OLTRE 1 - Maggio Agosto 2005

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OLTRE
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Periodico quadrimestr. di psicologia, psicoterapia, psicoanalisi, ipnosi, sessuologia, neuropsicologia.
Num. 1 - Maggio / Agosto 2005 - Registrazione al Tribunale Ordinario di Torino n. 5856 del
06/04/2005 - Dirett. responsabile: Dott. Ugo Langella - Psicologo, Psicoterapeuta - Iscritto
all'Ordine degli Psicologi ed all'Albo degli Psicoterapeuti, Posizione 01/246 al 17/07/1989 Strada S. Maria 13 - 10098 RIVOLI (To) - Tel. 011 95 86 167 - [email protected]
Esente da pubblicità - Stampa in proprio - PUBBLICAZIONE GRATUITA - Arretrati via e-mail.
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É FATTA! FINALMENTE "OLTRE" É REGISTRATO!
Sono stato molto combattuto se aprire questo primo numero senza apparire, lasciando cioè
"parlare" solo quello che segue, oppure se esprimermi personalmente. Di cose da dire o da
commentare psicologicamente, ce ne sarebbero. In questi ultimi tempi, poi!
Se sono riluttante a farlo, ciò è dovuto al fatto che "OLTRE" è nato per andare "OLTRE". Non
sarà sempre facile, ma è il mio obbiettivo. Quando si ha in mano uno strumento come questo, che
pur nella sua semplicità è un periodico di diritto e di fatto, la tentazione di servirsene per
imporre agli altri il proprio pensiero in modo spicciolo circa i principali avvenimenti della vita
corrente, ancorché dal punto di vista psicologico, talvolta sembra irresistibile. E invece no. Tutto
passa, tutto si raffredda, molto si dimentica. Occorre saper prendere le distanze da tutto e da
tutti, ed evitare di buttarsi nella mischia, anche perché sono già troppi quelli che lo fanno.
Occorre riuscire a rimanere spettatori, frenando le passioni, qualunque sia la piega degli eventi, e
andare "OLTRE".
Solo così è possibile dire qualcosa di diverso o visto da un'altra angolatura. Spero nel futuro di
aprire "OLTRE" anche ai miei colleghi. Se qualche lettore volesse scrivermi, può farlo per email oppure per posta ordinaria agli indirizzi riportati nell'intestazione.
I numeri arretrati (al momento solo il numero Zero) verranno inviati per posta elettronica a chi
ne farà richiesta. Fra un numero e l'altro, talvolta pubblicherò dei SUPPLEMENTI, alcuni dei
quali (forse) corredati da supporti per computer.
Con l'augurio che possiate utilizzare qualcosa di tutto questo.
IL SOMMARIO DI QUESTO NUMERO
É fatta! Finalmente "OLTRE" é registrato! (Pag,1)
Da: Gustave Le BON - PSICOLOGIA DELLE FOLLE (Pag,2)
A proposito della psicoanalisi (Pag,2)
Note sull'uso dell'IPNOSI (Pag,7)
Quello che molti uomini non sanno (Pag,8)
Quel motivetto che ci piace ripetere (Pag,10)
Letture consigliate per (Pag,11)
Curriculum di Ugo Langella (Pag,12)
OLTRE per posta elettronica (Pag,12)
1
ESTRATTI da: Gustave LE BON - PSICOLOGIA DELLE FOLLE - Oscar Saggi Mondadori - 1980
- Gustave Le Bon (1842 - 1931) scrisse la "Psicologia delle folle" nel 1895. [Il condensato del
testo è mio.]
"Al momento attuale non è facile dire che cosa potrà nascere un giorno da quest'epoca
piuttosto caotica. Ancora lo ignoriamo, e tuttavia fin d'ora possiamo prevedere che queste
società dovranno fare i conti con una potenza nuova: la potenza delle folle. L'età che inizia sarà
veramente l'era delle folle." (Pag. 24) "La voce delle folle è divenuta preponderante. É nell'anima
delle folle che si preparano i destini delle nazioni." (Pag. 25) "La psicologia delle folle dimostra
come queste ultime, per la loro natura impulsiva, siano assai poco influenzate dalle leggi e dalle
istituzioni, e come nello stesso tempo siano incapaci di avere un'opinione qualsiasi al di fuori
di quelle suggerite da altri." (Pag. 28)
"In determinate circostanze, un agglomerato di uomini possiede caratteristiche nuove ben
diverse da quelle dei singoli individui che lo compongono. La personalità cosciente svanisce, i
sentimenti e le idee di tutte le unità si orientano nella medesima direzione. Si forma così
un'anima collettiva, senza dubbio transitoria, ma con caratteristiche molto precise. Tale folla
forma un solo corpo ed è sottomessa alla legge dell'unità mentale delle folle." (Pa. 33)
"Migliaia di individui separati possono, ad un momento dato e sotto l'influenza di certe emozioni
violente, come ad esempio un grande evento,
acquistare le caratteristiche di una folla
psicologica. Basta allora che una circostanza casuale li riunisca perché il loro comportamento
acquisti subito quella forma che è particolare delle folle." (Pag. 34) "Nell'aggregato di una folla
non vi è affatto somma o media di elementi, ma combinazione e creazione di elementi nuovi.
L'individuo immerso in una folla differisce dall'individuo isolato." (Pag. 36)
"L'individuo in una folla acquista, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza
invincibile. Ciò gli permette di cedere ad istinti che, se fosse rimasto solo, avrebbe senz'altro
repressi. Il contagio mentale determina nelle folle il manifestarsi di speciali caratteri e al tempo
stesso il loro orientamento. Il contagio è da porsi in relazione con i fenomeni di ordine ipnotico.
