clinico. Ad esempio, la diminuita efficienza respiratoria, associata a un decremento età-correlato della capacità respiratoria e dell’apporto di ossigeno al sistema nervoso centrale così come in altri tessuti, può far insorgere periodi di
confusione notturna, diminuita tolleranza all’esercizio fisico unita a conseguente limitazione generalizzata dell’attività motoria dell’animale. Fisiologicamente un soggetto
anziano presenta quindi un generale rallentamento delle
proprie attività, reazioni più lente a stimoli esterni, variazioni del ciclo sonno-veglia e minore adattabilità a modificazioni che intervengono nell’ambiente (Mosier, 1989).
Le molteplici cause filogenetiche ed ontogenetiche dei
diversi tipi di comportamenti sembrano essere basate su
meccanismi neurobiologici distinti, che si estrinsecano a
differenti livelli encefalici e che coinvolgono determinati
Tabella 1
Criteri inclusivi ed esclusivi della casistica proposta
Tabella 4
Parametri da valutare nel paziente geriatrico
1. CRITERI DI INCLUSIONE
Cani di razza/meticci
Età ≥7 anni
Alterazione del comportamento
- presente almeno da un mese
- riferibile a deficit cognitivo e/o comportamentale
2. CRITERI DI ESCLUSIONE
Applicazione di un piano terapeutico comportamentale negli ultimi
6 mesi
Terapia farmacologica specifica per l’alterazione comportamentale
negli ultimi 6 mesi
Condizioni cliniche che potrebbero interferire con l’espressione
dell’alterazione comportamentale
Cane con attuale proprietario da meno di 6 mesi
Tabella 2
Procedure da adottare nell’inquadramento
del soggetto geriatrico
Anamnesi clinica
Anamnesi comportamentale
Esame fisico, possibilmente con esame neurologico di base
Esecuzione di test comportamentali*
Profilo ematochimico completo
Altre indagini di laboratorio (funzionalità tiroidea, asse ipotalamoipofisi-surrene)*
Analisi feci/urina
Altri accertamenti diagnostici (radiografie, ecografie, etc.)*
Consulti specialistici (neurologico, dermatologico, cardiologico,
ortopedico, etc.)*
•
Disturbi dell’alimentazione
Modalità di assunzione di acqua e cibo
Dieta ed orario di somministrazione del cibo
Inappetenza/disoressia/anoressia
Vomito/rigurgito/diarrea/stipsi
•
Disturbi del sonno
Variazioni nella durata del sonno
Variazioni della qualità del sonno
Irrequietezza prima del sonno, risvegli improvvisi nella notte
•
Risposta agli stimoli ambientali in senso lato
Variazione dell’attività esplorativa
Variazione dell’interazione con i famigliari
Variazione della risposta al gioco
Variazione della risposta ai rumori familiari o estranei
•
Disturbi eliminatori
Variazioni nell’urinazione e/o defecazione
Urinazione e/o defecazione in casa
Enuresi/encopresi
•
Vocalizzazioni anormali
Abbaiare, ululare, uggiolare, pigolare
•
•
•
•
•
•
Disorientamento spazio-temporale
Reazioni all’uscita dei proprietari
Riduzione dell’apprendimento
Attività di sostituzione
Reazioni aggressive verso persone famigliari /estranei
Reazioni aggressive verso altri cani famigliari /estranei
*Limitatamente ai casi che lo richiedono.
Tabella 3
Questionario di valutazione comportamentale
del soggetto geriatrico
1. INFORMAZIONI GENERALI
Segnalamento del cane
Valutazione clinica
Problemi segnalati dai clienti
Schema di attività dell’animale
Ambiente di vita e di esercizio dell’animale
2. INFORMAZIONI SUI PROBLEMI PRESENTATI
Descrizione delle alterazioni comportamentali
Esordio e durata del problema
Eventuali correzioni e risultati
3. CONSIDERAZIONI FINALI
Considerazioni per la sistemazione altrove/eutanasia
Individuazione con il cliente degli obiettivi da raggiungere
Tabella 5
Diagnosi e follow-up dei disturbi comportamentali senili
del cane: casi selezionati nel triennio 1999-2001
Diagnosi
N° di casi
N° decessi* Eutanasia*
Disfunzione cognitiva
7
–
–
Distimia senile
3
–
–
Sindrome
da iper-aggressività senile
8
–
–
Depressione da involuzione
6
–
–
Sindrome
da iperattaccamento senile
6
–
–
Fobie senili
3
–
–
Ansia generalizzata senile
12
–
–
Totale
45
0
0
*Follow-up a 6 mesi dal primo colloquio.
