A. Porcheddu, Richard Rorty e il romanzo come formazione

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Richard Rorty e il romanzo come formazione
ALBA PORCHEDDU
«La casa del romanzo 1...] non ha una sola finestra: ha un milione, o meglio un
numero incalcolabile di finestre, ciascuna delle quali è stata aperta, o deve essere
ancora aperta, nella sua vasta facciata dalla visione individuale, dalla pressione della
volontà individuale».
H. JAMES, Prefazione di The Portrait of the lady (1881).
Il neopragmatismo contemporaneo, e in particolare le posizioni filosofiche di
Richard Rorty, alle quali ci riferiremo, svela e fornisce stimoli di riflessione e
interpretazione alla ricerca e al dibattito educativo attuale. L'intento di queste note è
quello di discutere le tesi del filosofo americano, le cui posizioni sui temi della verità
e della conoscenza risultano aspetti indissolubilmente connessi al dialogo. Questa
metodologia è intesa come lo strumento da privilegiare nell'addestramento di soggetti
che si preparano a partecipare alla vita civile e alle pratiche sociali, soggetti che
imparano a rispondere all'alea delle perturbazioni che provengono dall'ambiente.
Il nucleo centrale del nostro confronto con Rorty verte sulla sua produzione in
campo educativo e sui contributi degli studiosi interessati agli interventi rortyani in
questo settore. L'avvio del discorso prende le mosse dalle considerazioni sviluppate
in merito ad uno dei più noti e discussi passi di Rorty, il capitolo ottavo del volume
La filosofia e lo specchio della natura (Rorty, 1979) e da alcuni dei saggi pubblicati
dal filosofo americano su periodici e riviste specialistiche nell'ultimo decennio.
Le tesi rortyane sollevano nella ricerca formativa reazioni critiche, non solo
interessanti, ma di non poco conto. Questa considerazione è il frutto di un paradosso:
Rorty ritiene che il rapporto tra filosofia ed educazione sia improduttivo e
inopportuno. Tale tesi che, in un certo senso è frutto dell'assunto della potenziale
minaccia costituita dalla filosofia al progresso delle teorie e delle pratiche educative,
potrebbe mettere in dubbio la convinzione che intendiamo invece sostenere, quella
che riconosce nelle posizioni di Rorty, una sicura, anche se implicita, pregnanza
formativa.
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La pedagogia italiana, attraverso le tesi del pragmatismo classico e la lettura più
che pluriennale del suo maggiore esponente, J. Dewey, ha assegnato alla scuola un
ruolo preminente nella ricerca educativa.
A tale fine, la pedagogia è stata intesa in qualità di scienza e ha utilizzato le fonti
scientifiche, prodotte dalle scienze umane (biologia, psicologia, sociologia, ecc.) ma
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soprattutto, ha accentuato tutto quanto concerne le tecnologie dell'istruzione e,
accanto ad esse, i saperi che ne costituiscono il corollario.
Le tesi deweyane, nel corso dell'ultimo trentennio, hanno perduto
progressivamente gran parte del loro prestigio e del loro valore; la ricerca si è indirizzata verso una organizzazione formativa fondata soprattutto su un approccio
volto allo sviluppo cognitivo del soggetto, più che alla cura della sua appartenenza al
contesto di una comunità sociale.
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La conoscenza: un fenomeno sociale e un criterio di formazione
II pragmatismo di R. Rorty, fornisce un dire «che reinterpreta i tratti familiari
della nostra esistenza in quelli non familiari»…………….
……. si tratta piuttosto di un modo di conoscere che mira a privilegiare il discorso
narrativo, il "dire cose", piuttosto che la descrizione di ciò che appartiene alla la
realtà.
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In un mondo segnato dalla violazione sistematica dei diritti della persona, dai
cambiamenti causati dalla globalizzazione e dall'emigrazione, la pedagogia è
chiamata a riabilitare una ricerca e una pratica in cui la nozione di formazione deve
essere studiata nella pluralità dei significati di volta in volta rivestiti nei diversi
contesti culturali e sociali. La ricerca si radica ed opera in modo nuovo. L'attenzione
all'individualizzazione della formazione si coniuga con l'approccio multiculturale e
con l'integrazione scolastica, la riflessione teorica si apre al confronto con nuove
prospettive di formazione. Quest'ultima si basa sull'uso costante del dialogo, una
metodologia volta a migliorare la comprensione e la comunicazione con l'altro, si
orienta verso nuove pratiche discorsive (il romanzò individuale di formazione, la
biografia, la storia di vita) il cui fine peculiare, descritto nell'ottica rortyana, riguarda
la ricerca di modi sempre nuovi di vivere e di agire, migliori dei precedenti.
La formazione nella sua ricerca di strade inedite, sembra suggerirci Rorty, deve
attrezzarsi per l'uso di molteplici "conoscenze intermedie", comuni sia al filosofo
edificante, sia all'asceta, sia infine al cittadino comune. Deve fare uso efficace della
conoscenza pratica (della saggezza popolare, del senso comune) e del valore
conoscitivo della narrazione degli eventi; ovvero deve avvalersi di un insieme di
strumenti connotati di effetti positivi per la formazione individuale che possano
risultare altrettanto efficaci quanto quelli scientifici.
