UN POSSIBILE MECCANISMO D’AZIONE DEL CAFFÉ NELLA PREVENZIONE DEL DIABETE Fausta Natella, Guido Leoni, Angela Viglianti, Cristina Scaccini INRAN Numerosi studi epidemiologici dimostrano che un moderato e prolungato consumo di caffè (normale o decaffeinato) è associato alla riduzione del rischio di diabete di tipo 2. Nonostante le fortissime evidenze epidemiologiche e i diversi studi sperimentali, il meccanismo attraverso cui il caffè agisca nella prevenzione del diabete non è ancora stato chiarito. Un recente studio epidemiologico mette in evidenza che l’associazione inversa tra consumo di caffè e diabete è più forte per quegli individui che bevono regolarmente caffè all’ora di pranzo, suggerendo che il consumo di caffè possa proteggere dal diabete interferendo con la digestione ed il metabolismo dei carboidrati assunti con il pasto. Abbiamo, quindi, ipotizzato che i composti fenolici presenti nel caffè (acido clorogenico, acido ferulico e acido caffeico) possano inibire gli enzimi coinvolti nella digestione dei carboidrati (α-glucosidasi and α-amilasi), con un meccanismo simile a quello con cui agiscono alcuni farmaci anti-diabetogeni (come l’acarbosio). Per verificare tale ipotesi abbiamo utilizzato un approccio biochimico classico (inibizione invitro delle diverse attività enzimatica) e uno bio-informatico (simulazioni docking in-silico). I risultati ottenuti con l’approccio biochimico dimostrano che né la caffeina né i composti fenolici del caffè sono in grado di inibire le α-amilasi umane (salivare e pancreatica) (almeno fino alla concentrazione 1mM). I composti fenolici del caffè mostrano, invece, un’interessante attività inibitoria nei confronti dell’α-glucosidasi di lievito, mentre la caffeina non ha alcun effetto. I composti fenolici del caffè e il caffè nella sua totalità sono in grado di inibire significativamente l’attività maltasica e saccarasica di intestino di ratto, mentre la caffeina non mostra nessuna attività inibitoria nei confronti di questi enzimi. Le simulazioni in silico per l’α-amilasi pancreatica umana suggeriscono una modesta attività inibitoria per l’acido clorogenico, ma non per caffeico e ferulico. Differentemente, e in accordo con i risultati ottenuti in vitro, l’analisi di docking indica che tutti e tre i composti fenolici del caffè possono agire da antagonisti della maltasi-glucoamilasi umana. I composti fenolici del caffè sembrerebbero, infatti, in grado di bloccare i residui del sito attivo dell’enzima responsabili dell’idrolisi degli oligosaccaridi. Questo meccanismo è simile, ma meno efficace, del meccanismo di legame dell’acarbosio inibitore classico della maltasi-glucoamilasi. I risultati ottenuti indicano che il caffè può inibire l’attività glucosidasica dell’intestino, e che questa azione non è mediata dalla caffeina, ma ascrivibile ai composti fenolici contenuti nella bevanda. L’inibizione dell’attività glucosidasica potrebbe determinare un rallentamento della digestione dei carboidrati e quindi una riduzione dei livelli di glicemia post-prandiale.