Il Manuale - Il rosa e il grigio

Progetto finanziato
dal Dipartimento per le politiche della famiglia
della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Soggetto promotore
S.&T. società cooperativa
Torino
Donne, invecchiamento attivo e presenza nei luoghi di decisione
Iniziativa di promozione dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni anno 2012
Il Manuale
Progetto “Il rosa e il grigio. Donne, invecchiamento attivo e presenza nei luoghi di decisione”
Iniziativa di promozione dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni anno 2012
Soggetto finanziatore
Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Soggetto promotore
S.&T. società cooperativa
Redazione a cura di:
Monica Andriolo
Alberta Pasquero
Febbraio 2016
Un sentito ringraziamento a tutte le donne che hanno dato un fattivo contributo alla realizzazione
del progetto.
Il progetto è particolarmente grato a Laura Olivetti, prematuramente scomparsa nell’anno 2015,
che ha offerto uno speciale apporto, trasferendo la propria esperienza di donna
e portando la sua testimonianza sull’azione del padre Adriano Olivetti.
PREMESSA
Il presente Manuale rappresenta il documento conclusivo del progetto “Il rosa e il grigio. Donne,
invecchiamento attivo e presenza nei luoghi di decisione”, finanziato dal Dipartimento delle Politiche per la
Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito del Bando per iniziative di promozione
dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni (anno 2012).
Il percorso, realizzato in Piemonte tra gennaio 2014 e febbraio 2016, ha proposto un passaggio
intergenerazionale di qualità tra donne, dando voce a donne senior portatrici di esperienze e di ruoli
professionali importanti e, insieme attivando percorsi di formazione, passaggio di competenze e valorizzazione
delle capacità per le donne junior.
La possibilità di sviluppare il progetto all’interno delle azioni per l’invecchiamento attivo e la solidarietà tra
generazioni ha significato promuovere dinamiche demografiche, familiari, occupazionali e porle in relazione
con principi e strategie a favore dell’uguaglianza generazionale e di genere, facendo leva soprattutto
sull’empowerment, ovvero potenziando il valore dell’esperienza delle donne senior (invecchiamento attivo) e,
insieme, del dialogo come strumento di crescita per le giovani (passaggio intergenerazionale).
L’esperienza si propone, pertanto, come esempio di progettualità ad ampio spettro, che, dal punto di vista
attuativo, si è tradotta in un coinvolgimento ampio e fortemente collaborativo non solo tra donne senior e
donne junior, ma anche tra una pluralità di stakeholders, provenienti dalle istituzioni, dall’economia,
dall’impresa, dall’organizzazione del lavoro, dalla scuola, dall’università.
La metodologia assunta dal progetto ha consentito di sperimentare e di individuare come strada da
ulteriormente perseguire l’alleanza tra donne e per le donne, che, superando la dimensione di rete, vada verso
una collaborazione più articolata, perché è anche accordo, presa di decisioni condivise, valorizzazione delle
esperienze e del contributo di ogni attore e, in particolare, di ogni donna, in modo specifico quelle che,
ricoprendo ruoli decisionali nell’economia, nel lavoro, nella rappresentanza, sono loro stesse esempi, testimoni
e possibili promotrici di strategie innovative di gender govenance.
1
CAPITOLO 1.
INVECCHIAMENTO ATTIVO E SOLIDARIETÀ TRA GENERAZIONI
Il valore del passaggio dell’esperienza
Il capitale umano è la chiave per affrontare la sfida di una società che sta invecchiando e, allo stesso tempo,
si trova ad affrontare una crisi economica che, nonostante alcuni spiragli di miglioramento, porta ancora pesanti
ripercussioni su più fronti: non solo la stabilità economica e finanziaria degli Stati, ma anche le dinamiche
occupazionali, il tenore di vita, le condizioni sociali e, più in generale, la qualità di vita delle persone.
Un fattore di criticità è certamente dato dall’assenza, oggi, di un ricambio generazionale che bilanci
l’accrescimento della popolazione anziana portato dal miglioramento della speranza di vita: a prevalere è
sempre la stessa compagine (i baby boomers), che, non accompagnata da incrementi della fascia più giovane
(ma, anzi, con una costante diminuzione di nascite), fa delle persone tra i 40 e i 49 anni il bacino più rilevante
dal punto di vista quantitativo e, insieme, anche qualitativo: infatti, una più lunga permanenza sul mercato del
lavoro di questa coorte e un suo futuro invecchiamento in auspicabili migliori condizioni di salute rispetto alle
precedenti sono elementi per i quali è necessario nell’immediato lavorare, per attenuare l’impatto che deriverà
dal suo pensionamento che, pur in progressivo allungamento, è ormai non lontano e porterà ripercussioni di
grandissima rilevanza non solo a livello occupazionale, economico e sociale, ma anche in relazionale alle
dinamiche di welfare, di conciliazione, di divisione delle responsabilità familiari e professionali e dei servizi
di cura.
In questo complesso quadro, il fattore genere ricopre un ruolo essenziale, a partire dalla considerazione che la
maggiore longevità e speranza di vita femminile marca una forte differenza strutturale tra donne e uomini.
Infatti, se la classe di età 45-49 anni è quella in cui il peso dei due generi si bilancia, invece prevalgono i
maschi tra le coorti più giovani e le femmine tra le più anziane, tant’è vero che oltre la fascia over65 è donna
per 57,05 punti percentuali (rispetto ai 51,47 sul totale della popolazione) e le ultrasessantacinquenni sono
quasi un quarto dell’intera popolazione femminile (24,10%), mentre gli uomini della medesima coorte
rappresentano meno di un quinto (19,24%).
2
Altro elemento essenziale nell’equilibrio tra generazioni e a forte caratterizzazione di genere è la suddivisione
delle responsabilità familiari, ancora fortemente squilibrata a carico femminile, nonostante alcuni
atteggiamenti maschili che paiono andare verso una progressiva maggiore disponibilità alla cura, ma
essenzialmente in rapporto ai figli piccoli1 (e a fronte di una maggiore caratterizzazione maschile della gestione
amministrativa e finanziaria della famiglia2) e comunque senza troppe interferenze con il loro tempo di lavoro,
ma sottraendo a sé stessi e alla vita di coppia una quota del tempo libero 3.
La disponibilità di misure family friendly è essenziale, anche se non sufficiente: per una migliore condivisione
dei ruoli e delle responsabilità familiare pare indispensabile, piuttosto, la ricerca di un maggiore equilibrio dei
contesti organizzativi della famiglia e del lavoro, che consentono strategie individuali e familiari di
ricomposizione equilibrata ed equa dei tempi4.
Anche la struttura demografica assume notevole rilevanza: infatti, in funzione della conciliazione, viene a
giocare un ruolo sempre più rilevante la fascia compresa tra i 60 e i 75 anni, quella dei cosiddetti “giovani
anziani” (proprio dove inizia a prevalere la presenza femminile), che, non a caso, vengono definiti “sandwich
generation”, essendo stretti tra le esigenze di cura tanto dell’infanzia e dell’adolescenza, quanto della
popolazione più anziana, all’interno di una struttura familiare che si sta trasformando, con una coesistenza
multi-generazionale protratta nel tempo, ma anche più destrutturata: si è figli più a lungo e genitori per un
numero più elevato di anni, con un aumento del ciclo di vita in cui si è entrambi; nello stesso tempo, la famiglia
si fa “più lunga e più magra”, sempre meno giovane e con meno figli, ma spesso con “altri” genitori che portano
con loro “altri” figli e figlie. Così, se prima si parlava di “donne sandwich”, compresse tra la cura dei figli e
quella dei genitori anziani, si sta andando sempre di più verso situazioni di “nonne sandwich”, che si prendono
cura dei nipoti ma anche dei genitori sempre più anziani e sempre meno autosufficienti, pur essendo ancora
spesso ancora impegnate nel lavoro5.
1
QUADRELLI Isabella, Promuovere la conciliazione tra responsabilità familiari e impegno lavorativo nei luoghi di
lavoro, Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, Roma, 2012
2
PISTAGNI, Roberta, Perché non lavori? I risultati di un’indagine ISFOL sulla partecipazione femminile al mercato
del lavoro, “I Libri del Fondo Sociale Europeo”, ISFOL, Roma, 2011
3
Rilevazioni ISTAT relative al 2011 (ROMANO, Maria Clelia, MENCARINI Letizia, TANTURRI, Maria Letizia, Uso
del tempo e ruoli di genere. Tra lavoro e famiglia nel ciclo di vita, ISTAT, Roma, 06.2012) parlano di un impegno
femminile nel lavoro di cura pari al 77,7%, in decrescita rispetto al 1993 (-6,9%), ma a scelte di organizzazione del tempo
da parte delle donne (che sottraggono 33 minuti all’anno al lavoro familiare) piuttosto che a una maggiore condivisione
con gli uomini (il cui contributo sale di soltanto 1 minuto all’anno). In questo quadro, il tempo trascorso con i figli è per
i tre quarti coperto dalla madre e comunque non per attività ludiche, che, invece, sono condivise con il padre.
4
ZANATTA, Anna Laura, La conciliazione famiglia-lavoro, in OSSERVATORIO NAZIONALE SULLE FAMIGLIE
E SULLE POLITICHE LOCALI DI SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE (a cura di), Famiglie: Mutamenti e politiche sociali,
vol. II, Il Mulino, Bologna, 2002;
PLANTENGA, Janneke, REMERY, Chantal, Reconciliation of work and private life. A comparative review of thirty
European countries, European Commission, Luxembourg, 2005
MENNITI, Adele, DEMURTAS, Pietro, nuovi padri, www.neodemos.it, 13.03.2013
5
DELLA NEGRA, Cecilia, “Donne sandwich”. Schiacciate tra la propria attività lavorativa e i carichi familiari”,
www.noidonne.org, 24.10.2011
3
In questo complesso quadro si è inserito l’impegno dell’Unione Europea per il 2012 “Anno
dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni” 6, che, coniugando l’active ageing con il
dialogo intergenerazionale, ha richiamato l’attenzione alla popolazione anziana nella duplice prospettiva di
mantenerne al meglio le capacità fisiche, mentali, sociali e, insieme, di valorizzane la capacità di contribuire
ancora fattivamente alla crescita economica e professionale.
Le indicazioni comunitarie vanno nella direzione della “silver economy”7, quella branca dell’economia che
riconosce e valorizza il patrimonio costituito dalle persone anziane, portatrici di esperienze, competenze,
capacità utili e utilizzabili perché tramandabili e che, quindi, aprono prospettive particolarmente interessanti
di dialogo e di passaggio tra generazioni, ma senza escludere, bensì rafforzando, l’attenzione alle politiche
giovanili.
Per coniugare al meglio questi due elementi, l’Unione Europea, suggerendo politiche in un’ottica di ciclo di
vita piuttosto che di target group isolati8, ha consolidato un approccio orientato alla gestione dell’età e della
diversità lungo tutto l’arco della carriera professionale (age management e age diversity), tenendo conto
dell’evolversi del rapporto fra persone, mercato del lavoro e vita familiare9.
Tali indicazioni sono parte integrante del quadro tracciato dalla “Strategia europea 2020”10 e si pongono,
quindi, in stretta relazione con l’obiettivo – sempre attuale11 – per una crescita intelligente (fondata su
conoscenza, innovazione, istruzione, società digitale), sostenibile (con una produzione più efficiente e
competitiva), inclusiva (per la piena partecipazione al mercato del lavoro, l’acquisizione di competenze, la
lotta alla povertà), che sollecita tuttora a mobilitare tutte le risorse, a partire da quelle umane, puntando, da un
lato, alla fascia giovane, dall’altro a quella ultracinquantenne e ponendo particolare attenzione alla
componente femminile12.
PARLAMENTO EUROPEO E CONSIGLIO EUROPEO, Decisione n. 940/2011/UE sull’Anno Europeo
dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni (2012), Strasburgo, 14.09.2011
Vedi anche: COMMISSIONE EUROPEA, Proposta di Decisione sull’Anno Europeo dell’invecchiamento attivo 2012,
COM(2010)462 def., Bruxelles, 06.09.2010
7
COMMISSIONE EUROPEA, Growing the European Silver Economy, Background Paper, 23.02.2015
8
COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione “Gestire l’impatto dell’invecchiamento della popolazione nell’Unione
europea”, COM(2009) 180 def., Bruxelles, 29.04.2009
9
MARCALETTI Francesco, ZANFRINI Laura, L’invecchiamento delle forze di lavoro. Lo stato del dibattito in Europa,
in “Sociologia del lavoro” n. 125, Franco Angeli, Milano, 2012
Vedi anche: AVERSA Maria Luisa, CHECCUCCI Pietro, D’AGOSTINO Luisa, FEFÈ Roberta, MARCHETTI Sante,
PARENTE Maria, SCARPETTI Giuliana, Paper “Il fattore età nelle imprese italiane. Presentazione di due indagini
ISFOL”, Espanet Conference “Sfide alla cittadinanza e trasformazione dei corsi di vita: precarietà, invecchiamento e
migrazioni, Torino, 18-20.09.2014
10
COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione “Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e
inclusiva”, COM(2010) 2020 def., Bruxelles, 03.03.2010
11
COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione “Analisi annuale della crescita 2016. Consolidare la ripresa e
promuovere la convergenza”, COM(2015) 690 def., Bruxelles, 26.11.2015
12
COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione “Bilancio della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente,
sostenibile e inclusiva”, COM(2014) 130 def., Bruxelles, 05.03.2014; COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione
sulle tappe verso il completamento dell’Unione politica e monetaria, COM(2015) 600 def., Bruxelles, 21.10.2015
6
4
Da una società che invecchia si può ricavare un forte stimolo di innovazione, in particolare attraverso
politiche che costruiscano spazi professionali e regole di convivenza fra generi e fra generazioni, operando
su più fronti, quali l’occupazione delle donne, la permanenza al lavoro (di donne e uomini) il più a lungo
possibile, la crescita professionale delle risorse giovani attraverso una integrazione delle loro competenze e
dei loro metodi con quelli di risorse con maggiore esperienza, senza discriminazioni né di genere, né di età.