Ogni sentimento, ogni atto è contagioso in una folla, è contagioso a tal punto che l'individuo
sacrifica molto facilmente il proprio interesse personale all'interesse collettivo. La causa più
importante è la suggestionabilità. L'individuo che faccia parte di una folla, non è più consapevole
di quello che fa. In lui, come nell'ipnotizzato, talune facoltà possono essere spinte alla massima
esaltazione mentre altre sono distrutte. Annullamento della personalità cosciente, predominio della
personalità inconscia, orientamento determinato dalla suggestione e dal contagio dei sentimenti e
delle idee in un unico senso, tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite,
tali sono i principali caratteri dell'individuo in una folla." (Pag. 38, 39)
"L'individuo nella folla è un granello di sabbia tra altri granelli di sabbia che il vento solleva a
suo piacere." (Pag. 40) Nelle pagine seguenti del volumetto, che consiglio vivamente di leggere
poichè più che mai attuale, l'autore descrive nel dettaglio quanto qui esposto, riferendosi ai vari
momenti storici e ipotizzando nuovi scenari, oggi sotto i nostri occhi.
Nel 1921, partendo da questo lavoro di Le Bon, S. Freud sviluppò, anche se con altri approdi:
"Psicologia delle masse e analisi dell'IO." (Boringhieri 1971)
A PROPOSITO DELLA PSICOANALISI
É
del settembre 2000 l'ultimo attacco
pubblico
alla psicoanalisi di cui sia a
conoscenza, dal titolo: "Ma la psicoanalisi serve?" riportato nella rubrica dei lettori di un
quotidiano di Torino a larga diffusione. Un
attacco del genere é persino semplicistico e
sicuramente affrettato, certamente non degno della notorietà del curatore. Tuttavia la cosa
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si presta ad alcune fondamentali riflessioni. Innanzitutto, anche per la Psicoanalisi si é
verificato quanto é accaduto per il Cristianesimo ed il Socialismo. Con il loro progressivo imbibire
in profondità il nostro modo di pensare, la loro trascendenza sul sociale é andata calando,
trasformandosi in immanenza: dall'esoterismo all'abuso. La situazione si presta molto bene
per il classico: "Il re é morto! Viva il re!"
In questi ultimi anni si sono sentite spesso affermazioni
che davano la psicoanalisi per
spacciata, ma si é trattato soltanto della reazione di
giornalisti "ignoranti" (nel senso che
ignoravano) i quali, avendo origliato in qualche convegno che il modo freudiano di fare
analisi era oggetto di forti critiche e praticato ormai da una minoranza, non conoscendone
altri ne dedussero che la psicoanalisi stava morendo.
In effetti la grande trasformazione iniziò alcuni decenni fa con la diffusione delle teorie e
delle tecniche di Melanie Klein, pressoché sconosciuta ancora oggi al grande pubblico, come
ancora più sconosciuti sono i suoi seguaci. Quanti sanno chi sono, oltre alla citata Klein:
(teoria dell'oggetto) Karl Abraham, Susan Isaacs, H. Segal, Paula Heimann, Joan Riviere,
Roger Money-Kyrle, Herbert Rosenfeld, W. Bion, D. Meltzer, tanto per citarne alcuni?
Per la maggior parte delle persone la psicoanalisi é Freud, ma anche quella che è definita la
psicoanalisi classica si è evoluta in due nuove correnti: la psicologia dell'IO da un lato, di cui Paul
Federn è fra i principali rappresentanti, e la psicologia del Sé dall'altro, di cui H. Kohut è
l'omologo di Federn.
É buffo come, vista la crescente prevenzione nei confronti dello psicofarmaco da parte
dell'utenza, soltanto adesso i medici stiano scoprendo la psicoanalisi, ma partendo da Freud
senza neanche vedere cosa é cambiato, per approdare poi a quella miriade di correnti
psicoterapeutiche inventate in questi ultimi anni da questo e da quello. Vedasi quanto riporta il
periodico: "European psychotherapy" n. 1 del 2000, in: J. Ingelmo, I. Ramos - Toward a
reconceptualization of psychoanalytic psychotherapy: a theory of the unconscious and the
specificity of therapeutic interventios. (Pag. 15)
I medici sono fatti così: le cose non esistono sino a che non le scoprono loro. Poi, però,
quando
le
scoprono pretendono di adattarle al loro modo di vedere. Abituati a ragionare in
termini parametrici oggettivi, spesso non riescono neppure a cogliere i malesseri dei pazienti se
non danno luogo ad alterazioni parametriche coerenti, e sembrano interessarsi della
psicoanalisi solo per dimostrare che non funziona.
Paradossalmente, soggiacciono alla stessa mentalità del paziente, che applica alle patologie
mentali i medesimi criteri di MALATTIA, CURA e GUARIGIONE in uso per le patologie organiche.
Visto che qualsiasi intervento sulla psiche valutato con quelle premesse non funziona, sono tutti
inutili e si può solo sperare nelle risorse della psicofarmacoterapia oggi e ancor più in quella di
domani!
