I ricorsi dinanzi alle Autorità amministrative indipendenti

PANÓPTICA
Revista Eletrônica de Direito
Law Eletronic Journal
2009, n. 15
Amministrazione giustiziale e autorità amministrative
indipendenti: profili comparati di tutela
Marta Simoncini
Marta Simoncini is Ph.D. in Administrative Law at the University of Pisa. In 2006 she
spent an internship period at Garante per la protezione dei dati personali, the Italian Data
Protection Supervisor, and that experience contributed to the further development of her
studies on independent agencies.
ABSTRACT
This essay analyses the latest developments in the independent agencies’ adjudicatory
power, the function of dispute resolution. In this perspective, it considers how independent
agencies perform this quasi-judicial role, namely how they can solve conflicts between
undertakings, between undertakings and customers, and even between private citizens,
assuring an effective protection to the claimant.
Keywords: independent agencies; adjudication; alternative dispute resolution (ADR);
administrative proceeding; effectiveness of protection; jurisdiction; accountability.
Title in English: administrative Protection and Independent Agencies: Profiles of
Comparative Law
ASTRATTE
Il saggio esamina uno specifico sviluppo del potere di adjudication delle autorità
amministrative indipendenti, ovvero la funzione di risoluzione delle controversie. In questa
prospettiva, vengono analizzate le caratteristiche dei conflitti sottoposti a tali
amministrazioni, nel tentativo di comprendere quale sia il grado di effettività della tutela
garantito ai ricorrenti.
Nell’analizzare la specifica funzione di risoluzione alternativa delle controversie svolta
dalle autorità amministrative indipendenti, il saggio intende definire il quadro degli
strumenti e delle garanzie disponibili presso tali autorità, seguendo una prospettiva
comparata. A tal fine, vengono esaminate le caratteristiche soggettive delle
amministrazioni indipendenti, ovvero i profili relativi all’organizzazione, nonché la
125
struttura procedimentale dei ricorsi, in modo da verificare la sussistenza di requisiti atti ad
assicurare l’effettività della tutela ai ricorrenti.
In questa prospettiva, la prima e la seconda parte del lavoro sono dedicate rispettivamente
alla ricostruzione della natura dell’indipendenza delle authorities e all’analisi della
funzione di adjudication che sono chiamate a svolgere, esaminando, in particolare, i
conflitti tra imprese, tra imprese ed utenti, nonché tra privati cittadini. La terza parte del
saggio si incentra, poi, sull’articolazione che nei procedimenti paragiurisdizionali ricevono
alcuni istituti fondamentali di giustizia, quali il diritto al contraddittorio, il diritto di difesa
e l’obbligo di motivazione. In proposito, nelle conclusioni, si riflette sulla necessità di
elevare l’adozione di una procedura codificata a strumento essenziale per surrogare
l’estraneità al tradizionale funzionamento del circuito democratico, valorizzando
l’accountability delle autorità indipendenti.
Infine, per verificare il livello di capacità conciliativa e di effettività del modello, nella
quarta ed ultima parte del lavoro, si assume quale indice di successo il rapporto che
intercorre tra l’esperimento della via giustiziale e la facoltà di ricorrere in sede
giurisdizionale.
Paroles-chiave: autorità indipendenti; adjudication; risoluzione alternativa delle
controversie; procedimento amministrativo; effettività della tutela; accountability.
INTRODUZIONE
È esigenza di tutti gli ordinamenti precostituire opportuni strumenti di tutela per il cittadino
di fronte alla pubblica amministrazione, tradizionalmente preposta alla cura degli interessi
pubblici, ovvero predisporre mezzi a difesa dei privati i cui interessi siano stati
compromessi dall’azione amministrativa.
È interessante osservare come un diritto sorto per conferire e disciplinare l’attribuzione di
un potere speciale ad un apparato incaricato di tradurre in provvedimenti puntuali le regole
generali ed astratte poste dal legislatore1 abbia previsto già in sé garanzie a tutela del
cittadino.
Significativo è poi il fatto che queste accompagnino gli sviluppi del diritto amministrativo
stesso, rinnovandosi in corrispondenza dei mutamenti nella struttura e nel funzionamento
dell’amministrazione pubblica.
1
Il riferimento è all’Arrêt Blanco del Tribunal des conflits, dell’8 febbraio 1873, che in Francia ha
riconosciuto la competenza del giudice amministrativo e non ordinario a valutare la responsabilità della
Pubblica Amministrazione, in quanto funzione sottoposta a regole speciali, conferendo specialità ed
autonomia al diritto amministrativo rispetto alle altre discipline giuridiche.
126
In tale prospettiva, il presente lavoro si propone di analizzare una particolare funzione
svolta dalle cd. Autorità amministrative indipendenti, la risoluzione delle controversie.
L’ambito dell’indagine risulta pertanto ibrido sia in relazione al soggetto giudicante che
alla natura della sua attività, dal momento che ad un soggetto indipendente viene affidata
un’attività di tipo paragiurisdizionale. Infatti, alla particolare natura e funzionamento di
tali autorità rispetto al tradizionale corpus dell’amministrazione si somma la singolare
collocazione della funzione in esame tra l’esatto dispiegarsi della funzione giurisdizionale
e quella propriamente amministrativa.
Il concetto di paragiurisdizionalità, giuridicamente privo di significato, si dimostra in
realtà capace di cogliere la peculiarità del fenomeno, ponendolo a metà strada tra le due
distinte funzioni e le loro rispettive forme di organizzazione. Un simile modello viene ad
incidere sulla separazione del potere esecutivo rispetto a quello giudiziario, e dunque sullo
stesso “assetto dello Stato”2, mettendone in evidenza i limiti ed individuando di
conseguenza una nuova dimensione per la composizione delle liti, intesa a mediare tra la
tradizionale concezione dei pubblici poteri e la crescita delle occasioni di conflitto sociale.
In tale ottica, si intende proporre una singolare lettura dell’attività in esame come una
species nel più ampio genus delle cd. Alternative Dispute Resolutions (ADR), ossia di
quegli istituti preposti alla definizione in via extragiudiziale delle controversie. Si tratta,
quindi, di comprendere come venga assolto un simile compito presso le autorità garanti, se
cioè queste abbiano la capacità ed i mezzi per adempiere e dove tenda quindi a spostarsi
l’ago della bilancia, se verso la funzione giudiziale o piuttosto verso quella amministrativa.
La risposta è determinante per comprendere quale tutela esse siano in grado di offrire al
cittadino e quanto l’attribuzione di tale competenza sia necessaria nell’economia del
sistema.
In questa prospettiva, il lavoro si sviluppa su diversi piani, che contribuiscono a definire il
quadro degli strumenti e delle garanzie disponibili presso tali autorità. In particolare, la
prima e la seconda parte sono dedicate rispettivamente alla ricostruzione del modello
organizzativo delle amministrazioni indipendenti e all’analisi della funzione di
adjudication che sono chiamate a svolgere; quindi, la terza parte si incentra
sull’articolazione che in tale compito ricevono alcuni istituti fondamentali di giustizia,
quali il diritto al contraddittorio, il diritto di difesa e l’obbligo di motivazione. L’obiettivo è
rintracciare un denominatore comune alle diverse procedure di adjudication, per
comprendere se effettivamente esista un nocciolo duro di principi inderogabili atti a
garantire l’attendibilità della giustizia da loro offerta.
Per verificare il livello di capacità conciliativa e di effettività del modello, nella quarta ed
ultima parte del lavoro, si assume quale indice di successo il rapporto che intercorre tra
l’esperimento della via giustiziale e la facoltà di ricorrere in sede giurisdizionale. Le
2
G. Scarselli, La tutela dei diritti dinanzi alle Autorità Garanti – I Giurisdizione e Amministrazione, Giuffrè,
Milano, 2000, p. 8.
127
conclusioni così raggiunte consentiranno di riflettere in una nuova prospettiva sui profili di
legittimazione ed accountability delle autorità indipendenti, per le quali l’adozione di un
procedura codificata tende a diventare uno strumento essenziale per surrogare l’estraneità
al tradizionale funzionamento del circuito democratico.
Per riuscire in questo intento la comparazione tra ordinamenti di common e civil law e il
confronto con il livello comunitario che incide costantemente sull’azione delle Autorità in
esame, sia fornendo loro principi di riferimento sia inglobandole in procedimenti
amministrativi comunitari, non possono che divenire metodo programmatico di lavoro.
Tale dimensione si rivela, infatti, imprescindibile per cogliere le evoluzioni dell’istituto in
esame e per tentare di individuarne le progressive affinità e le persistenti differenze nei
diversi sistemi giuridici.
L’ambizione dell’obiettivo e l’eterogenea vastità del panorama delle cd. authorities
impongono necessariamente di scremare il campo di indagine, selezionando i casi da
analizzare sulla base della loro aderenza alle finalità del lavoro, ossia in relazione alla
presenza di tratti sintomatici rispetto alla tesi che si intende provare. È, quindi, doveroso
chiarire preliminarmente che ne deriva uno studio esclusivamente funzionale alla
comprensione di un particolare aspetto del diritto amministrativo.
La lettura che si intende proporre vede, quindi, nel procedimento amministrativo un
antidoto alla formula dell’indipendenza nell’organizzazione delle autorità garanti, nonché
un mezzo per assicurare la tutela degli interessi pubblici in un mutato contesto di
costruzione delle politiche pubbliche.
Il procedimento assurge quindi a modus operandi dell’amministrazione, metodo d’azione
imprescindibile per un corretto esercizio della funzione amministrativa stessa.
Non è un caso che negli Stati di diritto sia considerata necessaria la ritualizzazione
dell’agire dei soggetti che esercitano poteri unilaterali, quali sono quelli pubblici. Da qui
l’istituzione del processo come manifestazione tipica del potere giudiziario e la previsione
dell’iter legislativo quale strumento per giungere alla formazione di atti espressivi dello
stesso potere, pur libero nel fine.
Seguendo il medesimo principio di formalizzazione dell’azione pubblica, anche il
procedimento amministrativo riveste un’essenziale funzione di garanzia nella realizzazione
dei compiti di amministrazione pubblica. Analizzare le procedure significa, pertanto,
verificare lo stesso assolvimento della funzione amministrativa e comprendere l’equilibrio
esistente nei rapporti tra amministrazione e società.
In tal modo, è la stessa formula della democrazia ad arricchirsi di nuove prospettive, dal
momento che il suo contenuto sostanziale viene a vivere e ad alimentarsi attraverso la
previsione di strumenti procedurali.
128
Parte I
Il modello delle Autorità amministrative indipendenti tra civil law e common law
Per comprendere se le Autorità amministrative indipendenti siano effettivamente in grado
di offrire giustizia ai cittadini, è preliminarmente opportuno analizzarne la natura e i
caratteri fondamentali, quali presupposti dell’indipendenza.
Ciò che si intende verificare è il margine di surrogabilità del requisito della terzietà proprio
del giudice da parte di questi apparati amministrativi.
È noto che negli stati di diritto primaria garanzia della correttezza del processo risiede
nello svolgimento dello stesso davanti ad un giudice terzo ed imparziale, ovvero al
cospetto di un soggetto esclusivamente chiamato ad applicare la legge nei singoli casi
concreti, secondo il principio di uguaglianza delle parti e senza ulteriori obiettivi o interessi
quanto all’esito del giudizio.
Non a caso i principi fondamentali su cui si fonda l’anglosassone natural justice sono le
massime nemo iudex in causa sua e audi alteram partem, che rappresentano i cardini del
sistema di giustizia, in quanto complementari presunzioni la cui assenza pregiudica il
corretto svolgimento del giudizio.
