1/2013
Spedizione in Abb.Post. D.L. 353/2003 (N.46 2004) art.1 comma 2 E 3 • ANNO 2013 N. 1
I quadrimestre
gennaio/aprile
2013
35 anni di
passione
Uno studio americano
analizza gli effetti
del caffè: e i risultati
sono sorprendenti.
C'è ancora tanto da scoprire
Nella dieta di famiglia
puntate sulla verdura
Gli ortaggi sono
una protezione contro
i rischi cardiovascolari
Gli Amici del Cuore:
dalle prime idee a oggi,
una storia generosa
apprezzata anche
da Regione e Comune
pp. 3-8
pp. 9-10
pp. 15-18
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
Sommario
___________________________________ pag
UN AMPIO STUDIO AMERICANO ANALIZZA GLI
EFFETTI DI QUESTA BEVANDA SULLA SALUTE
Caffè, c’è molto di buono___________ 3
EDITORIALE
Stile di vita _____________________ 5
UNA STORIA RICCA DI CURIOSITÀ E LEGGENDE
TRA MONACI, SCEICCHI E BOTANICI
Quella bevanda venuta dall’Oriente___ 6
Dizionario medico________________ 8
L'INFLUSSO POSITIVO DELLA VERDURA NELLA
PREVENZIONE DEI RISCHI CARDIOVASCOLARI (E
NON SOLO)
Gli spinaci di Bracciodiferro? È vero,
danno la carica e proteggono il cuore__ 9
Ricetta con verdure______________ 10
L’INFARTO MIOCARDICO IN LIEVE MA COSTANTE
REGRESSIONE NELLA REGIONE PIEMONTE
Trend positivo, ecco perché________ 11
DALLE IDEE INIZIALI A OGGI, GLI AMICI DEL
CUORE HANNO CELEBRATO L’ASSOCIAZIONE
In prima linea da 35 anni__________ 15
INTERVISTA
Ida Fonnesu, «Vi racconto come
siamo nati»____________________ 16
L’IMPIANTO DI UNA VALVOLA AORTICA PER VIA
TRANSCATETERE: ECCO COME FUNZIONA
TAVI, una tecnica in progresso_____ 19
IN QUESTI ANNI SIGNIFICATIVI PROGRESSI NEL
CAMPO DELL’ELETTROSTIMOLAZIONE
Diamo una scossa al cuore________ 22
L’USO DEI DEFIBRILLATORI NON VIENE
CONSIDERATO INDISPENSABILE IN FERROVIA
Grandi emozioni e pochi rischi
sui treni ad alta velocità___________ 25
LA STORIA
Quando Dogliotti si comprò un
pacemaker negli USA_____________ 27
IN CAMPO CON LA NOSTRA ONLUS
Ricoveri più comodi con la TV ______ 29
Meeting a Moriondo per estendere
l’attività di prevenzione___________ 30
Avviso convocazione
Assemblea Generale_____________ 31
2
In copertina: foto labaro e sindaci di Fiorenzo Ardizzone;
foto treno wikipedia, Hoff1980; segnaletica w:International
Liaison Committee on Resuscitation
Il Consiglio Direttivo
Amici del Cuore onlus
Presidente
Danilo Danielis
Vice Presidente
Sebastiano Marra
Caterina Racca
Tesoriere
Michelangelo Chiale
Segreteria
Carla Giacone
Consiglieri
Fiorenzo Ardizzone, Ezio Bosco, Luciana Cerrini,
Michelangelo Chiale, Luisella Chiara, Danilo
Danielis, Ida Fonnesu, Fiorenzo Gaita, Carla
Giacone, Sebastiano Marra, Guglielmo Moretto,
Marcella Pinna, Ornella Pittà, Caterina Racca,
Enrico Zanchi
Sindaci
Cesarina Arneodo e Giuseppe Mamoli
Comitato Scientifico
prof. Fiorenzo Gaita
dr. Sebastiano Marra
dr. Marco Sicuro
dr. Tullio Usmiani
dr. Armando De Berardinis
dr. Maurizio D'Amico
Comitato di Redazione
Ezio Bosco, Michelangelo Chiale,
Carla Giacone
Coordinatrice volontari
Caterina Racca
Progetto grafico della rivista
Roberta Serasso
Segreteria di redazione
Carla Giacone
Fotografie
Fiorenzo Ardizzone
Webmaster
Candeloro Buttiglione, Antonio Cirillo
CARDIO PIEMONTE - ANNO IX - N. 23 (2013)
Tribunale di Torino 4447 del 26-02-92
Direttore Responsabile: Michele Fenu
ORGANO UFFICIALE DE
AMICI DEL CUORE PIEMONTE • Associazione Onlus
Associazione di Volontariato, no-profit, per la prevenzione e la ricerca delle
malattie cardiovascolari
Sede Ospedale Molinette Torino • Corso Bramante, 88 • 10126 Torino
Tel. 011.633.55.64 • Reparto di Cardiologia 2 dr. Sebastiano Marra
Presidente: Danilo Danielis
www. amicidelcuore.ideasolidale.org
e-mail: [email protected]
cell. 346/1314392
Tipografia: Grafart s.r.l. - Venaria Reale (TO)
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
Un ampio studio americano analizza gli effetti di questa bevanda
sulla salute
Caffè, c’è molto di buono
Possiamo berlo tranquillamente: non è un vizio come alcol o fumo.
Naturalmente, molto dipende dalle caratteristiche del singolo individuo.
Emerge una associazione benefica tra consumo e mortalità.
Ma c’è ancora tanto da scoprire
di Anna Laura Fanelli e Sebastiano Marra
L’anno scorso il New England Journal of Medicine
ha pubblicato i risultati di un ampio studio osservazionale sul consumo di caffè e sulla mortalità della popolazione che lo beve. Dall’indagine
emerge una significativa associazione inversa tra
il consumo di caffè e la mortalità, quindi emerge
un proporzionale beneficio relativo alla quantità di caffè consumato. Ne deriva che bere caffè
sia protettivo per prevenire la mortalità, ma non
solo: l'effetto protettivo sembrerebbe aumentare
progressivamente con l'aumento della quantità di
caffè consumato.
Tale effetto è casuale? Esistono proprietà benefiche del caffè ancora non note? È possibile che
una bevanda così diffusa al mondo sia ancora
poco conosciuta in termini di benefici e in termini di cautela nel consumo? Il caffè non è soltanto
ricco di caffeina, ma contiene molti componenti,
non tutti identificati, molti dei quali con potenziali bioattività antiossidanti e quindi antiinfiammatorie.
I risultati degli studi clinici svolti in passato sul
caffè e i suoi eventuali effetti sulla mortalità sono
stati controversi e con dati scarsamente significativi. Sono emerse associazioni tra caffè e ipercolesterolemia, iperomocisteinemia, effetto acuto
ipertensivo, così come associazioni inverse, nel
consumo a lungo termine, con il diabete di tipo
2, con alcuni tipi di tumore, con l'infiammazione,
con lo scompenso cardiaco. Quali sono i possibili
meccanismi? La caffeina, molecola bloccante i recettori A1 e A2 dell'adenosina (vasodilatatore) e
inibente l'attività della fosfodiesterasi, "in acuto"
causa aumento della pressione arteriosa, aumento della concentrazione dell'epinefrina circolante
e inibizione della funzione endoteliale. Inoltre la
caffeina è un noto stimolante del sistema nervo-
so centrale e come tale può
provocare, in particolare se
sovradosata, agitazione, mal
di testa, insonnia e disturbi
gastrointestinali.
Nell'uso "cronico" tuttavia
gli effetti del caffè sono
molto meno noti, così come
l'eventuale associazione con
la malattia coronarica. Inoltre, il polimorfismo dei geni
coinvolti nel metabolismo
della caffeina, del colesterolo, dell'omocisteina e delle
catecolamine, potrebbe modulare l'effetto del caffè sulla funzione cardiovascolare in modo differente in ogni individuo.
Lo studio pubblicato sul New England Journal of
Medicine rassicura sugli effetti avversi del caffè
sulla salute, mostrando, come detto, una significativa associazione inversa tra il consumo di caffè
e la mortalità per patologia cardiaca, respiratoria,
cerebrovascolare, infettiva, per diabete e per incidenti, senza mostrare associazione significativa
con la mortalità per tumori.
I dati sono stati ottenuti sottoponendo una popolazione di 617.119 persone, di età compresa
tra 50 e 71 anni, a un questionario sullo stile di
vita e sulla dieta, tra il 1995 e il 1996. Nel questionario erano comprese domande sul consumo
di caffè, che dividevano i bevitori in 10 categorie
comprendenti consumi da 0 a più di 6 caffè al
giorno, e che comprendevano la differenziazione
tra uso abituale di caffè normale o decaffeinato.
I partecipanti allo studio che hanno risposto in
modo completo alle domande e che non sono
stati esclusi per altri motivi (più di 400.000 per-
Dott.ssa Anna Laura
Fanelli
3
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
Dr. Sebastiano
Marra, Direttore
Dipartimento
Cardiovascolare
e Toracico A.O.
Città della
Salute e della
Scienza di
Torino
4
sone) sono stati seguiti nel
tempo fino a dicembre 2008,
per monitorarne eventuali
patologie e la mortalità per
tutte le cause, quindi non
solo per motivi cardiovascolari. L'analisi statistica si è
basata su analisi univariate e
analisi multivariate stratificate per svariate caratteristiche
(età, BMI, etnia, consumo di
alcol, fumo, concomitanti patologie, tipo di alimentazione,
livello di attività fisica, eventuale uso di terapia ormonale).
A una prima osservazione, i risultati sulle caratteristiche della popolazione studiata hanno mostrato una associazione tra il consumo di caffè e
alcune abitudini e stili di vita non propriamente
corretti: chi beve caffè spesso fuma, consuma alcolici, consuma più carne rossa, fa meno attività
fisica.
Al follow up i risultati hanno mostrato, alla prima analisi, una associazione tra consumo di caffè
e mortalità totale aggiustata per l'età, sia negli
uomini sia nelle donne. Ad una più attenta e successiva analisi multivariata corretta per i potenziali elementi confondenti (in particolare per il
fumo di sigaretta), è emersa invece una modesta
associazione inversa dose-dipendente tra consumo di caffè e mortalità, in entrambi i sessi. Con
precisione gli uomini che bevevano 6 o più caffè
al giorno hanno mostrato una mortalità del 10%
inferiore rispetto ai non consumatori di caffè, per
le donne la percentuale è risultata del 15% inferiore.
Nel dettaglio tale associazione benefica è risultata significativa per la mortalità cardiaca, respiratoria, per ictus, incidenti, diabete e
infezioni. Nessun rapporto, invece, con la mortalità per tumore.
Nell'analisi per sottogruppi
non si è notata alcuna diversità tra i consumatori in prevalenza di caffè decaffeinato
o normale, né sono emerse
differenze significative per la
maggior parte delle caratteristiche studiate.
Questi dati, fortemente pubblicizzati,
sono stati criticati per le loro limitazioni. Leggendo in modo critico lo studio, possiamo infatti
coglierne gli aspetti di forza e di debolezza.
Punti di forza sono certamente l'ampiezza del
campione analizzato, che comprende 229.119 uomini e 173.141 donne (morti analizzate: 33731
uomini, 18784 donne) e il lungo periodo di follow
up (dal 1995 al 2008). Inoltre, il finanziamento per lo studio è derivato da istituzioni senza
evidenti conflitti di interesse con l'industria del
caffè (Intramural Research Program of the National Institutes of Health, National cancer Institute,
Division of Cancer Epidemiology and Genetics). L'analisi statistica è stata effettuata in modo dettagliato e completo e l'interesse dell'argomento
è elevato, sia per la mancanza di precedenti dati
certi sia per il forte impatto sociale che può derivare dall'emergere di importanti associazioni tra
bevande o alimenti e salute.
Punti deboli dello studio sono invece, in primo
luogo, la sua natura osservazionale: come in tutti
gli studi del genere è possibile verificare l'associazione tra due elementi ma non il loro eventuale legame causa-effetto. Inoltre la presenza di
fattori confondenti può inficiare la validità dei
risultati.
La raccolta dei dati è avvenuta attraverso un
questionario autocompilato all'inizio dello studio
(self reporting) e non più somministrato durante
il follow up, pertanto le quantità e qualità indicate potrebbero non corrispondere al consumo nel
lungo termine: le abitudini possono modificarsi
con il passare degli anni.
Nel questionario la differenza tra il consumo di
caffè normale o decaffeinato era basata su una
stima approssimativa di prevalenza di abitudine:
veniva chiesto quale tipo fosse consumato con
maggior frequenza, più della metà delle volte. E
nel questionario non esisteva specifica sul tipo di
preparazione del caffè, se espresso, bollito, filtrato, con possibili differenze non valutate tra i
costituenti.
Inoltre, anche se sono state escluse dallo studio
le persone con malattia cardiovascolare nota o
con tumore noto, è possibile un bias da "reverse causality": forse esiste una autoselezione per
la quale chi non gode di buona salute o possiede alcune caratteristiche fisiche, non è un forte
consumatore di caffè. Chi percepisce extrasistolia
dopo il terzo caffè, d'abitudine ne beve solo due
al giorno.
Si può affermare che i dati dello studio possono confortarci nella evidenza che bere caffè non
condiziona in senso negativo la nostra prognosi,
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
anzi. Ci mostrano come lo stile di vita del consumatore di caffè è spesso caratterizzato da vizi
come il fumo, la dieta squilibrata o il consumo di
alcol, ma che il solo consumo di caffè non va per
questo considerato anch'esso di per sé un "vizio".
