TEATRO DEL ‘500 Pagina 1 di 52 6-11-2012 7339 Il TEATRO del ‘500 di Dario Fo Alla fine del Quattrocento, quasi a cavallo del Cinquecento, presso le corti dei principi italiani nascono la moda e il piacere di mettere in scena le commedie di Plauto e Terenzio recitate nella lingua originale cioè il latino. Naturalmente si tratta di spettacoli per soli eruditi, infatti una buona parte di quel pubblico finge di capire e giunge perfino ovviamente falsa a farsi e qualche fuori tempo, risata, l’altra onestamente si annoia e basta. A questo punto i signori invitano i loro poeti di corte a tradurre in volgare possibilmente toscaneggiante le farse latine ed egualmente fanno altri letterati per proprio piacere senza alcuna sollecitazione di mecenati e padroni: i nuovi ottengono un discreto successo. allestimenti TEATRO DEL ‘500 Pagina 2 di 52 6-11-2012 Ma con le commedie si traducono in lingua parlata aulicheggiante anche le tragedie antiche: le Metamorfosi di Ovidio, tradotte da anonimi, l’Orfeo riscritto dal Poliziano, il Minotauro messo in scena da Michelangelo, ecc.. Queste ultime rappresentazioni ottengono un grande successo, non tanto per i testi, invero piuttosto scarsi, quanto allestimenti prodotto e dalle per per la fantasmagoria l’apparizione macchine degli e l’effetto sceniche davvero portentose. È la scenografia, quindi, che dà inizio al teatro del Rinascimento, acquisendo la macchineria dagli spettacoli sacri che si montavano già dal Medioevo nelle grandi chiese e cattedrali. Le capriate fungono da soffitta scenica: di lassù con ruote, argani, travicelli si calano veri e propri acrobati addobbati da angeli e santi che si lanciano in voli degni di spettacoli del circo. Qui vediamo la ricostruzione in scala uno a cento del progetto di un allestimento TEATRO DEL ‘500 Pagina 3 di 52 6-11-2012 teatrale nell’interno di una cattedrale fiorentina a opera del Brunelleschi. I disegni a noi pervenuti ci fanno immaginare gigantesche ruote che girano su se stesse reggendo santi, arcangeli e putti alati. Dal transetto proveniva un coro, di certo possente, con intermezzi delicati eseguiti da voci bianche. Leonardo da Vinci allestì a Milano, più o meno negli stessi anni per il duca Lodovico Il Moro e la sua corte, uno spettacolo in chiave surreale con analoghe macchinerie a dir poco stravolgenti: un cielo che rotea alto sul soffitto del salone con astri che scorrono percorrendo una larga parabola e bellissime ragazze rappresentanti divinità che vanno sospese nel vuoto come intarsiate in una geometria stellare. Alla fine la scena è invasa da luce, lampi e fuoco. Entra un cavallo alato che spruzza fiamme dalle narici, sul carro c’è un ragazzo luminoso che sfonda le tenebre. Ma quello che TEATRO DEL ‘500 Pagina 4 di 52 6-11-2012 desta maggior stupore è lo scoprire che il cavallo è una macchina semovente mossa da una meccanica tanto complessa ed efficiente che fa gridare al miracolo. Qualche anno prima Michelangelo aveva allestito a Mantova la spettacolare tragedia del Minotauro quasi alla maniera delle rappresentazioni sacre. C’è un narratore che commenta in rima le situazioni, presenta i protagonisti e recita per loro le parti di ogni intervento. I protagonisti, dal Minotauro, a Teseo, ad Arianna si muovono mimando e danzando la storia fino alla conclusione dove si assiste al gesto di Teseo che mozza il capo al mostro, gli cava il cuore e lo offre al Pontefice che presenzia allo spettacolo. Anche nelle commedie plautine tradotte, la nuova scenografia prospettica, i costumi sontuosi, gli effetti mirabolanti determinavano un qualche successo che però non riusciva mai TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 5 di 52 a far decollare l’opera in senso di divertimento fantastico e comico. Infatti come annota in un monologo polemico un poeta di spirito nuovo, il Lasca: “Come possiamo fingere così spudorati? Eccoci qua, inzuppati di linfa classica, tutti compunti e assorbiti dal rito di goder dell’antico, accettare supini lo svolgersi di queste comedie appena tolte dai sarcofagi. Plauto e Terenzio son autori di genio e videro i tempi loro; ma i nostri giorni sono d’un’altra maniera: abbiamo altri costumi, altra religione e altro gusto e regola di vita, e perciò bisogna far le comedie in altro modo; in Firenze non si vive come si viveva già in Atene e in Roma; non ci sono schiavi, non ci sono figliuoli adottivi, non ci vengono i ruffiani a vender le fanciulle, se abbiam quattrini ce le vengono a offrire direttamente i padri e le madri loro; né i soldati dal dì d’oggi nei sacchi delle città o de’ castelli pigliano più le bambine in TEATRO DEL ‘500 Pagina 6 di 52 6-11-2012 fascia e allevandole per lor figliuole, fanno loro la dote, ma piuttosto attendono a rubare quanto più possono e se per sorte capitasser loro nelle mani, o fanciulle grandicelle, o donne maritate (se già non pensassero cavarne buona taglia), torrebbero loro la verginità e l’onore. Senza contare che ai nostri padri romani era imposto per legge che ogni trama o fatto raccontato sulla scena si dovesse immaginare avvenuto in Atene o Corintio. Questo per evitare che con caricatura si giungesse a fare il verso ai senatori, ai principi e ai cesari del tempo loro. Noi, per fortuna, non abbiamo ancora leggi che ci impongano di camuffare luoghi, fatti e persone accioché le autorità non si debbano risentire dei lazzi e della satira che i comici vanno inscenando. A noi è dato di dar la baia a chi ci pare, fare il verso a qualsivoglia signore, padrone, banchiero, senza rischio d’esser carcerato, al massimo ci mozzeranno il capo!” TEATRO DEL ‘500 Pagina 7 di 52 6-11-2012 Ed egualmente Ruzzante riprende gli stessi argomenti nella presentazione della Vaccaria: “Dovendosi questa sera recitare una comedia, non vogliate biasmarla se essa non è latina, o in verso, o di lingua tutta polita; perché, se l’autore che l’ha pensata, che Plauto ha nome, fosse tra i vivi al tempo d’oggi, state certi che non