La diversità dei concetti di MALATTIA, CURA e GUARIGIONE in patologia organica
rispetto a quella mentale, consiste nel fatto che la prima può insorgere a seguito di un evento
esterno scatenante, sullo stesso piano della malattia, in un contesto abbastanza definibile,
per cause oggettive ancorché la scienza non riesca ancora a definirle tutte. Come dire: prima
c'era uno stato di benessere. Esso é andato perduto. Con il trattamento farmacologico e/o
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chirurgico, il benessere ritorna ed il paziente può
come prima della malattia.
dirsi guarito, cioè: é ritornato a star bene
L'uomo di oggi è così angosciato dalla paura
di morire, anche a causa dell'eccesso di
informazione, da rovinarsi l'esistenza anche
quando sta bene. (Dall'Ugopensiero)
Nei disturbi mentali, invece, UN VERO benessere NON C'É MAI STATO o è stato solo
apparente! In un certo momento della vita quel benessere precario é crollato. La cura
consiste nella ricerca delle cause di quella precarietà, se non del malessere esplicito vero e
proprio; la guarigione, in un miglioramento più o meno grande del malessere precedente e/o in
una stabilità del benessere, dimensioni nuove per il soggetto.
Succede che il paziente, convinto dai suoi malesseri ad approdare ad una qualche forma
di intervento psicoterapeutico, appena raggiunge un piccolo miglioramento si comporta come
quando assume farmaci a seguito di una patologia organica: smette, e qui i risultati sia in un
caso che nell'altro sono simili: una maggiore resistenza alle cure successive in caso di
ricaduta, sino allo scetticismo ed allo scoraggiamento. Ma c'é anche chi, in un momento
difficile, vorrebbe "una seduta" come se fosse
una
pillola, illudendosi poi di star meglio. É
chiaro che finisce per arrivare presto a convincersi che simili strumenti non servono!
Chiarito che una cosa é la patologia organica ed un'altra la patologia mentale già a partire
dalle premesse; che non si può pretendere di capire e tanto meno di curare la seconda se si
ragiona con la mentalità di chi si occupa della prima; che occorre scegliere se occuparsi della
prima o della seconda, anche se una certa conoscenza della prima é importante anche per chi si
occupa della seconda come il contrario; dedichiamoci ad affrontare che cosa il trattamento
psicoanalitico davvero é o non é; quali sono effettivamente i suoi limiti e da cosa derivino.
Nell'articolo a cui ci si riferiva inizialmente, il giornalista paragonava il trattamento
psicoanalitico alla confessione dei Cattolici. Sarebbe lungo soffermarsi sulla descrizione delle
differenze. Al lettore basti sapere che si tratta del giudizio di qualcuno che SICURAMENTE in
trattamento psicoanalitico non c'é mai stato, e che giudica le cose secondo l'immagine che se
n'é fatta sentendone parlare.
Comunque, certamente il trattamento psicoanalitico ha dei "limiti". Ne hanno la medicina, la
chirurgia, la farmacoterapia i cui campi sono sempre più circoscrivibili; nei quali lavorano un
elevato numero di ricercatori e dove si spendono migliaia di miliardi, e non dovrebbe averne la
psicoanalisi con meno storia, meno addetti e meno capitali? Tuttavia, come nei campi suddetti
anche nella psicoanalisi le ricerche continuano e si fanno progressi, solo che sono meno
eclatanti della scoperta dell'inconscio, e difficilmente apprezzabili dal profano.
Se la psicoanalisi, qualunque sia l'indirizzo, è meno efficace di come si vorrebbe, ciò dipende
da una serie di variabili che riguardano:
- il paziente
- lo stato dell'arte della teoria e della tecnica
- lo psicoanalista.
Le VARIABILI CHE RIGUARDANO IL PAZIENTE sono:
- l'INTENSITÀ DELLA MOTIVAZIONE al trattamento, funzione
di
un
suo
davvero
autentico malessere ed un parimenti autentico desiderio
di uscirne, dove
uscirne
significa crescere, modificarsi;
- le RESISTENZE ALLA GUARIGIONE, poiché essere malati serve
sempre a qualcosa, e
per alcuni a moltissimo;
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- le DIFESE intese come rifiuto di ammettere alla coscienza determinati contenuti della
mente, apparentemente per il timore che prendano il sopravvento sulla coscienza, ma in realtà
molto spesso per non dovervi rinunciare.
É compito dell'analista lavorare su questi aspetti, ma quando la motivazione é scarsa o i
vantaggi della malattia superiori a quelli della guarigione, sono davvero sforzi inutili, anche se
quella che viene chiamata: REAZIONE TERAPEUTICA NEGATIVA, oggi ha i contorni più
definiti. Basti pensare a quante persone, a causa dei loro disturbi mentali, sono mantenute
come parassiti dai parenti o dalla società.
Tuttavia, il compito
dell'analista consiste nel denunciare ugualmente queste prospettive
negative e cercare di modificarle, anche perché generalmente hanno a che fare con la
distruttività del paziente, cioè con l'istinto di morte. Avviene allora che un'analisi iniziata senza
prospettive, possa diventare qualcosa di positivo se l'analista riesce ad utilizzare positivamente
la possibilità che il paziente gli mette a disposizione. Talvolta ci si ferma prima, creando un
nuovo avversario della psicoanalisi.
Altre variabili del paziente determinanti per un buon successo del trattamento, sono UNA
CERTA CAPACITÀ DI INTROSPEZIONE E VERBALIZZAZIONE DEI SUOI STATI D'ANIMO;
DI ELABORAZIONE, DI ASTRAZIONE E SINTESI DEI CONTENUTI VERBALI.