D'altro canto, anche se è stata trovata un'associazione inversa tra consumo di caffè e mortalità,
non per questo si può concludere che esista un
rapporto di causalità o un effetto protettivo del
caffè sulle patologie analizzate.
Per concludere su questa ipotesi saranno necessari studi clinici sperimentali, possibilmente randomizzati e controllati. Sarà inoltre indispensabile
indagare sulla plausibilità biologica della causalità sospettata, comprendendo meglio dal punto di
vista biochimico l'effetto e le caratteristiche delle
multiple sostanze contenute nel caffè e comprendendo meglio la variabilità genetica individuale
possibilmente coinvolta nel metabolismo del caffè nei singoli individui.
Insomma questo studio, seppure di per sé inadatto a estrapolare un dato rilevante nella pratica clinica, apre un interessantissimo scenario
alla ricerca scientifica, incuriosendo il medico e
la popolazione generale su una sostanza di tanto
ampia diffusione e su un argomento di fortissimo
impatto sociale. E, come si sa, la curiosità è il
cuore della ricerca e del progresso.
Possiamo ipotizzare un po' di futuro? Chi può
escludere che tra dieci anni i nostri pazienti assumeranno pillole al caffè, peraltro volentieri dato
il piacevole gusto, per prevenzione o per cura di
patologie cardiovascolari? Nel frattempo, come
sempre, non ci sentiamo di consigliare a tutti
i pazienti di bere caffè come fosse una buona
terapia. In attesa di ulteriori studi,ci sentiamo
di non demonizzare il caffè come fosse uno dei
tanti fattori di rischio alla pari di fumo o alcool.
Chi ha piacere di bere caffè, oggi può farlo senza
sensi di colpa anche se non possiamo considerare tale bevanda alla stregua di una terapia . In
conclusione, nell'attesa di nuovi dati, continuate
ad assumere caffè con buon senso e cercando di
percepire eventuali sensazioni di disagio per modularne la quantità.
Fonte: New England Journal of Medicine, articolo "Association of coffee drinking with total and cause-specific mortality", Neal D.Frredman, Yikyung Park, Christian C.Abnet,
Albert R.Hollenbeck, Rashimi Sinha, N Engl J Med 2012; 366:
1891-904.
Editoriale
Stile di vita
di Michele Fenu
Stile di vita: un termine che si è diffuso in
ogni settore. Nel mondo dell’auto, ad esempio, non si identificano più i possibili clienti
solo per il sesso o l’età, ma per il comportamento, i gusti, i desideri: sei un giovane rampante, sei uno sportivo, sei un single e così
via? Nel nostro caso la questione è più complessa e più importante. Perché in medicina,
di qualunque branca si tratti, lo stile di vita
riguarda la nostra salute. Le tecnologie interventistiche hanno compiuto passi da gigante
e i progressi nel campo farmaceutico permettono oggi di ottenere risultati straordinari
nel controllare una malattia. I medici martellano sull’argomento, specialmente quando si
parla di tumori e di malattie cardiovascolari.
A parte il caso di predisposizioni genetiche,
è come ci si comporta ogni giorno il fattore
chiave per mantenersi in forma o per meglio
superare certe patologie. Il prof. Umberto Veronesi mi ha detto a latere di un convegno
sullo smog che il fumo e l’alimentazione sono
i nostri principali nemici. «Vede, un terzo
delle persone non si ammalerà mai, un altro
terzo è destinato a rimanerne vittima e un
altro terzo è su un crinale: tutto dipende dal
suo stile di vita e dalle difese che possiamo
offrirgli». Stesse valutazioni sono ripetute
dai cardiologi, come il prof. Gaita e il dr. Marra, che non si stancano di ripetere quanto sia
fondamentale regolarsi a tavola e praticare
(con moderazione) un’attività sportiva, indipendentemente dall’età.
Ne abbiamo parlato molte volte su CardioPiemonte. L’altro argomento fondamentale, che
gli Amici del Cuore hanno posto al centro
dell’attività, è la prevenzione. Non aver paura
di farsi controllare e di eseguire quei test che
possono dare indicazioni preziose: la nostra
Onlus va sul territorio, invita amabilmente la
gente nella sua unità mobile cardiologica per
farsi vedere. Nello stesso tempo, ed ecco che
torniamo allo stile di vita, assumere modi di
vivere salutari.
È incredibile come tanti si preoccupino
dell’abbigliamento, del cibo, dei viaggi e trascurino il proprio corpo, che, come un’auto,
avrebbe bisogno di una opportuna manutenzione. E qui non si parla di stile di vita ma
della vita. Qualcosa sta cambiando (vedi il
fiorire di palestre) ma ancora non basta.
5
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
UNA STORIA RICCA DI CURIOSITÀ E LEGGENDE TRA MONACI, SCEICCHI E BOTANICI
Quella bevanda venuta
dall’Oriente
In Occidente il caffè si diffuse a partire dalla metà del XVI secolo. A
Venezia approdò nel 1638 e si aprirono i primi bar.
di Franco Orlandi
Franco Orlandi
6
La prima cosa che associamo al
caffè è il bar, e al bar, il caffè. Un binomio consolidato da
anni. Da secoli! Secondo alcuni
il 1640, per altri il 1615, sono
gli anni che vedono l’apertura
del primo bar (allora, la prima
“bottega del caffè”) in Italia.
Ma probabilmente correva l’anno 1638 a Venezia in Piazza
San Marco. Il botanico Alfino
Prospero (1553 – 1617), dopo
un soggiorno in Medio oriente
fece conoscere la nera bevanda
ai veneziani, facendola passare
come sostanza medicinale. Questa nuova usanza
si diffuse in breve tempo in tutta Italia e così
si aprirono caffè che divennero centri culturali e
punti di incontro di artisti, intellettuali, politici un po’in tutte le principali città italiane. Per
curiosità la parola “BAR“ sembra derivi dall’inglese “barier“ che significa “sbarra” e già nel
XII sec. indicava una sbarra divisoria che delimitava due parti di territorio. Nel XVI sec. una
sbarra divisoria veniva utilizzata nelle locande e
osterie e aveva la funzione di dividere la parte
del locale dove si consumavano in piedi bevande
alcoliche e spuntini. Altre fonti riportano che
il termine derivi dalla contrazione della parola
“barred”, che significa sbarrato, poiché nel sec.
XIX in Inghilterra le porte degli spacci venivano
inchiodate con assi poiché era in atto il proibizionismo.
Ora che ci siamo incontrati al bar possiamo prenderci il caffè.
La parola caffè deriva dalla parola araba
“qahwa“, termine che veniva utilizzato in origi-
ne per riferirsi ad una bevanda estratta da semi
dall’aspetto rosso scuro, dagli effetti eccitanti e
stimolanti, utilizzata qualche volta anche come
rimedio medicinale. Nel tempo il termine originario mutò nella parola “Kahve“, di origine turca
e si riferì in modo specifico alla bevanda estratta
dai semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali appartenenti al genere Coffea in cui sono
identificate e descritte oltre cento specie, di cui
le più diffuse sono “l’arabica“ (Coffea arabica)
e la “robusta“ (Coffea canephora), e in minor
misura la Coffea liberica e la Coffea excelsa. Comunque ci sono localmente molte altre diverse
specie, coltivate.
Le specie di caffè differiscono per gusto, contenuto di caffeina e adattabilità a climi e terreni
diversi da quelli di origine. Va ricordato che tutte le specie coltivate esistono ancora, nelle zone
di origine, allo stato selvatico e bisogna aggiungere anche che sono state create in laboratorio
diverse nuove varietà.
Ma qual è l’origine di questa bevanda, la sua storia e il suo significato sociale?
Sull’origine del caffè circolano molte leggende.
Una storia riguarda il Monastero Chehodet nello
Yemen, un luogo in cui, uno dei monaci, avendo
saputo da un pastore della zona di nome Kaldi
che le sue capre e i suoi cammelli si mantenevano “esuberanti” anche di notte se mangiavano
certe bacche, preparò con queste una bevanda
nell’intento di restare sveglio per poter pregare
più a lungo.
Da altre parti si narra che il profeta Maometto
un giorno, sentendosi molto male, fu soccorso
dall’Arcangelo Gabriele che gli portò un decotto inviatogli direttamente da Allah. La bevanda
era scura come la sacra pietra nera della Mecca,
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
comunemente chiamata “qa’ba“. Maometto la
bevve, si riprese all’istante dalla sua infermità
e ripartì per vivere ancora delle grandi imprese.
Un’altra storia narra di un monaco arabo, lo
sceicco Alì ben Omar, che rimase solo durante
un viaggio verso Moka, città nella quale accompagnava il suo maestro Schadeli, morto durante
l’itinerario. Apparsogli un angelo, fu incoraggiato a proseguire verso quella città dove infuriava
una terribile peste. Qui con le sue preghiere ad
Allah, riuscì a guarire molti malati e persino la
figlia del re, della quale si innamorò. Il re però
allontanò il monaco, il quale costretto a vivere
nella solitudine della montagna, per vincere la
fame e la sete, invocò l’aiuto del suo maestro.
Questi gli inviò un magnifico uccello dalle piume
variopinte e dal suadente canto. Destato e sollevato, Omar si avvicinò per ammirare l’uccello e
giunto sul posto, vide un albero rivestito di fiori
bianchi e bacche rosse: la pianta del caffè. Colse
alcune bacche e ne fece un decotto dalle virtù
salutari che spesso offrì ai pellegrini che andavano a trovarlo. Si sparse la notizia delle qualità
magiche della bevanda e il monaco venne nuovamente accolto nel regno con grandi onori.
Ci sono leggende che fanno risalire le origini del
caffè agli altipiani dell’Abissinia dove secondo
gli studiosi pare ci sia stata la vera origine del
caffè. I resoconti di parecchi viaggiatori testimoniano che l’uso del caffè fosse diffusissimo
in tutto l’oriente Islamico alla fine del XVI sec.
Il caffè si diffuse in Occidente a partire dalla
metà del seicento. Gli storici datano la comparsa del caffè nell’anno della sconfitta dei turchi
che assediavano la città di Vienna. Negli accampamenti degli Ottomani, ormai cacciati, furono
trovati sacchi pieni di chicchi scuri che nessuna
aveva mai visto ne, quindi, utilizzato. Si deve
all’intraprendenza di un polacco di nome Kolschitzky, che aveva vissuto in Turchia e che
utilizzò il caffè trovato, l’apertura di una bottega del caffè. Egli superò le prime diffidenze
degli austriaci, che non avevano gradito sulle
prime la nera e amara bevanda, mescolando miele
o zucchero e latte,
raggiungendo il
sicuro successo
con quello che
fu il primo caffè del mondo
europeo e che fu battezzato “la bottiglia blu”.
Come ho già detto, il caffè fece la sua comparsa
in Italia per la prima volto a Venezia intorno
all’anno 1638. All’inizio il costo della bevanda
era molto alto e solo i ricchi potevano permettersi il lusso di acquistarlo, poiché esso era venduto in farmacia.
In Italia, come in altri paesi, l’introduzione del
caffè si scontrò col parere di alcuni esponenti
della Chiesa, tanto che alcuni fanatici cristiani
incitarono il Papa Clemente VIII ad interdire la
“bevanda del diavolo” ai fedeli. Ma il Papa assaggiatene una tazza, non fu contrario al suo
uso. Grazie all’approvazione e benedizione papale, il caffè moltiplicò i suoi successi.
In Francia il caffè fu introdotto intorno all’anno
1644 da alcuni mercanti marsigliesi provenienti dall’Oriente. Una notevole affermazione della
bevanda si registrò intorno al 1660 proprio a
Marsiglia, dove nel 1671 alcuni privati inaugurarono, sul modello di Costantinopoli, la prima
bottega pubblica di caffè.
La diffusione del caffè in Germania ritardò per
la forte predilezione del popolo per la birra, ma
poi andò incontro ad esito favorevole, tanto da
far registrare una sensibile diminuzione del consumo della birra.
L’Inghilterra, conosciuta come il paese gran consumatore di tè dalla seconda metà del XVII sec.
vide aumentare il consumo del caffè tra tutta la
popolazione. Nel 1677, venticinque anni dopo
l’apertura del primo caffè a Londra, la città ne
contava oltre trecento e, per attirare più clientela, nel primo locale pubblico venne diffuso un
singolare manifestino sul caffè oggi conservato
al British Museum.
Negli Stati Uniti il caffè arrivò intorno al 1670
ad opera dei colonizzatori che imposero abitudini e costumi europei. In Svezia, nel settecento si assistette ad una curiosa vicenda intorno
ad un diverbio molto acceso tra due gruppi di
cittadini. Il contendere ruotava intorno alla superiorità o meno del caffè rispetto al tè. Per dirimere il dubbio Re Gustavo III di Svezia dispose
che a due fratelli gemelli condannati a morte,
si fosse dato da bere ad uno solo caffè, all’altro
invece solo tè, in breve tempo i fatti avrebbero
dimostrato chi dei due sarebbe morto per primo.
La conclusione della vicenda fu che entrambi i
gemelli morirono in tarda età.
Quando il caffè iniziò a diffondersi presso i
7
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
8
Turchi, circolava voce che Allah, prima della
creazione, avesse bevuto caffè, tè nel giorno del
riposo e vino quando Adamo ed Eva osarono disobbedirgli. Il racconto, in maniera allegorica,
voleva dimostrare che il caffè, aguzzando l’intelligenza, stimolava la creatività e la fantasia. Durante il Regno di Solimano il Magnifico a Costantinopoli i primi caffè erano” riservati a persone
distinte”, che presero il nome di “scuole delle
persone colte” ed il caffè ivi sorbito era detto
“il latte dei giocatori di scacchi e dei pensatori”.