Nell’esercizio di tale funzione il giudice assurge a garante della tutela dei diritti delle parti,
divenendo nel contempo il custode del diritto e dell’ordinamento. Da qui la scelta di
rendere il potere giudiziario indipendente dagli altri poteri costituiti 3, nonché di assicurare
a ciascun cittadino il diritto ad un giudice naturale precostituito per legge, ovvero
“individuato in base a regole astratte e prestabilite e conseguentemente sottratto al potere
del sovrano, dapprima, ed a quello delle pubbliche autorità, esecutive o anche giudiziarie,
poi, di assegnare il compito di giudicare su determinate fattispecie ad organi scelti a
posteriori o addirittura costituiti ad hoc” 4. In questo modo, l’indipendenza del giudice
diviene terzietà, ossia soggezione alla sola legge ed estraneità rispetto agli interessi
coinvolti nel giudizio. Occorre analizzare se un’indipendenza dello stesso segno connota le
autorità in esame.
È pertanto necessario documentare, in primo luogo, il quantum di poteri conferiti alle
autorità indipendenti, ossia la loro consistenza, e quindi considerare il quadro
organizzativo strutturale, in cui tali funzioni vengono svolte. Si deve, pertanto, verificare la
sussistenza di qualità tali da far ritenere che l’eventuale attribuzione del potere di risolvere
le controversie si basi su solide fondamenta di indipendenza, in modo da avvicinare un
apparato amministrativo ad un soggetto terzo giudicante.
3
Cfr. S. Bartole, voce Giudice – Teoria generale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XV, 1989, pp. 23.
4
A. Pizzorusso, voce Giudice naturale, in Enciclopedia giuridica, Treccani, Roma, vol. XV, 1989, p. 1.
129
Il modello di riferimento delle autorità indipendenti trova le sue origini nella cultura angloamericana del common law, ossia in un ambiente giudico caratterizzato da una concezione
pragmatica dell’amministrazione. È in tale contesto che hanno potuto svilupparsi a
macchia di leopardo autorità che rappresentano vere e proprie isole del diritto, avulse dal
disegno di un potere unificante, ma ciò nonostante parti dell’arcipelago-Stato.
Per comprenderne la natura occorre guardare al rapporto tra politica e amministrazione,
poiché è in questo che si definiscono le condizioni della loro genesi, nonché
dell’articolazione dei loro poteri. 5
Requisito primario e sostanziale è la non dipendenza dall’esecutivo, a differenza di quanto
accade per la generalità della pubblica amministrazione (P.A.), ricondotta per tale via
all’interno del circuito democratico. Infatti, l’amministrazione viene usualmente riportata
nell’ambito del potere esecutivo in qualità di braccio preposto all’attuazione delle scelte
governative. In tale ottica si inscrive il principio della responsabilità governativa che
diviene in alcuni ordinamenti presupposto per l’individuazione di un rapporto fiduciario tra
amministrazione e governo, meglio noto come spoils system. Tale sistema rappresenta la
derivazione americana, nell’ottica dei checks and balances, del principio di dipendenza
dell’amministrazione dall’esecutivo che connota gli stati di diritto. 6
Non stupisce, peraltro, che un simile modello di amministrazione fluida possa convivere
con l’istituzione di strutture amministrative indipendenti dall’esecutivo, dal momento che è
la stessa concezione pragmatica dell’amministrazione a funzionare da strumento
catalizzatore di scelte anche profondamente diverse. 7
Al contrario, il modello teorico che della pubblica amministrazione hanno costruito gli
ordinamenti di civil law, quale struttura burocratica gerarchicamente sottoposta al potere
esecutivo, mette a nudo l’oggettiva difficoltà di recepire un sistema di amministrazioni
indipendenti.
Ciò diviene particolarmente evidente se si osserva il processo di diffusione di tali
amministrazioni negli ordinamenti dell’Europa continentale, a partire dagli anni ’70 del
secolo scorso.
Non è un caso che le operazioni di trapianto si siano accompagnate a sensibili cambiamenti
nella fisionomia delle stesse autorità, che hanno di fatto evitato il collasso del sistema a
5
Cfr. A. Zorzi Giustiniani, Primato della Costituzione e amministrazione giustiziale. Dallo Stato di diritto
allo Stato dei diritti, in Stato costituzionale ed espansione della democrazia, Cedam, Padova, 1999, pp. 238244.
6
Il meccanismo dello spoils system prevede l’assegnazione delle cariche nei punti chiave dell’apparato
amministrativo statale ai sostenitori del partito vincente, permettendo così, in concomitanza con l’alternanza
democratica, la rotazione degli uffici e la rottura della struttura di casta della burocrazia.
7
Si osservi peraltro che l’istituzione delle prime autorità amministrative indipendenti va ricondotta al
fallimento dello spoils system nell’ambito della regolazione dei settori economici e dunque all’esigenza di
sottrarre tali settori dall’eccessiva politicizzazione della burocrazia.
130
fronte dell’introduzione dell’anomalia. È evidente, infatti, lo scollamento che si è verificato
in ordinamenti in cui l’organizzazione amministrativa era tradizionalmente costruita sul
principio della responsabilità ministeriale che, accentrando le funzioni di amministrazione
in capo ai ministeri, permette di inquadrare la P.A. all’interno dell’affermato schema
montesquieuiano della separazione dei poteri e più precisamente nel circuito
dell’esecutivo. 8
Il disagio ha indotto da un lato a rivisitare l’archetipo e dall’altro a declinare sotto nuove
forme il principio di responsabilità nell’esercizio dei poteri. Infatti il rischio principale
dell’operazione era quello di forgiare “modern kings”, 9 ossia strutture irresponsabili
davanti al governo, in quanto indipendenti, e nel contempo non legittimate dal corpo
elettorale, dato che i suoi membri non sono eletti, ma designati con complesse procedure di
nomina: veri e propri mostri per gli ordinamenti costituzionali di civil law.
Una simile rivoluzione nel panorama politico-amministrativo dimostra l’intrinseca
politicità dell’indipendenza, che da aspetto prettamente organizzativo assurge ad elemento
distintivo per la conformazione del rapporto tra politica ed amministrazione.
Il carattere dinamico di tale indipendenza emerge con significativa evidenza dall’analisi di
alcuni profili organizzativi delle autorità.
In particolare sono le procedure di nomina, il rapporto con i soggetti regolati e l’autonomia
finanziaria a giocare un ruolo decisivo nella sua definizione; occorre pertanto esaminarne i
tratti salienti per comprendere la natura stessa delle autorità.
1.1 LE PROCEDURE DI NOMINA
La stretta connessione tra politica e amministrazione è messa a nudo dai procedimenti di
nomina che perseguono l’obiettivo di neutralizzare il carattere politico
dell’amministrazione, seguendo l’imperativo americano del keeping out of politics. Negli
U.S.A., infatti, i criteri utilizzati per la designazione delle authorities mirano a compensare
l’influenza governativa attraverso una logica di check and balance.
In tale prospettiva, il sistema di nomina più utilizzato era in origine costituito dalla formula
della cd. membership bipartisan, secondo cui i membri designati devono appartenere ad
entrambi gli orientamenti presenti nel Congresso, cosicché le agencies venivano a
rappresentare di fatto la longa manus del potere legislativo. Successivamente, si è diffuso il
metodo delle nomine incrociate, in base al quale è il Presidente a scegliere i candidati, ma
la nomina avviene soltanto con l’approvazione del Senato, determinando così un puntuale
equilibrio tra il potere esecutivo e quello legislativo. Inoltre, uno specifico valore è
8
Cfr. M. D’Alberti, Autorità indipendenti (dir. amm.), in Enciclopedia giuridica, Treccani, Roma, vol. IV,
1995, p. 4.
9
S. Cassese, Modern kings – non elected bodies in modern democracies, paper presentato a C.R.E.A.,
Ancienne Ecole Polytechnique, Parigi, 1998.
131
riservato nella procedura di designazione al criterio dell’expertise, che sancisce il primato
della tecnica e della specializzazione settoriale sull’appartenenza politica, valorizzando al
massimo la funzione cui sono preposte le agenzie, ovvero la cd. mission.
Ad ulteriori garanzie dell’indipendenza si ergono poi le previsioni concernenti la durata
dell’incarico – che generalmente supera quella del mandato presidenziale – e la limitazione
del potere di rimozione dallo stesso da parte del Presidente, 10 che per le independent
regulatory commissions (IRC’s), indipendenti dall’esecutivo ed esterne ai dipartimenti,
diviene sinonimo di inamovibilità, essendo sottoposte unicamente al controllo delle
commissioni parlamentari competenti per materia.
Allo stesso obiettivo di neutralizzazione della politica pare conformarsi il modello
spagnolo nel prevedere il concorso di più poteri nella procedura di nomina, nel valorizzare
il criterio della competenza nella selezione e nel predeterminare la durata del mandato in
misura generalmente superiore a quella delle Cortes. 11 Tale soluzione peraltro non stupisce
se si considera il rapporto che attualmente lega politica ed amministrazione in Spagna. A
seguito della caduta del regime franchista, infatti, la Costituzione del 1978, all’art. 103, ha
inteso sancire la neutralità dell’azione amministrativa, improntandola ai canoni
dell’efficienza nel tentativo di avviare un vasto processo di modernizzazione.
Diverso il caso della Gran Bretagna, dove invece le nomine sono essenzialmente
governative. Ciò non deve, però, trarre in inganno circa il grado di autonomia di cui
godono le cd. quasi autonomous non governamental organizations (cd. quangos), poiché è
la stessa tradizione costituzionale inglese, che non riconosce un potere amministrativo
organicamente strutturato, a funzionare da garanzia. Infatti, quanto ad ambito di azione,
essi sono di fatto sottratti alle dinamiche del confronto tra i partiti e la funzione di carattere
quasi-judicial, che sono chiamati a svolgere e su cui soltanto il Parlamento può intervenire,
tende ad assicurare loro una sostanziale indipendenza, nel senso che non devono
rispondere né direttamente né indirettamente del loro operato all’esecutivo 12. In
particolare, le autorità di regolazione, diffusesi in Gran Bretagna durante i governi
Thatcher quali strutture destinate a supplire alla crisi del modello ministeriale
dell’amministrare, pur facendo parte dei departments, sono dotate di ampia autonomia
funzionale ed organizzativa. Infatti, all’origine del fenomeno si è posta la necessità di
trovare un nuovo modello di regolazione e di intervento pubblico, a fronte di una crisi
10
Sui presupposti e le modalità di esercizio del potere di rimozione da parte del Presidente, si veda la storica
pronuncia della Corte Suprema nel caso Humphrey’s Executor v. United States, 295 US 602 (1935).
11
Cfr. J. Sala Arquer, El Estado neutral. Contribución al estudio de las administraciones independientes, in
Reda, 42/1984, pp. 410 e ss.; E. García Llovet, Autoridades administrativas independientes y Estado de
derecho, in Rap, 131/1993, pp. 61 e ss.
12
Si osservi che la dottrina (cfr. D.G. Toole, The Star Chamber and the Origins of the Modern
Administrative Agency, in Stetson Law Review, 13/1983, p. 59 ss.) ha rintracciato l’archetipo delle autorità
con funzioni miste e margini di indipendenza funzionale dalla Corona nella Star Chamber, istituita da Enrico
VII nel provvedimento Pro Camera Stellata del 1487 e dotata di poteri di tipo quasi giurisdizionale,
normativo e amministrativo, esercitati da esperti e da giudici e volti a realizzare la cd. equity, ovvero una
giustizia complementare alla common law. Cfr. M. D’Alberti, Le autorità indipendenti: quali garanzie?, in
Garanzie costituzionali e diritti fondamentali, Ist. enciclopedia italiana, 1997, pp. 159-160.
132
economica che ha inciso fortemente sul Welfare e sulla capacità delle istituzioni di governo
di guidare con i metodi tradizionali la vita sociale ed economica del Paese. In posizione
autonoma dall’esecutivo sono state così create authorities per la regolazione di settori
centrali dell’economia e per la tutela di diritti fondamentali – prime tra tutte le autorità
indipendenti per la regolazione delle public utilities – dando luogo al fenomeno cd.
dell’agenzismo, che ha comportato un netto cambiamento nella definizione delle policies
di settore.