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I disturbi comportamentali geriatrici del cane: valutazione clinica, comportamentale ed approccio terapeutico
sistemi neurotrasmettitoriali (Dodman e Shuster, 2000).
Studi condotti su cani anziani (Cummings et al., 1996;
Borras et al., 1999) hanno descritto processi degenerativi a
carico del sistema nervoso centrale, così come si è osservato un declino funzionale età-correlato nelle performance di
diversi test cognitivi (Milgram et al., 1994). Nell’uomo,
inoltre, sono state messe in evidenza modificazioni dei sistemi di neurotrasmissione che coinvolgono soprattutto il
sistema colinergico e monoaminergico (Govoni et al. ,
1998), risultando in una riduzione dell’attività colinergica,
dopaminergica e serotoninergica. Tale quadro globale della funzionalità del sistema nervoso centrale giustifica in
parte le modificazioni dell’espressione comportamentale
geriatrica; tuttavia non sembrerebbe comportare né la perdita quasi completa dei comportamenti acquisiti, né la
comparsa di gravi disturbi del sonno, di variazioni di
“umore” o di manifestazioni ansiose, come invece si osservano in alcuni disturbi comportamentali del cane anziano
(Dodman, 2000).
Così come nell’uomo si osserva un fisiologico declino
cognitivo età-correlato fino alle più gravi forme di demenza, comunemente caratterizzate da un generale deterioramento mentale sufficiente a produrre un totale deficit funzionale del soggetto, anche nel cane si sta delineamento la
“sindrome da disfunzione cognitiva del cane anziano” o
sindrome confusionale del cane anziano (Ruehl et al. ,
1995). Tale patologia può essere in parte considerata l’equivalente canino del Morbo di Alzheimer e presenta modificazioni senili che si verificano a livello cerebrale che influiscono negativamente sui processi mentali e, di conseguenza, sulle interazioni dell’animale con il proprio ambiente. Questa sindrome, che include numerose modificazioni comportamentali tra cui disorientamento, diminuzione o alterazione delle interazioni sociali, riduzione dell’attività generale, nonché perdita delle precedenti abitudini
igieniche di evacuazione ed alterazione del ciclo sonno-veglia (Ruehl & Hart, 2000), appare piuttosto frequente nel
cane anziano, come evidenziato dai risultati dell’indagine
svolta dagli autori (7 casi).
Dall’analisi dei casi riportati nel presente studio, oltre
alle alterazioni riguardanti specificamente le facoltà cognitive dei soggetti esaminati, sembra anche delinearsi la presenza di disturbi comportamentali riguardanti soprattutto
la sfera emozionale dell’individuo; trattasi di disturbi dell’umore correlati alla reattività dell’animale, e precisamente depressione da involuzione (6 casi) e distimia senile (3
casi), come già proposto da Pageat (1996). La depressione
da involuzione presenta una disorganizzazione affettiva
particolarmente grave con aspetti cognitivi secondari; si
assiste alla perdita delle corrette abitudini eliminatorie, alla modificazione delle interazioni sociali e alla comparsa di
stereotipie come attività di sostituzione. Come indica il
termine stesso, si tratta di uno stato emozionale depressivo
(depressione) con una regressione dei normali comportamenti dell’animale (involuzione). La distimia indica invece
una ricorrenza periodica di episodi “produttivi” alternati a
fasi di apparente normalità (disturbo unipolare) o a episodi depressivi e quindi “deficitari” (disturbo bipolare) (Gasperini et al., 1998). Nello specifico, ci si riferisce ad una
distimia che può avere caratteristiche di uni- o di bi-polarità, ma prettamente legata al contesto geriatrico. Una caratteristica saliente riscontrata nel cane (Pageat, 1996) è la
perdita da parte del soggetto della capacità di valutare il
rapporto tra le dimensioni di un passaggio e le dimensioni
del proprio corpo, che spesso inducono il veterinario a
formulare una diagnosi di disturbo neurologico senza considerare l’aspetto comportamentale.