Emerge la centralità dell’esperienza, ovvero di una lettura che, attribuendo valore anche all’educazione “non
istituzionale” oltreché a quella intellettuale, intende l’apprendimento come fenomeno che avviene lungo tutto
l’arco della vita in quanto processo di attribuzione di significati alle proprie esperienze (costruttivismo 13) e,
insieme, richiama l’attenzione sulla motivazione e l’autonomia di chi apprende (self-directed learning14), sul
suo bisogno di realizzarsi appieno15.
Ciò significa che il consolidamento dei saperi e delle competenze professionali attraverso la formazione e
l’aggiornamento continui (lifelong learning) e i processi di trasferimento di expertise nel ricambio
intergenerazionale non solo possono vicendevolmente rafforzarsi, recuperando la sapienza e la conoscenza
derivanti dall’esperienza lavorativa e promuovendo l’inserimento e la partecipazione al lavoro della fascia più
giovane16, ma possono anche porre nelle giusta evidenza il contributo di quelle donne senior che, soprattutto
quando giunte in posizioni di vertice o di governance, sono portatrici di un’esperienza spesso pioniera e quindi
particolarmente ricca per le giovani donne in quanto “lascito” anche di più egualitarie condizioni di lavoro e
di carriera, oltreché di competenze e contenuti professionali.
Un investimento particolarmente interessante può, allora, essere sia sulle giovani donne, che nell’istruzione e
nella formazione raggiungono risultati migliori dei loro colleghi maschi, salvo poi trovarsi bloccate già
nell’ingresso nel mercato del lavoro (ma in cui, quando riescono a entrare, apportano un riconosciuto
contributo di grande valore anche nelle posizioni di vertice) 17; sia sulle donne cinquantenni e
ultracinquantenni, che sono in costante aumento e che, anche quando portatrici di una esperienza
professionale importante, troppo spesso rischiano di non avere un adeguato ricambio generazionale, oltre a più
scarse prospettive rispetto agli uomini di una vecchiaia in condizioni economiche stabili.
13
SPALTRO, Enzo, Il clima lavorativo. Manuale di meteorologia organizzativa, Franco Angeli, Milano, 2004
KNOWLES, Malcom, Self-Directed Learning. Strumenti e strategie per promuoverlo, Franco Angeli, Milano, 2014
15
OGGERO, Lorenzo, Alla ricerca di nuove rotte manageriali. L’azienda tra apprendimento e desiderio, Franco
Angeli, Milano, 1998
16
BASCHIERA, Barbara, Apprendere in contesti intergenerazionali: un nuovo impegno per la ricerca pedagogica,
“Prisma”, n. 3 Franco Angeli, Milano, 2015
17
I dati dimostrano un maggiore investimento femminile nell’istruzione e nella formazione, anche di alto livello, che è
dettato non solo dall’obiettivo di lavorare più e meglio, ma anche per costruire una propria identità, per avere maggiore
potere decisionale nella famiglia e il loro impegno in tal senso, coronato da un maggiore rendimento a tutti i livelli è tale
da far parlare di una “rivoluzione compiuta” a fronte, invece, di quella del lavoro ancora ampiamente irrealizzata, quella
dei carichi familiari "tradita" dagli uomini e quella della presenza nella politica “timidamente incominciata” (DEL BOCA,
Daniela, MENCARINI, Letizia, PASQUA, Silvia, Valorizzare le donne conviene. Ruoli di genere nell’economia italiana,
Il Mulino, Bologna, 2012).
14
5
Bisogna riuscire a cogliere e utilizzare al meglio le capacità femminili e le possibili soluzioni vanno a toccare
molteplici aspetti: la valorizzazione del capitale umano, il ricorso a gruppi di lavoro “misti” con compresenza
di donne e di uomini, la declinazione delle politiche di conciliazione secondo modalità “gender neutral” e,
insieme, la rivisitazione dei modelli di carriera ancora troppo ed esclusivamente rispondente a modelli
maschili18.
In questa direzione opera in particolare la teoria economica conosciuta come “womenomics”19 (neologismo
coniato dall’Economist nel 2006 riprendendo le tesi di Kathy Matsui, analista di Goldman Sachs), che
considera il lavoro delle donne come il più importante motore dello sviluppo mondiale e, pertanto, lega le
tematiche delle pari opportunità agli indicatori di crescita economici di un Paese (lavoro, economia, fecondità),
sostenendo che solo grazie ad un maggior apporto alla produzione da parte delle donne l'economia mondiale
può crescere sufficientemente.
La sfida è, allora, quella di rafforzare le donne, operando sull’empowerment 20, affinché esse riescano
finalmente a infrangere quel tetto di cristallo che ancora incombe su di loro, non attraverso la
contrapposizione con gli uomini, bensì con un percorso di pieno riconoscimento e di valorizzazione delle
loro capacità e caratteristiche, in una visione di reale e paritaria condivisione di competenze fra i generi21.
18
DEL BOCA, Daniela, MENCARINI, Letizia, PASQUA, Silvia, Valorizzare le donne conviene. Ruoli di genere
nell’economia italiana, Il Mulino, Bologna, 2012
19
DEL BOCA, Daniela, “Perché l’Italia ha bisogno di Womenomics”, www.lavoce.info, 16/03/2010; SHIPMAN Claire,
KAY Katty, Womenomics, Cairo Publishing, 2010
20
Il concetto venne adottato per la prima volta negli Anni ’50 dagli studi di politologia statunitensi nell’analisi dei gruppi
e movimenti impegnati a tutelare i diritti civili e sociali delle minoranze e a garantirne un equilibrio nella rappresentanza.
Dagli Anni ’80, il concetto è entrato anche nel linguaggio della pedagogia e del management, indicando lo sviluppo
dell’apprendimento e della crescita individuale lungo tutto l’arco della vita. Oggi il termine è utilizzato prevalentemente
in riferimento agli interventi di sviluppo dei Paesi terzi, nonché in riferimento alle misure volte a eliminare squilibri di
carattere sociale e di genere. In riferimento alla condizione femminile, il termine è applicato per definire i processi di
acquisizione di potere, sia a livello personale (conseguimento di autonomia e autosufficienza), sia in ambito collettivo
(acquisizione di potere politico ed economico). Il riferimento a questo concetto si è imposto nelle politiche femminili
(insieme a quello di “gender mainstreaming” e di “ottica di genere”) ed è diventato abituale dopo la Conferenza Mondiale
delle Donne di Pechino del 1995 e va nella direzione di promuovere il riconoscimento delle conoscenze e delle esperienze
delle donne, di valorizzazione delle loro aspirazioni, opinioni, esigenze, nonché di promuoverne la piena partecipazione
ai processi decisionali in ambito politico, economico e sociale.
MIGLIUCCI, Debora, “Empowerment”, in REGIONE PIEMONTE, COMMISSIONE REGIONALE PER LA
REALIZZAZIONE DELLE PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA, Glossario. Lessico della differenza, 2007
21
Questa impostazione fa riferimento al principio di “creazione di valore condiviso” sostenuto da Michel Porter, massimo
esperto di strategic management, che propone di reinventare il modello del capitalismo riconciliando aziende e società
attraverso modelli di business capaci di generare valore non solo per l’impresa, ma anche per la società e per la comunità.
PORTER Michael, KRAMER Mark, Creating Shared Value: How to Reinvent Capitalism and Unleash a Wave of
Innovation and Growth, in “Harvard Business Review”, gennaio-febbraio 2011
6
CAPITOLO 2.
PARITÀ E PARI OPPORTUNITÀ TRA DONNE E UOMINI
Il valore delle differenze
Il processo di acquisizione di condizioni egualitarie tra donne e uomini compiuto a partire dal dopoguerra ha
toccato diversi ambiti (primariamente il lavoro, ma anche la vita economica, la vita civile, l’accesso e il
godimento dei diritti sociali, la partecipazione e la rappresentanza amministrativa e politica), con una
evoluzione che è stata anche di tipo concettuale, scandita da un progressivo processo di trasformazione che
segna tappe successive, ciascuna delle quali, comunque, quando raggiunta non diviene obsoleta né viene
cancellata da quelle successive.
Soprattutto l’approccio è andato modificandosi, cosicché le pari opportunità tra donne e uomini sono
gradualmente passate da “questione femminile”, problema che riguarda uno specifico gruppo ed è da affrontare
esclusivamente con soluzioni specifiche per quel gruppo (azioni positive), a “prospettiva di genere” da
applicare trasversalmente a tutti gli interventi (gender mainstreaming), con una lettura della realtà che ne
mette in evidenza la relazione (e l’impatto) su donne e uomini, considerando che sempre esiste una “circolarità”
secondo cui, a loro volta, le une e gli altri reagiscono e danno risposte differenti alle politiche, alle strategie, ai
progetti, non tanto in funzione di una loro “specifica condizione”, ma perché rivestono o sono investiti di “ruoli
sociali” differenti.
Ciò non rende inutili le azioni specifiche a favore delle donne; piuttosto, si tratta di arrivare al superamento di
quegli stereotipi tuttora esistenti e di quei comportamenti falsamente egualitari, che portano a considerare tutte
le persone “uguali” perché “neutramente intese”. Essenziale diventa allora adottare un “pregiudizio di
genere”, che, sul piano pratico, significa ridurre l’importanza attribuita agli strumenti puramente normativi e
legali come esclusive garanzie dei diritti delle donne, rafforzando l’impegno verso interventi in cui l’equità di
genere rappresenta fattore qualificante.
La differenza tra donne e uomini rappresenta sempre elemento di attenzione e, per non divenire fattore di
discriminazione, deve essere declinato in modo da offrire alle donne tutti gli strumenti per acquisire e
sviluppare capacità e opportunità di scelta e di gestione in ogni ambito della vita e del lavoro.
7
TUTELA
• non solo uguaglianza
dichiarata, ma stesse
condizioni e stesse
possibilità per donne
e uomini
PARITÀ E PARI
OPPORTUNITÀ
GENDER
MAINSTREAMING
• coinvolgimento e
valorizzazione delle
capacità delle
donne nei processi
decisionali e politici
e uguale
opportunità di
accesso ai livelli di
realizzazione
personale e
professionale
• integrazione
trasversale dei
principi di
uguaglianza di
opportunità in
ogni politica e
settore
EMPOWERMENT
CONCILIAZIONE
• coinvolgimento di
tutti i soggetti che
partecipano
all’organizzazione e
alla gestione degli
impegni di vita e di
lavoro
• difesa dei
diritti
fondamentali
per ogni
persona
• ricerca di
soluzioni alla
gestione degli
impegni e dei
tempi di vita e di
lavoro
CONDIVISIONE
DELLE
RESPONSABILITÀ
ATTENZIONE A
ENTRAMBI I
GENERI
8
• valorizzazione e
dialogo tra le
specificità di ogni
persona, con un forte
coinvolgimento
anche della
componente maschile
nelle strategie e negli
interventi per
l’uguaglianza
L’avvenuta evoluzione della parità tra donne e uomini sul piano concettuale e culturale è stata sostenuta,
esplicitata e attuata da indicazioni normative, strategiche e programmatiche, sviluppatesi a livello
internazionale ed europeo e poi radicatesi in misura e con modalità differenti su scala nazionale e locale.
L’attuale strategia internazionale22 è espressa nell’Agenda 203023, in cui le Nazioni Unite individuano 17
Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, tra i quali è compreso quello di “raggiungere l’uguaglianza di genere e
l’autodeterminazione di tutte le donne e le ragazze”, a cui è da aggiungere l’empowerment femminile in
qualità di “obiettivo associato” (insieme ad altri, come l’occupazione giovanile, la valorizzazione delle
competenze)24.