L’intervento dell’esecutivo è ravvisabile anche in Francia, ma con dinamiche
profondamente differenti. Infatti, contrariamente a quanto accade nel Regno Unito, il
presupposto dell’interferenza governativa è volto a mantenere la coerenza nel sistema, che
corre il rischio di essere irreversibilmente inficiata dall’introduzione di figure
amministrative avulse dal tradizionale impianto costituzionale.
L’art. 20 della Costituzione del 1958, prevedendo che “Le Gouvernement dispose de
l’Administration”, fonda l’ordinamento francese sul principio della responsabilità
ministeriale e risulta difficilmente eludibile nella sua laconica chiarezza, specialmente
quando conforma l’intera struttura organizzativa nazionale fino ad assurgere a modello
culturale. In tale ottica, vanno quindi lette le scelte volte ad integrare, o a rendere meno
difforme, il paradigma organizzativo delle autorità indipendenti nel sistema amministrativo
nazionale.
Il simbolo del compromesso è la presenza in alcune di esse di un commissario di governo
tra gli organi direttivi, chiamato a svolgere funzioni consultive nei confronti dell’esecutivo
e rappresenta quindi un palliativo del tradizionale potere di vigilanza. Più concretamente, il
Conseil d’État ha riconosciuto le amministrazioni indipendenti come parti della P.A.,
assicurandosi così la loro sottoposizione al sindacato giurisdizionale amministrativo,
mentre il Conseil Constitutionnel ha subordinato l’esercizio del loro potere regolamentare
e sanzionatorio al rispetto di specifici limiti e modalità di esercizio 13.
Nel contempo le garanzie di indipendenza sono rintracciate nell’estrazione dei membri
delle autorità dalle fila della magistratura.
Un simile tentativo di riconduzione alla categorie tradizionali è peraltro comprensibile
nell’ottica del sistema, che ha preferito fare dei nuovi organismi un aggiornamento dello
Stato amministrativo, piuttosto che incorrere in uno scardinamento dello stesso.
Anche in Italia il concetto di indipendenza assume diverse sfaccettature sulla base delle
relazioni che si instaurano con il potere esecutivo. Le modalità di nomina, infatti,
differiscono sensibilmente tra le diverse autorità, in quanto frutto di diverse epoche
politiche di riferimento. Sintetizzando la casistica, le si suole classificare in procedimenti
13
Cfr. Arrêt Retail del Conseil d’État del 10 luglio 1981 e decisioni del Conseil Constitutionnel 86-217 DC e
87-240 DC. Cfr. M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, Giuffrè, Milano, 1994, p. 225.
133
parlamentare (con nomina da parte dei Presidenti di Camera e Senato), governativo (con
nomina da parte del Presidente della Repubblica) e ad investitura congiunta (ovvero la
sottoposizione della nomina governativa all’approvazione dei due terzi della commissione
parlamentare competente) 14. Ciò dimostra che i protagonisti del circuito democratico non
hanno abbandonato – e nemmeno lo desiderano – ogni possibilità di intervenire sulla
struttura delle autorità garanti, come conferma la prassi della lottizzazione partitica, o
quantomeno di avallo politico, nelle designazioni.
Queste operazioni costituiscono un’ormai consueta degenerazione dell’imprescindibile
principio di controllo democratico, che la procedura di nomina vorrebbe imitare collegando
tali organismi ai soggetti della democrazia rappresentativa. In questa logica, si inscrivono
anche le relazioni periodiche, generalmente annuali, che le autorità indipendenti devono
presentare al Parlamento, nonché i loro poteri di proposta nei confronti del governo. Ciò
dimostra che non è quindi escluso il raccordo con gli organi rappresentativi e non si è
dunque di fronte a corpi avulsi dalla struttura statale.
La peculiarità risiede nel fatto che si tratta di amministrazioni chiamate ad operare con un
alto tasso di imparzialità ed è pertanto necessario che tale collegamento non venga a
costituire un ostacolo all’indipendenza, in assenza della quale perderebbe di significato
affidare tali funzioni, de facto politiche, a corpi non elettivi, che diverrebbero così mezzo
per rendere il governo politicamente irresponsabile delle proprie scelte, in aperta
violazione del principio di responsabilità ministeriale e di quello di legalità.
Il procedimento di investitura non dovrebbe pertanto mirare tanto alla neutralizzazione
dell’elemento politico, quanto piuttosto all’integrazione dei soggetti amministrativi nel più
vasto tessuto istituzionale 15.
Le nomine quindi dovrebbero seguire criteri il più possibile obiettivi ed equi, guardando
oltre l’opportunità politica del breve periodo e valutando oggettivamente le capacità
professionali, la cosiddetta expertise, i requisiti di indipendenza e le cause di
incompatibilità dei soggetti chiamati a ricoprire le cariche di garanti, ossia dovrebbero
essere il frutto di un’autolimitazione della politica.
La sostituzione del sistema maggioritario a quello proporzionale, che ha ridisegnato gli
equilibri nei rapporti tra governo e parlamento, assieme alla degenerazione della cultura
politica dell’ultimo decennio, hanno posto in primo piano la problematicità delle nomine,
che tendono sempre di più a diventare espressione della forza della maggioranza.
Sintomatico è il fatto che la designazione da parte dei Presidenti delle due camere non
riesca più a costituire un elemento di garanzia, poiché questi non sono più espressione
14
Cfr. M. Manetti, Autorità indipendenti (dir. cost.), in Enciclopedia giuridica, Treccani, Roma, vol. IV,
1988, pp. 4-6. Per completezza espositiva, l’Autrice cita anche l’investitura giurisdizionale, pur essendo un
caso manifestatosi solo di recente in Italia – al contrario della Francia – e che ha riguardato soltanto i collegi
regionali e il collegio centrale di garanzia elettorale.
15
Cfr. M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, op. cit., pp. 226-227.
134
della pluralità parlamentare, ma vengono invece scelti tra le fila della maggioranza
governativa.
In questo modo il sistema perde quei checks and balances che sembrano invece ricercare e
presupporre le formule adottate per le procedure di nomina. 16
1.2 IL RAPPORTO CON I SOGGETTI REGOLATI
Il profilo dell’indipendenza appare maggiormente definito nei confronti dei soggetti
sottoposti all’attività di regolazione delle autorità, sebbene il logorarsi del modello abbia
avuto quale prima conseguenza la collusione degli interessi dei regolati e dei regolatori.
Basti a questo proposito ricordare l’esperienza americana degli anni ’60, dove “il
superamento della contrapposizione duale tra gli interessi pubblici affidati alla protezione
delle agenzie regolatrici e gli interessi privati delle imprese regolate” 17 ha determinato un
rovesciamento del principio stesso della regolazione. Infatti, l’influenza esercitata dai
soggetti regolati sui regolatori ha introdotto un elemento di deviazione dal perseguimento
dell’interesse pubblico, tanto da giungere nei casi più estremi ad una vera a propria cattura
(cd. capture) delle amministrazioni indipendenti nella rete degli interessi privati delle
imprese. La portata di un simile fenomeno è ben evidente se si considera la commistione di
interessi sommersi che è emersa in tutta la sua drammaticità nel noto caso Enron.
Simili rischi sono insiti in ogni attività che comporti una stretta collaborazione tra autorità
e privati, non ultima la stessa stesura di codici deontologici e la successiva attività di
controllo ad essa connessa.
L’adozione di una simile strategia di rule making nasconde, infatti, dietro i benefici
derivanti dalla penetrazione della cultura sottesa alla cura del bene pubblico perseguito
dall’authority, il rischio di un procedimento inverso – la confusione del bene pubblico con
l’interesse dei soggetti regolati – che, se nel breve periodo può comportare vantaggi per le
parti, nel lungo periodo non può che arrecare danni alla mission che giustifica l’esistenza
stessa delle autorità indipendenti.
A soffrirne è, pertanto, lo stesso presupposto dell’indipendenza, che dovrebbe invece
assurgere a condicio sine qua non della funzione di regolazione, e dunque lo stesso
significato dell’istituzione di tali autorità.
16
Si osservi che l’introduzione del sistema maggioritario è precedente alle leggi istitutive delle autorità
garanti, ma che comunque in quel periodo si trovava alle prime applicazioni, perciò le radici culturali delle
scelte operate in queste leggi affondavano nel più che consolidato funzionamento proporzionale delle
istituzioni rappresentative.
17
M. D’Alberti, voce Autorità indipendenti (dir. amm.), op. cit., p. 2.
135
La deviazione dei regolatori dal perseguimento del public interest per le pressioni dei
regolati costituisce la riproposizione sotto le diverse spoglie tecnico-amministrative
dell’antico problema della corruzione, che non è astrattamente risolvibile, ma richiede
puntuali misure di tipo preventivo e repressivo, tali da non permettere la degenerazione
dell’importante opportunità offerta dallo strumento partecipativo in un momento di azione
criminosa.
Sotto il profilo della prevenzione, un possibile rimedio risiede nella definizione di
procedure di regolazione trasparenti.
Ciò significa introdurre un principio di conoscibilità e comprensibilità nell’azione
amministrativa, che costituisca il fondamento per l’instaurazione di un corretto rapporto
relazionale tra autorità pubblica e soggetti regolati. Facendo assurgere l’informazione a
presupposto dell’attività dell’amministrazione è possibile prevenire, almeno in parte, forme
di collusione tra interessi senza dover ricorrere all’estrema ratio di non consentire la
partecipazione degli interessati al procedimento.
È quanto è accaduto già su finire degli anni ’60 negli U.S.A., dove si è implementata la
capacità di accedere alle informazioni detenute dalle autorità indipendenti riconoscendo in
capo a chiunque il diritto all’accesso, nonché rendendo pubbliche le riunioni degli organi
collegiali di vertice. 18
Il principio di trasparenza dell’azione amministrativa, sebbene di più recente acquisizione
negli ordinamenti di civil law tradizionalmente legati alla segretezza dell’azione
amministrativa, si è progressivamente affermato quale presupposto fondamentale dell’agire
della pubblica amministrazione negli Stati di diritto.
Ciò permette di farlo assurgere a strumento di tutela dell’interesse pubblico nei rapporti di
regolazione, nonché della stessa indipendenza delle autorità garanti preposte a tale
compito, e dunque di elevarlo a garanzia stessa della correttezza dell’azione
amministrativa.
Se una simile soluzione non risolve di per sé il problema della corruzione, può comunque
ritenersi un fattore di rilevanza primaria non soltanto nella lotta al fenomeno della capture,
ma anche nell’affermazione degli stessi strumenti della partecipazione procedimentale.
Consentendo un maggior controllo pubblico sulla formazione delle decisioni
amministrative, infatti, il beneficio che ne deriva è duplice, dal momento che la
promozione della trasparenza limita le occasioni in cui la discrezionalità del potere possa
trasformarsi in arbitrarietà dello stesso e nel contempo tutela le autorità amministrative
contro un’ingerenza non regolamentata degli interessi privati.
18
Cfr. Freedom of Information Act (FoIA) del 1967, 5 U.S.C. 552, e Federal Government in the Sunshine Act
del 1976, 5 U.S.C. 552b. Cfr. M. D’Alberti, voce Autorità indipendenti (dir. amm.), ivi, p. 2.
136
1.3 L’AUTONOMIA FINANZIARIA
Ulteriore e spesso decisivo elemento che concorre a determinare l’effettivo grado di
indipendenza di tali organismi amministrativi è il profilo dell’autonomia finanziaria. Chi
tiene i cordoni della borsa è, infatti, in grado di determinare a monte gli indirizzi generali,
se non le scelte puntuali, dell’autorità.
