Monastero S.Maria del Monte Carmelo ::: Concenedo di Barzio HERSCH JEANNE di C. Dobner PALADINA DEI DIRITTI UNIVERSALI “Vecchia maestra di scuola” per sua definizione, “La signora dei paradossi” per definizione altrui, Jeanne Hersch è una delle pensatrici che più hanno inciso nel panorama contemporaneo: cattedratica all’Università di Ginevra per trent’anni, direttrice per la Divisione dell’Unesco dal 1966, insignita di numerosi premi, autrice di saggi e romanzi, soprattutto grande paladina dei diritti umani. Quale era l’intento della ginevrina Jeanne Hersch, nata nel 1910 da due intellettuali ebrei, docente universitario il padre e medico la madre, emigrati rispettivamente dalla Lituania e dalla Polonia? Esprimere la “vita pensata” come un raggio di luce che penetri nella profondità oscura di un pozzo: «Fare intravedere l’irriducibile e l’inesauribile attraverso dei pensieri chiari». Far comprendere che viviamo in quella miniatura di eternità che è il presente. In sintesi il suo desiderio era proprio non essere considerata “filosofa” mestiere per cui non si sentiva tagliata, sottolineava con un umorismo sincero che però mitigava il suo autoritarismo, ma solo “essere presenza al suo tempo”, vivere il presente, quale “piccola durata” e luogo in cui incontrare la realtà, sempre mutevole, sempre nuova, per dare vita all’esercizio di libertà. Studentessa liceale, frequentò anche il Conservatorio vincendo dei premi per l’esecuzione al pianoforte, universitaria si iscrisse però a Letteratura e successivamente a Filosofia. Alcuni testimoni della cultura segnarono la sua vita intellettuale e il suo percorso di vita: Bergson che ne elogiò la tesi a lui dedicata, Jaspers che divenne il “suo” maestro e di cui tradusse le opere in francese. Il segno lasciato da Bergson fu il problema del tempo che solcò tutto il suo pensiero e la sua attività, quello di Jaspers che ogni vera attività filosofica è radicata in un atteggiamento etico... nella comunicazione la tua propria libertà conta su quella dell’altro». A Heidelberg negli anni ‘30, J. Hersch incontrò il suo maestro e conobbe quella che allora era una giovane allieva, Hannah Arendt. Ragazza audace –ma anche munita di passaporto svizzero!- sfidò le leggi naziste e andò a Friburgo per seguire i corsi di M. Heidegger. L’illusione filosofica, la prima opera di grande respiro, vide la luce nel 1936 e dibatté il grande problema della contemplazione filosofica e della verità scientifica. Tutto il pensiero che si snoda nei secoli non è altro che questo rifrangersi dell’illusione, che però riflette la natura della libertà. Non bisogna immaginare J. Hersch come un topo di biblioteca, perennemente china sui libri e chiusa nella torre d’avorio della riflessione, perché per “essere presenza al suo tempo” bisognava lavorare e plasmare il quotidiano, con la certezza che «la filosofia sola può fornire gli strumenti necessari a illuminare i problemi che si pongono oggi ai medici, ai giuristi, ai biologi, e a formare i giudizi morali il cui bisogno si impone prima che esista un consenso in proposito». J. Hersch continua a lavorare nel senso della incarnazione, cioè «dell’“entrare nella carne”, nella natura delle cose sensibili». Nel 1956 l’UNESCO le commissiona una grande opera dedicata ai diritti dell’uomo, Idéologies et réalités, la sua battaglia per i diritti dell’uomo si fa sempre più scottante. Affermerà: : «Non ho mai creduto all’alternativa con cui ci hanno imbottito la testa per anni: libertà o giustizia sociale. Ma no! Libertà per più giustizia sociale e giustizia sociale per più libertà, perché allora gli uomini diventerebbero più capaci di essere liberi». http://www.carmelitanescalze-concenedo.it Realizzata con Joomla! Generata: 11 June, 2017, 04:37 Monastero S.Maria del Monte Carmelo ::: Concenedo di Barzio Non scrisse solo di filosofia e di diritto in grandi tomi e con linguaggio accademico, ma optò anche per la scrittura letteraria e scrisse dei romanzi, con scrittua chiara e sintetica perché solo il romanzo può «esprimere ciò che nessuna opera filosofica può neppure suggerire: la ricchezza disperante e meravigliosa del mondo in cui viviamo». Nacquero allora Tempi alterni (1942) che narra la storia di una donna nella condizione umana e della nascita della sua anima: “… questo qualcosa di eterno e inconsolabile” che è il primo amore; La nascita di Eva che riprende il grande tema del tempo mai abbandonato fin dalla giovinezza, volendo portare alla luce quanto chiede di nascere e di esistere. J. Hersch, H. Arendt, M. Zambrano vissute nel secolo che conobbe il nazismo, il fascismo, i totalitarismi