MALATTIE NEURODEGENERATIVE, UN FATTORE
DI TRASCRIZIONE POTENZIALE BERSAGLIO PER
TERAPIE MIRATE
01 giugno 2014
Nel deficit cognitivo lieve (MCI, mild cognitive impairment) e nella malattia di Alzheimer (AD) si
riscontrano ridotti o assenti livelli di REST (repressor element-1 silencing transcription factor), un
fattore di trascrizione normalmente presente nel nucleo dei neuroni corticali e delle cellule
ippocampali che presenta molteplici funzioni neuroprotettive. La scoperta, pubblicata su Nature, è
stata effettuata al Dipartimento di Genetica dell’Harvard Medical School di Boston (Massachusetts,
USA), apre notevoli prospettive terapeutiche.
REST, durante lo sviluppo embrionale, agisce come repressore di geni neuronali ed è downregolato
una volta che la differenziazione neuronale ha avuto termine. Si è però osservato che il suo profilo
trascrizionale mostra significative modificazioni nell’espressione di geni neuronali durante
l’invecchiamento, per esempio a livello della corteccia prefrontale nel cervello.
Gli autori dello studio, coordinato da Tao Lu, hanno evidenziato che REST è indotto
nell’invecchiamento cerebrale per coordinare l’azione di un network di geni: reprimere quelli che
promuovono l’apoptosi e lo sviluppo dell’AD, indurre l’espressione di quelli deputati alla risposta
allo stress. In particolare, si è dimostrato che REST protegge in modo potente i neuroni dallo stress
ossidativo e dalla tossicità della beta-amiloide.
A ulteriore riprova, gli scienziati citano due prove precliniche. «Una delezione condizionale di
REST nel cervello di topo determina una neurodegenerazione età-correlata. Inoltre, un gene
ortologo di REST (Caenorhabditis elegans SPR-4) protegge anch’esso dallo stress ossidativo e dalla
tossicità della beta-amiloide»: elementi ulteriormente suggestivi del fatto che REST protegga i
neuroni dagli insulti tossici età-correlati.
Dalla ricerca è emerso come nell’uomo, con l’avanzare dell’età, livelli elevati di REST siano
associati a un mantenimento delle funzioni cognitive e a una maggiore longevità, anche in presenza
di una condizione di AD. Ciò fa pensare che REST regoli una risposta neuroprotettiva allo stress
potenzialmente centrale nel mantenimento delle funzioni cognitive. In altre parole, si può ipotizzare
che condizioni strutturali patologiche (come A-beta e gomitoli neurofibrillari) possano non essere
sufficienti a causare demenza e che sia necessario, perché ciò avvenga, anche il fallimento del
sistema cerebrale di risposta allo stress.
«In ogni caso» riprendono gli autori «nell’AD, nella demenza frontotemporale e nella demenza a
corpi di Lewy, REST viene perduto dal nucleo e appare negli autofagosomi insieme con proteine
ripiegate patologiche». Da notare che l’induzione dell’autofagia rilevata nelle patologie
neurodegenerative e in cui compaiono negli autofagosomi proteine ripiegate quali A-beta, fosfo-tau,
TDP-43 e alfa-sinucleina, vedono sempre associate la presenza di REST. Sembra dunque delinearsi
una via comune che unisce proteostasi alterate a espressione aberrante di geni.
«In ultima analisi» ribadiscono Lu e colleghi «i livelli di REST nel corso dell’invecchiamento sono
strettamente correlati alla preservazione e alla longevità delle funzioni cognitive. Pertanto, lo stato
di attivazione di REST può distinguere – nel cervello in invecchiamento – tra neuroprotezione e
neurodegenerazione». Strategie per aumentare i livelli nucleari di REST, pertanto, potrebbero
costituire un nuovo approccio terapeutico nella gestione non solo di AD ma anche della malattia di
Parkinson e della sclerosi laterale amiotrofica.
Arturo Zenorini
Lu T, Aron L, Zullo J, et al. REST and stress resistance in ageing and Alzheimer's disease. Nature,
2014;507(7943):448-54.