Anche in questo caso è emblematica la forte contrazione subita dal modello americano
durante la presidenza Reagan. La politica della deregulation, infatti, ha comportato netti
tagli finanziari nei confronti delle agenzie indipendenti, come la Consumer Product Safety
Commission, parallelamente alla creazione dell’Office of Management Budget, preposto
alla supervisione dei budget delle IRC’s nel tentativo di influenzarne la gestione. Sotto
l’impulso della medesima filosofia, un fenomeno simile si è verificato nel Regno Unito dei
governi Thatcher (1979-1990), durante i quali il sistema dei quangos ha subito importanti
ristrutturazioni, parallelamente al processo di privatizzazione e allo sviluppo del cd.
agenzismo per fronteggiare la crisi economica e la progressiva compressione del sistema di
Welfare.
Se i fatti hanno confermato la generale tenuta del modello dell’amministrazione
indipendente, essenzialmente per la sua efficienza organizzativa e funzionale, occorre però
considerare che i diversi processi di cattura, per quanto siano in parte fisiologici, qualora
divengano cronici rischiano di compromettere i presuppo sti del sistema stesso. Le fonti del
finanziamento costituiscono, pertanto, la prima variabile capace di rivelare l’effettivo
grado di indipendenza dagli altri poteri. Un modello che identificasse dei livelli di
autosufficienza sarebbe ottimo da questo punto di vista, mentre del tutto inefficiente se ne
dimostrerebbe uno che omettesse di considerare tale aspetto.
In tale ottica, occorre domandarsi quale sia la logica e in che direzione si sia avviato il
complesso italiano delle autorità indipendenti a seguito dell’introduzione nella legge
finanziaria per il 2006 19 di disposizioni che sembrano improvvisare un sistema di
cofinanziamento tra il bilancio dello Stato e gli operatori economici variamente agenti nel
19
L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 65 ss., secondo cui “a decorrere dall'anno 2007 le spese di
funzionamento della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), dell'Autorità per la
vigilanza sui lavori pubblici, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e della Commissione di
vigilanza sui fondi pensione sono finanziate dal mercato di competenza, per la parte non coperta da
finanziamento a carico del bilancio dello Stato, secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di
contribuzione determinate con propria deliberazione da ciascuna Autorità, nel rispetto dei limiti massimi
previsti per legge, versate direttamente alle medesime Autorità”. Pertanto l’entità della contribuzione per
l’Agcom, e similmente per l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), è costituita da una percentuale
dei ricavi risultanti dal bilancio dei soggetti operanti nel settore delle comunicazioni (commi 66 e 68 bis); per
l’Agcm il contributo è corrisposto dalle imprese tenute all’obbligo di comunicazione delle operazioni di
concentrazione (comma 69); inoltre è stabilito che l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici “determina
annualmente l'ammontare delle contribuzioni ad essa dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla
sua vigilanza, nonché le relative modalità di riscossione, ivi compreso l'obbligo di versamento del contributo
da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell'offerta nell'ambito delle procedure
finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche” e “può, altresì, individuare quali servizi siano erogabili a
titolo oneroso, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo dei servizi stessi” (comma 67).
137
corrispondente mercato di competenza. La generalizzazione dell’autofinanziamento se da
un lato intende far fronte all’inadeguatezza degli stanziamenti pubblici rispetto alle
funzioni affidate alle autorità, dall’altro rischia di alimentare la dipendenza finanziaria del
regolatore dai soggetti regolati con un duplice ordine di conseguenze. In primo luogo,
l’assenza di strutture di filtro potrebbe favorire fenomeni di corruzione individuale e di
cattura dell’apparato amministrativo 20. Inoltre, i costi sostenuti dalle imprese potrebbero
essere facilmente trasferiti sugli utenti finali, rendendo più oneroso l’accesso ai servizi 21.
Diverso il modello spagnolo della Comisión de Mercado de Telecomunicaciones (CMT),
che nel prevedere una prudente diversificazione delle fonti di finanziamento non giunge a
comprimere l’autonomia dell’autorità, intendendo anzi ridurne i rischi di dipendenza e
rafforzarne l’autosufficienza 22.
1.4
LE
AUTORITÀ
DELL’AMMINISTRAZIONE
INDIPENDENTI
NEL
POLIMORFISMO
Dall’analisi svolta si evince quanto si riveli vago nei fatti il perimetro dell’indipendenza e
quanto lontano sia dal concetto di terzietà del giudice.
A ciò si aggiunga che l’amministrazione svolge un primario ruolo di cura di un particolare
interesse pubblico, alla cui tutela è strutturalmente preposta – la mission – e soltanto in
funzione della quale può esserle attribuita competenza in tema di risoluzione di conflitti.
Diversamente, l’indipendenza del giudice si traduce in una soggezione in via esclusiva alla
legge che cozza di per sé stessa con il perseguimento di un interesse pubblico, poiché
nell’esercizio della funzione giurisdizionale rileva la definizione delle situazioni giuridiche
delle parti coinvolte senza ulteriori valutazioni di tipo discrezionale 23.
È questa una differenza fondamentale, dal momento che è su questo piano che si gioca la
partita, funzionalmente decisiva, per collocare l’Autorità indipendente nel settore
dell’amministrazione, anziché tra le fila del potere giudiziario.
Occorre, pertanto, interpretare in una diversa ottica l’estraneità di tale apparato
amministrativo al circuito democratico per l’assenza della responsabilità ministeriale nei
20
Cfr. M. Clarich - G. Corso - V. Zeno Zencovich, Il sistema delle autorità indipendenti: problemi e
prospettive, relazione al Convegno Nexus, Roma, 27 febbraio 2006, pp. 27-28.
21
Cfr. G. Napolitano, Il disegno istituzionale: il ruolo delle autorità indipendenti di regolazione, in C. De
Vincenti - A. Vigneri (a cura di), Le virtù della concorrenza. Regolazione e mercato nei servizi di pubblica
utilità, Il Mulino, Bologna, 2006, p. 46.
22
Artt. 48 e 49, nonché allegato I, della legge generale delle telecomunicazioni (LGTe) del 3 novembre 2003,
n. 32, secondo la quale frutti e rendite derivano dai beni e dai valori che ne costituiscono il patrimonio,
mentre ulteriori utili provengono dalla liquidazione a favore della CMT di tasse poste sulle attività di
prestazione dei servizi; cfr. D. Terrón Santos, Autoridades nacional del reglamentación – El caso de la CMT,
Ed. Comares, Granata, 2004, pp. 129-130.
23
Cfr. M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, op. cit., p. 112.
138
suoi confronti. La prospettiva da cui leggere l’eccezione apparente è quella della
complessità, la sola in grado di superare la miope prospettiva della tradizione.
La dottrina continentale, infatti, sostenendo “la necessità dogmatica di ricondurre
all’unitaria persona statale tutte le manifestazioni del potere pubblico”, 24 si è rivelata
inadeguata a comprendere la realtà derivante dalla crisi dello Stato liberale e dalla
conseguente affermazione dello Stato pluriclasse. L’impossibilità di operare una reductio
ad unum dei diversi interessi emergenti, non di rado in maniera conflittuale, ha esaurito la
portata gnoscitiva dei tradizionali strumenti di indagine e degli schemi con cui classificare
le funzioni statali.
Il fenomeno della diffusione e frammentazione dell’interesse pubblico in una pluralità di
interessi pubblici, foggiatosi nella crisi del paradigma dello Stato unitario di matrice
liberale, si è progressivamente alimentato nell’ulteriore processo di costruzione delle
policies a più livelli di governo, ovvero nella loro definizione non soltanto a livello
nazionale, ma anche internazionale, sovranazionale, nonché substatale.
L’intreccio delle sedi e dei soggetti deliberanti ha così dato origine ad un sistema di
governance che, sostituendo l’inattuale modello del government, diviene metodo stesso di
decisione, ovvero di mediazione tra i differenti interessi pubblici.
In particolare, lo sviluppo delle autorità indipendenti sembra aver risposto ad esigenze di
efficienza dell’azione amministrativa, nonché di tutela di interessi diffusi e diritti25. Infatti,
la necessità di garantire anche le nuove situazioni giuridiche soggettive dall’interferenza di
poteri esterni ha richiesto una ristrutturazione dello Stato stesso, ossia delle sue funzioni e
dei suoi strumenti operativi.
“Nella convinzione che l’adempimento dei nuovi e gravosi compiti richieda non (più) solo
una forma di autonomia organizzativa, ma addirittura un tipo di organizzazione
completamente originale rispetto agli schemi correnti” 26, la pragmatica maniera
anglosassone dell’amministrare dimostra di possedere i tratti della modernità.
Non è un caso che il paradigma organizzativo-funzionale delle autorità indipendenti trovi
nell’area di common law le sue origini e che la sua importazione sul continente sia coincisa
con la crescita dello Stato sociale e la pluralizzazione delle domande sociali.
Il polimorfismo del sistema amministrativo trova ulteriore conferma in ambito
comunitario, dove emerge con evidenza l’esigenza irrinunciabile di dotarsi di un apparato
dinamico che sia in grado di dare efficace e pronta attuazione a policies, frutto di processi
decisionali dispersivi tipici del modello della governance. Ne è esempio il passaggio dal
24
M. Manetti, ivi, p. 42.
Cfr. M. Manetti, ivi, pp. 43-47.
26
M. Manetti, ivi, p. 43-44.
25
139
paradigma monnettiano della Comunità “che fa fare” a nuovi modelli amministrativi
comunitari a complessità crescente, quali la coamministrazione, le agenzie europee fino ad
arrivare alla formula del concerto regolamentare.
Il fenomeno delle autorità indipendenti deve perciò essere opportunamente ricollocato
nell’eterogeneità dell’amministrazione.
In particolare, la loro azione si inquadra nel tentativo di identificare nuovi mezzi per
soddisfare le domande dei cittadini, ispirandosi alla formula dell’amministrazione posta al
servizio della società, piuttosto che strumento al servizio dello Stato apparato. Infatti, in
corrispondenza della trasformazione del ruolo dello Stato, è cambiato lo stesso volto
dell’amministrazione: da garante dell’ordine, Eingriffsverwaltung, ad amministrazione di
prestazione, Leistungsverwaltung.
È soltanto in quest’ambito che si devono verificare le chances insite nell’attribuzione di
una funzione di tipo giustiziale.
Parte II
La tutela giustiziale presso le autorità indipendenti: peculiarità della funzione di
adjudication
L’attività delle Autorità indipendenti di adozione di provvedimenti puntuali, relativi a casi
specifici, nota nell’area anglofona come di adjudication, risulta consustanziale
all’istituzione di tali amministrazioni, al punto da “caratterizzar[n]e la suità” 27.
Nel porre in essere un procedimento di ponderazione degli interessi emergenti,
perseguendo l’obiettivo giustizia nel caso concreto, non si riscontrano significative
divergenze rispetto ai tradizionali compiti dell’amministrazione, se non dal punto di vista
organizzativo-funzionale. È proprio l’indipendenza dai poteri costituiti ad assurgere da
puro elemento organizzativo a fattore strutturale per l’inveramento del compito,
conferendo alla funzione un significato giustiziale più profondo.
Nell’ambito di tale attività è venuta a maturazione una peculiare funzione di risoluzione
delle controversie, svolta soltanto da alcune di queste autorità, che rappresenta
un’attribuzione ulteriore, ma logicamente connessa a quella di adjudication 28: si tratta di
una specificazione della più generale “attività amministrativa caratterizzata da
un’accentuata presenza di regole del contraddittorio e dai tratti tipici dei procedimenti
27
V. Caputi Jambrenghi, La funzione giustiziale delle amministrazioni indipendenti, in F. Francario (a cura
di), Diritti, interessi ed amministrazioni indipendenti, Giuffrè, Milano, 2003, p. 68.
28
Cfr. N. Longobardi, Modelli amministrativi per la risoluzione delle controversie, in Diritto processuale
amministrativo, 1/2005, p. 72.
140
garantistici”, in quanto volta alla “composizione dei conflitti e [alla] decisione dei
ricorsi” 29.