e la persecuzione degli ebrei, furono rese vicine dalla percezione del lato concreto ed umano della problematica che travaglia l’umanità. La «presa» sulla materialità della realtà la portò a considerare che non esisteva solo la ricerca ontologica ma anche l’interrogazione sul senso dell’esistenza, perciò decise che la sua vita fosse a a disposizione della società in una modalità specifica. Nella sua biografia intellettuale e morale composta tra il 1981 e il 1990 con due giovani interlocutori, Rischiarare l’oscuro – Autoritratto a viva voce, una raccolta di saggi, intuizioni, spunti, brevi frammenti intrecciati con le emozioni, questo aspetto è predominante. L’étonnement philosophique, 1981, vuole “mimare il gesto fondamentale della libertà” rivisitando tutto il pensiero filosofico, con un capitolo mirabile su Kant. . Come non riandare a Teresa di Gesù che continuava a ripetere alle carmelitane: «Sorelle opere, opere!», cioè un pensiero contemplante ed adorante che si manifestasse nella concretezza del vissuto e agisse sulla storia universale e su quella di ciascuna persona. Un portare alla luce quanto chiede di nascere e di esistere. La forma è in grado di conferire il “valore di realtà” solo alle azioni e alla vita contingente dell’uomo. Nel dibattito contemporaneo quale la sua posizione fra i filosofi del Novecento? Proprio quel suo ancorarsi al tempo presente che ha reso la contemplazione–azione di J. Hersch una delle voci filosofiche contemporanee più vive ed incisive. Dal loro essere donne divenute filosofe, M. Zambrano e J. Hersch sono molto vicine, pur nelle diverse posizioni teoriche, per la presa sulla realtà, con il «mestiere di filosofo», sul fare filosofia in quell’opposizione inquietante fra i desideri dell’uomo e la realtà in cui vive. Vissute nel secolo che conobbe il nazismo, il fascismo, i totalitarismi e la persecuzione degli ebrei, rese vicine per la percezione del lato concreto ed umano della problematica che travaglia l’umanità e la contestualizzazione storico-politica, l’una con la categoria della «nascita» e l’altra con quella della «presa» sulla materialità della realtà. Per Hersch non esisteva solo la ricerca ontologica ma l’interrogazione sul senso dell’esistenza, quindi si ritenne a disposizione della società in una modalità specifica, divenuta il titolo di una sua opera, Rischiarare l’oscuro – Autoritratto a viva voce, - biografia intellettuale e morale composta tra il 1981 e il 1990 con due giovani interlocutori- ricca di saggi, intuizioni, spunti, brevi frammenti intrecciati con le emozioni: «Non ho mai creduto all’alternativa con cui ci hanno imbottito la testa per anni: libertà o giustizia sociale. Ma no! Libertà per più giustizia sociale e giustizia sociale per più libertà, perché allora gli uomini diventerebbero più capaci di essere liberi». In Crime et Faute, un corso degli anni Settanta, Hersch sottolineò che la promulgazione di una legge ingiusta è molto peggio che una qualunque violazione di una legge: distrugge la credibilità stessa della legge, e con essa il fondamento della convivenza civile. Le due allieve di Jaspers, H. Arendt e J. Hersch, formularono una teoria dei diritti umani notevolmente diversa, pur sulla base comune e riconosciuta che i diritti umani sono prima diritti morali e poi giuridici. Per Arendt si tratta di «diritto ad avere diritti», perché ciascuno ha diritto ad «essere trattato come fine in sé», riconosciuto «dagli altri, altrimenti, simbolicamente, non esisto». Per Hersch invece la posizione è empatica, vale a dire esiste l’esigenza dell’altro di essere riconosciuto come essere umano. F. De Vecchi sostiene che J. Hersch precedette di molti anni, con la sua «concezione gradualista della libertà», le teorie di Amartya Sen e Martha Nussbaum, un nodo affascinante sia pratico sia teoretico, con l’intento di promuovere pace e sviluppo, in relazione stretta con le agenzie dell’ONU. Hersch visse fino al 2000 ancorata ad un convincimento profondo: «É questo, credo, ciò che manca agli uomini del nostro http://www.carmelitanescalze-concenedo.it Realizzata con Joomla! Generata: 11 June, 2017, 04:37 Monastero S.Maria del Monte Carmelo ::: Concenedo di Barzio tempo: la certezza di avere il proprio posto nella festa esuberante e tragica del mondo e della storia. Ancor più dell’uguaglianza, è di questa sicurezza che gli uomini hanno bisogno. Senza, prendono a mettere in dubbio il senso della vita, e vivere nell’immensità senza forma è insopportabile. Perché tutto, nell’assenza di senso, si dissolve. É il regno della grande noia dell’uomo, è il contrario della festa». HERSCH