la scriverebbe, non la metterebbe in scena in altra maniera se non in questa medesima di cui sarete fra poco spettatori.” E il Gelli aggiunge “facendo comedia noi abbiamo un impeto primo: quello di raccontare cose che tutto il giorno accaggiono col viver nostro”. Cresce così il bisogno di sentirsi “contemporanei, anche nella scrittura, ai propri avvenimenti”. Spuntano in ogni luogo autori di commedie che si ispirano ancora alle chiavi sceniche e alle situazioni dei classici ma vestono i personaggi e gli eventi di carattere, TEATRO DEL ‘500 Pagina 8 di 52 6-11-2012 tipi e cronache del tempo presente. Fra questi in primo piano appaiono Machiavelli, Ariosto, Bibbiena, Della Porta, Giordano Bruno, Annibal Caro, Andrea Calmo e tanti altri ancora. Un discorso particolare meritano il Folengo e il Ruzzante che si rifanno a loro volta al teatro antico, ma trasformandolo e vivendolo dentro la tradizione popolare, a partire dal linguaggio. Il valore propulsivo di tutto questo nuovo teatro che si pone quadriportici, in scena saloni di in tutte le corti, aristocratici e confraternite di borghesi per tutta l’Italia da Napoli fino a Venezia, Milano e Genova ha come chiave di volta la situazione e il suo raddoppio. Ma che significa teatro di situazione? E qual è la differenza rispetto letterario? Urge al un teatro esempio cosiddetto pratico. Analizziamo un’opera famosa di Shakespeare: Giulietta e Romeo. Qual è il turbine che muove gli innamorati a tanta passione? Lo scoprire le TEATRO DEL ‘500 Pagina 9 di 52 6-11-2012 reciproche casate: lei è una Capuleti, lui un Montecchi cioè fan parte di due famiglie che da sempre si odiano e combattono spietatamente. Oscar Wilde con grande spirito osservava: “Se i due giovani non si fossero trovati davanti a quell’impedimento, di certo non si sarebbero così fortemente innamorati, forse si sarebbero addirittura ignorati”. Ecco spiegata la magia della situazione. Ma per essere più espliciti vi proponiamo un gioco. Invitiamo a salire sul alla volta (Rivolgendosi palco tre della ragazzi. platea) Su, coraggio, non importa se siete alle prime armi. Ecco, bravi… voi tre… Su, montate sul palcoscenico. Ora io faccio eseguire lo stesso movimento a ognuno di voi. Vi indico immediatamente di che si tratta, ma senza svelarvi la situazione della storia. Ognuno di voi mimerà alla cieca. Allora, immaginate… ve lo eseguo io: uscite in atteggiamento disperato TEATRO DEL ‘500 Pagina 10 di 52 6-11-2012 avanzando dal fondo verso il proscenio. Circospetti e tesi insieme. Vi guardate intorno, ecco, qui c’è una parete, qui c’è una porta, voi cercate di spingere questa e di aprirla. (Immagina di afferrare la maniglia e di dare spallate all’uscio) Ma è chiusa. Niente da fare. Allora cercate di montare oltre la parete nella speranza di poter scorgere qualche cosa che sta di là, ma niente, il muro è troppo alto. Vi allontanate e andate verso l’altra parte del palcoscenico, così… (Esegue i vari passaggi disegnando con evidenza ogni parete, oggetto o spazio che incontra) … non si apre, anche di qui, uno, due, niente. La porta è bloccata anche di qua, non si apre. Quindi, angosciati, sempre recitando una tensione drammatica, andate là in fondo, andate a destra e a sinistra nella speranza di scoprire qualcuno, qualcosa: “No, non c’è niente!” Vi voltate. Finalmente: la speranza! “Sì, là, in fondo alla platea c’è la TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 11 di 52 salvezza!” Ma qualche cosa vi disturba, anzi vi demolisce letteralmente, vi lasciate andare sulle ginocchia, affranti… ecco, in questa posizione, completamente accasciati. L’azione si chiude qui. Adesso voi andate di là, nel retro del palco. Non dovete assolutamente ascoltare quello che racconterò al pubblico. Anzi, per favore, andate a rinchiudervi laggiù, nei camerini. Sì, appena pronto vi chiamo. Rientrerete a mio ordine e ognuno di voi eseguirà la stessa pantomima. (I ragazzi escono. Rivolto al pubblico) Adesso svelo la situazione. Loro agiranno in chiave fissa, senza sapere nulla del dramma che sta dietro, cioè della situazione. Eccole: sono tre situazioni diverse. Prima: c’è un uomo che ha litigato in un bar e ha sferrato una coltellata a un amico. Le coltellate si danno sempre agli amici. Fugge, inseguito da tutti gli altri amici che vogliono dargli una lezione. Scappa, cerca una via d’uscita, trova tutte le porte chiuse, poi TEATRO DEL ‘500 Pagina 12 di 52 6-11-2012 finalmente si volta, vede tutto libero: i campi! Laggiù è la via d’uscita… niente, all’istante gli si parano davanti gli amici. Gli hanno chiuso ogni possibilità di scampo. Sono armati, li vede venire avanti. È perduto. Non fa altro che lasciarsi andare accasciato e accettare il castigo. Seconda situazione: è un rapporto d’amore. C’è una donna che ha abbandonato l’uomo in seguito a una lite furibonda. L’uomo, demoralizzato, va cercando la sua donna, di cui è ancora innamorato, vuol far la pace. Spinge tutte le porte. Non la trova; finalmente gli sembra di scorgerla laggiù… no, non è lei. Ecco, sì, è proprio lei… è lei! Ma sta con un altro uomo, e si sta buttando appassionatamente fra le sue braccia. È come se gli avessero mollato una gran mazzata: si lascia andare affranto… si accascia. Terza situazione: è quella di un tale assillato da esigenze corporali, impellenti. Sta cercando disperato un luogo appartato dove TEATRO DEL ‘500 Pagina 13 di 52 6-11-2012 liberarsi; cerca porte che diano su toilette, le trova ma tutte chiuse. Il resto si capisce, non c’è bisogno di dare altre dritte… a un certo punto, corre… ma ormai non ce la fa, non ce la fa più, e si lascia andare… accasciato… nella liberazione. Ora chiamiamo i nostri mimi. (I tre ragazzi tornano sulla scena). Ci siete? Venite, accomodatevi. Spero che non siate stati a origliare. (Risate e brusii nel pubblico, i tre si guardano intorno perplessi). No, non c’è nessuno scherzo. Stiamo facendo un lavoro, è un gioco, ma serio. Allora via, comincia