PANÓPTICA Revista Eletrônica de Direito Law Eletronic Journal 2009, n. 15 Amministrazione giustiziale e autorità amministrative indipendenti: profili comparati di tutela Marta Simoncini Marta Simoncini is Ph.D. in Administrative Law at the University of Pisa. In 2006 she spent an internship period at Garante per la protezione dei dati personali, the Italian Data Protection Supervisor, and that experience contributed to the further development of her studies on independent agencies. ABSTRACT This essay analyses the latest developments in the independent agencies’ adjudicatory power, the function of dispute resolution. In this perspective, it considers how independent agencies perform this quasi-judicial role, namely how they can solve conflicts between undertakings, between undertakings and customers, and even between private citizens, assuring an effective protection to the claimant. Keywords: independent agencies; adjudication; alternative dispute resolution (ADR); administrative proceeding; effectiveness of protection; jurisdiction; accountability. Title in English: administrative Protection and Independent Agencies: Profiles of Comparative Law ASTRATTE Il saggio esamina uno specifico sviluppo del potere di adjudication delle autorità amministrative indipendenti, ovvero la funzione di risoluzione delle controversie. In questa prospettiva, vengono analizzate le caratteristiche dei conflitti sottoposti a tali amministrazioni, nel tentativo di comprendere quale sia il grado di effettività della tutela garantito ai ricorrenti. Nell’analizzare la specifica funzione di risoluzione alternativa delle controversie svolta dalle autorità amministrative indipendenti, il saggio intende definire il quadro degli strumenti e delle garanzie disponibili presso tali autorità, seguendo una prospettiva comparata. A tal fine, vengono esaminate le caratteristiche soggettive delle amministrazioni indipendenti, ovvero i profili relativi all’organizzazione, nonché la 125 struttura procedimentale dei ricorsi, in modo da verificare la sussistenza di requisiti atti ad assicurare l’effettività della tutela ai ricorrenti. In questa prospettiva, la prima e la seconda parte del lavoro sono dedicate rispettivamente alla ricostruzione della natura dell’indipendenza delle authorities e all’analisi della funzione di adjudication che sono chiamate a svolgere, esaminando, in particolare, i conflitti tra imprese, tra imprese ed utenti, nonché tra privati cittadini. La terza parte del saggio si incentra, poi, sull’articolazione che nei procedimenti paragiurisdizionali ricevono alcuni istituti fondamentali di giustizia, quali il diritto al contraddittorio, il diritto di difesa e l’obbligo di motivazione. In proposito, nelle conclusioni, si riflette sulla necessità di elevare l’adozione di una procedura codificata a strumento essenziale per surrogare l’estraneità al tradizionale funzionamento del circuito democratico, valorizzando l’accountability delle autorità indipendenti. Infine, per verificare il livello di capacità conciliativa e di effettività del modello, nella quarta ed ultima parte del lavoro, si assume quale indice di successo il rapporto che intercorre tra l’esperimento della via giustiziale e la facoltà di ricorrere in sede giurisdizionale. Paroles-chiave: autorità indipendenti; adjudication; risoluzione alternativa delle controversie; procedimento amministrativo; effettività della tutela; accountability. INTRODUZIONE È esigenza di tutti gli ordinamenti precostituire opportuni strumenti di tutela per il cittadino di fronte alla pubblica amministrazione, tradizionalmente preposta alla cura degli interessi pubblici, ovvero predisporre mezzi a difesa dei privati i cui interessi siano stati compromessi dall’azione amministrativa. È interessante osservare come un diritto sorto per conferire e disciplinare l’attribuzione di un potere speciale ad un apparato incaricato di tradurre in provvedimenti puntuali le regole generali ed astratte poste dal legislatore1 abbia previsto già in sé garanzie a tutela del cittadino. Significativo è poi il fatto che queste accompagnino gli sviluppi del diritto amministrativo stesso, rinnovandosi in corrispondenza dei mutamenti nella struttura e nel funzionamento dell’amministrazione pubblica. 1 Il riferimento è all’Arrêt Blanco del Tribunal des conflits, dell’8 febbraio 1873, che in Francia ha riconosciuto la competenza del giudice amministrativo e non ordinario a valutare la responsabilità della Pubblica Amministrazione, in quanto funzione sottoposta a regole speciali, conferendo specialità ed autonomia al diritto amministrativo rispetto alle altre discipline giuridiche. 126 In tale prospettiva, il presente lavoro si propone di analizzare una particolare funzione svolta dalle cd. Autorità amministrative indipendenti, la risoluzione delle controversie. L’ambito dell’indagine risulta pertanto ibrido sia in relazione al soggetto giudicante che alla natura della sua attività, dal momento che ad un soggetto indipendente viene affidata un’attività di tipo paragiurisdizionale. Infatti, alla particolare natura e funzionamento di tali autorità rispetto al tradizionale corpus dell’amministrazione si somma la singolare collocazione della funzione in esame tra l’esatto dispiegarsi della funzione giurisdizionale e quella propriamente amministrativa. Il concetto di paragiurisdizionalità, giuridicamente privo di significato, si dimostra in realtà capace di cogliere la peculiarità del fenomeno, ponendolo a metà strada tra le due distinte funzioni e le loro rispettive forme di organizzazione. Un simile modello viene ad incidere sulla separazione del potere esecutivo rispetto a quello giudiziario, e dunque sullo stesso “assetto dello Stato”2, mettendone in evidenza i limiti ed individuando di conseguenza una nuova dimensione per la composizione delle liti, intesa a mediare tra la tradizionale concezione dei pubblici poteri e la crescita delle occasioni di conflitto sociale. In tale ottica, si intende proporre una singolare lettura dell’attività in esame come una species nel più ampio genus delle cd. Alternative Dispute Resolutions (ADR), ossia di quegli istituti preposti alla definizione in via extragiudiziale delle controversie. Si tratta, quindi, di comprendere come venga assolto un simile compito presso le autorità garanti, se cioè queste abbiano la capacità ed i mezzi per adempiere e dove tenda quindi a spostarsi l’ago della bilancia, se verso la funzione giudiziale o piuttosto verso quella amministrativa. La risposta è determinante per comprendere quale tutela esse siano in grado di offrire al cittadino e quanto l’attribuzione di tale competenza sia necessaria nell’economia del sistema. In questa prospettiva, il lavoro si sviluppa su diversi piani, che contribuiscono a definire il quadro degli strumenti e delle garanzie disponibili presso tali autorità. In particolare, la prima e la seconda parte sono dedicate rispettivamente alla ricostruzione del modello organizzativo delle amministrazioni indipendenti e all’analisi della funzione di adjudication che sono chiamate a svolgere; quindi, la terza parte si incentra sull’articolazione che in tale compito ricevono alcuni istituti fondamentali di giustizia, quali il diritto al contraddittorio, il diritto di difesa e l’obbligo di motivazione. L’obiettivo è rintracciare un denominatore comune alle diverse procedure di adjudication, per comprendere se effettivamente esista un nocciolo duro di principi inderogabili atti a garantire l’attendibilità della giustizia da loro offerta. Per verificare il livello di capacità conciliativa e di effettività del modello, nella quarta ed ultima parte del lavoro, si assume quale indice di successo il rapporto che intercorre tra l’esperimento della via giustiziale e la facoltà di ricorrere in sede giurisdizionale. Le 2 G. Scarselli, La tutela dei diritti dinanzi alle Autorità Garanti – I Giurisdizione e Amministrazione, Giuffrè, Milano, 2000, p. 8. 127 conclusioni così raggiunte consentiranno di riflettere in una nuova prospettiva sui profili di legittimazione ed accountability delle autorità indipendenti, per le quali l’adozione di un procedura codificata tende a diventare uno strumento essenziale per surrogare l’estraneità al tradizionale funzionamento del circuito democratico. Per riuscire in questo intento la comparazione tra ordinamenti di common e civil law e il confronto con il livello comunitario che incide costantemente sull’azione delle Autorità in esame, sia fornendo loro principi di riferimento sia inglobandole in procedimenti amministrativi comunitari, non possono che divenire metodo programmatico di lavoro. Tale dimensione si rivela, infatti, imprescindibile per cogliere le evoluzioni dell’istituto in esame e per tentare di individuarne le progressive affinità e le persistenti differenze nei diversi sistemi giuridici. L’ambizione dell’obiettivo e l’eterogenea vastità del panorama delle cd. authorities impongono necessariamente di scremare il campo di indagine, selezionando i casi da analizzare sulla base della loro aderenza alle finalità del lavoro, ossia in relazione alla presenza di tratti sintomatici rispetto alla tesi che si intende provare. È, quindi, doveroso chiarire preliminarmente che ne deriva uno studio esclusivamente funzionale alla comprensione di un particolare aspetto del diritto amministrativo. La lettura che si intende proporre vede, quindi, nel procedimento amministrativo un antidoto alla formula dell’indipendenza nell’organizzazione delle autorità garanti, nonché un mezzo per assicurare la tutela degli interessi pubblici in un mutato contesto di costruzione delle politiche pubbliche. Il procedimento assurge quindi a modus operandi dell’amministrazione, metodo d’azione imprescindibile per un corretto esercizio della funzione amministrativa stessa. Non è un caso che negli Stati di diritto sia considerata necessaria la ritualizzazione dell’agire dei soggetti che esercitano poteri unilaterali, quali sono quelli pubblici. Da qui l’istituzione del processo come manifestazione tipica del potere giudiziario e la previsione dell’iter legislativo quale strumento per giungere alla formazione di atti espressivi dello stesso potere, pur libero nel fine. Seguendo il medesimo principio di formalizzazione dell’azione pubblica, anche il procedimento amministrativo riveste un’essenziale funzione di garanzia nella realizzazione dei compiti di amministrazione pubblica. Analizzare le procedure significa, pertanto, verificare lo stesso assolvimento della funzione amministrativa e comprendere l’equilibrio esistente nei rapporti tra amministrazione e società. In tal modo, è la stessa formula della democrazia ad arricchirsi di nuove prospettive, dal momento che il suo contenuto sostanziale viene a vivere e ad alimentarsi attraverso la previsione di strumenti procedurali. 128 Parte I Il modello delle Autorità amministrative indipendenti tra civil law e common law Per comprendere se le Autorità amministrative indipendenti siano effettivamente in grado di offrire giustizia ai cittadini, è preliminarmente opportuno analizzarne la natura e i caratteri fondamentali, quali presupposti dell’indipendenza. Ciò che si intende verificare è il margine di surrogabilità del requisito della terzietà proprio del giudice da parte di questi apparati amministrativi. È noto che negli stati di diritto primaria garanzia della correttezza del processo risiede nello svolgimento dello stesso davanti ad un giudice terzo ed imparziale, ovvero al cospetto di un soggetto esclusivamente chiamato ad applicare la legge nei singoli casi concreti, secondo il principio di uguaglianza delle parti e senza ulteriori obiettivi o interessi quanto all’esito del giudizio. Non a caso i principi fondamentali su cui si fonda l’anglosassone natural justice sono le massime nemo iudex in causa sua e audi alteram partem, che rappresentano i cardini del sistema di giustizia, in quanto complementari presunzioni la cui assenza pregiudica il corretto svolgimento del giudizio. Nell’esercizio di tale funzione il giudice assurge a garante della tutela dei diritti delle parti, divenendo nel contempo il custode del diritto e dell’ordinamento. Da qui la scelta di rendere il potere giudiziario indipendente dagli altri poteri costituiti 3, nonché di assicurare a ciascun cittadino il diritto ad un giudice naturale precostituito per legge, ovvero “individuato in base a regole astratte e prestabilite e conseguentemente sottratto al potere del sovrano, dapprima, ed a quello delle pubbliche autorità, esecutive o anche giudiziarie, poi, di assegnare il compito di giudicare su determinate fattispecie ad organi scelti a posteriori o addirittura costituiti ad hoc” 4. In questo modo, l’indipendenza del giudice diviene terzietà, ossia soggezione alla sola legge ed estraneità rispetto agli interessi coinvolti nel giudizio. Occorre analizzare se un’indipendenza dello stesso segno connota le autorità in esame. È pertanto necessario documentare, in primo luogo, il quantum di poteri conferiti alle autorità indipendenti, ossia la loro consistenza, e quindi considerare il quadro organizzativo strutturale, in cui tali funzioni vengono svolte. Si deve, pertanto, verificare la sussistenza di qualità tali da far ritenere che l’eventuale attribuzione del potere di risolvere le controversie si basi su solide fondamenta di indipendenza, in modo da avvicinare un apparato amministrativo ad un soggetto terzo giudicante. 3 Cfr. S. Bartole, voce Giudice – Teoria generale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XV, 1989, pp. 23. 4 A. Pizzorusso, voce Giudice naturale, in Enciclopedia giuridica, Treccani, Roma, vol. XV, 1989, p. 1. 129 Il modello di riferimento delle autorità indipendenti trova le sue origini nella cultura angloamericana del common law, ossia in un ambiente giudico caratterizzato da una concezione pragmatica dell’amministrazione. È in tale contesto che hanno potuto svilupparsi a macchia di leopardo autorità che rappresentano vere e proprie isole del diritto, avulse dal disegno di un potere unificante, ma ciò nonostante parti dell’arcipelago-Stato. Per comprenderne la natura occorre guardare al rapporto tra politica e amministrazione, poiché è in questo che si definiscono le condizioni della loro genesi, nonché dell’articolazione dei loro poteri. 5 Requisito primario e sostanziale è la non dipendenza dall’esecutivo, a differenza di quanto accade per la generalità della pubblica amministrazione (P.A.), ricondotta per tale via all’interno del circuito democratico. Infatti, l’amministrazione viene usualmente riportata nell’ambito del potere esecutivo in qualità di braccio preposto all’attuazione delle scelte governative. In tale ottica si inscrive il principio della responsabilità governativa che diviene in alcuni ordinamenti presupposto per l’individuazione di un rapporto fiduciario tra amministrazione e governo, meglio noto come spoils system. Tale sistema rappresenta la derivazione americana, nell’ottica dei checks and balances, del principio di dipendenza dell’amministrazione dall’esecutivo che connota gli stati di diritto. 6 Non stupisce, peraltro, che un simile modello di amministrazione fluida possa convivere con l’istituzione di strutture amministrative indipendenti dall’esecutivo, dal momento che è la stessa concezione pragmatica dell’amministrazione a funzionare da strumento catalizzatore di scelte anche profondamente diverse. 7 Al contrario, il modello teorico che della pubblica amministrazione hanno costruito gli ordinamenti di civil law, quale struttura burocratica gerarchicamente sottoposta al potere esecutivo, mette a nudo l’oggettiva difficoltà di recepire un sistema di amministrazioni indipendenti. Ciò diviene particolarmente evidente se si osserva il processo di diffusione di tali amministrazioni negli ordinamenti dell’Europa continentale, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso. Non è un caso che le operazioni di trapianto si siano accompagnate a sensibili cambiamenti nella fisionomia delle stesse autorità, che hanno di fatto evitato il collasso del sistema a 5 Cfr. A. Zorzi Giustiniani, Primato della Costituzione e amministrazione giustiziale. Dallo Stato di diritto allo Stato dei diritti, in Stato costituzionale ed espansione della democrazia, Cedam, Padova, 1999, pp. 238244. 6 Il meccanismo dello spoils system prevede l’assegnazione delle cariche nei punti chiave dell’apparato amministrativo statale ai sostenitori del partito vincente, permettendo così, in concomitanza con l’alternanza democratica, la rotazione degli uffici e la rottura della struttura di casta della burocrazia. 7 Si osservi peraltro che l’istituzione delle prime autorità amministrative indipendenti va ricondotta al fallimento dello spoils system nell’ambito della regolazione dei settori economici e dunque all’esigenza di sottrarre tali settori dall’eccessiva politicizzazione della burocrazia. 130 fronte dell’introduzione dell’anomalia. È evidente, infatti, lo scollamento che si è verificato in ordinamenti in cui l’organizzazione amministrativa era tradizionalmente costruita sul principio della responsabilità ministeriale che, accentrando le funzioni di amministrazione in capo ai ministeri, permette di inquadrare la P.A. all’interno dell’affermato schema montesquieuiano della separazione dei poteri e più precisamente nel circuito dell’esecutivo. 8 Il disagio ha indotto da un lato a rivisitare l’archetipo e dall’altro a declinare sotto nuove forme il principio di responsabilità nell’esercizio dei poteri. Infatti il rischio principale dell’operazione era quello di forgiare “modern kings”, 9 ossia strutture irresponsabili davanti al governo, in quanto indipendenti, e nel contempo non legittimate dal corpo elettorale, dato che i suoi membri non sono eletti, ma designati con complesse procedure di nomina: veri e propri mostri per gli ordinamenti costituzionali di civil law. Una simile rivoluzione nel panorama politico-amministrativo dimostra l’intrinseca politicità dell’indipendenza, che da aspetto prettamente organizzativo assurge ad elemento distintivo per la conformazione del rapporto tra politica ed amministrazione. Il carattere dinamico di tale indipendenza emerge con significativa evidenza dall’analisi di alcuni profili organizzativi delle autorità. In particolare sono le procedure di nomina, il rapporto con i soggetti regolati e l’autonomia finanziaria a giocare un ruolo decisivo nella sua definizione; occorre pertanto esaminarne i tratti salienti per comprendere la natura stessa delle autorità. 1.1 LE PROCEDURE DI NOMINA La stretta connessione tra politica e amministrazione è messa a nudo dai procedimenti di nomina che perseguono l’obiettivo di neutralizzare il carattere politico dell’amministrazione, seguendo l’imperativo americano del keeping out of politics. Negli U.S.A., infatti, i criteri utilizzati per la designazione delle authorities mirano a compensare l’influenza governativa attraverso una logica di check and balance. In tale prospettiva, il sistema di nomina più utilizzato era in origine costituito dalla formula della cd. membership bipartisan, secondo cui i membri designati devono appartenere ad entrambi gli orientamenti presenti nel Congresso, cosicché le agencies venivano a rappresentare di fatto la longa manus del potere legislativo. Successivamente, si è diffuso il metodo delle nomine incrociate, in base al quale è il Presidente a scegliere i candidati, ma la nomina avviene soltanto con l’approvazione del Senato, determinando così un puntuale equilibrio tra il potere esecutivo e quello legislativo. Inoltre, uno specifico valore è 8 Cfr. M. D’Alberti, Autorità indipendenti (dir. amm.), in Enciclopedia giuridica, Treccani, Roma, vol. IV, 1995, p. 4. 9 S. Cassese, Modern kings – non elected bodies in modern democracies, paper presentato a C.R.E.A., Ancienne Ecole Polytechnique, Parigi, 1998. 