22
Il percorso internazionale a favore della parità di genere tracciato dalle Nazioni Unite è andato inizialmente (dal
Dopoguerra all’inizio degli Anni ’60) verso la ricerca di un’uguaglianza formale che colmasse i profondi squilibri
diffusamente esistenti a livello giuridico tra donne e uomini: a questo scopo, un importante atto formale fu, nel 1946,
l’istituzione della “Commissione per la condizione della donna”, ma il primo atto esplicito fu nel 1948 all’interno della
“Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”. I passi successivi, fino a metà degli Anni ’70, furono dichiarazioni contro
le discriminazioni e per la tutela concreta dei diritti umani, politici e civili (anche se gli Stati non erano obbligati a
garantirne i risultati), che culminarono nella dichiarazione del 1975 “Anno internazionale della donna”. Tra il 1975 e il
1985, in successive conferenze internazionali, sono stati progressivamente approfonditi i problemi cruciali e ricercati
strumenti di intervento: nel 1975 (Città del Messico), venne definito il concetto di uguaglianza tra donne e uomini, fu
attribuita ai singoli Stati la promozione attiva dell’integrazione della donna nella società e nacquero l’INSTRAW per la
ricerca e la formazione e l’UNIFEM per l’aiuto finanziario e tecnico alle donne dei Paesi in via di sviluppo; nel 1980
(Copenaghen), si pose l’obiettivo di una migliore condizione femminile nell’impiego, nella salute e nell’istruzione,
valorizzando a questo scopo il ruolo della politica e della cultura; nel 1980 (Nairobi) vennero indicati come obiettivi delle
Nazioni Unite per la donna l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace e fu creato l’Osservatorio Internazionale per i Diritti delle
Donne (IWRAW) su leggi e politiche degli Stati. Già l’anno precedente (1979), l’ONU aveva approvato la Convenzione
sui Diritti delle Donne (CEDAW) contro ogni discriminazione, responsabilizzando i Governi a perseguire un’uguaglianza
sostanziale. Un punto fondamentale è stata la Conferenza Mondiale di Pechino del 1995, che ebbe il merito di sottolineare
i benefici che possono venire all’intera società dall’impegno a permeare della strategia di genere tutta la programmazione
governativa (gender mainstreaming) e dalla promozione dell’autonomia delle donne (empowerment). Nel nuovo secolo,
il Vertice ONU dell’8 settembre 2000 poneva per il 2015 gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, otto in totale, tra i quali
quello di “pari opportunità ed empowerment femminile”.
23
ONU, Transforming our world: the 2030 Agenda for Susainable Development, A/RES/70/1, New York, 2015
24
L’Agenda 2030 è il risultato del Sustainable Development Summit tenutosi a New York nel settembre 2015 e contiene
17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS o SDGs Sustainable development goals) e 169 obiettivi associati (stand-alone
goals), da realizzarsi con la mobilitazione di tutti i Paesi e di tutte le parti interessate e destinati a incidere sulle politiche
nazionali, con la finalità di creare un ambiente mondiale favorevole alle persone dal punto di vista fisico ed economico e
di attivare per tutti una cittadinanza sana e produttiva fondata su una garanzia condivisa di istruzione e opportunità.
Gli obiettivi sono: 1) povertà zero: porre fine alla povertà in ogni sua forma, in tutto il mondo; 2) fame zero: eliminare la
fame, raggiungere sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e l’agricoltura sostenibile; 3) salute e benessere:
assicurare una vita in salute e promuovere il benessere per tutti e a tutte le età; 4) istruzione di qualità: assicurare
un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento per tutti lungo tutto l’arco della
vita; 5) uguaglianza di genere; raggiungere la parità tra donne e uomini e dare maggiore potere a tutte le donne e le
ragazze; 6) acqua pulita e igiene: assicurare la disponibilità e la gestione sostenibile di acque e servizi igienici per tutti;
7) energia pulita e accessibile: assicurare a tutti l’accesso all’energia a buon mercato, affidabile, sostenibile e moderna;
8) lavoro dignitoso e crescita economica: promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un lavoro
dignitoso e un impiego redditizio; 9) industria, innovazione e infrastrutture: costruire infrastrutture resilienti, promuovere
una industrializzazione inclusiva e sostenibile e promuovere l’innovazione; 10) riduzione delle disuguaglianze: ridurre le
diseguaglianze all’interno e tra i Paesi; 11) città e comunità sostenibili: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi,,
sicuri, resilienti e sostenibili; 12) consumo e produzione responsabili: assicurare modelli di consumo e produzione
sostenibili; 13) azione per il clima: agire urgentemente per contrastare i cambiamenti climatici e i relativi impatti; 14) la
vita sott’acqua: proteggere e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo
sostenibile; 15) la vita sulla terra; proteggere, ristabilire e promuovere l’utilizzo sostenibile degli ecosistemi terrestri, la
gestione sostenibile delle foreste, combattere la desertificazione, arrestare e invertire il degrado del suolo e fermare la
9
La metodologia indicata è quella di considerare le donne attive protagoniste dello sviluppo, con un approccio
che ne valorizzi il contributo sulla base di criteri di agency (“capacità soggettive” o “soggettività”)25, in più
direzioni:
 la possibilità per le donne di decidere sulla propria vita, di avere accesso alle opportunità economiche e di
partecipare allo spazio pubblico per negoziare accordi che riflettano le loro esigenze, cosicché venga
riconosciuto e valorizzato il loro contributo allo sviluppo sostenibile e il loro ruolo di agenti del
cambiamento;
 la possibilità di affrontare le cause strutturali delle disuguaglianze tra donne e uomini e di modificare
istituzioni e norme sociali discriminatorie che sostengono il loro perpetuarsi (trasformatività);
 la necessità di adottare un sistema di indicatori “globali”, basati sugli standard dei diritti umani per
verificarne l’applicazione nei confronti delle donne in ogni Paese (misurabilità).
La promozione dell’agency femminile intende prioritariamente riconoscere il peso dei diversi contesti
nazionali sulle possibili forme di discriminazione, in modo da non concentrarsi solo sui sintomi e sulle
manifestazioni di esclusione delle donne dovuti alla loro presunta vulnerabilità (ad esempio la mancanza di
reddito, l’istruzione o la salute), bensì di andare ad agire sulle cause che la producono (norme comportamentali
discriminatorie, mancanza di accesso alle risorse e di rappresentanza, ecc.), evitando di definire politiche di
corto respiro che non permettono di valorizzare il reale contributo delle donne allo sviluppo sostenibile 26.
perdita di biodiversità; 16) pace, giustizia e istituzioni forti: promuovere società inclusive e pacifiche per lo sviluppo
sostenibile, fornire l’accesso alla giustizia per tutti e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli;
17) cooperazione per gli obiettivi: rafforzare gli strumenti per la realizzazione degli obiettivi e dare nuova vita agli accordi
globali per lo sviluppo sostenibile.
25
Il termine “agency” iniziò a diffondersi tra la fine degli Anni ’70 e primi Anni ’80 su impulso del sociologo Antony
Giddens per indicare l’interconnessione delle azioni umane con la struttura sociale in cui la persona agisce. La dimensione
di agency è connessa al concetto di dignità e sviluppo umano basato sulle capacità che fa capo al paradigma delle
capabilities teorizzato dall’economista indiano Amartya Sen e alle teorie della filosofa americana Martha Nussbaum
(fondatrice, insieme a Sen, nel 2003 della Human Development and Capability Association): la loro teoria sottolinea
l’importanza del ruolo attivo del soggetto nel contesto sociale, nel realizzare sé stesso e i propri valori, mentre la società
deve fornire le “libertà strumentali”, ovvero gli elementi necessari alla persona per poter provvedere attivamente allo
sviluppo del proprio io e all’eliminazione delle condizioni malessere. La persona è valorizzata in quanto caratterizzata da
attività, mete, progetti e l’impegno è che tale ricchezza sia stimolata, protetta, salvaguardata, non solo per rispetto della
dignità individuale (necessità morale), ma anche perché circostanza favorevole e potenzialmente “proficua” per la
collettività nel suo complesso (importanza strumentale). Vedi: CASTOLDI, Rita, L’approccio alla capacità di Amartya
Sen come percorso per lo sviluppo umano, in AAVV, Concetti e strumenti per una responsabilità sociale dell’impresa:
istruzioni per l’uso, Fondazione Istituto per il Lavoro, Bologna, 2008
26
DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI,
Comunicato stampa “Agenda post 2015: seminario su uguaglianza di genere ed empowerment delle donne”, Roma,
09.04.2015
10
A livello europeo27, la Strategia a favore della parità di genere per il periodo 2016-201928 individua cinque
ambiti di intervento:
1. accrescere la partecipazione femminile al mercato del lavoro e garantire pari indipendenza economica
per donne e uomini;
2. ridurre il divario di genere in termini di retribuzioni, introiti e pensioni e combattere la povertà delle
donne;
3. promuovere la parità tra donne e uomini nel processo decisionale;
4. lottare contro la violenza di genere e proteggere e sostenere le vittime;
5. promuovere la parità di genere e i diritti delle donne in tutto il mondo.
Per il perseguimento di questi obiettivi, la Commissione Europea auspica un impegno forte a tutti i livelli e,
da parte sua, mette a disposizione un insieme di strumenti: l’integrazione di una prospettiva di parità di genere
in tutte le attività dell’Unione Europea; la messa in atto di norme sulla parità di trattamento; i programmi di
finanziamento comunitari; una continua e migliore raccolta di dati; gli scambi di buone pratiche e
l’apprendimento paritario tra Stati membri, la cooperazione con tutti gli attori; un esame annuale delle azioni
chiave e relazioni annuali sui progressi della parità, per valutare le esigenze di ulteriori interventi in materia.
Il riferimento programmatico prioritario è costituito dal “Patto europeo per la parità di genere 2011-2020”29,
che, in particolare, definisce le politiche per la parità di genere come vitali per la crescita economica, la
prosperità e la competitività e pertanto sostiene la necessità di uno stretto legame tra la strategia per la parità
tra donne e uomini 2010-2015 con quella per l'occupazione ed una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
È degli anni ’50 il primo riferimento comunitario all’uguaglianza, con riferimento alla parità di retribuzione, poi ripresa
negli anni ’70 insieme alla parità di trattamento nell’accesso al lavoro, nella formazione professionale, nella carriera, alla
tutela dalle discriminazioni e dalle molestie sessuali, alla sicurezza sociale. Cruciale in quegli anni è stata la definizione
dei Fondi Strutturali e in particolare del Fondo Sociale Europeo, che costituisce tuttora primario riferimento
programmatico e finanziario a favore della formazione e dell’integrazione nel mercato del lavoro delle risorse umane,
specie le fasce deboli. Negli anni ‘80, è stato prevalente il ricorso alle azioni positive, individuate come strumenti per
superare una divisione tradizionale dei ruoli portatrice di disparità In quegli anni si è operato anche per strutturare e
rafforzare una strategia di rete a sostegno alle politiche di pari opportunità, attraverso un impegno politico e istituzionale
mirato e la costituzione di reti specializzate. A partire dagli anni ‘90, l’azione europea si è sempre più diretta verso la
creazione di informazione e di consapevolezza di diritti e verso il rafforzamento della cultura di parità, con maggiore
attenzione al ruolo che i diversi attori possono e sono chiamati a svolgere e alla realizzazione di azioni di sistema.
L’obiettivo di migliorare la condizione delle donne nella società è divenuto prioritario e il mainstreaming di genere e
l’empowerment sono divenuti i maggiori riferimenti strategici di intervento. Nel Nuovo Millennio, nella “Carta dei Diritti
fondamentali” o “Carta di Nizza” (2000) e nella “Costituzione dell’Unione Europea” (2004), la parità tra donne e uomini
ha trovato dichiarazione formale ed esplicitazione come principio fondamentale in ogni campo. Ambito primario di
promozione di condizioni di uguaglianza e di pari opportunità è sempre il lavoro; tuttavia, le indicazioni comunitarie sono
sempre più indirizzate a promuovere la parità e le pari opportunità tra donne e uomini anche nella vita economica, nella
vita civile, nella partecipazione e nella rappresentanza, nell’accesso e nel godimento dei diritti sociali
28
COMMISSIONE EUROPEA, Impegno strategico a favore della parità di genere 2016-2019, SWD(2015) 278 def.,
Bruxelles, 03.12.2015
29
CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, Conclusioni del Consiglio del 7 marzo 2011 sul Patto europeo per la parità
di genere (2011-2020), 2011/C 155/02, GUUE C, 155/10, 25.05.2011
27
11
Su scala nazionale30, la strategia italiana per le pari opportunità trova sintesi all’interno di un unico “Codice
delle pari opportunità” (approvato nel 200631 e modificato nel 201032) che rappresenta un riordino delle norme
a contrasto delle discriminazioni e a sostegno della parità, attraverso:
 disposizioni per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna;
 pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti etico-sociali;
 pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici;
 pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti civili e politici.