tu. (Invita uno dei mimi a farsi avanti) Ribadisco i tempi: prima la sequenza dello spingere la porta… (al pubblico) Lui è il primo caso, ricordate, la situazione nascosta è quella della lite nel bar. Allora vai! (Azione del primo attore. Risate e applausi del pubblico). Perfetto, ottimo l’atteggiamento di smarrimento… l’ansia e la prostrazione finale. Bravissimo. Tocca a te TEATRO DEL ‘500 Pagina 14 di 52 6-11-2012 adesso. Tu. Vai. Vai. (Rivolto al pubblico, quasi a parte) Lui recita la situazione dell’innamorato. (Azione del secondo mimo). Perfetto. (Azione del terzo attore. Rivolto al pubblico). Attenti, è quella dell’impellenza tragica. (Durante l’esecuzione il pubblico esplode in grosse risate e applausi. Quando il ragazzo sconsolato si accascia nella defecare… posizione, scoppia un inconscia, boato. Rivolto di al pubblico) Allora è chiaro che la situazione determina il valore in assoluto dell’azione mimica, cambia il significato dei gesti da patetici a tragici, da sottilmente umoristici in grotteschi e osceni. Tre esecuzioni identiche, tre risultati teatrali completamente diversi. Chiaro il discorso? Ecco, tornando alle commedie del Rinascimento, il gioco delle situazioni aveva letteralmente preso la mano agli autori e agli TEATRO DEL ‘500 Pagina 15 di 52 6-11-2012 allestitori; le situazioni si susseguivano una dietro l’altra con ritmo sempre più incalzante: scambi di persone, travestimenti, equivoci, colpi di scena e via. Ma gli autori di talento e professionalità riuscivano a inserire con misura e giusto valore questi espedienti scenici. È facile risolvere l’andamento drammatico o comico caricando di effetti a volontà. Difficile è togliere, asciugare; e autori come Machiavelli, il Della Porta per non parlare di Ruzzante ce ne danno un positivo esempio. Il discorso sull’economia valeva anche per le scene o meglio per gli allestimenti scenografici. I bozzetti d’impianto scenografico di Leonardo, Brunelleschi, Andrea Del Sarto, Bastiano da Sangallo, Tiziano e non ultimo del maestro della prospettiva, Piero della Francesca, sono di una essenzialità impressionante eppure maestosi. La scena doveva soprattutto alludere, non incombere e quindi sollecitare e dar spazio TEATRO DEL ‘500 Pagina 16 di 52 6-11-2012 all’immaginazione degli spettatori. Di questo intento ci dà testimonianza il prologo de L’Erofilomachia di Sforza Oddi, rappresentato a Perugia nei primi del Cinquecento. Entra in scena lo stesso autore che si rivolge al pubblico. “Questa città, dove andremo a presentarvi la passione che due giovani pruovano entrambi per la stessa figliola, è Firenze. Ma non vi maravigliate se, per avventura, totalmente non la riconoscerete e se qui non potrete vedere quei bei palazzi, tutti quei tempii e quelle strade magnifiche che vi sono, poiché vi accadrà che questa poca scena appena allusa, all’istante somiglierà tanto a Firenze in quella piu’ ineguagliabile presenza dove ha albergo e nido di si’ gentili e amorose donne. E quelle, avanzando verso voi e affacciandosi ai sentimenti vostri… e versandovi la miglior parte di fino splendore, vi daran modo di scorgere TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 17 di 52 grandemente tutto quello che non vi sta dipinto e fabbricato in sulla scena. Grazie a quella lente magica che impresta la malia, chi volgerà gli occhi in questo teatro dirà senza altra pittura che non solamente assimiglia a Firenze, ma ne mostra e rappresenta oggi il più prezioso di quella bellissima patria. E se qualche curioso volesse sapere (per sentir forse troppo caldo) dove è Arno per attuffarvisi dentro, sappia che per tutt’oggi sarà qua dietro, e se vorrà venir meco, glielo mostrerò: ma che, se starà qui con attenzione, lo vedrà oggi più volte apparire, crescere e inondare negli occhi di questi giovani e queste figliole che vanno discorrendo di lor melancolie e giocondità. Innamorati, maschi e femmine, che o per ben imitare la favola o per essere, specie i primi, veramente afflitti e tormentati da queste graziosissime donne, spargeranno un larghissimo fiume di correnti lagrime dagli occhi loro, in maniera che se i bei TEATRO DEL ‘500 Pagina 18 di 52 6-11-2012 campi e vaghi giardini che sono riposti nel vostro viso e nel vostro seno, onoratissime gentildonne, non saranno una pietra, ne sorgerà forse anco per quello qualche piccolo e limpido ruscello e tutto a voi intorno spunteranno àlbori con frutti e profumati fiori. Vedrete e udrete uccelli che fan gran cantare e voi medesimi vi troverete a correre e danzare fra quelle fronde, e ancora, spinti dall’immaginata storia che si va a dipanare, scorgerete monti sui quali andrete sanza fatica a rampecàre e quando al fin sarete giunti lassù al colle, di sotto a voi v’apparirà, largo e profondo, il mare.” A questo punto dopo avere trattato abbondantemente delle situazioni e delle chiavi sceniche, credo sia giunto il momento di illustrarvi qualcuna delle più celebri commedie di quel tempo. La prima di cui ci piacerebbe esporre l’argomento e il suo svolgersi è la TEATRO DEL ‘500 Pagina 19 di 52 6-11-2012 Mandragola. È da sottolineare il particolare che Machiavelli, già segretario della Repubblica fiorentina, in seguito alla caduta del gonfaloniere Pier Soderini col quale collaborava, viene processato e condannato al confino nel territorio della Repubblica, quindi nuovamente arrestato e torturato per sospetta congiura contro i Medici. Liberato dall’amnistia seguita all’elezione di papa Leone X, si ritira a vivere nelle colline di San Casciano, dove appunto, fra tanti scritti stende il testo della Mandragola. Machiavelli, nella presentazione della commedia, lui di persona è sulla scena e accenna agli eventi che l’hanno posto in grande ambascia e umiliazione. Se la prende con gli ipocriti “sergeri” ovvero servitori, i politici e gli intellettuali del suo tempo che si pongono bellamente al servizio dei potenti vendendo dignità e onore. TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 