131 riservato nella procedura di designazione al criterio dell’expertise, che sancisce il primato della tecnica e della specializzazione settoriale sull’appartenenza politica, valorizzando al massimo la funzione cui sono preposte le agenzie, ovvero la cd. mission. Ad ulteriori garanzie dell’indipendenza si ergono poi le previsioni concernenti la durata dell’incarico – che generalmente supera quella del mandato presidenziale – e la limitazione del potere di rimozione dallo stesso da parte del Presidente, 10 che per le independent regulatory commissions (IRC’s), indipendenti dall’esecutivo ed esterne ai dipartimenti, diviene sinonimo di inamovibilità, essendo sottoposte unicamente al controllo delle commissioni parlamentari competenti per materia. Allo stesso obiettivo di neutralizzazione della politica pare conformarsi il modello spagnolo nel prevedere il concorso di più poteri nella procedura di nomina, nel valorizzare il criterio della competenza nella selezione e nel predeterminare la durata del mandato in misura generalmente superiore a quella delle Cortes. 11 Tale soluzione peraltro non stupisce se si considera il rapporto che attualmente lega politica ed amministrazione in Spagna. A seguito della caduta del regime franchista, infatti, la Costituzione del 1978, all’art. 103, ha inteso sancire la neutralità dell’azione amministrativa, improntandola ai canoni dell’efficienza nel tentativo di avviare un vasto processo di modernizzazione. Diverso il caso della Gran Bretagna, dove invece le nomine sono essenzialmente governative. Ciò non deve, però, trarre in inganno circa il grado di autonomia di cui godono le cd. quasi autonomous non governamental organizations (cd. quangos), poiché è la stessa tradizione costituzionale inglese, che non riconosce un potere amministrativo organicamente strutturato, a funzionare da garanzia. Infatti, quanto ad ambito di azione, essi sono di fatto sottratti alle dinamiche del confronto tra i partiti e la funzione di carattere quasi-judicial, che sono chiamati a svolgere e su cui soltanto il Parlamento può intervenire, tende ad assicurare loro una sostanziale indipendenza, nel senso che non devono rispondere né direttamente né indirettamente del loro operato all’esecutivo 12. In particolare, le autorità di regolazione, diffusesi in Gran Bretagna durante i governi Thatcher quali strutture destinate a supplire alla crisi del modello ministeriale dell’amministrare, pur facendo parte dei departments, sono dotate di ampia autonomia funzionale ed organizzativa. Infatti, all’origine del fenomeno si è posta la necessità di trovare un nuovo modello di regolazione e di intervento pubblico, a fronte di una crisi 10 Sui presupposti e le modalità di esercizio del potere di rimozione da parte del Presidente, si veda la storica pronuncia della Corte Suprema nel caso Humphrey’s Executor v. United States, 295 US 602 (1935). 11 Cfr. J. Sala Arquer, El Estado neutral. Contribución al estudio de las administraciones independientes, in Reda, 42/1984, pp. 410 e ss.; E. García Llovet, Autoridades administrativas independientes y Estado de derecho, in Rap, 131/1993, pp. 61 e ss. 12 Si osservi che la dottrina (cfr. D.G. Toole, The Star Chamber and the Origins of the Modern Administrative Agency, in Stetson Law Review, 13/1983, p. 59 ss.) ha rintracciato l’archetipo delle autorità con funzioni miste e margini di indipendenza funzionale dalla Corona nella Star Chamber, istituita da Enrico VII nel provvedimento Pro Camera Stellata del 1487 e dotata di poteri di tipo quasi giurisdizionale, normativo e amministrativo, esercitati da esperti e da giudici e volti a realizzare la cd. equity, ovvero una giustizia complementare alla common law. Cfr. M. D’Alberti, Le autorità indipendenti: quali garanzie?, in Garanzie costituzionali e diritti fondamentali, Ist. enciclopedia italiana, 1997, pp. 159-160. 132 economica che ha inciso fortemente sul Welfare e sulla capacità delle istituzioni di governo di guidare con i metodi tradizionali la vita sociale ed economica del Paese. In posizione autonoma dall’esecutivo sono state così create authorities per la regolazione di settori centrali dell’economia e per la tutela di diritti fondamentali – prime tra tutte le autorità indipendenti per la regolazione delle public utilities – dando luogo al fenomeno cd. dell’agenzismo, che ha comportato un netto cambiamento nella definizione delle policies di settore. L’intervento dell’esecutivo è ravvisabile anche in Francia, ma con dinamiche profondamente differenti. Infatti, contrariamente a quanto accade nel Regno Unito, il presupposto dell’interferenza governativa è volto a mantenere la coerenza nel sistema, che corre il rischio di essere irreversibilmente inficiata dall’introduzione di figure amministrative avulse dal tradizionale impianto costituzionale. L’art. 20 della Costituzione del 1958, prevedendo che “Le Gouvernement dispose de l’Administration”, fonda l’ordinamento francese sul principio della responsabilità ministeriale e risulta difficilmente eludibile nella sua laconica chiarezza, specialmente quando conforma l’intera struttura organizzativa nazionale fino ad assurgere a modello culturale. In tale ottica, vanno quindi lette le scelte volte ad integrare, o a rendere meno difforme, il paradigma organizzativo delle autorità indipendenti nel sistema amministrativo nazionale. Il simbolo del compromesso è la presenza in alcune di esse di un commissario di governo tra gli organi direttivi, chiamato a svolgere funzioni consultive nei confronti dell’esecutivo e rappresenta quindi un palliativo del tradizionale potere di vigilanza. Più concretamente, il Conseil d’État ha riconosciuto le amministrazioni indipendenti come parti della P.A., assicurandosi così la loro sottoposizione al sindacato giurisdizionale amministrativo, mentre il Conseil Constitutionnel ha subordinato l’esercizio del loro potere regolamentare e sanzionatorio al rispetto di specifici limiti e modalità di esercizio 13. Nel contempo le garanzie di indipendenza sono rintracciate nell’estrazione dei membri delle autorità dalle fila della magistratura. Un simile tentativo di riconduzione alla categorie tradizionali è peraltro comprensibile nell’ottica del sistema, che ha preferito fare dei nuovi organismi un aggiornamento dello Stato amministrativo, piuttosto che incorrere in uno scardinamento dello stesso. Anche in Italia il concetto di indipendenza assume diverse sfaccettature sulla base delle relazioni che si instaurano con il potere esecutivo. Le modalità di nomina, infatti, differiscono sensibilmente tra le diverse autorità, in quanto frutto di diverse epoche politiche di riferimento. Sintetizzando la casistica, le si suole classificare in procedimenti 13 Cfr. Arrêt Retail del Conseil d’État del 10 luglio 1981 e decisioni del Conseil Constitutionnel 86-217 DC e 87-240 DC. Cfr. M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, Giuffrè, Milano, 1994, p. 225. 133 parlamentare (con nomina da parte dei Presidenti di Camera e Senato), governativo (con nomina da parte del Presidente della Repubblica) e ad investitura congiunta (ovvero la sottoposizione della nomina governativa all’approvazione dei due terzi della commissione parlamentare competente) 14. Ciò dimostra che i protagonisti del circuito democratico non hanno abbandonato – e nemmeno lo desiderano – ogni possibilità di intervenire sulla struttura delle autorità garanti, come conferma la prassi della lottizzazione partitica, o quantomeno di avallo politico, nelle designazioni. Queste operazioni costituiscono un’ormai consueta degenerazione dell’imprescindibile principio di controllo democratico, che la procedura di nomina vorrebbe imitare collegando tali organismi ai soggetti della democrazia rappresentativa. In questa logica, si inscrivono anche le relazioni periodiche, generalmente annuali, che le autorità indipendenti devono presentare al Parlamento, nonché i loro poteri di proposta nei confronti del governo. Ciò dimostra che non è quindi escluso il raccordo con gli organi rappresentativi e non si è dunque di fronte a corpi avulsi dalla struttura statale. La peculiarità risiede nel fatto che si tratta di amministrazioni chiamate ad operare con un alto tasso di imparzialità ed è pertanto necessario che tale collegamento non venga a costituire un ostacolo all’indipendenza, in assenza della quale perderebbe di significato affidare tali funzioni, de facto politiche, a corpi non elettivi, che diverrebbero così mezzo per rendere il governo politicamente irresponsabile delle proprie scelte, in aperta violazione del principio di responsabilità ministeriale e di quello di legalità. Il procedimento di investitura non dovrebbe pertanto mirare tanto alla neutralizzazione dell’elemento politico, quanto piuttosto all’integrazione dei soggetti amministrativi nel più vasto tessuto istituzionale 15. Le nomine quindi dovrebbero seguire criteri il più possibile obiettivi ed equi, guardando oltre l’opportunità politica del breve periodo e valutando oggettivamente le capacità professionali, la cosiddetta expertise, i requisiti di indipendenza e le cause di incompatibilità dei soggetti chiamati a ricoprire le cariche di garanti, ossia dovrebbero essere il frutto di un’autolimitazione della politica. La sostituzione del sistema maggioritario a quello proporzionale, che ha ridisegnato gli equilibri nei rapporti tra governo e parlamento, assieme alla degenerazione della cultura politica dell’ultimo decennio, hanno posto in primo piano la problematicità delle nomine, che tendono sempre di più a diventare espressione della forza della maggioranza. Sintomatico è il fatto che la designazione da parte dei Presidenti delle due camere non riesca più a costituire un elemento di garanzia, poiché questi non sono più espressione 14 Cfr. M. Manetti, Autorità indipendenti (dir. cost.), in Enciclopedia giuridica, Treccani, Roma, vol. IV, 1988, pp. 4-6. Per completezza espositiva, l’Autrice cita anche l’investitura giurisdizionale, pur essendo un caso manifestatosi solo di recente in Italia – al contrario della Francia – e che ha riguardato soltanto i collegi regionali e il collegio centrale di garanzia elettorale. 15 Cfr. M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, op. cit., pp. 226-227. 134 della pluralità parlamentare, ma vengono invece scelti tra le fila della maggioranza governativa. In questo modo il sistema perde quei checks and balances che sembrano invece ricercare e presupporre le formule adottate per le procedure di nomina. 16 1.2 IL RAPPORTO CON I SOGGETTI REGOLATI Il profilo dell’indipendenza appare maggiormente definito nei confronti dei soggetti sottoposti all’attività di regolazione delle autorità, sebbene il logorarsi del modello abbia avuto quale prima conseguenza la collusione degli interessi dei regolati e dei regolatori. Basti a questo proposito ricordare l’esperienza americana degli anni ’60, dove “il superamento della contrapposizione duale tra gli interessi pubblici affidati alla protezione delle agenzie regolatrici e gli interessi privati delle imprese regolate” 17 ha determinato un rovesciamento del principio stesso della regolazione. Infatti, l’influenza esercitata dai soggetti regolati sui regolatori ha introdotto un elemento di deviazione dal perseguimento dell’interesse pubblico, tanto da giungere nei casi più estremi ad una vera a propria cattura (cd. capture) delle amministrazioni indipendenti nella rete degli interessi privati delle imprese. La portata di un simile fenomeno è ben evidente se si considera la commistione di interessi sommersi che è emersa in tutta la sua drammaticità nel noto caso Enron. Simili rischi sono insiti in ogni attività che comporti una stretta collaborazione tra autorità e privati, non ultima la stessa stesura di codici deontologici e la successiva attività di controllo ad essa connessa. L’adozione di una simile strategia di rule making nasconde, infatti, dietro i benefici derivanti dalla penetrazione della cultura sottesa alla cura del bene pubblico perseguito dall’authority, il rischio di un procedimento inverso – la confusione del bene pubblico con l’interesse dei soggetti regolati – che, se nel breve periodo può comportare vantaggi per le parti, nel lungo periodo non può che arrecare danni alla mission che giustifica l’esistenza stessa delle autorità indipendenti. A soffrirne è, pertanto, lo stesso presupposto dell’indipendenza, che dovrebbe invece assurgere a condicio sine qua non della funzione di regolazione, e dunque lo stesso significato dell’istituzione di tali autorità. 16 Si osservi che l’introduzione del sistema maggioritario è precedente alle leggi istitutive delle autorità garanti, ma che comunque in quel periodo si trovava alle prime applicazioni, perciò le radici culturali delle scelte operate in queste leggi affondavano nel più che consolidato funzionamento proporzionale delle istituzioni rappresentative. 17 M. D’Alberti, voce Autorità indipendenti (dir. amm.), op. cit., p. 2. 135 La deviazione dei regolatori dal perseguimento del public interest per le pressioni dei regolati costituisce la riproposizione sotto le diverse spoglie tecnico-amministrative dell’antico problema della corruzione, che non è astrattamente risolvibile, ma richiede puntuali misure di tipo preventivo e repressivo, tali da non permettere la degenerazione dell’importante opportunità offerta dallo strumento partecipativo in un momento di azione criminosa. Sotto il profilo della prevenzione, un possibile rimedio risiede nella definizione di procedure di regolazione trasparenti. Ciò significa introdurre un principio di conoscibilità e comprensibilità nell’azione amministrativa, che costituisca il fondamento per l’instaurazione di un corretto rapporto relazionale tra autorità pubblica e soggetti regolati. Facendo assurgere l’informazione a presupposto dell’attività dell’amministrazione è possibile prevenire, almeno in parte, forme di collusione tra interessi senza dover ricorrere all’estrema ratio di non consentire la partecipazione degli interessati al procedimento. È quanto è accaduto già su finire degli anni ’60 negli U.S.A., dove si è implementata la capacità di accedere alle informazioni detenute dalle autorità indipendenti riconoscendo in capo a chiunque il diritto all’accesso, nonché rendendo pubbliche le riunioni degli organi collegiali di vertice. 18 Il principio di trasparenza dell’azione amministrativa, sebbene di più recente acquisizione negli ordinamenti di civil law tradizionalmente legati alla segretezza dell’azione amministrativa, si è progressivamente affermato quale presupposto fondamentale dell’agire della pubblica amministrazione negli Stati di diritto. Ciò permette di farlo assurgere a strumento di tutela dell’interesse pubblico nei rapporti di regolazione, nonché della stessa indipendenza delle autorità garanti preposte a tale compito, e dunque di elevarlo a garanzia stessa della correttezza dell’azione amministrativa. Se una simile soluzione non risolve di per sé il problema della corruzione, può comunque ritenersi un fattore di rilevanza primaria non soltanto nella lotta al fenomeno della capture, ma anche nell’affermazione degli stessi strumenti della partecipazione procedimentale. Consentendo un maggior controllo pubblico sulla formazione delle decisioni amministrative, infatti, il beneficio che ne deriva è duplice, dal momento che la promozione della trasparenza limita le occasioni in cui la discrezionalità del potere possa trasformarsi in arbitrarietà dello stesso e nel contempo tutela le autorità amministrative contro un’ingerenza non regolamentata degli interessi privati. 18 Cfr. Freedom of Information Act (FoIA) del 1967, 5 U.S.C. 552, e Federal Government in the Sunshine Act del 1976, 5 U.S.C. 552b. Cfr. M. D’Alberti, voce Autorità indipendenti (dir. amm.), ivi, p. 2. 136 1.3 L’AUTONOMIA FINANZIARIA Ulteriore e spesso decisivo elemento che concorre a determinare l’effettivo grado di indipendenza di tali organismi amministrativi è il profilo dell’autonomia finanziaria. Chi tiene i cordoni della borsa è, infatti, in grado di determinare a monte gli indirizzi generali, se non le scelte puntuali, dell’autorità. Anche in questo caso è emblematica la forte contrazione subita dal modello americano durante la presidenza Reagan. La politica della deregulation, infatti, ha comportato netti tagli finanziari nei confronti delle agenzie indipendenti, come la Consumer Product Safety Commission, parallelamente alla creazione dell’Office of Management Budget, preposto alla supervisione dei budget delle IRC’s nel tentativo di influenzarne la gestione. Sotto l’impulso della medesima filosofia, un fenomeno simile si è verificato nel Regno Unito dei governi Thatcher (1979-1990), durante i quali il sistema dei quangos ha subito importanti ristrutturazioni, parallelamente al processo di privatizzazione e allo sviluppo del cd. agenzismo per fronteggiare la crisi economica e la progressiva compressione del sistema di Welfare. Se i fatti hanno confermato la generale tenuta del modello dell’amministrazione indipendente, essenzialmente per la sua efficienza organizzativa e funzionale, occorre però considerare che i diversi processi di cattura, per quanto siano in parte fisiologici, qualora divengano cronici rischiano di compromettere i presuppo sti del sistema stesso. Le fonti del finanziamento costituiscono, pertanto, la prima variabile capace di rivelare l’effettivo grado di indipendenza dagli altri poteri. Un modello che identificasse dei livelli di autosufficienza sarebbe ottimo da questo punto di vista, mentre del tutto inefficiente se ne dimostrerebbe uno che omettesse di considerare tale aspetto. In tale ottica, occorre domandarsi quale sia la logica e in che direzione si sia avviato il complesso italiano delle autorità indipendenti a seguito dell’introduzione nella legge finanziaria per il 2006 19 di disposizioni che sembrano improvvisare un sistema di cofinanziamento tra il bilancio dello Stato e gli operatori economici variamente agenti nel 19 L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 65 ss., secondo cui “a decorrere dall'anno 2007 le spese di funzionamento della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e della Commissione di vigilanza sui fondi pensione sono finanziate dal mercato di competenza, per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato, secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di contribuzione determinate con propria deliberazione da ciascuna Autorità, nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge, versate direttamente alle medesime Autorità”. Pertanto l’entità della contribuzione per l’Agcom, e similmente per l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), è costituita da una percentuale dei ricavi risultanti dal bilancio dei soggetti operanti nel settore delle comunicazioni (commi 66 e 68 bis); per l’Agcm il contributo è corrisposto dalle imprese tenute all’obbligo di comunicazione delle operazioni di concentrazione (comma 69); inoltre è stabilito che l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici “determina annualmente l'ammontare delle contribuzioni ad essa dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua vigilanza, nonché le relative modalità di riscossione, ivi compreso l'obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell'offerta nell'ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche” e “può, altresì, individuare quali servizi siano erogabili a titolo oneroso, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo dei servizi stessi” (comma 67). 137 corrispondente mercato di competenza. La generalizzazione dell’autofinanziamento se da un lato intende far fronte all’inadeguatezza degli stanziamenti pubblici rispetto alle funzioni affidate alle autorità, dall’altro rischia di alimentare la dipendenza finanziaria del regolatore dai soggetti regolati con un duplice ordine di conseguenze. In primo luogo, l’assenza di strutture di filtro potrebbe favorire fenomeni di corruzione individuale e di cattura dell’apparato amministrativo 20. Inoltre, i costi sostenuti dalle imprese potrebbero essere facilmente trasferiti sugli utenti finali, rendendo più oneroso l’accesso ai servizi 21. Diverso il modello spagnolo della Comisión de Mercado de Telecomunicaciones (CMT), che nel prevedere una prudente diversificazione delle fonti di finanziamento non giunge a comprimere l’autonomia dell’autorità, intendendo anzi ridurne i rischi di dipendenza e rafforzarne l’autosufficienza 22. 