1/2013 Spedizione in Abb.Post. D.L. 353/2003 (N.46 2004) art.1 comma 2 E 3 • ANNO 2013 N. 1 I quadrimestre gennaio/aprile 2013 35 anni di passione Uno studio americano analizza gli effetti del caffè: e i risultati sono sorprendenti. C'è ancora tanto da scoprire Nella dieta di famiglia puntate sulla verdura Gli ortaggi sono una protezione contro i rischi cardiovascolari Gli Amici del Cuore: dalle prime idee a oggi, una storia generosa apprezzata anche da Regione e Comune pp. 3-8 pp. 9-10 pp. 15-18 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 Sommario ___________________________________ pag UN AMPIO STUDIO AMERICANO ANALIZZA GLI EFFETTI DI QUESTA BEVANDA SULLA SALUTE Caffè, c’è molto di buono___________ 3 EDITORIALE Stile di vita _____________________ 5 UNA STORIA RICCA DI CURIOSITÀ E LEGGENDE TRA MONACI, SCEICCHI E BOTANICI Quella bevanda venuta dall’Oriente___ 6 Dizionario medico________________ 8 L'INFLUSSO POSITIVO DELLA VERDURA NELLA PREVENZIONE DEI RISCHI CARDIOVASCOLARI (E NON SOLO) Gli spinaci di Bracciodiferro? È vero, danno la carica e proteggono il cuore__ 9 Ricetta con verdure______________ 10 L’INFARTO MIOCARDICO IN LIEVE MA COSTANTE REGRESSIONE NELLA REGIONE PIEMONTE Trend positivo, ecco perché________ 11 DALLE IDEE INIZIALI A OGGI, GLI AMICI DEL CUORE HANNO CELEBRATO L’ASSOCIAZIONE In prima linea da 35 anni__________ 15 INTERVISTA Ida Fonnesu, «Vi racconto come siamo nati»____________________ 16 L’IMPIANTO DI UNA VALVOLA AORTICA PER VIA TRANSCATETERE: ECCO COME FUNZIONA TAVI, una tecnica in progresso_____ 19 IN QUESTI ANNI SIGNIFICATIVI PROGRESSI NEL CAMPO DELL’ELETTROSTIMOLAZIONE Diamo una scossa al cuore________ 22 L’USO DEI DEFIBRILLATORI NON VIENE CONSIDERATO INDISPENSABILE IN FERROVIA Grandi emozioni e pochi rischi sui treni ad alta velocità___________ 25 LA STORIA Quando Dogliotti si comprò un pacemaker negli USA_____________ 27 IN CAMPO CON LA NOSTRA ONLUS Ricoveri più comodi con la TV ______ 29 Meeting a Moriondo per estendere l’attività di prevenzione___________ 30 Avviso convocazione Assemblea Generale_____________ 31 2 In copertina: foto labaro e sindaci di Fiorenzo Ardizzone; foto treno wikipedia, Hoff1980; segnaletica w:International Liaison Committee on Resuscitation Il Consiglio Direttivo Amici del Cuore onlus Presidente Danilo Danielis Vice Presidente Sebastiano Marra Caterina Racca Tesoriere Michelangelo Chiale Segreteria Carla Giacone Consiglieri Fiorenzo Ardizzone, Ezio Bosco, Luciana Cerrini, Michelangelo Chiale, Luisella Chiara, Danilo Danielis, Ida Fonnesu, Fiorenzo Gaita, Carla Giacone, Sebastiano Marra, Guglielmo Moretto, Marcella Pinna, Ornella Pittà, Caterina Racca, Enrico Zanchi Sindaci Cesarina Arneodo e Giuseppe Mamoli Comitato Scientifico prof. Fiorenzo Gaita dr. Sebastiano Marra dr. Marco Sicuro dr. Tullio Usmiani dr. Armando De Berardinis dr. Maurizio D'Amico Comitato di Redazione Ezio Bosco, Michelangelo Chiale, Carla Giacone Coordinatrice volontari Caterina Racca Progetto grafico della rivista Roberta Serasso Segreteria di redazione Carla Giacone Fotografie Fiorenzo Ardizzone Webmaster Candeloro Buttiglione, Antonio Cirillo CARDIO PIEMONTE - ANNO IX - N. 23 (2013) Tribunale di Torino 4447 del 26-02-92 Direttore Responsabile: Michele Fenu ORGANO UFFICIALE DE AMICI DEL CUORE PIEMONTE • Associazione Onlus Associazione di Volontariato, no-profit, per la prevenzione e la ricerca delle malattie cardiovascolari Sede Ospedale Molinette Torino • Corso Bramante, 88 • 10126 Torino Tel. 011.633.55.64 • Reparto di Cardiologia 2 dr. Sebastiano Marra Presidente: Danilo Danielis www. amicidelcuore.ideasolidale.org e-mail: [email protected] cell. 346/1314392 Tipografia: Grafart s.r.l. - Venaria Reale (TO) CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 Un ampio studio americano analizza gli effetti di questa bevanda sulla salute Caffè, c’è molto di buono Possiamo berlo tranquillamente: non è un vizio come alcol o fumo. Naturalmente, molto dipende dalle caratteristiche del singolo individuo. Emerge una associazione benefica tra consumo e mortalità. Ma c’è ancora tanto da scoprire di Anna Laura Fanelli e Sebastiano Marra L’anno scorso il New England Journal of Medicine ha pubblicato i risultati di un ampio studio osservazionale sul consumo di caffè e sulla mortalità della popolazione che lo beve. Dall’indagine emerge una significativa associazione inversa tra il consumo di caffè e la mortalità, quindi emerge un proporzionale beneficio relativo alla quantità di caffè consumato. Ne deriva che bere caffè sia protettivo per prevenire la mortalità, ma non solo: l'effetto protettivo sembrerebbe aumentare progressivamente con l'aumento della quantità di caffè consumato. Tale effetto è casuale? Esistono proprietà benefiche del caffè ancora non note? È possibile che una bevanda così diffusa al mondo sia ancora poco conosciuta in termini di benefici e in termini di cautela nel consumo? Il caffè non è soltanto ricco di caffeina, ma contiene molti componenti, non tutti identificati, molti dei quali con potenziali bioattività antiossidanti e quindi antiinfiammatorie. I risultati degli studi clinici svolti in passato sul caffè e i suoi eventuali effetti sulla mortalità sono stati controversi e con dati scarsamente significativi. Sono emerse associazioni tra caffè e ipercolesterolemia, iperomocisteinemia, effetto acuto ipertensivo, così come associazioni inverse, nel consumo a lungo termine, con il diabete di tipo 2, con alcuni tipi di tumore, con l'infiammazione, con lo scompenso cardiaco. Quali sono i possibili meccanismi? La caffeina, molecola bloccante i recettori A1 e A2 dell'adenosina (vasodilatatore) e inibente l'attività della fosfodiesterasi, "in acuto" causa aumento della pressione arteriosa, aumento della concentrazione dell'epinefrina circolante e inibizione della funzione endoteliale. Inoltre la caffeina è un noto stimolante del sistema nervo- so centrale e come tale può provocare, in particolare se sovradosata, agitazione, mal di testa, insonnia e disturbi gastrointestinali. Nell'uso "cronico" tuttavia gli effetti del caffè sono molto meno noti, così come l'eventuale associazione con la malattia coronarica. Inoltre, il polimorfismo dei geni coinvolti nel metabolismo della caffeina, del colesterolo, dell'omocisteina e delle catecolamine, potrebbe modulare l'effetto del caffè sulla funzione cardiovascolare in modo differente in ogni individuo. Lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine rassicura sugli effetti avversi del caffè sulla salute, mostrando, come detto, una significativa associazione inversa tra il consumo di caffè e la mortalità per patologia cardiaca, respiratoria, cerebrovascolare, infettiva, per diabete e per incidenti, senza mostrare associazione significativa con la mortalità per tumori. I dati sono stati ottenuti sottoponendo una popolazione di 617.119 persone, di età compresa tra 50 e 71 anni, a un questionario sullo stile di vita e sulla dieta, tra il 1995 e il 1996. Nel questionario erano comprese domande sul consumo di caffè, che dividevano i bevitori in 10 categorie comprendenti consumi da 0 a più di 6 caffè al giorno, e che comprendevano la differenziazione tra uso abituale di caffè normale o decaffeinato. I partecipanti allo studio che hanno risposto in modo completo alle domande e che non sono stati esclusi per altri motivi (più di 400.000 per- Dott.ssa Anna Laura Fanelli 3 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 Dr. Sebastiano Marra, Direttore Dipartimento Cardiovascolare e Toracico A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino 4 sone) sono stati seguiti nel tempo fino a dicembre 2008, per monitorarne eventuali patologie e la mortalità per tutte le cause, quindi non solo per motivi cardiovascolari. L'analisi statistica si è basata su analisi univariate e analisi multivariate stratificate per svariate caratteristiche (età, BMI, etnia, consumo di alcol, fumo, concomitanti patologie, tipo di alimentazione, livello di attività fisica, eventuale uso di terapia ormonale). A una prima osservazione, i risultati sulle caratteristiche della popolazione studiata hanno mostrato una associazione tra il consumo di caffè e alcune abitudini e stili di vita non propriamente corretti: chi beve caffè spesso fuma, consuma alcolici, consuma più carne rossa, fa meno attività fisica. Al follow up i risultati hanno mostrato, alla prima analisi, una associazione tra consumo di caffè e mortalità totale aggiustata per l'età, sia negli uomini sia nelle donne. Ad una più attenta e successiva analisi multivariata corretta per i potenziali elementi confondenti (in particolare per il fumo di sigaretta), è emersa invece una modesta associazione inversa dose-dipendente tra consumo di caffè e mortalità, in entrambi i sessi. Con precisione gli uomini che bevevano 6 o più caffè al giorno hanno mostrato una mortalità del 10% inferiore rispetto ai non consumatori di caffè, per le donne la percentuale è risultata del 15% inferiore. Nel dettaglio tale associazione benefica è risultata significativa per la mortalità cardiaca, respiratoria, per ictus, incidenti, diabete e infezioni. Nessun rapporto, invece, con la mortalità per tumore. Nell'analisi per sottogruppi non si è notata alcuna diversità tra i consumatori in prevalenza di caffè decaffeinato o normale, né sono emerse differenze significative per la maggior parte delle caratteristiche studiate. Questi dati, fortemente pubblicizzati, sono stati criticati per le loro limitazioni. Leggendo in modo critico lo studio, possiamo infatti coglierne gli aspetti di forza e di debolezza. Punti di forza sono certamente l'ampiezza del campione analizzato, che comprende 229.119 uomini e 173.141 donne (morti analizzate: 33731 uomini, 18784 donne) e il lungo periodo di follow up (dal 1995 al 2008). Inoltre, il finanziamento per lo studio è derivato da istituzioni senza evidenti conflitti di interesse con l'industria del caffè (Intramural Research Program of the National Institutes of Health, National cancer Institute, Division of Cancer Epidemiology and Genetics). L'analisi statistica è stata effettuata in modo dettagliato e completo e l'interesse dell'argomento è elevato, sia per la mancanza di precedenti dati certi sia per il forte impatto sociale che può derivare dall'emergere di importanti associazioni tra bevande o alimenti e salute. Punti deboli dello studio sono invece, in primo luogo, la sua natura osservazionale: come in tutti gli studi del genere è possibile verificare l'associazione tra due elementi ma non il loro eventuale legame causa-effetto. Inoltre la presenza di fattori confondenti può inficiare la validità dei risultati. La raccolta dei dati è avvenuta attraverso un questionario autocompilato all'inizio dello studio (self reporting) e non più somministrato durante il follow up, pertanto le quantità e qualità indicate potrebbero non corrispondere al consumo nel lungo termine: le abitudini possono modificarsi con il passare degli anni. Nel questionario la differenza tra il consumo di caffè normale o decaffeinato era basata su una stima approssimativa di prevalenza di abitudine: veniva chiesto quale tipo fosse consumato con maggior frequenza, più della metà delle volte. E nel questionario non esisteva specifica sul tipo di preparazione del caffè, se espresso, bollito, filtrato, con possibili differenze non valutate tra i costituenti. Inoltre, anche se sono state escluse dallo studio le persone con malattia cardiovascolare nota o con tumore noto, è possibile un bias da "reverse causality": forse esiste una autoselezione per la quale chi non gode di buona salute o possiede alcune caratteristiche fisiche, non è un forte consumatore di caffè. Chi percepisce extrasistolia dopo il terzo caffè, d'abitudine ne beve solo due al giorno. Si può affermare che i dati dello studio possono confortarci nella evidenza che bere caffè non condiziona in senso negativo la nostra prognosi, CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 anzi. Ci mostrano come lo stile di vita del consumatore di caffè è spesso caratterizzato da vizi come il fumo, la dieta squilibrata o il consumo di alcol, ma che il solo consumo di caffè non va per questo considerato anch'esso di per sé un "vizio". D'altro canto, anche se è stata trovata un'associazione inversa tra consumo di caffè e mortalità, non per questo si può concludere che esista un rapporto di causalità o un effetto protettivo del caffè sulle patologie analizzate. Per concludere su questa ipotesi saranno necessari studi clinici sperimentali, possibilmente randomizzati e controllati. Sarà inoltre indispensabile indagare sulla plausibilità biologica della causalità sospettata, comprendendo meglio dal punto di vista biochimico l'effetto e le caratteristiche delle multiple sostanze contenute nel caffè e comprendendo meglio la variabilità genetica individuale possibilmente coinvolta nel metabolismo del caffè