20 di 52 “E se questa materia, una comedia, non è degna giacché tratta con leggertà d’argomenti faceti da parte d’un uom che si picca d’esser saggio e grave (il Machiavelli qui allude evidentemente a se stesso), scusatelo se ei s’ingegna con questi ameni pensieri, tentando di fare il suo triste tempo più suave perché altrove non have dove voltare el viso: ché gli è stato interciso (interdetto) di mostrar con altre imprese le sue virtue, per non conceder premio alle fatiche sue”. Di qui l’ex segretario della Repubblica si getta indignato a denunciare lo stato della condizione sociale e politica dell’Italia a quei tempi. “Così ché ognuno si sta da canto e ghigna, dicendo mal di ciò che vede o sente. Di qui depende sanza dubbio alcuno che per tutto traligna da l’antica virtù el secol presente; così che la gente non più s’affatica e spasma per far con mille suoi disagi un’opra che il vento de la calunnia di TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 21 di 52 certo farà guasto o la nebbia dell’oblio al fin ricoprirà”. E sfacciatamente a ‘sto punto ci siamo permessi di concludere con un brano tratto da Il Principe. “Or dal di sotto scorgheremo spontare qualcun che solamente per fortuna e per danari e per grazia e appoggio interessato diventa da privato, principe: con poca fatica diventa ma con assai maneggi e ordinamenti novi poi si manterrà.” Ci spiacerebbe assai che a ‘sto punto qualcuno di voi malignamente scorgesse una similitudine di questi avvenimenti antichi con situazioni e personaggi del nostro tempo. Toglietevelo dal cervello, è del resto risaputo che la storia non si ripete mai salvo che in farsa. E veniamo alla trama di questa Mandragola. Il protagonista amoroso è Callimaco che a Parigi, mentre s’occupa d’affari e frequenta lettere all’università della Sorbona, sente un TEATRO DEL ‘500 Pagina 22 di 52 6-11-2012 amico elogiare con gran passione le bellezze e le virtù di una giovane donna fiorentina di nome Lucrezia. Rimane così preso da quella descrizione da non potersela più togliere dal cervello. Viene anche a sapere che quella splendida donna è maritata con un ricco mercante e giurista, un poco allocco, di nome Nicia. Callimaco torna a Firenze, deciso a incontrare Lucrezia, la cui immagine nella sua fantasia è cresciuta a dismisura, e armeggia con l’aiuto di Ligurio, un mezzano di gran talento, per giungere a possedere la donna. Ecco la prima importante situazione. Nel frattempo Nicia è alquanto afflitto: desidera ardentemente un erede ma finora tutte le prove che ha messo in atto per impollinare quel delicato fiore sono andate a vuoto. Siamo alla seconda situazione. “Eppure son buon calabrone e vo’ sbattendo l’ali con passione in quella corolla” – commenta e si lamenta disperato - “ma Lucrezia mia non TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 23 di 52 s’ingravida”. Qui giunge in campo Ligurio, il maneggione che si è fatto amico di Nicia, lo adula e lo sfrutta. Il giovane Callimaco riesce a convincere il maneggione a porsi al suo servizio. Insieme preparano la trappola che permetterà di realizzare il sogno del giovane innamorato: costui dovrà recitare il ruolo di sapiente medico laureato a Parigi che, grazie al suo genio, ha assunto nella corte del re gran fama tanto che per soli pochi giorni Enrico III gli ha concesso di tornare a Firenze. E qui giungiamo alla terza situazione. È lo stesso Nicia che confida al portentoso medico della sua difficoltà di aver figlioli e di temere d’esser lui la causa di quella mancata gravidanza. Il medico esegue una velocissima visita di controllo: naso, occhi, lingua, lo palpa qua e là, commenta il tutto in un latino molto colorito, quasi un grammelot, quindi lo rassicura “No, state tranquillo, voi avete tutti gli attributi necessari, TEATRO DEL ‘500 Pagina 24 di 52 6-11-2012 anzi in abbondanza, per ingravidare qualsiasi femmina foss’anche vostra madre. Se ci sta un difetto, io credo sia nella vostra donna. Ad ogni modo io debbo assolutamente esaminare le sue orine.” Nicia corre a casa, bisticcia con la moglie che si rifiuta di versargli immediatamente il liquido essenziale in un vaso, la costringe alla mescita e trionfante, sorreggendo il sacro pitale, s’avvia a incontrare il medico del re. Siamo alla quarta situazione. Il giovane mistificatore esegue una grottesca pantomima che fa il verso alle analisi scientifiche esibite dai medici: sproloqui in latino, osservazioni del liquido dopo averlo sbattuto, frullato, annusato, oscultato, fino ad alludere mimicamente ad assaggiarlo e classificarlo come fosse un vino d’annata. Quindi la sentenza: “Bisogna propinarle la mandragola, o meglio un decotto tratto da quella radice. Con quel farmaco vostra moglie resterà gravida in una settimana!” Nicia, TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 25 di 52 sempliciotto e boccalone, beve la fandonia con eccitata convinzione d’aver trovato il gran rimedio. Vien procurata la radice e preparato l’intruglio che verrà fatto sorbire a Lucrezia. Qui scatta, è proprio il caso di dire, il gran machiavello: la situazione a ribaltone grazie alla quale la storia riceve un abbrivio davvero inaspettato. Di che si tratta? È lo stesso medico del re, spalleggiato da Ligurio, a porlo sul piatto della commedia. “Una volta sorbita la pozione, voi, Nicia, potrete giocosamente congiungervi alla vostra donna, ma c’è un pericolo: rischiate di rimanerci secco sul colpo, pardon sul coito.” “O Potta avvelenata!” sbotta il rintronato “e che è ‘sta novità? Non potrò più giacermi con la mia femmina?” “Calma, c’è il sistema per evitare che voi ci restiate secco al primo incontro.” “E quale sarebbe?” TEATRO DEL ‘500 Pagina 26 di 52 6-11-2012 “Basta che voi, invece che il primo, siate il secondo.” “Come?” “Semplice: chi fa l’amore con la vostra sposa mandralogata muore e vi lascia immune di provar tutte le volte che poi vi piaccia.” Il rintronato è sgomento, fa resistenza, non può accettare