Definizione
Il termine coscienza deriva etimologicamente dal latino: Cum (con) scio (che significa
sapere, ma anche conoscere o essere consapevole e quindi essere consapevoli di
qualcosa insieme con qualcuno condividere le proprie sensazioni le proprie
conoscenze insieme con qualcun altro).
Questo concetto può essere utilizzato per definire anche l'autocoscienza nel momento
in cui esaminiamo le nostre personali sensazioni e conoscenze. In questo senso
possiamo anche dire che il concetto di coscienza è un qualcosa che a che vedere con
la socialità ed è quindi ben sviluppato nei grandi gruppi di individui con interazioni
complessi come appunto la società umana i cui membri posseggono per definizione il
sistema nervoso più sofisticato in termini di prestazioni; il nostro cervello, infatti,
possiede, infatti, un'enorme complessità in termini sia di peso (1,2 Kg in media), sia in
termini di sviluppo strutturale (100 miliardi di cellule neuronali e miliardi di collegamenti
sinaptici) . Con tali premesse possiamo meglio comprendere il problema della nostra
individualità e il rapporto con gli altri. Dal punto di vista storico, d'altra parte, Il concetto
di coscienza si è evoluto parallalelamente allo sviluppo della filosofia, della psicologia e
della neurofisiologia. Ciascuna di queste discipline ha evidenziato di volta in volta
aspetti soggettivi, comportamentali e neurofisiologici. Le definizioni rimangono quindi
molteplici e controverse, in quanto i differenti tentativi di identificare che cosa sia e che
cosa rappresenti il concetto di coscienza in tutte le sue proprietà è lungi dal trovare una
spiegazione definitiva, ma è possibile solo pervenire a risposte parziali e limitate ai
differenti campo di indagine[i]. Un tentativo di giungere ad una definizione unitaria, e
che ha ottenuto un discreto grado di accordo, è stata proposta dal neuroscienziato
Stanley Cobb (1887–1968), su ispirazione di W James psicologo e filosofo (1842-1910
), dove la coscienza viene definita come "Consapevolezza di sé stessi e dell'ambiente
che ci circonda "; a questa enunciazione il neurologo Fred Plum ( 1994) aggiunse il
concetto di tempo "consapevolezza temporalmente ordinata del se e dell'ambiente
interno ed esterno".[ii]
Alterazione dello stato di coscienza
Nella comune pratica clinica per definire le alterazioni dello stato di coscienza si usano i concetti di vigilanza
e consapevolezza. Secondo tale schema, quindi, il coma [i] corrisponde ad un paziente non sveglio privo di
ogni consapevolezza: il soggetto sta ad occhi chiusi non è in alcun modo "accessibile", non presenta alcuna
attività volontaria (nei gradi più severi di coma) e con vari livelli di disfunzionalità dei vari apparati, ed in
particolare di quello respiratorio, per il quale è intubato e ventilato meccanicamente. Il paziente riceve
assistenza in specifici reparti di terapia intensiva o rianimazione; la sua sopravvivenza dipende, quindi, in
gran parte da un rilevante supporto medico, senza il quale non potrebbe restare in vita.
Nello Stato Vegetativo (SV), al contrario del coma, il paziente è sveglio con alternanza di occhi chiusi ed
aperti (in occasione di alternanza dei cicli di sonno-veglia), ma non presenta, tuttavia, consapevolezza di se
e del mondo esterno, con il quale non sembra interagire. Non sono, comunque, evidenziabili chiari contenuti
di coscienza.