In base alla classificazione del “Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV)” della Medicina
Umana, ripreso da Thompson (2000) in chiave veterinaria,
i cani possono manifestare risposte periferiche neurovegetative (iperattività, tremori, tachicardia, tachipnea, disturbi
gastroenterici, evacuazioni frequenti, vomito e rigurgito)
riferibili a stati di ansia e paura, nonché segni comportamentali (vocalizzazioni inappropriate, distruttività, comportamento eliminatorio inadeguato, reazioni aggressive,
alterazioni ciclo sonno-veglia, alterazioni dell’appetito, attività di sostituzione). Nell’ambito del campione considerato sono state formulate diagnosi di ansia generalizzata in
12 cani e di disturbo d’ansia conseguente ad iperattaccamento verso i proprietari in 6 cani per la peculiarità della
comparsa della sintomatologia ansiosa solo ed esclusivamente al momento della separazione dall’oggetto di attaccamento. Tali riscontri evidenziano che i disturbi ansiosi
risultano essere i più rappresentativi nel presente studio
(18 soggetti). Per quanto concerne le fobie (3 soggetti) sono state rilevate reazioni fobiche soprattutto nei riguardi
di temporali e rumori forti, quali scoppi di petardi e fuochi d’artificio. L’attributo “senile” è stato scelto dagli autori in quanto trattasi di soggetti in cui la sintomatologia è
comparsa recentemente oppure ha subito un deciso peggioramento nell’ultimo periodo di vita dell’animale, così
imponente al punto da interferire con lo svolgimento delle
sue normali funzioni vitali.
Altra turba comportamentale osservata è la sindrome da
iper-aggressività senile (8 casi). Una condizione analoga è
stata proposta da Pageat (1996) e denominata “iper-aggressività del cane anziano”, in cui la caratteristica principale è la disorganizzazione dei rapporti sociali intra- e/o
inter-specifici. I soggetti colpiti presentano un aumento
della frequenza degli atti aggressivi con perdita del controllo ed inversione delle sequenze tipiche della risposta
aggressiva: il cane aggredisce senza segni premonitori e
successivamente esegue la fase di minaccia, non presenta
l’usuale fase di riappacificazione dopo l’aggressione e non
si blocca di fronte all’atto di sottomissione del rivale. Oltre
il 70% dei soggetti considerati nello studio di Pageat
(1996) presentava una forte tendenza alla bulimia, e caratteristica peculiare di tale patologia è che l’animale non
presentava precedentemente tendenza all’aggressività. Degli otto casi relativi a comportamenti aggressivi, tre soggetti soddisfano i requisiti della iper-aggressività del cane anziano di Pageat, ma gli altri cinque cani presentavano reazioni aggressive verso i proprietari riferibili a forme offensive e/o difensive (Dodman, 2000), come risultato di un’esacerbazione di conflitti gerarchici del nucleo famigliare a
livello intraspecifico (relazioni cane-cane: 2 casi) e/o interspecifico (relazione cane/uomo: 3 casi) comparsi precedentemente.
Il comportamento di un animale può essere influenzato
da molti fattori, da cui la necessità di comprenderne i diversi aspetti, non solo per formulare una diagnosi corretta
ma anche per impostare un efficace piano di trattamento
che spesso si fonda su una combinazione di elementi di-
Veterinaria, Anno 17, n. 2, Aprile 2003
versi per la correzione del problema; i cardini dell’intervento terapeutico sono le modificazioni ambientali, l’applicazione di tecniche di modificazione del comportamento basate sui principi dell’apprendimento e l’intervento
farmacologico (Tab. 6).