Intanto per trarre tutti i benefici dal caffè ricordiamoci di non assumerlo freddo: gusto e aroma
svanirebbero; e di macinarlo al momento dell’uso.
Inoltre per riconoscere un buon espresso, la crema
deve avere un bel colore nocciola, essere particolarmente densa, tanto che lo strato di zucchero
deve scendervi lentamente, e la crema ricomporsi
dopo aver girato lo zucchero. Vanno ancora presi
in esame per definire un buon espresso, la ricchezza e la corposità del gusto, che i professionisti del caffè defoniscono “il flavour”.
Per scrivere del caffè e del suo uso testimoniato
nel cinema e teatro, nella canzone e nell’arte
avrei bisogno di parecchie pagine, così tante
sono le citazioni che si troverebbero! Consiglio
vivamente, di leggere, su tutti, il monologo di
Pasquale nella commedia di Eduardo De Filippo,
“Questi fantasmi”, atto secondo: una vera “chicca” sul caffè.
Dirò solo che l’apparizione del caffè nell’arte
coincide più o meno con la sua diffusione in Europa a partire dal XVII sec. Il più antico quadro
che raffigura una tazzina di caffè è la raffinata
natura morta di Francisco de Zurbaran dal titolo “piatto di cedri, cesto di arance e tazza con
rosa” del 1633. Anche l’artista inglese William
Hogart del XVIII sec. nei suoi quadri di sfacciata
ironia sulla società contemporanea, inserìsce il
caffè. Così ne “La famiglia Martelli” di Gian Battista Benigni, l’artista propone un momento di
quotidiana vita in famiglia con il classico rito
del caffè in una composizione molto elegante.
Nell’ottocento, per citarne solo alcune, troviamo
opere di Eduard Manet, Silvestro Lega, Scipione
Vannutelli, Auguste Renoir, Federico Zandomeneghi, Paul Cezanne in cui è presente il caffè.
L’interesse degli artisti per il caffè è una dimostrazione del fatto di come la nera bevanda, da
gustoso privilegio destinato a persone benestanti diviene una corroborante bevanda di uso
comune ed inizia a comparire con maggiore frequenza anche nei dipinti.
Termino con una ricetta che ho trovato molto buona e particolare: Spaghetti al caffè (per
quattro persone). Prendi una padella e metti in
essa trenta gr. di burro e trenta gr. di olio e
fai appassire, ben tritati, una costa di sedano,
una carota ed uno scalogno. Aggiungi, quindi,
duecento gr. di prosciutto cotto a cubetti e poi
lascia evaporare anche un goccio di vino rosso.
Aggiungi sale e pepe quanto basta e poi versa
una tazzina di caffè lungo. Cuoci ancora per cinque minuti. Cuoci trecentoventi gr. di spaghetti,
scolali al dente e condiscili con parmigiano reggiano e il sugo al caffè.
Dimenticavo: se incontrate un indonesiano, invitatelo al bar per un “Kedai copi”.
Dizionario medico
In questo numero cerchiamo di capire cosa significa sottoporsi a
ECODOPPLER DEI TRONCHI
SOVRA AORTICI
In questa puntata vi parleremo dell’ecografia delle
grandi arterie (carotidi e vertebrali) che si originano nel torace dall’arco dell’aorta ed irrorano il
cervello. Come si può ben immaginare sono delle
arterie importantissime ed il loro grado di salute,
nell’età adulta e soprattutto in particolari condizioni cliniche (ad esempio l’ipercolesterolemia, il
diabete e l’ipertensione), va verificato periodicamente.
Si tratta di un esame molto semplice, non invasivo e privo di rischi. Non richiede alcuna preparazione particolare né la somministrazione di
alcuna sostanza. Viene eseguito da uno specialista in diagnostica vascolare, ponendo una sonda
ecografica che emette ultrasuoni lungo il decorso
delle arterie ai lati del collo e della colonna vertebrale. In tal modo è possibile visualizzare su uno
schermo televisivo le pareti delle arterie ed il loro
interno evidenziando in tal modo eventuali ispessimenti o restringimenti (placche e stenosi) la cui
severità può richiedere un trattamento medico o
chirurgico.
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
L'INFLUSSO POSITIVO DELLA VERDURA NELLA PREVENZIONE DEI RISCHI
CARDIOVASCOLARI (E NON SOLO)
Gli spinaci di Bracciodiferro?
È vero, danno la carica
e proteggono il cuore
Logo gentilmente
concesso dalla T18
Il consumo di ortaggi (meglio crudi che cotti) merita maggiore
attenzione da parte delle famiglie
di Virginia Bicchiega
Un numero sempre maggiore di studi tendono a
confermare che una dieta ricca di frutta e verdura
contribuisce a prevenire le malattie cardiovascolari (infarto e ictus) e il cancro. L'effetto è probabilmente dovuto sia alle numerose molecole ad
attività protettiva (acido ascorbico, carotenoidi,
antociani, composti fenolici, composti solforati);
sia alla capacità di frutta e verdura di abbassare
la densità energetica della dieta, sostituendosi ad
altri alimenti più densi di calorie e di grassi e
rallentando, grazie all'elevato contenuto di fibre,
l'assorbimento di sostanze il cui eccesso può risultare dannoso per il sistema circolatorio, come
il colesterolo.
Consumare verdure ci copre dall'azione dannosa
degli agenti patogeni (es. i radicali liberi), riduce il rischio di tumori nella zona dell'apparato digerente, allontana il rischio di infarto e di
diabete contribuendo a mantenere bassi i livelli
di colesterolo e di omocisteina. In particolare,
quest'ultima viene considerata oggi uno dei più
importanti fattori di rischio cardiovascolare (malattia coronaria, ictus, aterosclerosi, vasculopatie
periferiche).
L'omocisteina è un aminoacido solforato che
deriva dalla trasformazione della metionina,
aminoacido essenziale contenuto nei cibi che
mangiamo, soprattutto quelli di origine animale,
e che nella maggior parte dei casi si trova aumentato in caso di carenza di acido folico e vitamina B6. Un alto tasso di omocisteina accresce
di tre volte il rischio di ictus o infarto cardiaco,
in particolare sembra che tale sostanza danneggi
l'endotelio vasale, aumenti lo spessore dello strato muscolare sottoendoteliale e disturbi l'effetto
anticoagulante fisiolologico della
proteina C. Tutti questi problemi
possono essere corretti mediante
un adeguato apporto di vitamine
del gruppo B (soprattutto acido
folico, ma anche vit. B6 e B12).
La somministrazione di folati è
pertanto essenziale nelle persone
ad alto rischio cardiovascolare.
Vogliamo considerare in particolare il consumo degli ortaggi, per
non trascurane il consumo abituale e per preservare la salute e con
essa la qualità di vita di ognuno
di noi. Non sempre l'inserimento
di verdura nella dieta è ben radicata nelle famiglie. Vuoi per il poco tempo dedicato all'acquisto delle verdure fresche e meno che
mai per il tempo che inevitabilmente occorre per
la pulitura, il lavaggio e la cottura (anche se il
consumo a crudo è sempre consigliabile).
Dalla letteratura scientifica sappiamo che gli ortaggi a foglia verde e in particolare tutta la famiglia delle crocifere di cui fanno parte cavoli,
cavolfiore, broccoli, broccoletti, verze, cavolini di
bruxells, sono una grande fonte di acido folico e
di folati e in più risultano molto ricchi di vitamina
C. Essi favoriscono quindi l'assorbimento del ferro
ivi contenuto, funzione importantissima perché
implementa l'effetto benefico aumentandone la
biodisponibilità che nelle verdure è di circa l'1%
rispetto al minerale contenuto e assai più biodisponibile in alimenti di origine animale. Hanno,
inoltre, proprietà antiossidanti, altro fattore coinvolto nella prevenzione delle malattie cardiova-
Dott.ssa Virginia
Bicchiega
9
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
scolari, neurologiche e
tumori. Dal canto suo,
la clorofilla, responsabile del colore verde di
frutta e verdura, spicca
per la potente azione di
preservare l'elasticità delle
cellule vascolari lisce, ad opera
dell'acido nitrico, rendendole più
resistenti in caso di malattia e riducendo la predisposizione a malattie cardiovascolari acute, ossia
• Consumare almeno 400 gr. infarti del miocardio ed ictus. Da
(parte edibile) al giorno
non dimenticare un ortaggio as• Alternare la qualità delle sai diffuso sulla tavola italiana
verdure
per l'impiego frequente e partico• Preferire prodotti freschi e larmente fantasioso nei ricettari
regionali, reso famoso anche ai
stagionali
• Preferirne il consumo come più piccini dal popolare Braccio
di Ferro: gli spinaci. Caratteristi"spezzafame"
che simili alle crocifere e forse
offrono un sapore più gradito da
molti consumatori.
Come comportarci in caso di terapie scoagulanti
ad esempio il warfarin sodico. Tutte le verdure
contengono vitamina k, pertanto le classiche verdure a foglia larga che in media contengono oltre
i 100ug/100gr di questa vitamina andranno consumate anche tutti i giorni ma in quantità non
eccessive. Ricordarsi che la cottura non denatura
la vitamina K e per semplificare la scelta delle
verdure da consumare, preferire i prodotti vegetali di forma solida e dal colore rosso, arancione,
viola: pomodori, carote, ravanelli, melanzane.
I flavonoidi forniscono i colori vibranti del viola,
verde smeraldo e blu e, in particolare, la quercetina contenuta in abbondanza nelle cipolle e
Consigli:
nei broccoli si caratterizza per le sue proprietà
miorilassanti e antiossidanti. Recenti studi hanno
dimostrato l'effetto che questa molecola, somministrata tramite dieta appropriata e ricca di tali
ortaggi, ha nel miglioramento di alcuni fattori di
rischio cardiovascolare come la riduzione della
circonferenza vita, della pressione arteriosa post
prandiale e nell'aumento dei livelli plasmatici di
lipoproteine ad alta densità (HDL), ovvero il colesterolo "buono" o ad azione scavenger, spazzino
delle arterie.
Infine, i carotenoidi conferiscono il colore giallo,
rosso e arancione a numerosi prodotti dell'orto,
appetitosi ed essenziali all'organismo per difenderci dalle patologie coronariche e da molti tipi
di tumore dell'apparato digerente e intestino in
particolare: merito della loro importante ed efficacissima azione di difesa contro i radicali liberi
dell'ossigeno e quindi alla capacità di contrastare
il processo di ossidazione delle colesterolo a bassa densità (LDL). Sappiamo che tale colesterolo
se ossidato diventa particolarmente insidioso e
pericoloso per la salute delle arterie e in particolare delle coronarie.
La scelta in questo caso varia dal peperone, al
pomodoro, alle cipolle, alle rape rosse. Molti studi hanno dimostrato una significativa correlazione tra i carotenoidi e la riduzione dello spessore
medio-intimale (IMT) della parete della carotide
comune, primo passo della malattia aterosclerotica e quindi il meccanismo patogenetico alla base
di eventi cerebro e cardiovascolari.
Come comportarci a tavola sembra quindi semplice. Consumare almeno due o tre portate di verdure al giorno, cotte o meglio ancora crude, purchè
ben lavate!
Dal libro “La dieta del gusto” Dott.ssa Virginia Bicchiega – Nutrizionista
Condimenti per i primi piatti - Sugo con verdura Ingredienti per 1 persona:
10
Mezza cipolla
Uno spicchio d’aglio
Pomodori pelati 400 g.
Un ciuffo di prezzemolo
Verdura a scelta tra:
Funghi freschi (300 g.)
Piselli (100 g.)
Broccoli (400 g.)
Carciofi (300 g.)
Preparazione
Pulite e lavate la verdura prescelta e tagliatela
a pezzetti. In una casseruola fate rosolare la
cipolla affettata e l’aglio.
Aggiungete la verdura e, dopo circa 10-15 minuti, unitela alla polpa di pomodoro. Salate,
mescolate bene e lasciate cuocere per 30 minuti a fuoco medio. Al termine unite il prezzemolo tritato.
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
L’INFARTO MIOCARDICO IN LIEVE MA COSTANTE REGRESSIONE NELLA
REGIONE PIEMONTE
Trend positivo, ecco perché
I ricoveri sono diminuiti: merito dei progressi medici, della prevenzione
e della regolamentazione del fumo. Questa patologia colpisce più gli
uomini delle donne. L’importanza della rete regionale per il soccorso
di Tullio Usmiani
La malattia cardiovascolare, della quale l’infarto miocardico acuto è l’aspetto clinico
più drammatico, ancora oggi è la patologia
responsabile della maggior parte dei decessi
nell’intero pianeta. Ma cos’è precisamente
un infarto miocardico? È una patologia acuta dovuta all’occlusione improvvisa, repentina, di un’arteria coronaria. Le arterie sono
vasi che portano sangue ossigenato agli organi; se si occlude una coronaria (fig. 1),
l’arteria che porta il sangue al muscolo cardiaco, non perviene più al territorio irrorato
da quel vaso l’ossigeno necessario perché il
tessuto muscolare viva.
Fig 1 Rappresentazione del decorso della arterie coronarie
discendente anteriore e destra.
Per comprendere come avviene l’occlusione
di un’arteria bisogna sapere che la parete
di un’arteria è fatta di tre strati concentrici
(fig. 2); il più interno, a diretto contatto
con il sangue, è definito intima. Quello intermedio è chiamato tunica media e contiene matrice proteica e cellule muscolari lisce
che danno il tono (contrazione o rilasciamento) alla parete
dell’arteria ed il terzo strato è
l’avventizia che riveste all’esterno la coronaria.
Le placche aterosclerotiche,
che costituiscono l’aspetto
caratteristico della malattia
delle arterie, sono degli accumuli di colesterolo, tessuto
fibroso e cellule infiammatorie
racchiuse in una capsula, denominata cappuccio fibroso.