Si è, dunque, di fronte ad una funzione per così dire border-line tra amministrazione e
giurisdizione, che si inserisce tra la nozione di ricorso amministrativo e la definizione
dell’arbitrato privato. Il risultato è l’elevazione dell’autorità ad arbitro pubblico per la
risoluzione di conflitti tra soggetti privati nell’ambito dei profili di sua competenza.
Ciò introduce una nuova fattispecie di giudizio, che si differenzia dai ricorsi
amministrativi, perché la controversia non coinvolge l’amministrazione come parte, ma
piuttosto come arbitro. Oggetto del contendere non sono, infatti, provvedimenti della stessa
autorità amministrativa, ma rapporti tra soggetti privati, che cozzino con le norme alla cui
tutela sono preposte le amministrazioni indipendenti. La funzione giustiziale svolta è,
perciò, oggettivamente diversa, perché distinta è l’attività amministrativa sottostante.
Ne è prova il fatto che negli stessi U.S.A. il riconoscimento di tale funzione è molto più
tardo rispetto all’attribuzione del potere di dirimere le controversie in cui fosse parte
l’amministrazione stessa ed è stato peraltro subordinato all’osservanza di alcuni principi di
tutela, quali l’uguaglianza delle parti e la possibilità di ricorrere contro tali decisioni in
sede giurisdizionale 30.
È, altresì, evidente la diversità dall’arbitrato privato, non solo per il fatto che il soggetto
giudicante ha natura pubblica ed è preesistente rispetto alla libera decisione delle parti di
ricorrervi, ma anche perché nel giudizio il diritto applicato può essere quello pubblico o
privato, a seconda della materia del contendere. Manca, dunque, la base contrattuale che
caratterizza il sistema di arbitrato.
I conflitti che possono insorgere sono causalmente connessi alla funzione amministrativa
di tutela dei diritti svolta dalle autorità indipendenti e, di conseguenza, riguardano gli
operatori di settore o questi e gli utenti dei servizi erogati ed, eventualmente, anche singo li
privati cittadini. Pertanto, l’analisi che segue si concentra su tali tipologie conflittuali per
comprenderne le caratteristiche.
La funzionalizzazione delle controversie alla mission delle autorità garanti fa sì che ogni
authority possa conoscere varie tipologie contenziose in relazione alla natura delle parti in
causa, ovvero che diversi soggetti possano ricorrere in tale sede per far valere i propri
interessi con riferimento alla materia di competenza dell’amministrazione indipendente. In
tal modo autorità amministrative vengono ad assolvere una funzione di dispute resolution,
mentre riescono ad implementare la corretta applicazione delle regole nell’ambito
normativo sottoposto alla loro cura. L’Autorità si viene quindi ad elevare al di sopra dei
singoli interessi in conflitto, cercando di comporli nell’ottica della propria mission.
29
30
V. Caputi Jambrenghi, La funzione giustiziale delle amministrazioni indipendenti, op. cit., p. 65.
Grandfinanciera SA v. Nordberg, 492 US 33 (1989).
141
È quanto accade, ad esempio, presso la Federal Energy Regulatory Commission americana
(FERC), che adottando procedure conciliative atte a favorire l’accordo tra gli operatori di
settore evita così di ricorrere all’utilizzo dei poteri amministrativi per garantire l’efficienza
nell’erogazione dell’energia 31, scoprendo la sottile distinzione tra potere di regolazione e
potere paragiurisdizionale. Un simile metodo operativo nel sostituire orders, ossia
provvedimenti puntuali, a rules generali sembra ottenere il medesimo risultato, ma in tempi
più rapidi, nelle forme della regolazione.
Lo stesso accade presso la francese Commission nationale de l’informatique et des libertés
(CNIL), preposta alla tutela e allo sviluppo dell’informazione e della privacy, che
nell’espletare la sua mission di controllo può agire in via di mediazione, anziché valersi
della propria potestà regolamentare.
Anche a questo livello, quindi, si verifica quel più generale fenomeno di regressione del
potere amministrativo a favore di forme di regolazione non imperative, che trovano nei
principi del diritto privato i primi strumenti della propria attuazione.
Ciò significa che “lo Stato non muove più da una posizione preconcetta di superiorità e di
infallibilità, ma si pone su di un piede di parità con i privati e discute con loro le soluzioni
da adottare, in un’ottica di collaborazione e non di contrapposizione”, dando così luogo
alla formula del “contrattualismo amministrativo” che, divenendo metodo dell’azione
amministrativa, ne trasforma i caratteristici tratti autoritari32.
L’utile che deriva da un simile controllo nell’applicazione delle regole è quindi
socialmente rilevante, offrendo un prezioso riscontro in termini di effettività della tutela
dei diritti a tutta la collettività e non soltanto alle parti coinvolte nella specifica
controversia.
Peraltro, tale funzione giustiziale è apprezzabile anche da un punto di vista marcatamente
economico, dal momento che i costi per attivarla sono notevolmente inferiori a quelli del
sistema giudiziario, in termini sia di spese che di durata dei procedimenti, contribuendo
con ciò a ridurre le esternalità negative della ricerca della giustizia. Attraverso questi
procedimenti snelli e flessibili di risoluzione dei conflitti, infatti, si permette al diritto di
stare al passo della realtà economica, imprimendogli un’accelerazione tale, da abbattere
quei formalismi giuridici capaci di trasformare i tribunali “in agenti o in complici
dell’illegalità” 33. In questa prospettiva, significativo è stato l’apporto della Comunità
europea che ha dimostrato di cogliere le potenzialità insite nel fenomeno, dettando
dapprima alcuni principi generali ed approfondendo poi la disciplina della risoluzione
31
Cfr. G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della
rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, Laterza, Roma-Bari, 2001, p. 61.
32
M. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, op. cit., p. 50.
33
R. Pound, The Causes of Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice, in American Bar
Association Reports, 29/1906, p. 406.
142
extragiudiziale delle controversie 34. Parallelamente, un forte incentivo nella medesima
direzione si è originato a livello internazionale grazie al contributo del Consiglio d’Europa,
che ha concorso alla definizione delle garanzie di tutela nei procedimenti di tipo
amministrativo 35.
2.1 I CONFLITTI TRA IMPRESE
Una prima fattispecie contenziosa riguarda i conflitti tra imprese operanti in uno stesso
settore economico, istituzionalmente sottoposto alla vigilanza dell’autorità indipendente.
Le controversie di questo genere risultano piuttosto significative, in quanto tendono a
completare l’attività di controllo dei mercati di riferimento affidata alle amministrazioni
indipendenti.
A seguito dei processi di liberalizzazione, intesi a perseguire la concorrenza dei mercati,
ritenuta funzionalmente più adeguata a garantire il benessere dei cittadini, l’Europa
comunitaria ha importato un modello di intervento pubblico nell’economia, che trova le
sue origini nelle forme di regolazione tipiche dell’ordinamento americano.
È accaduto, infatti, che il progetto di integrazione comunitaria – ed in particolare
l’obiettivo del mercato unico, sancito dall’Atto Unico europeo del 1986 – assieme al
progresso tecnologico e al conseguente fenomeno delle privatizzazioni36 abbiano messo in
34
Il riferimento è alle raccomandazioni della Commissione del 30 marzo 1998, riguardante i principi
applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo
(98/257/CE), e del 4 aprile 2001, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla
risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo (2001/310/CE). Inoltre, merita di essere
ricordata la risoluzione del Consiglio 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa alla rete comunitaria di organi
nazionali di risoluzione delle controversie in materia di consumo. Da ultimo, con l’adozione della direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, 2008/52/CE, è stata approfondita la disciplina
comunitaria della risoluzione extragiudiziale delle controversie transfrontaliere per quanto riguarda la
mediazione in materia civile e commerciale.
35
Sul diritto d’accesso ai documenti e ad essere ascoltati, cfr. risoluzione 31/1977; sulla definizione del
procedimento come limite al potere discrezionale, cfr. raccomandazione 2/1980; sulla risoluzione
extragiudiziale delle controversie, cfr. raccomandazione 9/2001.
36
L’introduzione della parità tra gli operatori ha contribuito a prospettare il problema dell’opportunità del
mantenimento della partecipazione dello Stato all’economia, per quanto la scelta di privatizzare non fosse
strettamente necessaria per l’assolvimento degli impegni comunitari. Un ridimensionamento del ruolo statale
nella gestione dei servizi pubblici era comunque richiesto, dal momento che, riconosciuto il favor per il libero
gioco della concorrenza tra gli operatori di mercato, l’intervento pubblico doveva rivestire i caratteri della
sussidiarietà, ovvero trovare fondamento soltanto laddove l’interesse generale non potesse essere in tal modo
soddisfatto, quale azione indiretta e complementare alla dinamica del mercato. Teoricamente quindi in uno
stesso regime di libero mercato, sotto le medesime regole della concorrenza, avrebbero potuto convivere
imprese pubbliche e private, ma i fatti hanno dimostrato il contrario, provando il nesso tra i due fenomeni e
ponendo dunque l’interrogativo di quali siano i margini di sopravvivenza dell’impresa pubblica alle
condizioni di mercato o, più in generale, quali siano le condizioni in cui un’industria pubblica possa
svilupparsi con profitto e in che misura l’azione dell’imprenditore pubblico possa coincidere (o quantomeno
essere compatibile) con quello dell’investitore privato. Si osservi che è proprio al c.d. criterio dell’ investor in
a market economy che si richiama la giurisprudenza comunitaria per applicare le disposizioni sugli aiuti di
Stato.
143
crisi gli stessi presupposti di controllo del mercato da parte dello Stato, che fino ad allora si
attestava diffusamente come l’imprenditore del welfare.
Il vento delle liberalizzazioni, sostenuto dalla necessità di sviluppare un maggiore livello di
competitività nella prestazione dei servizi, ha quindi segnato la nascita dello Stato
regolatore, garante del rispetto delle regole volte a creare e mantenere il mercato in
condizioni concorrenziali, evitando che al precedente monopolio pubblico si sostituisse un
dannoso monopolio privato.
Gli arbitri pubblici del libero mercato sono state proprio le autorità amministrative
indipendenti che, seguendo il modello americano, sono state chiamate ad assicurare la
concorrenza, nonostante la profonda diversità del contesto economico in cui si sono trovate
ad operare 37.
È evidente come l’esercizio di tale compito risulti funzionalmente completato
dall’attribuzione di un potere di risoluzione delle controversie tra operatori.
Interessante è il modello delle Autorità garanti nelle comunicazioni elettroniche, che nasce
e si sviluppa interamente in seno alla logica comunitaria.
In Italia la risoluzione dei conflitti tra operatori è affidata all’Agcom fin dalla legge
istitutiva 38, sebbene i suoi caratteri siano parzialmente mutati a seguito dell’adozione del
Codice delle comunicazioni elettroniche, che ha recepito le direttive comunitarie in
materia 39. Con il pacchetto del luglio 2002, infatti, si sono prescritte agli Stati membri
forme di organizzazione ed azione delle Autorità di regolazione nazionali (ANR) che
intendono creare un quadro comune di riferimento su scala comunitaria in un’ottica di
collaborazione tra i diversi paesi, e dunque tra le diverse autorità, atta ad implementare le
policies comunitarie sul mercato interno e a favorire la circolazione di modelli e best
practices.
Il caso della britannica OFCOM dimostra, però, come il legislatore nazionale sia libero di
determinare il proprio assetto organizzativo istituzionale, nel rispetto comunque degli
obiettivi comunitari. In tale modello, infatti, la competenza dell’autorità in materia di
risoluzione delle controversie si risolve in una funzione di vigilanza ex ante sulle
procedure adottate dalle imprese per farvi fronte, attraverso l’attribuzione di poteri
regolatori, quali il compito di stabilire le regole seguendo una procedura ad alta
partecipazione, come quella di notice and comment, e di controllo, quali ordini e
sanzioni40.