l’idea che un altro possa godere della sua femmina seppur restandoci appresso fulminato. “E poi chi sarà il prescelto?” “Uno a caso, lo acchiapperemo fra quegli scioperati sbilenchi che vanno la notte accompagnandosi col liuto a cantar nei vicoli e nelle piazzuole.” “No, io non vo’ far la mia donna mala femmina nel letto mio per piacer d’altri e in più esser costretto ad assistere coglioncione e becco!” A ‘sto punto il dottore finge un’arrabbiatura magistrale: “Sicché voi vi rifiutate di fare quel che, pur di guadagnar l’erede, fece il re di Francia?” Nominato l’augusto francese, il TEATRO DEL ‘500 Pagina 27 di 52 6-11-2012 rintronato cede. “Io son d’accordo, ma… come convincere Lucrezia? Certo con quella donna piena di pudori e santi pregiudizi sarà più tosto.” A ‘sto punto la vicenda si muove rapida. Entra in scena Fra’ Timoteo, una volpe con la tiara, che con subdoli argomenti convince la sposa a giacersi con un sostituto del marito quindi si assiste alla cattura della vittima sacrificale che, quinta situazione, sarà il finto medico travestito da scioperato notturno. Qui immaginiamo l’incontro fra il giovane innamorato travestito e Lucrezia nella sua camera, l’indignazione della donna che scopre tutta la trappola e alla fine la commozione quando si rende conto di quanta passione ha spinto il giovane a inventar tutta quella folle commedia pur di riuscire ad amarla, almeno per una notte. La donna si scioglie in lacrime, e poi seguono baci e abbracciamenti in una danza come pesci che vanno scivolando un sull’altro TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 28 di 52 per impazzimento. All’alba, poco prima di lasciarsi, i due si promettono altri incontri e Lucrezia sentenzia “Giacché, grazie alla stoltaggine del mio sposo tu sei giunto in questa casa e teneri ci siamo avvolti in queste linzuola, quel che è accaduto, or io son certa, che venga da una celeste disposizione. Perciò questa grazia fortunata io me la tengo cara e non sono sufficiente a ricusare quello che il cielo vuole che io accetti. E tu voglio che sia ogni mio bene; e quel che mio marito ha voluto che mi accadesse per una notte, io voglio che m’accada sempre.” Verso la prima metà del ’500 per tutta l’Italia cresce il numero degli autori di commedie, soprattutto sorgono compagnie di dilettanti che le inscenano con gran successo. La compagnia che rappresenta a Venezia la Mandragola è costretta a replicare per giorni e giorni, causa TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 29 di 52 l’enorme richiesta del pubblico, finché la decima rappresentazione viene sospesa per la gran folla che si va accalcando nel salone, a rischio di far crollare le arcate di sostegno al pavimento. La prima compagnia di attori professionisti nasce a Padova grazie ad Angelo Beolco detto il Ruzzante. Ruzzante è senz’altro il più importante uomo di teatro non solo dell’Italia ma di tutti i tempi a livello di Shakespeare, Molière e Calderon de la Barca. Certo un autore non molto conosciuto: a scuola lo si glissa bellamente, a cominciare dalle nostre università. La ragione principale è che la lingua, il volgare usato nelle commedie, è come dice Zorzi (uno dei più grandi studiosi del Ruzzante) una lingua morta, ormai incomprensibile. Io stesso, che l’ho recitato e studiato per anni, ho spesso difficoltà a individuare il significato di certe battute. TEATRO DEL ‘500 Pagina 30 di 52 6-11-2012 Tempo fa ho voluto fare una verifica: sono andato a Dolo e a Malo, due paesini della zona presso Padova dove è nato Ruzzante. Lì parlano ancora un dialetto arcaico, e ho cominciato a dialogare con dei contadini in una specie di tiritera ruzzantiana che avevo imparato a memoria. (Esegue una specie di grammelot) Mi hanno guardato attoniti: “Scusi, ma non parliamo tedesco!” Non avevano afferrato una parola. Vedremo in seguito come Ruzzante non solo ha ispirato i comici della Commedia dell’Arte, ma attraverso loro anche grandi autori come Shakespeare. C’è una famosa sentenza del matto nel Re Lear dove questi, rivolgendosi al monarca, dice: “Troppo in fretta ti sei invecchiato, non hai fatto in tempo a diventare saggio”. Bellissima frase. Ebbene sentiamo cosa dice settant’anni in un prima suo commento, Ruzzante: circa “Inveng’ io TEATRO DEL ‘500 Pagina 31 di 52 6-11-2012 asdrùsseo me sòo, e no’ ho fait témp de slunzondàrme dell’embolzité lezìra de la zointezza” “Troppo in fretta mi son invecchiato, non ho fatto in tempo a liberarmi della leggera imbecillità della giovinezza!”. Quale delle due versioni è la migliore?… Fate voi! C’è un’altra frase molto importante del Beolco, però prima occorre che faccia una breve introduzione. Ruzzante è figlio di un medico di Padova. Nasce da un rapporto casuale con una servetta che lavora nella casa del dottore. La ragazza resta gravida e, come è uso in quel tempo, viene portata in un paese del circondario a gestire e partorire. Il neonato, grazie all’intervento della madre del dottor Beolco, viene allevato nella casa patronale, ma non verrà mai riconosciuto come figlio legittimo dal padre, se non in parte. Eppure il piccolo Beolco dimostra intelligenza e notevoli doti di apprendimento, ma pur essendo TEATRO DEL ‘500 suo Pagina 32 di 52 6-11-2012 padre magnifico rettore dell’ateneo padovano, a lui non sarà mai concesso di frequentare l’università. Si sa, nel ‘500 ai bastardi era proibito entrarci. Ciò nonostante mantiene sempre verso il padre un sentimento di tenerezza, come ci testimonia il brano seguente: “Oh, vedrèssi entro mea mare stare descargolò in ‘sa panza, e pì a retro ancora in vodrìssi es dissòlto in me pare, in seme so’, e con quel, pì retro ancor, retrouvàrme infricó in di soi cojómbari… così che de contìnuo i podré esfrigàrgheli quando io vo’!” “Oh vorrei poter tornare accoccolato dentro la pancia di mia madre, e ancora più indietro vorrei ritrovarmi sciolto nel seme di mio padre e con quello più indietro ancora ritrovarmi fioccato nei suoi corbezzoli