Da un punto di vista operativo, la strategia auspicata è quella della valorizzazione delle risorse femminili e
della diffusione della cultura di parità e pari opportunità come principio trasversale delle politiche
pubbliche, attraverso interventi non isolati e occasionali, ma articolati e tarati su specifiche problematiche di
contesto, affinché l’obiettivo dell’uguaglianza di genere si coniughi positivamente con le opportunità di
sviluppo che interessano tutta la società. L’intento è quello di superare un approccio alle politiche di pari
opportunità come attenzione specifica alla popolazione femminile, per andare verso l'integrazione sistematica
dell'ottica di genere all'interno di tutte le politiche e di tutte le azioni, nel pieno accoglimento del principio
del gender mainstreaming, secondo un approccio che si sta radicando anche a livello regionale.33
30
Il sistema italiano in materia di pari opportunità tra donne e uomini trova fondamento teorico nel dettato costituzionale,
che garantisce la parità di trattamento e il divieto di discriminazione (uguaglianza formale) e la rimozione degli ostacoli
all’uguaglianza di fatto (uguaglianza sostanziale). Indicazioni sulla “capacità giuridica” delle donne sono presenti fin
dalla prima metà del ‘900, ma solo negli anni ’40 vennero loro riconosciuti il diritto di voto e, almeno in linea di principio,
pari condizioni e diritti sul lavoro, regole paritarie di accesso alle cariche pubbliche e una disciplina a favore della
maternità. Una prima tutela delle lavoratrici madri venne disciplinata negli anni ‘50, anche se permanevano strumenti
come la “clausola di nubilato” o il licenziamento a causa di matrimonio. Negli stessi anni, venivano fornite indicazioni di
tipo paritario per l’accesso alle cariche pubbliche, anche se una effettiva eliminazione di ogni divieto o limite sarebbe
stata sancita solo nel decennio successivo. Negli anni ’60 e ’70, la parità di genere divenne obiettivo esplicito e furono
messe in atto strategie più mirate alla rimozione delle disuguaglianze, in relazione sia alle politiche familiari (parità tra
coniugi), sia alle politiche del lavoro (divieto di discriminazioni nell’accesso al lavoro, regolamentazione paritaria
dell’attribuzione di qualifiche e di mansioni, della progressione di carriera, della rappresentatività delle lavoratrici
autonome). Negli anni ‘90, con il criterio dell’azione positiva, si iniziò a sostenere iniziative per la parità nel lavoro volte
a eliminare le forme di discriminazione e di segregazione, a offrire reale uguaglianza di opportunità, a perseguire
l’equilibrio nelle posizioni professionali, nei ruoli sociali e in ambito familiare, a perseguire un’uguaglianza sostanziale
nell’attività economica e imprenditoriale. In quel periodo, nacquero nuovi organismi di pari opportunità o vennero
rafforzati alcuni già esistenti, vennero definite indicazioni di tutela e promozione di accesso e carriera in tutti i settori,
vennero introdotte forme di promozione della presenza femminile nella politica attraverso l’introduzione del meccanismo
delle quote elettorali. Da inizio Millennio, una forte attenzione è alle politiche di conciliazione, con attenzione anche al
ruolo paterno, oltreché a quello della madre. Ambito prioritario di intervento resta il lavoro, ma anche la promozione di
una presenza femminile paritaria nei CdA, che è stata normata nel 2011 (Legge 12.07.2011, n. 120), con un’interessante
attenzione bipartisan, come dimostra la presentazione congiunta da parte di Alessia Mosca (PD) e Lella Golfo (PdL).
31
Decreto Legislativo 11.04.2006, n. 198, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna
32
Decreto Legislativo 25.01.2010, n. 5, Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità
e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego
33
Negli anni ‘70, le Regioni si sono poste come soggetti attuativi della legislazione nazionale anche in relazione alle
politiche per le pari opportunità, riconoscendo alle Istituzioni di parità il ruolo di strumenti di consultazione e di
promozione. Normative regionali di genere hanno preso forma a partire dalla metà degli anni ‘80, con interventi
soprattutto nell’ambito della formazione professionale e dell’accesso al lavoro e si è progressivamente consolidato il ruolo
delle Istituzioni di parità. Negli anni ’90 sono stati emanati interventi in relazione ad ambiti più specifici (diritti,
cittadinanza, formazione, lavoro, rappresentanza istituzionale) e da nuovo Millennio si sta rafforzando un approccio
trasversale, con un ruolo importante delle Istituzioni di parità.
12
L’esperienza maturata in riferimento alle politiche di parità di genere conduce a individuare come vincente
il lavoro di rete, promuovendo un modello di governance di parità che si fondi su una “alleanza” per le pari
opportunità tale da ampliare la capacità sinergica degli attori e porsi come sede portatrice di “potere”.
In altri termini, non è sufficiente che l’obiettivo di uguaglianza di opportunità venga ricordato come assunto
teorico; piuttosto, esso deve essere esplicitamente considerato una delle strategie e uno degli obiettivi di lavoro
e deve essere fatto proprio da tutti gli attori, in modo particolare da coloro che si propongono come leader.
Sulla base di questi impegni, occorre individuare percorsi concreti e condivisibili di applicazione, ragionare su
quali siano le collaborazioni più utili da costruire, adottare mirate strategie di sensibilizzazione.
Se ciò significa applicare concretamente il gender mainstreaming, fattore di successo è anche l’empowerment,
ovvero l’attribuzione di potere e responsabilità anche alle donne, offrendo loro la possibilità di accedere alle
sedi di governance, di essere presenti nei luoghi decisionali della vita sociale, politica, economica e
promuovendo un’ampia valorizzazione e comunicazione del contributo di tutte le categorie allo sviluppo
sociale, economico, aziendale.
Per superare visioni che fanno delle donne “soggetti deboli” che si esprimono per lo più in posizioni poco
visibili e subalterne, preferibilmente – se non esclusivamente - in alcuni ambiti riconosciuti come “femminili”
(il sociale, la sanità, l’istruzione, l’attività di cura, l’impegno domestico, il volontariato, ecc.) e comunque in
gradini bassi della carriera, diviene indispensabile il pieno e paritario riconoscimento delle capacità delle
donne, delle loro competenze e abilità e, insieme, dei loro progetti, delle loro aspettative e dei loro percorsi
personali, professionali e di rappresentanza: è un obiettivo da perseguire non solo per una naturale esigenza di
equità, ma anche per i risultati di crescita e sviluppo che ne derivano e che, oggi più che mai, sono necessari
per uscire dalle situazioni di crisi utilizzando al meglio tutte le risorse e le energie possibili.
Occorre puntare sulla competenza per adattare le politiche e i relativi strumenti all’obiettivo delle pari
opportunità attraverso un corretto e sapiente utilizzo del mainstreaming, nonché, quando ancora necessario,
delle azioni positive, anche ingegnerizzando modelli e rendendoli trasferibili e valutabili.
Porre attenzione al valore delle risorse umane rappresenta un sfida importante, in cui la dimensione
dell’invecchiamento attivo femminile e del passaggio intergenerazionale tra donne può rappresentare un
fattore di speciale arricchimento, poiché chiama a riconoscere la ricchezza di un contributo multiforme,
ovvero proveniente da più sensibilità, legate all’appartenenza di genere, da un lato, e di generazione,
dall’altro e in cui l’apporto femminile in particolare può avvalersi non solo dell’esperienza personale di
ciascuna donna, ma anche dell’evoluzione della “storia delle donne”.
13
CAPITOLO 3.
PRESENZA NEI LUOGHI DI DECISIONE
Donne senior e junior nei Consigli di Amministrazione
Se, come esplicitamente indicato dalle programmazioni strategiche a livello internazionale (Agenda 2030),
comunitario (Europa 2020) e nazionale (Italia 2020), il miglioramento dello sviluppo è favorito da una
maggiore partecipazione delle donne, un ambito essenziale su cui intervenire è, certamente, il
perseguimento dell’equilibrio di genere anche nei luoghi di decisione, compresi i Consigli di
Amministrazione delle aziende.
L’azione delle istituzioni comunitarie nella direzione di una maggiore presenza femminile nelle posizioni
apicali delle aziende è stata costante negli ultimi anni e ha trovato voce non solo nelle indicazioni strategiche
(contenute già negli impegni per il 2010-2015 e ribadite per il periodo 2016-2019), ma anche in azioni
specifiche, partite nel 2010 con una proposta agli Stati membri da parte del Parlamento Europeo34 ad
accrescere la rappresentatività femminile all’interno dei Consigli di Amministrazione delle imprese,
sulla base dalla considerazione che l’equilibrio di genere ai vertici aziendali incide in maniera positiva sulla
competitività e sui profitti dell’impresa e, quindi, del mercato nel suo complesso.
Partendo da queste sollecitazioni, nel novembre 2012, la Commissione Europea35 ha adottato una proposta di
direttiva che ha fissato come obiettivo minimo una percentuale del 40% di amministratori senza incarichi
esecutivi del sesso sottorappresentato entro il 2020 per le società europee quotate in borsa e entro il 2018
per quelle pubbliche, mentre per gli incarichi esecutivi è prevista una "quota di flessibilità" come misura
complementare, attraverso obiettivi di autoregolamentazione che le società dovranno fissare.
La norma si applica solo alle imprese quotate in borsa e pubbliche, in virtù del loro peso economico e della
loro alta visibilità e ha una valenza temporanea, con scadenza nel 2028.
Importante è, comunque, l’attenzione al merito: infatti, le società sono chiamate a introdurre nuove procedure
di selezione, dando priorità alle candidate donne, ma solo se in possesso delle qualifiche necessarie.
34
PARLAMENTO EUROPEO, Risoluzione sulle donne e la direzione delle imprese, 2010/2115(INI), Strasburgo,
06.07.2011
35
COMMISSIONE EUROPEA, Proposta di Direttiva Women on boards, COM(2012) 614 def., Bruxelles, 14.11.2012
14
La proposta della Commissione Europea ha avuto il sostegno di Commissioni parlamentari: per i diritti della
donna e l'uguaglianza di genere (FEMM), giuridica (JURI), per l'occupazione (EMPL), per il mercato interno
(IMCO) e per i problemi economici (ECON) ed è stata poi approvata dal Parlamento Europeo, con 459 voti a
favore, 148 contrari e 81 astensioni (20 novembre 2013)36.
In specifico, il Parlamento ha ratificato l'approccio della Commissione incentrato su una procedura di selezione
trasparente e corretta (cosiddetta "quota procedurale"); ha mantenuto escluse le piccole e medie imprese
dal campo di applicazione, pur invitando gli Stati membri a sostenerle e incoraggiarle a migliorare in maniera
significativa l'equilibrio tra donne e uomini a tutti i livelli dirigenziali e nei CdA; non ha esentato dagli obblighi
le imprese in cui i componenti del sesso sottorappresentato costituiscano meno del 10% del personale; infine,
ha previsto una serie di sanzioni in caso di mancata applicazione, compresa l'esclusione dagli appalti pubblici
e l'esclusione parziale dalla concessione di finanziamenti mediante i Fondi Strutturali europei.
Dalla fine del 2013, la proposta è in discussione tra il Consiglio Europeo e gli Stati membri: la parità all’interno
dei CdA è obiettivo sostenuto unanimemente, ma persistono approcci diversi, che rendono particolarmente
difficile trovare una sintesi su scala europea che possa essere condivisa come unitaria.
I modelli di intervento sono essenzialmente tre, su strategie differenti: le quote (applicate da Italia, Francia,
Spagna, Norvegia e Germania); i codici di regolamentazione (preferiti da Regno Unito, Svezia, Finlandia);
la trasparenza e il merito nel processo di selezione con obiettivi di rappresentanza fissati (modello della
Proposta di Direttiva europea) 37.
COMMISSIONE EUROPEA, Comunicato stampa “Infrangere il soffitto di cristallo: il Parlamento Europeo sostiene la
proposta della Commissione relativa alla presenza delle donne ai vertici delle aziende”, Bruxelles, 20.11.2013
37
Le quote sono “azioni positive”, ovvero misure che mirano a raggiungere condizioni di uguaglianza intervenendo a
favore di quelle categorie che si trovano in situazione di svantaggio. Le azioni positive legate all’art. 3 della Costituzione,
che considera donne e uomini uguali senza distinzioni (uguaglianza formale), ma che, insieme, prevede l’eliminazione
degli ostacoli che si frappongono alla parità (uguaglianza sostanziale). Una specificità dell’azione positiva è la sua natura
flessibile, temporanea, adattata al caso specifico. Le quote fanno capo al “modello statunitense”, che muove dalla
premessa di classificare le donne come minoranza discriminata in quanto esclusa dai luoghi di potere e pertanto si muove
con interventi di natura compensativa e secondo uno sviluppo prioritariamente legislativo e giurisprudenziale fortemente
omologo al problema razziale. Accanto a questo, il “modello francese” legge, invece, la società come insieme composto
di donne e uomini che deve poter contare su una rappresentanza di entrambi i generi e, pertanto, mira a riconoscere
effettiva parità alle donne e a promuovere condizioni di democrazia paritaria salvaguardando il principio della generalità
della rappresentanza politica piuttosto che a promuovere politiche di sostegno. Le due tipologie di approccio conducono
a soluzioni differenti (l’adozione delle quote la prima e la promozione di misure legislative a favore delle candidature
femminili la seconda), che sono state variamente adottate a livello mondiale, spesso anche in maniera non esclusiva e con
alterne vicende, a dimostrazione di quanto le soluzioni non si escludano l’una con l’altra, ma possano anche coesistere o
venire variamente applicate a seconda della contingenza storico-politica, del ruolo e dell’organizzazione dei partiti, del
dibattito giurisprudenziale e, non ultimo, del contesto socio-culturale. Un riconoscimento alla validità di questo sistema
è stato dato nel 2010 dal Parlamento Europeo quando, richiamando gli Stati membri a promuovere pari rappresentanza e
presenza in posizioni di responsabilità nei diversi ambiti (imprese, amministrazione, politica), richiama “gli effetti positivi
dell'uso delle quote elettorali sulla rappresentanza delle donne”, riconoscendo all’applicazione delle quote nella
rappresentanza politica funzione di spill-over, ovvero di promozione di meccanismi positivi finalizzati ad aumentare il
numero di donne nelle posizioni decisionali anche di altri ambiti: PARLAMENTO EUROPEO, Risoluzione sulla parità
tra donne e uomini nell'Unione Europea, 2009/2101(INI), Bruxelles, 10.02.2010
36
15
Non è da sottovalutare la resistenza dimostrata anche a livello istituzionale rispetto alle quote e, più in
generale, rispetto a indicazioni vincolanti di origine comunitaria in riferimento alle pari opportunità: è un
fenomeno interessante che, se richiama la diatriba sulla strategia delle quote, è anche segnale non trascurabile
di una ancora scarsa permeabilità dei principi di parità tra i generi non tanto nelle indicazioni programmatiche,
quanto nell’applicazione concreta e nella capacità di pensare e distribuire i ruoli secondo criteri di uguaglianza.