L’ambiente, sia fisico, cioè il luogo in cui l’animale vive,
che sociale, considerando l’interazione uomo-animale e la
relazione intraspecifica, sia in ambito domestico che in
esterno, può essere modificato in modo da migliorare la
qualità della vita dell’animale, anche in rapporto alle specifiche esigenze del proprietario. Nel dettaglio, sono state
fornite al cliente informazioni generali sulla detenzione e
sulla gestione del cane, componenti che devono forzatamente cambiare come conseguenza della condizione senile
dell’animale, valutando lo stile di vita dell’intero nucleo famigliare e lo schema delle attività giornaliere; di concerto
con i proprietari, in ogni singolo caso, è stata predisposta
una strategia d’intervento puntando sulla programmazione
delle uscite del cane (aumento della frequenza delle uscite,
riduzione della durata), sulla quantità e sulla qualità nonché sulle modalità delle fasi di gioco con il cane (fasi di
gioco brevi e ripetute, esecuzione di esercizi semplici da
eseguire e da ripetere), sulla dieta e sulle modalità di somministrazione del cibo (ciotole basse e larghe, aumento
della frequenza di somministrazione del cibo) e così via,
con l’obiettivo di aiutare il proprietario a costruire un rapporto migliore con il proprio animale che è “anziano”. Altro tipo di intervento riguarda la variazione nella casa degli spazi destinati agli animali, delle zone di alimentazione,
di riposo e di eliminazione delle deiezioni (uso di giornali
e del pannolone), la creazione di aree destinate esclusivamente al cane o di aree separate per i diversi animali nel
caso di problemi comportamentali riferibili alla convivenza di più soggetti nello stesso nucleo famigliare (area di rifugio per l’animale più anziano, soprattutto in assenza dei
proprietari), abolizione delle barriere architettoniche in
casa e in giardino o cortile, al fine di consentire al cane di
accedere liberamente ai luoghi desiderati. I risultati del
presente studio hanno confermato che non esistono soluzioni a priori, ma si deve decidere ciò che risulta ottimale
nel caso specifico. Un punto fondamentale trascurato nella
gestione dell’animale è che spesso il cane non sopporta più
l’assenza prolungata del proprietario, sia per le nuove esigenze fisiologiche (nutrizione, eliminazione delle deiezioni) sia per l’insorgere di una condizione generale di insicurezza nei confronti anche degli ambienti conosciuti, similmente a quanto accade nel corrispondente anziano “umano”. A tal proposito è molto importante una diagnosi accurata, soprattutto nelle forme di iperattaccamento senile,
in cui l’adozione delle strategie standard applicate nell’ansia da separazione (Overall, 2001a) o nelle patologie da
iperattaccamento primario e secondario (Pageat, 1998) risulterebbero essere non solo inutili ma addirittura controproducenti.
Lo scopo della terapia comportamentale è di incrementare la frequenza di emissione dei comportamenti positivi
o desiderabili e di ridurre quella dei comportamenti negativi o indesiderabili; i suoi presupposti risiedono sostanzialmente nelle teorie psicologiche relative ai processi di
apprendimento, in particolare l’apprendimento associativo, in cui si creano delle associazioni stimolo-risposta
(Overall, 2001a). Nel cane anziano l’abituazione (la forma
45
più elementare di apprendimento che indica la cessazione
o la riduzione di una risposta ad uno stimolo come risultato di un’esposizione ripetuta o prolungata allo stimolo
stesso), è di scarso aiuto per la ridotta plasticità neuronale
dell’animale e per una sua condizione generale di iperreattività, come rilevato nel presente studio. Di maggior
utilità si è rivelato il condizionamento dell’individuo ad
emettere specifiche risposte in rapporto a determinati stimoli, applicando sia il condizionamento classico sia il condizionamento operante o strumentale. Nel dettaglio sono
stati applicati sia schemi di rinforzamento continuo (si
premia l’animale ogni volta che emette la risposta desiderata) che intermittente (si premia l’animale basandosi su
uno schema a rapporto/intervallo fisso o variabile), in
quanto il primo è lo schema di lavoro che determina l’acquisizione più rapida di una specifica risposta, ma il secondo rende le riposte apprese più resistenti al processo di
estinzione (Overall, 2001a). Sono stati ampiamente utilizzati rinforzi positivi, quali bocconcini, parole e sguardo
dolci, carezze, al fine di aumentare la probabilità di emissione della risposta stessa, mentre tendenzialmente sono
stati evitati i rinforzi negativi (il rinforzamento negativo
determina la cessazione di uno stimolo che aumenta la
probabilità che un comportamento sia ripetuto), in quanto
implicano reazioni di fuga o di evitamento, assolutamente
controindicate in soggetti psicolabili quali gli anziani. Similarmente, anche la punizione (che è l’applicazione di
uno stimolo avversivo o negativo, dopo o durante una risposta, che porta ad una riduzione della frequenza della risposta stessa) è stata pochissimo utilizzata. In tutti i casi
considerati sono stati applicati il controcondizionamento
(in cui il comportamento negativo o indesiderato è estinto
o controllato insegnando all’animale ad emettere un altro
comportamento, preferibilmente gradevole e divertente,
che interferisce in modo competitivo con l’esecuzione del
comportamento indesiderato) e la desensibilizzazione sistematica (che porta ad una riduzione della risposta che è
prodotta dall’esposizione graduale allo stimolo che elicita
la risposta stessa); sono stati utilizzati, previo adattamento,
i protocolli riportati da Overall (2001a).