così che di continuo potrei romperglieli come mi pare!” Questo si chiama “amore figliale”! TEATRO DEL ‘500 Pagina 33 di 52 6-11-2012 Quando ha soltanto diciotto anni, Ruzzante incontra il suo mecenate, si tratta di Alvise Cornaro, letterato e architetto, famoso per aver risolto il problema dell’interramento della laguna deviando due fiumi fra cui il Brenta e un’ansa del Po. È lui che, scoperte le straordinarie doti di attore e di autore del Beolco, gli offre i mezzi per poter organizzare una compagnia di commedianti. A questo punto dovremo decidere quale pezzo recitare fra i due che proponiamo: l’orazione al cardinal Marco Cornaro o la battaglia di Chiara D’Adda tratta dal Parlamento del Ruzzante che venìa dal campo. Parlamento de Ruzzante che iera vegnù de campo: è il racconto di ciò che era accaduto nel campo di battaglia fra le armate tedesca, francese, milanese e dei Savoia più le truppe del Papa contro l’armata dei Veneziani. Fra i soldati della Serenissima erano stati ingaggiati qualche migliaia di contadini padovani e delle valli TEATRO DEL ‘500 Pagina 34 di 52 6-11-2012 friulane. Questi uomini avevano dimostrato grande coraggio nella recente guerra che oggi chiameremmo partigiana, nella quale gli austriaci furono battuti e costretti a darsi alla fuga. Gli scontri che avvengono fra i due eserciti schierati raccontati lungo dal le rive Ruzzante dell’Adda con un vengono realismo sconcertante: una guerra orrenda e imbecille come tutte le guerre. Il soldato contadino vive i preamboli dello scontro con gli ordini urlati dai capitani dei due schieramenti. L’incitare alla lotta, i cannoni caricati pronti a seminare morte e poi lo scontro, i feriti, i cadaveri, la fuga, fino al momento in cui Ruzzante si aggrappa alla cinta di un cavallo con cavaliere che per poco non lo travolge, si lascia trascinare senza mollare la presa sballonzolato fra le gambe del cavallo che va all’impazzata, ma a un certo punto lui, Ruzzante, si rende conto che sta mulinando le proprie TEATRO DEL ‘500 Pagina 35 di 52 6-11-2012 gambe più veloci di quelle del cavallo e si è caricato sulle spalle la bestia compreso il cavaliere portando entrambi in salvo. Per le continue guerre che vedevano tutti gli eserciti d’Europa italiano, il scontrarsi nostro paese sul territorio era stato soprannominato “il cimitero del Mediterraneo”. Come Ruzzante, altri intellettuali del tempo si gettarono con forte indignazione contro questo ignobile gioco del massacro, a cominciare dal Machiavelli che con spietata ironia aveva stigmatizzato l’idea della guerra come logica continuazione di quella che oggi chiamiamo “il far politica con altri mezzi”. In più di uno scritto indica come unica soluzione a questo folle scempio la crescita collettiva nella democrazia, la sola arma efficace soprattutto contro la tirannia degli uomini di potere che stoltamente si fanno convinti che ad essi sia tutto concesso TEATRO DEL ‘500 Pagina 36 di 52 6-11-2012 e dovuto. Nei consigli al principe in un gioco a ribaltone dove, fingendo di parlare al signore in verità si rivolge ai sudditi, il Machiavelli dice: “Quando a te, signore, capitasse di conquistare uno territorio e il popolo che lo abita, bada bene di conoscere avanti el modo di agire e di porsi sotto governo che questo popolo ha in sua tradizione e se scuoprirai che essa gente è usa restare sotto dominio di uno tiranno supino e condiscente senza accennar a lamentazione, bada bene di non far regalìa di leggi che lo faccino sortire da quella condizione. Ché esso non capirebbe la ragione di tanta tua magnanimità, e ti giudicherebbe uno principe sconsiderato. Se al contrario quel popolo è uso governarsi da sé solo con proprie leggi che si dona appresso aver dibattuto con senno infra tutte le corporazioni e anco a gestire con armati propri da essi ordinati, ti consiglio, principe, di non dimorare un’ora sola in quelle terre, lascia TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 37 di 52 quello popolo imantinente al suo destino che gimai tu averesti possibilità di governare tale gente. Perennemente questi, usi come sono a porre anzitutto i lor diritti, si gettirebbero in ogni momento contro di te, che pensi cassare le regole loro. E se proprio ti sei posto un orgoglio di volerli forzatamente governare, ben sappi che tu debbi imprigionare e occidere ogni uomo di quella città e campagna e pur anco le femine loro, compresi i figli che ancora hanno in grembo, poiché essi per nutrimento sollato della madre nasceranno già pregni del bisogno di libertà.” Non solo contro le guerre e la gestione del potere si gettavano a far denuncia e satira gli autori più “impegnati” del Rinascimento: uno dei temi affrontati in palcoscenico era quello delle false moralità e del mercato a vantaggio della roba e dello scambio. In quella società TEATRO DEL ‘500 Pagina 38 di 52 6-11-2012 spesso opulenta tutto aveva un prezzo, un valore in moneta, anche la roba viva, uomini, femmine e figlioli. Questo è l’argomento della Venesiana di autore anonimo, incentrata sul dialogo fra due mercanti cinquantenni di Venezia ancor carichi di energia. Essi, amici da sempre, si incontrano su un ponte fra le calli. Si abbracciano e giacché è un po’ di tempo che non si vedono, hanno parecchie cose da raccontarsi l’un l’altro. Gli affari van bene, le navi e le merci viaggiano tranquille, la salute è ottima, salvo qualche acciacco di stagione. Ma per entrambi c’è qualcosa che non va, anzi è una tragedia. Indugiano a svelare ognuno il proprio cruccio. Alla fine si confidano. comincia il mercante di spezie. NANE La cagion s’è la mia puta, me fiola. BEPI Cosa la g’ha combinà? L’è malada de qualche morbo? TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 39 di 52 NANE No, sana come un pesse… un pesse in fregola! BEPI Ah, un pesse in calor? NANE Già, la s’è enamorada. BEPI Bèn, manco male, l’è la soa stagiòn! NANE No, fermate, no è un fiol de qua. BEPI Foresto? NANE Sì. BEPI Nol sarà un turco? NANE