1.4 LE AUTORITÀ DELL’AMMINISTRAZIONE INDIPENDENTI NEL POLIMORFISMO Dall’analisi svolta si evince quanto si riveli vago nei fatti il perimetro dell’indipendenza e quanto lontano sia dal concetto di terzietà del giudice. A ciò si aggiunga che l’amministrazione svolge un primario ruolo di cura di un particolare interesse pubblico, alla cui tutela è strutturalmente preposta – la mission – e soltanto in funzione della quale può esserle attribuita competenza in tema di risoluzione di conflitti. Diversamente, l’indipendenza del giudice si traduce in una soggezione in via esclusiva alla legge che cozza di per sé stessa con il perseguimento di un interesse pubblico, poiché nell’esercizio della funzione giurisdizionale rileva la definizione delle situazioni giuridiche delle parti coinvolte senza ulteriori valutazioni di tipo discrezionale 23. È questa una differenza fondamentale, dal momento che è su questo piano che si gioca la partita, funzionalmente decisiva, per collocare l’Autorità indipendente nel settore dell’amministrazione, anziché tra le fila del potere giudiziario. Occorre, pertanto, interpretare in una diversa ottica l’estraneità di tale apparato amministrativo al circuito democratico per l’assenza della responsabilità ministeriale nei 20 Cfr. M. Clarich - G. Corso - V. Zeno Zencovich, Il sistema delle autorità indipendenti: problemi e prospettive, relazione al Convegno Nexus, Roma, 27 febbraio 2006, pp. 27-28. 21 Cfr. G. Napolitano, Il disegno istituzionale: il ruolo delle autorità indipendenti di regolazione, in C. De Vincenti - A. Vigneri (a cura di), Le virtù della concorrenza. Regolazione e mercato nei servizi di pubblica utilità, Il Mulino, Bologna, 2006, p. 46. 22 Artt. 48 e 49, nonché allegato I, della legge generale delle telecomunicazioni (LGTe) del 3 novembre 2003, n. 32, secondo la quale frutti e rendite derivano dai beni e dai valori che ne costituiscono il patrimonio, mentre ulteriori utili provengono dalla liquidazione a favore della CMT di tasse poste sulle attività di prestazione dei servizi; cfr. D. Terrón Santos, Autoridades nacional del reglamentación – El caso de la CMT, Ed. Comares, Granata, 2004, pp. 129-130. 23 Cfr. M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, op. cit., p. 112. 138 suoi confronti. La prospettiva da cui leggere l’eccezione apparente è quella della complessità, la sola in grado di superare la miope prospettiva della tradizione. La dottrina continentale, infatti, sostenendo “la necessità dogmatica di ricondurre all’unitaria persona statale tutte le manifestazioni del potere pubblico”, 24 si è rivelata inadeguata a comprendere la realtà derivante dalla crisi dello Stato liberale e dalla conseguente affermazione dello Stato pluriclasse. L’impossibilità di operare una reductio ad unum dei diversi interessi emergenti, non di rado in maniera conflittuale, ha esaurito la portata gnoscitiva dei tradizionali strumenti di indagine e degli schemi con cui classificare le funzioni statali. Il fenomeno della diffusione e frammentazione dell’interesse pubblico in una pluralità di interessi pubblici, foggiatosi nella crisi del paradigma dello Stato unitario di matrice liberale, si è progressivamente alimentato nell’ulteriore processo di costruzione delle policies a più livelli di governo, ovvero nella loro definizione non soltanto a livello nazionale, ma anche internazionale, sovranazionale, nonché substatale. L’intreccio delle sedi e dei soggetti deliberanti ha così dato origine ad un sistema di governance che, sostituendo l’inattuale modello del government, diviene metodo stesso di decisione, ovvero di mediazione tra i differenti interessi pubblici. In particolare, lo sviluppo delle autorità indipendenti sembra aver risposto ad esigenze di efficienza dell’azione amministrativa, nonché di tutela di interessi diffusi e diritti25. Infatti, la necessità di garantire anche le nuove situazioni giuridiche soggettive dall’interferenza di poteri esterni ha richiesto una ristrutturazione dello Stato stesso, ossia delle sue funzioni e dei suoi strumenti operativi. “Nella convinzione che l’adempimento dei nuovi e gravosi compiti richieda non (più) solo una forma di autonomia organizzativa, ma addirittura un tipo di organizzazione completamente originale rispetto agli schemi correnti” 26, la pragmatica maniera anglosassone dell’amministrare dimostra di possedere i tratti della modernità. Non è un caso che il paradigma organizzativo-funzionale delle autorità indipendenti trovi nell’area di common law le sue origini e che la sua importazione sul continente sia coincisa con la crescita dello Stato sociale e la pluralizzazione delle domande sociali. Il polimorfismo del sistema amministrativo trova ulteriore conferma in ambito comunitario, dove emerge con evidenza l’esigenza irrinunciabile di dotarsi di un apparato dinamico che sia in grado di dare efficace e pronta attuazione a policies, frutto di processi decisionali dispersivi tipici del modello della governance. Ne è esempio il passaggio dal 24 M. Manetti, ivi, p. 42. Cfr. M. Manetti, ivi, pp. 43-47. 26 M. Manetti, ivi, p. 43-44. 25 139 paradigma monnettiano della Comunità “che fa fare” a nuovi modelli amministrativi comunitari a complessità crescente, quali la coamministrazione, le agenzie europee fino ad arrivare alla formula del concerto regolamentare. Il fenomeno delle autorità indipendenti deve perciò essere opportunamente ricollocato nell’eterogeneità dell’amministrazione. In particolare, la loro azione si inquadra nel tentativo di identificare nuovi mezzi per soddisfare le domande dei cittadini, ispirandosi alla formula dell’amministrazione posta al servizio della società, piuttosto che strumento al servizio dello Stato apparato. Infatti, in corrispondenza della trasformazione del ruolo dello Stato, è cambiato lo stesso volto dell’amministrazione: da garante dell’ordine, Eingriffsverwaltung, ad amministrazione di prestazione, Leistungsverwaltung. È soltanto in quest’ambito che si devono verificare le chances insite nell’attribuzione di una funzione di tipo giustiziale. Parte II La tutela giustiziale presso le autorità indipendenti: peculiarità della funzione di adjudication L’attività delle Autorità indipendenti di adozione di provvedimenti puntuali, relativi a casi specifici, nota nell’area anglofona come di adjudication, risulta consustanziale all’istituzione di tali amministrazioni, al punto da “caratterizzar[n]e la suità” 27. Nel porre in essere un procedimento di ponderazione degli interessi emergenti, perseguendo l’obiettivo giustizia nel caso concreto, non si riscontrano significative divergenze rispetto ai tradizionali compiti dell’amministrazione, se non dal punto di vista organizzativo-funzionale. È proprio l’indipendenza dai poteri costituiti ad assurgere da puro elemento organizzativo a fattore strutturale per l’inveramento del compito, conferendo alla funzione un significato giustiziale più profondo. Nell’ambito di tale attività è venuta a maturazione una peculiare funzione di risoluzione delle controversie, svolta soltanto da alcune di queste autorità, che rappresenta un’attribuzione ulteriore, ma logicamente connessa a quella di adjudication 28: si tratta di una specificazione della più generale “attività amministrativa caratterizzata da un’accentuata presenza di regole del contraddittorio e dai tratti tipici dei procedimenti 27 V. Caputi Jambrenghi, La funzione giustiziale delle amministrazioni indipendenti, in F. Francario (a cura di), Diritti, interessi ed amministrazioni indipendenti, Giuffrè, Milano, 2003, p. 68. 28 Cfr. N. Longobardi, Modelli amministrativi per la risoluzione delle controversie, in Diritto processuale amministrativo, 1/2005, p. 72. 140 garantistici”, in quanto volta alla “composizione dei conflitti e [alla] decisione dei ricorsi” 29. Si è, dunque, di fronte ad una funzione per così dire border-line tra amministrazione e giurisdizione, che si inserisce tra la nozione di ricorso amministrativo e la definizione dell’arbitrato privato. Il risultato è l’elevazione dell’autorità ad arbitro pubblico per la risoluzione di conflitti tra soggetti privati nell’ambito dei profili di sua competenza. Ciò introduce una nuova fattispecie di giudizio, che si differenzia dai ricorsi amministrativi, perché la controversia non coinvolge l’amministrazione come parte, ma piuttosto come arbitro. Oggetto del contendere non sono, infatti, provvedimenti della stessa autorità amministrativa, ma rapporti tra soggetti privati, che cozzino con le norme alla cui tutela sono preposte le amministrazioni indipendenti. La funzione giustiziale svolta è, perciò, oggettivamente diversa, perché distinta è l’attività amministrativa sottostante. Ne è prova il fatto che negli stessi U.S.A. il riconoscimento di tale funzione è molto più tardo rispetto all’attribuzione del potere di dirimere le controversie in cui fosse parte l’amministrazione stessa ed è stato peraltro subordinato all’osservanza di alcuni principi di tutela, quali l’uguaglianza delle parti e la possibilità di ricorrere contro tali decisioni in sede giurisdizionale 30. È, altresì, evidente la diversità dall’arbitrato privato, non solo per il fatto che il soggetto giudicante ha natura pubblica ed è preesistente rispetto alla libera decisione delle parti di ricorrervi, ma anche perché nel giudizio il diritto applicato può essere quello pubblico o privato, a seconda della materia del contendere. Manca, dunque, la base contrattuale che caratterizza il sistema di arbitrato. I conflitti che possono insorgere sono causalmente connessi alla funzione amministrativa di tutela dei diritti svolta dalle autorità indipendenti e, di conseguenza, riguardano gli operatori di settore o questi e gli utenti dei servizi erogati ed, eventualmente, anche singo li privati cittadini. Pertanto, l’analisi che segue si concentra su tali tipologie conflittuali per comprenderne le caratteristiche. La funzionalizzazione delle controversie alla mission delle autorità garanti fa sì che ogni authority possa conoscere varie tipologie contenziose in relazione alla natura delle parti in causa, ovvero che diversi soggetti possano ricorrere in tale sede per far valere i propri interessi con riferimento alla materia di competenza dell’amministrazione indipendente. In tal modo autorità amministrative vengono ad assolvere una funzione di dispute resolution, mentre riescono ad implementare la corretta applicazione delle regole nell’ambito normativo sottoposto alla loro cura. L’Autorità si viene quindi ad elevare al di sopra dei singoli interessi in conflitto, cercando di comporli nell’ottica della propria mission. 29 30 V. Caputi Jambrenghi, La funzione giustiziale delle amministrazioni indipendenti, op. cit., p. 65. Grandfinanciera SA v. Nordberg, 492 US 33 (1989). 141 È quanto accade, ad esempio, presso la Federal Energy Regulatory Commission americana (FERC), che adottando procedure conciliative atte a favorire l’accordo tra gli operatori di settore evita così di ricorrere all’utilizzo dei poteri amministrativi per garantire l’efficienza nell’erogazione dell’energia 31, scoprendo la sottile distinzione tra potere di regolazione e potere paragiurisdizionale. Un simile metodo operativo nel sostituire orders, ossia provvedimenti puntuali, a rules generali sembra ottenere il medesimo risultato, ma in tempi più rapidi, nelle forme della regolazione. Lo stesso accade presso la francese Commission nationale de l’informatique et des libertés (CNIL), preposta alla tutela e allo sviluppo dell’informazione e della privacy, che nell’espletare la sua mission di controllo può agire in via di mediazione, anziché valersi della propria potestà regolamentare. Anche a questo livello, quindi, si verifica quel più generale fenomeno di regressione del potere amministrativo a favore di forme di regolazione non imperative, che trovano nei principi del diritto privato i primi strumenti della propria attuazione. Ciò significa che “lo Stato non muove più da una posizione preconcetta di superiorità e di infallibilità, ma si pone su di un piede di parità con i privati e discute con loro le soluzioni da adottare, in un’ottica di collaborazione e non di contrapposizione”, dando così luogo alla formula del “contrattualismo amministrativo” che, divenendo metodo dell’azione amministrativa, ne trasforma i caratteristici tratti autoritari32. L’utile che deriva da un simile controllo nell’applicazione delle regole è quindi socialmente rilevante, offrendo un prezioso riscontro in termini di effettività della tutela dei diritti a tutta la collettività e non soltanto alle parti coinvolte nella specifica controversia. Peraltro, tale funzione giustiziale è apprezzabile anche da un punto di vista marcatamente economico, dal momento che i costi per attivarla sono notevolmente inferiori a quelli del sistema giudiziario, in termini sia di spese che di durata dei procedimenti, contribuendo con ciò a ridurre le esternalità negative della ricerca della giustizia. Attraverso questi procedimenti snelli e flessibili di risoluzione dei conflitti, infatti, si permette al diritto di stare al passo della realtà economica, imprimendogli un’accelerazione tale, da abbattere quei formalismi giuridici capaci di trasformare i tribunali “in agenti o in complici dell’illegalità” 33. In questa prospettiva, significativo è stato l’apporto della Comunità europea che ha dimostrato di cogliere le potenzialità insite nel fenomeno, dettando dapprima alcuni principi generali ed approfondendo poi la disciplina della risoluzione 31 Cfr. G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, Laterza, Roma-Bari, 2001, p. 61. 32 M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, op. cit., p. 50. 33 R. Pound, The Causes of Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice, in American Bar Association Reports, 29/1906, p. 406. 142 extragiudiziale delle controversie 34. Parallelamente, un forte incentivo nella medesima direzione si è originato a livello internazionale grazie al contributo del Consiglio d’Europa, che ha concorso alla definizione delle garanzie di tutela nei procedimenti di tipo amministrativo 35. 2.1 I CONFLITTI TRA IMPRESE Una prima fattispecie contenziosa riguarda i conflitti tra imprese operanti in uno stesso settore economico, istituzionalmente sottoposto alla vigilanza dell’autorità indipendente. Le controversie di questo genere risultano piuttosto significative, in quanto tendono a completare l’attività di controllo dei mercati di riferimento affidata alle amministrazioni indipendenti. A seguito dei processi di liberalizzazione, intesi a perseguire la concorrenza dei mercati, ritenuta funzionalmente più adeguata a garantire il benessere dei cittadini, l’Europa comunitaria ha importato un modello di intervento pubblico nell’economia, che trova le sue origini nelle forme di regolazione tipiche dell’ordinamento americano. È accaduto, infatti, che il progetto di integrazione comunitaria – ed in particolare l’obiettivo del mercato unico, sancito dall’Atto Unico europeo del 1986 – assieme al progresso tecnologico e al conseguente fenomeno delle privatizzazioni36 abbiano messo in 34 Il riferimento è alle raccomandazioni della Commissione del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (98/257/CE), e del 4 aprile 2001, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo (2001/310/CE). Inoltre, merita di essere ricordata la risoluzione del Consiglio 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa alla rete comunitaria di organi nazionali di risoluzione delle controversie in materia di consumo. Da ultimo, con l’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, 2008/52/CE, è stata approfondita la disciplina comunitaria della risoluzione extragiudiziale delle controversie transfrontaliere per quanto riguarda la mediazione in materia civile e commerciale. 35 Sul diritto d’accesso ai documenti e ad essere ascoltati, cfr. risoluzione 31/1977; sulla definizione del procedimento come limite al potere discrezionale, cfr. raccomandazione 2/1980; sulla risoluzione extragiudiziale delle controversie, cfr. raccomandazione 9/2001. 36 L’introduzione della parità tra gli operatori ha contribuito a prospettare il problema dell’opportunità del mantenimento della partecipazione dello Stato all’economia, per quanto la scelta di privatizzare non fosse strettamente necessaria per l’assolvimento degli impegni comunitari. Un ridimensionamento del ruolo statale nella gestione dei servizi pubblici era comunque richiesto, dal momento che, riconosciuto il favor per il libero gioco della concorrenza tra gli operatori di mercato, l’intervento pubblico doveva rivestire i caratteri della sussidiarietà, ovvero trovare fondamento soltanto laddove l’interesse generale non potesse essere in tal modo soddisfatto, quale azione indiretta e complementare alla dinamica del mercato. Teoricamente quindi in uno stesso regime di libero mercato, sotto le medesime regole della concorrenza, avrebbero potuto convivere imprese pubbliche e private, ma i fatti hanno dimostrato il contrario, provando il nesso tra i due fenomeni e ponendo dunque l’interrogativo di quali siano i margini di sopravvivenza dell’impresa pubblica alle condizioni di mercato o, più in generale, quali siano le condizioni in cui un’industria pubblica possa svilupparsi con profitto e in che misura l’azione dell’imprenditore pubblico possa coincidere (o quantomeno essere compatibile) con quello dell’investitore privato. Si osservi che è proprio al c.d. criterio dell’ investor in a market economy che si richiama la giurisprudenza comunitaria per applicare le disposizioni sugli aiuti di Stato. 143 crisi gli stessi presupposti di controllo del mercato da parte dello Stato, che fino ad allora si attestava diffusamente come l’imprenditore del welfare. Il vento delle liberalizzazioni, sostenuto dalla necessità di sviluppare un maggiore livello di competitività nella prestazione dei servizi, ha quindi segnato la nascita dello Stato regolatore, garante del rispetto delle regole volte a creare e mantenere il mercato in condizioni concorrenziali, evitando che al precedente monopolio pubblico si sostituisse un dannoso monopolio privato. Gli arbitri pubblici del libero mercato sono state proprio le autorità amministrative indipendenti che, seguendo il modello americano, sono state chiamate ad assicurare la concorrenza, nonostante la profonda diversità del contesto economico in cui si sono trovate ad operare 37. È evidente come l’esercizio di tale compito risulti funzionalmente completato dall’attribuzione di un potere di risoluzione delle controversie tra operatori. Interessante è il modello delle Autorità garanti nelle comunicazioni elettroniche, che nasce e si sviluppa interamente in seno alla logica comunitaria. In Italia la risoluzione dei conflitti tra operatori è affidata all’Agcom fin dalla legge istitutiva 38, sebbene i suoi caratteri siano parzialmente mutati a seguito dell’adozione del Codice delle comunicazioni elettroniche, che ha recepito le direttive comunitarie in materia 39. Con il pacchetto del luglio 2002, infatti, si sono prescritte agli Stati membri forme di organizzazione ed azione delle Autorità di regolazione nazionali (ANR) che intendono creare un quadro comune di riferimento su scala comunitaria in un’ottica di collaborazione tra i diversi paesi, e dunque tra le diverse autorità, atta ad implementare le policies comunitarie sul mercato interno e a favorire la circolazione di modelli e best practices. Il caso della britannica OFCOM dimostra, però, come il legislatore nazionale sia libero di determinare il proprio assetto organizzativo istituzionale, nel rispetto comunque degli obiettivi comunitari. In tale modello, infatti, la competenza dell’autorità in materia di risoluzione delle controversie si risolve in una funzione di vigilanza ex ante sulle procedure adottate dalle imprese per farvi fronte, attraverso l’attribuzione di poteri regolatori, quali il compito di stabilire le regole seguendo una procedura ad alta partecipazione, come quella di notice and comment, e di controllo, quali ordini e sanzioni40. 37 Cfr. M. D’Alberti, voce Autorità indipendenti (dir. amm.), op. cit, p. 4. Art. 1, comma 11, L. 31 luglio 1997, n. 249. 39 D. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 23, che ha attuato l’art. 20 della direttiva 2002/21/CE. 40 Artt. 52-55 del Communication Act 2003. Cfr. G. Della Cananea, Regolazione del mercato e tutela della concorrenza nella risoluzione delle controversie in tema di comunicazioni elettroniche, in Diritto pubblico, 2/2005, pp. 609-610. 