Fisiopatologia - 27 Aprile 2013 Quando facciamo l`esame obiettivo

Fisiopatologia - 27 Aprile 2013
Quando facciamo l’esame obiettivo del paziente passiamo attraverso le 5 fasi che sono: ispezione,
palpazione, percussione, auscultazione ed eventualmente l’esplorazione delle cavità anale, vaginale e orale.
Se un individuo è affetto da peritonite, sicuramente avrà dolorabilità a ogni movimento, quindi il paziente
cercherà di muoversi il meno possibile e avrà un respiro superficialissimo.
Durante la palpazione il medico dovrà partire dal quadrante più lontano rispetto al punto in cui il paziente
sente il dolore, e man mano avvicinarsi. Il paziente sentirà dolore nella palpazione superficiale e soprattutto
in quella profonda, durante la quale attuerà i suoi meccanismi di difesa contro il dolore: alla palpazione da
parte del medico si contrapporrà una contrazione dei muscoli addominali. Il medico non riesce più ad
affondare durante la palpazione perché il paziente ha una contrattura di difesa (garding).
Durante la palpazione si segue la legge di Stokes: quando c’è una peritonite, c’è la paralisi della
muscolatura liscia e la contemporanea contrazione della muscolatura striata. Questo spiega il fenomeno
della contrattura della muscolatura striata e il rilasciamento della muscolatura liscia e quindi l’ileo
paralitico.
Una volta che il medico ha affondato la mano nell’addome del paziente durante la palpazione, inizialmente
c’è una contrattura di difesa, poi il paziente si abitua alla presenza della mano del medico e pian piano
rilascia la muscolatura striata, sparisce la contrattura di difesa. Se il medico ora rilascia improvvisamente
l’addome del paziente, si ha quello che viene chiamato segno di rimbalzo (rebound) o segno di Blumberg: il
peritoneo viscerale sbatte sul peritoneo parietale provocando un dolore acuto. Infatti il paziente salta più
quando il medico rilascia l’addome che quando preme.
Il segno più importante di peritonite è quindi il segno di Blumberg.
Nella peritonite c’è l’ileo paralitico quindi le anse sono superdistese. Se vado a fare la percussione
addominale trovo che c’è un ipertimpanismo: le anse sono distese e piene d’aria.
All’auscultazione ascolto finalmente la peristalsi (bisogna tenere sempre conto del fatto che con ispezione e
palpazione magari stimolo qualche movimento peristaltico, che poi andrò ad auscultare eventualmente in
base alle condizioni del paziente).
Durante l’esplorazione rettale in un peritonitico, se nel cavo del Douglas c’è del pus, facendo una
palpazione profonda vado a premere su un punto flogosato e che quindi provocherà dolore. Quindi in un
peritonitico abbiamo un’esplorazione rettale positiva per dolore a livello del Douglas. Spesso succede che la
sola zona dove si è accumulato il pus è lo scavo del Douglas, e in tutto il resto no: può capitare quindi che
non ci sia dolorabilità nell’addome ma che ci sia dolorabilità quando si effettua l’esplorazione rettale.
Nella quarta fase dell’esame obiettivo analizziamo la peristalsi con l’auscultazione. La peristalsi è posta
nella quarta fase e non nella prima perché se magari la poniamo come prima fase (ispezione) non sentiamo
la peristalsi o la sentiamo torpida (addormentata, deriva da torpore).
Quando i borboritmi (glu-glu) hanno una distanza normale, sono costanti, allora la peristalsi è normale.
Quando i borboritmi sono molto distanti l’uno dall’altro allora la peristalsi è rallentata o torpida, o
addirittura assente. La peristalsi è accentuata quando la distanza tra i borboritmi è ridotta. Ad esempio c’è
una peristalsi vivace o un iperperistaltismo quando il paziente ha la diarrea, si può arrivare al punto in cui
tra un borboritmo e l’altro non c’è silenzio.