No, ma averìa preferso, piutosto che quel malnato… BEPI Perché malnato? L’è un giudìo? NANE A sarìa anca contento… l’è un cherego che steva in seminario e el s’è spretat. BEPI Ohi, che so’ i pegiori, quei! Trufloni, bosiardi, leccapìe e ciape e in più introcadori de femine. NANE Ecco, e lo me g’ha capità a la mia fiola! BEPI Te la g’ha già impastonada, quel? TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 40 di 52 NANE No, ma se no me sbrigo de prescia me la retroverò tüta petenada a spassole. BEPI Oh… te comprendo bèn! NANE No che no ti me pol capir, se no ti se retrovi incastonà derentro a ‘na tragedia de ‘sta fatta. BEPI Eh apposta che mi me getrovo impastonà compagn de tì: inciodàt su la crose. NANE Anca ti per via de la toa fiola? BEPI Sì, anco ela la s’è infricada d’amor per un malnato. NANE Un altro cherego spretà? BEPI No, pegior: ‘sto fiol d’un can l’è un soldat! NANE No…!? BEPI Sì… un serzent de cavaleria… senza nemanco el caval. NANE Oh, no ti sta proprio bèn nemanco tì… BEPI E sa to cosa è la maledision che me anderà a copare? NANE Dime…? TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 41 di 52 BEPI Che anderan, la mia fiola e ‘sto can senza caval, in gondoja a la ultima note de Carneval… NANE Loro doi soli? BEPI No, le la se metüd de acordo de retrovarse con una sua amisa, una che se ciama Fiorina… NANE Fiorina…? Ma l’è la mia fiola! Eh, ho savut anco mi che la anderà de gondoja venerdì de grasso con una soa comarella che g’ha nome Premavera. BEPI Ecco, Premavera l’è appunto la fiola de mì. NANE Demose la man, semo doi cojon col fiocco. BEPI Oh, mì vago fora de zervello… con tüta la fatiga ch’ho fatto pe’ levarla, cresserla, e j sgrìsoj de paura, de patimento, de quando la sera amalada de polmon, che tì lo sabi bèn: me toccò de lassare Venessia e andar dislogarme fin su in le montagne del Carso, per farghe respirar l’aria bona, e g’ho dovudo cambiar mester che del trafecar in telame de coton e seta TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 42 di 52 me so’ arrangià a tratar de legname in tronchi d’albero e debio bèn dir che S. Marco me g’ha premiò per el sacrifizio che g’avea fatt per amor de la mia fiola. E El ha fatt de manera che i Turchi j g’ha attaccà a Zante mandandoghe a pico una armada intera così ché ol valor del legname s’è treplicà. NANE Anco mì, a g’ho penà per la mia fiola. Me so indebetà coi usurari per mandala a scola, comprarle vestimenti che la fasessero apparir de so’ ceto e po’ pagar maestri de danza perché la emparasse a moverse come un anzelo. BEPI E mì, alora? Che g’ho dovüt scambiar casa perché no’ la sfigurasse in le feste e comprarghe gondoja longa col so’ gondojer e procuparme de che nisciuno la ghe mancasse de respecto e farghe regalìa sdolzinasse. El sangue g’ho zittat! TEATRO DEL ‘500 NANE Pagina 43 di 52 6-11-2012 E mì g’ho spüdà l’anema per fala contenta. E adesso? Arriveno ‘sti doj malnati e ghe le stropieno in festa. I due mercanti scoppiano quasi in lacrime. Commentano che quelle due figliole sono il loro capitale, fanno parte della “robba” loro e non le possono buttare in pasto ai primi due cialtroni che le hanno accalappiate. Alla fine, quasi all’unisono, hanno un’idea: quel loro possesso non può essere goduto da chicchessia salvo loro. NANE (scandalizzato) Pensi a un incesto? BEPI No, approfittando del Carnevale, io mi vado ad addobbare con lo stesso costume del ganzo di tua figlia e tu indosserai il medesimo costume dello spretato. NANE Pagheremo due bravacci perché catturino i due spasimanti e li rinchiudano in qualche posto per tutta la notte. Noi salteremo sulla gondola io abbracciato alla tua figliola, tu TEATRO DEL ‘500 Pagina 44 di 52 6-11-2012 alla mia, e la robba sarà consumata… ma in casa. Non c’è bisogno d’altro commento per intendere la spietata forza satirica di questa commedia. Arriviamo alla nascita della commedia dell’arte. “Arte” nel Cinquecento significava “mestiere” quindi la commedia degli attori di mestiere cioè professionisti. Come abbiamo già accennato fu il Beolco detto Ruzzante a organizzare per primo una compagnia che legava i commedianti con tanto di contratto e statuto, regole e penali. La grande fortuna determinata di queste senz’altro compagnie avanti tutto fu dalla professionalità e dall’invenzione di una struttura di palcoscenico nuova che vedeva una macchina scenografica complessa e di alta tecnologia. Ancora, ciò che distingueva un attore occasionale o dilettante dal professionista della commedia dell’arte era l’uso TEATRO DEL ‘500 Pagina 45 di 52 6-11-2012 che questi ultimi sapevano fare del proprio corpo. Si dimostravano mimi eccellenti e straordinari acrobati, usavano con sapienza la voce tanto nel recitare che nel canto, spesso si accompagnavano formando una con vera strumenti e propria musicali orchestra. Rapidamente si formarono decine di compagnie regolari e di teatranti professionisti a Napoli come in Sicilia, a Roma e in tutto il resto d’Italia. Il Veneto con a capo Venezia vide il formarsi di gruppi teatrali la cui fama raggiunse ben presto tutta l’Europa. Spesso capocomici e protagonisti erano anche autori dei testi, vedi l’Andreini e Tristano Martinelli, il creatore di Arlecchino; testi che, proprio perché realizzati dentro una struttura scenografica di grande agilità, potevano approfittare di interni, esterni, giardini con cambi di scena rapidissimi. Altro fatto completamente nuovo era la creazione delle maschere che non allude solo al calco di TEATRO DEL ‘500 Pagina 46 di 52 6-11-2012 cuoio da applicare sul viso ma ai diversi caratteri: lo Zanni, il dottore, il Magnifico, la signora, l’amorosa. Qui la grande novità sta proprio nel particolare che a recitare i ruoli femminili non erano più dei ragazzi travestiti da femmine (i famosi “mariuoli”, termine proveniente dalle rappresentazioni sacre dove giovani attori recitavano i ruoli delle “Marie”, compresa la Madonna) bensì donne vere e proprie con doti di attrici