38 144 Seguendo l’esempio americano della Federal Communication Commission (FCC), l’autorità spagnola CMT agisce in qualità di organo arbitrale nei conflitti tra operatori di settore. Già nella legge istitutiva 41 si attesta tale natura, che trova conferma anche nella legge generale della regolazione del settore42. Due sono i modelli di intervento di tale Commissione, che intendono assicurarle un controllo tale da far assurgere la funzione arbitrale a rimedio contro il fallimento delle forme preventive di regolazione 43. Il primo consiste nella libera sottoposizione della controversia da parte degli operatori di settore al giudizio della CMT, che viene chiamata ad emettere un lodo arbitrale seguendo i principi procedimentali posti dalla legge sull’arbitrato 44. L’altro, invece, prevede l’intervento di un provvedimento amministrativo della CMT modificativo o anche sostitutivo di un precedente accordo concluso tra gli operatori sulle controversie insorte in materia di obblighi di interconnessione e accesso alle reti di telecomunicazione e all’uso dello spettro radioelettrico, eventualmente ricorribile davanti alla giurisdizione esclusiva del contenzioso amministrativo.45 Si tratta pertanto l’esercizio di un “autentico potere pubblico (..) vincolante per le parti, sopra il quale le parti non possono vantare alcun potere di decisione”: un “arbitrato amministrativo obbligatorio”, destinato a funzionare come forma di “autotutela amministrativa vincolante” 46. Simile il caso della Comisión Nacional de la Energía (CNE) spagnola, alla quale risultano attribuite le medesime funzioni: la tradizionale forma di potere arbitrale, ossia quella di tipo volontario sulle controversie che gli operatori di settore riterranno opportuno sottoporre al suo sindacato, e il potere di disciplinare con provvedimenti amministrativi i conflitti relativi ai contratti sull’accesso di terzi alle reti di base, trasporto e distribuzione di energia elettrica e gas quando la loro gestione sia competenza dello Stato o afferisca a più di una Comunità autonoma 47. Interessante è poi il ruolo svolto dalle autorità preposte alla tutela della concorrenza, dal momento che tutta la loro azione è improntata alla funzione di adjudication e, sebbene non si occupino direttamente dei conflitti tra operatori, ma piuttosto sanzionino le loro condotte anticoncorrenziali, di fatto svolgono una funzione di prevenzione degli stessi, perseguendo la mission del mantenimento della concorrenza ed agendo quasi in qualità di giudici sul mercato. Non a caso le divisioni che compongono il BundesKartellamt tedesco sono organizzate secondo il modello delle Corti e seguono un procedimento quasi giurisdizionale, mentre il Tribunal de defensa de la competencia spagnolo, pur essendo 41 Real Decreto-Ley 7 giugno 1996, n. 6, implementato poi dal regolamento della Commissione Real Decreto 6 settembre 1996, n. 1994. 42 Art. 48 della LGTe 3 novembre 2003, n. 32. 43 Cfr. D. Terrón Santos, Autoridades nacional del reglamentación – El caso de la CMT, op. cit., p. 233. 44 L. 5 dicembre 1988, n. 36, come da ultimo modificata dalla L. 23 dicembre 2003, n. 60. 45 Art. 14 della LGTe 32/2003. 46 D. Terrón Santos, Autoridades nacional del reglamentación – El caso de la CMT, op. cit., p. 235-239. 47 La funzione, già prevista genericamente nella L. 27 novembre 1997, n. 54, di regolazione del settore elettrico, è disciplinata dalla disposizione addizionale n. 11 alla L. 7 ottobre 1998, n. 34, di regolazione degli idrocarburi e dal regolamento interno della CNE Real Decreto 31 luglio 1999, n. 1339. 145 parte del ministero competente in materia, esercita le proprie funzioni in piena indipendenza, risultando soggetto solo alla legge 48. Le diverse autorità nazionali degli Stati membri della UE trovano però nel livello comunitario il loro più pieno significato e nella Commissione europea la guida, ultima responsabile della disciplina della concorrenza 49. La sfera comunitaria ha quindi attratto nella sua orbita quelle autorità già esistenti a livello nazionale, come nel caso tedesco, mentre ne ha incentivato la costituzione in altre realtà che non avevano previsto tale modello organizzativo, come in Italia e in Spagna. La policy concorrenza è poi passata dalla fase di controllo centralizzato del legislatore comunitario ad una forma decentralizzata che valorizza il lavoro delle autorità antitrust nazionali e che è sintomo di reciproca fiducia e affidamento tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie 50. Giuridicamente questi si realizzano e si implementano dal punto di vista funzionale nella formazione di una rete della regolazione – il cd. concerto regolamentare – e da quello organizzativo nella presenza di un duplice circuito di appartenenza delle amministrazioni indipendenti, nazionale e comunitario. 2.2 I CONFLITTI TRA IMPRESE E UTENTI Il problema dell’asimmetria informativa tra fornitori dei servizi e utenti riemerge in tutta la sua urgenza dopo l’avvio del processo di liberalizzazione. Se è vero, infatti, che la possibilità di scegliere liberamente tra più imprese fornitrici dei medesimi servizi costituisce un nuovo strumento di controllo nelle mani dei consumatori, occorre però osservare nel contempo che l’arretramento della gestione statale ha fatto venire meno le precedenti garanzie insite nella protezione politica dell’utenza 51. Il regime del libero mercato acuisce perciò l’esigenza di dare soluzione alle eventuali controversie che si vengano a creare tra produttori e consumatori. Non è un caso che un forte incentivo alla diffusione di tali rimedi non giurisdizionali sia venuta dalla Commissione europea che, ravvisando una netta “sproporzione tra la portata economica della controversia e il costo della risoluzione giudiziaria” 52, ha inteso offrire al consumatore, figura centrale del modello sociale europeo, una via alternativa, più rapida ed efficace, di composizione delle controversie, dettando alcuni standard minimi di tutela per 48 Cfr. G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, op. cit., pp. 178 e 183. 49 Si tratta del Regolamento (CE) N. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato. 50 Cfr. G. Majone, La crescita dei poteri regolativi nella Comunità Europea, in Rivista italiana di scienza politica, 3/1995, p. 432. 51 Cfr. G. Della Cananea, Regolazione del mercato e tutela della concorrenza nella risoluzione delle controversie in tema di comunicazioni elettroniche, op. cit., p. 606. 52 Considerando 2 della raccomandazione 98/257/CE. 146 “agevolar[n]e l’accesso alla giustizia” 53, quali la semplificazione delle procedure giudiziarie per le liti di modesto valore economico, il miglioramento della comunicazione tra imprese e consumatori per agevolare la ricerca di soluzioni concordate, nonché la creazione di procedure extragiudiziali di conciliazione e arbitrato specifiche per i rapporti di consumo. Alla conformazione delle diverse discipline nazionali ai principi posti dal legislatore comunitario è seguita quale contropartita una certa armonizzazione, destinata ad alimentare lo sviluppo di un network europeo di ADR per la soluzione delle controversie transfrontaliere 54. Con l’adozione della Risoluzione Consiglio europeo del 25 maggio 2000, infatti, le istituzioni comunitarie hanno costituito una rete, cd. European Extra Judicial Network (EEJ-Net), in cui far confluire, attraverso un sistema di centri di compensazione (clearing houses), tutte le procedure non giurisdizionali nazionali conformi agli standard precedentemente individuati55. La rilevanza del progetto comunitario è evidente se si considerano le controversie transfrontaliere quali esternalità negative del processo di integrazione comunitaria. Lo sviluppo di organismi e procedure composite tra i diversi livelli nazionali e quello sovranazionale rappresenta peraltro prova della recente espansione amministrativa del diritto comunitario, derivazione che dimostra quanto il progresso dell’integrazione abbia cambiato il volto stesso della Comunità, trasformandola da struttura “che fa fare” in un più complesso ordinamento che si implementa attraverso il riconoscimento delle libertà di circolazione. In Italia si è data concreta attuazione a tale opportunità con l’adozione del Codice del consumo che, nel razionalizzare le diverse normative concernenti i processi di acquisto e consumo al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti56, ha conformato la disciplina della risoluzione extragiudiziale delle controversie tra professionisti e consumatori ai parametri indicati a livello comunitario 57. L’adesione alla prospettiva europea, che vede nel modello ADR un utile strumento per un’efficace risoluzione dei conflitti, sembra confermata dall’affermazione della non vessatorietà di tali 53 Considerando 17 della raccomandazione 98/257/CE e considerando 2 e 5 della direttiva 2008/52/CE. Cfr. S. Sticchi Damiani, Le forme di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione. Disciplina vigente e prospettive di misurazione statistica, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2003, pp. 752-755. 55 Risoluzione del Consiglio europeo del 25 maggio 2000 relativa ad “una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo”. Si osservi che dal 2001 un progetto analogo ha riguardato il settore dei mercati finanziari attraverso la costituzione della rete FINNet. Cfr. S. Sticchi Damiani, ivi, pp. 768-769. Successivamente è stata costituita una nuova rete European Consumer Centres Network (ECC-Net), operativa dal 1 gennaio 2005, che riunisce le precedenti EEJ-Net e FIN-Net. 56 D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, recante “Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229”, e successive modificazioni. 57 Art. 141 del d. Lgs. 206/2005. 54 147 previsioni, qualora vengano inserite nei contratti dei consumatori, sebbene sia parallelamente ribadito il diritto di adire il giudice competente qualunque sia l'esito della procedura di composizione extragiudiziale 58. Ciò attesta un processo di rinnovamento dei luoghi e delle forme di tutela delle situazioni giuridiche soggettive in corrispondenza dell’evoluzione dei rapporti giuridici, senza rinunciare tuttavia alla garanzia suprema al ricorso giurisdizionale. L’esito è pertanto un ampliamento della gamma di strumenti a disposizione del singolo per far valere le sue ragioni. In tale ottica, emblematico è ancora una volta il caso dell’Agcom, che dimostra di poter offrire una tutela completa nel settore di riferimento essendo autorizzata dalla legge istitutiva ad intervenire anche nei conflitti tra enti erogatori del servizio di telecomunicazioni ed utenti privati59. In particolare, l’Autorità ha previsto che il tentativo obbligatorio di conciliazione sia affidato ai Comitati regionali per le comunicazioni competenti per territorio (CO.RE.COM.), riservandosi la decisione sulla controversia esclusivamente in funzione di appello, qualora le parti lo richiedano, o di interpretazione delle questioni controverse nel caso di conciliazione parziale 60. In alternativa a tale procedura, il regolamento riconosce alla parti la possibilità di esperire un analogo tentativo dinanzi ad altri organismi non giurisdizionali di risoluzione delle controversie in materia di consumo nel rispetto dei principi stabiliti dalla Raccomandazione della Commissione 2001/310/CE 61. La disciplina introdotta nel 2003, in attuazione della direttiva 2002/22/CE, intende rafforzare tale capacità extragiudiziale di dirimere le controversie in cui sono coinvolti consumatori e utenti, attraverso una maggiore specificazione dei presupposti e delle garanzie di tutela 62. L’importanza di simili ricorsi è dimostrata anche dalla loro previsione presso altre autorità, piuttosto diverse tra loro, quali la Commissione nazionale per le Società e la Borsa (Consob), dove sono ammessi contro atti di organi ed enti operanti sui mercati mobiliari63, e la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali 64. In particolare, quest’ultima può, “su richiesta congiunta delle parti interessate”, “emanare un lodo sul merito della controversia” qualora 58 Art. 141, commi 4 e 5, del d. Lgs. 206/2005. Art. 1, comma 6, lettera a), n. 14), della L. 31 luglio 1997, n. 249, già attuato dall’Autorità con il la delibera n. 182/2002/CONS e attualmente disciplinato dalla delibera n. 173/07/CONS, così come modificata dalle successive n. 95/08/CONS e n. 502/08/CONS, recante “regolamento in materia di procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazioni elettroniche ed utenti”. 60 Art. 14 della delibera n. 173/07/CONS, così come modificata dalle successive n. 95/08/CONS e n. 502/08/CONS. 61 Art. 13 n. 173/07/CONS, così come modificata dalle successive n. 95/08/CONS e n. 502/08/CONS. 62 Art. 84 del d. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, in recepimento dell’art. 34 della direttiva 2001/22/CE. 63 Art. 25 della delibera 8674 del 17 novembre 1994 e successive modificazioni, recante “Regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa”. 64 Art. 13, comma 1, lettera b), della L. 12 giugno 1990, n. 146. 59 148 si prospettino problemi nell’interpretazione o nell’applicazione dei contratti collettivi o dei codici di autoregolamentazione riguardo alle prestazioni indispensabili da assicurare in caso di sciopero. Di diverso indirizzo è la Gran Bretagna, dove la risoluzione delle controversie davanti alle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità svolge un ruolo di chiusura, dal momento che queste rappresentano soltanto l’ultima sede extragiudiziale in cui comporre i complaints, in un sistema formalizzato su tre livelli (cd. three-tier procedure) 65. In tale ottica vanno perciò valutati i poteri di esaminare i reclami sui servizi di settore attribuiti alle diverse autorità indipendenti, nate sull’onda delle privatizzazioni avviate dai governi Thatcher. Differente è il caso degli Administrative Tribunals che, nati essenzialmente con funzioni amministrative di natura giustiziale e mutatisi poi in veri e propri organi giurisdizionali 66, nelle proprie diversificate aree di competenza sono preposti anche alla risoluzione dei conflitti tra gestori di servizi e utenti, come dimostra l’archetipo della Railway and Canal Commission (RCC), sorta nel 1873 67. 2.3 I CONFLITTI TRA PRIVATI CITTADINI Quando le autorità sono chiamate a tutelare diritti individuali fondamentali, si possono trovare ad arbitrare controversie anche tra singoli cittadini. Questo genere di conflitti è particolarmente evidente nella realtà anglosassone degli Administrative Tribunals e dei Conciliatory bodies, che vantano una consolidata tradizione nella risoluzione di conflitti nei loro particolari ambiti di competenza. La casistica delle controversie che affrontano queste strutture, talvolta permanenti ed in altri casi costituite ad hoc, è piuttosto diversificata ed abbraccia l’intera gamma dei conflitti che si possono sollevare tra l’amministrazione e i cittadini o tra i singoli cittadini nell’applicazione dei servizi del welfare ai singoli casi concreti68. 65 Ai sensi del Competition and Service Utilities Act 1992, le controversie devono venire innanzitutto composte indirizzando reclami alle stesse società erogatrici dei servizi; quindi, laddove non si pervenga ad una soluzione soddisfacente, l’azione può essere riproposta davanti ad organi indipendenti, cd. Consumer Councils, che funzionano da filtro per un eventuale intervento delle autorità di regolazione, che sarà dunque soltanto successivo e riguarderà pertanto questioni complesse di difficile conciliazione. 66 Tribunals, Courts and Enforcement Act 2007. In particolare, tale legge ha affidato gli administrative tribunals funzioni di judicial review su specifiche materie, da esercitare con le stesse procedure, gli stessi poteri e secondo gli stessi principi dell’High Court. Questa riforma ha in qualche modo disciplinato la duplice “natura [degli Administrative Tribunals] di corti (..) inserit[e] nell’apparato amministrativo” (H.W.R. Wade, Diritto amministrativo inglese, ed. italiana a cura di C. Geraci, Giuffrè, Milano, 1969, p. 341), che la dottrina aveva riconosciuto nella loro funzione di disposition of competing claims. 67 Cfr. E. Balboni, Amministrazione giustiziale, Cedam, Padova, 1986, pp. 51 ss. 68 In tale eterogeneità difficilmente si può sintetizzare efficacemente le fattispecie, tanto più che fino alla riforma del 2007 ogni Tribunal vantava caratteristiche proprie quanto a composizione, procedimenti decisionali e tipologie di controllo giurisdizionale sulle decisioni assunte. Si ricordi, tuttavia, l’intervento del Tribunals and Inquiries Act 1958, che aveva tentato una prima razionalizzazione nella giungla dei tribunali speciali, a seguito delle osservazioni formulate dal Franks Commitee nel 1957, volte principalmente a conformare l’azione dei tribunali agli obiettivi di openness (chiarezza), fairness (correttezza) ed impartiality (imparzialità), nonché a definirne un sistema omogeneo di controllo sull’organizzazione e sul procedimento. Cfr. H. W. R. Wade, Diritto amministrativo inglese, op. cit., pp. 349-363. 149 I conflitti tra privati cittadini costituiscono una fattispecie contenziosa rinvenibile nei ricorsi e nei reclami al Garante per la protezione dei dati personali. La tutela dei dati personali costituisce, infatti, un particolare profilo di competenza, potenzialmente in grado di afferire a qualsiasi materia. La trasversalità del tipo di controversie che si presentano dinanzi al Garante rende le fattispecie di conflitto piuttosto diversificate e, sulla base della titolarità del trattamento e delle sue caratteristiche, suscettibili di rientrare in tutte le tipologie contenziose, dunque anche in quelle tra privati cittadini, che rappresentano l’azione più simile al giudizio. Il procedimento dinanzi al Garante italiano, similmente a quanto accade davanti all’Information Commissioner’s Office (ICO) inglese, mette in evidenza il ruolo conciliatorio dell’autorità, dal momento che il ricorso è possibile soltanto dopo aver manifestato al titolare del trattamento le proprie richieste. Un’implicita forma di potestà arbitrale è riconosciuta anche all’Agencia de protección de datos spagnola, che ha competenza decisoria sui reclami degli utenti che si ritengano lesi nel proprio diritto alla riservatezza, potendo valutare l’esistenza della violazione e disporre le opportune misure per ripristinare l’integrità della situazione soggettiva violata 69. Parte III Tutela giustiziale e garanzie procedimentali L’attribuzione della funzione di tipo arbitrale, se non giudiziale, richiede la previsione di garanzie tali da consentire ai ricorrenti di godere di condizioni di effettiva tutela nell’intraprendere una via alternativa alla giurisdizione per la composizione dei conflitti. In caso contrario si rischia di svuotare di significato la stessa competenza conferita, rendendola priva di fondamento nell’economia del sistema giustizia. Tali garanzie devono essere ricercate tra quelle proprie della funzione assolta, perciò nell’ambito del processo. È vero, però, che l’esercizio della stessa a livello amministrativo implica diversi presupposti organizzativi, al cui interno occorre identificare fattivamente le diverse forme di tutela. La mancanza costitutiva delle tradizionali garanzie che assistono il giudice nell’esercizio delle sue funzioni, ossia il presupposto soggettivo della terzietà e quello oggettivo delle regole del processo, deve pertanto essere surrogata dalla presenza di ulteriori requisiti, di carattere amministrativo, capaci di mimare a questo livello quelle previsioni. Se da una prospettiva soggettiva è la condizione di indipendenza che, pur nei suoi limiti, si erge a tutela delle parti a fronte della loro rinuncia a scegliersi liberamente un arbitro o a 69 Cfr. Legge organica di regolazione del trattamento automatizzato dei dati di natura personale (LORTAD) del 29 ottobre 1992, n. 5, art. 36, lettera d), così come modificata dalla L. 13 dicembre 1999, n. 15, art. 18. 