Le placche, che iniziano a formarsi dall’età di venti anni circa, possono
crescere con velocità varia da persona a persona e rimanere silenti per numerosi anni se
non per tutta la vita. Spesso però accade
che si destabilizzino per processi infiammatori che rompono il cappuccio fibroso e la
continuità dell’intima con la conseguente
esposizione di materiale lipidico all’interno
del lume dell’arteria; qui le piastrine circolanti riconoscono che c’è la rottura della parete di un vaso e iniziano il processo di coagulazione formando un trombo con lo stesso
meccanismo quindi che avviene quando ci
tagliamo la pelle e iniziamo a sanguinare.
In quest’ultimo caso il processo di coagulazione è utile per l’organismo, nel caso della
coagulazione all’interno della coronaria ovviamente no. L’occlusione di una coronaria
avviene quindi perché si rompe una placca
aterosclerotica (fig. 3)
L’infarto del miocardio si divide dal pun-
Dott. Tullio Usmiani
11
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
to di vista della
diagnosi elettrocardiografica e
di conseguenza,
clinica e prognostica, in due categorie con difFig. 2 Schema di sezione di arteria coronaria con placca
ferenti modi di
aterosclerotica
trattamento; il
primo è l’infarto
con sopraslivellamento del tratto ST dell’elettrocardiogramma
ed è chiamato,
con un acronimo
della denominazione in lingua
inglese, STEMI
cioè ST Elevation
Fig 3 Schema di sezione di arteria coronaria con rottura di
Myocardial Inplacca aterosclerotica che ha generato la formazione del
farction.
coagulo di sangue
Il secondo è definito NSTEMI cioè Not ST Elevation Myocardial Infarction; nel primo caso vi è quasi
sempre all’origine la chiusura improvvisa di
una grossa arteria coronaria, nel secondo
una sub occlusione con flusso minimo di
sangue residuo, oppure un’occlusione con
un circolo collaterale, o la malattia di rami
collaterali di calibro più piccolo.
La malattia cardiovascolare dunque è la
principale causa di morte nel mondo, perché l’infarto nella fase acuta può far insorgere aritmie che portano all’arresto cardiaco
e perché se non curato bene e tempestivamente porta a delle evoluzioni negative che
condizionano la sopravvivenza a distanza
dall’episodio. La mortalità elevata per infarto miocardico non è presente esclusivamente nel cosiddetto mondo occidentaleindustrializzato, ma anche nei paesi a minor
reddito e in via di sviluppo. La comune
considerazione che l’infarto sia una malattia riservata ai paesi ricchi è smentita da
numerosi dati di associazioni scientifiche e
organizzazioni internazionali. La ragione di
questa realtà epidemiologica trasversale risiede nelle cause che portano alla malattia
cardiovascolare: in parte di tipo “genetico”
cioè una predisposizione individuale ed ereditaria ad ammalarsi di malattia aterosclerotica e in parte dovuta allo stile di vita
e all’alimentazione. Sia nei paesi ad alto
reddito, sia in quelli a reddito minore, l’abitudine al fumo di tabacco, alla vita sedentaria, all’alimentazione con cibi ricchi di grassi e di colesterolo conducono alla malattia
aterosclerotica; inoltre nei paesi in via di
sviluppo, uno dei segnali epidemiologici del
Rappresentazione della percentuale delle cause di morte in Europa per maschi e femmine
Respiratory disease 8%
Other cancer 11%
Lung cancer 6%
Injuries and
poisoning
12%
Other causes
15%
Colo-rectal cancer 2%
CHD
21%
Stomach cancer 2%
Other CVD
11%
Stroke
11%
Uomini
12
Respiratory disease 6%
Other cancer 9%
Injuries and poisoning 4%
Other causes
16%
Brest cancer 3%
Lung cancer 2%
Colo-rectal cancer 2%
Stomach cancer 1%
Other CVD
15%
CHD
23%
Stroke
18%
Donne
Fig. 4 Legenda: CHD = malattia coronarica; Stroke = ictus; other CVD = altre malattie cardiovascolari; stomach cancer = tumore dello
stomaco; colon-rectal cancer = tumore del colon – retto; lung cancer = tumore del polmone; brest cancer = tumore alla mammella; other
cancer = tumori con altra localizzazione; respiratory disease = malattie respiratorie; injury and poisoning = traumi ed avvelenamenti;
other causes = altre cause
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
benessere è costituito dall’aumentata incidenza di diabete mellito, altra causa importante di malattia cardiovascolare.
Da dati dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità si abbatte un altro luogo comune
dell’infarto: non è una malattia esclusiva
degli uomini, colpisce anche le donne (e
con progressivo aumento dell’incidenza) e
la mortalità per infarto è maggiore per le
donne e minore per gli uomini. In altre
parole l’infarto del miocardio colpisce più
frequentemente gli uomini delle donne, ma
gli uomini hanno una sopravvivenza all’evento percentualmente superiore, come se
il cuore delle donne fosse più debole, meno
resistente al danno al cuore. Questo è vero
soprattutto nelle decadi di vita meno avanzate. (figg. 4,5,6)
In Europa più del 55% dei decessi delle
donne è dovuto alla cardiopatia ischemica, mentre sono solo il 40% negli uomini,
considerazione, questa, non tenuta in alcun
conto fino a pochi anni or sono.
L’incidenza dell’infarto miocardico si allinea
a questi dati statistici anche nella Regione
Piemonte. Inoltre, dalla rilevazione eseguita sulle Schede di Dimissione Ospedaliera
(SDO) regionali possiamo rilevare altri dati
epidemiologici interessanti, primo tra tutti,
la riduzione progressiva dal 2007 ad oggi
del numero degli infarti con sopraslivellamento del tratto ST (cioè quelli da improvvisa occlusione di un’arteria coronarica e da
trattare nel più breve tempo possibile dall’inizio dei sintomi con l’angioplastica coronarica possibilmente o con la trombolisi).
I ricoveri per tale tipo di infarto, denominato STEMI, sono diminuiti in quattro anni, dal
2007 al 2010, del 11% circa, passando da
5507 episodi a 4896. (fig. 7) Le spiegazioni
per questo favorevole andamento possono
essere molteplici e tra le cause metterei
una maggior attenzione della popolazione
nella prevenzione sia primaria sia secondaria, un’azione dei medici tesa a favorire
la prevenzione, la cosiddetta Legge Sirchia
che proibendo, o meglio regolamentando, il
fumo nei locali pubblici ha indiscutibilmente ridotto il tabagismo che notoriamente è
tra i primi fattori di
rischio per l’infarto. Se si assiste ad
una riduzione degli
infarti da un lato,
dall’altro nella no- Fig 5 indagine epidemiologica nella Regione Piemonte nel
2011: incidenza dell’infarto per classe di età e genere
stra regione vi è un
lieve aumento progressivo negli stessi anni considerati
del numero procedure per il trattamento della malattia aterosclerotica
coronarica cioè di
coronarografie e di
angioplastiche co- Fig 6 indagine epidemiologica nella Regione Piemonte nel
ronariche. L’aumen- 2011: mortalità per infarto per classe di età e genere
to è sia per le angioplastiche elettive sia per angioplastiche
primarie, cioè quelle eseguite per il trattamento in fase acuta dell’infarto per la riapertura della coronaria occlusa responsabile
dell’infarto. Queste ultime sono aumentate
dal 2006 al 2009 da 1649 a 2057, con un
aumento percentuale dell'8% circa.
L’aumento è dovuto sia alla maggior attività
organizzativa con trasporto dei pazienti con
STEMI verso i laboratori di emodinamica, ma
senza un vero e proprio servizio di rete che
ha iniziato la sua attività nel gennaio 2011,
sia ad un aumento di attività di esecuzione
di angioplastica primaria in alcuni laboratori
di emodinamica. In Piemonte dal 2006 è aumentato il numero di laboratori che eseguono l’angioplastica primaria con la formula h
24, cioè con la disponibilità del laboratorio
di emodinamica sia durante l’orario di apertura “normale” il giorno feriale sia durante
le ore di chiusura del laboratorio (notte e
festivi) con il metodo della reperibilità.
La realtà dell’infarto nella nostra regione
è quindi quella di una patologia in lieve
ma costante regressione e con un miglioramento delle cure nella fase iniziale con
la maggior disponibilità di trattamento con
angioplastiche primarie. Questi due trend
associati portano ad una riduzione della
mortalità intraospedaliera e a distanza.
13
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
Regione Piemonte
6000
numero di STEMI
5000
5507
5495
5212
4000
4896
3000
2000
1000
0
2007
2008
2009
2010
Fig 7 Il numero di infarti miocardici nella Regione Piemonte dal 2007 al 2010 STEMI =
ST Elevation Myocardial Infarction cioè l’infarto miocardico che all’elettrocardiogramma
presenta il sopraslivellamento del tratto ST.
Il risultato è lusinghiero, ma ci sono ancora
ampi margini di miglioramento soprattutto
nella logistica dell’esecuzione dell’angioplastica primaria.
Per ottimizzare l’esecuzione di questo trattamento dell’infarto l’Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte ha fortemente
voluto la creazione e la messa in operatività di una Rete Regionale per il trattamento
dell’infarto; per accedere alla rete in caso
di sintomi sospetti per l’infarto il paziente
deve contattare al più presto il 118.
La progettazione, l’infrastruttura e l’organizzazione per il funzionamento della Rete
per Infarto nella Regione Piemonte sarà
esposta nella parte II nel prossimo numero.
Breve compendio per mantenere in buona salute
la circolazione
A)Camminare a passo sostenuto almeno un’ora al giorno, senza sforzi eccessivi. Ad
14
ogni passo il sangue viene spinto verso le gambe per favorire il ritorno del flusso
venoso verso il cuore. La deambulazione provoca, inoltre, vigorose contrazione dei
muscoli, tonificandoli.
B)Se si sta a lungo in piedi, molleggiarsi ogni tanto sui tacchi e poi sulle punte; se si sta
a lungo seduti, non accavallare le gambe e poi contrarre ogni tanto i glutei. Flettere
ed estendere al massimo le gambe ed i due piedi alternativamente. E portare i piedi
perpendicolari alle gambe. È consigliabile alzarsi ogni venti minuti circa.
C) Evitare l’esposizione diretta a fonti di calore. Meglio la doccia tiepida del bagno caldo.
D)Dormire con le gambe sollevate, rispetto al corpo, di circa 20-25 cm. Compiere prima
di addormentarsi dei massaggi ai piedi e lungo le gambe dal basso verso l’alto.
E)Ridurre drasticamente, meglio abolire, il fumo. Insieme all’alcool, il fumo danneggia
le pareti dei vasi sanguigni irrimediabilmente.
F) Salire e scendere le scale facendo finta che l’ascensore sia guasto.
G)Trascurare dolci, salumi, prodotti fritti, alcool e sale. Mangiare frutta, soprattutto
agrumi, ricchi di flavonoidi e fibre. Spesso i problemi circolatori si manifestano con
problemi emorroidari. Bere almeno un litro di acqua al giorno lontano dai pasti.
H)Usare scarpe con pianta comoda e con tacco alto al massimo 5 cm. Sono da preferire
scarpe a suola convessa, basculante. Scarpe senza tacco e stivali non sono raccomandati, per la buona salute del piede.
I)Sono raccomandate, naturalmente, le attività motorie quali nuoto, golf, corsa, marcia, bicicletta, danza, sci da fondo, piuttosto che il tennis.
L)Utilizzare calze e collant con adeguata compressione graduata decrescente, cioè calze
che esercitano una pressione sulle vene delle gambe, maggiore sulla caviglia e decrescente, via via, lungo la gamba .
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
DALLE IDEE INIZIALI A OGGI,
GLI AMICI DEL CUORE HANNO CELEBRATO L’ASSOCIAZIONE
Il tavolo dei relatori
durante la celebrazione dei 35 anni di
attività. Da sinistra:
Zanchi, Danielis,
Ferraris, Marra
In prima linea da 35 anni
L’apprezzamento di Regione e Comune per una attività generosa che si
è evoluta nel tempo. L’intervento del dottor Marra. A Caluso l’Assemblea
sociale: il punto del presidente Danielis
Due importanti avvenimenti hanno caratterizzato la chiusura del 2012 per gli Amici del
Cuore: la celebrazione dei 35 anni di attività e l’Assemblea sociale. Incontri formali, se
volete, ma anche e soprattutto espressione
dell’apprezzamento che circonda l’associazione e dell’unione di intenti che spinge con
passione e impegno la nostra Onlus verso il
futuro.
Il primo, con la regia del presidente Danilo Danielis e del vice-presidente Sebastiano
Marra, si è svolto nell’elegante Sala delle
Colonne presso il Comune di Torino. Una
sede di prestigio per ricordare una ormai
lunga storia di cui sono stati protagonisti
nel tempo tanti uomini e donne dall’animo
generoso. Giovanni Ferraris e Roberto Placido, in rappresentanza del Consiglio Comu-
nale e di quello Regionale, hanno portato il
saluto dei due enti: parole non di circostanza ma sinceramente convinte.
Ad esempio, Ferraris ha sottolineato quanto sia importante la cura del malato e non
solo della malattia e come il paziente debba sempre essere il soggetto principale di
ogni intervento. Con uno slogan assai appropriato: «Fare del bene fa stare bene». Da
Placido prima una testimonianza personale
(«Il dottor Marra mi ha restituito due anni
fa alla vita e conosco bene l’attività degli
Amici del Cuore»), poi una considerazione
generale: «Io sono la prova vivente di una
sanità pubblica di altissimo livello, che si
sposa con lo straordinario lavoro dei volontari, un aiuto alle Istituzioni e al Paese in
un momento in cui mancano le risorse».