A tale proposito, Rorty sostiene che il comprendere la "diversità", un problema a
cui si dedica una sempre maggiore attenzione nelle società occidentali, dipende dalla
formazione di persone capaci di muoversi con verve e ironia da una cultura all'altra e
non dalla presenza di persone educate attraverso i curricula multiculturali.
Sembra essere questo un esempio efficace delle posizioni, talvolta paradossali, di
cui Rorty intesse le sue argomentazioni. Il filosofo arriva a formulare la convinzione
che l'esperienza diretta sia più efficace di un qualsiasi curricolo formativo. Si tratta
evidentemente di una affermazione la cui storia affonda le radici nella storia
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dell'educazione. Tuttavia, Rorty la ripropone in un contesto nuovo, quello del
contatto con culture diverse che si affrontano e si scontrano, ossia come soluzione di
un problema che angoscia la società occidentale. Egli ritiene che gli individui e i
gruppi coinvolti direttamente in situazioni di integrazione, posti in contesti
attraversati da culture di confine, possano conseguire un tipo di comprensione del
contesto muticulturale più adeguata di quella ottenuta attraverso i molteplici
programmi scolastici e i tanti convegni che si affannano a discutere di universalismo.
L'innovazione linguistica e la formazione
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Particolarmente produttivo di accezioni educative, di là dalle possibili censure, ci
sembra l'invito di Rorty a "passare a qualcosa di diverso", a cercare le risposte
pertinenti ai problemi contemporanei. Rorty ci sollecita a seguire nuovi percorsi
educativi, a mescolare teoria e immaginazione, ad attingere idee e progetti da tutte le
discipline e da tutte le culture, sfuggendo, però, alla tentazione di esaltare le diverse e
molteplici forme di specializzazione.
I passaggi nati dal confronto con la filosofia di Rorty, sono complessi e inusuali
per la ricerca pedagogica, ma per questo particolarmente stimolanti: Rorty
approfondisce là critica alla filosofia "tradizionale", il suo ruolo nella società, i suoi
metodi (l'informazione, la comprensione, la continuità). Indica nel dialogo lo
strumento principale per capire l'altro, il mezzo per comunicare e percorrere il
cammino indicato da una nuova ermeneutica. A quest'ultima affida un compito
impegnativo: la comprensione delle «relazioni tra i vari discorsi, come tra le linee di
una possibile conversazione, una conversazione che non presuppone matrici
disciplinari comuni ai parlanti, ma che fin che dura mantiene la speranza
dell'accordo» (Rorty, 1989, p. 241).
• Tale escursus, ritagliato all'interno della imponente opera di Rorty, ci permette di
individuare una nuova proposta della nozione di Bildung (educazione e formazione
di sé), intesa non solo come progetto edificante di maniere nuove e più interessanti di
parlare ma, più ancora, come una attività poetica, capace di «escogitare nuovi scopi,
nuove parole o nuove discipline» (ibidem, p. 276).
• Una caratteristica fondamentale della conoscenza entra in campo con la rilettura del pragmatismo operata da Rorty…. Si tratta della nozione di "molteplicità"
congiunta alla lettura del romanzo. Secondo lo scrittore americano Henry James, la
molteplicità è la peculiarità sia del singolo romanzo, in quanto contempla e consente
molti punti di vista disparati, sia dei romanzi, intesi come genere letterario, che offrono punti di vista complessi.
Le posizioni di James sono condivise dagli storici e dai critici della letteratura
contemporanea (Asor Rosa, 2002) che sottolineano l'esistenza di una connessione
diretta tra romanzo e mondo moderno anzi, con una formulazione paradossale, fanno
coincidere il romanzo con il mondo moderno (Kundera, 1988)
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Rorty in uno dei suoi lavori, riprende le tesi di Milan Kundera, le commenta, le
interpreta, le condivide. Il suo esordio è tutt'altro che scontato; prende le mosse dal
confronto tra le posizioni dell'ascetismo e quelle operanti nel romanzo.
«Probabilmente non vi sarebbe stata alta cultura in Oriente e in Occidente - egli
afferma - se non ci fossero stati così tanti asceti [... ). Più una società riesce a
permettersi degli asceti, più il benessere consente a questi asceti di fantasticare, più il
linguaggio e i progetti di questa società diventeranno ricchi e diversificati. Essi sono,
infatti, il veicolo tradizionale dell'innovazione linguistica, il mezzo attraverso il quale
una cultura riesce ad avere un futuro significativamente diverso dal suo passato».
Tuttavia, sottolinea ancora Rorty, molto spesso la società considera il contributo
degli asceti come un elemento di disturbo, oppure come un apporto inservibile al
raggiungimento della felicità.