150 ricorrere ad un giudice naturale 70, dal punto di vista oggettivo si assiste all’articolazione del procedimento secondo logiche di tipo processuale, che mirano a plasmarlo in conformità al canone del due process of law. Tale clausola, affermatasi inizialmente nella cultura anglosassone della common law, quale espressione del principio della rule of law71, ha trovato riconoscimento nel V e nel XIV emendamento del Bill of Rights americano del 1791 quale garanzia costituzionale dell’inviolabilità del diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà se non a seguito di un giusto processo. Data la sua applicazione anche nei confronti dei pubblici poteri in conformità al principio dell’unicità del diritto, non è un caso che non sussista una distinzione terminologica nella lingua inglese tra procedimento amministrativo e processo giurisdizionale, ma si indichi, invece, con l’unica espressione di process azioni che, pur avendo finalità diverse, si conformano allo stesso principio, che si definisce essenzialmente nel confronto endoprocedimentale tra le parti. Al contrario, la concezione di uno statuto speciale dell’amministrazione, storicamente fondato sull’imperatività e l’autoritarietà dei provvedimenti, ha determinato negli ordinamenti di civil law lo sviluppo di differenti strumenti di tutela, posteriori all’adozione del provvedimento, quali i ricorsi giurisdizionali ed amministrativi. L’affermazione del procedimento amministrativo, quale sede in cui tutelare ex ante i diritti degli interessati, è pertanto una conquista più recente nei paesi a droit administratif, se si escludono i casi dell’ordinamento spagnolo e di quello austriaco 72, ed è avvenuta principalmente in corrispondenza della ricerca di un riequilibrio nei rapporti tra amministrazione e cittadini. Nonostante una progressiva convergenza in materia di partecipazione procedimentale tra i sistemi giuridici di common law e civil law, diverse risultano ancora le articolazioni nazionali del principio del giusto procedimento. Se, infatti, nella prima area culturale maggiore rilevanza è accordata al principio di giustizia naturale dell’audi alteram partem 73, nella seconda la fairness del procedimento si esprime piuttosto nella possibilità 70 Cfr. considerando 11 e art. 1 della raccomandazione 1998/257/CE, nonché considerando 10 e art. 2, lettera A, della raccomandazione 2001/310/CE. Inoltre, art. I, 3, comma 2, lettera b), dell’appendice alla raccomandazione 9/2001 del Consiglio d’Europa. 71 Si osservi che la Magna Charta Libertatum dispone alla Clausola 39 che “nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, privato dei suoi beni, messo fuori legge, esiliato o in alcun modo menomato; e noi non metteremo né faremo mettere mani su di lui, se non per giudizio dei suoi pari e secondo la legge del paese”. 72 Cfr. Ley de Bases de Procedimiento Administrativo del 1889 e le quattro leggi austriache sul procedimento del luglio 1925 (una legge d’introduzione alle leggi sul procedimento amministrativo, una generale sul procedimento amministrativo, una sul procedimento amministrativo-penale, cioè sulle contravvenzioni amministrative, una sul procedimento amministrativo di esecuzione). Si osservi, inoltre, che in Italia l’art. 3 dell’allegato E alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, di abolizione del contenzioso amministrativo, attribuiva la tutela degli “affari non ricompresi” nella competenza del giudice ordinario, i cd. interessi legittimi, all’autorità amministrativa, disponendo i fondamentali principi del giusto procedimento. Di fatto, però, tale previsione è rimasta inattuata, tanto che la riforma Crispi del 1889 ha affidato la tutela di tali interessi al Consiglio di Stato, istituendone la IV sezione e dando luogo al modello duale di giustizia attualmente presente in Italia. 73 Cfr. R. Stewart, The reformation of american administrative law, in Harvard Law Review, 1975, pp. 16671813. L’Autore osserva come tale principio non solo costituisca la principale attuazione del due process of 151 dell’interessato di essere messo a parte dell’azione dell’amministrazione, attraverso l’accesso ai documenti amministrativi e l’obbligo dell’amministrazione di motivare le proprie decisioni 74. Un forte incentivo alla diffusione di tali principi è venuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, che ha elevato a principi fondamentali del diritto comunitario il diritto al contraddittorio tra le parti e il diritto ad essere ascoltati, fino a giungere alla loro codificazione nella Carta dei diritti dell’Unione europea, quali componenti imprescindibili del diritto ad una buona amministrazione, insieme al diritto di accesso ai documenti e all’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni 75. Si osservi, peraltro, che l’affermazione di tale diritto come formula di sintesi, che supera il riconoscimento dei singoli fattori che lo costituiscono, insieme alla sua connessione strutturale con la posizione della cittadinanza, attesta l’introduzione di un nuovo principio generale del diritto amministrativo, ispirato al paradigma dell’equità e della giustizia sostanziale quali limiti e guide della discrezionalità dell’azione amministrativa e delle stesse pretese dei singoli individui che con questa vengano in contatto. Non sfugge come in questo modo vengano poste le basi per la costruzione di un procedimento amministravo comunitario, di cui la buona amministrazione costituisce il nucleo embrionale. law, ma sia anche fonte di legittimazione dell’azione amministrativa. Si osservi che tale garanzia nel Regno Unito trova un limite nei casi di delegated legislation, ossia nell’attività normativa della pubblica amministrazione, mentre risulta più estesa nell’ordinamento statunitense, che ha fatto del principio di partecipazione uno strumento di rappresentanza degli interessi nei procedimenti di rule-making. Sul punto si veda S. Battini - B.G. Mattarella - A. Sandulli, Il procedimento, in G. Napolitano (a cura di), Diritto amministrativo comparato, Giuffrè, Milano, 2007, pp. 122-124. 74 Per la Francia, cfr. L. 17 luglio 1978, n. 753, “portant diverses mesures d’amélioration des relations entre l’administration e le public et diverses dispositions d’ordre administratif, social et fiscal”, sulle relazioni tra Pubblica amministrazione e cittadini e il diritto d’accesso; L. 11 luglio 1979, n. 587, “relative à la motivation des actes administratifs et à l'amélioration des relations entre l'administration et le public”, sull’obbligo di motivazione; il decreto 28 novembre 1983, n. 1025 recante “Relations entre l'Administratione et les usagers”; loi n. 321 du 12 avril 2000, “relative aux droits des citoyens dans leurs relations avec les administrations”. Per la Germania, cfr. la legge federale sul procedimento amministrativo (Verwaltungsverfahrensgesetz VwVfG) del 1976, che nel riconoscere il diritto all’audizione ha concesso un’ampia discrezionalità all’amministrazione nella definizione di limiti e condizioni ed ha escluso la rappresentazione degli interessi collettivi o diffusi (§ 28 e 66 VwVfG). Maggiori garanzie di partecipazione si riscontrano, però, nei procedimenti di pianificazione urbanistica e nel settore delle politiche ambientali, dove trovano audizione anche gli interessi collettivi e diffusi. Per la Spagna, cfr. art. 105 della Costituzione, nonché artt. 35- 40 della L. 30/1992, come modificata dalla L. 4/1999, relativa al “Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y de Procedimiento Administrativo Común”. Si osservi che in quest’ultimo paese il diritto al contraddittorio si realizza prevalentemente in forma scritta, sebbene il diritto ad essere ascoltati sia ritenuto, in analogia con gli ordinamenti di common law, un “eterno principio de justicia”, la cui violazione può comportare la nullità del provvedimento stesso, come emerge dalla giurisprudenza del Tribunal Supremo (cfr. sentenze 19 febbbraio 1963; 29 aprile 1972; 20 ottobre 1980). 75 Art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Cfr. R. Bifulco, Art. 41, in R. Bifulco - M. Cartabia - A. Celotto (a cura di), L’Europa dei diritti, commento alla Carta dei diritti fondamentali, Il Mulino, Bologna, 2001, pp. 285-293. Si osservi che l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona conferirebbe alla Carta il carattere obbligatorio e vincolante di cui è stata fino ad oggi sprovvista. 152 In questa prospettiva, diviene decisivo verificare lo stadio di processualizzazione dei procedimenti dinanzi alle autorità amministrative indipendenti per verificare lo stesso grado di assolvimento della funzione in esame: è, pertanto, negli interstizi della procedura che si viene a giocare la partita per la determinazione dell’effettività della tutela e che si realizza, dunque, la libertà. Tale dato impone una scelta metodologica, poiché analizzare singolarmente ogni tipologia procedimentale che si svolga dinanzi a ciascuna autorità permetterebbe certamente di cogliere in maniera dettagliata la rilevanza dei profili procedurali, ma rischierebbe di sacrificare l’esame sull’effettiva attuazione dei principi del giusto procedimento, che invece si intende far emergere come filo rosso della trattazione per verificare la sussistenza di un comune denominatore che si erga a nucleo fondamentale, livello essenziale, della funzione giudicante, anche presso le autorità indipendenti. In questa prospettiva, si analizzano gli sviluppi che hanno ricevuto i principali istituti del due process – il contraddittorio tra le parti, diritto di difesa, obbligo di motivazione – per stabilire il grado di sovrapponibilità delle discipline e delle garanzie. 3.1 IL CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI Il primo requisito necessario per valutare l’affidabilità nell’esercizio della funzione in esame è la verifica dell’attuazione del contraddittorio tra le parti, ossia della “possibilità, per tutte le parti interessate, di far conoscere il proprio punto di vista all’organo competente e di prendere conoscenza di tutte le posizioni e di tutti i fatti avanzati dall’altra parte, nonché eventualmente delle dichiarazioni degli esperti” 76. In tal modo si accerta, infatti, la tenuta dei procedimenti svolti presso le autorità indipendenti all’interno degli ordinamenti democratici, dal momento che il rispetto del contraddittorio fa sì che ci sia un avvicinamento esponenziale alle dinamiche tipiche della massima espressione delle garanzie di tutela, il processo. È comune alle tradizioni giuridiche di common e civil law il fatto che le decisioni amministrative di carattere quasi judicial siano assunte seguendo un procedimento che tende ad approssimarsi al paradigma della decisione giurisdizionale 77. È vero, però, che la struttura più snella delle authorities rispetto all’impianto del sistema giurisdizionale comporta una diversa attuazione, più elastica, del principio in esame. 76 Art. 3 della raccomandazione 98/257/CE. Inoltre, art. 2, lettera D, comma 1, lettera b), della raccomandazione 2001/310/CE. 77 Cfr. J. Bell, Administrative procedure in France and England, in L. Torchia (a cura di), Il procedimento amministrativo: profili comparati, Cedam, Padova, 1993, p. 21; S. Battini - B.G. Mattarella - A. Sandulli, Il procedimento, in G. Napolitano (a cura di), Diritto amministrativo comparato, op. cit., pp. 110-118. 153 È pertanto opportuno considerare il fatto che spesso i procedimenti davanti a queste autorità assumono un carattere informale, che si inscrive nella logica della semplificazione delle procedure, intendendo con ciò giungere ad una soluzione più tempestiva delle controversie, senza peraltro diminuire il livello di garanzie. È significativo che autorevole dottrina ritenga il contraddittorio “un principio giuridico generale di carattere costituzionale, che si manifesta ogni qualvolta la funzione svolta sia retta dalla ragione dell’imparzialità” e che “non coincide, di per sé, con il processo”, ma è piuttosto, “prima di tutto, una condizione extraprocessuale del processo medesimo” 78. Il diritto al contraddittorio non deve perciò essere analizzato in maniera meramente formale o pedissequamente giurisdizionale 79, ma deve piuttosto essere compreso quale principio sostanziale nelle dinamiche proprie dei singoli apparati amministrativi. Non si tratta soltanto di garantire la correttezza del giudizio dal punto di vista tecnicoprocessuale, ma si pone invece l’ulteriore obiettivo di tutelare sostanzialmente, fattualmente, i diritti degli interessati80. In particolare, occorre conciliare l’esigenza che il procedimento sia due con quella di offrire alla controversia una soluzione tempestiva, che difficilmente si potrebbe ottenere adottando pedissequamente le medesime regole della procedura giurisdizionale. Non si deve, dunque, identificare nel procedimento una mera duplicazione del processo, ma occorre piuttosto rintracciarvi alcuni indispensabili requisiti, che permettano alle parti di fornire tutti gli elementi per escludere l’arbitrarietà della decisione. In tale ottica, si comprende come il crescente numero di soggetti che possono ricorrere alla sua consultazione abbia indotto il Conseil de la concurrence francese ad accentuare il carattere di contraddittorio nelle proprie procedure 81. Inoltre, sono evidenti le ragioni della 78 F. Benvenuti, Contraddittorio (dir. amm.), voce in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, vol. IX, 1961, p. 739. 79 Non è un caso che la Federal Trade Commission americana (FTC), ricalcando in una complessa procedura di adjudication la disciplina del processo, si sia trovata a dover “sposta[re] progressivamente il focus dell’azione verso le procedure non aggiudicative”, che “costituiscono il complesso dell’implementazione non formale della legge (informal enforcement), basato essenzialmente sulla ricerca di una soluzione consensuale del caso, prima di intraprendere la via del procedimento di aggiudicazione”; G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, op. cit., pp. 158-159. 80 Sulla complessa distinzione individuata dalla dottrina americana tra procedural due process, in quanto garanzia della cd. fairness del giudizio, e substantive due process, quale invece garanzia di formazione giurisprudenziale dei diritti sostanziali di libertà e proprietà, ovvero veicolo per incorporare nella Costituzione certi valori che non sono da questa espressamente protetti. Cfr. V. Varano e V. Barsotti, La tradizione giuridica occidentale, vol. I, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 316-318; D.J. Galligan, Due Process and Fair Procedures. A Study of Administrative Procedures, Clarendon Press, Oxford, 2004, pp. 191-192. Si osservi, inoltre, che quest’ultimo Autore ha riscontrato nella stessa nozione anglosassone di rule of law il duplice significato del due process, ravvisandone i profili sostanziali nel fatto che diritti e libertà possano essere disciplinati soltanto con legge e gli aspetti procedurali nella verifica dell’adeguatezza del procedimento adottato per determinare se un’azione sia giustificata dal diritto. Cfr. D.J. Galligan, ivi, p. 178. 81 Cfr. G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, op. cit., p. 172. 154 preferenza accordata negli U.S.A. alla cd. informal action, subordinata ad alcune garanzie a tutela dei terzi – quali l’adozione da parte delle agencies di procedure autolimitanti il loro potere e sottoposte al controllo giurisdizionale – nonché alla consolidata giurisprudenza in materia di due process, che ne impone il rispetto in presenza di circostanze definite 82. Accade, quindi, che il ricorso a procedimenti informali sia limitato ai casi in cui non si riscontri un’incidenza diretta della decisione sul singolo individuo, ossia egli non risulti “exceptionally affected (..) on individual ground” 83, e l’accertamento dei fatti non sia suscettibile di valutazioni discrezionali, ma sia invece vincolato dalla sussistenza di elementi oggettivi e dipenda al più da giudizi di carattere tecnico. Fondamentale è poi la natura dell’interesse leso, dal momento che qualora vengano in gioco diritti costituzionalmente tutelati, quali la vita, la libertà e la proprietà, di cui al V e XIV emendamento, è necessario seguire le garanzie procedurali minime offerte dalla clausola del due process 84. In tal modo lo spazio concesso alla trattazione informale risulta qualitativamente ridotto e si dimostra funzionale all’accelerazione dell’azione di adjudication, in favore della realizzazione dell’obiettivo di giustizia. Non è un caso che a tale procedimento si ricorra per le transazioni e gli accordi stragiudiziali raggiunti dalle agencies con le imprese che abbiano violato la normativa di settore, sebbene ne sia scaturita la necessità di implementarne il livello di trasparenza e controllabilità da parte di soggetti terzi – in primis dei consumatori – introducendo procedural rules tali da consentire la presentazione di osservazioni sulla proposta di accordo 85. In questa logica, sono i regolamenti procedimentali delle diverse autorità a diventare autonoma fonte, fondamentale per stabilire il grado di approfondimento delle garanzie o, al contrario, il loro carattere sommario. Da un’analisi comparativa delle diverse esperienze nazionali emerge, da questo punto di vista, una certa omogeneità, nel senso che è diffusa la consapevolezza del fatto che la realizzazione del contraddittorio tra le parti sia un diritto imprescindibile. Un notevole contributo in questa direzione è venuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, che lo ha reso un principio generale dell’ordinamento comunitario, da applicarsi ogni qualvolta l’esercizio del potere amministrativo possa pregiudicare i diritti degli amministrati86. 82 Cfr. B. Marchetti, Pubblica amministrazione e Corti negli Stati Uniti, Cedam, Padova, 2005, p. 80. Bi-Metallic Investment Co. V. State Board of Equalization, 239 U.S. 373 (1915). 84 Cfr. B. Marchetti, Pubblica amministrazione e Corti negli Stati Uniti, op. cit., pp. 84-85. 85 Cfr. B. Marchetti, ivi, p. 80. 86 CGCE 23 ottobre 1974, Transocean Marine Paint Association v. Commissione delle Comunità europee, C 17/74, in Racc. 1974, p. 1063; CGCE 21 settembre 1989, Hoechst AG v. Commissione delle Cominità europee, C riunite 46/87 e 227/88, in Racc. 1989, p. 2859; Cfr. A. Massera, I principi generali, in M.P. Chiti - G. Greco (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, Giuffrè, Milano, 2007, pp. 345-347. 83 155 Del resto, è lo stesso sistema di dispute resolution a reclamarlo quale elemento essenziale 87, in quanto strumento per definire in modo corretto i termini della controversia ed adottare corrispondentemente una “giusta” decisione, secondo un concetto presente in nuce in tutti gli ordinamenti di diritto, sebbene poi declinato in vario modo nei diversi sistemi costituzionali. Interessante è, da questo punto di vista, la soluzione contemplata nell’ordinamento spagnolo, dove alle autorità indipendenti chiamate a svolgere la funzione arbitrale si applicano, oltre alla disciplina di settore e ai principi generali del regime giuridico della P.A. 88, le disposizioni previste nella legge sull’arbitrato. Tale rinvio rafforza, quindi, le garanzie pure previste nei singoli regolamenti delle autorità – come ad esempio il RD 1994/1996 della CMT – nel riconoscere il diritto al contraddittorio, all’udienza dei soggetti interessati e la libertà di prova. Allo stesso risultato giunge l’opposta soluzione adottata dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, che ha integrato nel suo seno il sistema dell’arbitrato rituale. Infatti, le controversie di settore tra imprese e stazioni appaltanti vengono affidate alla risoluzione di un vero e proprio collegio arbitrale, istituito però presso la Camera arbitrale per i lavori pubblici, organicamente collegata all’Autorità e preposta non solo a formare e a tenere l’albo degli arbitri, ma anche ad assicurare il funzionamento del collegio giudicante 89. In tal modo si adottano le garanzie proprie del modello arbitrale 90, senza rinunciare parallelamente ad ogni forma di controllo pubblico sullo stesso, garantito in ultima istanza dalla certificazione del lodo arbitrale a cura dell’Autorità stessa 91. Il momento più delicato per la definizione del contraddittorio è l’attribuzione della qualità di parte, conseguente alla comunicazione di avvio del procedimento. In quest’ottica, molto puntuale è il regolamento della Consob che prevede che, qualora non vi abbia già provveduto il ricorrente, sia la stessa Commissione a procedere all’integrazione del contraddittorio attraverso la sua comunicazione ai soggetti “direttamente interessati ed individuabili sulla base dell’atto impugnato”, che nei successivi venti giorni “possono presentare deduzioni e documenti” in qualità di controinteressati92. Si osservi inoltre che lo 87 Tale principio è chiaramente affermato nella raccomandazione del Consiglio d’Europa del 5 settembre 2001, n. 9, quale standard a cui l’organismo non giurisdizionale incaricato della risoluzione delle controversie deve necessariamente conformarsi. In particolare si veda l’art. 3, comma 2, lettera c) della raccomandazione. 