Il trattamento farmacologico nei problemi comportamentali può essere utile sia per facilitare lo svolgimento
dei programmi di modificazione del comportamento, sia
per trattare l’eventuale componente neurofisiologica dell’alterazione del comportamento; come in psichiatria, è errato prescrivere farmaci che influiscono sul comportamento senza inserirli in modo appropriato nel piano terapeutico generale (Overall, 2001b). Il veterinario deve dissuadere i proprietari dal ritenere che i farmaci siano una soluzione rapida in grado di sostituire il lavoro e l’impegno che
l’intera famiglia deve sostenere nell’ambito di un protocollo di correzione comportamentale; deve altresì conoscere
l’azione del farmaco a livello comportamentale e deve soprattutto considerare che si tratta di pazienti anziani, anche se non affetti da gravi patologie primarie. Per ciascun
farmaco si devono valutare attentamente la posologia, le
controindicazioni, gli effetti collaterali e l’eventuale interazione con altri farmaci ed il paziente deve essere monitorato per l’intera durata della somministrazione del farmaco.
I farmaci che sono stati utilizzati nei casi inclusi nell’indagine in oggetto appartengono a diverse categorie farmacologiche, e precisamente benzodiazepine, quali diazepam
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I disturbi comportamentali geriatrici del cane: valutazione clinica, comportamentale ed approccio terapeutico
Disfunzione
cognitiva
(7 casi)
7 casi
7 casi
7 casi
Distimia
senile (3 casi)
3 casi
3 casi
2 casi
Sindrome da
iper-aggressività
senile (8 casi)
8 casi
8 casi
5 casi
Depressione
da involuzione
(6 casi)
6 casi
6 casi
4 casi
Sindrome da
iperattaccamento
senile (6 casi)
6 casi
6 casi
4 casi
ed alprazolam, antidepressivi triciclici (TCA, tricyclic antidepressants) quali la clomipramina cloridrato, inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina (SSRI, Selective serotonin re-uptake inhibitors) quali la fluoxetina, inibitori
delle monoossidasi di tipo B (IMAO-B, monoamino-oxidase B inhibitors) quali la selegilina, e vasodilatatori periferici (nicergolina); il dosaggio utilizzato è riportato nella
Tabella 7 (Overall, 2001b). In letteratura riguardo le patologie senili si annoverano indicazioni farmacologiche relative all’impiego della selegilina (Ruhel et al., 1995; Pageat,
1997), della fluoxetina, della clomipramina e dei vasodilatatori cerebrali (Pageat, 1997). Dalla disamina dei dati
proposti sembra che a tutt’oggi non sia del tutto chiaro
quali farmaci risultino maggiormente efficaci nelle diverse
diagnosi legate alle patologie del cane anziano, e soprattutto non si abbiano informazioni sufficienti sulla neurofisiologia alla base dei disturbi stessi. Come già esposto precedentemente i sistemi monoaminergici e colinergici sono
quelli maggiormente interessati dalle modificazioni etàcorrelate, non dimenticando che il substrato neuronale dei
soggetti anziani si presenta in una condizione ipossica dovuta ad una diminuita funzionalità degli organi deputati
all’ossigenazione dell’organismo. Nel presente studio sono
stati utilizzati: la fluoxetina per il trattamento dei comportamenti aggressivi, la selegilina per l’involuzione e la distimia senili, la selegilina o la clomipramina per i casi di disfunzione cognitiva, di condizioni ansiose e fobiche di forte intensità; le benzodiazepine (diazepam, alprazolam) sono state impiegate per il trattamento di condizioni ansiose
e fobiche di lieve entità. I vasodilatatori cerebrali sono stati somministrati in preparazione al successivo intervento
farmacologico con psicotropi oppure quando i proprietari
hanno escluso a priori qualsiasi farmaco con specifiche indicazioni comportamentali.
Le Tabelle 8 e 9 riepilogano l’approccio terapeutico e
prettamente farmacologico nei casi selezionati nel presente
studio.