Ugualmente, è bene ricordare che anche a livello di opinione pubblica europea, secondo sondaggi condotti a
dicembre 201438, una maggiore parità di rappresentanza nei vertici aziendali è auspicata solo dal 24% delle
donne (e il 21% degli uomini), a fronte di una quota ben più ampia (76% tra donne e uomini) che ritiene che
la lotta alle diseguaglianze di genere debba essere una priorità dell’Unione Europea e un quasi unanime
accordo (91%) sulla necessità del contrasto alle disparità tra donne e uomini per creare una società più giusta.
Il rischio è quello di trovarsi in una situazione quasi paradossale di enunciazione diffusa ma generica del
principio di parità e di pari opportunità e del suo valore universale, senza che tali dichiarazioni siano supportate
da una volontà di applicazione che riesca a produrre effettivi interventi e impegni.
Da parte sua, l’Italia, con legge del luglio 2011 nota come “legge Golfo-Mosca”39, ha sancito che gli organi
sociali delle società quotate in Borsa e delle partecipate pubbliche debbano essere rinnovati riservando alle
donne una quota pari almeno a un quinto, salendo almeno a un terzo nel secondo e terzo mandato, con un
processo che, se osservato, dovrebbe esaurirsi nel 2023, dal momento che la legge si applica solo per tre
mandati consecutivi. Le società a controllo pubblico possono modificare i propri statuti per assicurare
l’equilibrio di rappresentanza, che si considera raggiunto quando il genere meno rappresentato all’interno
dell’organo amministrativo o di controllo ottiene almeno un terzo dei componenti eletti.
In applicazione della Legge 120/2011, dal 28 gennaio 2013 è in vigore il Decreto attuativo40, che regola
l’attività di monitoraggio e vigilanza sull'applicazione della norma e, in funzione di questa attività, dalla stessa
data, il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio per gli
interventi in materia di parità e pari opportunità raccoglie le comunicazioni (obbligatorie) da parte delle società
e raccoglie le eventuali segnalazioni (che chiunque può fare) di situazioni che non rispettano l’equità tra i
generi nel CdA. Eventuali non osservanze della norma che emergano dall’attività di controllo, portano a una
diffida formale, con cui la società è chiamata a ripristinare tempestivamente condizioni egualitarie e, in caso
di ulteriore non adeguamento, la sanzione è la decadenza della carica.
38
COMMISSIONE EUROPEA, Report Gender Equality, Special Eurobarometer 428, Bruxelles, 2015
Legge 12.07.2011, n. 120, Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui
al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di
controllo delle società quotate in mercati regolamentati
40
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 novembre 2012, n. 251, Regolamento concernente la
parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche
amministrazioni, ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo del codice civile, non quotate in mercati
regolamentati, in attuazione dell'articolo 3, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 120
39
16
Grazie all’imposizione normativa, a fine giugno 2015, dati CONSOB41 indicano una presenza femminile nei
CdA italiani del 27,6% (contro un incremento di 20,0 punti percentuali nell’arco di un quinquennio) e rilevano
come, nella quasi totalità delle imprese, almeno una donna sieda nel board.
Presenza femminile percentuale nei CdA delle società quotate in Italia, periodo 2011-2015 (mese di giugno)
27,6%
22,7%
17,8%
11,6%
7,4%
2011
2012
2013
2014
2015
Fonte: CONSOB, Rapporto sulla corporate governance delle società quotate italiane,
http://www.consob.it/web/area-pubblica/rapporto-sulla-corporate-governance
Il confronto CONSOB tra le donne nominate dopo il 31 dicembre 2012 e quelle già in CdA mostra un
abbassamento dell’età media: mediamente 49 anni, rispetto alla media di 52,6 precedente; si innalza, invece,
la formazione: il 92% delle donne neonominate ha una laurea e il 28% un titolo post-laurea (erano,
rispettivamente, l’82% e il 23%); si attenuano i rapporti di parentela, passando da 28 a 3 punti percentuali,
elemento questo molto rilevante nella direzione di una maggiore equità, perché significa un ampliamento della
platea di candidature.
L’ottima performance italiana nell’ultimo quinquennio spicca su scala europea, dove, comunque, grazie alle
sollecitazioni comunitarie, si è registrato un diffuso incremento di presenza femminile nei CdA delle società
pubbliche quotate di grandi dimensioni (con la sola esclusione della Lituania, in cui non ci sono state variazioni
e di leggeri decrementi in Slovacchia e nella Repubblica Ceca): per l’Italia, l’incremento è stato di ben 23 punti
percentuali (dal 6% del 2011 al 29% del 2015), rispetto ai soli 9 della media europea e a valori decisamente
più bassi in tutti gli altri Paesi.
41
LINCIANO Nadia, CIAVARELLA Angela, SIGNORETTI Rossella, 2015 Report on corporate governance of Italian
listed companies, Statistics and analyses, 4, CONSOB, Roma, 12.2015
17
Variazione percentuale della presenza femminile nei CdA delle società pubbliche quotate di grandi
dimensioni nell'Unione Europea (28 Stati membri), periodo 2011-2015 (mese di ottobre)
Repubblica Ceca
Slovacchia
Lituania
Estonia
Romania
Finlandia
Lettonia
Croazia
Malta
Cipro
Grecia
Bulgaria
Lussemburgo
Irlanda
Slovenia
Portogallo
Polonia
Olanda
Spagna
Svezia
Austria
UE28
Danimarca
Germania
Regno Unito
Ungheria
Francia
Belgio
Italia
-6%
-2%
0%
1%
2%
3%
3%
3%
3%
4%
4%
4%
6%
6%
7%
7%
7%
7%
8%
8%
9%
9%
10%
11%
12%
13%
14%
15%
23%
Fonte: Commissione Europea, Banca dati su donne e uomini nel processo decisionale,
http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/gender-decision-making/database/index_en.htm
Le cariche ricoperte dalle donne nei CdA sono, comunque, in larga misura non esecutive (nel 2015, per il
63,8% come Amministratori indipendenti e solo per il 2,6% con ruolo di Amministratore Delegato) e ciò
suggerisce quanto, oltre alla migliore presenza numerica, sia ancora fortemente da ricercare un aumento delle
donne nelle posizioni più alte dei CdA, quelle nelle quali esiste una reale possibilità di presa di decisioni.
Ciò vale su tutto il territorio europeo, giacché, osservando la posizione di Presidenza all’interno dei CdA di
società pubbliche di grandi dimensioni, la percentuale femminile si abbassa notevolmente, tanto da essere pari
a zero in 9 Paesi (Danimarca, Francia, Croazia, Cipro, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Finlandia),
mentre a spiccare positivamente sono i Paesi dell’Est. Anche l’andamento italiano è meno brillante: a ottobre
2015, le donne Presidenti di CdA sono il 2%, cifra, comunque, da non sottovalutare, considerando come
negli anni precedenti la componente femminile nel ruolo di Presidenza fosse del tutto assente.
18
Variazione percentuale di Presidenti donne nei CdA delle società pubbliche quotate di grandi dimensioni
nell'Unione Europea (28 Stati membri), periodo 2011-2015 (mse di ottobre)
20%
14%
11%
10%10%
9%
8% 8%
7% 7%
6%
5% 5%
4% 4% 4%
2% 2%
0% 0% 0% 0% 0% 0% 0% 0% 0%
-3%
-7%
Fonte: Commissione Europea, Banca dati su donne e uomini nel processo decisionale,
http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/gender-decision-making/database/index_en.htm
Il quadro è complesso, ma è innegabile come, insieme al “soffitto di cristallo”, si stia incrinando un potere
concentrato nelle mani degli uomini, con un rinnovamento della classe dirigente positivo non solo per le
aziende, ma per la società intera, nonché per l’economia nel suo insieme42: infatti, è ormai ampiamente
riconosciuto che una maggiore partecipazione decisionale delle donne incide in misura positiva anche sui
profitti e sulla competitività delle imprese.
PROFETA, Paola, “Cosa succede nelle aziende con le quote? Italia batte Norvegia: nei board consiglieri più giovani e
più istruiti”, http://27esimaora.corriere.it, 23.10.2015; CONDE-RUIZ J. Ignacio, PROFETA Paola, “Quote italiane, un
modello che funziona”, www.lavoce.info, 06.03.2015
42
19
L’impatto positivo sull’economia di una maggiore partecipazione femminile è dimostrato, a titolo di
esempio, da uno studio internazionale Credit Suisse43 su Consigli di Amministrazione e senior management di
oltre 3.000 società (con un campione di oltre 28.000 senior manager, di cui 3.700 donne) rileva come le grandi
aziende con capitalizzazione superiore a 10 miliardi di dollari e almeno una donna nel CdA abbiano conseguito
una sovraperformance del 5% (2,5% includendo le società con capitalizzazione inferiore ai 10 miliardi) tra
inizio 2012 e giugno 2014 e un extrarendimento del 3,3% se si estende l’esame fino al 2005, includendo la
volatilità di mercato durante la crisi finanziaria.
Inoltre, le aziende con presenza femminile negli organi dirigenziali hanno migliori risultati nel rendimento
del capitale proprio (ROE) e nel rapporto prezzo/valore contabile (ovvero l’aspettativa, da parte degli
investitori, di un più alto rendimento degli asset); inoltre, la proporzione degli utili pagati come dividendi agli
azionisti (tasso di payout) risulta più elevata nelle società con più di 10 donne su 100 nel top management.
Infine, in termini di fusioni e acquisizioni, le donne con carica di Amministratore Delegato tendono ad
acquisire meno e a cedere più attività rispetto ai loro colleghi maschi.
Una conferma indiretta a queste suggestioni viene anche dalle considerazioni che gli organismi internazionali
propongono relativamente al lavoro femminile: le proiezioni OCSE44 riconoscono, infatti, che una paritaria
partecipazione di donne e uomini nel mercato del lavoro porterebbe a una crescita del PIL del 12,4% entro il
2030, oltre a un aumento del 7% dello tasso di occupazione.
Elemento centrale che emerge dai dati è soprattutto la positiva ricaduta su più fronti di una più ampia
presenza femminile nelle dinamiche del lavoro, dell’economia, della governance: un numero maggiore di
lavoratrici diminuisce il rischio di povertà, produce un più alto contributo alla massa fiscale e previdenziale,
richiede l’attivazione di servizi, con conseguente creazione di lavoro; insieme, una più elevata
partecipazione femminile alle posizioni decisionali e in particolare ai CdA porta un governo più efficace
delle imprese e soprattutto una gestione meno rischiosa, con debiti di qualità migliore45.
43
CREDIT SUISSE RESEARCH INSTITUTE, The CS Gender 3000: Women in Senior Management, Zurich, 2014
OECD, Closing the gender gap. Act now, 12.2012
45
BIANCO, Magda, Il genere entra nell’economia: una minaccia per la leadership maschile o una opportunità anche
per loro?, Relazione al convegno “La competenza delle donne per lo sviluppo delle aziende e il rilancio dell’economia:
manager, istituzioni, cultura e università a confronto”, Roma, 16.02.2012
44
20
CAPITOLO 4.
IL PROGETTO “IL ROSA E IL GRIGIO”
Donne, invecchiamento attivo e presenza nei luoghi di decisione
Il progetto “Il rosa e il grigio” - rispondendo al bando nazionale per iniziative di promozione
dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni emesso dal Dipartimento Politiche per la
Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito delle dell’Anno Europeo 2012 - ha
proposto un passaggio intergenerazionale di qualità tra donne, in particolare attivando un articolato
percorso di empowerment, diveristy management e age management.
L’esperienza realizzata ha inteso mettere a punto un modello di desegregazione nei Consigli di
Amministrazione, attraverso l’apporto fattivo sia dell’esperienza di donne senior che già ricoprono posizioni
di rilievo (invecchiamento attivo), sia della disponibilità di donne junior (solidarietà tra generazioni),
attivando tra loro una rete forte e attiva, fondata sullo scambio come strumento di alleanza a favore di una
maggiore equità generazionale e di genere nella composizione delle posizioni di governance aziendale.
L'applicazione dei principi dell’invecchiamento attivo e del passaggio intergenerazionale coniugati con
quelli di parità e uguaglianza di opportunità è stata sperimentata come strumento innovativo di lettura delle
strategie aziendali ed è stata intesa come elemento fondamentale attraverso il quale rafforzare l’immagine e la
presenza delle donne di età diverse in sedi di decisione, ovvero in quegli ambiti in cui è particolarmente forte
la preclusione alla componente sia femminile che giovanile.