nei singoli individui. Insomma questo studio, seppure di per sé inadatto a estrapolare un dato rilevante nella pratica clinica, apre un interessantissimo scenario alla ricerca scientifica, incuriosendo il medico e la popolazione generale su una sostanza di tanto ampia diffusione e su un argomento di fortissimo impatto sociale. E, come si sa, la curiosità è il cuore della ricerca e del progresso. Possiamo ipotizzare un po' di futuro? Chi può escludere che tra dieci anni i nostri pazienti assumeranno pillole al caffè, peraltro volentieri dato il piacevole gusto, per prevenzione o per cura di patologie cardiovascolari? Nel frattempo, come sempre, non ci sentiamo di consigliare a tutti i pazienti di bere caffè come fosse una buona terapia. In attesa di ulteriori studi,ci sentiamo di non demonizzare il caffè come fosse uno dei tanti fattori di rischio alla pari di fumo o alcool. Chi ha piacere di bere caffè, oggi può farlo senza sensi di colpa anche se non possiamo considerare tale bevanda alla stregua di una terapia . In conclusione, nell'attesa di nuovi dati, continuate ad assumere caffè con buon senso e cercando di percepire eventuali sensazioni di disagio per modularne la quantità. Fonte: New England Journal of Medicine, articolo "Association of coffee drinking with total and cause-specific mortality", Neal D.Frredman, Yikyung Park, Christian C.Abnet, Albert R.Hollenbeck, Rashimi Sinha, N Engl J Med 2012; 366: 1891-904. Editoriale Stile di vita di Michele Fenu Stile di vita: un termine che si è diffuso in ogni settore. Nel mondo dell’auto, ad esempio, non si identificano più i possibili clienti solo per il sesso o l’età, ma per il comportamento, i gusti, i desideri: sei un giovane rampante, sei uno sportivo, sei un single e così via? Nel nostro caso la questione è più complessa e più importante. Perché in medicina, di qualunque branca si tratti, lo stile di vita riguarda la nostra salute. Le tecnologie interventistiche hanno compiuto passi da gigante e i progressi nel campo farmaceutico permettono oggi di ottenere risultati straordinari nel controllare una malattia. I medici martellano sull’argomento, specialmente quando si parla di tumori e di malattie cardiovascolari. A parte il caso di predisposizioni genetiche, è come ci si comporta ogni giorno il fattore chiave per mantenersi in forma o per meglio superare certe patologie. Il prof. Umberto Veronesi mi ha detto a latere di un convegno sullo smog che il fumo e l’alimentazione sono i nostri principali nemici. «Vede, un terzo delle persone non si ammalerà mai, un altro terzo è destinato a rimanerne vittima e un altro terzo è su un crinale: tutto dipende dal suo stile di vita e dalle difese che possiamo offrirgli». Stesse valutazioni sono ripetute dai cardiologi, come il prof. Gaita e il dr. Marra, che non si stancano di ripetere quanto sia fondamentale regolarsi a tavola e praticare (con moderazione) un’attività sportiva, indipendentemente dall’età. Ne abbiamo parlato molte volte su CardioPiemonte. L’altro argomento fondamentale, che gli Amici del Cuore hanno posto al centro dell’attività, è la prevenzione. Non aver paura di farsi controllare e di eseguire quei test che possono dare indicazioni preziose: la nostra Onlus va sul territorio, invita amabilmente la gente nella sua unità mobile cardiologica per farsi vedere. Nello stesso tempo, ed ecco che torniamo allo stile di vita, assumere modi di vivere salutari. È incredibile come tanti si preoccupino dell’abbigliamento, del cibo, dei viaggi e trascurino il proprio corpo, che, come un’auto, avrebbe bisogno di una opportuna manutenzione. E qui non si parla di stile di vita ma della vita. Qualcosa sta cambiando (vedi il fiorire di palestre) ma ancora non basta. 5 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 UNA STORIA RICCA DI CURIOSITÀ E LEGGENDE TRA MONACI, SCEICCHI E BOTANICI Quella bevanda venuta dall’Oriente In Occidente il caffè si diffuse a partire dalla metà del XVI secolo. A Venezia approdò nel 1638 e si aprirono i primi bar. di Franco Orlandi Franco Orlandi 6 La prima cosa che associamo al caffè è il bar, e al bar, il caffè. Un binomio consolidato da anni. Da secoli! Secondo alcuni il 1640, per altri il 1615, sono gli anni che vedono l’apertura del primo bar (allora, la prima “bottega del caffè”) in Italia. Ma probabilmente correva l’anno 1638 a Venezia in Piazza San Marco. Il botanico Alfino Prospero (1553 – 1617), dopo un soggiorno in Medio oriente fece conoscere la nera bevanda ai veneziani, facendola passare come sostanza medicinale. Questa nuova usanza si diffuse in breve tempo in tutta Italia e così si aprirono caffè che divennero centri culturali e punti di incontro di artisti, intellettuali, politici un po’in tutte le principali città italiane. Per curiosità la parola “BAR“ sembra derivi dall’inglese “barier“ che significa “sbarra” e già nel XII sec. indicava una sbarra divisoria che delimitava due parti di territorio. Nel XVI sec. una sbarra divisoria veniva utilizzata nelle locande e osterie e aveva la funzione di dividere la parte del locale dove si consumavano in piedi bevande alcoliche e spuntini. Altre fonti riportano che il termine derivi dalla contrazione della parola “barred”, che significa sbarrato, poiché nel sec. XIX in Inghilterra le porte degli spacci venivano inchiodate con assi poiché era in atto il proibizionismo. Ora che ci siamo incontrati al bar possiamo prenderci il caffè. La parola caffè deriva dalla parola araba “qahwa“, termine che veniva utilizzato in origi- ne per riferirsi ad una bevanda estratta da semi dall’aspetto rosso scuro, dagli effetti eccitanti e stimolanti, utilizzata qualche volta anche come rimedio medicinale. Nel tempo il termine originario mutò nella parola “Kahve“, di origine turca e si riferì in modo specifico alla bevanda estratta dai semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali appartenenti al genere Coffea in cui sono identificate e descritte oltre cento specie, di cui le più diffuse sono “l’arabica“ (Coffea arabica) e la “robusta“ (Coffea canephora), e in minor misura la Coffea liberica e la Coffea excelsa. Comunque ci sono localmente molte altre diverse specie, coltivate. Le specie di caffè differiscono per gusto, contenuto di caffeina e adattabilità a climi e terreni diversi da quelli di origine. Va ricordato che tutte le specie coltivate esistono ancora, nelle zone di origine, allo stato selvatico e bisogna aggiungere anche che sono state create in laboratorio diverse nuove varietà. Ma qual è l’origine di questa bevanda, la sua storia e il suo significato sociale? Sull’origine del caffè circolano molte leggende. Una storia riguarda il Monastero Chehodet nello Yemen, un luogo in cui, uno dei monaci, avendo saputo da un pastore della zona di nome Kaldi che le sue capre e i suoi cammelli si mantenevano “esuberanti” anche di notte se mangiavano certe bacche, preparò con queste una bevanda nell’intento di restare sveglio per poter pregare più a lungo. Da altre parti si narra che il profeta Maometto un giorno, sentendosi molto male, fu soccorso dall’Arcangelo Gabriele che gli portò un decotto inviatogli direttamente da Allah. La bevanda era scura come la sacra pietra nera della Mecca, CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 comunemente chiamata “qa’ba“. Maometto la bevve, si riprese all’istante dalla sua infermità e ripartì per vivere ancora delle grandi imprese. Un’altra storia narra di un monaco arabo, lo sceicco Alì ben Omar, che rimase solo durante un viaggio verso Moka, città nella quale accompagnava il suo maestro Schadeli, morto durante l’itinerario. Apparsogli un angelo, fu incoraggiato a proseguire verso quella città dove infuriava una terribile peste. Qui con le sue preghiere ad Allah, riuscì a guarire molti malati e persino la figlia del re, della quale si innamorò. Il re però allontanò il monaco, il quale costretto a vivere nella solitudine della montagna, per vincere la fame e la sete, invocò l’aiuto del suo maestro. Questi gli inviò un magnifico uccello dalle piume variopinte e dal suadente canto. Destato e sollevato, Omar si avvicinò per ammirare l’uccello e giunto sul posto, vide un albero rivestito di fiori bianchi e bacche rosse: la pianta del caffè. Colse alcune bacche e ne fece un decotto dalle virtù salutari che spesso offrì ai pellegrini che andavano a trovarlo. Si sparse la notizia delle qualità magiche della bevanda e il monaco venne nuovamente accolto nel regno con grandi onori. Ci sono leggende che fanno risalire le origini del caffè agli altipiani dell’Abissinia dove secondo gli studiosi pare ci sia stata la vera origine del caffè. I resoconti di parecchi viaggiatori testimoniano che l’uso del caffè fosse diffusissimo in tutto l’oriente Islamico alla fine del XVI sec. Il caffè si diffuse in Occidente a partire dalla metà del seicento. Gli storici datano la comparsa del caffè nell’anno della sconfitta dei turchi che assediavano la città di Vienna. Negli accampamenti degli Ottomani, ormai cacciati, furono trovati sacchi pieni di chicchi scuri che nessuna aveva mai visto ne, quindi, utilizzato. Si deve all’intraprendenza di un polacco di nome Kolschitzky, che aveva vissuto in Turchia e che utilizzò il caffè trovato, l’apertura di una bottega del caffè. Egli superò le prime diffidenze degli austriaci, che non avevano gradito sulle prime la nera e amara bevanda, mescolando miele o zucchero e latte, raggiungendo il sicuro successo con quello che fu il primo caffè del mondo europeo e che fu battezzato “la bottiglia blu”. Come ho già detto, il caffè fece la sua comparsa in Italia per la prima volto a Venezia intorno all’anno 1638. All’inizio il costo della bevanda era molto alto e solo i ricchi potevano permettersi il lusso di acquistarlo, poiché esso era venduto in farmacia. In Italia, come in altri paesi, l’introduzione del caffè si scontrò col parere di alcuni esponenti della Chiesa, tanto che alcuni fanatici cristiani incitarono il Papa Clemente VIII ad interdire la “bevanda del diavolo” ai fedeli. Ma il Papa assaggiatene una tazza, non fu contrario al suo uso. Grazie all’approvazione e benedizione papale, il caffè moltiplicò i suoi successi. In Francia il caffè fu introdotto intorno all’anno 1644 da alcuni mercanti marsigliesi provenienti dall’Oriente. Una notevole affermazione della bevanda si registrò intorno al 1660 proprio a Marsiglia, dove nel 1671 alcuni privati inaugurarono, sul modello di Costantinopoli, la prima bottega pubblica di caffè. La diffusione del caffè in Germania ritardò per la forte predilezione del popolo per la birra, ma poi andò incontro ad esito favorevole, tanto da far registrare una sensibile diminuzione del consumo della birra. L’Inghilterra, conosciuta come il paese gran consumatore di tè dalla seconda metà del XVII sec. vide aumentare il consumo del caffè tra tutta la popolazione. Nel 1677, venticinque anni dopo l’apertura del primo caffè a Londra, la città ne contava oltre trecento e, per attirare più clientela, nel primo locale pubblico venne diffuso un singolare manifestino sul caffè oggi conservato al British Museum. Negli Stati Uniti il caffè arrivò intorno al 1670 ad opera dei colonizzatori che imposero abitudini e costumi europei. In Svezia, nel settecento si assistette ad una curiosa vicenda intorno ad un diverbio molto acceso tra due gruppi di cittadini. Il contendere ruotava intorno alla superiorità o meno del caffè rispetto al tè. Per dirimere il dubbio Re Gustavo III di Svezia dispose che a due fratelli gemelli condannati a morte, si fosse dato da bere ad uno solo caffè, all’altro invece solo tè, in breve tempo i fatti avrebbero dimostrato chi dei due sarebbe morto per primo. La conclusione della vicenda fu che entrambi i gemelli morirono in tarda età. Quando il caffè iniziò a diffondersi presso i 7 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 8 Turchi, circolava voce che Allah, prima della creazione, avesse bevuto caffè, tè nel giorno del riposo e vino quando Adamo ed Eva osarono disobbedirgli. Il racconto, in maniera allegorica, voleva dimostrare che il caffè, aguzzando l’intelligenza, stimolava la creatività e la fantasia. Durante il Regno di Solimano il Magnifico a Costantinopoli i primi caffè erano” riservati a persone distinte”, che presero il nome di “scuole delle persone colte” ed il caffè ivi sorbito era detto “il latte dei giocatori di scacchi e dei pensatori”. Intanto per trarre tutti i benefici dal caffè ricordiamoci di non assumerlo freddo: gusto e aroma svanirebbero; e di macinarlo al momento dell’uso. Inoltre per riconoscere un buon espresso, la crema deve avere un bel colore nocciola, essere particolarmente densa, tanto che lo strato di zucchero deve scendervi lentamente, e la crema ricomporsi dopo aver girato lo zucchero. Vanno ancora presi in esame per definire un buon espresso, la ricchezza e la corposità del gusto, che i professionisti del caffè defoniscono “il flavour”. Per scrivere del caffè e del suo uso testimoniato nel cinema e teatro, nella canzone e nell’arte avrei bisogno di parecchie pagine, così tante sono le citazioni che si troverebbero! Consiglio vivamente, di leggere, su tutti, il monologo di Pasquale nella commedia di Eduardo De Filippo, “Questi fantasmi”, atto secondo: una vera “chicca” sul caffè. Dirò solo che l’apparizione del caffè nell’arte coincide più o meno con la sua diffusione in Europa a partire dal XVII sec. Il più antico quadro che raffigura una tazzina di caffè è la raffinata natura morta di Francisco de Zurbaran dal titolo “piatto di cedri, cesto di arance e tazza con rosa” del 1633. Anche l’artista inglese William Hogart del XVIII sec. nei suoi quadri di sfacciata ironia sulla società contemporanea, inserìsce il caffè. Così ne “La famiglia Martelli” di Gian Battista Benigni, l’artista propone un momento di quotidiana vita in famiglia con il classico rito del caffè in una composizione molto elegante. Nell’ottocento, per citarne solo alcune, troviamo opere di Eduard Manet, Silvestro Lega, Scipione Vannutelli, Auguste Renoir, Federico Zandomeneghi, Paul Cezanne in cui è presente il caffè. L’interesse degli artisti per il caffè è una dimostrazione del fatto di come la nera bevanda, da gustoso privilegio destinato a persone benestanti diviene una corroborante bevanda di uso comune ed inizia a comparire con maggiore frequenza anche nei dipinti. Termino con una ricetta che ho trovato molto buona e particolare: Spaghetti al caffè (per quattro persone). Prendi una padella e metti in essa trenta gr. di burro e trenta gr. di olio e fai appassire, ben tritati, una costa di sedano, una carota ed uno scalogno. Aggiungi, quindi, duecento gr. di prosciutto cotto a cubetti e poi lascia evaporare anche un goccio di vino rosso. Aggiungi sale e pepe quanto basta e poi versa una tazzina di caffè lungo. Cuoci ancora per cinque minuti. Cuoci trecentoventi gr. di spaghetti, scolali al dente e condiscili con parmigiano reggiano e il sugo al caffè. Dimenticavo: se incontrate un indonesiano, invitatelo al bar per un “Kedai copi”. Dizionario medico In questo numero cerchiamo di capire cosa significa sottoporsi a ECODOPPLER DEI TRONCHI SOVRA AORTICI In questa puntata vi parleremo dell’ecografia delle grandi arterie (carotidi e vertebrali) che si originano nel torace dall’arco dell’aorta ed irrorano il cervello. Come si può ben immaginare sono delle arterie importantissime ed il loro grado di salute, nell’età adulta e soprattutto in particolari condizioni cliniche (ad esempio l’ipercolesterolemia, il diabete e l’ipertensione), va verificato periodicamente. Si tratta di un esame molto semplice, non invasivo e privo di rischi. Non richiede alcuna preparazione particolare né la somministrazione di alcuna sostanza. Viene eseguito da uno specialista in diagnostica vascolare, ponendo una sonda ecografica che emette ultrasuoni lungo il decorso delle arterie ai lati del collo e della colonna vertebrale. In tal modo è possibile visualizzare su uno schermo televisivo le pareti delle arterie ed il loro interno evidenziando in tal modo eventuali ispessimenti o restringimenti (placche e stenosi) la cui severità può richiedere un trattamento medico o chirurgico. CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 L'INFLUSSO POSITIVO DELLA VERDURA NELLA PREVENZIONE DEI RISCHI CARDIOVASCOLARI (E NON SOLO) Gli spinaci di Bracciodiferro? È vero, danno la carica e proteggono il cuore Logo gentilmente concesso dalla T18 Il consumo di ortaggi (meglio crudi che cotti) merita maggiore attenzione da parte delle famiglie di Virginia Bicchiega Un numero sempre maggiore di studi tendono a confermare che una dieta ricca di frutta e verdura contribuisce a prevenire le malattie cardiovascolari (infarto e ictus) e il cancro. L'effetto è probabilmente dovuto sia alle numerose molecole ad attività protettiva (acido ascorbico, carotenoidi, antociani, composti fenolici, composti solforati); sia alla capacità di frutta e verdura di abbassare la densità energetica della dieta, sostituendosi ad altri alimenti più densi di calorie e di grassi e rallentando, grazie all'elevato contenuto di fibre, l'assorbimento di sostanze il cui eccesso può risultare dannoso per il sistema circolatorio, come il colesterolo. Consumare verdure ci copre dall'azione dannosa degli agenti patogeni (es. i radicali liberi), riduce il rischio di tumori nella zona dell'apparato digerente, allontana il rischio di infarto e di diabete contribuendo a mantenere bassi i livelli di colesterolo e di omocisteina. In particolare, quest'ultima viene considerata oggi uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare (malattia coronaria, ictus, aterosclerosi, vasculopatie periferiche). L'omocisteina è un aminoacido solforato che deriva dalla trasformazione della metionina, aminoacido essenziale contenuto nei cibi che mangiamo, soprattutto quelli di origine animale, e che nella maggior parte dei casi si trova aumentato in caso di carenza di acido folico e vitamina B6. Un alto tasso di omocisteina accresce di tre volte il rischio di ictus o infarto cardiaco, in particolare sembra che tale sostanza danneggi l'endotelio vasale, aumenti lo spessore dello strato muscolare sottoendoteliale e disturbi l'effetto anticoagulante fisiolologico della proteina C. Tutti questi problemi possono essere corretti mediante un adeguato apporto di vitamine del gruppo B (soprattutto acido folico, ma anche vit. B6 e B12). La somministrazione di folati è pertanto essenziale nelle persone ad alto rischio cardiovascolare. Vogliamo considerare in particolare il consumo degli ortaggi, per non trascurane il consumo abituale e per preservare la salute e con essa la qualità di vita di ognuno di noi. Non sempre l'inserimento di verdura nella dieta è ben radicata nelle famiglie. Vuoi per il poco tempo dedicato all'acquisto delle verdure fresche e meno che mai per il tempo che inevitabilmente occorre per la pulitura, il lavaggio e la cottura (anche se il consumo a crudo è sempre consigliabile). Dalla letteratura scientifica sappiamo che gli ortaggi a foglia verde e in particolare tutta la famiglia delle crocifere di cui fanno parte cavoli, cavolfiore, broccoli, broccoletti, verze, cavolini di bruxells, sono una grande fonte di acido folico e di folati e in più risultano molto ricchi di vitamina C. Essi favoriscono quindi l'assorbimento del ferro ivi contenuto, funzione importantissima perché implementa l'effetto benefico aumentandone la biodisponibilità che nelle verdure è di circa l'1% rispetto al minerale contenuto e assai più biodisponibile in alimenti di origine animale. Hanno, inoltre, proprietà antiossidanti, altro fattore coinvolto nella prevenzione delle malattie cardiova- Dott.ssa Virginia Bicchiega 9 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 scolari, neurologiche e tumori. Dal canto suo, la clorofilla, responsabile del colore verde di frutta e verdura, spicca per la potente azione di preservare l'elasticità delle cellule vascolari lisce, ad opera dell'acido nitrico, rendendole più resistenti in caso di malattia e riducendo la predisposizione a malattie cardiovascolari acute, ossia • Consumare almeno 400 gr. infarti del miocardio ed ictus. Da (parte edibile) al giorno non dimenticare un ortaggio as• Alternare la qualità delle sai diffuso sulla tavola italiana verdure per l'impiego frequente e partico• Preferire prodotti freschi e larmente fantasioso nei ricettari regionali, reso famoso anche ai stagionali • Preferirne il consumo come più piccini dal popolare Braccio di Ferro: gli spinaci. Caratteristi"spezzafame" che simili alle crocifere e forse offrono un sapore più gradito da molti consumatori. Come comportarci in caso di terapie scoagulanti ad esempio il warfarin sodico. Tutte le verdure contengono vitamina k, pertanto le classiche verdure a foglia larga che in media contengono oltre i 100ug/100gr di questa vitamina andranno consumate anche tutti i giorni ma in quantità non eccessive. Ricordarsi che la cottura non denatura la vitamina K e per semplificare la scelta delle verdure da consumare, preferire i prodotti vegetali di forma solida e dal colore rosso, arancione, viola: pomodori, carote, ravanelli, melanzane. I flavonoidi forniscono i colori vibranti del viola, verde smeraldo e blu e, in particolare, la quercetina contenuta in abbondanza nelle cipolle e Consigli: nei broccoli si caratterizza per le sue proprietà miorilassanti e antiossidanti. Recenti studi hanno dimostrato l'effetto che questa molecola, somministrata tramite dieta appropriata e ricca di tali ortaggi, ha nel miglioramento di alcuni fattori di rischio cardiovascolare come la riduzione della circonferenza vita, della pressione arteriosa post prandiale e nell'aumento dei livelli plasmatici di lipoproteine ad alta densità (HDL), ovvero il colesterolo "buono" o ad azione scavenger, spazzino delle arterie. Infine, i carotenoidi conferiscono il colore giallo, rosso e arancione a numerosi prodotti dell'orto, appetitosi ed essenziali all'organismo per difenderci dalle patologie coronariche e da molti tipi di tumore dell'apparato digerente e intestino in particolare: merito della loro importante ed efficacissima azione di difesa contro i radicali liberi dell'ossigeno e quindi alla capacità di contrastare il processo di ossidazione delle colesterolo a bassa densità (LDL). Sappiamo che tale colesterolo se ossidato diventa particolarmente insidioso e pericoloso per la salute delle arterie e in particolare delle coronarie. La scelta in questo caso varia dal peperone, al pomodoro, alle cipolle, alle rape rosse. Molti studi hanno dimostrato una significativa correlazione tra i carotenoidi e la riduzione dello spessore medio-intimale (IMT) della parete della carotide comune, primo passo della malattia aterosclerotica e quindi il meccanismo patogenetico alla base di eventi cerebro e cardiovascolari. Come comportarci a tavola sembra quindi semplice. Consumare almeno due o tre portate di verdure al giorno, cotte o meglio ancora crude, purchè ben lavate! Dal libro “La dieta del gusto” Dott.ssa Virginia Bicchiega – Nutrizionista Condimenti per i primi piatti - Sugo con verdura Ingredienti per 1 persona: 10 Mezza cipolla Uno spicchio d’aglio Pomodori pelati 400 g. Un ciuffo di prezzemolo Verdura a scelta tra: Funghi freschi (300 g.) Piselli (100 g.) Broccoli (400 g.) Carciofi (300 g.) Preparazione Pulite e lavate la verdura prescelta e tagliatela a pezzetti. In una casseruola fate rosolare la cipolla affettata e l’aglio. Aggiungete la verdura e, dopo circa 10-15 minuti, unitela alla polpa di pomodoro. Salate, mescolate bene e lasciate cuocere per 30 minuti a fuoco medio. Al termine unite il prezzemolo tritato. CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 L’INFARTO MIOCARDICO IN LIEVE MA COSTANTE REGRESSIONE NELLA REGIONE PIEMONTE Trend positivo, ecco perché I ricoveri sono diminuiti: merito dei progressi medici, della prevenzione e della regolamentazione del fumo. Questa patologia colpisce più gli uomini delle donne. L’importanza della rete regionale per il soccorso di Tullio Usmiani La malattia cardiovascolare, della quale l’infarto miocardico acuto è l’aspetto clinico più drammatico, ancora oggi è la patologia responsabile della maggior parte dei decessi nell’intero pianeta. Ma cos’è precisamente un infarto miocardico? È una patologia acuta dovuta all’occlusione improvvisa, repentina, di un’arteria coronaria. Le arterie sono vasi che portano sangue ossigenato agli organi; se si occlude una coronaria (fig. 1), l’arteria che porta il sangue al muscolo cardiaco, non perviene più al territorio irrorato da quel vaso l’ossigeno necessario perché il tessuto muscolare viva. Fig 1 Rappresentazione del decorso della arterie coronarie discendente anteriore e destra. Per comprendere come avviene l’occlusione di un’arteria bisogna sapere che la parete di un’arteria è fatta di tre strati concentrici (fig. 2); il più interno, a diretto contatto con il sangue, è definito intima. Quello intermedio è chiamato tunica media e contiene matrice proteica e cellule muscolari lisce che danno il tono (contrazione o rilasciamento) alla parete dell’arteria ed il terzo strato è l’avventizia che riveste all’esterno la coronaria. Le placche aterosclerotiche, che costituiscono l’aspetto caratteristico della malattia delle arterie, sono degli accumuli di colesterolo, tessuto fibroso e cellule infiammatorie racchiuse in una capsula, denominata cappuccio fibroso. Le placche, che iniziano a formarsi dall’età di venti anni circa, possono crescere con velocità varia da persona a persona e rimanere silenti per numerosi anni se non per tutta la vita. Spesso però accade che si destabilizzino per processi infiammatori che rompono il cappuccio fibroso e la continuità dell’intima con la conseguente esposizione di materiale lipidico all’interno del lume dell’arteria; qui le piastrine circolanti riconoscono che c’è la rottura della parete di un vaso e iniziano il processo di coagulazione formando un trombo con lo stesso meccanismo quindi che avviene quando ci tagliamo la pelle e iniziamo a sanguinare. In quest’ultimo caso il processo di coagulazione è utile per l’organismo, nel caso della coagulazione all’interno della coronaria ovviamente no. L’occlusione di una coronaria avviene quindi perché si rompe una placca aterosclerotica (fig. 3) L’infarto del miocardio si divide dal pun- Dott. Tullio Usmiani 11 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 to di vista della diagnosi elettrocardiografica e di conseguenza, clinica e prognostica, in due categorie con difFig. 