La disponibilità del cliente è un fattore cruciale per il
successo terapeutico del caso comportamentale; è necessario che si mantenga un dialogo costante con il veterinario,
osservando scrupolosamente le alterazioni che si verificano nel comportamento dell’animale, riferendo con sincerità al terapeuta dubbi, perplessità o quesiti vari che possono sorgere nel corso della terapia. In generale il grado di
compliance, termine anglosassone che indica proprio la
compartecipazione del cliente all’attuazione del piano terapeutico, è stato molto elevato sia al momento della prima visita sia alle visite o ai colloqui telefonici di controllo.
Secondo gli autori questo aspetto ha decisamente contribuito al risultato del successo terapeutico, stimabile in un
miglioramento giudicato ottimo e soddisfacente rispettivamente nel 70% e 25% dei casi, elemento che certamente
incoraggia il proseguimento dell’attività clinico-comportamentale nel settore geriatrico degli animali d’affezione.
Fobie senili
(3 casi)
3 casi
3 casi
3 casi
CONCLUSIONI
Ansia
generalizzata
senile (12 casi)
12 casi
12 casi
10 casi
Tabella 6
Componenti del piano terapeutico da adottare
nel soggetto geriatrico
1. Modificazione dell’ambiente fisico del cane
a. limitazione accesso parti della casa
b. cambiamento della cuccia
c. sostituzione delle ciotole
d. eliminazione delle barriere architettoniche
2. Modificazione dell’ambiente sociale del cane
3. Applicazione sul cane delle tecniche di modificazione del
comportamento
a. controcondizionamento/desensibilizzazione sistematica
b. uso del rinforzo positivo (cibo, carezza, lode verbale)
c. punizione controindicata
Tabella 7
Principi attivi e dosaggi utilizzati nel presente studio
Principio attivo
Dosaggio
Alprazolam
0,125-1,0 mg/kg po q 12h; 0,01-0,1 mg/kg
po prn per gli attacchi di panico; non superare i
4 mg/cane/die per i cani di piccola e media taglia
Clomipramina
1-2 mg/kg po q 12h
Diazepam
0,5-2,2 mg/kg po q 4-6 h prn
Fluoxetina
1,0 mg/kg po q 12-24h
Nicergolina
0,25-0,50 mg/kg po q 24h
Selegilina
0,5-1 mg/kg po q 24h
Tabella 8
Approccio terapeutico: casi selezionati nel triennio 1999-2001
Diagnosi
Modificazione
Terapia
Terapia
Socio-Ambientale Comportamentale Farmacologica
Similarmente a quanto accade in Medicina Umana per
“i grandi anziani”, la questione su cui si discute riguarda
dove collocare il limite che divide la fisiologia dalla patologia. È necessario quindi, prima di cercare di diagnosticare
Veterinaria, Anno 17, n. 2, Aprile 2003
47
Tabella 9
Principi attivi utilizzati nel trattamento dei casi proposti
nel presente studio
Diagnosi*
Disfunzione cognitiva (7 casi)
Distimia senile (2 casi)
Sindrome da iper-aggressività senile (5 casi)
Depressione da involuzione (4 casi)
Sindrome da iperattaccamento senile (4 casi)
Fobie senili (3 casi)
Ansia generalizzata senile (10 casi)
Alprazolam
Clomipramina
Diazepam
Fluoxetina
Nicergolina**
Selegilina
–
–
–
–
–
1 caso
5 casi
2 casi
–
–
1 caso
3 casi
–
–
–
–
–
1 caso
1 caso
–
1 caso
3 casi
–
–
2 casi
–
2 casi
1 caso
–
–
–
3 casi
1 caso
–
2 casi
1 caso
1 caso
2 casi
2 casi
–
*Numero di soggetti sottoposti a trattamento farmacologico tra i casi selezionati nel presente studio.
**La nicergolina è stata inoltre somministrata per 30 giorni prima di iniziare la terapia con farmaci psicotropi in 3 soggetti affetti da disfunzione cognitiva
e in 2 soggetti affetti da depressione da involuzione (5 casi in totale).
o trattare un disturbo comportamentale geriatrico, conoscere i principali fenomeni chiamati in causa nel processo
di senescenza, poiché solo allora le possibili vie terapeutiche appariranno più chiare. In ultimo, il cane anziano presenta molteplici aspetti neuropatologici e gestionali che lo
farebbero ritenere un valido modello animale per lo studio
dei processi legati all’invecchiamento e di alcuni tipi di demenza senile nell’uomo.
Parole chiave
Invecchiamento, cane, alterazioni comportamentali.
Key words
Aging, dog, behavioural disorders.
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