Le variazioni nella peristalsi vanno dall’iperperistaltismo al silenzio peristaltico.
Esistono tre tipi di peristalsi:
-
la peristalsi primaria è quella propulsiva che spinge il contenuto intestinale ad andare avanti, la
contrazione propulsiva dell’ansa intestinale;
la peristalsi secondaria è una peristalsi segmentaria, circonferenziale, che corrisponde alle valvole
conniventi, e che serve a rimescolare il contenuto intestinale;
la peristalsi terziaria ha significato patologico, è una piccola contrazione vermicolare che non ha
nessun significato fisiologico, non ha né funzione propulsiva né di rimescolamento.
Oltre alla peristalsi che fa progredire il contenuto intestinale, primaria o secondaria che sia, i visceri cavi, in
particolare lo stomaco, il digiuno, l’ileo, hanno anche un’importante capacità blastica di adattarsi al loro
contenuto. La capacità di un viscere cavo di adattarsi al proprio contenuto si chiama peristole: il viscere
cavo avvolge, racchiude il suo contenuto e gli si adatta attorno, un po’ come un serpente.
La peristole è molto importante per capire la fisiopatologia dell’occlusione intestinale. Supponiamo di avere
un tumore a livello della valvola ileocecale: la valvola è completamente chiusa dal tumore, abbiamo
un’occlusione intestinale completa al passaggio di solidi, liquidi e gas. Le anse intestinali inizialmente
cercano di vincere l’ostacolo, con una contrazione delle anse intestinali stesse, che clinicamente si traduce
in un dolore crampiforme ad andamento colico.
Esistono fondamentalmente quattro tipi di dolore:
-
il dolore crampiforme, come una morsa che stringe;
il dolore gravativo, come un peso;
il dolore trafittivo, come un pugnale;
il dolore urente, come un bruciore.
Il dolore è il sintomo guida nonché il sintomo più frequente. Bisogna conoscere il “rosario del dolore”
quando se ne descrive l’anamnesi: sede, tipo, estensione, irradiazione, intensità, durata, modalità di
insorgenza e regressione, sintomatologie associate.
Quando si parla di diversi tipi di dolore si parla anche di diverso tipo di patologia e quadro clinico.
Quando si parla di colica renale, colica biliare, colica addominale stiamo dando una definizione
completamente sbagliata, però purtroppo siccome è consacrata dall’uso comune allora la dobbiamo usare.
Se ci riflettiamo la definizione “ha le coliche” non vuol dire nulla, perché i tipi di dolore sono quattro, il fatto
che sia colico dipende dall’andamento temporale. Si parla di dolore colico quando questo origina da un
viscere cavo a muscolatura liscia. Il dolore raggiunge un’acme, poi siccome la muscolatura liscia è debole,
dopo un po’ si stanca e smette di contrarsi. Dopo l’acme c’è quindi un rilasciamento della muscolatura e
quindi un momento di accalmìa. Dopodichè quando la muscolatura liscia riprende forza e si ricontrae ho di
nuovo il crampo. Questo è il comportamento delle tipiche coliche addominali, renali o biliari (dolore ad
andamento colico). La definizione non è ad esempio colica biliare, ma dolore crampiforme di origine biliare
ad andamento colico, perché è un crampo che stringe, raggiunge un’acme e poi c’è l’accalmìa.
Quando c’è la chiusura della valvola ileocecale succede la stessa cosa: un dolore crampiforme ad
andamento colico, dato dalla contrazione della muscolatura liscia delle anse intestinali che cercano di
vincere l’ostacolo, non ce la fanno e quindi c’è un rilassamento fino all’acquisizione di nuova forza
contrattile con un’altra contrazione e un altro picco di dolore.
Il dolore può essere colico, quindi che va e viene, ma anche la localizzazione può essere di questo genere,
ad esempio periodicamente si ripete da sinistra verso destra o viceversa.