Da questa considerazione Rorty prende spunto per contrapporre il gusto dell'asceta
per la teoria (la semplicità, la struttura, l'astrazione e l'essenza), al gusto letterario per
la narrativa (il dettaglio, la diversità e l'accidente). Dal confronto risulta rafforzata la
nuova concezione di Bildung caratterizzata dalla propensione alla differenziazione e
alla contingenza, dal gusto del particolare e della diversità. Si delinea una definizione
della formazione in cui si assommano le molteplici qualità che possono essere
conseguite attraverso lo studio della letteratura, piuttosto che attraverso quello della
filosofia. La letteratura, infatti, è spesso in grado di "mostrare" quanto una "teoria"
filosofica difficilmente riesce a cogliere.
La saggezza del romanzo
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Dall'analisi di Rorty prende corpo la funzione teorica e storica di questo genere
letterario: il romanzo, a suo dire, non è mai stato capito dalla cultura europea.
In questo percorso, volto a sottolineare le origini, la logica e gli effetti della
narrazione sul soggetto e sulla società, si avvale dell'attacco alla filosofia
essenzialistica operato da Milan Kundera. La filosofia ambisce a sostituire la
contemplazione, la dialettica e il destino all'avventura, alla narrativa e al
cambiamento. Il romanzo nega, invece, non solo l'esistenza di esseri umani in
contatto più di altri con qualcosa di sovrumano, ma esclude la liceità stessa dell'uso
di una ricerca dell'ineffabile Altro, portata come una scusa plausibile, per ignorare gli
obbiettivi di altre persone del tutto diverse.
Rorty e Kundera sembrano accomunati dalla stessa posizione verso la filosofia: si
presentano uniti nel rifiuto di pensare che le teorie possano essere qualcosa di più di
un mezzo per ottenere la felicità, insomma, sono concordi nel rifiutare un modo di
pensare la Verità come ciò che trascende il piacere e il dolore.
In precedenza Rorty aveva già affidato a Milan Kundera e alle sue tesi sul
romanzo il compito di sostenere e accompagnare il suo cammino intellettuale. Nel
volume La filosofia dopo la filosofia appone, come esergo, un passo tratto dall'Arte
del romanzo, che mette in risalto un carattere ancora più specifico di questo genere
letterario. Il romanzo si connota come «lo spazio immaginario in cui nessuno
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possiede la verità e in cui ciascuno ha diritto ad essere capito»; è «il mondo in cui
l'individuo è rispettato» (il mondo immaginario del romanzo e quello dell'Europa); il
romanzo «è il mondo immaginario deposto, in uno scrigno» prezioso, in esso è
contenuta la saggezza del mondo occidentale.
Il romanzo diviene un nuovo territorio in cui nessuno possiede la verità, ma in cui
tutti hanno diritto ad essere capiti. La saggezza del romanzo, conferma Rorty,
differisce da quella della filosofia. Nel fare proprie le tesi e gli esempi di Kundera,
ribadisce che il romanzo viene usato come sinonimo di "utopia democratica", vale a
dire come metafora di una società immaginaria in cui nessuno si sogna di pensare che
Dio, la Verità o la Natura siano dalla sua parte. In sostanza si tratta di un mondo in
cui la tolleranza e la curiosità, più che la ricerca della Verità, sono le principali virtù
intellettuali e dove non c'è nulla di simile a una religione o a una filosofia di Stato, in
cui nessuno osa pensare che vi sia qualcosa di più reale del piacere e del dolore, o
che vi sia un dovere che ci sovrasta e che trascende la ricerca della felicità.
Non si tratta, dunque, di sostituire la Ragione alla Tradizione o l'Errore alla Verità.
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Per Kundera è importante concepire l'avventura occidentale come un processo
aperto in cui si prospettano sempre nuovi tipi di storie, e che registra sempre nuove
gioie e nuove stupidità, via via più ingegnose.
Rorty attribuisce alle democrazie pluraliste borghesi dell'Occidente (anche se ne
riconosce i limiti, dovuti al razzismo, al sessismo e all'imperialismo) una capacità
irrinunciabile, quella di concepire la politica come un appello sentimentale ad
alleviare le sofferenze, più che un appello morale alle grandi gesta.
Si tratta a suo dire, di una cultura che «soffre di essere razzista, sessista e
imperialista, oltre che eurocentrica, provinciale e intellettualmente intollerante». È
una cultura cosciente della presenza di una intolleranza omicida e perciò più
guardinga, più sensibile all'importanza della diversità, rispetto ad altre di cui c'è
conoscenza. Da tale affermazione scaturisce una ipotesi dei tutto inedita per
interpretare il pensiero occidentale, quella che gli Occidentali debbano la
consapevolezza e la sensibilità ai loro romanzieri, più che ai loro filosofi o ai loro
poeti.
II romanzo: una casa dalle molte finestre
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Dal breve excursus sulle tesi del neopragmatismo rortyano, tesi suscettibili di
ulteriori approfondimenti, possiamo ricavare una indicazione provvisoria: la
necessità di avvalerci di strumenti, quali il dialogo e l'interpretazione, o meglio
"l'interpretazione delle interpretazioni" come possibili obiettivi della formazione. A
tali metodologie, generalmente ignorate dalla ricerca educativa, è indispensabile
prestare attenzione, per le valenze culturali e storiche, logiche e formative in esse
racchiuse.
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