A questo proposito occorre dire che, anche grazie ad una accresciuta cultura generale,
alla sensibilizzazione ottenuta attraverso i mezzi di diffusione di massa, rispetto ad alcuni
decenni or sono oggi la maggior parte delle persone possiede queste capacità in misura
sufficiente, chi più chi meno, per affrontare un trattamento psicoanalitico. Ma più spesso non
è che ciò manchi, quanto che il paziente ne è inibito per effetto delle sue resistenze e difese.
Molto spesso cioè, vorrebbe risolvere tutto subito ma nello stesso tempo non cambiare nulla, o
ha paura del cambiamento.
Sicuramente, invece, dal punto di vista economico oggi sono di più quelli che possono
permettersi un trattamento rispetto al passato. Ai tempi di Freud non era così né per una cosa
né per l'altra. Comunque, generalmente la malattia ha un costo invalidante maggiore di
quanto si dovrebbe spendere per curarla.
Circa lo stato dell'arte della teoria e della tecnica psicoanalitica, grazie a Melanie
Klein ed ai successivi autori, ci sono notevoli differenze fra le concezioni di Freud e quelle
attuali, a partire dalla valutazione dell'età in cui si sviluppano nel bambino quei processi
che, disturbati, danno luogo alle premesse per una futura patologia mentale.
Anche se il corpus teorico e tecnico della psicoanalisi freudiano-kleiniana é solidamente
strutturato attorno ad alcuni punti fermi, si é lontani da attribuirgli una veste scientifica
secondo il significato di questa parola, poiché a differenza delle altre scienze in cui la
variabile operatore é secondaria rispetto alla teoria ed al metodo, in essa é fondamentale.
É questa che fa la differenza.
La VARIABILE PSICOANALISTA é a sua volta la sommatoria di diverse variabili:
-MOTIVAZIONE E INTERESSE PER IL SUO LAVORO
-ELEVATA CAPACITÀ DI ELABORAZIONE, ASTRAZIONE E SINTESI
-PROFONDITÀ DELL'ANALISI PERSONALE
-APPROFONDIMENTO CONTINUO COME AUTOANALISI DELL'ANALISI PERSONALE
-FORMAZIONE TEORICA
-AFFINAMENTO CONTINUO DELLA FORMAZIONE TEORICA
-FORMAZIONE TECNICA
-AFFINAMENTO CONTINUO DELLA FORMAZIONE TECNICA
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-QUANTITÀ E QUALITÀ DELL'ESPERIENZA.
Fra queste variabili, quella davvero primaria, fondamentale, irrinunciabile, insostituibile, é la:
PROFONDITÀ DELL'ANALISI PERSONALE,
cioé la conoscenza approfondita e totale di sé stesso che lo psicoanalista prima di svolgere
questo lavoro deve aver raggiunto sottoponendosi a sua volta ad analisi con un altro psicoanalista,
analisi continuata poi come autoanalisi per tutta la vita lavorativa, soprattutto nei
momenti di impasse con il paziente, nei quali quasi sempre si nascondono i suoi problemi
ancora irrisolti, anche se Freud consigliò periodiche analisi di controllo proprio per questo.
Approfondimento teorico e tecnico, e approfondimento dell'analisi personale ora in veste di
autoanalisi sono, insieme, gli aspetti assolutamente PRIORITARI che devono essere
CONTINUAMENTE portati avanti, senza interruzione.
Cosa conta é che in ogni caso, visto che la perfezione é irraggiungibile per chiunque e
cercarla già discutibile, cosa conta, dicevo, é entrare in una dimensione di continua disponibiltà
al riconoscimento, laddove si verifichino, delle distorsioni del proprio modo di essere, ed alla
ricerca delle cause dentro di sé; fine ultimo, questo, sia per l'analista che per il paziente.
Come tutto ciò si verifichi, lo abbiamo già descritto in: "SU QUALI PRESUPPOSTI LAVORA LA
PSICOANALISI", in "OLTRE" numero ZERO. [Puoi chiederlo via e-mail, e ti sarà inviato via email]
Nonostante tutto, lo psicoanalista continua ad essere imperfetto ma, a differenza
degli altri, oltre ad esserne consapevole é continuamente alla ricerca dentro di sé delle
cause della sua imperfezione: é questa la sua vera forza! Qualora venisse meno questo
aspetto, il suo lavoro con i pazienti ne risentirebbe immediatamente. Questa considerazione
dovrebbe riuscire ad attenuare l'idealizzazione di cui spesso é oggetto, che accentua l'invidia del
paziente nei suoi confronti e spesso alimenta, per lo
stesso motivo, assurde critiche alla
psicoanalisi.
In questi ultimi anni, sulla scia della psicoanalisi come moda, c'é stato un proliferare di
psicoanalisti: tutti gli psicoterapeuti o quasi si sono definiti psicoanalisti, anche se analisi
personale e formazione spesso, molto spesso lasciano perplessi, complice anche il diverso modo
di essere formati degli psicoanalisti appartenenti ai diversi orientamenti: Freudiani e FreudianoKleiniani, Junghiani, Adleriani, etc.
Beh! Non si può negare che ciò abbia portato solo legittima confusione nell'utenza potenziale
la quale, rivolgendosi al proprio medico per un consiglio, spesso si é sentita da un lato
denigrare la psicoanalisi (senza distinzione di orientamento); dall'altro, consigliare un certo
medico o un certo psichiatra che fanno della psicoanalisi da... autodidatti!
Se si aggiunge poi quanto si sente dire circa la durata dei trattamenti psicoanalitici, il
quadro é completo, con poco o nulla di incoraggiante; la ricerca di alternative comprensibile; la
sfiducia ed il ricorso agli psicofarmaci, ovvia conclusione.