La contrazione crampiforme della muscolatura liscia cerca di vincere l’ostacolo, ma è un lavoro inutile dato
che l’ostacolo è la valvola ileocecale chiusa da un cancro. Se andiamo ad auscultare un paziente in questa
situazione, inizialmente sentiamo un iperperistaltismo che cerca di vincere l’ostacolo. Poi non si sente più
nulla, e questo è il momento in cui c’è l’accalmìa.
Dopo un po’ l’intestino si stanca a tal punto da perdere completamente la peristole, diventa come una
bisaccia, si dilata enormemente, si forma il terzo spazio, si accumula del liquido e l’intestino diventa
atonico. Atonico perché non si adatta più come viscere cavo al suo contenuto, e perde peristalsi e peristole.
In questa camera che si è formata che è l’intestino disteso, i liquidi e i solidi vanno verso il basso, e l’aria si
porta nella parte alta: si forma il livello idroaereo, ovvero l’elemento semeiologico strumentale
patognomonico dell’occlusione intestinale meccanica. Cioè quando faccio un’RX di retto e addome vedo
che c’è un livello idroaereo: sotto c’è liquido e solido, e sopra c’è gas (il livello idroaereo si è formato perché
l’intestino ha perso prima la peristalsi e poi la peristole, si è disteso enormemente e non reagisce più).
Ripercorriamo le fasi della peristalsi: inizialmente magari il tumore non è completamente stenosante, poi la
valvola inizia a chiudersi sempre di più e alla fine ci passa solo l’aria, il paziente è suboccluso. Dalla
subocclusione si arriverà all’occlusione completa.
In questa piccola zona di occlusione che si è ristretta passeranno l’aria e il liquido a pressione perché
inizialmente c’è un iperperistaltismo. Il segno clinico di questo passaggio di liquidi e gas a pressione prende
il nome di rumore di filtrazione. Quindi quando andiamo ad auscultare un paziente con occlusione
meccanica sentiamo un va e vieni di liquido: è come se venisse filtrato del liquido o del gas a pressione
attraverso una stenosi, non sono più dei glu-glu.
Quindi inizialmente ho un iperperistaltismo e rumori di filtrazione. Dopo che la peristalsi sparisce, l’ansa si
dilata a tal punto da perdere la peristole, e si forma il livello idroaereo. Si è formata una sorta di camera di
risonanza.
Se noi prendiamo un secchio metallico e ci facciamo cadere dentro una goccia d’acqua, fa un rumore
metallico, rimbomba. Lo stesso succede nell’occlusione intestinale meccanica: basta il passaggio di una
goccia attraverso quella stenosi che, all’interno di questa nuova camera di risonanza, sentiamo un rumore
tipico a timbro metallico.
Quindi quando sentiamo all’auscultazione un rumore di filtrazione e un rumore a timbro metallico, quel
paziente ha per definizione un’occlusione intestinale meccanica. Mentre quando ho un ileo paralitico
probabilmente la peristalsi è assente, non sentiamo alcun rumore perché, per la legge di Stokes, durante la
peritonite l’intestino si ferma.
La differenza clinica auscultatoria che c’è tra occlusione intestinale meccanica e occlusione intestinale
paralitica è che nell’occlusione meccanica sono presenti rumori di filtrazione, rumori a timbro metallico e
rarissimi borboritmi, che hanno le distanze temporali l’uno con l’altro completamente alterate e rallentate.
Quello che riallaccia l’occlusione intestinale allo shock ipovolemico è il sequestro di liquidi nel terzo spazio,
che provoca una disidratazione profonda. Se il paziente è grave e non viene trattato, questo passa la fase di
scompenso, con la pressione al di sotto di 90/60 non è più rispondente al trattamento, all’infusione di
liquidi. Lo shock ipovolemico che ne deriva può portare per diversi motivi il paziente in coma.
Per quanto riguarda l’occlusione intestinale paralitica invece lo shock è misto: è ipovolemico a causa
dell’ileo, ma è settico perché c’è anche la peritonite.