37
Cfr. M. D’Alberti, voce Autorità indipendenti (dir. amm.), op. cit, p. 4.
Art. 1, comma 11, L. 31 luglio 1997, n. 249.
39
D. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 23, che ha attuato l’art. 20 della direttiva 2002/21/CE.
40
Artt. 52-55 del Communication Act 2003. Cfr. G. Della Cananea, Regolazione del mercato e tutela della
concorrenza nella risoluzione delle controversie in tema di comunicazioni elettroniche, in Diritto pubblico,
2/2005, pp. 609-610.
38
144
Seguendo l’esempio americano della Federal Communication Commission (FCC),
l’autorità spagnola CMT agisce in qualità di organo arbitrale nei conflitti tra operatori di
settore. Già nella legge istitutiva 41 si attesta tale natura, che trova conferma anche nella
legge generale della regolazione del settore42. Due sono i modelli di intervento di tale
Commissione, che intendono assicurarle un controllo tale da far assurgere la funzione
arbitrale a rimedio contro il fallimento delle forme preventive di regolazione 43. Il primo
consiste nella libera sottoposizione della controversia da parte degli operatori di settore al
giudizio della CMT, che viene chiamata ad emettere un lodo arbitrale seguendo i principi
procedimentali posti dalla legge sull’arbitrato 44. L’altro, invece, prevede l’intervento di un
provvedimento amministrativo della CMT modificativo o anche sostitutivo di un
precedente accordo concluso tra gli operatori sulle controversie insorte in materia di
obblighi di interconnessione e accesso alle reti di telecomunicazione e all’uso dello spettro
radioelettrico, eventualmente ricorribile davanti alla giurisdizione esclusiva del
contenzioso amministrativo.45 Si tratta pertanto l’esercizio di un “autentico potere pubblico
(..) vincolante per le parti, sopra il quale le parti non possono vantare alcun potere di
decisione”: un “arbitrato amministrativo obbligatorio”, destinato a funzionare come forma
di “autotutela amministrativa vincolante” 46.
Simile il caso della Comisión Nacional de la Energía (CNE) spagnola, alla quale risultano
attribuite le medesime funzioni: la tradizionale forma di potere arbitrale, ossia quella di
tipo volontario sulle controversie che gli operatori di settore riterranno opportuno
sottoporre al suo sindacato, e il potere di disciplinare con provvedimenti amministrativi i
conflitti relativi ai contratti sull’accesso di terzi alle reti di base, trasporto e distribuzione di
energia elettrica e gas quando la loro gestione sia competenza dello Stato o afferisca a più
di una Comunità autonoma 47.
Interessante è poi il ruolo svolto dalle autorità preposte alla tutela della concorrenza, dal
momento che tutta la loro azione è improntata alla funzione di adjudication e, sebbene non
si occupino direttamente dei conflitti tra operatori, ma piuttosto sanzionino le loro condotte
anticoncorrenziali, di fatto svolgono una funzione di prevenzione degli stessi, perseguendo
la mission del mantenimento della concorrenza ed agendo quasi in qualità di giudici sul
mercato. Non a caso le divisioni che compongono il BundesKartellamt tedesco sono
organizzate secondo il modello delle Corti e seguono un procedimento quasi
giurisdizionale, mentre il Tribunal de defensa de la competencia spagnolo, pur essendo
41
Real Decreto-Ley 7 giugno 1996, n. 6, implementato poi dal regolamento della Commissione Real Decreto
6 settembre 1996, n. 1994.
42
Art. 48 della LGTe 3 novembre 2003, n. 32.
43
Cfr. D. Terrón Santos, Autoridades nacional del reglamentación – El caso de la CMT, op. cit., p. 233.
44
L. 5 dicembre 1988, n. 36, come da ultimo modificata dalla L. 23 dicembre 2003, n. 60.
45
Art. 14 della LGTe 32/2003.
46
D. Terrón Santos, Autoridades nacional del reglamentación – El caso de la CMT, op. cit., p. 235-239.
47
La funzione, già prevista genericamente nella L. 27 novembre 1997, n. 54, di regolazione del settore
elettrico, è disciplinata dalla disposizione addizionale n. 11 alla L. 7 ottobre 1998, n. 34, di regolazione degli
idrocarburi e dal regolamento interno della CNE Real Decreto 31 luglio 1999, n. 1339.
145
parte del ministero competente in materia, esercita le proprie funzioni in piena
indipendenza, risultando soggetto solo alla legge 48.
Le diverse autorità nazionali degli Stati membri della UE trovano però nel livello
comunitario il loro più pieno significato e nella Commissione europea la guida, ultima
responsabile della disciplina della concorrenza 49. La sfera comunitaria ha quindi attratto
nella sua orbita quelle autorità già esistenti a livello nazionale, come nel caso tedesco,
mentre ne ha incentivato la costituzione in altre realtà che non avevano previsto tale
modello organizzativo, come in Italia e in Spagna.
La policy concorrenza è poi passata dalla fase di controllo centralizzato del legislatore
comunitario ad una forma decentralizzata che valorizza il lavoro delle autorità antitrust
nazionali e che è sintomo di reciproca fiducia e affidamento tra gli Stati membri e le
istituzioni comunitarie 50. Giuridicamente questi si realizzano e si implementano dal punto
di vista funzionale nella formazione di una rete della regolazione – il cd. concerto
regolamentare – e da quello organizzativo nella presenza di un duplice circuito di
appartenenza delle amministrazioni indipendenti, nazionale e comunitario.
2.2 I CONFLITTI TRA IMPRESE E UTENTI
Il problema dell’asimmetria informativa tra fornitori dei servizi e utenti riemerge in tutta la
sua urgenza dopo l’avvio del processo di liberalizzazione. Se è vero, infatti, che la
possibilità di scegliere liberamente tra più imprese fornitrici dei medesimi servizi
costituisce un nuovo strumento di controllo nelle mani dei consumatori, occorre però
osservare nel contempo che l’arretramento della gestione statale ha fatto venire meno le
precedenti garanzie insite nella protezione politica dell’utenza 51. Il regime del libero
mercato acuisce perciò l’esigenza di dare soluzione alle eventuali controversie che si
vengano a creare tra produttori e consumatori.
Non è un caso che un forte incentivo alla diffusione di tali rimedi non giurisdizionali sia
venuta dalla Commissione europea che, ravvisando una netta “sproporzione tra la portata
economica della controversia e il costo della risoluzione giudiziaria” 52, ha inteso offrire al
consumatore, figura centrale del modello sociale europeo, una via alternativa, più rapida ed
efficace, di composizione delle controversie, dettando alcuni standard minimi di tutela per
48
Cfr. G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della
rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, op. cit., pp. 178 e 183.
49
Si tratta del Regolamento (CE) N. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione
delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato.
50
Cfr. G. Majone, La crescita dei poteri regolativi nella Comunità Europea, in Rivista italiana di scienza
politica, 3/1995, p. 432.
51
Cfr. G. Della Cananea, Regolazione del mercato e tutela della concorrenza nella risoluzione delle
controversie in tema di comunicazioni elettroniche, op. cit., p. 606.
52
Considerando 2 della raccomandazione 98/257/CE.
146
“agevolar[n]e l’accesso alla giustizia” 53, quali la semplificazione delle procedure
giudiziarie per le liti di modesto valore economico, il miglioramento della comunicazione
tra imprese e consumatori per agevolare la ricerca di soluzioni concordate, nonché la
creazione di procedure extragiudiziali di conciliazione e arbitrato specifiche per i rapporti
di consumo.
Alla conformazione delle diverse discipline nazionali ai principi posti dal legislatore
comunitario è seguita quale contropartita una certa armonizzazione, destinata ad alimentare
lo sviluppo di un network europeo di ADR per la soluzione delle controversie
transfrontaliere 54.
Con l’adozione della Risoluzione Consiglio europeo del 25 maggio 2000, infatti, le
istituzioni comunitarie hanno costituito una rete, cd. European Extra Judicial Network
(EEJ-Net), in cui far confluire, attraverso un sistema di centri di compensazione (clearing
houses), tutte le procedure non giurisdizionali nazionali conformi agli standard
precedentemente individuati55.
La rilevanza del progetto comunitario è evidente se si considerano le controversie
transfrontaliere quali esternalità negative del processo di integrazione comunitaria. Lo
sviluppo di organismi e procedure composite tra i diversi livelli nazionali e quello
sovranazionale rappresenta peraltro prova della recente espansione amministrativa del
diritto comunitario, derivazione che dimostra quanto il progresso dell’integrazione abbia
cambiato il volto stesso della Comunità, trasformandola da struttura “che fa fare” in un più
complesso ordinamento che si implementa attraverso il riconoscimento delle libertà di
circolazione.
In Italia si è data concreta attuazione a tale opportunità con l’adozione del Codice del
consumo che, nel razionalizzare le diverse normative concernenti i processi di acquisto e
consumo al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti56,
ha conformato la disciplina della risoluzione extragiudiziale delle controversie tra
professionisti e consumatori ai parametri indicati a livello comunitario 57. L’adesione alla
prospettiva europea, che vede nel modello ADR un utile strumento per un’efficace
risoluzione dei conflitti, sembra confermata dall’affermazione della non vessatorietà di tali
53
Considerando 17 della raccomandazione 98/257/CE e considerando 2 e 5 della direttiva 2008/52/CE.
Cfr. S. Sticchi Damiani, Le forme di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione.
Disciplina vigente e prospettive di misurazione statistica, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario,
2003, pp. 752-755.
55
Risoluzione del Consiglio europeo del 25 maggio 2000 relativa ad “una rete comunitaria di organi
nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo”. Si osservi che dal 2001
un progetto analogo ha riguardato il settore dei mercati finanziari attraverso la costituzione della rete FINNet. Cfr. S. Sticchi Damiani, ivi, pp. 768-769.
Successivamente è stata costituita una nuova rete European Consumer Centres Network (ECC-Net),
operativa dal 1 gennaio 2005, che riunisce le precedenti EEJ-Net e FIN-Net.
56
D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, recante “Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29
luglio 2003, n. 229”, e successive modificazioni.
57
Art. 141 del d. Lgs. 206/2005.
54
147
previsioni, qualora vengano inserite nei contratti dei consumatori, sebbene sia
parallelamente ribadito il diritto di adire il giudice competente qualunque sia l'esito della
procedura di composizione extragiudiziale 58.
Ciò attesta un processo di rinnovamento dei luoghi e delle forme di tutela delle situazioni
giuridiche soggettive in corrispondenza dell’evoluzione dei rapporti giuridici, senza
rinunciare tuttavia alla garanzia suprema al ricorso giurisdizionale. L’esito è pertanto un
ampliamento della gamma di strumenti a disposizione del singolo per far valere le sue
ragioni.
In tale ottica, emblematico è ancora una volta il caso dell’Agcom, che dimostra di poter
offrire una tutela completa nel settore di riferimento essendo autorizzata dalla legge
istitutiva ad intervenire anche nei conflitti tra enti erogatori del servizio di
telecomunicazioni ed utenti privati59. In particolare, l’Autorità ha previsto che il tentativo
obbligatorio di conciliazione sia affidato ai Comitati regionali per le comunicazioni
competenti per territorio (CO.RE.COM.), riservandosi la decisione sulla controversia
esclusivamente in funzione di appello, qualora le parti lo richiedano, o di interpretazione
delle questioni controverse nel caso di conciliazione parziale 60.
In alternativa a tale procedura, il regolamento riconosce alla parti la possibilità di esperire
un analogo tentativo dinanzi ad altri organismi non giurisdizionali di risoluzione delle
controversie in materia di consumo nel rispetto dei principi stabiliti dalla
Raccomandazione della Commissione 2001/310/CE 61.
La disciplina introdotta nel 2003, in attuazione della direttiva 2002/22/CE, intende
rafforzare tale capacità extragiudiziale di dirimere le controversie in cui sono coinvolti
consumatori e utenti, attraverso una maggiore specificazione dei presupposti e delle
garanzie di tutela 62.