E invece no. L'unica strada da
percorrere é quella che porta nelle parti più profonde di sé.
Anche se lunga e faticosa é
l'unica determinante e che porta davvero lontano. La ricerca di scorciatoie alla fine si
rivela solo una perdita di tempo e di denaro. Pazienti motivati e determinati sono ideali per lo
psicoanalista, non tanto per l'apparente minor sforzo che gli richiedono, poiché non esistono
pazienti facili né comodi e guai a considerarne qualcuno come tale! Quanto poiché, nel percorrere
insieme le strade dell'inconscio, gli consentono di crescere ulteriormente sia dal punto di vista
professionale che, soprattutto, umano, restituendone i benefici al paziente. Il trattamento
psicoanalitico é una splendida avventura condivisa da due persone; una reinfetazione, una
rinascita ed una ricrescita, sino, purtroppo, ad una necessaria separazione, pur rimanendo legati
per sempre nella parte più profonda del proprio essere.
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...Purché le variabili paziente ed analista siano il più vicino possibile ai modelli ottimali.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
* Robert D. HINSHELWOOD - Dizionario della psicoanalisi kleiniana RAFFAELLO CORTINA 1991
* Jean LAPLANCHE, J.B. PONTALIS - Enciclopedia della psicoanalisi - Ed. LA TERZA 74
* Charles RYCROFT - Dizionario critico di psicoanalisi - Ed. ASTROLABIO 1970
* Antonio Alberto SEMI (A cura di)
- Trattato di psicoanalisi - Vol. I - Teoria e tecnica - Ed. RAFFAELLO CORTINA 198
- Trattato di psicoanalisi - Vol. II – Clinica - Ed. RAFFAELLO CORTINA 1989
* Umberto GALIMBERTI - Dizionario di psicologia - GARZANTI 1999
NOTE SULL'USO DELL'IPNOSI
Come il lettore avrà notato nel mio curriculum generale, mi servo delle
ipnotiche nei casi e nelle situazioni non trattate psicoanaliticamente.
tecniche
Per chiarire a quale scopo l'ipnosi può essere utilizzata e con quale impostazione la pratico,
credo che nulla possa essere più adatto di quanto scrive Leon Chertok, psichiatra, psicoanalista e
ipnotista, nel suo libro: "L'ipnosi" - Ed. Mediterranee, Roma 92. (Le aggiunte fra parentesi
sono mie). "É
difficile fissare limiti precisi
alle
indicazioni terapeutiche dell'ipnosi.
L'indicazione viene posta più dal malato che dalla malattia. Naturalmente nel tentare
un trattamento basato sull'ipnosi ci si lascerà guidare dalla diagnosi, tenendo conto però del
fatto che non sempre a diagnosi uguali corrispondono reazioni uguali.
Tra i malati che vengono scelti ci sono quelli che si eliminano da sé perché non
ipnotizzabili (appunto mio: nella mia casistica di oltre 100 pazienti trattati in questi anni, tale
percentuale raggiunge
il
2%). Il malato ipnotizzabile éaccessibile ad una psicoterapia.
Anzi: spesso la disponibilità all'ipnosi é solo il pretesto dietro al quale nasconde la sua richiesta
di aiuto.
Tra i soggetti che potrebbero averne bisogno, alcuni non sono accessibili ad una terapia in
profondità; altri non accettano un trattamento di lunga durata. Per alcuni l'ipnosi é l'unico mezzo
terapeutico e qualche volta ha carattere d'urgenza. Può succedere che malati trattati con
l'ipnosi per un episodio acuto, si rendano disponibili ad andare oltre attraverso trattamenti
psicoterapeutici più approfonditi.
Raramente (se non nelle urgenze) ci limitiamo solo all'ipnosi. Nella maggior parte dei casi
aggiungiamo prima e/o dopo colloqui psicoterapeutici allo stato di veglia a malato seduto o
disteso, stando di fronte o dietro ad esso.
In
generale si
può dire che l'ipnosi: nelle patologie sintomatiche agisce attraverso la
distensione della muscolatura. Ciò potrebbe valere anche nelle patologie funzionali, ma richiede
molto più tempo, nel corso del quale potrebbe (modo condizionale) gradualmente modificare i
parametri fisiologici e indurre un qualche miglioramento.
In ogni caso le due figure: lo psicoterapeuta e l'ipnotista, devono essere combinate. L'azione
dello psicoterapeuta éindispensabile in due modi:
1) Favorire la ricerca delle cause originarie della patologia organica intese come sofferenza
psichica per il loro produrre endorfine negative (Granone ed altri).
2) Attraverso l'azione del transfert positivo sul terapeuta da parte del paziente, fare leva
sull'IO di quest'ultimo affinché riprenda il controllo dell'integrazione psiche-soma, di cui il
sintomo rappresenta la dissociazione.
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Mentre l'ipnosi favorisce da un lato il raggiungimento di un transfert più rapido che
non in altre forme
di
psicoterapia, dall'altro
il terapeuta somministra al paziente
le
suggestioni nel senso inteso da C. Baudouin, secondo l'assioma che la suggestione funziona
solo se realizza attese preesistenti (op. cit.). Fra queste vi é anche il benessere corporeo che
la totale distensione dell'ipnosi comporta, con conseguente attenuazione dei sintomi da tale
tensione derivanti.