JEANNE “Vecchia maestra di scuola” per sua definizione, “La signora dei paradossi” per definizione altrui, Jeanne Hersch è una delle pensatrici che più hanno inciso nel panorama contemporaneo: cattedratica all’Università di Ginevra per trent’anni, direttrice per la Divisione dell’Unesco dal 1966, insignita di numerosi premi, autrice di saggi e romanzi, soprattutto grande paladina dei diritti umani. Quale era l’intento della ginevrina Jeanne Hersch, nata nel 1910 da due intellettuali ebrei, docente universitario il padre e medico la madre, emigrati rispettivamente dalla Lituania e dalla Polonia? Esprimere la “vita pensata” come un raggio di luce che penetri nella profondità oscura di un pozzo: «Fare intravedere l’irriducibile e l’inesauribile attraverso dei pensieri chiari». Far comprendere che viviamo in quella miniatura di eternità che è il presente. In sintesi il suo desiderio era proprio non essere considerata “filosofa” mestiere per cui non si sentiva tagliata, sottolineava con un umorismo sincero che però mitigava il suo autoritarismo, ma solo “essere presenza al suo tempo”, vivere il presente, quale “piccola durata” e luogo in cui incontrare la realtà, sempre mutevole, sempre nuova, per dare vita all’esercizio di libertà. Studentessa liceale, frequentò anche il Conservatorio vincendo dei premi per l’esecuzione al pianoforte, universitaria si iscrisse però a Letteratura e successivamente a Filosofia. Alcuni testimoni della cultura segnarono la sua vita intellettuale e il suo percorso di vita: Bergson che ne elogiò la tesi a lui dedicata, Jaspers che divenne il “suo” maestro e di cui tradusse le opere in francese. Il segno lasciato da Bergson fu il problema del tempo che solcò tutto il suo pensiero e la sua attività, quello di Jaspers che ogni vera attività filosofica è radicata in un atteggiamento etico... nella comunicazione la tua propria libertà conta su quella dell’altro». A Heidelberg negli anni ‘30, J. Hersch incontrò il suo maestro e conobbe quella che allora era una giovane allieva, Hannah Arendt. Ragazza audace –ma anche munita di passaporto svizzero!- sfidò le leggi naziste e andò a Friburgo per seguire i corsi di M. Heidegger. L’illusione filosofica, la prima opera di grande respiro, vide la luce nel 1936 e dibatté il grande problema della contemplazione filosofica e della verità scientifica. Tutto il pensiero che si snoda nei secoli non è altro che questo rifrangersi dell’illusione, che però riflette la natura della libertà. Non bisogna immaginare J. Hersch come un topo di biblioteca, perennemente china sui libri e chiusa nella torre d’avorio della riflessione, perché per “essere presenza al suo tempo” bisognava lavorare e plasmare il quotidiano, con la certezza che «la filosofia sola può fornire gli strumenti necessari a illuminare i problemi che si pongono oggi ai medici, ai giuristi, ai biologi, e a formare i giudizi morali il cui bisogno si impone prima che esista un consenso in proposito». J. Hersch continua a lavorare nel senso della incarnazione, cioè «dell’“entrare nella carne”, nella natura delle cose sensibili». Nel 1956 l’UNESCO le commissiona una grande opera dedicata ai diritti dell’uomo, Idéologies et réalités, la sua battaglia per i diritti dell’uomo si fa sempre più scottante. Affermerà: : «Non ho mai creduto all’alternativa con cui ci hanno imbottito la testa per anni: libertà o giustizia sociale. Ma no! Libertà per più giustizia sociale e giustizia sociale per più libertà, perché allora gli uomini diventerebbero più capaci di essere liberi». Non scrisse solo di filosofia e di diritto in grandi tomi e con linguaggio accademico, ma optò anche per la scrittura letteraria e scrisse dei romanzi, con scrittua chiara e sintetica perché solo il romanzo può «esprimere ciò che nessuna opera filosofica può neppure suggerire: la ricchezza disperante e meravigliosa del mondo in cui viviamo». Nacquero allora Tempi alterni (1942) che narra la storia di una donna nella condizione umana e della nascita della sua anima: “… questo qualcosa di eterno e inconsolabile” che è il primo amore; La nascita di Eva che riprende il grande tema del tempo mai abbandonato fin dalla giovinezza, volendo portare alla luce quanto chiede di nascere e di esistere. http://www.carmelitanescalze-concenedo.it Realizzata con Joomla! Generata: 11 June, 2017, 04:37 Monastero S.Maria del Monte Carmelo ::: Concenedo di Barzio J. Hersch, H. Arendt, M. Zambrano vissute nel secolo che conobbe il nazismo, il fascismo, i totalitarismi e la persecuzione degli ebrei, furono rese vicine dalla percezione del lato concreto ed umano della