L’importanza di simili ricorsi è dimostrata anche dalla loro previsione presso altre autorità,
piuttosto diverse tra loro, quali la Commissione nazionale per le Società e la Borsa
(Consob), dove sono ammessi contro atti di organi ed enti operanti sui mercati mobiliari63,
e la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sull’esercizio del diritto di
sciopero nei servizi pubblici essenziali 64. In particolare, quest’ultima può, “su richiesta
congiunta delle parti interessate”, “emanare un lodo sul merito della controversia” qualora
58
Art. 141, commi 4 e 5, del d. Lgs. 206/2005.
Art. 1, comma 6, lettera a), n. 14), della L. 31 luglio 1997, n. 249, già attuato dall’Autorità con il la
delibera n. 182/2002/CONS e attualmente disciplinato dalla delibera n. 173/07/CONS, così come modificata
dalle successive n. 95/08/CONS e n. 502/08/CONS, recante “regolamento in materia di procedure di
risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazioni elettroniche ed utenti”.
60
Art. 14 della delibera n. 173/07/CONS, così come modificata dalle successive n. 95/08/CONS e n.
502/08/CONS.
61
Art. 13 n. 173/07/CONS, così come modificata dalle successive n. 95/08/CONS e n. 502/08/CONS.
62
Art. 84 del d. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, in recepimento dell’art. 34 della direttiva 2001/22/CE.
63
Art. 25 della delibera 8674 del 17 novembre 1994 e successive modificazioni, recante “Regolamento
concernente l’organizzazione e il funzionamento della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa”.
64
Art. 13, comma 1, lettera b), della L. 12 giugno 1990, n. 146.
59
148
si prospettino problemi nell’interpretazione o nell’applicazione dei contratti collettivi o dei
codici di autoregolamentazione riguardo alle prestazioni indispensabili da assicurare in
caso di sciopero.
Di diverso indirizzo è la Gran Bretagna, dove la risoluzione delle controversie davanti alle
autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità svolge un ruolo di chiusura, dal
momento che queste rappresentano soltanto l’ultima sede extragiudiziale in cui comporre i
complaints, in un sistema formalizzato su tre livelli (cd. three-tier procedure) 65. In tale
ottica vanno perciò valutati i poteri di esaminare i reclami sui servizi di settore attribuiti
alle diverse autorità indipendenti, nate sull’onda delle privatizzazioni avviate dai governi
Thatcher. Differente è il caso degli Administrative Tribunals che, nati essenzialmente con
funzioni amministrative di natura giustiziale e mutatisi poi in veri e propri organi
giurisdizionali 66, nelle proprie diversificate aree di competenza sono preposti anche alla
risoluzione dei conflitti tra gestori di servizi e utenti, come dimostra l’archetipo della
Railway and Canal Commission (RCC), sorta nel 1873 67.
2.3 I CONFLITTI TRA PRIVATI CITTADINI
Quando le autorità sono chiamate a tutelare diritti individuali fondamentali, si possono
trovare ad arbitrare controversie anche tra singoli cittadini. Questo genere di conflitti è
particolarmente evidente nella realtà anglosassone degli Administrative Tribunals e dei
Conciliatory bodies, che vantano una consolidata tradizione nella risoluzione di conflitti
nei loro particolari ambiti di competenza. La casistica delle controversie che affrontano
queste strutture, talvolta permanenti ed in altri casi costituite ad hoc, è piuttosto
diversificata ed abbraccia l’intera gamma dei conflitti che si possono sollevare tra
l’amministrazione e i cittadini o tra i singoli cittadini nell’applicazione dei servizi del
welfare ai singoli casi concreti68.
65
Ai sensi del Competition and Service Utilities Act 1992, le controversie devono venire innanzitutto
composte indirizzando reclami alle stesse società erogatrici dei servizi; quindi, laddove non si pervenga ad
una soluzione soddisfacente, l’azione può essere riproposta davanti ad organi indipendenti, cd. Consumer
Councils, che funzionano da filtro per un eventuale intervento delle autorità di regolazione, che sarà dunque
soltanto successivo e riguarderà pertanto questioni complesse di difficile conciliazione.
66
Tribunals, Courts and Enforcement Act 2007. In particolare, tale legge ha affidato gli administrative
tribunals funzioni di judicial review su specifiche materie, da esercitare con le stesse procedure, gli stessi
poteri e secondo gli stessi principi dell’High Court. Questa riforma ha in qualche modo disciplinato la
duplice “natura [degli Administrative Tribunals] di corti (..) inserit[e] nell’apparato amministrativo” (H.W.R.
Wade, Diritto amministrativo inglese, ed. italiana a cura di C. Geraci, Giuffrè, Milano, 1969, p. 341), che la
dottrina aveva riconosciuto nella loro funzione di disposition of competing claims.
67
Cfr. E. Balboni, Amministrazione giustiziale, Cedam, Padova, 1986, pp. 51 ss.
68 In tale eterogeneità difficilmente si può sintetizzare efficacemente le fattispecie, tanto più che fino alla
riforma del 2007 ogni Tribunal vantava caratteristiche proprie quanto a composizione, procedimenti
decisionali e tipologie di controllo giurisdizionale sulle decisioni assunte. Si ricordi, tuttavia, l’intervento del
Tribunals and Inquiries Act 1958, che aveva tentato una prima razionalizzazione nella giungla dei tribunali
speciali, a seguito delle osservazioni formulate dal Franks Commitee nel 1957, volte principalmente a
conformare l’azione dei tribunali agli obiettivi di openness (chiarezza), fairness (correttezza) ed impartiality
(imparzialità), nonché a definirne un sistema omogeneo di controllo sull’organizzazione e sul procedimento.
Cfr. H. W. R. Wade, Diritto amministrativo inglese, op. cit., pp. 349-363.
149
I conflitti tra privati cittadini costituiscono una fattispecie contenziosa rinvenibile nei
ricorsi e nei reclami al Garante per la protezione dei dati personali. La tutela dei dati
personali costituisce, infatti, un particolare profilo di competenza, potenzialmente in grado
di afferire a qualsiasi materia. La trasversalità del tipo di controversie che si presentano
dinanzi al Garante rende le fattispecie di conflitto piuttosto diversificate e, sulla base della
titolarità del trattamento e delle sue caratteristiche, suscettibili di rientrare in tutte le
tipologie contenziose, dunque anche in quelle tra privati cittadini, che rappresentano
l’azione più simile al giudizio. Il procedimento dinanzi al Garante italiano, similmente a
quanto accade davanti all’Information Commissioner’s Office (ICO) inglese, mette in
evidenza il ruolo conciliatorio dell’autorità, dal momento che il ricorso è possibile soltanto
dopo aver manifestato al titolare del trattamento le proprie richieste.
Un’implicita forma di potestà arbitrale è riconosciuta anche all’Agencia de protección de
datos spagnola, che ha competenza decisoria sui reclami degli utenti che si ritengano lesi
nel proprio diritto alla riservatezza, potendo valutare l’esistenza della violazione e disporre
le opportune misure per ripristinare l’integrità della situazione soggettiva violata 69.
Parte III
Tutela giustiziale e garanzie procedimentali
L’attribuzione della funzione di tipo arbitrale, se non giudiziale, richiede la previsione di
garanzie tali da consentire ai ricorrenti di godere di condizioni di effettiva tutela
nell’intraprendere una via alternativa alla giurisdizione per la composizione dei conflitti. In
caso contrario si rischia di svuotare di significato la stessa competenza conferita,
rendendola priva di fondamento nell’economia del sistema giustizia.
Tali garanzie devono essere ricercate tra quelle proprie della funzione assolta, perciò
nell’ambito del processo. È vero, però, che l’esercizio della stessa a livello amministrativo
implica diversi presupposti organizzativi, al cui interno occorre identificare fattivamente le
diverse forme di tutela.
La mancanza costitutiva delle tradizionali garanzie che assistono il giudice nell’esercizio
delle sue funzioni, ossia il presupposto soggettivo della terzietà e quello oggettivo delle
regole del processo, deve pertanto essere surrogata dalla presenza di ulteriori requisiti, di
carattere amministrativo, capaci di mimare a questo livello quelle previsioni.
Se da una prospettiva soggettiva è la condizione di indipendenza che, pur nei suoi limiti, si
erge a tutela delle parti a fronte della loro rinuncia a scegliersi liberamente un arbitro o a
69
Cfr. Legge organica di regolazione del trattamento automatizzato dei dati di natura personale (LORTAD)
del 29 ottobre 1992, n. 5, art. 36, lettera d), così come modificata dalla L. 13 dicembre 1999, n. 15, art. 18.
150
ricorrere ad un giudice naturale 70, dal punto di vista oggettivo si assiste all’articolazione
del procedimento secondo logiche di tipo processuale, che mirano a plasmarlo in
conformità al canone del due process of law.
Tale clausola, affermatasi inizialmente nella cultura anglosassone della common law, quale
espressione del principio della rule of law71, ha trovato riconoscimento nel V e nel XIV
emendamento del Bill of Rights americano del 1791 quale garanzia costituzionale
dell’inviolabilità del diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà se non a seguito di un
giusto processo. Data la sua applicazione anche nei confronti dei pubblici poteri in
conformità al principio dell’unicità del diritto, non è un caso che non sussista una
distinzione terminologica nella lingua inglese tra procedimento amministrativo e processo
giurisdizionale, ma si indichi, invece, con l’unica espressione di process azioni che, pur
avendo finalità diverse, si conformano allo stesso principio, che si definisce essenzialmente
nel confronto endoprocedimentale tra le parti.
Al contrario, la concezione di uno statuto speciale dell’amministrazione, storicamente
fondato sull’imperatività e l’autoritarietà dei provvedimenti, ha determinato negli
ordinamenti di civil law lo sviluppo di differenti strumenti di tutela, posteriori all’adozione
del provvedimento, quali i ricorsi giurisdizionali ed amministrativi. L’affermazione del
procedimento amministrativo, quale sede in cui tutelare ex ante i diritti degli interessati, è
pertanto una conquista più recente nei paesi a droit administratif, se si escludono i casi
dell’ordinamento spagnolo e di quello austriaco 72, ed è avvenuta principalmente in
corrispondenza della ricerca di un riequilibrio nei rapporti tra amministrazione e cittadini.
Nonostante una progressiva convergenza in materia di partecipazione procedimentale tra i
sistemi giuridici di common law e civil law, diverse risultano ancora le articolazioni
nazionali del principio del giusto procedimento. Se, infatti, nella prima area culturale
maggiore rilevanza è accordata al principio di giustizia naturale dell’audi alteram
partem 73, nella seconda la fairness del procedimento si esprime piuttosto nella possibilità
70
Cfr. considerando 11 e art. 1 della raccomandazione 1998/257/CE, nonché considerando 10 e art. 2, lettera
A, della raccomandazione 2001/310/CE. Inoltre, art. I, 3, comma 2, lettera b), dell’appendice alla
raccomandazione 9/2001 del Consiglio d’Europa.
71
Si osservi che la Magna Charta Libertatum dispone alla Clausola 39 che “nessun uomo libero sarà
arrestato, imprigionato, privato dei suoi beni, messo fuori legge, esiliato o in alcun modo menomato; e noi
non metteremo né faremo mettere mani su di lui, se non per giudizio dei suoi pari e secondo la legge del
paese”.
72
Cfr. Ley de Bases de Procedimiento Administrativo del 1889 e le quattro leggi austriache sul procedimento
del luglio 1925 (una legge d’introduzione alle leggi sul procedimento amministrativo, una generale sul
procedimento amministrativo, una sul procedimento amministrativo-penale, cioè sulle contravvenzioni
amministrative, una sul procedimento amministrativo di esecuzione). Si osservi, inoltre, che in Italia l’art. 3
dell’allegato E alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, di abolizione del contenzioso amministrativo, attribuiva la
tutela degli “affari non ricompresi” nella competenza del giudice ordinario, i cd. interessi legittimi,
all’autorità amministrativa, disponendo i fondamentali principi del giusto procedimento. Di fatto, però, tale
previsione è rimasta inattuata, tanto che la riforma Crispi del 1889 ha affidato la tutela di tali interessi al
Consiglio di Stato, istituendone la IV sezione e dando luogo al modello duale di giustizia attualmente
presente in Italia.