2 Schema di sezione di arteria coronaria con placca ferenti modi di aterosclerotica trattamento; il primo è l’infarto con sopraslivellamento del tratto ST dell’elettrocardiogramma ed è chiamato, con un acronimo della denominazione in lingua inglese, STEMI cioè ST Elevation Fig 3 Schema di sezione di arteria coronaria con rottura di Myocardial Inplacca aterosclerotica che ha generato la formazione del farction. coagulo di sangue Il secondo è definito NSTEMI cioè Not ST Elevation Myocardial Infarction; nel primo caso vi è quasi sempre all’origine la chiusura improvvisa di una grossa arteria coronaria, nel secondo una sub occlusione con flusso minimo di sangue residuo, oppure un’occlusione con un circolo collaterale, o la malattia di rami collaterali di calibro più piccolo. La malattia cardiovascolare dunque è la principale causa di morte nel mondo, perché l’infarto nella fase acuta può far insorgere aritmie che portano all’arresto cardiaco e perché se non curato bene e tempestivamente porta a delle evoluzioni negative che condizionano la sopravvivenza a distanza dall’episodio. La mortalità elevata per infarto miocardico non è presente esclusivamente nel cosiddetto mondo occidentaleindustrializzato, ma anche nei paesi a minor reddito e in via di sviluppo. La comune considerazione che l’infarto sia una malattia riservata ai paesi ricchi è smentita da numerosi dati di associazioni scientifiche e organizzazioni internazionali. La ragione di questa realtà epidemiologica trasversale risiede nelle cause che portano alla malattia cardiovascolare: in parte di tipo “genetico” cioè una predisposizione individuale ed ereditaria ad ammalarsi di malattia aterosclerotica e in parte dovuta allo stile di vita e all’alimentazione. Sia nei paesi ad alto reddito, sia in quelli a reddito minore, l’abitudine al fumo di tabacco, alla vita sedentaria, all’alimentazione con cibi ricchi di grassi e di colesterolo conducono alla malattia aterosclerotica; inoltre nei paesi in via di sviluppo, uno dei segnali epidemiologici del Rappresentazione della percentuale delle cause di morte in Europa per maschi e femmine Respiratory disease 8% Other cancer 11% Lung cancer 6% Injuries and poisoning 12% Other causes 15% Colo-rectal cancer 2% CHD 21% Stomach cancer 2% Other CVD 11% Stroke 11% Uomini 12 Respiratory disease 6% Other cancer 9% Injuries and poisoning 4% Other causes 16% Brest cancer 3% Lung cancer 2% Colo-rectal cancer 2% Stomach cancer 1% Other CVD 15% CHD 23% Stroke 18% Donne Fig. 4 Legenda: CHD = malattia coronarica; Stroke = ictus; other CVD = altre malattie cardiovascolari; stomach cancer = tumore dello stomaco; colon-rectal cancer = tumore del colon – retto; lung cancer = tumore del polmone; brest cancer = tumore alla mammella; other cancer = tumori con altra localizzazione; respiratory disease = malattie respiratorie; injury and poisoning = traumi ed avvelenamenti; other causes = altre cause CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 benessere è costituito dall’aumentata incidenza di diabete mellito, altra causa importante di malattia cardiovascolare. Da dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si abbatte un altro luogo comune dell’infarto: non è una malattia esclusiva degli uomini, colpisce anche le donne (e con progressivo aumento dell’incidenza) e la mortalità per infarto è maggiore per le donne e minore per gli uomini. In altre parole l’infarto del miocardio colpisce più frequentemente gli uomini delle donne, ma gli uomini hanno una sopravvivenza all’evento percentualmente superiore, come se il cuore delle donne fosse più debole, meno resistente al danno al cuore. Questo è vero soprattutto nelle decadi di vita meno avanzate. (figg. 4,5,6) In Europa più del 55% dei decessi delle donne è dovuto alla cardiopatia ischemica, mentre sono solo il 40% negli uomini, considerazione, questa, non tenuta in alcun conto fino a pochi anni or sono. L’incidenza dell’infarto miocardico si allinea a questi dati statistici anche nella Regione Piemonte. Inoltre, dalla rilevazione eseguita sulle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) regionali possiamo rilevare altri dati epidemiologici interessanti, primo tra tutti, la riduzione progressiva dal 2007 ad oggi del numero degli infarti con sopraslivellamento del tratto ST (cioè quelli da improvvisa occlusione di un’arteria coronarica e da trattare nel più breve tempo possibile dall’inizio dei sintomi con l’angioplastica coronarica possibilmente o con la trombolisi). I ricoveri per tale tipo di infarto, denominato STEMI, sono diminuiti in quattro anni, dal 2007 al 2010, del 11% circa, passando da 5507 episodi a 4896. (fig. 7) Le spiegazioni per questo favorevole andamento possono essere molteplici e tra le cause metterei una maggior attenzione della popolazione nella prevenzione sia primaria sia secondaria, un’azione dei medici tesa a favorire la prevenzione, la cosiddetta Legge Sirchia che proibendo, o meglio regolamentando, il fumo nei locali pubblici ha indiscutibilmente ridotto il tabagismo che notoriamente è tra i primi fattori di rischio per l’infarto. Se si assiste ad una riduzione degli infarti da un lato, dall’altro nella no- Fig 5 indagine epidemiologica nella Regione Piemonte nel 2011: incidenza dell’infarto per classe di età e genere stra regione vi è un lieve aumento progressivo negli stessi anni considerati del numero procedure per il trattamento della malattia aterosclerotica coronarica cioè di coronarografie e di angioplastiche co- Fig 6 indagine epidemiologica nella Regione Piemonte nel ronariche. L’aumen- 2011: mortalità per infarto per classe di età e genere to è sia per le angioplastiche elettive sia per angioplastiche primarie, cioè quelle eseguite per il trattamento in fase acuta dell’infarto per la riapertura della coronaria occlusa responsabile dell’infarto. Queste ultime sono aumentate dal 2006 al 2009 da 1649 a 2057, con un aumento percentuale dell'8% circa. L’aumento è dovuto sia alla maggior attività organizzativa con trasporto dei pazienti con STEMI verso i laboratori di emodinamica, ma senza un vero e proprio servizio di rete che ha iniziato la sua attività nel gennaio 2011, sia ad un aumento di attività di esecuzione di angioplastica primaria in alcuni laboratori di emodinamica. In Piemonte dal 2006 è aumentato il numero di laboratori che eseguono l’angioplastica primaria con la formula h 24, cioè con la disponibilità del laboratorio di emodinamica sia durante l’orario di apertura “normale” il giorno feriale sia durante le ore di chiusura del laboratorio (notte e festivi) con il metodo della reperibilità. La realtà dell’infarto nella nostra regione è quindi quella di una patologia in lieve ma costante regressione e con un miglioramento delle cure nella fase iniziale con la maggior disponibilità di trattamento con angioplastiche primarie. Questi due trend associati portano ad una riduzione della mortalità intraospedaliera e a distanza. 13 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 Regione Piemonte 6000 numero di STEMI 5000 5507 5495 5212 4000 4896 3000 2000 1000 0 2007 2008 2009 2010 Fig 7 Il numero di infarti miocardici nella Regione Piemonte dal 2007 al 2010 STEMI = ST Elevation Myocardial Infarction cioè l’infarto miocardico che all’elettrocardiogramma presenta il sopraslivellamento del tratto ST. Il risultato è lusinghiero, ma ci sono ancora ampi margini di miglioramento soprattutto nella logistica dell’esecuzione dell’angioplastica primaria. Per ottimizzare l’esecuzione di questo trattamento dell’infarto l’Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte ha fortemente voluto la creazione e la messa in operatività di una Rete Regionale per il trattamento dell’infarto; per accedere alla rete in caso di sintomi sospetti per l’infarto il paziente deve contattare al più presto il 118. La progettazione, l’infrastruttura e l’organizzazione per il funzionamento della Rete per Infarto nella Regione Piemonte sarà esposta nella parte II nel prossimo numero. Breve compendio per mantenere in buona salute la circolazione A)Camminare a passo sostenuto almeno un’ora al giorno, senza sforzi eccessivi. Ad 14 ogni passo il sangue viene spinto verso le gambe per favorire il ritorno del flusso venoso verso il cuore. La deambulazione provoca, inoltre, vigorose contrazione dei muscoli, tonificandoli. B)Se si sta a lungo in piedi, molleggiarsi ogni tanto sui tacchi e poi sulle punte; se si sta a lungo seduti, non accavallare le gambe e poi contrarre ogni tanto i glutei. Flettere ed estendere al massimo le gambe ed i due piedi alternativamente. E portare i piedi perpendicolari alle gambe. È consigliabile alzarsi ogni venti minuti circa. C) Evitare l’esposizione diretta a fonti di calore. Meglio la doccia tiepida del bagno caldo. D)Dormire con le gambe sollevate, rispetto al corpo, di circa 20-25 cm. Compiere prima di addormentarsi dei massaggi ai piedi e lungo le gambe dal basso verso l’alto. E)Ridurre drasticamente, meglio abolire, il fumo. Insieme all’alcool, il fumo danneggia le pareti dei vasi sanguigni irrimediabilmente. F) Salire e scendere le scale facendo finta che l’ascensore sia guasto. G)Trascurare dolci, salumi, prodotti fritti, alcool e sale. Mangiare frutta, soprattutto agrumi, ricchi di flavonoidi e fibre. Spesso i problemi circolatori si manifestano con problemi emorroidari. Bere almeno un litro di acqua al giorno lontano dai pasti. H)Usare scarpe con pianta comoda e con tacco alto al massimo 5 cm. Sono da preferire scarpe a suola convessa, basculante. Scarpe senza tacco e stivali non sono raccomandati, per la buona salute del piede. I)Sono raccomandate, naturalmente, le attività motorie quali nuoto, golf, corsa, marcia, bicicletta, danza, sci da fondo, piuttosto che il tennis. L)Utilizzare calze e collant con adeguata compressione graduata decrescente, cioè calze che esercitano una pressione sulle vene delle gambe, maggiore sulla caviglia e decrescente, via via, lungo la gamba . CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 DALLE IDEE INIZIALI A OGGI, GLI AMICI DEL CUORE HANNO CELEBRATO L’ASSOCIAZIONE Il tavolo dei relatori durante la celebrazione dei 35 anni di attività. Da sinistra: Zanchi, Danielis, Ferraris, Marra In prima linea da 35 anni L’apprezzamento di Regione e Comune per una attività generosa che si è evoluta nel tempo. L’intervento del dottor Marra. A Caluso l’Assemblea sociale: il punto del presidente Danielis Due importanti avvenimenti hanno caratterizzato la chiusura del 2012 per gli Amici del Cuore: la celebrazione dei 35 anni di attività e l’Assemblea sociale. Incontri formali, se volete, ma anche e soprattutto espressione dell’apprezzamento che circonda l’associazione e dell’unione di intenti che spinge con passione e impegno la nostra Onlus verso il futuro. Il primo, con la regia del presidente Danilo Danielis e del vice-presidente Sebastiano Marra, si è svolto nell’elegante Sala delle Colonne presso il Comune di Torino. Una sede di prestigio per ricordare una ormai lunga storia di cui sono stati protagonisti nel tempo tanti uomini e donne dall’animo generoso. Giovanni Ferraris e Roberto Placido, in rappresentanza del Consiglio Comu- nale e di quello Regionale, hanno portato il saluto dei due enti: parole non di circostanza ma sinceramente convinte. Ad esempio, Ferraris ha sottolineato quanto sia importante la cura del malato e non solo della malattia e come il paziente debba sempre essere il soggetto principale di ogni intervento. Con uno slogan assai appropriato: «Fare del bene fa stare bene». Da Placido prima una testimonianza personale («Il dottor Marra mi ha restituito due anni fa alla vita e conosco bene l’attività degli Amici del Cuore»), poi una considerazione generale: «Io sono la prova vivente di una sanità pubblica di altissimo livello, che si sposa con lo straordinario lavoro dei volontari, un aiuto alle Istituzioni e al Paese in un momento in cui mancano le risorse». 