Un approccio di questo tipo ha trovato forza nell’empowerment, che è stato inteso sia come obiettivo che come
metodo, attraverso attività che hanno inteso evidenziare il valore dell’attribuzione di potere e di responsabilità
alle donne, in particolare proponendo come esempi le donne senior operanti nei centri decisionali e sollecitando
le donne junior ad aumentare le proprie abilità e competenze e, insieme, a valorizzarsi, partendo dall’assunto
che il “potere delle donne”, ovvero la possibilità per loro di avere autonomia e voce in qualsiasi ambito (anche
nei CdA) e in più periodi della loro vita professionale costituisce un valore, oltre ad essere strumento essenziale
per uno sviluppo più competitivo e più equo.
21
L’azione si è sviluppata prioritariamente sul territorio piemontese, sia per la scelta delle sedi di svolgimento
delle attività, sia in riferimento ai soggetti da coinvolgere, al fine di non disperdere la comunicazione e così
potenziare la sensibilizzazione. Ciò non ha escluso il raccordo con soggetti al di fuori della regione e anche al
di fuori dei confini nazionali, sia per il coinvolgimento delle donne senior, sia per l’attività a favore delle
junior. Il concentramento sul territorio regionale è stato piuttosto inteso come attenzione al mondo aziendale
piemontese, da valorizzare come ambiente gender friendly ed esempio replicabile di “sostenibilità
generazionale e di genere” nelle posizioni decisionali e di governo dell’impresa.
Il progetto si è mosso in più direzioni, che possono essere così sintetizzate:
IL COINVOLGIMENTO DELLE DONNE SENIOR
• raccolta e condivisione delle esperienze di donne senior che operano in luoghi di decisione
e di governance aziendale (invecchiamento attivo)
IL COINVOLGIMENTO DELLE DONNE JUNIOR
• creazione di una rete tra generazioni, attraverso la l’attivazione di uno scambio tra
donne senior testimoni e giovani donne disposte a mettersi in gioco
GLI EVENTI DI DIFFUSIONE E APPROFONDIMENTO
• promozione di incontri, momenti di riflessione e di discussione per attivare tra
generazioni di donne lo scambio di testimonianze, esperienze, suggestioni
LA RETE INTERNET A SUPPORTO DEL PROGETTO
•creazione di uno strumento operativo di confronto e di scambio, per scambio di esperienze,
iniziative, notizie e dare visibilità alle donne di età diverse e alle loro esperienze
22
Il coinvolgimento delle donne senior
Le esperienze delle donne senior sono state raccolte attraverso trenta interviste e dieci video-interviste,
somministrate prevalentemente (ma non esclusivamente) a donne ultracinquantenni, impegnate all’interno di
Consigli di Amministrazione o in ruoli di governo aziendale, anche in società non quotate o partecipate, in
modo da cogliere quanto i soggetti che non hanno prescrizioni normative rispetto alle quote di genere siano
attente alla dimensione femminile nelle posizioni di vertice e di governo. Sono state coinvolte anche donne
che non hanno ancora superato i 50 anni ma che, proprio per questo, rappresentano esempi interessanti di
inserimento di generazioni più giovani all’interno di CdA e nelle dinamiche di governo aziendale.
Le testimoni sono state individuate ciascuna per la personale esperienza o carica professionale; tuttavia è da
sottolineare come molte ricoprano anche ruoli importanti di rappresentanza nelle associazioni di categoria o
all’interno di reti femminili di rilievo: ciò rappresenta un elemento di valore aggiunto, in quanto segnale della
capacità delle donne di farsi portatrici di un impegno concreto per il riconoscimento femminile sul lavoro e
per la piena realizzazione della parità e dell’uguaglianza di opportunità anche attraverso dinamiche di rete.
Per la scelta delle donne da video-intervistare, si è seguita la medesima impostazione logica, ma si è preferito
individuare donne di spicco o in posizioni di particolare rilievo (professionale e/o istituzionale) rispetto alla
tematica di riferimento, utilizzando la capacità dello strumento video di valorizzare l’impatto e la diffusione.
Le interviste sono state individuali, condotte in modalità semistrutturata e non direttiva, ovvero come dialogo
e ascolto aperto, con alcune domande di stimolo incentrate su una serie di temi individuati come rilevanti, ma
lasciando il più ampio spazio di risposta e di libero approfondimento.
Le video-interviste, invece, sono state condotte seguendo una successione fissa di 10 domande, in modo da
rendere facilmente visibili e giustapponibili le singole opinioni, focalizzando “messaggi” su specifici temi e
favorendo la fruibilità attraverso un montaggio unitario.
In questa logica, nonostante la metodologia diversificata, per rendere possibile una
lettura significativa ma agile e omogenea di tutte le testimonianze delle donne senior
nel loro insieme, l’elaborazione finale delle interviste è stata condotta seguendo il
medesimo decalogo di domande utilizzato nelle video-interviste e tutte le
elaborazioni sono state inserite sul sito del progetto, nella sezione “esperienze”,
mentre le video-interviste sono visibili sul canale youtube del progetto.
L’analisi dei contributi delle senior ha portato alla raccolta di “parole chiave” ricorrenti per ciascun ambito di
approfondimento, che sono state sintetizzate in 10 tag-cloud, stampate in forma di cartolina, evidenziando
anche visivamente gli indicatori che le donne considerano particolarmente rilevanti per la carriera e per la
valorizzazione femminile.
23
Il coinvolgimento delle junior
Per attivare un proficuo dialogo rispetto a “indicatori” relativi alla governance e alla carriera femminile e per
realizzare un passaggio intergenerazionale di qualità conducendo le giovani a conoscere, discutere e fare propri
i meccanismi che potranno guidarle nell’accesso a posizioni decisionali, si è ritenuto importante coinvolgere
donne prevalentemente (ma non esclusivamente) di formazione universitaria (iscritte all’Università o già in
possesso di laurea o titolo post-laurea) e quindi non giovanissime, ma comunque con età inferiore ai 40 anni.
In questa logica, le giovani sono state contattate soprattutto attraverso il raccordo con alcuni bacini privilegiati,
quali: Collegi Universitari di Merito; iniziative di promozione dei talenti; progetti di valorizzazione delle
donne; reti femminili; gruppi femminili e giovanili di Associazioni di categoria; Camere di Commercio e
Comitato per l’Imprenditoria Femminile; stakeholders sensibili al tema; conoscenze professionali/personali
raggiunte con modalità informali (passaparola); senior già coinvolte nelle attività del progetto; canali
informativi del progetto (sito internet e social).
Il cuore dell’azione condotta nei confronti delle giovani è stata una “summer
school”, evento di formazione, approfondimento, discussione realizzato in modalità
stanziale presso il Castello di Pavone Canavese (TO) nell’arco di quattro giornate
(11-14 giugno 2015) e destinato a un gruppo selezionato di 27 giovani donne.
Il percorso della summer school è stato fondato sullo scambio intergenerazionale, secondo strategie di dialogo,
scambio formale e informale, trasferimento di competenze attraverso più tipologie di intervento.
un convegno di apertura, con interventi
istituzionali, ha dato l’opportunità di dare una
visione d’insieme sui temi di riferimento
ascoltando più voci e diversi punti di vista
momenti di approfondimento (affidati a esperte
senior di livello accademico) hanno guidato le
giovani a conoscere e approfondire i temi
pregnanti del progetto: corporate govenance,
leadership, diversity management
focus su temi di interesse (formazione,
conciliazione, rete) hanno stimolato la discussione
tra senior e junior con la mediazione di una tutor e
atraverso l’interazione, anche in piccoli gruppi di
discussione, confronto, scambio
momenti informali di dialogo e scambio hanno
favorito l’immissione delle giovani in dinamiche
di relazione e la riflessione su buone pratiche
una visita di studio con passeggiata di approfondimento presso il Museo dell’Architettura Moderna di
Ivrea e ai luoghi olivettiani, scelti considerando come buona pratica la gestione aziendale di Adriano
Olivetti, in quanto particolarmente sensibile alla dimensione umana e, in specifico, al personale
femminile, come dimostrano non solo la sperimentazione innovativa di azioni di welfare, ma anche
l’apertura al cambiamento e l’attenzione ai talenti delle donne
24
Insieme alle donne senior già coinvolte nel progetto, che, in larga maggioranza, sono intervenute alla summer
school, hanno partecipato anche un numero importante di donne e uomini della rappresentanza aziendale,
amministrativa, politica, che hanno ampliato la platea di soggetti coinvolti, portando a un totale di 45 persone
senior inserite le programma e il coinvolgimento nell’organizzazione di non meno di 60 persone.
L’opportunità di conoscere e confrontarsi con donne in posizioni di alto livello, anche in momenti che sono
stati meno formali ma che, proprio per questo, hanno molto facilitato il dialogo, è stata particolarmente gradita
alle senior e apprezzata dalle giovani.
Anche la raccolta di brevi videointerviste alle donne (senior e junior) che hanno partecipato alla summer
school ha rappresentato uno strumento di diffusione particolarmente interessante.
Antecedenti e propedeutici alla summer school, sono stati attivati in totale quattro incontri di coinvolgimento
e di motivazione, realizzati nella prima metà dell’anno 2015 anche al di fuori del territorio piemontese, con la
finalità di sollecitare e misurare l’interesse delle giovani ai temi proposti dal progetto.
Torino,
20.03.2015
Torino,
13.02.2015
Milano,
08.05.2015
Colleretto
Giacosa,
27.05.2015
Gli incontri hanno attivato una interazione tra donne di generazioni diverse fondata sulla tecnica del
brainstorming interattivo, sviluppato secondo i seguenti passaggi:
condivisione degli obiettivi del
progetto
discussione su alcuni temi
pregnanti per il progetto
(empowerment, leadership,
diversity management,
passaggio intergenerazionale)
testimonianza di
una o più senior
Agli incontri realizzati tra febbraio e maggio 2015, hanno partecipato in totale circa 50 giovani.
25
Gli eventi
Lungo tutto l’arco del progetto, sono stati promossi eventi di diffusione, che sono stati sempre funzionali al
coinvolgimento delle giovani generazioni e all’attivazione di momenti di in-formazione e pertanto, oltre a
condividere informazioni e dati sui contenuti del progetto e sui temi di riferimento, sono stati occasione per
dare voce a donne senior portatrici di esperienza.
La realizzazione di questi momenti di ampio respiro ha portato come valore aggiunto un importante
ampliamento del target del progetto, che è stato reso possibile dalla collaborazione instaurata con un insieme
importante di stakeholders (soggetti istituzionali, accademici, di categoria, del lavoro, dell’associazionismo,
ecc.) e si è espresso come ampliamento sia del territorio di riferimento del progetto anche a livello nazionale
(nonché con collegamenti a livello europeo), sia della popolazione giovane diretta destinataria, che, oltre al
target prioritario delle donne junior di alta formazione, ha ricompreso anche giovani universitari (sia femmine
che maschi) e studentesse e studenti delle scuole secondarie superiori.
Di seguito vengono brevemente elencati gli elementi chiave di ciascuno degli eventi realizzati.
Seminario di presentazione del progetto, Torino, 5 dicembre 2014
Ha presentato contenuti, finalità e programma di lavoro del progetto.
Grazie alla partecipazione di alcune testimoni senior, è stato possibile
proporre una riflessione sugli elementi più rilevanti del progetto:
passaggio intergenerazionale, invecchiamento attivo, empowerment,
leadership.
Convegno "La presenza delle donne nei CdA: misurazioni
qualiquantitative", Torino, 26 marzo 2015
È stato organizzato in collaborazione con il Gruppo Tematico Pari
Opportunità della Associazione Italiana di Valutazione e la Consulta
delle Elette del Piemonte.
Ha discusso sulla valutazione della presenza femminile nei CdA con
presentazione di dati quantitativi e con riflessioni di tipo qualitativo a
partire dalle esperienze raccolte da donne senior, ponendo in evidenza
come l’esperienza acquisita (invecchiamento attivo) coniugata al
passaggio di competenze tra generazioni sia strumento per aprire alle
donne spazi di visibilità e di contributo attivo alla società.
26
Relazione al XVIII Congresso Annuale dell’Associazione Nazionale
di Valutazione “Valutazione e equità sociale. La valutazione come
fattore di cambiamento delle politiche pubbliche e strumento per il
contrasto delle diseguaglianze sociali”, Genova, 17 aprile 2015
La relazione, interamente dedicata al progetto, ha ragionato sui metodi
e sui risultati della valutazione qualitativa relativa alla presenza
femminile nei CdA condotta attraverso le interviste a donne senior,
evidenziando la strategia formativa del progetto, che ha utilizzato la
raccolta e la valutazione di esperienze per definire indicatori da
proporre alle giovani.
Partecipazione al seminario “Invecchiamento attivo e solidarietà tra
le generazioni: un percorso virtuoso”, realizzato dal Dipartimento per
le Politiche della Famiglia all’interno del FORUMPA 2015, Roma,
27 maggio 2015
È stato presentato un quadro delle attività realizzate, con attenzione
soprattutto alla dimensione del passaggio intergenerazionale.
