Le origini della democrazia ateniese: da Solone a Clistene Nel corso del VII sec., ridotta la funzione del Re alle sole pratiche religiose, il governo della città era stato assunto da un gruppo ristretto di aristocratici che, in quanto cittadini, eleggevano annualmente tra loro 9 arconti, preposti a tutte le funzioni di governo e assistiti da un Consiglio chiamato Aeropago, composto dagli arconti usciti di carica. L’Aeropago svolgeva anche le funzioni di tribunale per i reati più gravi. Questo sistema fu duramente sconvolto, alla fine del VII sec., dalla grave crisi agraria e sociale che si abbatté su tutta la Grecia. Conflitti tra le varie regioni – costa, pianura e montagna-, ad Atene i conflitti tra teti (braccianti agricoli) e i nobili potevano sfociare in una guerre civili di ampia portata. Gli aristocratici affidano la soluzione a un uomo di grande prestigio: Solone, al quale, nel 594/93 a.C. furono affidate la carica di arconte e le funzioni di “conciliatore”. Solone intervenne in primo luogo per sanare la situazione economica e sociale: proibì la schiavitù per debiti, come, invece, prevedeva la legge di Draconte, e i debitori insoventi ridotti in schiavitù furono reintegrati nella cittadinanza; limitò la quantità di terra che un singolo cittadino poteva possedere; proibì l’esportazione dei prodotti agricoli, eccetto l’olio. Sul piano politico, Solone divise i cittadini in quattro classi secondo un criterio timocratico. 1. Pentacosiomedimni, cittadini le cui terre producevano almeno 500 medimi di cereali o l’equivalente in olio; 2. Hippeis, i cavalieri, il cui censo, tra i 300 e i 500 medimni, consentiva loro di militare, come i pentacosiomedimni, nella cavalleria; 3. Zeugiti, produttori di almeno 200 medimni, che militavano tra gli opliti. 4. Teti, che non avevano proventi agricoli o ne avevano in misura inferiore a 200 medimni e militavano nella fanteria leggera e nella marina. L’accesso alle magistrature era anch’esso regolato dal criterio timocratico, per cui solo i membri della prima classe potevano diventare arconti e tesorieri della città; quelli della seconda e terza classe ricoprivano le alte magistrature; i teti non avevano accesso a nessuna carica. Solone, però, fece in modo che i teti, pur esclusi dalle cariche di governo, facessero parte dell’assemblea popolare (ekklesìa), che eleggeva i magistrati e decideva in merito alle leggi, e del tribunale del popolo (heliàia), cui il cittadino poteva appellarsi contro le sentenze degli arconti. Questo fu un elemento di novità molto importante sul piano politico perché riduceva l’Aeropago al solo ruolo di custode delle leggi, e controllore dell’operato dei magistrati e dei cittadini. Parallelamente fu creato un Consiglio (boulè), composto da 400 membri scelti dall’assemblea popolare tra tutti i cittadini, a esclusione dei teti, il quale elaborava il testo delle leggi da sottoporre al parere dell’assemblea. Successivamente, conclusasi la tirannide di Pisistrato (546-510 a.C.) si riaccendono violentemente le contese e la svolta avvenne nel 508/7 a.C. con l’elezione ad arconte di Clistene, nobile ma con tendenze filopopolari. Clistene definisce uno strumento, una procedura nuova, che opera come vera e propria rappresentanza. Il territorio dell’Attica fu diviso in trenta distretti chiamati trittìe. Queste furono distribuite in dieci tribù o demi, ciascuna delle quali comprendeva una trittìa della città, una della costa e una dell’interno. In ogni singola trittìa erano mescolati, in modo equilibrato, tutti i ceti sociali dell’Attica ed essa, quindi, rappresentava un campione omogeneo della cittadinanza, era un’entità astratta, non territoriale. Ogni singola tribù esprimeva al suo interno un determinato contingente di opliti e di cavalieri. Essa designava 50 consiglieri che andavano a comporre il Consiglio dei 500 (che sostituì quello dei 400 creato da Solone). La nuova boulè era l’organismo più importante della pòlis: preparava i decreti da sottoporre all’approvazione dell’assemblea (ekklesìa), controllava l’operato dei magistrati e le finanze pubbliche, gestiva la politica estera. La boulè, quindi, creava quei dispositivi su cui l’ekklesìa doveva decidere. La boulè funzionava in questo modo: l’anno fu diviso in dieci sessioni (pritania), una per ogni mese dell’anno (l’anno era di dieci mesi, in media di 35 giorni). Ogni sessione era affidata a 50 consiglieri di una singola tribù: in successione, tutte le tribù operavano nel Consiglio tramite i loro rappresentanti. In questo modo si snellivano le riunioni che altrimenti sarebbero state inefficienti. I 50 consiglieri (pritani) del mese traevano a sorte tra di loro un presidente che restava in carica un solo giorno e che fungeva da presidente dell’assemblea. Non si poteva essere eletti membri del Consiglio per più di due volete nella vita: questo significa che ogni cittadino ateniese aveva probabilità di ricoprire, prima o poi, questa carica. L’assemblea (ekklesìa) era composta da tutti i cittadini ateniesi. Le riunioni erano di massa –è probabile che la partcipazione media fosse di 5000 individui su un totale di 40.000 cittadini- e avvenivano all’aria aperta. Essa era chiamata ad approvare, a respingere o a modificare le proposte del Consiglio; poteva occuparsi di altri argomenti; fungeva da corpo elettorale per la nomina di magistrati e poteva costituirsi in tribunale per decidere su casi giudiziari importanti. Essa eleggeva anche dieci strateghi (uno per tribù) che comandavano l’esercito. Riuniti in un collegio presieduto da un arconte detto polemarco, essi provvedevano a tutto quanto riguardava la sicurezza della pòlis. Ad eccezione anche delle cariche finanziarie, alla maggior parte delle altre magistrature si accedeva per sorteggio. Decisivo anche lo strumento dell’ostracismo, un provvedimento con il quale l’assemblea poteva allontanare per dieci anni dalla pòlis quei cittadini sospettati di aspirare alla tirannide o di voler restaurare l’oligarchia, L’ostracizzato, tuttavia, non perdeva la cittadinanza e conserva i suoi beni: era, per così dire, sospeso a tutela degli interessi collettivi. Anche questo modello, tuttavia, alla lunga non regge. Siamo nel V sec. Concluse le guerre persiane, chiuso il periodo di Temistocle, scomparso Cimone, Atene si preparava allo scontro con Sparta. La tensione politica e sociale nella città attica crebbe nuovamente. Il rappresentante più autorevole di chi voleva rafforzare le istituzioni democratiche fu Efialte che nel 462 a.C fece abolire i poteri politici dell’Aeropago per trasferirli alle assemblee e ai consigli popolari. L’eredità di Efialte (assassinato qualche mese dopo) fu raccolta da Pericle, il quale fece attuare due riforme fondamentali: la remunerazione dei membri della boulè, dei giudici e di quasi tutti i magistrati; l’ammissione degli zeugiti all’arcontato.