88 L. 26 novembre 1992, n. 30, recante “Régimen Jurídico de las Administraciones públicas y del Procedimento Administrativo Común”. Si osservi che alle amministrazioni che non sono espressamente escluse si applica anche la L. 14 aprile 1997, n. 6, recante “Organización y Funcionamento de la Administración General del Estado”. 89 Art. 242 del d. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni, cd. Codice dei contratti pubblici, in cui sono confluiti l’art. 32 della L. 11 febbraio 1994, n. 109 e gli artt. 149-151 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554. 90 Si osservi che il Consiglio di Stato ha uniformato il procedimento di composizione del collegio giudicante a quello tipico dell’arbitrato, dichiarando illegittimo il comma 3 dell’art. 150 del d.P.R. 554/1999 che consentiva della Camera arbitrale di scegliere il terzo arbitro. Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 17 ottobre 2003, n. 6335. 91 Art. 9 del d.m. 2 dicembre 2000, n. 398. 92 Art. 25, comma 3, della delibera 8674 del 17 novembre 1994 e successive modificazioni. 156 stesso regolamento statuisce la facoltà di “chiunque abbia interesse alla contestazione” di intervenire, “entro i termini della fase istruttoria”, fornendo ulteriori elementi di valutazione 93. Tali previsioni, ricalcando la normativa italiana del procedimento amministrativo, paiono accentuare il livello delle garanzie, rendendo il contraddittorio pressoché perfetto, e nel contempo confermano la natura decisamente amministrativa della procedura. Una simile impostazione sconta però il prezzo del quasi inevitabile allungamento dei tempi di decisione che scaturisce dalla loro formalizzazione. Non può non rilevarsi l’ambiguità delle istanze degli interventori, che sebbene esperibili soltanto entro i termini dell’istruttoria rischiano di rallentare se non questa, la fase successiva del procedimento, ossia quella decisoria. È il rovescio della medaglia, che però può non diventare necessariamente un ostacolo all’efficacia del procedimento – che trova il suo maggior pregio essenzialmente nella tempestività – se i termini per l’integrazione del contraddittorio risultano comunque contenuti e sono considerati perentori, ovvero siano tali quelli fissati per l’adozione della decisione. Essendo il rapporto tempi-risultati la scommessa delle procedure in esame, è evidente che la prima relazione da regolare, attraverso un’operazione di bilanciamento, è quella tra garanzie offerte nel procedimento e termini dello stesso, con l’obiettivo di ottimizzare la resa di entrambi i fattori, offrendo le massime garanzie di tutela nel minor tempo possibile. È altrettanto palese la difficile conciliabilità delle due istanze, che conduce a soluzioni di compromesso, quali la definizione di termini certi e ragionevoli per la risoluzione delle controversie e delle essenziali previsioni di tutela nello svolgimento dei procedimenti. 3.2 IL DIRITTO DI DIFESA Il diritto di difesa, espressione del principio dell’audi alteram partem, costituisce l’essenza stessa del giusto procedimento, il suo nucleo duro, come dimostra la connotazione marcatamente difensiva che il concetto di contraddittorio tende ad assumere nella giurisprudenza comunitaria 94. Rappresentando pertanto un momento imprescindibile per la definizione e per la corretta decisione della controversia, i modi attraverso cui esercitare tale diritto costituiscono un profilo fondamentale per determinare le stesse caratteristiche del procedimento ed in particolare il suo grado di flessibilità e la sua capacità di assicurare alle parti l’effettività della tutela. I procedimenti dinanzi alle autorità indipendenti, seguendo la logica di semplicità propria dei ricorsi amministrativi e delle stesse formule alternative di risoluzione delle controversie 93 Art. 25, comma 5, della delibera 8674/1994 e successive modificazioni. CGCE 13 febbraio 1979, Hoffman La Roche, C 85/76, in Racc. 1979, p. 461; CGCE 20 giugno 1985, De Compte, C 141/84, in Racc. 1985, p. 1951; inoltre, a livello internazionale, si veda la risoluzione 31/1977 del Consiglio d’Europa. Cfr. A. Massera, Principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, in Diritto amministrativo, 4/2005, pp. 732-734. 94 157 (ADR), generalmente non prevedono l’obbligatorietà dell’assistenza legale 95, permettendo di superare una parte delle spese poste in capo alle parti nell’accesso alla giustizia. Se una simile scelta è significativa dal punto di vista squisitamente teorico, i fatti tendono però a ridimensionarne la portata. È la spiccata tecnicità delle questioni che vengono sottoposte alle autorità a determinare spesso, ipso facto, la necessità di avvalersi della consulenza di professionisti. Il beneficio è, quindi, apprezzabile nella misura in cui consente al privato cittadino di accedere a procedimenti giustiziali senza dover necessariamente sostenere il costo fisso della difesa legale, a differenza di quanto accade in molti ordinamenti per agire in sede giurisdizionale. L’esercizio del diritto in esame si esplica poi nella duplice forma dell’audizione e della presentazione di memorie scritte, che integrano una fattispecie complessa di contraddittorio, volta a fornire all’amministrazione-arbitro tutti gli elementi per giungere ad una giusta decisione. L’audizione, cd. hearing, rappresenta forse l’istituto più peculiare e significativo di tali procedimenti amministrativi, che più li avvicina allo schema processuale. Se ne trova riscontro nella stessa Carta di Nizza che, considerando la difesa un principio generale dell’ordinamento comunitario, conformemente all’interpretazione datane dalla Corte di giustizia, eleva il diritto ad essere ascoltati a primo requisito necessario per garantire il cd. diritto alla buona amministrazione 96. La massima assimilazione allo standard processualistico si realizza nei procedimenti di formal adjudication negli U.S.A., dove la difesa orale si svolge davanti all’Administrative Law Judge (ALJ), il responsabile del procedimento, cui spetta la decisione finale, al quale vengono presentati tutti gli elementi probatori del caso, che vengono esaminati anche con una cross examination tra le parti. È interessante rilevare come lo status giuridico dell’ALJ abbia conosciuto una significativa evoluzione già all’interno delle agencies dipendenti dall’esecutivo, maturando fino a raggiungere l’attuale condizione di sostanziale separatezza dal vertice politico dell’amministrazione, in funzione della valorizzazione del suo ruolo giudicante 97. In un’analoga direzione si è mossa la Commissione europea, che dal 1982 ha inteso rafforzare le garanzie di difesa del procedimento antitrust introducendo la figura dell’Hearing Officer. Per il suo intervento con esclusivi compiti di vigilanza sulla corretta conduzione dell’audizione, senza la previsione di ulteriori poteri decisori, lo si è reso direttamente responsabile nei confronti del Commissario addetto alla concorrenza, e non verso il direttore generale della DG concorrenza 98. 95 Cfr. artt. 4 e 7 della raccomandazione 1998/257/CE e art. 2, lettera C, comma 4, della raccomandazione 2001/310/CE; contra gli U.S.A., dove per lo svolgimento dei procedimenti formali è richiesta l’assistenza di un avvocato. 96 Art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. 97 Cfr. B. Marchetti, Pubblica amministrazione e corti negli Stati Uniti, op. cit., pp. 76-79. 98 Cfr. decisione della Commissione europea del 23 maggio 2001, relativa al mandato dei consiglieri auditori per taluni procedimenti in materia di concorrenza (2001/462/CE, CECA); cfr. A. Pappalardo, Le autorità antitrust indipendenti. Il caso dell’Italia e del Belgio, in AA. VV., Autorità indipendenti e principi costituzionali, Cedam, Padova, 1999, pp. 61-62. 158 È bene, però, osservare come in altri contesti il momento dell’audizione esca ridimensionato nella sua capacità evocativa di un più pieno modello di difesa, per far spazio alla realizzazione di un contraddittorio scritto, forse più prosaico nei toni, ma comunque efficace nella sostanza. La stessa Commissione europea, nello stabilire l’inderogabilità del contraddittorio, ha ritenuto tuttavia opportuno escludere l’obbligatorietà dell’audizione orale delle parti 99 e lo stesso accade, ad esempio, nei ricorsi al Garante per la protezione dei dati personali, per i quali la partecipazione all’audizione non soltanto è facoltativa, ma spesso sono le stesse parti a rinunciarvi, dovendo sopportarne le spese. Inoltre, qualora si presenti all’audizione soltanto una delle parti, per prassi, ma discrezionalmente, è il Garante a decidere se trasmettere o meno il verbale alla controparte, a meno che questa non ne faccia espressa richiesta. Ciò dimostra come gli elementi probatori siano forniti all’amministrazione decidente preferibilmente in forma scritta, attestando la residualità del momento dell’audizione nell’economia del procedimento. Tra i due estremi presentati si collocano diverse e sfaccettate soluzioni, spesso non classificabili a priori, ma valutabili solo caso per caso. Certo è che valutare la rilevanza accordata al momento della hearing nell’ambito dei procedimenti è determinante per comprendere come vengano effettivamente analizzate le prove dall’amministrazione giudicante. Se nel primo caso, infatti, si presuppone un metodo di raccolta ed elaborazione simile a quello del processo civile, nel secondo è più evidente la somiglianza con la disciplina italiana del giudizio amministrativo, dove il contraddittorio è prevalentemente scritto e diversa è la capacità del giudice di apprezzare gli elementi probatori. Questo accade perché diverso è l’oggetto del contendere, e quindi diversa è la formazione dei magistrati preposti alle diverse giurisdizioni. Nel caso delle autorità indipendenti, data per presupposta l’expertise dei soggetti giudicanti, la prevalenza di una forma di difesa non è tanto da attribuire al tipo di situazioni giuridiche che vengono in evidenza nella controversia, trattandosi di diritti soggettivi, ma piuttosto alla diversa conformazione del procedimento stesso, che di fatto sotto il profilo delle forme di partecipazione tende ad oscillare tra il modello del ricorso amministrativo e quello dell’arbitrato. 3.3 L’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE In quanto provvedimenti di natura amministrativa, le decisioni delle autorità indipendenti devono essere motivate. Il riconoscimento del principio a livello comunitario 100 ne ha 99 Considerando 16 della raccomandazione 98/257/CE. Già il Trattato istitutivo della Comunità europea (TCe) prevede all’art. 253 (ex art. 190) l’obbligo di motivazione degli atti adottati dalla istituzioni comunitarie. La violazione di tale norma, inoltre, determina 100 159 comportato un consolidamento tale da farlo assurgere tra gli stessi requisiti della buona amministrazione, sanciti nella Carta di Nizza. In quest’ottica, la motivazione del provvedimento viene a costituire una delle maggiori garanzie del corretto esercizio della funzione di adjudication da parte delle Autorità indipendenti, rappresentando il momento dell’assunzione delle responsabilità in capo all’amministrazione decidente, in quanto strumento di esternazione del proprio agere di fronte alla collettività e non soltanto alle parti della controversia 101. Scongiurando l’arbitrarietà delle decisioni, infatti, il beneficio è duplice, essendo immediatamente apprezzabile nei confronti dei contendenti, che vedono implementate le proprie capacità di difesa, mentre giova implicitamente alla realizzazione dell’interesse pubblico alla buona amministrazione, ed in primis alla trasparenza dell’azione amministrativa. In tal modo, l’adjudication diventa una fase di controllo ex post della più generale attività regolatoria, poiché attraverso la motivazione si consente l’interpretazione autentica delle regole. Ciò significa ammettere la possibilità che dai diversi casi sottoposti alle autorità si formi una sorta di giurisprudenza che, in assenza di mutamenti nella normativa e nell’interesse pubblico da perseguire, è destinata ad incidere sulle decisioni future della medesima autorità. Non è un caso, ad esempio, che il Garante per la protezione dei dati personali, quando una serie di ricorsi determina un filone nelle decisioni, adotti un provvedimento generale sul tema, in modo da dare forza cogente a ciò che ha statuito nei singoli casi concreti. Il potere regolatorio delle autorità indipendenti si viene così ad arricchire di un metodo case by case, di natura prettamente giudiziaria, capace di tradurre in formule normative procedimenti individuali. Da qui si ricava un’utilità generale per la collettività, che si costruisce sull’aderenza delle misure adottate alla realtà dei casi concreti. Inoltre, l’importanza della motivazione si evince anche da un ulteriore aspetto, connesso alla capacità della decisione di vincolare le parti al suo rispetto. In alcuni casi, infatti, viene riconosciuto valore di titolo esecutivo a quanto disposto dall’Autorità 102, secondo una scelta che rafforza esponenzialmente non solo l’impatto delle deliberazioni delle amministrazioni indipendenti nella definizione della sfera giuridica delle parti nel caso concreto, ma anche il valore che la collettività deve riconoscere al loro ruolo di organi quasi-judicial. Si osservi, infatti, quanto una simile opzione non sia affatto ovvia, dal una violazione del Trattato e delle sue forme sostanziali suscettibile di dar luogo ad un ricorso per impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 230 TCe. 101 Cfr. J. Bell, Administrative procedure in France and England, op. cit., p. 26, che identifica nel “duty to give reasons” l’accountability delle decisioni amministrative. 102 Art. 2, comma 24, lettera b), della L. 14 novembre 1995, n. 481; art. 150, comma 6, del d. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. 160 momento che una forma più consolidata e per certi aspetti raffinata di ADR, l’arbitrato, necessita in Italia dell’omologazione del Tribunale per divenire esecutiva 103. Ciò ribadisce ancora una volta quanto sia necessaria un’adeguata motivazione delle decisioni, di modo che non risultino arbitrarie, aggravando significativamente la condizione giuridica delle parti, e sfiduciando di conseguenza il ricorso a tali forme di risoluzione delle controversie. 3.4 DALL’ADJUDICTION ALL’ADR: NUOVE PROSPETTIVE PER LE AUTORITÀ INDIPENDENTI Il quadro così delineato lascia spazi per identificare nell’attività di risoluzione dei conflitti svolta presso le autorità indipendenti una nuova species del sistema delle Alternative Dispute Resolutions (ADR). Nate nell’area del diritto privato per risolvere in via extragiurisdizionale le controversie insorte tra soggetti privati, il successo del modello ha condotto alla sua esportazione anche nell’area pubblicistica in materia di conflitti tra cittadini ed autorità pubbliche. In particolare, la fortuna di tali procedure è dovuta al sensibile apprezzamento del fattore tempo e dei dati sostanziali della controversia, “che spesso appaiono più rilevanti del dato giuridico applicabile”, nonché all’elasticità delle stesse 104. A tali caratteristiche intrinseche, si aggiunga la causa esogena dell’“access to justice problem” 105, ovvero della cd. crisi della giustizia dovuta all’incapacità delle corti di continuare a garantire la migliore offerta di giustizia essenzialmente in ragione del loro intasamento, posto spesso all’origine della stessa insoddisfazione della domanda: “al fondo vi è l’esigenza, diffusa in tutti gli ordinamenti giuridici, di rispondere in modo efficace e nuovo alla espansione della domanda di giustizia, tipica delle società evolute” 106. Da qui la ricerca di forme alternative di tutela, più rapide, dunque meno costose e più capaci di appagare i quaesita, che però non rinuncino alle basilari garanzie offerte dal tradizionale sistema di giustizia. Fondamentale in proposito è il lavoro svolto dal Consiglio d’Europa, che attraverso lo strumento della raccomandazione ha in più occasioni incoraggiato e disciplinato il ricorso a 103 Art. 825, commi 2 e 3, del codice di procedura civile (c.p.c.). M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla giurisdizione, in M. P. Chiti, Mutazioni del diritto pubblico nello spazio giuridico europeo, CLUEB, Bologna, 2003, p. 124. 105 C. Harlow - R. Rawlings, Law and Administration, Butterworths, London, 1997, p. 391. 106 M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla giurisdizione, op. cit., p. 124. 104 161 forme di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione 107. Da ultimo, un forte incentivo è venuto dalla raccomandazione 9/2001 108, che razionalizza l’utilizzo delle ADR tra autorità pubbliche e cittadini. In particolare, tale atto pone tra i caratteri inderogabili degli strumenti alternativi alla giurisdizione alcuni principi che costituiscono il nucleo essenziale per una corretta definizione della controversia, quali l’indipendenza e l’imparzialità del soggetto giudicante, il rispetto del giusto procedimento e dell’uguaglianza tra le parti, la garanzia della trasparenza, l’assicurazione dell’esecuzione della decisione raggiunta, nonché la ragionevole durata del procedimento 109. Se la raccomandazione in esame si concentra sulle tradizionali tipologie di ADR, quali il reclamo, la conciliazione, la mediazione, la transazione e l’arbitrato, non è però da escludere che anche altre forme di giustizia possano essere implementate seguendo tali garanzie standard. In tale ottica il modello ADR si configura quindi come un sistema aperto, suscettibile di aggiornamenti in relazione alle caratteristiche dei soggetti coinvolti e della controversia. Non a caso il principio dell’adeguatezza dello strumento ADR alle circostanze concrete è il leitmotiv che percorre l’intera raccomandazione in esame 110, assurgendo a condizione imprescindibile per assicurare lo stesso successo del procedimento e dunque la sua capacità di sostituirsi al ricorso giurisdizionale. Adottando una lettura più ampia dell’appropriatezza dell’ADR al contesto, si può giungere a considerare tale la stessa attività di adjudication svolta presso alcune autorità indipendenti per la peculiarità dell’oggetto. Si è visto, infatti, come i procedimenti di risoluzione dei conflitti si richiamino ai medesimi principi stabiliti per le tradizionali ADR, ovvero tentino come queste di soddisfare l’obiettivo giustizia adottando strumenti e garanzie in grado di assicurare una corretta formazione della decisione finale. Un simile prospettiva permette di compiere un netto salto di qualità nel giudicare la natura dell’attività svolta presso le autorità indipendenti. Aderire alla tesi dell’ADR significa nei fatti conferire a tali amministrazioni un significato ulteriore nell’economia del sistema statale, rendendole espressione non soltanto di un nuovo metodo di amministrare conseguente alla frammentazione del concetto di interesse pubblico, ma anche di un nuovo modo di soddisfare la domanda di giustizia. Di 107 Raccomandazione 7/1981 sulle misure per agevolare l’accesso alla giustizia, che in appendice incentivano l’utilizzo della conciliazione e della mediazione; raccomandazione 12/1986 concernente le misure per prevenire e ridurre l’eccessivo sovraccarico delle corti, che incentiva, in alcuni specifici casi, il ricorso a transazioni sia extragiudiziali che precedenti o in concomitanza dei procedimenti legali. 108 Raccomandazione 5 settembre 2001, n. 9, del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sulle alternative ai conflitti tra autorità amministrative e privati. 109 Punto I.3, “Regulating alternative means”, dell’appendice alla raccomandazione 9/2001. 110 Punti 6 e 9 della raccomandazione del Consiglio d’Europa 9/2001 e punti I.2, I.3 e III dell’appendice alla medesima raccomandazione. 