15
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
Il presidente Danielis ha sintetizzato con
semplicità e precisione i momenti più importanti di questi 35 anni, dalle prime idee e dai
primi passi come Unione Italiana Cardiopatici, che aveva anche lo scopo di offrire assistenza economica ai pazienti in difficoltà,
fino - attraverso varie evoluzioni - alla formalizzazione degli Amici del Cuore con lo scopo
di supporto alla ricerca, all’aiuto in ospedale,
alla prevenzione, stringendo uno stretto rapporto con la struttura di Cardiologia 2 delle
Molinette, diretta dal dottor Marra.
«Abbiamo attuato molte iniziative - ha sottolineato Danielis - Corsi di formazione dei
volontari, raccolta di “schede della salute”
presso le farmacie o con il nostro camper,
borse di studio per medici, finanziamento di
apparecchiature mediche per Cardiologia 2
e 1, quella guidata dal prof. Fiorenzo Gaita,
incontri con gli studenti. I nostri soci hanno collezionato migliaia di ore di lavoro».
Per Marra è fondamentale assistere, curare,
gestire pazienti che possono in maggioranza essere restituiti a una vita normale.
L'intervista
Ida Fonnesu, eccezionale testimone dalle mille iniziative
«Vi racconto come siamo nati»
Le prima basi furono poste negli Anni 70.
«Il momento decisivo con l’arrivo del notaio Picco alla presidenza».
«La sensibilità dell’avv. Chiusano»
Ida Ferraro Fonnesu, ospite d’onore all’Assemblea dei Soci 2012 a Caluso, è una testimone preziosa della nascita e dell’evoluzione di
quella prima Associazione Cardiopatici Piemonte che si sarebbe trasformata nella Amici
del Cuore onlus. Cardio Piemonte l’ha intervistata, raccogliendo aneddoti, episodi e sensazioni di una storia che continua.
16
Cardio Piemonte: Lei, in vari ruoli, ha partecipato con impegno e passione all’opera
di assistenza dei pazienti vittime di malattie cardiovascolari. Com’è cominciata questa
straordinaria opera di volontariato?
Fonnesu: La prima idea nacque nel 1977 presso l’ospedale Cardiò di Lione, allora all’avanguardia, dove io stessa fui operata. Giovanni
Picco, Elio Valla e Douglas Cellini, reduci da
esperienze personali, pensarono di realizzare un progetto di associazione di cardiopatici nazionale. Il progetto non andò in porto,
ma due anni dopo, in occasione del raduno di
un centinaio di torinesi curati a Lione, Cellini
propose ai partecipanti di versare mille lire e,
con Cellini presidente, si posero le basi per la
prima associazione cardiopatici italiana. Ospite d’onore al pranzo sociale fu il prof. Hubert
Termet, il cardiochirurgo che aveva salvato
tanti di noi. Ma non avevamo una organizzazione definita e una sede dove incontrarci. Ci
radunavamo a turno nelle nostre abitazioni,
finchè nel 1980 non ottenemmo in concessione gratuita un piccolo locale in corso Traiano.
C.: Quale fu il momento decisivo?
F.: L’arrivo, pochi mesi dopo, del notaio Picco alla presidenza dell’associazione, che prese
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
«Abbiamo una cardiologia di eccellenza ha aggiunto - e il supporto dei volontari e
delle istituzioni è prezioso. Non è questione di “carità” come un tempo, ma di una
assistenza che vuole migliorare il rapporto
umano del paziente con la malattia. In ogni
caso, e questa è un’opera in cui gli Amici
del Cuore sono attivissimi, è la prevenzione
il vero motore di cura della malattia».
La celebrazione dei 35 anni, cui hanno
partecipato una cinquantina di soci, si è
conclusa con la presentazione da parte del
continua a pag 18.
Ida Ferraro Fonnesu
il nome di Centro Cardiopatici Piemonte con
atto costitutivo e statuto. Ci trasferimmo in
via San Massimo presso il Palazzo Carlina e
venne formato un consiglio direttivo. Allora la
nostra attività era diversa rispetto a quella attuale: puntavamo soprattutto a dare una mano
ai singoli. Aiuto per le pratiche burocratiche
nel caso volessero recarsi a Lione, informazioni specifiche, incontri con i cardiologi che
operavano negli ospedali di Torino e provincia, supporto psicologico. Lo slogan del Centro, stampato su volantini, era: «Per l’informazione, l’appoggio, l’assistenza». Si gestiva
tutto a mano con una certa fatica. Favorimmo
la creazione di altre realtà associative: Asti,
Alessandria, Vercelli, Alba. Ciascuna aveva un
proprio logo caratterizzato dal disegno di un
cuore. E nel 1987, per la prima volta, venne
pubblicato a Torino un numero unico di Cardio
Piemonte, organo ufficiale del gruppo federativo.
C.: Nell’agosto di quell’anno scomparve il notaio Picco e gli subentrò l’avv. Vittorio Chiusano, professionista ben noto anche per aver
ricoperto la presidenza della Juventus...
F.: Sì. L’avv. Chiusano, malgrado i molti impegni, accettò l’incarico e diede ulteriore impulso all’attività del Centro, trovando nuovi
finanziamenti e sponsorizzazioni. Così ci fu
possibile aiutare le cardiologie degli ospedali
Mauriziano e Martini Nuovo per l’acquisto di
apparecchiature e dare continuità alla pubblicazione di Cardio Piemonte. Con Chiusano l’associazione si trasformò ufficialmente in Onlus,
organizzazione non lucrativa di utilità sociale.
Fu un periodo assai intenso, organizzammo
corsi di formazione di primo soccorso, incon-
tri con i soci, addirittura un viaggio a Lourdes.
Alla morte di Chiusano, nell’estate 2003, seguì
un periodo non facile, oggi felicemente conclusa con la nascita degli Amici del Cuore, la
presidenza Danielis e la regia del dottor Marra.
Ma questa è storia recente.
C.: Signora Fonnesu, che ricordi conserva nel
suo cuore?
F.: Il saluto al prof. Termet, quando andò in
pensione: gli regalammo una targa in argento
che sigillò la nostra riconoscenza. I consigli
direttivi presso la casa di Avigliana del notaio
Picco. La sensibilità dell’avv. Chiusano: bussammo a molte porte, ma solo lui decise di
impegnarsi. Le telefonate di terapia psicologica in cui offrivo la mia esperienza a persone
impaurite.
C.: Come vede il futuro degli Amici del Cuore?
F.: Bene, tutto è diverso rispetto ai miei tempi, ma trovo che le iniziative in corso siano
belle e interessanti e che lo stretto rapporto
con il dottor Marra rivesta una grande utilità.
Finanziare borse di studio per giovani medici
è meritevole. Aggiungo un pensiero. Non conoscevo Danilo Danielis, ma quando l’ho visto
per la prima volta mi son detta: ecco la persona giusta per diventare Presidente dell’associazione.
C.: Possiamo dire la sua età?
F.: Ah, non mi vergogno certo: ho 81 anni e
sono sulla breccia da sempre. Ho due figli, un
nipote, il ricordo di un marito meraviglioso
con cui ho condiviso mille attività e iniziative
nell’associazione. E una convinzione: impegnarsi nel volontariato arricchisce la vita.
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CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
consigliere Enrico Zanchi del nuovo grande
labaro rosso che simboleggia la Onlus Amici
del Cuore. A ricordo della giornata il presidente Danielis ha ricevuto una spilla e il
gagliardetto del Toro nonchè il sigillo civico
di Torino.
Come è ormai tradizione, l’Assemblea Sociale si è svolta al Mago di Caluso, dove un
centinaio di soci, accolti con la consueta
simpatia e generosità dalla famiglia Crosio,
hanno ascoltato nel grande salone del ristorante la relazione del presidente Danielis
sulle attività del 2012. Un bilancio positivo
sul piano economico malgrado le difficoltà
che ben conosciamo e su quello organizzativo e gestionale. Sono entrati nella Onlus
Amici del Cuore 71 nuovi soci per un totale
di 315 unità mentre i volontari sono saliti
a 45.
C’è stata qualche defezione e si è fatto notare
come per qualcuno la quota associativa di 25
euro possa essere troppo pesante. Danielis
ha assicurato che il problema verrà studiato.
Le attività classiche sono proseguite con
fervore: raccolta di 2.200 «schede della salute» attraverso l’attività con il camper e
l’appoggio delle farmacie, sette convegni
sulle malattie cardiovascolari, due incontri
con il dottor Marra, quattro con le scuole
(48 giovani hanno ricevuto il diploma internazionale di rianimazione cardio-polmonare). Sono state erogate altre borse di studio
per medici e acquistato un software per il
monitoraggio dei pazienti con cardiopatie
congenite.
18
L’Assemblea Sociale nei saloni del Mago di Caluso
L’Assemblea, come sempre momento di riflessione e di spunti interessanti, si è chiusa
con gli interventi dei dottori Tullio Usmiani e Maurizio D’Amico, che hanno trattato,
rispettivamente, i temi dell’infarto e della
rete di soccorso e della TAVI (stenosi valvolare aortica su pazienti anziani). Relazioni
che hanno destato l’interesse dei soci e che
sono riportate su questo stesso numero di
Cardio Piemonte.
Il dottor D’Amico, direttore del Laboratorio
di Emodinamica in Cardiologia 2, ha ringraziato gli Amici del Cuore per la loro attività.
«Voi non immaginate neppure quanto sia
prezioso per noi il vostro aiuto» ha detto
con calore. D’Amico e Usmiani rappresentavano il dottor Marra, bloccato a Torino da
un incontro con Balduzzi, il ministro della
Salute. Il vice-presidente è riuscito a liberarsi in tempo per assaggiare qualche specialità del Mago di Caluso, parlare con la
consueta verve con molti soci e unirsi ai
festeggiamenti per i 90 anni di Ezio Bosco.
Nel 2013 si manterranno le linee guida che
hanno caratterizzato il lavoro dell’Associazione, con la prevenzione in primissimo piano. I rapporti allacciati l’anno scorso con
un gruppo di sindaci della provincia sono
al riguardo confortanti. «L’importante - ha
affermato il Presidente - è non fermarsi mai
e credere in questa nostra opera, con l’obiettivo di inserire nelle nostre fila anche
soci giovani».
M.F.
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
L’IMPIANTO DI UNA VALVOLA AORTICA PER VIA TRANSCATETERE:
ECCO COME FUNZIONA
TAVI, una tecnica in progresso
Questa metodica si è sviluppata con risultati positivi. Si indirizza a
pazienti inoperabili o al centro di casi particolamente complessi.
In primo piano gli anziani e le persone "fragili".
L’attività del centro di Cardiologia 2
di Maurizio D'Amico
Il primo esperimento di impianto di una valvola aortica per via transcatetere può essere
fatto risalire al 1965. Si trattò dell’impianto di una valvola biologica montata su un
pallone posizionata nel tratto discendente
nell’aorta di un cane affetto da insufficienza
aortica severa. Era studiata come un tentativo di “ponte” verso la successiva operazione chirurgica di sostituzione valvolare in
pazienti troppo compromessi.
Il primo intervento in un uomo è avvenuto
nel 2002 da parte del prof. Alain Cribier che
utilizzando un introduttore di grosse dimensioni (24 French, circa 8 mm di diametro)
ha effettuato con successo l’impianto di una
valvola, da lui progettata, che si espandeva
tramite il gonfiaggio di un pallone, un po’
come avviene nel caso degli stent endocoronarici. Venne effettuato, ovviamente, in un
paziente compassionevole affetto da severa stenosi aortica calcifica rifiutato dai più
prestigiosi centri Cardiochirurgici francesi
per le numerose co-morbidità (altre patologie) associate.
La presenza di una grave malattia degli assi
arteriosi periferici forzò il team di Cribier ad
utilizzare un approccio anterogrado. Si pungeva la vena femorale e si superava il setto
interatriale raggiungendo l’atrio sinistro. Si
scendeva poi nel ventricolo sinistro per risalire con una curva molto stretta nel tratto di
efflusso ventricolare per oltrepassare finalmente la valvola aortica nativa. Per stessa
ammissione di Cribier “arrivare fin lì non era
affatto semplice”. In ogni caso l’impianto
venne effettuato con successo ed il paziente ne ebbe un
significativo giovamento clinico.
Sulla base di questo primo
importante risultato a Ruen
negli anni seguenti venne
trattata con tale metodica
una serie di 40 pazienti "compassionevoli". Nell’anno 2004
furono introdotte la tecnica di
impianto retrograda che prevede la puntura dell’arteria femorale ed il diretto raggiungimento per via arteriosa della valvola aortica
e la tecnica trans apicale che contempla la
puntura ed il passaggio attraverso l’apice
del ventricolo sinistro del cuore. Entrambe
le tecniche attualmente in uso hanno dimostrato una maggiore semplicità di esecuzione e migliori risultati legati alla riduzione
delle complicanze procedurali.
Nel frattempo la prima protesi di Cribier era
stata modificata e migliorata con la creazione della Edwards lifescience system. Nello
stesso anno ecco il primo impianto nell’uomo di una seconda protesi, la CoreValve
ReValving system della ditta Medtronic. La
valvola veniva inserita per via transfemorale
retrograda utilizzando un catetere da 25 fr.
Questa seconda protesi è una valvola autoespandibile che sfrutta la proprietà del Nitinolo, una lega metallica dotata di memoria
termica, capace di riprendere dimensioni e
conformazione originali quando portata alla
Dott. Maurizio
D'Amico, Responsabile
Laboratorio
Emodinamica
Cardiologia 2 A.O.