L’opportunità di riconoscere il progetto come buona prassi è stata
particolarmente proficua per individuare nelle strategie di passaggio di
competenze e trasferimento di empowerment un elemento innovativo di
invecchiamento attivo e di valorizzazione di tutte le componenti del
lavoro, compresa quella femminile.
Partecipazione agli Stati Regionali delle Donne del Piemonte, Torino,
4 luglio 2015
La scelta del progetto “Il rosa e il grigio” come buona prassi
condivisibile agli Stati Regionali delle Donne e la possibilità di
presentare in quella sede i contenuti del progetto e in particolare
l’esperienza della summer school hanno consentito di rafforzare il
valore del passaggio intergenerazionale e dell’invecchiamento attivo
delle donne proponendolo non solo come buona pratica, ma anche come
tema di riferimento (sintetizzato nel gruppo “Donne, memoria e
lavoro”) che il territorio piemontese propone rispetto alla dimensione
femminile.
27
Convegno “La presenza femminile nella corporate governance e nei
processi decisionali. Esperienze tra Cuneo e Francia”, Cuneo, 5
ottobre 2015
È stato organizzato in collaborazione con il Campus di Management ed
Economia dell’Università degli Studi di Torino – sede di Cuneo e con
il Comitato Imprenditoria Femminile della CCIAA di Cuneo e il
coinvolgimento di Città Metropolitana, Università e Camera di
Commercio di Nizza hanno dato al convegno un respiro transnazionale.
Destinatari prioritari sono stati le studentesse e gli studenti del Polo
universitario di Cuneo e dell’Istituto Tecnico “Bonelli” di Cuneo.
Ha proposto riflessioni su rappresentanza femminile e corporate
governance e, attraverso una tavola rotonda con imprenditrici e donne
nelle organizzazioni, ha presentato esperienze in posizioni di vertice.
Convegno “Governance aziendale al femminile: esperienze dal
Piemonte”, Cuneo, 16 dicembre 2015
Ha rappresentato una tappa del “Giro d’Italia delle donne che fanno
impresa”, organizzato annualmente da Unioncamere con Camere di
Commercio e Comitati Imprenditoria Femminile su tutto il territorio
nazionale. È stata occasione per riflettere sulla governance femminile,
dialogando con un gruppo di imprenditrici e presentando il progetto
come buona prassi di valorizzazione e promozione delle competenze
delle donne e della loro capacità di guidare un’azienda.
Steering committee e Meeting, Torino, 29-30 gennaio 2016
Nella fase finale del progetto, sono state discusse modalità, strategie,
azioni concrete per tesaurizzare i risultati raggiunti, ragionando sulle
possibili misure per aprire nuove strade di pari opportunità tra donne e
uomini e di reale valorizzazione dei talenti femminili.
Il lavoro si è svolto su due giornate, per consentire un approfondimento
con alcuni dei soggetti che hanno partecipato e contribuito al progetto
(Istituzioni, Università, mondo imprenditoriale) e per poi condividere i
risultati con tutte le persone interessate alle attività del progetto.
28
Convegno “Le donne: il management della differenza”, Bra, 18
febbraio 2016
È stato organizzato in collaborazione con il Campus di Management ed
Economia dell’Università degli Studi di Torino – sede di Cuneo e con
il Comune di Bra, per le studentesse e gli studenti deli Istituti di
Istruzione Secondaria Superiore e dei Licei di Bra.
Ha proposto riflessioni sul management femminile e ha ospitato una
tavola rotonda tra donne in ruoli di vertice per presentare esempi di
carriera e di presenza femminile in ruoli decisionali.
Convegno finale “L’esperienza del progetto Il rosa e il grigio”, Roma,
26 febbraio 2016
L’esperienza del progetto è stata presentata e discussa venerdì 26
febbraio, nella prestigiosa sede della Sala Polifunzionale di Galleria
Colonna della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla presenza, tra
gli altri, del Ministro Costa, che detiene la delega alle politiche per la
famiglia. L’evento è stato occasione per ripercorrere le tappe del
progetto e per lanciare la sfida e l’impegno di garantire una continuità
alla “comunità” attivata dal grazie allo scambio tra generazioni senior
e junior. Un filo diretto tra passato, presente e futuro.
Inoltre, durante tutto il corso del progetto, è stata prestata particolare attenzione a presenziare ad altri eventi
attinenti, che sono stati occasione per promuovere informazione, divulgazione, trasferimento sul progetto e
sulla sua metodologia, con un importante ampliamento degli ambiti di riflessione, nonché della platea di
soggetti interessati ai temi affrontati dal progetto, secondo le specificità dei singoli eventi.
In particolare, è da rilevare la relazione creata con le due coautrici della Legge 120/201: Alessia Mosca
(convegno “Europe: feminine plural”, Bruxelles, 9 dicembre 2014) e Lella Golfo (convegno “La forza delle
donne nei CdA per l’Italia che svolta”, Milano, 9 novembre 2015), che, inoltre, si sono entrambe rese
disponibili a essere videointervistate nell’ambito del progetto.
29
La rete internet a supporto del progetto
Il sito www.ilrosaeilgrigio.it è
strumento prioritario non solo di
visibilità del progetto, ma anche e
soprattutto di aggiornamento sulle
attività svolte e di raccolta di dati
per tutte le donne, senior e junior
coinvolte, nonché, più in generale,
per tutte le persone e tutti i soggetti
che vogliano mettersi in relazione
con il progetto. A questo scopo, la
homepage è stata impostata come
“indice” che consente l’accesso a
più sezioni, che contengono tutti
gli
elementi
necessari
per
conoscere il progetto e per entrare in relazione con esso.
A supporto di questa azione, l’utilizzo degli account social Facebook, Twitter, Youtube (accessibili dal sito)
consente un costante scambio di notizie e la diffusione dei materiali prodotti, con una comunicazione
continuativa e di ampio raggio: in particolare, Facebook è sede per offrire quotidianamente notizie sui temi di
riferimento; Twitter viene utilizzato soprattutto per lanciare hastag e diffondere in tempo reale informazioni e
dati su eventi; Youtube è la sede per visualizzare tutti i materiali video realizzati dal progetto.
www.ilrosaeilgrigio.it
ilrosaeilgrigio
@rosaegrigio
ilrosaeilgrigio
L’utilizzo importante e continuativo di questi strumenti è stata intesa come azione di sistema, in quanto non
solo ha concretamente aiutato a dare visibilità al progetto e ai suoi temi e obiettivi, ma anche perché ha assunto
e diffuso a largo spettro la metodologia del “lavorare in rete”, che si configura ormai come indispensabile in
una società fortemente caratterizzata dalla cultura della conoscenza e dell’informazione.
Il sistema di informazione e scambio attivato ha inteso essere supporto operativo alle donne giovani, e sede di
visibilità dell’esperienza delle senior, sfruttando le potenzialità e i vantaggi del lavoro in rete. La confluenza
tra l’approccio di rete (networking) e quello della valorizzazione delle competenze (empowerment) è stato
proposto come strumento di efficacia, fondata su un’interpretazione dell’innovazione tecnologica che,
attraverso un uso strutturato dei social network in particolare e della rete internet in generale, ha inteso fare del
sito e dei social strumenti fruibili, quotidianamente implementabili e “aperti” verso il futuro.
30
I risultati del progetto
Le donne, senior e junior dimostrano di essere soggetti fortemente attivi e propostivi di crescita economica,
occupazionale, sociale, a prova di quanto siano in grado – se messe nelle condizioni – di superare la
discriminazione e partecipare appieno alle dinamiche dello sviluppo, apportando anche fattori di cambiamento.
Il progetto ha consentito di far emergere stimoli in più direzioni:

considerare le donne nei luoghi di decisione testimonial di prestigio dell’invecchiamento attivo,
dimostrando come anche quest’ultimo possa e debba essere sede di perseguimento di condizioni di
uguaglianza tra donne e uomini, non solo per ragioni di equità, ma anche per una paritaria partecipazione
dell’intera generazione senior, femminile e maschile, alle nuove dinamiche dello sviluppo economico e
della crescita in una società che sta invecchiando;

rafforzare nelle giovani donne, attraverso il passaggio intergenerazionale di esperienza, le capacità di
leadership, di esercizio all’influenza, di comunicazione, offrendo loro piena consapevolezza
dell’impegno che la carriera richiede e conducendole ad approfondire non solo e non tanto le loro
competenze, quanto soprattutto una migliore conoscenza della realtà nella quale si pongono e degli spazi
di rappresentanza che si possono a loro aprire;

mobilitare e sensibilizzare a una prospettiva generazionale e di genere una pluralità di attori, gli organismi
economici e del lavoro, i soggetti di rappresentanza, gli opinion leaders, nonché la stessa opinione
pubblica, al fine di superare una visione stereotipata che contrappone famiglia e lavoro e definire spazi
e strumenti di conciliazione che, in qualsiasi fascia di età, consentano alle donne l’accesso e la
permanenza al lavoro e a ruoli decisionali e che, insieme, aiutino a perseguire una reale condivisone tra
donne e uomini delle responsabilità, senza attribuire esclusivamente alle prime i carichi familiari e di cura
e ai secondi quelli professionali e di carriera;

dare riconoscimento, valore e promozione alla piena capacità delle donne senior di “governare”
(amministrare, rappresentare, dirigere e risolvere situazioni di rilevanza strategica), nonché delle junior
di apportare competenza e innovazione, in una prospettiva ampia di valorizzazione delle donne di diverse
generazioni non solo nel lavoro, ma soprattutto in posizioni di decisione;

promuovere una alleanza tra donne e per le donne, che, grazie allo scambio intergenerazionale,
implementi e potenzi la logica della rete, soprattutto in relazione all’accesso alle posizioni decisionali, in
modo da potenziare, per le senior, il riconoscimento della loro storia e capacità professionale che passa
anche attraverso la nomina in ruoli di governance aziendale o di rappresentanza e da aiutare le junior a
entrare in quelle dinamiche di relazione formale e informale, tuttora a predominanza maschile, nelle quali
vengono scelte le persone che andranno a ricoprire ruoli decisionali e nelle quali il dialogo tra più livelli
(professionale, istituzionale, politico) rappresenta strategia vincente.
31
CAPITOLO 5.
INDICATORI DI EMPOWERMENT
Trasferimento di esperienza tra donne
Partendo dalle testimonianze delle senior, dalle azioni con le junior e dai diversi momenti di discussione il
progetto “Il rosa e il grigio” ha definito alcuni “indicatori di empowerment” proponibili quali fattori di
“sostenibilità generazionale e di genere”, che possono guidare le giovani donne, in quanto sintesi concreta
di modalità di professionalità e di “gender governance”, mostrando e mettendo a sistema le capacità e le
specificità delle donne.
Gli indicatori individuati vengono di seguito indicati e commentati per “parole chiave”, che, aggregate per
tematiche che si sono dimostrate ricorrenti tra le donne, possono essere riconosciute come distintive dell’azione
femminile all’interno di Consigli di Amministrazione e in posizioni di vertice e di governance aziendale e,
pertanto, positivamente trasferibili alle giovani.
32
QUALITÀ CHE CONTRADDISTINGUONO LE DONNE
Più volte sottolineata è la capacità delle donne di essere multitasking e, allo stesso tempo, pragmatiche,
probabilmente grazie all’abitudine di organizzare la vita professionale e personale e, quindi, di gestire più
impegni contemporaneamente, con rapidità, ma comunque con attenzione e pignoleria. Si tratta di una capacità
in cui le donne si riconoscono fortemente, non senza una sorta di nostalgia per potenziali condizioni di minore
richiesta di perfezione.
Empatia, sensibilità, umanità sono caratteristiche preminenti della donna, ma non disgiunte da efficienza,
innovazione, responsabilità: il contributo femminile diventa allora espressione (in genere non esplicita, ma
comunque reale) di “responsabilità sociale”. In questa dimensione, anche grazie alla capacità di una visione
ad ampio spettro, la donna che siede in CdA giudica essenziale una forte attenzione all’ambiente di lavoro non
solo e non tanto per sé stessa, quanto a favore degli altri, ovvero per creare di un clima efficace e produttivo e,
insieme, collaborativo e sereno tra il personale che in quell’azienda/ente lavora.
Le donne esprimono, anche e soprattutto in momenti di crisi, resilienza, reattività, capacità di cambiamento,
grazie a una intuizione e una creatività che, declinate conformemente a una precisa strategia aziendale resa
possibile dalla competenza, aiutano a individuare nuove soluzioni, spesso risultato di un atteggiamento di
flessibilità. La novità si fonda sulle competenze femminili, ma declinate con curiosità e, soprattutto, con umiltà
e, in ogni caso, richiamando l’attenzione a non fossilizzarsi in visioni stereotipate (seppur positive) delle donne
e a evitare facili generalizzazioni.
33
QUALITÀ UTILI PER FARE CARRIERA
L’attenzione è soprattutto alle competenze ed è indispensabile da parte delle donne mantenersi costantemente
aggiornate, per arrivare sempre pronte ai CdA e in tutte le situazioni in cui si tratta di prendere decisioni: è
una condizione che per le donne non pare particolarmente difficile, né estranea, anche se rappresenta un
ulteriore fattore di fatica e di diverso trattamento, giacché tale esigenza di dimostrare ogni volta la propria
competenza pare essere riservata solo alle donne.