162 conseguenza, l’esercizio di una simile funzione, seppur in forma extragiudiziale, rende tali autorità indirettamente parti del sistema giustizia, senza modificarne la natura di amministrazioni. Questo appare l’estremo limite cui può spingersi la valutazione dell’attività delle autorità indipendenti, pena una degradante confusione con il potere giudiziario che non ne innoverebbe la sostanza, ma finirebbe piuttosto con l’avvilire la natura e le caratteristiche di quest’ultimo. Queste sono quindi le colonne d’Ercole delle amministrazioni indipendenti: oltre non l’oceano, ma il caos. Parte IV L’indice di successo del modello giustiziale: il ricorso giurisdizionale Esito delle procedure di ADR in esame è una decisione amministrativa, non una sentenza. Questa significativa distinzione è di preliminare rilevanza non soltanto per definire lo stato dei rapporti giuridici tra le parti, ma anche per valutare l’impatto che la stessa ha nell’ordinamento generale. Infatti, tale natura provvedimentale si caratterizza in minus rispetto al grado di certezza e pienezza di tutela che può essere offerto alle parti da una pronuncia giurisdizionale, o anche di arbitrato, ed è per questo motivo che in Gran Bretagna si è avvertita la necessità di conferire a tali decisioni efficacia pari a quella delle sentenze delle corti inferiori (cd. county courts) 111. Diverso è il caso delle ADR presso la CMT spagnola, per le quali la previsione di un carattere equivalente all’arbitrato comporta l’attribuzione al lodo dei suoi stessi effetti giuridici. La natura amministrativa determina, invece, la possibilità di ricorrere in sede giudiziaria avverso simili statuizioni dell’amministrazione, secondo la tradizionale logica degli ordinamenti afferenti allo Stato di diritto, e nel contempo garantisce all’interessato tutela piena ed effettiva 112. In questa prospettiva acquista significato l’alternatività di tali procedimenti, dal momento che qualora non soddisfino le esigenze delle parti non ne pregiudicano la facoltà di agire in sede processuale. Tali necessarie previsioni a salvaguardia dei diritti fondamentali non diminuiscono né oscurano il valore di queste particolari forme di ADR, ma anzi ne rafforzano in primo 111 Cfr. P. Chirulli, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (l. 14 novembre 1995, n. 481), Commento all'art. 2 (Istituzione delle Autorità per i servizi di pubblica utilità), comma 24 lett. b (Pt. I), in Le nuove leggi civili commentate, 2-3/1998, p. 388. 112 Cfr. M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla giurisdizione, op. cit., p. 121, in cui l’Autore osserva come l’esperimento di procedure ADR non precluda la tutela giurisdizionale “tanto per espressa garanzia costituzionale del diritto al giudice, quanto per sicuro portato di principi generali quali, nei paesi di common law, il due process o il rule of law”. 163 luogo l’utilizzo, riducendo il rischio corso dagli interessati in caso di una pronuncia sfavorevole ed aumentando parallelamente le opportunità di tutelare i propri interessi. Nello stesso tempo, però, l’expertise che circonda e nutre tali procedure tende ad attestarle quali sede non tanto alternativa, bensì appropriata per la risoluzione delle controversie 113. In tal senso è emblematica la posizione già assunta dalla dottrina spagnola sull’opportunità di istituire l’Agencia de protección de datos, dal momento che identificava nella preposizione di un organo non giurisdizionale la garanzia di una tutela tempestiva e tecnicamente qualificata del diritto alla privacy, in grado di sostituirsi efficacemente alle costose decisioni dei Tribunali 114. Un forte contributo è venuto anche dalla Comunità europea, che ne ha incentivato il riconoscimento come sedi più adeguate a garantire i diritti in settori tecnicamente avanzati e pertanto capaci di offrire una tutela “non già alternativ[a] alla giurisdizione ma complementare e quindi ulteriore rispetto ad essa” 115. Ciò determina un duplice ordine di conseguenze. In primo luogo, si assiste per tale via ad un’implementazione delle policies, che si inquadrano nella mission delle autorità indipendenti, attraverso una forma di controllo puntuale a posteriori sul rispetto delle rules precedentemente poste. Parallelamente si verifica un arretramento del sindacato del giudice che, non godendo degli stessi strumenti e delle medesime competenze delle authorities, si ritrova di fatto in una posizione di controllo meno privilegiata. Si rivela, quindi, estremamente necessario completare l’analisi con un’ulteriore riflessione, volta a comprendere il grado di integrazione nel sistema di tali forme di risoluzione delle controversie. Occorre, cioè, capire quanta fiducia si intenda accordare al modello esaminato, considerando il rapporto che intercorre nei diversi ordinamenti tra il paradigma giustiziale e il diritto di ricorrere in sede giurisdizionale. Pare, infatti, che a seconda della collocazione che viene data al ricorso dinanzi alle autorità indipendenti in seno ai presupposti del ricorso in via giurisdizionale si delinei una diversa valenza e configurazione dell’istituto esaminato nell’ambito dell’ordinamento. In questa prospettiva, si intendono analizzare le diverse relazioni di alternatività, di reciproca indipendenza, passando per il caso della cd. giurisdizione condizionata, che intercorrano tra il ricorso all’amministrazione e al giudice, per tracciare una scala nelle garanzie offerte dal modello. Questa riflessione potrebbe per certi aspetti rilevarsi forviante, per il fatto che intende trarre conclusioni definitive sul successo di un modello da una circostanza – il rapporto con il ricorso giurisdizionale – che può dipendere da più 113 Cfr. S. De Felice, Le ADR (alternative dispute resolution) nei confronti della pubblica amministrazione, relazione presentata al Convegno di Studi “Risoluzione stragiudiziale delle controversie e gestione d’impresa: nuove prospettive per la conciliazione e l’arbitrato in materia societaria”, 25 settembre 2004, in http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/defelice_adr.htm, p. 8. 114 Cfr. V.P. Lucas Murillo, El derecho a la autodeterminación informativa, Madrid, 1990, p. 140; M. Heredero Higueras, La Ley organica 5/92 reguladora del Tratamiento automatizado de datos personales, in Informatica Judicial y protección de datos personales, Gobierno Vasco, Departamento de Justicia, Vitoria, 1994, p. 67. 115 S. Sticchi Damiani, Le forme di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione. Disciplina vigente e prospettive di misurazione statistica – Le iniziative comunitarie e del Consiglio d’Europa, op. cit., p. 745. 164 complesse dinamiche del sistema e non essere perciò univocamente interpretabile. Tenendo presenti i limiti che la semplificazione comporta, si può però tentare una prima classificazione dei procedimenti di ricorso secondo questa logica, che pur non essendo completamente esatta è però in grado di fornire con buona approssimazione il quadro ordinamentale su cui si innestano i ricorsi alle autorità indipendenti. 4.1 IL RAPPORTO DI ALTERNATIVITÀ Questa relazione, sancendo il principio per cui electa una via non datur recursus ad alteram, determina la forma più raffinata di surrogazione dell’ADR al tradizionale ricorso in sede giurisdizionale, in quanto capace di rendere realmente alternativo il rimedio stragiudiziale. Ne offrono un chiaro esempio le previsioni di tutela dinanzi al Garante per la protezione dei dati personali, che stabiliscono il carattere esclusivo della scelta di ricorrere a tale Autorità, pena l’improponibilità della stessa istanza 116. Ciò significa rendere incompatibile l’esperimento di un’azione giudiziaria con la presentazione della medesima domanda al Garante, senza pregiudicare con ciò la successiva facoltà di richiedere un intervento del giudice in sede di opposizione al provvedimento adottato dall’Authority 117. Una simile soluzione dimostra la viva fiducia del legislatore nella capacità del Garante di conciliare con soddisfazione delle parti le eventuali controversie in materia di privacy, riconoscendo l’amministrazione indipendente quale sede naturale della loro risoluzione. Tale scelta è forse dovuta anche ad un meno nobile, ma comunque rilevante, motivo di economia giudiziaria, ossia al fatto che è il giudice ordinario ad essere preposto alla definizione del contenzioso in materia di privacy. L’opzione dell’alternatività si configura quindi anche come l’esito di un più ampio tentativo di alleggerire il carico di lavoro della magistratura, eliminando almeno parzialmente dal suo esame un’intera categoria di contenzioso, pur continuando ad assicurare il diritto costituzionalmente sancito alla tutela giurisdizionale. In tal modo però l’ADR viene a svolgere realmente la funzione per la quale è prevista e a funzionare come catalizzatore delle istanze di conflitto, senza incorrere parallelamente nel rischio di una privatizzazione della giustizia, dal momento che il soggetto arbitro rimane pubblico. Induce però a riflettere la scelta di rimettere l’opzione per l’alternatività esclusivamente nelle mani dell’interessato, escludendo così i controinteressati, ovvero i titolari o i responsabili del trattamento dei dati personali, dalla possibilità di eleggere la via giurisdizionale 118. 116 Art. 145 del d. Lgs. 196/2003. Art. 151 del d. Lgs. 196/2003. 118 Cfr. F. Garri, Ricorsi, in AA. VV., Codice della privacy, Tomo II, Giuffrè, Milano, 2004, pp. 1809-1813. 117 165 Tale previsione, infatti, non tutela il diritto dei controinteressati all’azione giurisdizionale, come invece viene garantito in un altro procedimento alternativo, il ricorso straordinario al capo dello Stato. In questo caso, l’impugnazione di un provvedimento amministrativo è possibile di fronte al Presidente della Repubblica entro centoventi giorni dalla sua emanazione 119, ovvero fino a sessanta giorni dopo la scadenza del termine per intraprendere il ricorso giurisdizionale di fronte al TAR competente. Risalendo alla tradizione del ricorso al monarca, quale sovrano illuminato che può rimediare ai torti commessi dai suoi uffici, tale rimedio è stato ritenuto costituzionalmente compatibile dalla Corte costituzionale per il fatto di presentare le garanzie minime tipiche del processo, oltre ad essere facoltativo 120. In particolare, appare rispettato il principio della terzietà del giudice, dal momento che il Consiglio di Stato è chiamato ad esprimere un parere relativamente vincolante 121, nonché quello del contraddittorio tra le parti. A tale proposito, a tutela dei controinteressati si prevede che questi possano entro sessanta giorni chiedere la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale 122. Una simile garanzia non è contemplata nel ricorso al Garante, ma una possibile ragione di tale scelta è forse da rintracciare nella natura della pronuncia e quindi nei rimedi esperibili nei suoi confronti. Infatti, se pure resta piuttosto controversa la collocazione giurisdizionale del ricorso straordinario, questo è possibile solo per questioni di legittimità del provvedimento amministrativo e non è ammessa una successiva impugnazione nel merito del d.P.R. con cui è adottata la decisione 123. Il ricorso nel merito al Garante, invece, non preclude una successiva azione giudiziaria di impugnazione del provvedimento amministrativo disposto dall’Autorità. 119 Art. 9 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199. Sentenza Corte costituzionale 2 luglio 1966, n. 78. 121 Artt. 11, 12, 13 e 14 del d.P.R. 1199/1971. In particolare il parere del Consiglio di Stato risulta vincolante solo in maniera relativa, in quanto superabile da una deliberazione in senso difforme del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente. In tal modo l’art. 14 permette di spostare la questione dal piano amministrativo-contenzioso al livello politico. 122 Cfr. art. 9, commi 2, 4 e 5 del d.P.R. 1199/1971 relativamente al contraddittorio e alla sua integrazione e art. 10 per quanto riguarda l’opposizione dei controinteressati. 123 Sull’ammissibilità del ricorso solo per motivi di legittimità, cfr. art. 8 del d.P.R. 1199/1971. Sulla successiva impugnazione della decisione adottata, cfr. art. 15 del d.P.R. 1199/1971 che consente il ricorso per revocazione, nonché art. 10, comma 3, che prevede che il mancato esercizio da parte dei controinteressati della facoltà di trasferire il ricorso in sede giurisdizionale preclude l’impugnazione della stessa dinanzi al Consiglio di Stato, salvo che per vizi di forma o del procedimento. Si osservi che il Consiglio di Stato ha sostenuto la tesi dell’assimilazione della pronuncia del ricorso straordinario alla decisione giurisdizionale, prospettandone l’esecuzione con il giudizio di ottemperanza (sentenza Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6695). Quest’impostazione è stata però respinta dalla Corte di Cassazione, secondo la quale le garanzie previste nel procedimento non mutano la natura amministrativa del decreto (sentenza Corte di Cassazione, S.U.,18 dicembre 2001, n. 15978). 120 166 In tale ottica, la valutazione di rimettere l’opzione per alternatività in capo al solo soggetto interessato non sacrifica ex se i diritti dei terzi, ma ne rinvia soltanto il momento del loro esercizio. 4.2 LA GIURISDIZIONE CONDIZIONATA Con questo tipo di relazione si sancisce di fatto la funzione di filtro che la via amministrativa può svolgere rispetto a quella giurisdizionale, scremando le questioni ed offrendo una più rapida tutela ai diritti. Una simile soluzione ha trovato la sua prima applicazione logica nei tradizionali ricorsi amministrativi, ossia in quei procedimenti di secondo grado in cui si combina l’interesse del singolo a vedere tutelata la propria situazione soggettiva contro gli atti amministrativi con quello della P.A. a riesaminarli nel proprio seno, da una posizione privilegiata. La scelta a favore della propedeuticità della via amministrativa rispetto alla facoltà di esperire un ricorso giurisdizionale ha trovato una differente accoglienza all’interno dei vari ordinamenti, dimostrando come non esista una regola generale, ma ci siano piuttosto diversi modi di interpretare il rapporto tra amministrazione e giurisdizione. Emblematico è da questo punto di vista il confronto tra le soluzioni offerte in merito da Francia e Italia, dal momento che hanno dimostrato di attribuire un opposto valore alla cd. giurisdizione condizionata, pur appartenendo alla medesima cultura di civil law e pur perseguendo il medesimo obiettivo di effettività della tutela. Infatti, nonostante i due ricorsi rimangano giuridicamente indipendenti e separati, la legislazione francese tende ad incentivare l’obbligatorietà del previo esperimento della via amministrativa nel tentativo di prevenire e limitare il contenzioso giurisdizionale. In Italia, invece, la stessa Corte costituzionale ha trattato con severità le disposizioni volte a limitare l’immediatezza dell’azione giudiziaria 124, ravvisando in questa la migliore forma di tutela. Sintomatica è una recente ordinanza della Corte costituzionale riguardante la legittimità dell’art. 1, comma 11, della Legge 249/1997 e degli artt. 3, 4, e 12 della deliberazione dell’Agcom 182/02/CONS nella parte in cui prevedono obbligatoriamente l’esperimento del tentativo di conciliazione dinanzi al Comitato regionale per le comunicazioni territorialmente competente (CO.RE.COM.) prima di poter intentare l’azione giurisdizionale 125. Pur non affrontando il merito della questione – e quindi non esprimendosi sulla eventuale violazione dei principi di uguaglianza (art. 3 Cost.), di difesa (art. 24 Cost.) e del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.) – la Corte 124 Sull’indirizzo maturato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale a partire dalla fine degli anni ’80, cfr. in particolare Corte Cost. 11 dicembre 1989, n. 530. Inoltre, cfr. Corte Cost. 22 aprile 1997, n. 113, in cui si riconosce la legittimità della giurisdizione condizionata nell’ordinamento militare, data la specificità dello stesso. 125 Ordinanza Corte costituzionale 24 marzo 2006, n. 125. 167 sembra sposare la tesi sostenuta dalla difesa erariale di interpretare le norme in esame in modo conforme a Costituzione, leggendo il tentativo obbligatorio di conciliazione quale “condizione di mera procedibilità dell’azione” e non, dunque, di ammissibilità della stessa. Un significativo esempio della profonda divergenza tra i due ordinamenti è offerto dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. Pur avendo le medesime funzioni e, dopo le recenti modifiche introdotte in Italia dalla L. 15/2005 sul procedimento amministrativo, condividendo anche gli stessi poteri, la Commission d'Accés aux documents admistrativfs francese (CADA) continua a vantare un quid pluris nelle proprie attribuzioni, rappresentato dal carattere obbligatorio del suo ricorso. Questa, infatti, si trova ad operare in un ordinamento che ritiene di poter offrire un più alto grado di soddisfazione al cittadino nell’esercizio del diritto di accesso attraverso una tutela di carattere non giurisdizionale, la cui rapidità, supportata dall'autorevolezza del controllore, meglio risponde all'obiettivo di garantire effettività al diritto. La scelta italiana di rendere soltanto facoltativo tale ricorso sembra dimostrare invece che il primato del rimedio giurisdizionale nelle controversie tra privati e P.A. non è tramontato, o quantomeno si attesta ancora come la soluzione più garantista. Queste riflessioni acquistano una nuova dimensione in riferimento allo schema delle ADR, dal momento che la diversa posizione dell’amministrazione nel procedimento e la stessa logica del sistema tendono ad incentivarne la preferenza rispetto alle tradizionali – e comunque assicurate – forme di tutela giurisdizionale. Subordinare quest’ultima al previo esperimento della via conciliativa significa dunque riconoscere il ruolo deterrente dello strumento di risoluzione alternativa dei conflitti. A tale proposito pare significativa la scelta compiuta dall’ordinamento italiano in materia di controversie nel settore delle comunicazioni elettroniche. Infatti, nell’istituire l’Agcom la si è elevata a sede in cui esperire un tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie tra operatori o tra questi e gli utenti, da concludersi entro trenta giorni126, incentivando così la finalità dell’ADR. La diffidenza italiana per i casi di giurisdizione condizionata, rectius la maggior fiducia nelle garanzie offerte dalla tutela giurisdizionale, riaffiora nella contestuale definizione di termini relativamente brevi, che intendono evitare di arrecare un maggior pregiudizio ai diritti dell’interessato. Con l’adozione del Codice del 2003 non sembra però rinnovarsi tale fiducia nel sistema, dal momento che nella risoluzione delle controversie tra imprese si rende l’assunzione della decisione da parte dell’Agcom cedevole rispetto all’intervento di altre forme di risoluzione della controversia entro i termini stabiliti per la sua pronuncia 127, non ammettendo più in questo modo non soltanto il rapporto di subordinazione del ricorso giurisdizionale a quello amministrativo, ma anche la preminenza dell’accordo davanti all’autorità rispetto ad altre forme di transazione. Nella normativa di settore rimane quindi incompiuto il bilanciamento dell’interesse collettivo al funzionamento dell’ADR come 126 127 Art. 11 della L. 31 luglio 1997, n. 249. Art. 23 del d. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259. 168 strumento di deflazione dei conflitti e controllo ex post della regolazione di settore con quello individuale alla tutela dei propri interessi. Un’ulteriore forma di giurisdizione condizionata è stata definita in relazione ai ricorsi davanti all’Autorità italiana per l’energia elettrica e il gas (AEEG), per i quali fino alla scadenza dei termini per la loro presentazione è sospesa la facoltà di ricorrere in sede giurisdizionale 128. Si tratta di una fattispecie surrogatoria “imperfetta” 129, ma che attraverso lo strumento dell’improcedibilità testimonia l’intenzione di accordare precedenza a tali rimedi, facendo comunque salva la possibilità di scegliere la via giurisdizionale. Nei fatti, però, questa volontà è mancata, non essendo mai stato emanato il regolamento governativo volto a definire criteri, condizioni, termini e modalità per l’esperimento di tali procedure paragiurisdizionali e lasciando così la disciplina in esame inattuata. È di tutta evidenza come in questa oscillazione sclerotica tra la scelta della giurisdizione condizionata e il suo rifiuto a soffrirne è la coerenza del sistema. 