Tanto per capirci, la suggestione può anche essere costituita da una mano sullo stomaco del
paziente, accompagnata dalle parole che in tal modo la nausea ed il vomito scompariranno,
cosa evidentemente auspicata dall'interessato. Se tale suggestione viene data all'interno di
un profondo rapporto
terapeuta-paziente, caratterizzato dalla dipendenza e sottomissione
totale che
l'ipnosi sottintende, vi sono elevatissime possibilità che davvero i
sintomi
scompaiano. Sorge però il problema della durata. Da un lato la suggestione, ripetutamente
somministrata e ripresa periodicamente può mantenersi a lungo, anche se il sintomo
potrebbe avere la tendenza a spostarsi. Dall'altro, se parallelamente questo viene indagato
nelle sue cause e possibilmente affrontato alla radice, anche attraverso cambiamenti nella
vita e nel modo di essere del paziente qualora si rendessero necessari, è assai probabile che
scompaia.
A leggere Chertok, Erickson, Granone, Giannacchini-Arbusti, Karle-Boys e numerosi altri,
ci si potrebbe fare la convinzione che l'ipnosi vada bene per tutto. Va bene per quelle
manifestazioni organiche, vuoi sintomatiche che funzionali,
affettive,
comportamentali,
disadattive che consentono di vedere
in
trasparenza
una
qualche
sofferenza psichica
inespressa che l'ipnosi consente di evidenziare rapidamente, se non altro in virtù della
regressione che comporta.
Evidenziare non significa però curare. Questo se mai, viene dopo, ancora o no attraverso
l'ipnosi. Né comunque, curare significa guarire. In molti casi migliorare costituirebbe già un
buon risultato. Per quanto mi riguarda, quando necessario e possibile integro il mio intervento
con tecniche di biofeedback, grazie all'apparecchiatura a mia disposizione per il monitoraggio
strumentale continuo dell'ECG, del polso periferico in frequenza e ampiezza, della pressione
arteriosa, della saturazione di ossigeno nel sangue, della temperatura cutanea periferica
e altro, allo scopo di convincere il paziente come di per sé determinati sintomi siano facilmente
modificabili
(con l'ipnosi, il rilassamento, la respirazione controllata etc.) quindi relativi e
non assoluti, e come quindi l'attenzione
debba essere rivolta più sulle CAUSE anziché
concentrata su di essi, cioè al modo di essere del soggetto.
QUELLO CHE MOLTI UOMINI NON SANNO
Mi raccontava un mio amico ginecologo, che un numero molto elevato delle sue pazienti lo
consulta per vulviti, vaginiti, vulvovaginiti e affini, patologie dell'organo genitale femminile con
tutta una serie di complicazioni più o meno gravi, la più nota e frequente delle quali è usualmente
chiamata, a torto o a ragione, cistite.
Queste patologie hanno come presupposto comune delle lesioni dei tessuti degli organi in
questione, generalmente dovute all'attività sessuale in condizioni di
insufficiente secrezione
vaginale, vuoi per una scarsa eccitazione, vuoi perché numerose donne hanno problemi psicologici
di natura sessuale per cui vivono la sessualità in modo conflittuale, vuoi perché spesso i maschi
hanno fretta di arrivare al dunque e quindi trascurano quello che una volta si chiamavano
preliminari, o vuoi perché la donna, vicina alla menopausa o in menopausa, di fatto è meno
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eccitabile. Su quest'ultimo aspetto occorrerebbe fare delle precisazioni poiché per alcune donne è
vero il contrario, ma non è questa la sede per parlarne.
Vero è che un tempo la donna che aveva raggiunto i quarant'anni era considerata "vecchia",
mentre adesso a parità di età molte donne iniziano o pretendono di iniziare una seconda giovinezza
e comunque, quando sono in menopausa, non rinunciano, e fanno bene, a godere il piacere della
sessualità con il loro partner, finalmente libere dalla preoccupazione di una eventuale gravidanza.
Ciò non toglie, però, che il livello di eccitazione sia minore rispetto ai loro trent'anni, e con
esso anche le secrezioni vaginali.
Parallelamente, con il passare degli anni la cute dell'organo genitale maschile si indurisce
(cheratinizza) e pochi maschi dedicano attenzione a quelle parti, non tanto e soltanto in termini
di pulizia ma di vera e propria cura a livello del derma, cosa che fra l'altro li danneggia poichè in
tal modo attenuano la sensibilità cutanea dell'organo stesso. In ogni caso, vuoi l'uso ripetuto del
profilattico, vuoi la diminuita secrezione vaginale, vuoi l'alterazione della cute dell'organo genitale
maschile, vuoi ripetuti coiti a poca distanza l'uno dall'altro, vuoi una certa disinformazione di
molti maschi sul contenuto e sul modo di quello che alla donna piace o non piace nel fare sesso,
spesso più che altro riflesso del loro modo di sentirsi maschi, vuoi un certo frequente ricorso
all'uso delle mani spesso non pulite, ma soprattutto elevatamente cheratinizzate, in un organo
sensibilissimo come la vagina, la CONCLUSIONE è un'irritazione della medesima, lesioni tissutali e
una loro rapida degenerazione batterica con trasmigrazione delle infezioni all'ambiente urinario.
Molto spesso il tutto è sottovalutato,
trascurato o mal curato o
non immediatamente
affrontato anche solo con un lavaggio intimo, con il risultato che il ricorso al ginecologo diventa
inevitabile, anche perché nel frattempo molti "maschietti" non vogliono sentire scuse dalla loro
partner, trasformando quello che dovrebbe essere un atto d'amore in una tortura, e peggiorando
quindi una situazione già critica.
