Il controverso caso psicoanalisi laica della Sin dalle sue origini la psicoanalisi ha sollevato numerosi dibattiti in cui si cercava di dare risposta ad una semplice domanda: “Lo psicoanalista deve avere una formazione in campo sanitario o chiunque può fare questo mestiere, a patto che abbia fatto un’analisi personale?”. Ad oggi la normativa impone che l’esercizio della psicoanalisi sia riservato solo agli psicoterapeuti e ai medici che abbiano seguito un’adeguata formazione, ma non mancano i sostenitori della cosiddetta “psicoanalisi laica” che vedono questa pratica più come un esercizio di pensiero che come una psicoterapia. Con la sentenza della cassazione 14408/2010 e la recente sentenza di primo grado di Torino, tuttavia la legge ha riconosciuto che la psicoanalisi è una psicoterapia a tutti gli effetti. Certo, è vero, è un procedimento con una prassi molto particolare, ma è indubbio che sia uno strumento attraverso il quale si genera un cambiamento nella mente e nella vita di una persona. Le numerose ricerche delle neuroscienze, inoltre, confermano questa tesi. L’intento di questo scritto tuttavia non è fare un’apologia della psicoanalisi bensì aprire uno spazio di riflessione per capire quanto siano importanti e utili le leggi e gli sforzi fatti dalle persone che tutelano l’esercizio della pratica psicoterapeutica. La legge 56/1989 così recita: “L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia”. Il testo di questa norma esplicita in modo chiaro che per svolgere questo lavoro sono necessari determinati requisiti, in grado di garantire, sia per il professionista cliente/paziente, dei dritti. che per il Per il paziente in primis il diritto di usufruire di un servizio competente e di qualità, sapendo a chi si affida. Per il terapeuta qualificato invece, la sicurezza di non veder andare in fumo le moltissime ore investite in studio, tirocini e formazione; la certezza di non incappare in persone senza una preparazione che gli soffino il lavoro da sotto il naso; infine il diritto di poter cogliere il frutto dei tanti sacrifici fatti (e dei soldi spesi!) per divenire uno/a psicoterapeuta. La tutela dei confini professionali richiede dei vincoli, dei limiti che ad alcuni risultano scomodi solo perché non li possono modificare a seconda delle proprie preferenze. Sarebbe infatti molto bello se non vi fossero dei requisiti minimi per poter svolgere determinati lavori. Saremmo tutti avvocati, medici o astronauti.. Questo però, per fortuna, non è possibile, anche se viene auspicato da diverse persone. Viene quindi da chiedersi come mai, però, alcuni insistano nel voler abbattere quei confini legislativi che non sono sbarre che imprigionano bensì dighe che arginano, creati per il bene comune. Basta uno sguardo per capire che gli Ordini professionali, come ad esempio quello degli Psicologi, servono a tutelare gli iscritti e i cittadini dagli esercizi abusivi della professione, compiuti da soggetti terzi incompetenti e non formati. La sentenza sulla psicoanalisi laica e la vittoria ottenuta in questo campo anche grazie alla perizia del dr. Mauro Grimoldi, sono nate da un caso concreto, quello di una donna che ha trascorso 4 anni in trattamento con una sedicente psicoanalista laica (non iscritta ad alcun albo e senza una formazione in campo medico-psicologico). La “terapeuta” in questione, infatti, aveva interrotto gli studi subito dopo le scuole superiori ma si autoproclamava comunque psicoanalista. Non ne poteva scaturire niente di buono. La paziente non ha superato le proprie problematiche rimanendo quindi in una condizione di sofferenza e la sedicente psicoanalista laica ha dovuto sborsare migliaia di euro per la sua difesa e per esercizio abusivo della professione di psicoterapeuta. La vicenda, per fortuna, si è conclusa nel migliore dei modi per noi psicologi, ma il rischio di un forte contraccolpo negativo sull’immagine della professione, qualora si fosse giunti ad un esito diverso, è stato altissimo. Tutela della professione VS abuso della professione : 1-0