15 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 Il presidente Danielis ha sintetizzato con semplicità e precisione i momenti più importanti di questi 35 anni, dalle prime idee e dai primi passi come Unione Italiana Cardiopatici, che aveva anche lo scopo di offrire assistenza economica ai pazienti in difficoltà, fino - attraverso varie evoluzioni - alla formalizzazione degli Amici del Cuore con lo scopo di supporto alla ricerca, all’aiuto in ospedale, alla prevenzione, stringendo uno stretto rapporto con la struttura di Cardiologia 2 delle Molinette, diretta dal dottor Marra. «Abbiamo attuato molte iniziative - ha sottolineato Danielis - Corsi di formazione dei volontari, raccolta di “schede della salute” presso le farmacie o con il nostro camper, borse di studio per medici, finanziamento di apparecchiature mediche per Cardiologia 2 e 1, quella guidata dal prof. Fiorenzo Gaita, incontri con gli studenti. I nostri soci hanno collezionato migliaia di ore di lavoro». Per Marra è fondamentale assistere, curare, gestire pazienti che possono in maggioranza essere restituiti a una vita normale. L'intervista Ida Fonnesu, eccezionale testimone dalle mille iniziative «Vi racconto come siamo nati» Le prima basi furono poste negli Anni 70. «Il momento decisivo con l’arrivo del notaio Picco alla presidenza». «La sensibilità dell’avv. Chiusano» Ida Ferraro Fonnesu, ospite d’onore all’Assemblea dei Soci 2012 a Caluso, è una testimone preziosa della nascita e dell’evoluzione di quella prima Associazione Cardiopatici Piemonte che si sarebbe trasformata nella Amici del Cuore onlus. Cardio Piemonte l’ha intervistata, raccogliendo aneddoti, episodi e sensazioni di una storia che continua. 16 Cardio Piemonte: Lei, in vari ruoli, ha partecipato con impegno e passione all’opera di assistenza dei pazienti vittime di malattie cardiovascolari. Com’è cominciata questa straordinaria opera di volontariato? Fonnesu: La prima idea nacque nel 1977 presso l’ospedale Cardiò di Lione, allora all’avanguardia, dove io stessa fui operata. Giovanni Picco, Elio Valla e Douglas Cellini, reduci da esperienze personali, pensarono di realizzare un progetto di associazione di cardiopatici nazionale. Il progetto non andò in porto, ma due anni dopo, in occasione del raduno di un centinaio di torinesi curati a Lione, Cellini propose ai partecipanti di versare mille lire e, con Cellini presidente, si posero le basi per la prima associazione cardiopatici italiana. Ospite d’onore al pranzo sociale fu il prof. Hubert Termet, il cardiochirurgo che aveva salvato tanti di noi. Ma non avevamo una organizzazione definita e una sede dove incontrarci. Ci radunavamo a turno nelle nostre abitazioni, finchè nel 1980 non ottenemmo in concessione gratuita un piccolo locale in corso Traiano. C.: Quale fu il momento decisivo? F.: L’arrivo, pochi mesi dopo, del notaio Picco alla presidenza dell’associazione, che prese CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 «Abbiamo una cardiologia di eccellenza ha aggiunto - e il supporto dei volontari e delle istituzioni è prezioso. Non è questione di “carità” come un tempo, ma di una assistenza che vuole migliorare il rapporto umano del paziente con la malattia. In ogni caso, e questa è un’opera in cui gli Amici del Cuore sono attivissimi, è la prevenzione il vero motore di cura della malattia». La celebrazione dei 35 anni, cui hanno partecipato una cinquantina di soci, si è conclusa con la presentazione da parte del continua a pag 18. Ida Ferraro Fonnesu il nome di Centro Cardiopatici Piemonte con atto costitutivo e statuto. Ci trasferimmo in via San Massimo presso il Palazzo Carlina e venne formato un consiglio direttivo. Allora la nostra attività era diversa rispetto a quella attuale: puntavamo soprattutto a dare una mano ai singoli. Aiuto per le pratiche burocratiche nel caso volessero recarsi a Lione, informazioni specifiche, incontri con i cardiologi che operavano negli ospedali di Torino e provincia, supporto psicologico. Lo slogan del Centro, stampato su volantini, era: «Per l’informazione, l’appoggio, l’assistenza». Si gestiva tutto a mano con una certa fatica. Favorimmo la creazione di altre realtà associative: Asti, Alessandria, Vercelli, Alba. Ciascuna aveva un proprio logo caratterizzato dal disegno di un cuore. E nel 1987, per la prima volta, venne pubblicato a Torino un numero unico di Cardio Piemonte, organo ufficiale del gruppo federativo. C.: Nell’agosto di quell’anno scomparve il notaio Picco e gli subentrò l’avv. Vittorio Chiusano, professionista ben noto anche per aver ricoperto la presidenza della Juventus... F.: Sì. L’avv. Chiusano, malgrado i molti impegni, accettò l’incarico e diede ulteriore impulso all’attività del Centro, trovando nuovi finanziamenti e sponsorizzazioni. Così ci fu possibile aiutare le cardiologie degli ospedali Mauriziano e Martini Nuovo per l’acquisto di apparecchiature e dare continuità alla pubblicazione di Cardio Piemonte. Con Chiusano l’associazione si trasformò ufficialmente in Onlus, organizzazione non lucrativa di utilità sociale. Fu un periodo assai intenso, organizzammo corsi di formazione di primo soccorso, incon- tri con i soci, addirittura un viaggio a Lourdes. Alla morte di Chiusano, nell’estate 2003, seguì un periodo non facile, oggi felicemente conclusa con la nascita degli Amici del Cuore, la presidenza Danielis e la regia del dottor Marra. Ma questa è storia recente. C.: Signora Fonnesu, che ricordi conserva nel suo cuore? F.: Il saluto al prof. Termet, quando andò in pensione: gli regalammo una targa in argento che sigillò la nostra riconoscenza. I consigli direttivi presso la casa di Avigliana del notaio Picco. La sensibilità dell’avv. Chiusano: bussammo a molte porte, ma solo lui decise di impegnarsi. Le telefonate di terapia psicologica in cui offrivo la mia esperienza a persone impaurite. C.: Come vede il futuro degli Amici del Cuore? F.: Bene, tutto è diverso rispetto ai miei tempi, ma trovo che le iniziative in corso siano belle e interessanti e che lo stretto rapporto con il dottor Marra rivesta una grande utilità. Finanziare borse di studio per giovani medici è meritevole. Aggiungo un pensiero. Non conoscevo Danilo Danielis, ma quando l’ho visto per la prima volta mi son detta: ecco la persona giusta per diventare Presidente dell’associazione. C.: Possiamo dire la sua età? F.: Ah, non mi vergogno certo: ho 81 anni e sono sulla breccia da sempre. Ho due figli, un nipote, il ricordo di un marito meraviglioso con cui ho condiviso mille attività e iniziative nell’associazione. E una convinzione: impegnarsi nel volontariato arricchisce la vita. 17 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 consigliere Enrico Zanchi del nuovo grande labaro rosso che simboleggia la Onlus Amici del Cuore. A ricordo della giornata il presidente Danielis ha ricevuto una spilla e il gagliardetto del Toro nonchè il sigillo civico di Torino. Come è ormai tradizione, l’Assemblea Sociale si è svolta al Mago di Caluso, dove un centinaio di soci, accolti con la consueta simpatia e generosità dalla famiglia Crosio, hanno ascoltato nel grande salone del ristorante la relazione del presidente Danielis sulle attività del 2012. Un bilancio positivo sul piano economico malgrado le difficoltà che ben conosciamo e su quello organizzativo e gestionale. Sono entrati nella Onlus Amici del Cuore 71 nuovi soci per un totale di 315 unità mentre i volontari sono saliti a 45. C’è stata qualche defezione e si è fatto notare come per qualcuno la quota associativa di 25 euro possa essere troppo pesante. Danielis ha assicurato che il problema verrà studiato. Le attività classiche sono proseguite con fervore: raccolta di 2.200 «schede della salute» attraverso l’attività con il camper e l’appoggio delle farmacie, sette convegni sulle malattie cardiovascolari, due incontri con il dottor Marra, quattro con le scuole (48 giovani hanno ricevuto il diploma internazionale di rianimazione cardio-polmonare). Sono state erogate altre borse di studio per medici e acquistato un software per il monitoraggio dei pazienti con cardiopatie congenite. 18 L’Assemblea Sociale nei saloni del Mago di Caluso L’Assemblea, come sempre momento di riflessione e di spunti interessanti, si è chiusa con gli interventi dei dottori Tullio Usmiani e Maurizio D’Amico, che hanno trattato, rispettivamente, i temi dell’infarto e della rete di soccorso e della TAVI (stenosi valvolare aortica su pazienti anziani). Relazioni che hanno destato l’interesse dei soci e che sono riportate su questo stesso numero di Cardio Piemonte. Il dottor D’Amico, direttore del Laboratorio di Emodinamica in Cardiologia 2, ha ringraziato gli Amici del Cuore per la loro attività. «Voi non immaginate neppure quanto sia prezioso per noi il vostro aiuto» ha detto con calore. D’Amico e Usmiani rappresentavano il dottor Marra, bloccato a Torino da un incontro con Balduzzi, il ministro della Salute. Il vice-presidente è riuscito a liberarsi in tempo per assaggiare qualche specialità del Mago di Caluso, parlare con la consueta verve con molti soci e unirsi ai festeggiamenti per i 90 anni di Ezio Bosco. Nel 2013 si manterranno le linee guida che hanno caratterizzato il lavoro dell’Associazione, con la prevenzione in primissimo piano. I rapporti allacciati l’anno scorso con un gruppo di sindaci della provincia sono al riguardo confortanti. «L’importante - ha affermato il Presidente - è non fermarsi mai e credere in questa nostra opera, con l’obiettivo di inserire nelle nostre fila anche soci giovani». M.F. CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 L’IMPIANTO DI UNA VALVOLA AORTICA PER VIA TRANSCATETERE: ECCO COME FUNZIONA TAVI, una tecnica in progresso Questa metodica si è sviluppata con risultati positivi. Si indirizza a pazienti inoperabili o al centro di casi particolamente complessi. In primo piano gli anziani e le persone "fragili". L’attività del centro di Cardiologia 2 di Maurizio D'Amico Il primo esperimento di impianto di una valvola aortica per via transcatetere può essere fatto risalire al 1965. Si trattò dell’impianto di una valvola biologica montata su un pallone posizionata nel tratto discendente nell’aorta di un cane affetto da insufficienza aortica severa. Era studiata come un tentativo di “ponte” verso la successiva operazione chirurgica di sostituzione valvolare in pazienti troppo compromessi. Il primo intervento in un uomo è avvenuto nel 2002 da parte del prof. Alain Cribier che utilizzando un introduttore di grosse dimensioni (24 French, circa 8 mm di diametro) ha effettuato con successo l’impianto di una valvola, da lui progettata, che si espandeva tramite il gonfiaggio di un pallone, un po’ come avviene nel caso degli stent endocoronarici. Venne effettuato, ovviamente, in un paziente compassionevole affetto da severa stenosi aortica calcifica rifiutato dai più prestigiosi centri Cardiochirurgici francesi per le numerose co-morbidità (altre patologie) associate. La presenza di una grave malattia degli assi arteriosi periferici forzò il team di Cribier ad utilizzare un approccio anterogrado. Si pungeva la vena femorale e si superava il setto interatriale raggiungendo l’atrio sinistro. Si scendeva poi nel ventricolo sinistro per risalire con una curva molto stretta nel tratto di efflusso ventricolare per oltrepassare finalmente la valvola aortica nativa. Per stessa ammissione di Cribier “arrivare fin lì non era affatto semplice”. In ogni caso l’impianto venne effettuato con successo ed il paziente ne ebbe un significativo giovamento clinico. Sulla base di questo primo importante risultato a Ruen negli anni seguenti venne trattata con tale metodica una serie di 40 pazienti "compassionevoli". Nell’anno 2004 furono introdotte la tecnica di impianto retrograda che prevede la puntura dell’arteria femorale ed il diretto raggiungimento per via arteriosa della valvola aortica e la tecnica trans apicale che contempla la puntura ed il passaggio attraverso l’apice del ventricolo sinistro del cuore. Entrambe le tecniche attualmente in uso hanno dimostrato una maggiore semplicità di esecuzione e migliori risultati legati alla riduzione delle complicanze procedurali. Nel frattempo la prima protesi di Cribier era stata modificata e migliorata con la creazione della Edwards lifescience system. Nello stesso anno ecco il primo impianto nell’uomo di una seconda protesi, la CoreValve ReValving system della ditta Medtronic. La valvola veniva inserita per via transfemorale retrograda utilizzando un catetere da 25 fr. Questa seconda protesi è una valvola autoespandibile che sfrutta la proprietà del Nitinolo, una lega metallica dotata di memoria termica, capace di riprendere dimensioni e conformazione originali quando portata alla Dott. Maurizio D'Amico, Responsabile Laboratorio Emodinamica Cardiologia 2 A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino 19 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 1 2 3 20 1 - CoreValve 2 - approccio transfemorale 3 - protesi impiantata, come risulta a fine procedua temperatura corporea. In pratica la valvola viene montata ed incappucciata su un sistema di rilascio in acqua