Rispetto al coma, può presentare attività motoria (in assenza di atti del corpo finalizzati o intenzionali) e
attività mimica facciale (anche in questo caso ritenuta di natura riflessa). Le principali funzioni, ed in
particolare quella cardiorespiratoria, sono autonome, anche se il paziente rimane in qualsiasi caso
dipendente per ogni necessità (quali l'igiene, l'idratazione e la nutrizione alimentazione) da una èquipe
medico infermieristica. In genere, i soggetti in stato di coma trascorse 3-4 settimane, qualora non si
risveglino, passano in stato vegetativo. In seguito alla fase rianimatoria possono essere accolti, quando
indicato, in reparti di riabilitazione intensiva presso strutture definite di riabilitazione per gravi cerebrolesioni
acquisite. All'interno di tali organismi possono essere presenti particolari nuclei definiti di riabilitazione sub
intensiva, specifici per tali pazienti. Attualmente si cerca di non utilizzare terminologie come "persistente" o
"permanente", preferendo avvalersi dell'espressione "stato vegetativo dal" (indicando la data di insorgenza)
: si tratta, infatti, di evitare di mettere una prognosi irreversibile al posto di una diagnosi probalistica.
Pertanto, pur riconoscendo che la definizione di SV può non essere da tutti accettata, a partire dal contenuto
semantico che può sembrare dispregiativo, preferiamo attenerci alla terminologia attualmente impiegata e
maggiormente condivisa dalla comunità medica.
Accanto agli stati vegetativi si pone un altro gruppo di soggetti definiti "Minimally Counscioness States"
(MCS). In questa condizione, si trovano pazienti che, pur presentando una gravissima alterazione dello stato
di coscienza, non corrispondono ai criteri diagnostici individuati per lo stato vegetativo. Gli stessi dimostrano,
infatti, presenza di consapevolezza, sebbene in modo minimale e non costantemente riproducibile nel
tempo. In questo gruppo rientrano quei pazienti che spontaneamente o a seguito di precise stimolazioni
mostrano di avere un'interazione positiva ed adeguata, ancorché transitoria, con l'ambiente circostante.
Questa condizione può essere discontinua ed instabile, e comunque, limitata all'esecuzione di ordini semplici
(come ad esempio: "estrai la lingua"), mentre sono preclusi compiti cognitivamente più complessi e,
comunque, interazioni protratte nel tempo.
Considerando che dal punto di vista clinico-assistenziale le due condizioni sono abbastanza sovrapponibili,
alcuni autori li collocano in un più ampio gruppo delle condizioni di basso livello neurologico (LLNS: Low
level neurological States). Per spiegare queste condizioni, vanno assolutamente evitate altre definizioni
utilizzate in passato quali: sindrome apallica, mutismo cinetico, coma prolungato e particolarmente coma
vigile.
[i] Còma dal gr. Kòma (da koimao, addormento, affine a Keimai, giaccio)
[i] Se pensiamo, ad esempio, sommariamente che a seconda dell'ambito nel quale viene osservata, la
coscienza viene intesa nei seguenti modi:
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Coscienza, in ambito neurologico, è lo stato di vigilanza della mente contrapposta al coma.
Coscienza, in ambito psicologico, è lo stato o l'atto di essere consci contrapposta all'inconscio.
Coscienza, in ambito psichiatrico, come funzione psichica capace di intendere, definire e separare
l'io dal mondo esterno.
Coscienza, in ambito etico, come capacità di distinguere il bene e il male per comportarsi di
conseguenza, contrapposta all'incoscienza.
Coscienza, in ambito filosofico, nel senso di consapevolezza, attività con la quale il soggetto entra in
possesso di un sapere.
Autocoscienza, come riflessione del pensiero su se stesso.
Coscienza di classe, in ambito sociale, è la consapevolezza che gli appartenenti di una specifica
classe sociale hanno di sé come gruppo.
[ii]In maniera semplificata possiamo anche riassumere le due macro-posizioni, all'interno delle quali si
articolano tutta una serie di studi ed orientamenti nel campo di indagine della coscienza: quella del
naturalismo, che si basa sull'applicazione di modalità di spiegazioni obiettive e scientifiche, e quella della
soggettività cioè la coscienza fenomenica che definisce l'esperienza come soggettiva ed individuale e
come tale non obiettivabile.
A cura del dottor Sandro Feller, direttore dell'Unità Operativa di Riabilitazione Neurologica
dell'Azienda Ospedaliera "G. Salvini" di Garbagnate Milanese (Milano)