Si può prevenire? Si se si risolvono i problemi, si evitano alcune cose sopra descritte e se si
attuano altre cose sopra descritte, ma c'è un accorgimento di tipo preventivo molto semplice ed
economico, di cui le donne saranno profondamente grate ai loro uomini. Basta che questi si
preoccupino, se usano il profilattico, di stendergli sopra un velo di sapone liquido che diluisca quel
micidiale liquido lubrificante, e se non usano il profilattico, che ricoprano tutto il pene, a partire
dal glande, di un velo di sapone liquido, in modo da proteggere il tessuto vaginale, anche dallo
sfregamento eccessivo su di esso del loro organo.
Questa semplice precauzione aiuta a superare il momento della penetrazione, che nelle negative
condizioni iniziali sopra descritte spesso diventa per la donna una vera tortura, oltre che una
premessa a patologie di cui il maschio è comunque destinato a sua volta a subire le conseguenze
sotto diversi aspetti. Anche se spesso molte donne subiscono per amore i loro maschi, ciò è meno
ancora motivo per punirle. Inoltre, penetrazioni delicate possono far nascere nella donna un
desiderio che subito non aveva, a tutto vantaggio anche del piacere del maschio.
Ci sono donne che si servono di creme o altri lubrificanti, ma il loro svantaggio è che
trattandosi di prodotti contenenti dei grassi, questi ricoprono il tessuto vaginale, favorendo in tal
modo lo sviluppo di batteri anerobici, cioè che hanno bisogno di un ambiente non ossigenato per
svilupparsi. Il sapone liquido, invece, è idrosolubile, per cui dopo l'atto può essere facilmente
asportato da un normale lavaggio, anche se un pò più profondo. Cosa occorre è che si tratti di
sapone liquido neutro e di fidata qualità.
Tuttavia talvolta tali prodotti possono dare fastidio sia a lui che a lei se contengono sostanze
rinfrescanti in eccesso. Si tratta insomma di trovare il prodotto giusto e di servirsene
regolarmente.
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La minima diminuzione del piacere sia per il maschio che per la femmina, dovuta al sapone
liquido che avvolge il pene, è compensata dalla maggior protezione dell'organo genitale femminile,
e quindi dalla gratitudine della donna verso il suo maschio per la sensibilità di tale comportamento.
Inoltre, in molti casi l'eventuale eiaculazione precoce viene ad essere posticipata, grazie
all'effetto ritardante del sapone liquido stesso.
Bibliografia essenziale - E. Rubin / J. Farber - Patologia sistematica e generale - Mc Graw-Hill
QUEL MOTIVETTO CHE CI PIACE RIPETERE
La musica, é noto, non é soltanto una sequenza di note ma, per il suo profondo legame con
l'inconscio, è anche uno straordinario strumento evocativo di emozioni. Maggiore é l'effetto
del canto, destinato ad accentuarsi se il numero delle voci é molteplice. Non é mia
intenzione approfondire l'argomento in questa direzione: altri l'hanno fatto in modo
ammirevole, e se al lettore interessa, consiglio la lettura del saggio di Franco Fornari:
"Psicoanalisi della musica" - Longanesi Editore. É altro che ho in mente.
In numerosi momenti della storia dei popoli, nel teatro antico come in numerosi spettacoli
cinematografici, nel
momento
della
tensione, della lotta, del pericolo
collettivo, ecco
sprigionarsi dalla massa il canto. Poche cose mi FANNO RABBRIVIDIRE E SPERARE, E FORSE
PER LO STESSO MOTIVO PIANGERE, COME UNA FOLLA CHE CANTA UNITA UNA
CANZONE,
CHE DA QUEL MOMENTO DIVENTA SIMBOLO DI UN'IDEA, DI
UNA
SPERANZA, DI UNA VOLONTÀ.
Probabilmente é con lo stesso spirito che i Giapponesi accompagnano la fine dell'anno e l'inizio
del nuovo, cantando in coro, in tanti cori spontanei, come ci informano le cronache, il quarto
movimento della nona sinfonia di Beethoven. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo motivetti che
amiamo ripetere e che esprimono stati d'animo particolari: ne abbiamo per quando siamo tristi,
fiduciosi, aggressivi, euforici, determinati.
In certi brani musicali, canzoni e/o cantate, la relazione con un preciso stato d'animo é
oggettiva, poiché scopo stesso del pezzo, come ad esempio: "Fischia il vento". In altri, e fra i
più conosciuti citiamo il "Va pensiero" del Nabucco di Verdi, il fine non é così dichiarato, ma la
forza, la coralità e le pause sono tali da lasciare pochi dubbi circa il tipo di emozioni
conseguente.
Vi é poi, invece, un più vasto
numero di motivi che evocano a livello
individuale una notevole disparità emotiva. Consideriamo con attenzione quel meccanismo che ci
vede estrarre dalla memoria un particolare motivo musicale. In questo momento vorrei
richiamare alla mente una particolare musica che mi piace ma, per quanti sforzi faccia, proprio
non mi viene. In altri, anche se non ne faccio alcuno, ecco che quelle note mi risuonano
nella mente. É lo stato emotivo dominante in quel momento che ci spinge alla coscienza le
note di un brano, le parole di una canzone, forse solo alcune, un ritornello, e il ripeterle,
secondo il tipo di emozione che richiamano oggettivamente o che soggettivamente abbiamo
associato la prima volta che le abbiamo sentite, può apparirci piacevole, distensivo, stimolante,
melanconico, irritante, odioso.
Ma il fatto é che spesso di quel tipo di emozione noi stessi non siamo del tutto coscienti: ci
limitiamo al motivetto, mentre ciò che l'ha richiamato ci sfugge. Sarebbe invece molto
interessante cogliere esattamente la modulazione emotiva che il motivetto ci richiama.