spesso straordinarie. Così ecco che a differenza delle commedie di sapore plautino dell’inizio del Cinquecento dove i ruoli femminili erano limitati a poche entrate piuttosto semplificate qui nella commedia dell’arte le “parti” delle “signore”, delle amorose e delle lenone assumono dimensioni davvero importanti: è così che nasce il ruolo della prima donna. Ancora, commedia degli altro fatto attori: nuovo, nella tutto viene rappresentato. Se rileggete un testo di Bibbiena, TEATRO DEL ‘500 Pagina 47 di 52 6-11-2012 Machiavelli, Della Porta, vi renderete conto che gran parte delle situazioni sono raccontate dagli attori come fatti già avvenuti; al contrario nella commedia dell’arte ogni azione viene per intiero recitata e mimata in tempo reale dagli interpreti. Esempio della Mandragola dove è il giovane protagonista che riferisce le parole di chiusura della commedia dette da Lucrezia “Giacché, grazie alla stoltaggine del mio sposo tu sei giunto in questa casa e teneri ci siamo avvolti in queste linzuola, quel che è accaduto, or io son certa, che venga da una celeste disposizione. Per cui questo dono di te io me lo conservo. (...)” Dunque, dicevamo, nella Mandragola Lucrezia non appare ma parla per voce del suo innamorato. Al contrario in una riedizione di quest’opera, di cui esiste un canovaccio, messa in scena dalla compagnia dei Rintronati, Lucrezia dice in prima persona quella frase mentre, sdraiata sul letto, abbraccia e bacia il TEATRO DEL ‘500 Pagina 48 di 52 6-11-2012 suo innamorato. Ancora, il dialogo fra i due è più esteso e corredato da gestualità e contrappunto di lenzuola che si sollevano a danza alludendo a un appassionato rapporto amoroso. Dicendo del grande successo della commedia dell’arte, specie nella seconda metà del Cinquecento, si può dire che ogni grande o piccolo principe d’Italia sovvenzionava una sua compagnia mentre le più prestigiose si gestivano autonomamente. Si erano anche formati gruppi di attori che giravano per i centri minori, per borghi e paesi, portandosi appresso palchi e scene montate su ruote. La gente di città e di campagna, dagli artigiani ai borghesi, si accalcava nei saloni e nelle piazze dove si davano le commedie. La Chiesa cominciò a studiare questo fenomeno; preti e vescovi iniziarono a commentare nei loro sermoni, chi benevolmente chi con preoccupazione, il TEATRO DEL ‘500 6-11-2012 Pagina 49 di 52 crescere incontrollabile di questo nuovo rito che rischiava di incidere fortemente nella placida cultura dei fedeli. Su questo argomento ci è pervenuta qualche lettera scritta dal Cardinale Borromeo. Ve ne proponiamo una in particolare, rivolta ai sacerdoti e ai vescovi della sua vasta Curia. “Sia chiaro che il teatro è di gran lunga più efficace nell’incidere sul pensiero della gente di quanto non lo siano le lettere. In primo, poiché gli scritti possono essere letti da pochi mentre sempre più numerosi sono i parrocchiani (fedeli) che partecipano entusiasti agli spettacoli dei commedianti. E ancora possiamo ben dire che le lettere sono ormai cosa spenta, morta quanto al contrario il teatro è vivo. E questo poiché quei comici parlano non solo alle menti degli spettatori ma anche e soprattutto ai loro occhi e alle loro orecchie attraverso i loro corpi, i gesti, le danze, i canti e i suoni degli strumenti che TEATRO DEL ‘500 Pagina 50 di 52 6-11-2012 producono musica. E poi aggiungete le trame e le storie delle commedie e dei drammi presentati con chiarezza e semplicità… per cui si ha una giovane, sorretta da servi intriganti e spassosi, che riesce a gabbare il padre che voleva offrirla ad un altro pretendente. E di tanto rovesciamento della consuetudine il pubblico ride e applaude. Si incitano queste anime spesso semplici e prive di discernimento ad abbattere convenzioni, norme e precetti e farsi beffa d’ogni ordinamento a cominciare da quello che vive e regola la famiglia per poi salire in alto, sempre più in alto a eludere e scardinare ogni regola e autorità.” E in un’altra lettera, un suo vescovo collaboratore aggiunge una larga postilla che, senza che se ne renda conto, esprime il più grande elogio che si possa pensare al teatro: “Essi comici non ripetono a memoria le frasi scritte come sono soliti i bambini e gli attori TEATRO DEL ‘500 Pagina 51 di 52 6-11-2012 recitanti per diletto. Questi ultimi, immancabilmente, danno l’impressione di non conoscere il significato di ciò che vanno ripetendo e per questa ragione adoperano in tutte le rappresentazioni le stesse parole della nuova comedia, si inventano ogni volta, apprendendo prima la sostanza, come per brevi capi e punti ristretti, recitano poi improvvisamente così addestrandosi ad un modo libero, naturale e grazioso. L’effetto che ne ottengono coinvolgimento, sul quel pubblico è modo così di molto naturale accende passioni, commozioni, che son di grave pericolo per il plauso che si fa della festa amorale dei sensi e della lascivia, del rifiuto delle buone norme, della ribellione alle sante regole della società, creando gran confusione presso le semplici persone.” Ma l’invenzione più magistrale dei comici dell’arte fu senz’altro il grammelot. Il termine è TEATRO DEL ‘500 di Pagina 52 di 52 6-11-2012 origine lombardo-veneta (gramlotto) e significa articolar parole e suoni inventati: un papocchio di termini astrusi che riescono egualmente a evocare il senso del discorso. “Grammelot” è un gioco onomatopeico di una ciancia che, coadiuvata da gesti, ritmi e modulazioni è in grado di trasmettere un intero discorso compiuto. Il grammelot può essere applicato a tutte le lingue, naturalmente per giungere a impararne la tecnica, oltre a una certa dote, bisogna esercitarsi lungamente. Di certo le prime maschere della commedia ai quali fu applicato il grammelot, furono senz’altro gli Zanni. Chi sono gli Zanni? Non si tratta di maschere ma personaggi che si rifanno alla realtà. Zanni era il soprannome che si dava ai contadini delle valli a nord del Po.