Per “governare”, amministrare, rappresentare, dirigere e risolvere situazioni di rilevanza strategica è necessaria
una conoscenza non superficiale della realtà: del contesto aziendale e, più in generale, del contesto istituzionale
e socioeconomico nel quale ci si pone. In questa direzione, sono importanti la curiosità e la pratica, ovvero la
disponibilità a mettersi in gioco, non tirarsi indietro quando un’occasione si presenta, nonché a creare rete
(formale e informale), coltivare la socialità e acquisire visibilità.
Insieme, è indispensabile che le donne stesse acquisiscano piena consapevolezza di sé e del proprio ruolo,
attivando continuamente una strategia di self-empowerment e di auto-valorizzazione: ciò significa non solo
riconoscere, apprezzare e porre in evidenza le proprie capacità (secondo un percorso non facile alla sensibilità
femminile, sempre alla ricerca della perfezione), ma anche essere pienamente consapevoli delle difficoltà e
dell’impegno che la carriera presuppone e che pretende in termini di fatica, di volontà e, soprattutto, di tempo
e di totale disponibilità. A questo scopo, è fondamentale possedere integrità e umiltà, che sono considerate
qualità prioritarie per una buona governance, e che non sono in contrapposizione (secondo un atteggiamento
tipicamente femminile) con l’esigenza, soprattutto per le giovani, di far valere i propri talenti.
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LE QUOTE
A fronte degli innegabili risultati positivi che l’applicazione delle quote porta, la loro utilità viene riconosciuta
in modo abbastanza diffuso, anche se con un altrettanto diffuso fastidio, tant’è vero che alcune donne non
esitano a giudicarle in modo apertamente negativo, considerandole strumento che, con effetto boomerang,
porta con sé il rischio di scegliere donne incompetenti ma nominate esclusivamente per raggiungere il minimo
richiesto di presenza femminile.
Le quote vengono accettate solo in funzione della loro temporaneità (insita comunque nella loro natura di
azioni positive) e della loro capacità di creare meccanismi di promozione.
Il desiderio ampiamente condiviso è di riuscire a superarle il più velocemente possibile, dal momento che
troppo forte e non accettabile né accettato è il messaggio che può passare attraverso di esse di una eccessiva
tutela che classifica le donne come minoranza discriminata da proteggere.
L’auspicio è che la competenza femminile trovi il suo giusto e legittimo riconoscimento e premio, in una
situazione di equilibrata rappresentanza di entrambi i generi, senza bisogno di interventi di sostegno,
interpretati come forzature.
A questo scopo, ruolo centrale è giocato dall’organizzazione aziendale, ovvero dalla creazione di condizioni
di lavoro che consentano concretamente la parità e, in questo modo, offrano ale donne concrete opportunità
per accedere paritariamente ai vertici.
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GLI EQUILIBRI TRA GENERAZIONI
Il dialogo tra donne di età diverse è riconosciuto come strumento che può aprire importanti spazi di visibilità
al talento femminile, sia per le senior che, già giunte in posizioni di vertice, trovano l’occasione per
trasmettere un’esperienza importante, sia per le junior (per età, ma anche, appunto, per esperienza), che hanno
l’opportunità di dare un contributo di rinnovamento e freschezza non solo in relazione a desideri e valori
espressi, ma anche a prospettive, idee, soluzioni talvolta già chiari, ma spesso ancora da sviluppare.
Per creare dinamiche di scambio efficaci, le donne suggeriscono l’importanza di superare la referenzialità
del gruppo di appartenenza, assumendo un atteggiamento di umiltà da entrambe le parti, affinché, da un lato,
le senior ricordino che l’esperienza non si insegna, ma si racconta e si trasmette, ovvero che ciascuna è
chiamata a un proprio percorso personale e, dall’altro, le junior siano aperte a comprendere le dinamiche e le
responsabilità del lavoro, senza mai perdere il rispetto verso quelle donne che, in larga misura, sono state
anticipatrici in ruoli che, se ancora per loro difficili, fino a poco tempo fa erano del tutto preclusi.
L’attenzione è soprattutto al fine e non tanto al mezzo, cosicché diventa secondaria la metodologia utilizzata
per il passaggio di competenze, benché non manchino, anche a questo riferimento, alcuni interessanti
suggerimenti: per esempio, di dare alle giovani possibilità di entrare nei CdA come uditrici; di prevedere azioni
di tutoring, di mentoring, di formazione; nonché di attivare strategie anche non formali, come momenti di
incontro, di dialogo, di scambio in cui entrambe le parti possano ascoltarsi ed esprimersi.
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LE RETI
Le donne individuano nella rete (anche informale) e nella reciproca collaborazione una strategia vincente
non solo perché efficace, ma anche perché particolarmente conforme alla loro sensibilità e, quindi, capace di
far emergere al meglio le loro capacità.
La rete viene riconosciuta e ribadita come strumento privilegiato e luogo favorevole per includere la voce
femminile nei processi di discussione e di decisione, individuando le donne come soggetti con cui e per cui è
possibile e opportuno stringere relazioni e individuare strategie di condivisione.
Molto importante è il riconoscimento (e l’auto-riconoscimento) della capacità delle donne non solo di “fare”
rete, ma anche di “gestire” la rete, ovvero non solo di partecipare attivamente alle relazioni, ma anche di
saperle condurre, mettere a sistema i diversi contributi, ricercare soluzioni inclusive e condivise.
Il modello di gender governance che viene proposto esclude dinamiche di élite, di settorialità e di isolamento,
per cercare, invece, nell’alleanza una metodologia positiva e concreta di collaborazione e unità di intenti.
Il lavoro in rete rappresenta sede privilegiata per scambiare esperienze, per condividere idee, metodologie e
strumenti, per mettere a sistema soluzioni e risorse, per evitare sprechi, per creare relazioni di fiducia e di
cooperazione, nonché per esprimere la naturale propensione femminile alla concretezza e alla ricerca di un
vantaggio diffuso.
Fondamentale, soprattutto da parte delle giovani, è evitare l’isolamento e partecipare il più possibile anche a
reti diverse: legate alla sfera professionale, ma anche all’associazionismo, al volontariato, alla politica,
all’impegno civile.
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LE RELAZIONI TRA DONNE E UOMINI
Verso le donne, nei CdA e nel lavoro in generale, è abituale la richiesta da parte maschile di dimostrare le
loro capacità e competenze (che, spesso, possiedono in misura superiore agli uomini), salvo poi riconoscere
e ricercare l’efficienza femminile.
Un passaggio importante per le donne è creare il dialogo con gli uomini, senza perdere la propria femminilità,
ma cercando la complementarietà. È un percorso che richiede di sdoganare e dare visibilità e valore alle
caratteristiche femminili facendole diventare (per le donne e per gli uomini) fattori strategici anche ai livelli
più alti di decisione e di organizzazione del lavoro che non sia “women centred” ma “gender centred”, ovvero
che valorizzi in forma egualitaria le capacità femminili e maschili e aiuti donne e uomini a lavorare in squadra,
ugualmente concorrenti a un unico scopo: migliori condizioni di sviluppo, di lavoro, di vita.
L’integrazione delle differenze è obiettivo che viene proposto richiamando le donne stesse a non accontentarsi
di una dichiarata “neutralità” dietro la quale possono nascondersi situazioni che, alla prova dei fatti, del tutto
paritarie non sono, come dimostra il fatto che i casi di successo femminile restano ancora troppo spesso
fenomeni isolati e situazioni di privilegio.
In larga misura, ma ancora non abbastanza, gli uomini riconoscono autorevolezza alle donne in posizioni di
vertice, ma ancora resta da raggiungere l’obiettivo di un pieno riconoscimento della loro capacità decisionale.
In questa direzione, sono comunque da escludere tutte quelle strategie che invitano le donne ad adeguarsi
passivamente a un modello maschile: l’opinione delle donne a questo riguardo è unanime e la loro proposta
va, piuttosto, nella direzione di contrapporre un “modello femminile”, sviluppando dinamiche di potere e di
governo nuove che non solo diano pienamente voce alle capacità femminili, ma ne esprimano anche le loro
caratteristiche e peculiarità.
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IL RICONOSCIMENTO DEL MERITO
Il contributo delle donne ai livelli decisionali è ampiamente dimostrato dalle loro competenze e non solo
riconosciuto, ma anche ricercato, quando vengano superate alcune resistenze culturali.
Anche ambienti a forte connotazione maschile sono disposti e aperti a riconoscere il valore femminile, benché
sembri ancora passaggio ineludibile per le donne il dover dimostrare le proprie capacità e le proprie specifiche
competenze sulle materie in discussione (con uno sforzo di costante prova a cui gli uomini non sono chiamati).
Il punto centrale resta quello della valorizzazione femminile, che significa anche sollecitare le donne stesse ad
accrescere la propria autostima, aumentare la consapevolezza e la fiducia nelle proprie abilità e competenze,
non senza uno sforzo di volontà da parte delle donne non indifferente e di cui non sempre le giovani generazioni
hanno consapevolezza, soprattutto quando affrontano il mondo del lavoro considerando (erroneamente) che le
differenze di genere non ci siano e comunque non siano importanti.
L’assunto che consente un effettivo riconoscimento del merito è la possibilità per le donne di acquisire
autonomia e voce in qualsiasi ambito.
L’obiettivo non è esclusivamente di principio, ovvero l’attuazione di condizioni genericamente egualitarie, ma
è una sfida a la piena espressione delle capacità delle donne, valorizzandone le specificità e integrandole con
quelle maschili.
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LA CONCILIAZIONE
La conciliazione tra famiglia e lavoro richiede una forte capacità di organizzazione, ma non deve essere
considerata un ostacolo, bensì una condizione in cui le donne possano esprimere libertà di scelta senza rinunce.
Grandissima importanza hanno i servizi, l’organizzazione del lavoro, la possibilità di utilizzare gli strumenti
della tecnologia, ma è anche vero che molta parte della conciliazione viene risolta in modo autonomo dalle
donne che occupano posizioni di vertice e che, seppure non gravate da problemi economici che potrebbero
limitare la ricerca di possibili soluzioni, si trovano a dover affrontare soprattutto problemi legati a
un’organizzazione del lavoro ai più alti livelli (orari prolungati, riunioni serali, disponibilità in qualsiasi
momento) che non considera in alcun modo la dimensione privata.
Risulta fattore indispensabile la condivisione con i familiari, non solo dal punto di vista organizzativo, ma
anche psicologico e di incoraggiamento, per affrontare situazioni che portano ad avere uno spazio
estremamente limitato per la famiglia e per la vita privata e che presuppongono scelte non sempre facili, ma
possibili se sostenute dalla passione per il proprio lavoro e dalla capacità di creare equilibri in cui i ruoli
professionale e personale si giustappongano senza interferenze valoriali.
Molto rilevanti sono una diffusa cultura della condivisione delle responsabilità familiari e la conseguente
consapevolezza che gli uomini stanno progressivamente assumendo rispetto alla conciliazione come sede di
bilanciamento tra più ruoli all’interno alla famiglia.
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CONSIGLI
Le donne devono contrastare tutti quegli atteggiamenti che le possono auto-limitare: senso di insicurezza e
inferiorità, isolamento, sfiducia, rinuncia. È indispensabile non porsi limitazioni all’espressione delle proprie
capacità, anche se altrettanto da evitare è qualsiasi atteggiamento di superbia o ricerca di privilegi, di
superficialità o, soprattutto, di mascolinizzazione.
La chiave del successo è la competenza, che è punto di forza che le donne possiedono e che rappresenta
obiettivo da costantemente perseguire per le giovani, formandosi un’esperienza che può utilmente passare
anche attraverso modelli positivi di senior.
L’obiettivo al quale tendere è quello di avere (e di contribuire a creare) un sistema culturale, sociale,
produttivo, economico equamente strutturato e governato: a questo scopo, le donne devono mostrarsi affidabili,
determinate, aperte al dialogo e devono valorizzare al meglio la propria femminilità.
Attivare condizioni di parità e pari opportunità lavorando sulla cultura significa essere consapevoli che
l’integrazione di genere riguarda non solo le donne, ma l’insieme delle relazioni tra donne e uomini, a
vantaggio di tutti e, quindi, è processo che richiede di coinvolgere pienamente gli uomini, superando non solo
le differenze, ma anche gli stereotipi.
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Emerge in particolare una nuova esigenza: quella di dare pieno spazio e appoggio a tutte le donne
disponibili a ricoprire posizioni di decisione, valorizzando la capacità di ciascuna di apportare nuovi
contributi, legati all’età, ma anche alla “novità” di una presenza femminile ancora troppo ristretta: le
donne, infatti, proprio perché non avvezze a logiche di potere, sono portatrici di nuovo slancio
(particolarmente importante nella diffusa situazione di stagnazione anche di tipo psicologico portata dalla
crisi) e, in questa direzione, è importante superare diffidenze da parte delle senior e impulsi di
“rottamazione” da parte delle junior, preferendo attivare meccanismi positivi fondati sul dialogo tra generi
e, soprattutto, sull’alleanza femminile tra generazioni.
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S.&T. società cooperativa
via Po, 40
10123 Torino
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