ghiacciata assumendo un profilo molto basso. Una volta portata la protesi all’altezza della valvola nativa viene rilasciata e trovandosi circondata dal sangue a circa 37°C riprende le sue dimensioni posizionandosi definitivamente nella sede scelta dall’operatore. Nei primi anni la metodica TAVI (Transcateter Aortic Valve Implantation) prevedeva necessariamente l’anestesia generale del paziente, l’utilizzo di circolazione extracorporea durante l’impianto e l’esposizione chirurgica dell’arteria femorale per la puntura. La durata media di una procedura per entrambi i tipi di valvola era di 4-5 ore. Già nel 2006 il catetere della CoreValve venne ridotto a 18 fr, cioé circa 6 mm, una dimensione assai più adatta all’approccio arterioso transfemorale. Attualmente l’impianto transfemorale di entrambi i tipi di valvola avviene in sedazione leggera del paziente, in anestesia locale e utilizzando una via tutta percutanea preimpiantando un sistema di chiusura dell’arteria femorale adatto a questi grossi calibri. La durata media di una procedura si è ridotta a 60 - 90 minuti. Il programma TAVI è iniziato nel nostro Dipartimento nell’anno 2006 reintroducendo una metodica considerata obsoleta come la Valvulplastica aortica per il trattamento palliativo di malati compassionevoli. Nel maggio 2008 abbiamo effettuato i primi due impianti di Core Valve in pazienti considerati inoperabili. Nell’aprile 2009 è iniziato il programma di impianto delle valvole Edwars-Sapiem sia per via transfemorale che transapicale. Attualmente sono state impiantate nel nostro centro più di 150 valvole. Nel tempo si è aggiunto anche l’accesso trans-succlavia nei pazienti con severa patologia degli assi arteriosi iliaco femorali o con patologie dell’aorta discendente. La selezione dei pazienti da sottoporre a questo tipo di procedura è molto accurata. CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 4 5 6 4 - valvola Edwards-Sapiem 5 - approccio transapicale 6 - protesi impiantata, come risulta a fine procedua Questa metodica infatti è riservata a pazienti inoperabili o considerati ad alto rischio per un normale approccio cardiochirurgico. I motivi di questa robusta selettività nella scelta dei pazienti si basano principalmente su ragioni cliniche ed economiche. La sostituzione valvolare aortica chirurgica ottiene nei pazienti non gravati da particolari comorbidità e più giovani eccellenti risultati immediati e a distanza. La TAVI è una metodica giovane, le protesi in commercio rappresentano una prima generazione di device (prodotti) ampiamente migliorabile e come successe negli anni ’80, con l’introduzione delle protesi valvolari biologiche in cardiochirurgia, ancora in corso di valutazione per quanto riguarda la loro durabilità. I risultati che stiamo ottenendo nel nostro centro come i risultati dei registri nazionali ed internazionali, operando su pazienti molto gravi, spesso molto anziani e gravati da multiple comorbidità sono molto incoraggianti ed in progressivo miglioramento. Oltre ai pazienti inoperabili o ad alto rischio la TAVI si propone quindi per pazienti ”fragili” o molto anziani. Alcuni studi in Europa sono iniziati per valutare l’efficacia della TAVI in pazienti più giovani e con caratteristiche di rischio intermedio, i risultati preliminari sono incoraggianti ma necessitano di tempo e di un campione più vasto. Una considerazione particolare deve essere riservata alle questioni economiche, specialmente in questi anni di difficoltà per i sistemi sanitari. A gravare economicamente sulla metodica è l’alto costo delle protesi compensato in parte dalla riduzione dai tempi di ricovero e dal minore impegno di questi pazienti. Come detto, quando non insorgono complicanze, non vi è necessità di circolazione extracorporea, di anestesia generale e di ricovero in rianimazione. I pazienti dopo la procedura tornano in Unità Coronarica dove rimangono per un periodo breve prima di iniziare una precoce riabilitazione. 21 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 IN QUESTI ANNI SIGNIFICATIVI MIGLIORAMENTI NEL CAMPO DELL’ELETTROSTIMOLAZIONE Diamo una scossa al cuore Tecnologie innovative per rimediare efficacemente a vari tipi di problemi cardiovascolari. I vantaggi dell’integrazione fra Cardiologia 1 e 2 delle Molinette di Carlo Budano Dott. Carlo Budano, responsabile sala di elettrostimolazione Cardiologia 2 22 Il reparto di Cardiologia 2 della Città della Salute e della Scienza di Torino, diretto dal Dott. Sebastiano Marra, è una struttura complessa in cui operano 2 sale interventistiche: una è dedicata a interventi di emodinamica ed una all’elettrostimolazione. La sala multifunzionale che svolge interventi di elettrostimolazione, è stata completamente ristrutturata nel corso del 2008, grazie ai fondi della Compagnia San Paolo. Il servizio, gestito e coordinato dal sottoscritto, impiega uno staff composto da 1 medico e due infermieri professionali in modo continuativo e dedicato. In questi anni l’attività del servizio di elettrostimolazione ha continuato a svolgere circa 300 interventi l’anno e oltre 1200 visite ambulatoriali. La continua collaborazione all’attività di Elettrofisiologia e Elettrostimolazione della Cardiologia 1 diretta dal Prof. Fiorenzo Gaita ha contribuito alla creazione di un’interscambiabilità e integrazione tra le due divisioni. Tutto questo ha portato a un’ottimizzazione delle attività, riducendo i tempi di attesa nelle sale e alla riduzione delle degenze medie. Negli ultimi anni la tecnologia e le applicazioni della stimolazione cardiaca si sono evolute con estrema rapidità. I metodi utilizzati sono sempre più promettenti ma non per questo meno complessi. Il cuore è una pompa che fa circolare sangue in tutto il corpo, la cui contrazione è regolata da un sistema di conduzione, un sofisticato “impianto elettrico” all’interno del muscolo cardiaco. Una malattia del sistema di conduzione può determinare un battito lento o irregolare che può provocare senso di vertigine, svenimenti, mancanza di respiro. Le aritmie ipocinetiche possono essere trattate mediante impianto di un pace-maker definitivo. Nei pazienti sintomatici per sincope, è possibile eseguire l'head-up tilt test esame diagnostico che permette di monitorare la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa sistemica in clinostatismo (paziente sdraiato), nel passaggio dal clinostatismo all’ortostatismo (paziente in piedi) e per 20-30 minuti durante la posizione eretta. Il test è un metodo di comune utilizzo clinico per la diagnosi delle sincopi di origine sconosciuta e per la valutazione dei pazienti con sintomi aspecifici, quali sensazioni d’instabilità o disequilibrio. Il test nei pazienti con instabilità permette di evidenziare un’eventuale ipotensione ortostatica e di correlare la risposta pressoria con l’insorgenza dei sintomi. Nei casi di sincope inspiegata è possibile procedere ad un impianto di monitor cardiaco (o Loop Recorder). È un dispositivo di piccole dimensioni programmato per monitorare continuamente l'attività del cuore sotto forma di elettrocardiogramma (ECG). Il monitor cardiaco è posto sottocute, nella porzione superiore del torace, mediante una procedura chirurgica semplice e minimamente invasiva. La gestione dei pazienti portatori di pacemaker richiede la giusta attenzione con continui follow-up e visite di controllo. Il servizio di elettrostimolazione dispone della tecnologia più innovativa, infatti i sistemi attualmente utilizzati, prevedono anche la possibilità, con opportuna strumentazione aggiuntiva, di prelevare dati di tipo clinico, che in aggiunta ai parametri interni al dispositivo, consentono un monitoraggio più completo del paziente portatore di dispositivo. Tale sistema di controllo, che non è da considerarsi come un CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 servizio di emergenza, permette in sostanza di avere un link continuo tra il paziente, l’aritmologo e il clinico, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita del paziente e di garantire elevati standard di cura e controllo dello stesso. Cos’è il pacemaker? Per pacemaker, termine inglese che significa "segnaritmo", intendiamo un apparecchio capace di stimolare elettricamente la contrazione del cuore quando questa non è assicurata in maniera normale dal tessuto di conduzione cardiaca. Infatti, il pacemaker è un piccolo dispositivo che serve a generare impulsi elettrici per stimolare il cuore e quindi a farlo attivare alla frequenza necessaria a pompare la quantità di sangue richiesta quando non è in grado di farlo da solo. In presenza di una bradi aritmia (aritmia a bassa frequenza) che produca dei sintomi oppure una condizione di rischio per il paziente, l’impianto di un Pacemaker normalizza il ritmo cardiaco trattando il problema. Il sistema di stimolazione è composto dall’insieme di un generatore d’impulsi e fili elettrici (tecnicamente chiamati elettrocateteri o solamente cateteri). Il generatore attraverso l’elettrocatetere entra in comunicazione con il cuore: ne rileva l’attività spontanea ed entra in funzione quando necessario inviando un impulso elettrico artificiale. L’impianto del pacemaker è un intervento relativamente semplice e di breve durata. Si procede con l’incisura della pelle sotto la clavicola e si fanno passare gli elettrocateteri attraverso una vena della regione alta del torace fino all’interno del cuore, nella regione che interessa, controllandolo con i raggi X (Fig.1). Seguono una serie di misure elettriche per verificare la corret- Dott. Carlo Budano e il suo staff ta posizione ed il corretto funzionamento degli elettrocateteri. A questo punto il pacemaker è collegato e alloggiato in una piccola tasca creata sotto la pelle. La posizione dello stimolatore è determinata dal medico valutando la corporatura e lo stile di vita del paziente. Generalmente l’impianto è effettuato in sede sotto-claveare a sinistra per evitare interferenze con l’uso del braccio destro. Ovviamente in caso di soggetto mancino o in casi particolari l’impianto può essere eseguito in sede sotto-claveare destra. All’interno del pacemaker ci sono delle speciali batterie e dei circuiti sofisticati che servono a stimolare e a monitorizzare tutto quello che succede nel cuore. Il tutto si svolge in anestesia locale, in una sala dotata di apparecchi radiologici e di adeguati sistemi di controllo. Dopo l’intervento è opportuno tenere immobile la spalla dal lato del pacemaker per almeno 24 ore per permettere agli elettrocateteri di fissarsi bene e mantenere nel tempo la stessa posizione che è fondamentale per il loro corretto funzionamento. Gli elettrodi possono essere bipolari (anodo e catodo entrambi all’interno del cuore) o monopolari (catodo nel cuore e anodo solitamente costituito dalla custodia metallica dello stesso stimolatore cardiaco). I sistemi di ancoraggio dell’elettrocatetere nelle camere cardiache, possono essere a fissaggio passivo, cioè presentano delle appendici di materiale isolante (barbe) poste ai lati dell’elettrodo distale; oppure a fissaggio attivo il cui sistema di ancoraggio è costituito da una vite. Esistono molti tipi di pacemaker: il giusto modello è scelto per singolo paziente a seconda sia del tipo di bradi aritmia da trattare che delle caratteristiche del paziente stesso. Il numero e il tipo di elettrocateteri da utilizzare dipendono ugualmente da queste condizioni. La più opportuna modalità di stimolazione del cuore e di conseguenza la scelta del materiale da impiantare hanno l’obbiettivo di ripristinare una condizione del ritmo cardiaco quanto più simile possibile a quella normale. Attualmente, inoltre, il Pacemaker può essere utilizzato in casi selezionati per migliorare la forza di contrazione del 23 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 cuore (stimolazione bi-ventricolare o terapia di resincronizzazione cardiaca) e ridurre i sintomi dello Scompenso Cardiaco. Dopo l’impianto, i portatori di pacemaker possono riprendere la loro attività come prima e anche meglio di prima, se quest’attività era stata limitata o compromessa a causa della malattia elettrica del cuore. In particolare non vi sono limitazioni al movimento fisico, alle posizioni del corpo e anche negli sport in genere, fatta eccezione per i primi giorni. Vivere con un pacemaker non è una menomazione, lo dimostra l’esperienza di milioni di pazienti in tutto il mondo. L’impianto presenta un’elevatissima probabilità di successo e un basso rischio di complicanze importanti (inferiore all’1% nelle casistiche più estese). Tra le complicanze possibili vi sono: 1)la perforazione della parete del cuore o di vene o arterie, con conseguente sanguinamento la cui gravità dipende dalla sede e dalla estensione; 2)l’infezione della tasca di alloggiamento del generatore, che potrebbe richiedere una procedura di espianto e reimpianto contro laterale. Tali complicanze possono essere letali in meno di