Città della Salute e
della Scienza di Torino
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CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
1
2
3
20
1 - CoreValve
2 - approccio transfemorale
3 - protesi impiantata, come risulta a fine procedua
temperatura corporea. In pratica la valvola
viene montata ed incappucciata su un sistema di rilascio in acqua ghiacciata assumendo un profilo molto basso. Una volta portata la protesi all’altezza della valvola nativa
viene rilasciata e trovandosi circondata dal
sangue a circa 37°C riprende le sue dimensioni posizionandosi definitivamente nella
sede scelta dall’operatore.
Nei primi anni la metodica TAVI (Transcateter Aortic Valve Implantation) prevedeva
necessariamente l’anestesia generale del
paziente, l’utilizzo di circolazione extracorporea durante l’impianto e l’esposizione chirurgica dell’arteria femorale per la puntura.
La durata media di una procedura per entrambi i tipi di valvola era di 4-5 ore.
Già nel 2006 il catetere della CoreValve
venne ridotto a 18 fr, cioé circa 6 mm, una
dimensione assai più adatta all’approccio
arterioso transfemorale.
Attualmente l’impianto transfemorale di entrambi i tipi di valvola avviene in sedazione
leggera del paziente, in anestesia locale e
utilizzando una via tutta percutanea preimpiantando un sistema di chiusura dell’arteria femorale adatto a questi grossi calibri.
La durata media di una procedura si è ridotta a 60 - 90 minuti.
Il programma TAVI è iniziato nel nostro Dipartimento nell’anno 2006 reintroducendo
una metodica considerata obsoleta come
la Valvulplastica aortica per il trattamento
palliativo di malati compassionevoli. Nel
maggio 2008 abbiamo effettuato i primi due
impianti di Core Valve in pazienti considerati inoperabili.
Nell’aprile 2009 è iniziato il programma di
impianto delle valvole Edwars-Sapiem sia
per via transfemorale che transapicale. Attualmente sono state impiantate nel nostro
centro più di 150 valvole. Nel tempo si è
aggiunto anche l’accesso trans-succlavia nei
pazienti con severa patologia degli assi arteriosi iliaco femorali o con patologie dell’aorta discendente.
La selezione dei pazienti da sottoporre a
questo tipo di procedura è molto accurata.
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
4
5
6
4 - valvola Edwards-Sapiem
5 - approccio transapicale
6 - protesi impiantata, come risulta a fine procedua
Questa metodica infatti è riservata a pazienti inoperabili o considerati ad alto rischio
per un normale approccio cardiochirurgico.
I motivi di questa robusta selettività nella
scelta dei pazienti si basano principalmente
su ragioni cliniche ed economiche. La sostituzione valvolare aortica chirurgica ottiene
nei pazienti non gravati da particolari comorbidità e più giovani eccellenti risultati
immediati e a distanza. La TAVI è una metodica giovane, le protesi in commercio rappresentano una prima generazione di device
(prodotti) ampiamente migliorabile e come
successe negli anni ’80, con l’introduzione
delle protesi valvolari biologiche in cardiochirurgia, ancora in corso di valutazione per
quanto riguarda la loro durabilità.
I risultati che stiamo ottenendo nel nostro
centro come i risultati dei registri nazionali ed internazionali, operando su pazienti
molto gravi, spesso molto anziani e gravati
da multiple comorbidità sono molto incoraggianti ed in progressivo miglioramento.
Oltre ai pazienti inoperabili o ad alto rischio
la TAVI si propone quindi per pazienti ”fragili” o molto anziani.
Alcuni studi in Europa sono iniziati per valutare l’efficacia della TAVI in pazienti più
giovani e con caratteristiche di rischio intermedio, i risultati preliminari sono incoraggianti ma necessitano di tempo e di un
campione più vasto.
Una considerazione particolare deve essere
riservata alle questioni economiche, specialmente in questi anni di difficoltà per i
sistemi sanitari.
A gravare economicamente sulla metodica è
l’alto costo delle protesi compensato in parte dalla riduzione dai tempi di ricovero e dal
minore impegno di questi pazienti. Come
detto, quando non insorgono complicanze,
non vi è necessità di circolazione extracorporea, di anestesia generale e di ricovero in
rianimazione. I pazienti dopo la procedura
tornano in Unità Coronarica dove rimangono
per un periodo breve prima di iniziare una
precoce riabilitazione.
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CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
IN QUESTI ANNI SIGNIFICATIVI MIGLIORAMENTI NEL CAMPO
DELL’ELETTROSTIMOLAZIONE
Diamo una scossa al cuore
Tecnologie innovative per rimediare efficacemente a vari tipi
di problemi cardiovascolari. I vantaggi dell’integrazione fra
Cardiologia 1 e 2 delle Molinette
di Carlo Budano
Dott. Carlo Budano,
responsabile sala di
elettrostimolazione
Cardiologia 2
22
Il reparto di Cardiologia 2 della
Città della Salute e della Scienza
di Torino, diretto dal Dott. Sebastiano Marra, è una struttura
complessa in cui operano 2 sale
interventistiche: una è dedicata
a interventi di emodinamica ed
una all’elettrostimolazione.
La sala multifunzionale che
svolge interventi di elettrostimolazione, è stata completamente ristrutturata nel corso
del 2008, grazie ai fondi della
Compagnia San Paolo. Il servizio, gestito e coordinato dal
sottoscritto, impiega uno staff
composto da 1 medico e due infermieri professionali in modo continuativo e dedicato.
In questi anni l’attività del servizio di elettrostimolazione ha continuato a svolgere circa 300 interventi l’anno e oltre 1200 visite ambulatoriali.
La continua collaborazione all’attività di Elettrofisiologia e Elettrostimolazione della Cardiologia
1 diretta dal Prof. Fiorenzo Gaita ha contribuito
alla creazione di un’interscambiabilità e integrazione tra le due divisioni. Tutto questo ha portato a un’ottimizzazione delle attività, riducendo
i tempi di attesa nelle sale e alla riduzione delle
degenze medie.
Negli ultimi anni la tecnologia e le applicazioni
della stimolazione cardiaca si sono evolute con
estrema rapidità. I metodi utilizzati sono sempre più promettenti ma non per questo meno
complessi.
Il cuore è una pompa che fa circolare sangue
in tutto il corpo, la cui contrazione è regolata da un sistema di conduzione, un sofisticato
“impianto elettrico” all’interno del muscolo cardiaco. Una malattia del sistema di conduzione
può determinare un battito lento o irregolare
che può provocare senso di vertigine, svenimenti, mancanza di respiro. Le aritmie ipocinetiche
possono essere trattate mediante impianto di un
pace-maker definitivo.
Nei pazienti sintomatici per sincope, è possibile
eseguire l'head-up tilt test esame diagnostico
che permette di monitorare la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa sistemica in clinostatismo (paziente sdraiato), nel passaggio dal clinostatismo all’ortostatismo (paziente in piedi)
e per 20-30 minuti durante la posizione eretta.
Il test è un metodo di comune utilizzo clinico
per la diagnosi delle sincopi di origine sconosciuta e per la valutazione dei pazienti con sintomi aspecifici, quali sensazioni d’instabilità o
disequilibrio. Il test nei pazienti con instabilità
permette di evidenziare un’eventuale ipotensione ortostatica e di correlare la risposta pressoria
con l’insorgenza dei sintomi.
Nei casi di sincope inspiegata è possibile procedere ad un impianto di monitor cardiaco (o Loop
Recorder). È un dispositivo di piccole dimensioni programmato per monitorare continuamente
l'attività del cuore sotto forma di elettrocardiogramma (ECG). Il monitor cardiaco è posto
sottocute, nella porzione superiore del torace,
mediante una procedura chirurgica semplice e
minimamente invasiva.
La gestione dei pazienti portatori di pacemaker richiede la giusta attenzione con continui
follow-up e visite di controllo.
Il servizio di elettrostimolazione dispone della tecnologia più innovativa, infatti i sistemi attualmente utilizzati, prevedono anche la
possibilità, con opportuna strumentazione aggiuntiva, di prelevare dati di tipo clinico, che
in aggiunta ai parametri interni al dispositivo,
consentono un monitoraggio più completo del
paziente portatore di dispositivo. Tale sistema
di controllo, che non è da considerarsi come un
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
servizio di emergenza, permette in sostanza di
avere un link continuo tra il paziente, l’aritmologo e il clinico, con l’obiettivo di migliorare la
qualità di vita del paziente e di garantire elevati
standard di cura e controllo dello stesso.
Cos’è il pacemaker?
Per pacemaker, termine inglese che significa
"segnaritmo", intendiamo un apparecchio capace di stimolare elettricamente la contrazione del
cuore quando questa non è assicurata in maniera
normale dal tessuto di conduzione cardiaca.
Infatti, il pacemaker è un piccolo dispositivo che
serve a generare impulsi elettrici per stimolare
il cuore e quindi a farlo attivare alla frequenza
necessaria a pompare la quantità di sangue richiesta quando non è in grado di farlo da solo.
In presenza di una bradi aritmia (aritmia a bassa
frequenza) che produca dei sintomi oppure una
condizione di rischio per il paziente, l’impianto di un Pacemaker normalizza il ritmo cardiaco
trattando il problema.
Il sistema di stimolazione è composto dall’insieme di un generatore d’impulsi e fili elettrici
(tecnicamente chiamati elettrocateteri o solamente cateteri). Il generatore attraverso l’elettrocatetere entra in comunicazione con il cuore:
ne rileva l’attività spontanea ed entra in funzione quando necessario inviando un impulso
elettrico artificiale.
L’impianto del pacemaker è un intervento relativamente semplice e di breve durata. Si procede
con l’incisura della pelle sotto la clavicola e si
fanno passare gli elettrocateteri attraverso una
vena della regione alta del torace fino all’interno del cuore, nella regione che interessa, controllandolo con i raggi X (Fig.1). Seguono una
serie di misure elettriche per verificare la corret-
Dott. Carlo Budano e il suo staff
ta posizione ed il corretto funzionamento degli
elettrocateteri. A questo punto il pacemaker è
collegato e alloggiato in una piccola tasca creata sotto la pelle. La posizione dello stimolatore è
determinata dal medico valutando la corporatura
e lo stile di vita del paziente. Generalmente l’impianto è effettuato in sede sotto-claveare a sinistra per evitare interferenze con l’uso del braccio
destro. Ovviamente in caso di soggetto mancino
o in casi particolari l’impianto può essere eseguito in sede sotto-claveare destra.
All’interno del pacemaker ci sono delle speciali batterie e dei circuiti sofisticati che servono
a stimolare e a monitorizzare tutto quello che
succede nel cuore. Il tutto si svolge in anestesia
locale, in una sala dotata di apparecchi radiologici e di adeguati sistemi di controllo.
Dopo l’intervento è opportuno tenere immobile la
spalla dal lato del pacemaker per almeno 24 ore
per permettere agli elettrocateteri di fissarsi bene
e mantenere nel tempo la stessa posizione che è
fondamentale per il loro corretto funzionamento.
Gli elettrodi possono essere bipolari (anodo e catodo entrambi all’interno del cuore) o monopolari
(catodo nel cuore e anodo solitamente costituito
dalla custodia metallica dello stesso stimolatore
cardiaco). I sistemi di ancoraggio dell’elettrocatetere nelle camere cardiache, possono essere a
fissaggio passivo, cioè presentano delle appendici
di materiale isolante (barbe) poste ai lati dell’elettrodo distale; oppure a fissaggio attivo il cui
sistema di ancoraggio è costituito da una vite.
Esistono molti tipi di pacemaker: il giusto modello è scelto per singolo paziente a seconda sia
del tipo di bradi aritmia da trattare che delle
caratteristiche del paziente stesso. Il numero
e il tipo di elettrocateteri da utilizzare dipendono ugualmente da queste condizioni. La più
opportuna modalità di stimolazione del cuore e
di conseguenza la scelta del materiale da impiantare hanno l’obbiettivo di ripristinare una
condizione del ritmo cardiaco quanto più simile
possibile a quella normale. Attualmente, inoltre,
il Pacemaker può essere utilizzato in casi selezionati per migliorare la forza di contrazione del
23
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
cuore (stimolazione bi-ventricolare o terapia di
resincronizzazione cardiaca) e ridurre i sintomi
dello Scompenso Cardiaco.
Dopo l’impianto, i portatori di pacemaker possono riprendere la loro attività come prima e anche meglio di prima, se quest’attività era stata
limitata o compromessa a causa della malattia
elettrica del cuore. In particolare non vi sono
limitazioni al movimento fisico, alle posizioni
del corpo e anche negli sport in genere, fatta
eccezione per i primi giorni.
Vivere con un pacemaker non è una menomazione, lo dimostra l’esperienza di milioni di pazienti
in tutto il mondo.
L’impianto presenta un’elevatissima probabilità
di successo e un basso rischio di complicanze
importanti (inferiore all’1% nelle casistiche più
estese).
Tra le complicanze possibili vi sono:
1)la perforazione della parete del cuore o
di vene o arterie, con conseguente sanguinamento la cui gravità dipende dalla
sede e dalla estensione;
2)l’infezione della tasca di alloggiamento
del generatore, che potrebbe richiedere
una procedura di espianto e reimpianto
contro laterale.
Tali complicanze possono essere letali in meno
di un caso su mille.
Prima della dimissione dall’Ospedale al paziente
sarà consegnata una Tessera di Portatore di Pacemaker in cui sono contenuti i dati del medico,
il tipo di dispositivo e di cateteri che sono stati
impiantati e altri dati. La tessera deve essere
sempre portata con sé (il portafogli o il portadocumenti sono il posto ideale) e va esibita
tutte le volte che lo si ritenga opportuno. Questo consente a qualunque medico di conoscere il
pacemaker impiantato e di poterne interpretare
il funzionamento.