4.3 LA RELAZIONE DI RECIPROCA INDIPENDENZA Questo rapporto tra decisione amministrativa e pronuncia giudiziaria può dare origine a due fattispecie logicamente opposte, che sono potenzialmente in grado di rappresentare la massima fiducia nel sistema quasi-judicial delle autorità indipendenti oppure la minima assimilazione delle sue dinamiche all’interno degli ordinamenti . La prima soluzione si realizza attraverso l’attribuzione a tali provvedimenti di un’efficacia pari a quella di una pronuncia giurisdizionale: è il caso della Gran Bretagna, dove le decisioni di tipo ADR delle autorità di regolazione sono equiparate alle sentenze delle county courts. Similmente accade in Spagna e in Italia in tema di lavori pubblici, dove è però la stessa adozione dello schema dell’arbitrato ad imporre la rinuncia alla giurisdizione, in quanto strumento alternativo ed equivalente al processo 130. L’estremo opposto si verifica quando la competenza paragiurisdizionale delle autorità indipendenti non è generale e suscettibile di assicurare ogni forma di tutela, ma esclude consapevolmente alcuni aspetti, che rimangono nella cognizione del giudice per il principio di completezza dell’ordinamento. Questo dimostra una certa prudenza del sistema nei confronti di tali organi amministrativi, non essendo loro permesso di sostituire in maniera piena il proprio sindacato a quello 128 Art. 2, comma 24, della L. 481/1995. P. Chirulli, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (l. 14 novembre 1995, n. 481), op. cit., p. 390. 130 Cfr. sentenze del Tribunal Constituciónal 15/1989, 62/1991 e 174/1995, dove si è stabilito che l’arbitrato è uno strumento “equivalente” alla giurisdizione, con cui “le parti possono ottenere gli stessi obiettivi che con la giurisdizione civile; (..) con tutti gli effetti della cosa giudicata”. 129 169 esercitato in sede giurisdizionale. Se ne ha un chiaro esempio in materia di risarcimento del danno, che rimane esclusa dall’ambito di competenza delle autorità indipendenti, come nel caso dello stesso Garante della privacy 131 o dell’Autorità antitrust. La capacità di tale funzione di qualificare l’attività di dispensare giustizia, infatti, fa sì che il suo esercizio venga limitato al corpus della magistratura. L’apprezzamento di tale logica è particolarmente evidente nell’ordinamento italiano, in cui il dualismo della giurisdizione riserva tale facoltà al giudice ordinario, a meno di circoscritti casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ciò è sintomo di attenzione alle caratteristiche della funzione giudiziaria. Infatti, se il giudice amministrativo è tradizionalmente chiamato a sindacare gli atti della P.A., quello ordinario è invece preposto alla tutela dei diritti dei singoli, e dunque naturalmente deputato a soddisfare le richieste di risarcimento dei danni. A tale proposito è interessante il caso dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la cui legge istitutiva prevede il ricorso alle Corti d’Appello per le azioni di nullità, di risarcimento del danno e per i provvedimenti d’urgenza, mentre attribuisce giurisdizione esclusiva al TAR Lazio sui provvedimenti dell’autorità 132. Ciò costituisce un’ulteriore prova del fatto che l’attribuzione del compito di ADR è strettamente funzionale all’espletamento della mission affidata alle autorità e non assurge invece ad una più ampia potestà generale di offrire giustizia. Rimane dunque una competenza essenzialmente di natura amministrativa, in conformità alla quale sono tutelati i diritti delle parti. Il sistema delle garanzie si dimostra quindi border-line tra la forma propria dei diritti soggettivi e quella tipica degli interessi legittimi, dal momento che pur trattandosi dei primi il contesto applicativo si avvicina molto a quello dei secondi. 4.4. UNA CHIAVE DI LETTURA Il quadro così tracciato dimostra come il rapporto tra funzione giustiziale e funzione giurisdizionale sia il riflesso della più ampia relazione tra funzione amministrativa e giudiziaria nei diversi ordinamenti, ovvero del modo di concepire l’equilibrio tra i diversi poteri statali. Ciò significa che le garanzie di tutela offerte al cittadino variano a seconda della cultura giudica del sistema di riferimento. 131 132 Art. 152, comma 12, del d. Lgs. 196/2003. Art. 33 della L. 10 ottobre 1990, n. 287. 170 L’impressione generale che si può ricavare è che nessun ordinamento intenda sostituire la tutela amministrativa a quella giurisdizionale, che continua a rappresentare in ogni sistema la più alta forma di garanzia dei diritti dei singo li. L’operazione in esame è invece di segno opposto, ovvero l’obiettivo dell’attribuzione della funzione di ADR alle autorità indipendenti non è tanto quello di surrogare in via definitiva il ricorso giurisdizionale, quanto di individuare forme di tutela anche amministrativa per alcuni diritti o interessi. La classificazione proposta si deve quindi interpretare come un indice della capacità conciliativa dell’amministrazione, più che del fallimento del sistema giudiziario. Il confronto tra giurisdizione ed amministrazione consente pertanto di riflettere sulla funzione che svolgono le amministrazioni indipendenti in seno all’ordinamento ed in particolare sul livello di affidabilità che offrono nel tutelare i diritti. Se, infatti, il giudice continua a rappresentare la garanzia ultima e necessaria, la previsione di rimedi amministrativi del genere ADR è il frutto della concezione dell’amministrazione come Leistungs, ossia come apparato preposto alla prestazione di servizi per la collettività. L’integrazione più o meno netta di tali procedimenti dipende pertanto dal grado di penetrazione dell’organizzazione amministrativa di tipo indipendente nei diversi sistemi e settori politico-amministrativi. In quest’ottica le autorità garanti non assurgono a quarto potere, né tanto meno a nuovi detentori del potere giudiziario, ma recuperano invece la loro natura di soggetti amministrativi ai quali è affidata una forma rafforzata di tutela e vigilanza. Se ne trova conferma nella decisione della Corte di Cassazione di riconoscere la legittimazione dell’autorità garante per la protezione dei dati personali a partecipare al processo di impugnazione dei suoi provvedimenti133. Infatti, rifiutando la tesi del Tribunale di Roma, secondo la quale il Garante sarebbe un giudice neutrale operante in una posizione di terzietà, la Cassazione ha escluso l’esistenza di un tetium genus tra amministrazione e giurisdizione, ossia della cd. paragiurisdizionalità. Tale figura, infatti, è assente nel sistema costituzionale – che invece conosce e disciplina l’attività amministrativa ex art. 97 Cost. e quella giudiziaria ex art. 111 Cost – “ma piuttosto con l’uso di tale termine descrittivo si suole diffusamente indicare organi pubblici dotati di poteri la cui collocazione ha suscitato dubbi” 134. Il riconoscimento della legittimazione dell’Authority a costituirsi parte nel giudizio di opposizione ai suoi provvedimenti ha determinato pertanto un duplice ordine di conseguenze, poiché non soltanto si è statuito che le sue decisioni non 133 Sentenza Corte di Cassazione, Sez. I civile, 20 maggio 2002, n. 7341. Cfr. M. De Benedetto, Intorno alla pretesa terzietà delle autorità indipendenti, in Giornale di diritto amministrativo, 11/2002, pp. 1185-1190. 134 Sentenza Corte di Cassazione, 7341/2002, punto 2c dei “motivi della decisione”. 171 assurgono alla definitività del giudicato, ma più in generale si è affermato che la sua funzione rimane di rango prettamente amministrativo. CONCLUSIONI L’analisi della funzione giustiziale svolta dalle autorità indipendenti mette a nudo l’affinità esistente tra l’attività amministrativa e quella giudiziaria, essendo entrambe volte a perseguire una corretta applicazione della legge, ma ne conferma nel contempo la permanente distinzione . Infatti, la competenza alla risoluzione delle controversie non configura un compito di amministrazione attiva, né di revisione di propri provvedimenti, ossia di secondo grado, ma tende piuttosto a collocare tali autorità in una posizione di neutralità rispetto agli interessi delle parti135. Nel contempo, però, la cura del bene pubblico, la cd. mission, a cui sono istituzionalmente preposte le authorities, non retrocede, ma rimane orizzonte da implementare dando adeguata soluzione agli eventuali conflitti. Pertanto, si potrebbe quasi considerare l’attività in esame come di terzo grado, ossia quale ulteriore livello a cui esercitare la funzione amministrativa. Ciò che consente una scelta di questo genere è senza dubbio il vello dell’expertise, che connota di affidabilità il giudizio vincolante di soggetti non giurisdizionali e privi del fondamentale requisito della terzietà. Si pone, quindi, il problema dell’accountability di queste autorità, sottratte al circuito democratico in nome dell’introduzione della tecnocrazia, laddove era controllo della politica. La tendenza alla neutralizzazione di funzioni geneticamente non neutre e l’attribuzione a tali corpi di ulteriori compiti tipicamente neutrali denunciano un’operazione di de-responsabilizzazione degli organi tradizionalmente preposti al loro esercizio, a favore di un “quarto potere senza guida”, 136 ossia di strutture apparentemente irresponsabili e non rappresentative. Ciò che può sembrare un vero e proprio sacco della democrazia è in realtà l’esito di un più vasto processo di frammentazione del potere statale e prova di una nuova fase nell’evoluzione dello Stato di diritto, che non riesce più ad esplicare il proprio contenuto democratico soltanto nel principio della rappresentanza, ma deve sostenerlo con nuovi strumenti catalizzatori del consenso. Non dimostrandosi la sola struttura partitica più in grado di aggregare le domande della società, queste sono rivolte altrove, alla burocrazia che, nell’attuare (non soltanto 135 M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla giurisdizione, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2000, p. 13. 136 La definizione emerge dal rapporto del Brownlow Committee, così chiamato dal nome del suo presidente, istituito nel 1936 dal Presidente degli U.S.A. F. D. Roosevelt. Cfr. S. Cassese, Modern kings-non elected bodies in modern democracies, op. cit., p. 9. 172 nell’eseguire) le decisioni politiche, diviene la sede di mediazione degli interessi confliggenti, e dunque il vero centro del potere. Ciò non significa che le istituzioni rappresentative debbano rinunciare al proprio ruolo, ma solo che per rilanciarlo non possono non tener conto delle trasformazioni che hanno informato il tradizionale funzionamento della struttura statale, ed in particolare del fatto che l’amministrazione è diventata il nuovo centro polimorfo della mediazione degli interessi. La garanzia nella corretta allocazione delle risorse è quindi nel procedimento, che rende pubblico ed imparziale il processo decisionale. Tali considerazioni acquistano un particolare significato nella logica della difesa in giudizio, tipica dello Stato di diritto. Il quadro tracciato permette di trarre alcune generali conclusioni sullo stato della tutela giustiziale, verificando quale sia attualmente il suo grado di attendibilità e quali invece i suoi limiti. Il vincolo principale è insito proprio nella loro natura amministrativa, che impronta l’intera attività, senza possibilità di emancipazione. Ciò permette di aggirare il rischio di una privatizzazione della giustizia che, annidandosi nella diffusione delle ADR, è all’origine di fenomeni distorsivi che ne compromettono lo stesso significato, quali l’imparzialità del soggetto giudicante, la trasparenza del procedimento e il sensibile aumento dei costi. Se la natura pubblica delle autorità indipendenti non permette di giungere a simili livelli di degenerazione – sebbene la corruzione dei pubblici poteri possa rappresentare un elemento altrettanto rilevante per il corretto esercizio della funzione giudicante – si pone nondimeno un problema per quanto riguarda il profilo della funzionalizzazione all’attività amministrativa. Le forme di tutela procedimentali devono perciò potersi realizzare nel massimo grado auspicabile, per assurgere a strumento di tutela dal provvedimento ed elevare così il procedimento al ruolo di antidoto alla costitutiva mancanza delle garanzie che assistono il giudice. Il due process diviene, quindi, lo strumento per soddisfare il bisogno di “legittimità procedurale” 137, surrogando l’estraneità al circuito della rappresentanza elettorale di strutture che si possono considerare “dei veri e propri centri di definizione delle politiche pubbliche” 138. 137 L’espressione di J. Habermas è richiamata da N. Longobardi, Il Conseil d’État e le Autorità amministrative indipendenti, in Consiglio di Stato, 31/2002, pt. II, p. 473. 138 G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, op. cit., p. 159. 173 I principi con cui agisce l’amministrazione rappresentano pertanto l’attuale concezione della democrazia e ne costituiscono l’essenza. Il problema dell’accountability delle autorità indipendenti si dimostra quindi come la naturale reazione del sistema all’anomalia, che non può essere risolta seguendo la logica tradizionale, ma soltanto facendo riferimento al modo in cui si dimostrano responsabili verso la società, criterio che non dipende tanto dal risultato raggiunto quanto dal procedimento decisionale che adottano. In quest’ottica, la parità nel contraddittorio tra le parti139 diviene sinonimo di democrazia e garantirne l’attuazione sinonimo di responsabilità, introducendo nel sistema una forma di cooperazione tra istituzioni e società, che costituisce un “surrogato del processo politico” 140. In tale contesto, l’attività di adjudication, ed in particolare la sua versione di risoluzione delle controversie, si dimostra un ottimo strumento per testare la tenuta democratica dei procedimenti davanti alle autorità, mettendo in evidenza come l’azione amministrativa tenda ad assumere i tratti di quella giurisdizionale. La distinzione però permane sotto il profilo delle garanzie di tutela dei diritti e quindi degli effetti giuridici degli atti. Infatti, nonostante l’introduzione di queste procedure di tipo ADR, continua a rimanere prerogativa del livello giurisdizionale la definizione “[del]l’attuazione ultima dei diritti”: è in tale sede che “l’attività di applicazione del diritto è ultima”, nel senso che “ad essa non possa seguire alcun altro esercizio di potere da parte dello Stato”141. In tal modo, la tutela “non ultima” offerta dalle autorità indipendenti attesta la sua natura prettamente amministrativa, inscrivendosi perfettamente nel contesto degli Stati di diritto che richiedono ulteriori requisiti e garanzie per l’esercizio del potere giudiziario, in primis la terzietà del giudice. Si può, pertanto, escludere il rischio di un affievolimento delle garanzie di tutela, ma anzi la logica è esattamente quella opposta di offrire una maggiore opportunità a situazioni giuridiche che altrimenti risulterebbero penalizzate dai tempi lunghi della giustizia, snellendone le procedure ed assicurando le garanzie necessarie nel creare un meccanismo di compensazione nei risultati tra l’interesse del singolo e quello della collettività. Occorre, però, realisticamente considerare che le procedure di ADR presso le autorità indipendenti non hanno ancora dato i loro frutti più maturi. Pur ricco di potenzialità, il modello è in fieri, non essendo ancora riuscito a penetrare in egual misura in tutti gli ordinamenti. Si avverte in alcuni casi un’adesione pressoché formale all’esotico sistema 139 Cfr. F. Merusi, Democrazia e autorità indipendenti: un romanzo quasi giallo, Il Mulino Contemporanea, Bologna, 2000. 140 S. Cassese, Modern kings – non elected bodies in modern democracies, op. cit., p. 10. 141 G. Scarselli, La tutela dei diritti dinanzi alle Autorità Garanti – I Giurisdizione e Amministrazione, op. cit., pp. 232-233. 174 delle ADR e una diffidenza mal celata verso un simile modo di tutelare l’interesse pubblico. Un esempio è dato dalla riduzione del ruolo dell’Autorità italiana per la vigilanza sui lavori pubblici nelle previsioni del cd. Codice dei contratti pubblici 142. Infatti, la funzione di risoluzione delle controversie tra stazione appaltante ed imprese, precedentemente svolta dal collegio arbitrale, viene convertita nell’espressione di un parere non vincolante da parte dell’Autorità, peraltro non necessariamente recante un’ipotesi di soluzione della questione. L’impressione che se ne ricava è una scarsa fiducia nella capacità conciliativa dell’applicazione dell’istituto arbitrale ad un settore di pubblico interesse, rinnovando pertanto implicitamente la preferenza verso il paradigma giurisdizionale di tutela. Una simile scelta peraltro riflette un indirizzo maturato a livello comunitario, in cui il tentativo compiuto dalle direttive dei primi anni ’90 in materia di appalti di introdurre strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, come la conciliazione 143, è rimasto tendenzialmente isolato e comunque superato dagli interventi successivi, nonché dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia 144. Al di fuori del diritto privato, in cui lo strumento dell’ADR è di efficacia consolidata, il giudice appare ancora il signore del diritto, mentre gli altri mezzi di tutela si configurano come strumenti ancillari. Interpretare questa tendenza come il risultato dell’inadeguatezza dei procedimenti ADR laddove si presenti anche l’esigenza di tutelare non soltanto gli interessi delle parti coinvolte, ma anche un superiore interesse pubblico che le trascende, non appare del tutto esaustivo. La sfiducia in tali metodi alternativi di tutela sembra doversi imputare principalmente alla novità del fenomeno stesso e alla sua debolezza rispetto al consolidato modello giurisdizionale. Pare, infatti, che ogni ordinamento continui a mantenere i suoi tradizionali paradigmi di giustizia e che le progressive contaminazioni siano ancora lontane dal trasformarne le diverse fisionomie 145. 142 Art. 6, comma 7, lettera n), del d. Lgs. 163/2006. Direttive del 21 dicembre 1989 del Consiglio delle Comunità europee che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori”, 89/440, e del 25 febbraio 1992 del Consiglio delle Comunità europee, “coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni”, 92/13. Cfr. S. Greco, Le procedure di conciliazione nelle direttive comunitarie sui servizi pubblici, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2001, pp. 759-765. 144 CGCE 12 febbraio 2004, Grossman Air Service, C 230/2002, punti 41-43, in Racc. 2004, p. I-1829. 145 Cfr. S. Cadeddu, Strumenti alternativi di soluzione delle controversie fra erogatori e utenti di servizi pubblici, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2001, pp. 735-736. È interessante osservare come l’Autore consideri il successo dell’opposizione di Robespierre alla proposta di introdurre nel testo della Convenzione francese del 1793 strumenti alternativi per la soluzione delle controversie “punto di svolta nella storia della giurisdizione in Europa e, forse, l’inizio della stessa concezione degli strumenti «alternativi» in termini «sussidiari»”. 143 175 Occorre pertanto sposare una “tesi laica” nel giudicare le ADR, non meritando queste “l’anatema dei fautori della giurisdizione senza alternative”, ma neppure la consacrazione a “panacea per i mali della giustizia” 146. Abbracciare tale ragionevole avviso significa nei fatti adottare quella logica dell’adeguatezza al caso concreto che è propria degli strumenti alternativi alla giurisdizione, sostenendone la complementarietà al sistema giurisdizionale, ma non la modesta posizione dell’ancillarità. La ratio che deve ancora affermarsi è dunque quella dell’appropriatezza della sede giudicante e le autorità indipendenti devono riuscire a dimostrare (se il legislatore permetterà loro di farlo) di essere soggetti adeguati a tutelare anche in situazioni conflittuali i diritti affidati alla loro cura. 146 M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla giurisdizione, op. cit., pp. 5 e 21. 176