un caso su mille. Prima della dimissione dall’Ospedale al paziente sarà consegnata una Tessera di Portatore di Pacemaker in cui sono contenuti i dati del medico, il tipo di dispositivo e di cateteri che sono stati impiantati e altri dati. La tessera deve essere sempre portata con sé (il portafogli o il portadocumenti sono il posto ideale) e va esibita tutte le volte che lo si ritenga opportuno. Questo consente a qualunque medico di conoscere il pacemaker impiantato e di poterne interpretare il funzionamento. Il Medico del Centro di Stimolazione dove si è eseguito l’impianto stabilirà il calendario e le regole dei controlli successivi. I controlli sono eseguiti per verificarne il corretto funzionamento nel tempo e il consumo progressivo della batteria. Quando la batteria raggiungerà un determinato livello, il Medico stabilirà quando eseguire la sostituzione del pacemaker. Tale intervento è più semplice dell’impianto poiché si utilizzano i cateteri in precedenza posizionati; è pertanto necessario semplicemente aprire la tasca di alloggiamento del pacemaker, sconnettere il generatore e sostituirlo con uno nuovo. Le complicazioni sono pertanto ancora più rare. COME SI IMPIANTA UN PACEMAKER? PRECAUZIONI DOPO L’IMPIANTO CONSIGLI PER IL PAZIENTE SOTTOPOSTO AD IMPIANTO DI PACEMAKER • Impiantare un Pacemaker richiede un piccolo intervento che di solito è eseguito in anestesia locale. Viene anche utilizzata la comunicazione ipnotica al fine di ottenere la massima collaborazione e tranquillità del paziente stesso. • La procedura è monitorata attraverso Raggi X. • La procedura richiede dai due ai tre giorni di ricovero. • Nei giorni dopo l’impianto è necessario evitare movimenti bruschi della spalla dal lato dell’impianto in modo da non interferire con il processo di cicatrizzazione. • Talvolta è possibile percepire un lieve dolore sulla ferita dove è stato praticato l’impianto. Questi dolori in genere svaniscono in breve tempo. • Dopo i primi giorni è possibile muoversi liberamente tornare al proprio stile di vita abituale. Salute permettendo, tutti gli aspetti di una normale vita quotidiana sono permessi, inclusi attività fisica e il sesso. • Il pacemaker è protetto dalle interferenze elettriche prodotte dagli elettrodomestici. Alcuni apparecchi elettrici tuttavia possono interferire con il dispositivo (saldatrici ad arco, apparecchi contenenti potenti magneti, dispositivi che rilasciano elettricità nel corpo). • Portare sempre regolarmente tutte le medicine prescritte dal medico. • Presentarsi sempre regolarmente agli appuntamenti di controllo del pacemaker. • Portare sempre con sé il cartellino di Portatore del Pacemaker, il posto ideale è nel portafogli o insieme ai documenti d’identità. • Avvertire sempre il medico se la ferita diventa rossa, calda, gonfia, dolente o secerne liquido o se hai sintomi quali febbre, capogiri, dolore al torace o debolezza. • Informare tutti i medici ed il dentista che sei un portatore di pacemaker. • Seguire le indicazioni del medico relativamente all’attività fisica. 24 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 L’USO DEI DEFIBRILLATORI NON VIENE CONSIDERATO INDISPENSABILE IN FERROVIA Grandi emozioni e pochi rischi sui treni ad alta velocità Gli arresti cardiaci sono rarissimi, anche se suscitano particolare scalpore. Trenitalia l’anno scorso ha trasportato su questi convogli quasi 40 milioni di persone. Più utile l’impiego nelle grandi stazioni di Sebastiano Marra L'arresto cardiaco improvviso è un importante problema nella gestione della salute pubblica in qualsiasi Nazione o Regione. Negli Stati Uniti (quasi 300 milioni di abitanti) si calcolano 250.000 – 300.000 decessi per anno per questa causa. Una immediata e correttamente eseguita manovra di rianimazione cardiopolmonare (CPR) e una precoce defibrillazione sono gli unici interventi fuori da una struttura ospedaliera che possono migliorare l'esito di questo terribile evento. In Regione Piemonte durante il periodo febbraio 2012–febbraio 2013, (dati forniti cortesemente dal Dott. Bono, Direttore Dipartimento Interaziendale 118) i pazienti con arresto cardiocircolatorio, esclusi quelli avvenuti a domicilio, sono stati 322. Quelli con esito positivo cioè con recupero per una ottimale rianimazione e defibrillazione, da parte di operatori del sistema del 118 Regionale sono stati 136 (42 %) mentre in 186 pazienti non si è avuto un esito positivo. Gli arresti cardiaci considerati (escluso il codice: domicilio) sono avvenuti in ambiente di lavoro, esercizio pubblico, strada, impianto sportivo e altri minori, sempre al di fuori di una Struttura Ospedaliera. In Piemonte esistono distribuiti in vari ambienti (farmacie, comuni, ambienti sportivi, de- legazioni di società di assistenza ecc., ambiti lavorativi, centri commerciali), un totale di 262 defibrillatori fissi. Inoltre, 70 defibrillatori sono disponibili per eventi e manifestazioni varie: possono essere sistemati temporaneamente presso la sede degli eventi. Un recente episodio di morte improvvisa su un treno ad alta velocità, verosilmente secondario ad un infarto cardiaco, ha messo in evidenza l'importanza dell'assistenza soprattutto negli ambienti più frequentati dalla popolazione. Il criterio ambientale indicativo di alta incidenza di morte improvvisa è il seguente: un arresto cardiaco ogni 2 o 5 anni rispettivamente secondo i criteri dell'European Resuscitation Council e quelli dell'American Heart Association. Dott. Sebastiano Marra Gli ambienti delle grandi stazioni ferroviarie sono considerati ad alta incidenza di arresto cardiaco avendo una incidenza media di 1.8 arresti ogni 5 anni, per singola area di grande stazione. Ricordiamo che in Piemonte abbiamo 2 stazioni ferroviarie, non proprio definibili “grandi stazioni“, che hanno impiantato un 25 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 defibrillatore semiautomatico: esse sono Canelli e Villanova d'Asti. Non conosciamo i criteri di scelta, comunque sempre apprezzabili che hanno portato a decidere l'impianto dei defibrillatori in queste due piccole stazioni ferroviarie. Evidentemente gli eventi d'arresto cardiaco sui treni ad alta velocità non sono così frequenti, da giustificare l'impianto di defibrillatori su tutti i convogli di questo tipo. Alcuni dati che TRENITALIA ci ha comunicato indicano che nel 2012 i viaggiatori trasportati dai vari treni veloci sul territorio nazionale (Frecciarossa, Freccia Argento, Frecciabianca) sono stati in totale 39.837.652. Il rapporto proporzionale di questo tragico evento su un treno ad alta velocità rispetto ai possibili eventi nelle grandi stazioni è quindi nettamente inferiore. I treni veloci mediamente hanno intervalli di percorrenza tra le varie stazioni, che oscillano intorno all'ora, poco più e poco meno. Quindi anche se l'evento suscita grande emozionalità, esso è estremamente 26 raro e certo inferiore all'incidenza dell'arresto nelle grandi stazioni. Si deve considerare che nell'anno i chilometri complessivi percorsi dai viaggiatori sono stati 12 miliardi e 310 milioni. La tendenza, comunque, all'uso dei treni veloci è in chiaro aumento! La rotta Torino – Roma ha registrato un incremento del 27% rispetto al 2011. E il recente arrivo di ITALO con i suoi treni amplia le prospettive. Si deve inoltre sempre considerare il costo da affrontare per avere un sistema efficiente come quello dimostrato dal 118 Piemontese. Non basta posizionare un defibrillatore in un luogo ad alta affluenza di pubblico (costo intorno ai 1000- 1500 Euro), ma soprattutto bisogna provvedere all' addestramento del personale che lavora in quegli ambienti. L'addestramento va fatto in modo continuo e ripetuto dai pochi esperti autorizzati a poterlo fare mediante corsi che hanno dei costi ed un impegno di persone e materiale idoneo. CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 LA STORIA • MEDICINA A TORINO, UNA CORSA VERSO L'ECCELLENZA Quando Dogliotti si comprò un pacemaker negli USA Dai primi passi in italia negli anni ’60 con il famoso chirurgo e il prof. Actis Dato agli sviluppi di raffinate tecnologie. La collaborazione tra Università e Molinette ha portato, fra l’altro, all’impianto del primo dispositivo al mondo con batterie al litio prof. Pier Giorgio Golzio Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento importante dell’utilizzazione di pacemakers e defibrillatori. Com’è risaputo, i pacemakers intervengono stimolando il cuore quando l’attività cardiaca spontanea è insufficiente, mentre i defibrillatori erogano terapie elettriche (come il pacing antitachicardico e lo shock) in grado di interrompere aritmie gravi e potenzialmente fatali, come la tachicardia ventricolare e la fibrillazione ventricolare. In molti casi, si tratta di dispositivi “salvavita”. È questa la situazione dei pacemakers impiantati nei pazienti con blocco cardiaco avanzato, che hanno avuto un arresto cardiaco. O dei defibrillatori impiantati nei pazienti che hanno già avuto una fibrillazione ventricolare, dalla quale sono stati rianimati. Ma questi apparecchi migliorano molto anche la qualità della vita. Ad esempio, i pacemakers migliorano i sintomi nei pazienti con bradicardia spiccata, e insufficiente aumento di frequenza sotto sforzo; oppure, migliorano la vita anche nei pazienti con associazione di bradicardia e tachicardia (la cosiddetta “sick-sinus syndrome”), dove la disponibilità di un back-up di pacing per il trattamento della bradicardia permette di poter usare con tranquillità quei farmaci che controllano la tachicardia. Ancora, i pacemakers riducono i sintomi anche nei pazienti con sincopi recidivanti, gravi, traumatiche. Più recentemente, sono stati introdotti dispositivi biventricolari, che attraverso un elettrodo tradizionale, impiantato nel ventricolo destro, e un secondo elettrodo, impiantato attraverso il seno coronarico, sono in grado di stimolare entrambi i ventricoli. Nei pazienti con cardiomiopatia ipocinetica, scompenso cardiaco importante e ritardo di conduzione tra i due ventricoli (il blocco di branca sinistra), non solo migliorano la capacità funzionale, permettendo di ridurre la terapia farmacologica dello scompenso, ma riducono anche le ospedalizzazioni e la mortalità. L’impianto di pacemakers definitivi e defibrillatori è un’attività rilevante, per l’importanza numerica della casistica trattata. In Italia, nel 2010, sono stati effettuati circa 43.900 impianti (dati del Registro Italiano Pacemakers e stima delle industrie), con un tasso d’impianto di 725 per milione di abitanti. In Europa, il massimo si registra in Germania, con 927 impianti di dispositivi per milione di abitanti. In Piemonte, nel 2010, sono stati impiantati/sostituiti circa 6600 apparecchi (dati delle industrie e dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione). La prevalenza degli impianti è di 814 impianti di pacemakers e di 319 impianti di defibrillatori per milione di abitanti. Come si può notare la prevalenza dei primi impianti di pacemaker è leggermente superiore a quella nazionale. Tuttavia, sempre nel 2010, in Piemonte, la cui popolazione rappresenta il 13,6% di quella italiana, si impiantano circa l’8% dei pacemaker e il 9% dei defibrillatori, in 29 centri pubblici e 3 privati. Ma la storia dei pacemaker è iniziata molto tempo fa. Paul Zoll a metà degli anni ’50 sperimenta il primo stimolatore esterno transtoracico. Due elettrodi metallici del diametro di due pollici, connessi con un generatore esterno, stimolano la parte destra e sinistra del torace. “Sono paio di elettrodi che stimolano i muscoli di tutto il torace ..è doloroso ..ma le persone che altrimenti sarebbero morte sono ancora vive …..