Analizzarla accuratamente, in
stretto rapporto con il momento, il luogo, le persone
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presenti, le situazioni concomitanti con
ulteriormente la conoscenza di noi stessi.
le
loro
premesse
e
conseguenze,
accrescerebbe
Il mettere poi al corrente le persone con le quali siamo intimamente in rapporto, potrebbe
costituire l'avvio di un codice segreto per comunicare con loro pubblicamente, all'insaputa di
altri. Di
solito,
però, siamo molto gelosi di questi
segreti
che rimangono comunque
esclusivamente personali, poiché costituiscono una chiave per penetrare con sicurezza il nostro
umore, e con esso il complesso mondo della nostra personalità.
LETTURE CONSIGLIATE
DELL'INCONSCIO
PER
FARE
EMERGERE
I
CONTENUTI
PIÙ
TERRIFICANTI
Se é vero che una rondine non fa primavera, un solo scrittore non fa l'inconscio collettivo,
ma centinaia messi insieme, sicuramente si. Se
ami
la lettura e se vuoi
trovare
descritte
le rappresentazioni simboliche dei contenuti più terrificanti del tuo inconscio, per
risalire sino alle sensazioni intrauterine ed alle primissime fantasie postnatali, o comunque agli
archetipi più arcaici, eccoti una serie di titoli.
In ordine alfabetico di autore:
COELHO Paulo - L'Alchimista - BOMPIANI
DEFOE Daniel - Diario dell'anno della peste - MONDADORI
DI NOLA Alfonso M. - La nera signora - Antropologia della morte e del lutto - NEWTON
DUMAS Alexandre - Il conte di Montecristo - Grandi Tascabili Economici - NEWTON - I
Mammut (Un test per misurare la propria sete di vendetta: tu che cosa avresti fatto?)
ERODOTO - Storie - MONDADORI
FRAZER J. George - Il ramo d'oro - Grandi Tascabili Economici - NEWTON
FROMM Erich - Anatomia della distruttività umana - MONDADORI
HITCHCOCK Alfred - I maghi del brivido - Grandi Tascabili Economici - NEWTON -Agatha Cristie: I misteri della scatola cinese
-Richard Connell: La preda pericolosa
-Daphne du Maurier: Gli uccelli
-Patrick Quentin: Enigma per Poppy
-Robert Arthur: Testimone oculare
-Roald Dahl: L'uomo del Sud
-Sax Rohmer: Magia nera
-F. Tennyson Jesse: Il tesoro ritrovato
-Robert Bloch: Cordialmente, Jack lo Squartatore
-Edgar Wallace: Caccia al tesoro
-Dorothy L. Sayers: L'uomo che sapeva come
-Cl. e Mic. Lipman: Il dilemma di nonno Dubois
-Percival Wilde: P. Moran cacciatore di diamanti
HOFFMANN Ernst T. A. - Gli elisir del diavolo - NEWTON
LUIS-VINCENT Thomas - Antropologia della morte - GARZANTI
MARQUEZ Gabriel Garcia - Cent'anni di solitudine - MONDADORI
PILO Gianni (a cura di) - Grandi Tascabili Economici - NEWTON
- Storie dell'orrore
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-
Storie
Storie
Storie
Storie
Storie
Storie
di
di
di
di
di
di
fantasmi
vampiri
diavoli
streghe
lupi mannari
mummie
Ogni volume di quest'ultima serie, di circa 1000 pagine, contiene il meglio della rassegna della
letteratura mondiale al riguardo. Si tratta di una raccolta ideale per farsi accapponare la pelle
e raddrizzare i capelli. L'effetto più incisivo lo si ottiene leggendo questi libri la sera prima
di addormentarsi, meglio se da soli, in un posto isolato ed a lume di candela. Credo che la
migliore rappresentazione delle nostre parti più distruttive sia costituita dalle: STORIE DI LUPI
MANNARI.
Inoltre:
POE Edgar Allan - Tutti i racconti, le poesie e Gordon Pym - Grandi tascabili NEWTON
SHELLEY Mary - Frankenstein - MONDADORI
STEVENSON R. L. - Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde - ACQUARELLI
STOKER Bram - Dracula - RIZZOLI - (É un autentico manuale di psicoanalisi applicata!)
IL CURRICULUM DI UGO LANGELLA
Ugo Langella é nato ad Alba (Cuneo) il 25/6/1943. A Torino dal 1964, nell'estate 1994
ha trasferito studio e abitazione all'attuale indirizzo. Laureato in Pedagogia a Torino nel
1971, nel 1979 si é laureato in Psicologia a Padova. In analisi dal 1975 al 1981 a Milano
dalla Dott. Myriam Fusini Doddoli della Società Psicoanalitica Italiana, negli anni 78 e 79 ha
partecipato ai suoi gruppi di formazione e supervisione,
quest'ultima continuata a Torino nel
79 con il Dott. Flegenheimer e dall'80 all'82 con il Dott. Levi, analisti della Società
Psicoanalitica Italiana. Nel 1989 ha conseguito l'attestato di ipnotista presso il Centro
Italiano
di Ipnosi Clinica Sperimentale
C.I.I.C.S.
del Prof. Franco Granone. É iscritto
all'Ordine degli Psicologi (posizione 01/246 - al 17/07/1989, data di prima costituzione) ed
all'Albo degli Psicoterapeuti.
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Arrivederci al numero 2
(Settembre / Dicembre 2005)
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