Il Medico del Centro di Stimolazione dove si è
eseguito l’impianto stabilirà il calendario e le
regole dei controlli successivi. I controlli sono
eseguiti per verificarne il corretto funzionamento nel tempo e il consumo progressivo della batteria.
Quando la batteria raggiungerà un determinato
livello, il Medico stabilirà quando eseguire la
sostituzione del pacemaker. Tale intervento è
più semplice dell’impianto poiché si utilizzano
i cateteri in precedenza posizionati; è pertanto necessario semplicemente aprire la tasca di
alloggiamento del pacemaker, sconnettere il generatore e sostituirlo con uno nuovo. Le complicazioni sono pertanto ancora più rare.
COME SI IMPIANTA UN
PACEMAKER?
PRECAUZIONI DOPO
L’IMPIANTO
CONSIGLI PER IL PAZIENTE
SOTTOPOSTO AD IMPIANTO
DI PACEMAKER
• Impiantare un Pacemaker richiede un
piccolo intervento che di solito è eseguito in anestesia locale. Viene anche
utilizzata la comunicazione ipnotica al
fine di ottenere la massima collaborazione e tranquillità del paziente stesso.
• La procedura è monitorata attraverso
Raggi X.
• La procedura richiede dai due ai tre
giorni di ricovero.
• Nei giorni dopo l’impianto è necessario
evitare movimenti bruschi della spalla
dal lato dell’impianto in modo da non
interferire con il processo di cicatrizzazione.
• Talvolta è possibile percepire un lieve
dolore sulla ferita dove è stato praticato l’impianto. Questi dolori in genere
svaniscono in breve tempo.
• Dopo i primi giorni è possibile muoversi liberamente tornare al proprio stile di
vita abituale. Salute permettendo, tutti
gli aspetti di una normale vita quotidiana sono permessi, inclusi attività fisica
e il sesso.
• Il pacemaker è protetto dalle interferenze elettriche prodotte dagli elettrodomestici. Alcuni apparecchi elettrici tuttavia possono interferire con
il dispositivo (saldatrici ad arco, apparecchi contenenti potenti magneti,
dispositivi che rilasciano elettricità nel
corpo).
• Portare sempre regolarmente tutte le
medicine prescritte dal medico.
• Presentarsi sempre regolarmente agli
appuntamenti di controllo del pacemaker.
• Portare sempre con sé il cartellino
di Portatore del Pacemaker, il posto
ideale è nel portafogli o insieme ai documenti d’identità.
• Avvertire sempre il medico se la ferita
diventa rossa, calda, gonfia, dolente o
secerne liquido o se hai sintomi quali
febbre, capogiri, dolore al torace o debolezza.
• Informare tutti i medici ed il dentista
che sei un portatore di pacemaker.
• Seguire le indicazioni del medico relativamente all’attività fisica.
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CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
L’USO DEI DEFIBRILLATORI NON VIENE CONSIDERATO
INDISPENSABILE IN FERROVIA
Grandi emozioni e pochi rischi
sui treni ad alta velocità
Gli arresti cardiaci sono rarissimi, anche se suscitano particolare
scalpore. Trenitalia l’anno scorso ha trasportato su questi convogli quasi
40 milioni di persone. Più utile l’impiego nelle grandi stazioni
di Sebastiano Marra
L'arresto cardiaco improvviso è un importante problema nella gestione della salute
pubblica in qualsiasi Nazione o Regione. Negli Stati Uniti (quasi 300 milioni di abitanti) si calcolano 250.000 – 300.000 decessi
per anno per questa causa.
Una immediata e correttamente eseguita
manovra di rianimazione cardiopolmonare
(CPR) e una precoce defibrillazione sono
gli unici interventi fuori da una struttura
ospedaliera che possono migliorare l'esito
di questo terribile evento.
In Regione Piemonte durante il periodo
febbraio 2012–febbraio 2013, (dati forniti
cortesemente dal Dott. Bono, Direttore Dipartimento Interaziendale 118) i pazienti
con arresto cardiocircolatorio, esclusi quelli
avvenuti a domicilio, sono stati 322. Quelli
con esito positivo cioè con recupero per una
ottimale rianimazione e defibrillazione, da
parte di operatori del sistema del 118 Regionale sono stati 136 (42 %) mentre in 186
pazienti non si è avuto un esito positivo.
Gli arresti cardiaci considerati (escluso il
codice: domicilio) sono avvenuti in ambiente di lavoro, esercizio pubblico, strada,
impianto sportivo e altri minori, sempre al
di fuori di una Struttura Ospedaliera. In Piemonte esistono distribuiti in vari ambienti
(farmacie, comuni, ambienti sportivi, de-
legazioni di società di assistenza ecc., ambiti lavorativi, centri commerciali), un
totale di 262 defibrillatori
fissi. Inoltre, 70 defibrillatori sono disponibili per eventi
e manifestazioni varie: possono essere sistemati temporaneamente presso la sede
degli eventi.
Un recente episodio di morte improvvisa su un treno ad
alta velocità, verosilmente
secondario ad un infarto cardiaco, ha messo in evidenza l'importanza dell'assistenza
soprattutto negli ambienti più frequentati
dalla popolazione. Il criterio ambientale indicativo di alta incidenza di morte improvvisa è il seguente: un arresto cardiaco ogni
2 o 5 anni rispettivamente secondo i criteri
dell'European Resuscitation Council e quelli
dell'American Heart Association.
Dott. Sebastiano
Marra
Gli ambienti delle grandi stazioni ferroviarie
sono considerati ad alta incidenza di arresto cardiaco avendo una incidenza media di
1.8 arresti ogni 5 anni, per singola area di
grande stazione.
Ricordiamo che in Piemonte abbiamo 2
stazioni ferroviarie, non proprio definibili
“grandi stazioni“, che hanno impiantato un
25
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
defibrillatore semiautomatico: esse sono Canelli e Villanova d'Asti.
Non conosciamo i criteri di scelta, comunque sempre apprezzabili che hanno portato a decidere l'impianto dei defibrillatori in
queste due piccole stazioni ferroviarie.
Evidentemente gli eventi d'arresto cardiaco
sui treni ad alta velocità non sono così frequenti, da giustificare l'impianto di defibrillatori su tutti i convogli di questo tipo.
Alcuni dati che TRENITALIA ci ha comunicato
indicano che nel 2012 i viaggiatori trasportati dai vari treni veloci sul territorio nazionale (Frecciarossa, Freccia Argento, Frecciabianca) sono stati in totale 39.837.652.
Il rapporto proporzionale di questo tragico
evento su un treno ad alta velocità rispetto ai possibili eventi nelle grandi stazioni è
quindi nettamente inferiore.
I treni veloci mediamente hanno intervalli di percorrenza tra le varie stazioni, che
oscillano intorno all'ora, poco più e poco
meno. Quindi anche se l'evento suscita
grande emozionalità, esso è estremamente
26
raro e certo inferiore all'incidenza dell'arresto nelle grandi stazioni.
Si deve considerare che nell'anno i chilometri complessivi percorsi dai viaggiatori sono
stati 12 miliardi e 310 milioni. La tendenza, comunque, all'uso dei treni veloci è in
chiaro aumento! La rotta Torino – Roma ha
registrato un incremento del 27% rispetto al
2011. E il recente arrivo di ITALO con i suoi
treni amplia le prospettive.
Si deve inoltre sempre considerare il costo
da affrontare per avere un sistema efficiente
come quello dimostrato dal 118 Piemontese.
Non basta posizionare un defibrillatore in
un luogo ad alta affluenza di pubblico (costo intorno ai 1000- 1500 Euro), ma soprattutto bisogna provvedere all' addestramento
del personale che lavora in quegli ambienti.
L'addestramento va fatto in modo continuo
e ripetuto dai pochi esperti autorizzati a
poterlo fare mediante corsi che hanno dei
costi ed un impegno di persone e materiale
idoneo.
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
LA STORIA • MEDICINA A TORINO, UNA CORSA VERSO L'ECCELLENZA
Quando Dogliotti si comprò
un pacemaker negli USA
Dai primi passi in italia negli anni ’60 con il famoso chirurgo e il
prof. Actis Dato agli sviluppi di raffinate tecnologie. La collaborazione
tra Università e Molinette ha portato, fra l’altro, all’impianto del primo
dispositivo al mondo con batterie al litio
prof. Pier Giorgio Golzio
Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento importante dell’utilizzazione di pacemakers e defibrillatori.
Com’è risaputo, i pacemakers intervengono stimolando
il cuore quando l’attività cardiaca spontanea è insufficiente, mentre i defibrillatori erogano terapie elettriche
(come il pacing antitachicardico e lo shock) in grado
di interrompere aritmie gravi e potenzialmente fatali,
come la tachicardia ventricolare e la fibrillazione ventricolare.
In molti casi, si tratta di dispositivi “salvavita”. È
questa la situazione dei pacemakers impiantati nei
pazienti con blocco cardiaco avanzato, che hanno
avuto un arresto cardiaco. O dei defibrillatori impiantati nei pazienti che hanno già avuto una fibrillazione
ventricolare, dalla quale sono stati rianimati.
Ma questi apparecchi migliorano molto anche la qualità della vita. Ad esempio, i pacemakers migliorano i
sintomi nei pazienti con bradicardia spiccata, e insufficiente aumento di frequenza sotto sforzo; oppure,
migliorano la vita anche nei pazienti con associazione
di bradicardia e tachicardia (la cosiddetta “sick-sinus
syndrome”), dove la disponibilità di un back-up di
pacing per il trattamento della bradicardia permette
di poter usare con tranquillità quei farmaci che controllano la tachicardia. Ancora, i pacemakers riducono
i sintomi anche nei pazienti con sincopi recidivanti,
gravi, traumatiche.
Più recentemente, sono stati introdotti dispositivi
biventricolari, che attraverso un elettrodo tradizionale, impiantato nel ventricolo destro, e un secondo
elettrodo, impiantato attraverso il seno coronarico,
sono in grado di stimolare entrambi i ventricoli. Nei
pazienti con cardiomiopatia ipocinetica, scompenso cardiaco importante e ritardo di conduzione tra i
due ventricoli (il blocco di branca sinistra), non solo
migliorano la capacità funzionale, permettendo di ridurre la terapia farmacologica dello scompenso, ma
riducono anche le ospedalizzazioni
e la mortalità.
L’impianto di pacemakers definitivi
e defibrillatori è un’attività rilevante, per l’importanza numerica della casistica trattata. In Italia, nel
2010, sono stati effettuati circa
43.900 impianti (dati del Registro
Italiano Pacemakers e stima delle
industrie), con un tasso d’impianto di 725 per milione di abitanti.
In Europa, il massimo si registra in
Germania, con 927 impianti di dispositivi per milione di abitanti.
In Piemonte, nel 2010, sono stati
impiantati/sostituiti circa 6600
apparecchi (dati delle industrie e dell’Associazione
Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione). La prevalenza degli impianti è di 814 impianti di pacemakers e di 319 impianti di defibrillatori per milione di
abitanti. Come si può notare la prevalenza dei primi impianti di pacemaker è leggermente superiore a
quella nazionale.
Tuttavia, sempre nel 2010, in Piemonte, la cui popolazione rappresenta il 13,6% di quella italiana, si
impiantano circa l’8% dei pacemaker e il 9% dei defibrillatori, in 29 centri pubblici e 3 privati.
Ma la storia dei pacemaker è iniziata molto tempo fa.
Paul Zoll a metà degli anni ’50 sperimenta il primo
stimolatore esterno transtoracico. Due elettrodi metallici del diametro di due pollici, connessi con un
generatore esterno, stimolano la parte destra e sinistra del torace.
“Sono paio di elettrodi che stimolano i muscoli di tutto
il torace ..è doloroso ..ma le persone che altrimenti sarebbero morte sono ancora vive …..è una sorta di miracolo…. ", scrive Zoll nel 1955.
Prof. Pier Giorgio
Golzio
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CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
Fig. 1 Il primo pacemaker, con due
soli transistors. La scatola di lucido per scarpe Kiwi
usata come stampo per fondere la resina epossidica dell’involucro.
Fig. 2 - Il primo
pacemaker italiano
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Ma l’inizio dell’era moderna dei pacemakers è legata a tre persone, Ake Senning, Rune Elmquist e Arne
H.W. Larsson. Elmquist è il direttore della Divisione
Elettromedicale della Elema Shönander di Stoccolma.
Senning, chirurgo, lavora presso il Dipartimento di Chirurgia Toracica del Karolinska Institute di Stoccolma. Il
paziente è Arne H. W. Larsson di 43 anni con BAV III
e sindrome di Adams-Stokes, con andamento ingravescente, tanto che nel mese di settembre 1958 deve essere rianimato fino a 30 volte in un giorno. La moglie,
Elsa Maria, a conoscenza della attività sperimentale di
Senning ed Elmquist, li prega di fare presto. Spinto dalla urgenza, Elmquist costruisce due pacemakers, molto
semplici, con due soli transistors (Figura 1). La resina
epossidica isolante, che ingloba i circuiti, viene fusa in
una scatola di lucido per scarpe della British Kiwi. L’8
ottobre 1958 al Karolinska Hospital, Senning impianta
il primo pacemaker. Per evitare pubblicità, l’impianto viene eseguito la sera, con le altre sale operatorie
chiuse. Il pacemaker (Elema Shönander) è connesso ad
un elettrodo epicardico ed impiantato nell’addome. Il
primo pacemaker dura soltanto 3 ore, il secondo una
settimana. Ma la storia dei pacemaker era iniziata.