problematica che travaglia l’umanità. La «presa» sulla materialità della realtà la portò a considerare che non esisteva solo la ricerca ontologica ma anche l’interrogazione sul senso dell’esistenza, perciò decise che la sua vita fosse a a disposizione della società in una modalità specifica. Nella sua biografia intellettuale e morale composta tra il 1981 e il 1990 con due giovani interlocutori, Rischiarare l’oscuro – Autoritratto a viva voce, una raccolta di saggi, intuizioni, spunti, brevi frammenti intrecciati con le emozioni, questo aspetto è predominante. L’étonnement philosophique, 1981, vuole “mimare il gesto fondamentale della libertà” rivisitando tutto il pensiero filosofico, con un capitolo mirabile su Kant. . Come non riandare a Teresa di Gesù che continuava a ripetere alle carmelitane: «Sorelle opere, opere!», cioè un pensiero contemplante ed adorante che si manifestasse nella concretezza del vissuto e agisse sulla storia universale e su quella di ciascuna persona. Un portare alla luce quanto chiede di nascere e di esistere. La forma è in grado di conferire il “valore di realtà” solo alle azioni e alla vita contingente dell’uomo. Nel dibattito contemporaneo quale la sua posizione fra i filosofi del Novecento? Proprio quel suo ancorarsi al tempo presente che ha reso la contemplazione–azione di J. Hersch una delle voci filosofiche contemporanee più vive ed incisive. Dal loro essere donne divenute filosofe, M. Zambrano e J. Hersch sono molto vicine, pur nelle diverse posizioni teoriche, per la presa sulla realtà, con il «mestiere di filosofo», sul fare filosofia in quell’opposizione inquietante fra i desideri dell’uomo e la realtà in cui vive. Vissute nel secolo che conobbe il nazismo, il fascismo, i totalitarismi e la persecuzione degli ebrei, rese vicine per la percezione del lato concreto ed umano della problematica che travaglia l’umanità e la contestualizzazione storico-politica, l’una con la categoria della «nascita» e l’altra con quella della «presa» sulla materialità della realtà. Per Hersch non esisteva solo la ricerca ontologica ma l’interrogazione sul senso dell’esistenza, quindi si ritenne a disposizione della società in una modalità specifica, divenuta il titolo di una sua opera, Rischiarare l’oscuro – Autoritratto a viva voce, - biografia intellettuale e morale composta tra il 1981 e il 1990 con due giovani interlocutori- ricca di saggi, intuizioni, spunti, brevi frammenti intrecciati con le emozioni: «Non ho mai creduto all’alternativa con cui ci hanno imbottito la testa per anni: libertà o giustizia sociale. Ma no! Libertà per più giustizia sociale e giustizia sociale per più libertà, perché allora gli uomini diventerebbero più capaci di essere liberi». In Crime et Faute, un corso degli anni Settanta, Hersch sottolineò che la promulgazione di una legge ingiusta è molto peggio che una qualunque violazione di una legge: distrugge la credibilità stessa della legge, e con essa il fondamento della convivenza civile. Le due allieve di Jaspers, H. Arendt e J. Hersch, formularono una teoria dei diritti umani notevolmente diversa, pur sulla base comune e riconosciuta che i diritti umani sono prima diritti morali e poi giuridici. Per Arendt si tratta di «diritto ad avere diritti», perché ciascuno ha diritto ad «essere trattato come fine in sé», riconosciuto «dagli altri, altrimenti, simbolicamente, non esisto». Per Hersch invece la posizione è empatica, vale a dire esiste l’esigenza dell’altro di essere riconosciuto come essere umano. F. De Vecchi sostiene che J. Hersch precedette di molti anni, con la sua «concezione gradualista della libertà», le teorie di Amartya Sen e Martha Nussbaum, un nodo affascinante sia pratico sia teoretico, con l’intento di promuovere pace e sviluppo, in relazione stretta con le agenzie dell’ONU. Hersch visse fino al 2000 ancorata ad un convincimento profondo: «É questo, credo, ciò che manca agli uomini del nostro tempo: la certezza di avere il proprio posto nella festa esuberante e tragica del mondo e della storia. Ancor più dell’uguaglianza, è di questa sicurezza che gli uomini hanno bisogno. Senza, prendono a mettere in dubbio il senso della vita, e vivere nell’immensità senza forma è insopportabile. Perché tutto, nell’assenza di senso, si dissolve. É il regno della grande noia dell’uomo, è il contrario della festa». ottobre 2010 http://www.carmelitanescalze-concenedo.it Realizzata con Joomla! Generata: 11 June, 2017, 04:37 Monastero S.Maria del Monte Carmelo ::: Concenedo di Barzio http://www.carmelitanescalze-concenedo.it Realizzata con Joomla! Generata: 11 June, 2017, 04:37