Il coma è come un black-out

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“Il coma è come un black-out”
Neuropsicologa e psicoterapeuta, Paola Chiambretto, 32 anni, è responsabile del servizio di
psicologia della Cooperativa Sociale Vitaresidence che gestisce due reparti per pazienti in stato
vegetativo e post comatosi a Guanzate e a Legnano, in strutture extraospedaliere Residenze
Sanitarie Assistenziali (Rsa).
Quando si entra in coma?
Dopo un evento acuto, un trauma, un incidente stradale, un ictus o un arresto cardiocircolatorio che,
per qualche minuto, causano l’arresto del flusso sanguigno al cervello. Senza ossigeno, le cellule
cerebrali muoiono.
Dopo quanti minuti muoiono?
Tre-cinque minuti bastano per creare lesioni importanti. Il cervello dopo un evento acuto presenta
una grave sofferenza che causa il coma.
Il coma è come un black out?
Sì, un black out generale, una lesione del sistema nervoso centrale (Snc) per cui tutte le funzioni
vitali sono in grossa difficoltà, devono essere supportate per funzionare. Il cervello non invia più
stimoli corretti per far funzionare la “macchina corpo”. Il paziente viene assistito in terapia
intensiva, la sua vita è legata al supporto delle macchine.
Questo stato di coma non dura per sempre?
No, a un certo punto una parte del cervello ricomincia a funzionare: è la “centralina dello stand by”,
il sistema neurovegetativo del nostro cervello situato a livello del troncoencefalo (pensate alla
lucetta della Tv quando è spenta) che sovrintende al respiro autonomo, all’alternanza sonno-veglia.
Il paziente dorme, russa, riapre gli occhi quando si sveglia, fa movimenti anche minimi, a volte
emette suoni, piange ma non riconosce l’ambiente, vive senza l’ausilio delle macchine ma senza
contatti con l’ambiente. È come sospeso.
Questo è lo stato vegetativo?
Esattamente, c’è ma è come se non ci fosse, si è risvegliato, ha fatto un passo avanti, è vivo ma è in
una condizione vegetativa.
Un termine che sembra assimilare alla condizione dei vegetali.
Infatti è un termine aborrito dai familiari. Per assonanza ricorda le piante, invece è da riportare ad
una dimensione medica, clinica, scientifica. Significa che quello che funziona nel paziente è il
sistema vegetativo.
Che assistenza è necessaria in questo stadio, lo stadio di Terry Schiavo?
Il paziente va accudito, dalla A alla Zeta, deve essere alimentato con un sondino che entra nello
stomaco. È uno stadio, come uno scalino che ogni paziente in coma deve fare. Per alcuni è solo uno
scalino, per altri può essere un momento di arrivo.
Cosa accade al secondo scalino?
Ci sono i pazienti minimal responder, che hanno una risposta minima agli stimoli dell’ambiente,
chiudono gli occhi per dire sì, una condizione di responsività che può anche variare nella giornata.
Una ripresa di coscienza magari intermittente.
Proseguiamo.
Al terzo stadio aumentano tutte le capacità di contatto con l’ambiente, vigilanza, il paziente esprime
qualche parola, muove qualche passo. A volte, invece, controlla solo le palpebre ma è
assolutamente lucido, cosciente, ha integrato la capacità di comprendere.
Tornando allo stadio vegetativo, si sente il dolore?
Non si sa, ma l’impressione è che lo sentano. Però il dolore, seppur avvertito, non è percepito nella
sua componente discriminatoria. È come se dessimo un pizzicotto leggero a una persona che dorme
tale da non farlo svegliare. La persona avverte il pizzicotto (sposta il braccio), ma, non ne è
consapevole. Il dolore, il fastidio si esprime con increspature della bocca, piccoli grugniti. Nello
stato vegetativo è sempre a livello non cosciente perché la parte corticale del cervello, quella più
esterna, più evoluta, non è più coinvolta, non è in contatto con la parte vegetativa, le informazioni
non arrivano. Come se un ascensore si fermasse a metà strada, non arrivasse all’attico.
Questi pazienti sono il risultato dei progressi della medicina che li strappa a morte certa. Siamo
preparati?
Non ancora abbastanza. C’è una nebbia. Spesso vengono ricoverati qua o là, è una realtà nuova.
Saranno sempre di più. La medicina è avanti, ma la cultura dell’assistenza non ha tenuto il passo.
Dobbiamo fare molta strada.
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