Si hanno ben presto miglioramenti tecnologici importanti, legati ai nomi di Greatbatch (ingegnere) e
Chardack (chirurgo). Earl Bakken, che fonderà una delle
maggiori case produttrici di pacemakers, la Medtronic,
all’inizio degli anni ’60 comincia a costruire i pacemakers in un laboratorio allestito nel garage di casa, a
Minneapolis.
E in Italia? La storia della elettrostimolazione è legata alle Molinette. Achille Mario Dogliotti nel 1962 va
negli Stati Uniti, e compra di tasca sua un pacemaker,
che riporta in Italia e che impianterà a Torino con
Angelo Actis Dato. Nel 1965 viene pubblicata la prima
esperienza delle Molinette e dell’Università di Torino
sull’impianto di pacemakers. Gli allievi di Dogliotti e
Actis Dato sono quei Professori Antonio Grande e Giacomo Gobbi che insegneranno la tecnica di impianto
dei pacemakers a tutto il Piemonte. Sempre a Torino
c’è un supporto tecnico importante, rappresentato
dalla Sorin, Società Ricerche Nucleari, che nasce alla
fine degli anni ’40, voluta da Vittorio Valletta, per
costruire la centrale nucleare di Saluggia, che avrebbe dovuto coprire il fabbisogno elettrico della FIAT.
Questo progetto non viene realizzato, e la Sorin si
dedica alla attività di diagnostica radioisotopica e
alla costruzione di pacemakers e valvole cardiache
artificiali. Grazie alla collaborazione tra Angelo Actis
Dato e la Sorin, viene costruito il primo pacemaker
italiano (Figura 2). I miglioramenti tecnici continuano, e sempre alle Molinette, con il professor Giacomo
Gobbi, viene impiantato il primo pacemaker al mondo
con batterie al litio, il LEM Lithium Cardiochron. È
il 13 marzo 1972. Ancora, il 3 giugno 2003 sempre
il Professor Gobbi, con i Dottori Luigi Libero e Pier
Giorgio Golzio, impianta il primo pacemaker in Italia
dotato di regolazione automatica battito-battito della
corrente di stimolazione, il Microny St. Jude Medical.
Attualmente alle Molinette l’impianto di pacemakers
viene effettuato presso entrambe le Cardiologie, Universitaria del Professor Gaita ed Ospedaliera del Dottor Marra. Si eseguono le procedure di impianto di
tutti i tipi di dispositivi, pacemakers, defibrillatori,
biventricolari, loop-recorders. Nel 2011 alle Molinette
sono stati impiantati/sostituiti 448 pacemakers, 101
defibrillatori, 50 biventricolari e 53 loop-recorders.
Sono stati effettuati 3255 controlli di pacemakers, e
1081 di defibrillatori.
Le Cardiologie collaborano con la Cardiochirurgia del
Professor Rinaldi, e le Molinette sono l’unico centro
in Piemonte ad avere esperienza circa le problematiche specifiche della cardiostimolazione nel paziente
trapiantato cardiaco.
La Cardiologia Universitaria collabora con la Cardiologia Pediatrica per l’impianto di defibrillatori nei
bambini, ed ha in corso con la Chirurgia Plastica e
Ricostruttiva Universitaria del Professor Bruschi un
programma di trattamento delle problematiche cutanee e muscolari locali nei pazienti portatori di devices. Ancora, le Molinette sono di fatto il centro di
riferimento regionale per la estrazione dei cateteri di
pacemakers/defibrillatori malfunzionanti e/o infetti.
La storia continua….
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
In campo con la nostra
Onlus
IN CARDIOLOGIA 2 UNA INIZIATIVA CHE AIUTA PSICOLOGICAMENTE
I PAZIENTI
Ricoveri più comodi con la TV
Per la prima volta installati apparecchi in ogni camera di degenza,
nel soggiorno e nelle sale d’attesa. L’aiuto degli Amici del Cuore e
della ditta Gozzo Impianti
di Gerardo Bocchino
Coordinatore infernieristico S.C. Cardiologia 2
Nella vita di una persona il ricovero ospedaliero
è un momento estremamente particolare. Se da
un lato sussiste un problema di ordine clinico da
affrontare o da chiarire, e quindi occorre intraprendere un percorso di diagnosi e cura, dall'altro il ricovero destabilizza psicologicamente e
socialmente il soggetto.
I sanitari e tutti gli operatori che intervengono
nel processo assistenziale devono rappresentare
per il paziente un riferimento ben definito e nello stesso tempo instaurare con lui un rapporto
di fiducia. Inoltre, chi si trova in un momento
difficile, tra dubbi e timori, deve il più possibile
soggiornare in un luogo confortevole, anche dal
punto di vista strutturale e ambientale.
Il reparto di Cardiologia Ospedaliera diretta dal
Dottor Sebastiano Marra, ristrutturato in un tempo relativamente recente (anno 2003), risulta a
tutt'oggi, grazie alla professionalità del personale sanitario e degli operatori socio assistenziali,
un posto comodo, dove il paziente viene accolto
con cortesia. Le stanze di degenza, ad esempio,
sono tutte dotate di servizi igienici.
Il benessere fisico e psicologico è posto in primo piano: il paziente viene considerato nella sua
complessità e globalità. È quindi dedicata molta
attenzione al lavoro d'equipe tra le diverse figure
professionali e agli aspetti relazionali sia tra i
componenti del gruppo che verso i ricoverati.
Ma i progressi non finiscono mai. L’anno scorso,
grazie all'Associazione Amici del Cuore, presente
attivamente nel nostro reparto e in molteplici
attività anche extra ospedaliere, e grazie ad un
atto di generosa liberalità della ditta Gozzo Impianti, l'ambiente di ricovero è diventato ancor
più confortevole. La sistemazione di televisori in
ogni stanza di degenza, nel soggiorno, nelle sale
d'attesa anche ambulatoriali, ha portato apprezzamenti e consensi. Volete qualche esempio?
Ecco qualche commento. «Posso vedere la partita di calcio»;
«Sembra di essere in una clinica privata»; «Possiamo anche
noi seguire gli avvenimenti dal
mondo esterno, come a casa».
In ogni stanza di degenza della
corsia ordinaria è stato installato un televisore da 32 pollici munito di telecomando: è in
una zona accessibile alla vista
dei pazienti (nella medesima
camera possono essere accolti
da 2 a 4 ospiti). È così possibile
trascorrere il tempo in maniera
più piacevole, mantenersi aggiornati e non sentirsi isolati. La tivù si rivela
anche uno strumento di socializzazione tra chi
deve convivere nello stesso ambiente.
Inoltre, anche il soggiorno, arricchito da una
piccola libreria, offre un televisore. Una scelta
simpatica per chi può trascorrere qualche ora
al di fuori della propria camera insieme con i
familiari. Un importante momento di condivisione emotiva da vivere in relax, proprio come nel
salotto casalingo. Tutto questo fa parte di quel
concetto di umanizzazione che deve guidare, a
ogni livello, chi opera nel mondo della sanità.
Gerardo Bocchino,
caposala
Cardiologia 2
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CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
Meeting a Moriondo per
estendere l’attività di
prevenzione
Come sapete l’impegno principale della nostra Associazione è rivolto alla prevenzione.
E, in tal senso, ogni occasione è valida per
insistere su questo tasto. Così, nello scorso
autunno, per la nostra giornata della salute ci siamo incontrati a Moriondo, dove si
celebrava la festa del <cavolo liscio>, una
manifestazione che raduna centinaia di persone e che, quindi, si prestava in modo eccellente alla nostra presenza. Eccoci, allora,
in campo con soci e volontari della Onlus e
con il supporto dell’unità mobile cardiovascolare: il camper, con le sue attrezzature,
è subito diventato un centro di attrazione.
La giornata, favorita dal bel tempo, è stata
allietata dalle esibizioni della banda musicale e arricchita dalla presentazione dei corpi sociali organizzati di Moriondo, splendido
paese che fa onore al Piemonte. Notevole
l’affluenza di pubblico e, dobbiamo dirlo
senza falsa modestia, gli Amici del Cuore
hanno ricevuto complimenti e manifestazioni di stima per l’attività di volontariato che
svolgiamo. Molto gentilmente la Pro Loco ci
ha ospitato a tavola nel suo tendone.
Coloro che desiderano sostenere la nostra
Onlus potranno effettuare donazioni tramite
Bonifico bancario intestato a:
Amici del Cuore Piemonte Onlus
Banca Intesa Sanpaolo
IBAN IT10 Z030 6909 21710000 0031305
30
oppure sul
conto corrente postale n. 19539105
Intestato a: Amici del Cuore Piemonte Onlus Cardiologia 2 - C.so Bramante, 88
10126 TORINO
Una occasione di incontro che ha avuto un
seguito di grande interesse: nel corso della
giornata vi è stato un meeting dei sindaci
del Chierese che hanno avuto l’opportunità
di valutare ed apprezzare la nostra Associazione e la sua organizzazione sul campo.
Abbiamo spiegato chi siamo e come operiamo, ribadendo l’utilità della prevenzione nel
campo delle malattie cardiovascolari.
Ne è nato un primo pour parler con il folto
gruppo dei sindaci che hanno manifestato il
desiderio di avere una nostra presenza nei
loro Comuni. L’impegno con l’amico Zanchi è
di incontrarsi quanto prima con le varie amministrazioni locali per definire nei dettagli
i programmi per l’estate e l’autunno. Una
opportunità che amplia il raggio di azione
degli Amici del Cuore a vantaggio della salute pubblica.
Amici del Cuore vi invita a partecipare al ciclo di
incontri organizzati con la Circoscrizione 8 di Torino
I lunedì pomeriggio sulla Prevenzione
La Prevenzione: un nuovo stile per
migliorare la qualità della vita
presso Molecular Biotechnology Center
Scuola di Biotecnologie - Università di Torino
Via Nizza 52, Torino - dalle ore 16,30 alle ore 18,30
dal 4 marzo all'11 novembre 2013
ingresso libero fino a esaurimento posti
Per informazioni e calendario completo rivolgersi a:
Informa8 Via Ormea 45 (piano terra) 10125 TORINO
Tel. 011 4435837 / 011 4435895 / 011 4435883
lunedì, mercoledì, giovedì orari: 9.30 – 12.30 / 14,30 – 16,30;
martedì e venerdì orari: 9,30 – 12,30
e-mail: [email protected] www.comune.torino.it/circ8
Hanno collaborato: Acat, Airh, ALICe, Amici del Cuore, AsmAllergie,
Città della Salute, Fondazione Carlo Molo, Fondazione per la Ricerca
Molecolare, Lilt, Lions, S. Caterina da Siena, Sds, Maria Pia Hospital
Con il patrocinio di
CARDIO PIEMONTE • N. 1/2013 gennaio/aprile 2013
PIEMONTE ONLUS
Associazione di volontariato per la
prevenzione delle malattie cardiovascolari
AVVISO DI CONVOCAZIONE ASSEMBLEA GENERALE
A TUTTI I SOCI DELLA onlus, IN REGOLA CON LE QUOTE SOCIALI DEL 2012
È convocata per il giorno 20 aprile 2013 alle ore 8 del mattino ed in seconda convocazione
domenica 21 aprile 2013 alle ore 10 l’assemblea ordinaria annuale dei Soci della onlus, presso
il CIRCOLO COMUNALE DI CORSO SICILIA 12, con il seguente ordine del giorno:
• Relazione Attività 2012
• Approvazione Bilancio Consuntivo 2012
• Approvazione Bilancio Preventivo 2013
• Approvazione Relazione Revisori dei Conti
• Nomina Consiglieri e Revisori dei Conti
• Varie ed eventuali
L’ Assemblea sociale ordinaria è convocata ai sensi degli articoli 12 e 13 dello statuto.
Si invitano i Soci in regola con il versamento della quota sociale 2012 ad essere presenti o in
assenza motivata di dare delega ad un altro Socio (solo due deleghe max per Socio)
Il Presidente
Danilo Danielis
IL SOTTOSCRITTO
RESIDENTE IN
VIA
CITTÀ
DELEGA
IL SIG.
A RAPPRESENTARLO NELL’ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI DEL 21 APRILE 2013
DATA
FIRMA
31
fine del numero - arrivederci al prossimo -
La prevenzione
conquista i sindaci
DEFRIBILLATORI, DEVONO ESSERCI ANCHE IN TRENO?
CardioPiemonte dedica questa copertina a due argomenti importanti nel campo della prevenzione: la decisione di un folto gruppo di sindaci del Chierese di ospitare in estate e in
autunno i volontari dell’Associazione nei loro Comuni e la necessità di installare sui treni,
in particolate quelli dell’Alta Velocità, come Freccia Rossa e Italo (nella foto), i defribillatori. I sindaci, che vediamo radunati davanti all’unità mobile cardiovascolare, sono stati
conquistati durante un meeting a Moriondo dall’importanza delle visite di prevenzione,
apprezzando l’opera svolta dalla Onlus sul territorio. È un successo significativo che premia
la nostra attività e la scelta di operare a stretto contatto con il pubblico in un clima di
amichevole efficienza. Il secondo tema è altrettanto importante per la salute pubblica, come confermano anche alcuni fatti
di cronaca. In Italia circolano in treno milioni di viaggiatori,
ma non esiste l’obbligo di installare a bordo un defribillatore,
unico sistema per il soccorso di emergenza. È indubbiamente
un problema, specialmente sui convogli superveloci delle linee
TAV che viaggiano su percorsi propri con stazioni molto distanziate, ma non così prioritario, poichè l'incidenza degli arresti
cardiaci è molto rara. Rimane comunque una questione di sicurezza, come ci spiega nell’interno
Segnale indicante la presenza di
di CardioPiemonte un articolo
un DAE.
di Sebastiano Marra.
fine del numero - arrivederci al prossimo -