è una sorta di miracolo…. ", scrive Zoll nel 1955. Prof. Pier Giorgio Golzio 27 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 Fig. 1 Il primo pacemaker, con due soli transistors. La scatola di lucido per scarpe Kiwi usata come stampo per fondere la resina epossidica dell’involucro. Fig. 2 - Il primo pacemaker italiano 28 Ma l’inizio dell’era moderna dei pacemakers è legata a tre persone, Ake Senning, Rune Elmquist e Arne H.W. Larsson. Elmquist è il direttore della Divisione Elettromedicale della Elema Shönander di Stoccolma. Senning, chirurgo, lavora presso il Dipartimento di Chirurgia Toracica del Karolinska Institute di Stoccolma. Il paziente è Arne H. W. Larsson di 43 anni con BAV III e sindrome di Adams-Stokes, con andamento ingravescente, tanto che nel mese di settembre 1958 deve essere rianimato fino a 30 volte in un giorno. La moglie, Elsa Maria, a conoscenza della attività sperimentale di Senning ed Elmquist, li prega di fare presto. Spinto dalla urgenza, Elmquist costruisce due pacemakers, molto semplici, con due soli transistors (Figura 1). La resina epossidica isolante, che ingloba i circuiti, viene fusa in una scatola di lucido per scarpe della British Kiwi. L’8 ottobre 1958 al Karolinska Hospital, Senning impianta il primo pacemaker. Per evitare pubblicità, l’impianto viene eseguito la sera, con le altre sale operatorie chiuse. Il pacemaker (Elema Shönander) è connesso ad un elettrodo epicardico ed impiantato nell’addome. Il primo pacemaker dura soltanto 3 ore, il secondo una settimana. Ma la storia dei pacemaker era iniziata. Si hanno ben presto miglioramenti tecnologici importanti, legati ai nomi di Greatbatch (ingegnere) e Chardack (chirurgo). Earl Bakken, che fonderà una delle maggiori case produttrici di pacemakers, la Medtronic, all’inizio degli anni ’60 comincia a costruire i pacemakers in un laboratorio allestito nel garage di casa, a Minneapolis. E in Italia? La storia della elettrostimolazione è legata alle Molinette. Achille Mario Dogliotti nel 1962 va negli Stati Uniti, e compra di tasca sua un pacemaker, che riporta in Italia e che impianterà a Torino con Angelo Actis Dato. Nel 1965 viene pubblicata la prima esperienza delle Molinette e dell’Università di Torino sull’impianto di pacemakers. Gli allievi di Dogliotti e Actis Dato sono quei Professori Antonio Grande e Giacomo Gobbi che insegneranno la tecnica di impianto dei pacemakers a tutto il Piemonte. Sempre a Torino c’è un supporto tecnico importante, rappresentato dalla Sorin, Società Ricerche Nucleari, che nasce alla fine degli anni ’40, voluta da Vittorio Valletta, per costruire la centrale nucleare di Saluggia, che avrebbe dovuto coprire il fabbisogno elettrico della FIAT. Questo progetto non viene realizzato, e la Sorin si dedica alla attività di diagnostica radioisotopica e alla costruzione di pacemakers e valvole cardiache artificiali. Grazie alla collaborazione tra Angelo Actis Dato e la Sorin, viene costruito il primo pacemaker italiano (Figura 2). I miglioramenti tecnici continuano, e sempre alle Molinette, con il professor Giacomo Gobbi, viene impiantato il primo pacemaker al mondo con batterie al litio, il LEM Lithium Cardiochron. È il 13 marzo 1972. Ancora, il 3 giugno 2003 sempre il Professor Gobbi, con i Dottori Luigi Libero e Pier Giorgio Golzio, impianta il primo pacemaker in Italia dotato di regolazione automatica battito-battito della corrente di stimolazione, il Microny St. Jude Medical. Attualmente alle Molinette l’impianto di pacemakers viene effettuato presso entrambe le Cardiologie, Universitaria del Professor Gaita ed Ospedaliera del Dottor Marra. Si eseguono le procedure di impianto di tutti i tipi di dispositivi, pacemakers, defibrillatori, biventricolari, loop-recorders. Nel 2011 alle Molinette sono stati impiantati/sostituiti 448 pacemakers, 101 defibrillatori, 50 biventricolari e 53 loop-recorders. Sono stati effettuati 3255 controlli di pacemakers, e 1081 di defibrillatori. Le Cardiologie collaborano con la Cardiochirurgia del Professor Rinaldi, e le Molinette sono l’unico centro in Piemonte ad avere esperienza circa le problematiche specifiche della cardiostimolazione nel paziente trapiantato cardiaco. La Cardiologia Universitaria collabora con la Cardiologia Pediatrica per l’impianto di defibrillatori nei bambini, ed ha in corso con la Chirurgia Plastica e Ricostruttiva Universitaria del Professor Bruschi un programma di trattamento delle problematiche cutanee e muscolari locali nei pazienti portatori di devices. Ancora, le Molinette sono di fatto il centro di riferimento regionale per la estrazione dei cateteri di pacemakers/defibrillatori malfunzionanti e/o infetti. La storia continua…. CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 In campo con la nostra Onlus IN CARDIOLOGIA 2 UNA INIZIATIVA CHE AIUTA PSICOLOGICAMENTE I PAZIENTI Ricoveri più comodi con la TV Per la prima volta installati apparecchi in ogni camera di degenza, nel soggiorno e nelle sale d’attesa. L’aiuto degli Amici del Cuore e della ditta Gozzo Impianti di Gerardo Bocchino Coordinatore infernieristico S.C. Cardiologia 2 Nella vita di una persona il ricovero ospedaliero è un momento estremamente particolare. Se da un lato sussiste un problema di ordine clinico da affrontare o da chiarire, e quindi occorre intraprendere un percorso di diagnosi e cura, dall'altro il ricovero destabilizza psicologicamente e socialmente il soggetto. I sanitari e tutti gli operatori che intervengono nel processo assistenziale devono rappresentare per il paziente un riferimento ben definito e nello stesso tempo instaurare con lui un rapporto di fiducia. Inoltre, chi si trova in un momento difficile, tra dubbi e timori, deve il più possibile soggiornare in un luogo confortevole, anche dal punto di vista strutturale e ambientale. Il reparto di Cardiologia Ospedaliera diretta dal Dottor Sebastiano Marra, ristrutturato in un tempo relativamente recente (anno 2003), risulta a tutt'oggi, grazie alla professionalità del personale sanitario e degli operatori socio assistenziali, un posto comodo, dove il paziente viene accolto con cortesia. Le stanze di degenza, ad esempio, sono tutte dotate di servizi igienici. Il benessere fisico e psicologico è posto in primo piano: il paziente viene considerato nella sua complessità e globalità. È quindi dedicata molta attenzione al lavoro d'equipe tra le diverse figure professionali e agli aspetti relazionali sia tra i componenti del gruppo che verso i ricoverati. Ma i progressi non finiscono mai. L’anno scorso, grazie all'Associazione Amici del Cuore, presente attivamente nel nostro reparto e in molteplici attività anche extra ospedaliere, e grazie ad un atto di generosa liberalità della ditta Gozzo Impianti, l'ambiente di ricovero è diventato ancor più confortevole. La sistemazione di televisori in ogni stanza di degenza, nel soggiorno, nelle sale d'attesa anche ambulatoriali, ha portato apprezzamenti e consensi. Volete qualche esempio? Ecco qualche commento. «Posso vedere la partita di calcio»; «Sembra di essere in una clinica privata»; «Possiamo anche noi seguire gli avvenimenti dal mondo esterno, come a casa». In ogni stanza di degenza della corsia ordinaria è stato installato un televisore da 32 pollici munito di telecomando: è in una zona accessibile alla vista dei pazienti (nella medesima camera possono essere accolti da 2 a 4 ospiti). È così possibile trascorrere il tempo in maniera più piacevole, mantenersi aggiornati e non sentirsi isolati. La tivù si rivela anche uno strumento di socializzazione tra chi deve convivere nello stesso ambiente. Inoltre, anche il soggiorno, arricchito da una piccola libreria, offre un televisore. Una scelta simpatica per chi può trascorrere qualche ora al di fuori della propria camera insieme con i familiari. Un importante momento di condivisione emotiva da vivere in relax, proprio come nel salotto casalingo. Tutto questo fa parte di quel concetto di umanizzazione che deve guidare, a ogni livello, chi opera nel mondo della sanità. Gerardo Bocchino, caposala Cardiologia 2 29 CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 Meeting a Moriondo per estendere l’attività di prevenzione Come sapete l’impegno principale della nostra Associazione è rivolto alla prevenzione. E, in tal senso, ogni occasione è valida per insistere su questo tasto. Così, nello scorso autunno, per la nostra giornata della salute ci siamo incontrati a Moriondo, dove si celebrava la festa del <cavolo liscio>, una manifestazione che raduna centinaia di persone e che, quindi, si prestava in modo eccellente alla nostra presenza. Eccoci, allora, in campo con soci e volontari della Onlus e con il supporto dell’unità mobile cardiovascolare: il camper, con le sue attrezzature, è subito diventato un centro di attrazione. La giornata, favorita dal bel tempo, è stata allietata dalle esibizioni della banda musicale e arricchita dalla presentazione dei corpi sociali organizzati di Moriondo, splendido paese che fa onore al Piemonte. Notevole l’affluenza di pubblico e, dobbiamo dirlo senza falsa modestia, gli Amici del Cuore hanno ricevuto complimenti e manifestazioni di stima per l’attività di volontariato che svolgiamo. Molto gentilmente la Pro Loco ci ha ospitato a tavola nel suo tendone. Coloro che desiderano sostenere la nostra Onlus potranno effettuare donazioni tramite Bonifico bancario intestato a: Amici del Cuore Piemonte Onlus Banca Intesa Sanpaolo IBAN IT10 Z030 6909 21710000 0031305 30 oppure sul conto corrente postale n. 19539105 Intestato a: Amici del Cuore Piemonte Onlus Cardiologia 2 - C.so Bramante, 88 10126 TORINO Una occasione di incontro che ha avuto un seguito di grande interesse: nel corso della giornata vi è stato un meeting dei sindaci del Chierese che hanno avuto l’opportunità di valutare ed apprezzare la nostra Associazione e la sua organizzazione sul campo. Abbiamo spiegato chi siamo e come operiamo, ribadendo l’utilità della prevenzione nel campo delle malattie cardiovascolari. Ne è nato un primo pour parler con il folto gruppo dei sindaci che hanno manifestato il desiderio di avere una nostra presenza nei loro Comuni. L’impegno con l’amico Zanchi è di incontrarsi quanto prima con le varie amministrazioni locali per definire nei dettagli i programmi per l’estate e l’autunno. Una opportunità che amplia il raggio di azione degli Amici del Cuore a vantaggio della salute pubblica. Amici del Cuore vi invita a partecipare al ciclo di incontri organizzati con la Circoscrizione 8 di Torino I lunedì pomeriggio sulla Prevenzione La Prevenzione: un nuovo stile per migliorare la qualità della vita presso Molecular Biotechnology Center Scuola di Biotecnologie - Università di Torino Via Nizza 52, Torino - dalle ore 16,30 alle ore 18,30 dal 4 marzo all'11 novembre 2013 ingresso libero fino a esaurimento posti Per informazioni e calendario completo rivolgersi a: Informa8 Via Ormea 45 (piano terra) 10125 TORINO Tel. 011 4435837 / 011 4435895 / 011 4435883 lunedì, mercoledì, giovedì orari: 9.30 – 12.30 / 14,30 – 16,30; martedì e venerdì orari: 9,30 – 12,30 e-mail: [email protected] www.comune.torino.it/circ8 Hanno collaborato: Acat, Airh, ALICe, Amici del Cuore, AsmAllergie, Città della Salute, Fondazione Carlo Molo, Fondazione per la Ricerca Molecolare, Lilt, Lions, S. Caterina da Siena, Sds, Maria Pia Hospital Con il patrocinio di CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013 PIEMONTE ONLUS Associazione di volontariato per la prevenzione delle malattie cardiovascolari AVVISO DI CONVOCAZIONE ASSEMBLEA GENERALE A TUTTI I SOCI DELLA onlus, IN REGOLA CON LE QUOTE SOCIALI DEL 2012 È convocata per il giorno 20 aprile 2013 alle ore 8 del mattino ed in seconda convocazione domenica 21 aprile 2013 alle ore 10 l’assemblea ordinaria annuale dei Soci della onlus, presso il CIRCOLO COMUNALE DI CORSO SICILIA 12, con il seguente ordine del giorno: • Relazione Attività 2012 • Approvazione Bilancio Consuntivo 2012 • Approvazione Bilancio Preventivo 2013 • Approvazione Relazione Revisori dei Conti • Nomina Consiglieri e Revisori dei Conti • Varie ed eventuali L’ Assemblea sociale ordinaria è convocata ai sensi degli articoli 12 e 13 dello statuto. Si invitano i Soci in regola con il versamento della quota sociale 2012 ad essere presenti o in assenza motivata di dare delega ad un altro Socio (solo due deleghe max per Socio) Il Presidente Danilo Danielis IL SOTTOSCRITTO RESIDENTE IN VIA CITTÀ DELEGA IL SIG. A RAPPRESENTARLO NELL’ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI DEL 21 APRILE 2013 DATA FIRMA 31 fine del numero - arrivederci al prossimo - La prevenzione conquista i sindaci DEFRIBILLATORI, DEVONO ESSERCI ANCHE IN TRENO? CardioPiemonte dedica questa copertina a due argomenti importanti nel campo della prevenzione: la decisione di un folto gruppo di sindaci del Chierese di ospitare in estate e in autunno i volontari dell’Associazione nei loro Comuni e la necessità di installare sui treni, in particolate quelli dell’Alta Velocità, come Freccia Rossa e Italo (nella foto), i defribillatori. I sindaci, che vediamo radunati davanti all’unità mobile cardiovascolare, sono stati conquistati durante un meeting a Moriondo dall’importanza delle visite di prevenzione, apprezzando l’opera svolta dalla Onlus sul territorio. È un successo significativo che premia la nostra attività e la scelta di operare a stretto contatto con il pubblico in un clima di amichevole efficienza. Il secondo tema è altrettanto importante per la salute pubblica, come confermano anche alcuni fatti di cronaca. In Italia circolano in treno milioni di viaggiatori, ma non esiste l’obbligo di installare a bordo un defribillatore, unico sistema per il soccorso di emergenza. È indubbiamente un problema, specialmente sui convogli superveloci delle linee TAV che viaggiano su percorsi propri con stazioni molto distanziate, ma non così prioritario, poichè l'incidenza degli arresti cardiaci è molto rara. Rimane comunque una questione di sicurezza, come ci spiega nell’interno Segnale indicante la presenza di di CardioPiemonte un articolo un DAE. di Sebastiano Marra. fine del numero - arrivederci al prossimo -