73
Cfr. R. Stewart, The reformation of american administrative law, in Harvard Law Review, 1975, pp. 16671813. L’Autore osserva come tale principio non solo costituisca la principale attuazione del due process of
151
dell’interessato di essere messo a parte dell’azione dell’amministrazione, attraverso
l’accesso ai documenti amministrativi e l’obbligo dell’amministrazione di motivare le
proprie decisioni 74.
Un forte incentivo alla diffusione di tali principi è venuto dalla giurisprudenza della Corte
di giustizia, che ha elevato a principi fondamentali del diritto comunitario il diritto al
contraddittorio tra le parti e il diritto ad essere ascoltati, fino a giungere alla loro
codificazione nella Carta dei diritti dell’Unione europea, quali componenti imprescindibili
del diritto ad una buona amministrazione, insieme al diritto di accesso ai documenti e
all’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni 75.
Si osservi, peraltro, che l’affermazione di tale diritto come formula di sintesi, che supera il
riconoscimento dei singoli fattori che lo costituiscono, insieme alla sua connessione
strutturale con la posizione della cittadinanza, attesta l’introduzione di un nuovo principio
generale del diritto amministrativo, ispirato al paradigma dell’equità e della giustizia
sostanziale quali limiti e guide della discrezionalità dell’azione amministrativa e delle
stesse pretese dei singoli individui che con questa vengano in contatto. Non sfugge come in
questo modo vengano poste le basi per la costruzione di un procedimento amministravo
comunitario, di cui la buona amministrazione costituisce il nucleo embrionale.
law, ma sia anche fonte di legittimazione dell’azione amministrativa. Si osservi che tale garanzia nel Regno
Unito trova un limite nei casi di delegated legislation, ossia nell’attività normativa della pubblica
amministrazione, mentre risulta più estesa nell’ordinamento statunitense, che ha fatto del principio di
partecipazione uno strumento di rappresentanza degli interessi nei procedimenti di rule-making. Sul punto si
veda S. Battini - B.G. Mattarella - A. Sandulli, Il procedimento, in G. Napolitano (a cura di), Diritto
amministrativo comparato, Giuffrè, Milano, 2007, pp. 122-124.
74
Per la Francia, cfr. L. 17 luglio 1978, n. 753, “portant diverses mesures d’amélioration des relations entre
l’administration e le public et diverses dispositions d’ordre administratif, social et fiscal”, sulle relazioni tra
Pubblica amministrazione e cittadini e il diritto d’accesso; L. 11 luglio 1979, n. 587, “relative à la motivation
des actes administratifs et à l'amélioration des relations entre l'administration et le public”, sull’obbligo di
motivazione; il decreto 28 novembre 1983, n. 1025 recante “Relations entre l'Administratione et les usagers”;
loi n. 321 du 12 avril 2000, “relative aux droits des citoyens dans leurs relations avec les administrations”.
Per la Germania, cfr. la legge federale sul procedimento amministrativo (Verwaltungsverfahrensgesetz VwVfG) del 1976, che nel riconoscere il diritto all’audizione ha concesso un’ampia discrezionalità
all’amministrazione nella definizione di limiti e condizioni ed ha escluso la rappresentazione degli interessi
collettivi o diffusi (§ 28 e 66 VwVfG). Maggiori garanzie di partecipazione si riscontrano, però, nei
procedimenti di pianificazione urbanistica e nel settore delle politiche ambientali, dove trovano audizione
anche gli interessi collettivi e diffusi.
Per la Spagna, cfr. art. 105 della Costituzione, nonché artt. 35- 40 della L. 30/1992, come modificata dalla L.
4/1999, relativa al “Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y de Procedimiento Administrativo
Común”. Si osservi che in quest’ultimo paese il diritto al contraddittorio si realizza prevalentemente in forma
scritta, sebbene il diritto ad essere ascoltati sia ritenuto, in analogia con gli ordinamenti di common law, un
“eterno principio de justicia”, la cui violazione può comportare la nullità del provvedimento stesso, come
emerge dalla giurisprudenza del Tribunal Supremo (cfr. sentenze 19 febbbraio 1963; 29 aprile 1972; 20
ottobre 1980).
75
Art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Cfr. R. Bifulco, Art. 41, in R. Bifulco - M.
Cartabia - A. Celotto (a cura di), L’Europa dei diritti, commento alla Carta dei diritti fondamentali, Il
Mulino, Bologna, 2001, pp. 285-293. Si osservi che l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona conferirebbe
alla Carta il carattere obbligatorio e vincolante di cui è stata fino ad oggi sprovvista.
152
In questa prospettiva, diviene decisivo verificare lo stadio di processualizzazione dei
procedimenti dinanzi alle autorità amministrative indipendenti per verificare lo stesso
grado di assolvimento della funzione in esame: è, pertanto, negli interstizi della procedura
che si viene a giocare la partita per la determinazione dell’effettività della tutela e che si
realizza, dunque, la libertà.
Tale dato impone una scelta metodologica, poiché analizzare singolarmente ogni tipologia
procedimentale che si svolga dinanzi a ciascuna autorità permetterebbe certamente di
cogliere in maniera dettagliata la rilevanza dei profili procedurali, ma rischierebbe di
sacrificare l’esame sull’effettiva attuazione dei principi del giusto procedimento, che
invece si intende far emergere come filo rosso della trattazione per verificare la sussistenza
di un comune denominatore che si erga a nucleo fondamentale, livello essenziale, della
funzione giudicante, anche presso le autorità indipendenti.
In questa prospettiva, si analizzano gli sviluppi che hanno ricevuto i principali istituti del
due process – il contraddittorio tra le parti, diritto di difesa, obbligo di motivazione – per
stabilire il grado di sovrapponibilità delle discipline e delle garanzie.
3.1 IL CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI
Il primo requisito necessario per valutare l’affidabilità nell’esercizio della funzione in
esame è la verifica dell’attuazione del contraddittorio tra le parti, ossia della “possibilità,
per tutte le parti interessate, di far conoscere il proprio punto di vista all’organo
competente e di prendere conoscenza di tutte le posizioni e di tutti i fatti avanzati dall’altra
parte, nonché eventualmente delle dichiarazioni degli esperti” 76.
In tal modo si accerta, infatti, la tenuta dei procedimenti svolti presso le autorità
indipendenti all’interno degli ordinamenti democratici, dal momento che il rispetto del
contraddittorio fa sì che ci sia un avvicinamento esponenziale alle dinamiche tipiche della
massima espressione delle garanzie di tutela, il processo.
È comune alle tradizioni giuridiche di common e civil law il fatto che le decisioni
amministrative di carattere quasi judicial siano assunte seguendo un procedimento che
tende ad approssimarsi al paradigma della decisione giurisdizionale 77. È vero, però, che la
struttura più snella delle authorities rispetto all’impianto del sistema giurisdizionale
comporta una diversa attuazione, più elastica, del principio in esame.
76
Art. 3 della raccomandazione 98/257/CE. Inoltre, art. 2, lettera D, comma 1, lettera b), della
raccomandazione 2001/310/CE.
77
Cfr. J. Bell, Administrative procedure in France and England, in L. Torchia (a cura di), Il procedimento
amministrativo: profili comparati, Cedam, Padova, 1993, p. 21; S. Battini - B.G. Mattarella - A. Sandulli, Il
procedimento, in G. Napolitano (a cura di), Diritto amministrativo comparato, op. cit., pp. 110-118.
153
È pertanto opportuno considerare il fatto che spesso i procedimenti davanti a queste
autorità assumono un carattere informale, che si inscrive nella logica della semplificazione
delle procedure, intendendo con ciò giungere ad una soluzione più tempestiva delle
controversie, senza peraltro diminuire il livello di garanzie.
È significativo che autorevole dottrina ritenga il contraddittorio “un principio giuridico
generale di carattere costituzionale, che si manifesta ogni qualvolta la funzione svolta sia
retta dalla ragione dell’imparzialità” e che “non coincide, di per sé, con il processo”, ma è
piuttosto, “prima di tutto, una condizione extraprocessuale del processo medesimo” 78.
Il diritto al contraddittorio non deve perciò essere analizzato in maniera meramente
formale o pedissequamente giurisdizionale 79, ma deve piuttosto essere compreso quale
principio sostanziale nelle dinamiche proprie dei singoli apparati amministrativi.
Non si tratta soltanto di garantire la correttezza del giudizio dal punto di vista tecnicoprocessuale, ma si pone invece l’ulteriore obiettivo di tutelare sostanzialmente,
fattualmente, i diritti degli interessati80. In particolare, occorre conciliare l’esigenza che il
procedimento sia due con quella di offrire alla controversia una soluzione tempestiva, che
difficilmente si potrebbe ottenere adottando pedissequamente le medesime regole della
procedura giurisdizionale. Non si deve, dunque, identificare nel procedimento una mera
duplicazione del processo, ma occorre piuttosto rintracciarvi alcuni indispensabili requisiti,
che permettano alle parti di fornire tutti gli elementi per escludere l’arbitrarietà della
decisione.
In tale ottica, si comprende come il crescente numero di soggetti che possono ricorrere alla
sua consultazione abbia indotto il Conseil de la concurrence francese ad accentuare il
carattere di contraddittorio nelle proprie procedure 81. Inoltre, sono evidenti le ragioni della
78
F. Benvenuti, Contraddittorio (dir. amm.), voce in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, vol. IX, 1961,
p. 739.
79
Non è un caso che la Federal Trade Commission americana (FTC), ricalcando in una complessa procedura
di adjudication la disciplina del processo, si sia trovata a dover “sposta[re] progressivamente il focus
dell’azione verso le procedure non aggiudicative”, che “costituiscono il complesso dell’implementazione non
formale della legge (informal enforcement), basato essenzialmente sulla ricerca di una soluzione consensuale
del caso, prima di intraprendere la via del procedimento di aggiudicazione”; G. Giraudi - M.S. Righettini, Le
autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della rappresentanza alla democrazia
dell’efficienza, op. cit., pp. 158-159.
80
Sulla complessa distinzione individuata dalla dottrina americana tra procedural due process, in quanto
garanzia della cd. fairness del giudizio, e substantive due process, quale invece garanzia di formazione
giurisprudenziale dei diritti sostanziali di libertà e proprietà, ovvero veicolo per incorporare nella
Costituzione certi valori che non sono da questa espressamente protetti. Cfr. V. Varano e V. Barsotti, La
tradizione giuridica occidentale, vol. I, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 316-318; D.J. Galligan, Due Process
and Fair Procedures. A Study of Administrative Procedures, Clarendon Press, Oxford, 2004, pp. 191-192. Si
osservi, inoltre, che quest’ultimo Autore ha riscontrato nella stessa nozione anglosassone di rule of law il
duplice significato del due process, ravvisandone i profili sostanziali nel fatto che diritti e libertà possano
essere disciplinati soltanto con legge e gli aspetti procedurali nella verifica dell’adeguatezza del
procedimento adottato per determinare se un’azione sia giustificata dal diritto. Cfr. D.J. Galligan, ivi, p. 178.
81
Cfr. G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della
rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, op. cit., p. 172.
154
preferenza accordata negli U.S.A. alla cd. informal action, subordinata ad alcune garanzie
a tutela dei terzi – quali l’adozione da parte delle agencies di procedure autolimitanti il loro
potere e sottoposte al controllo giurisdizionale – nonché alla consolidata giurisprudenza in
materia di due process, che ne impone il rispetto in presenza di circostanze definite 82.
Accade, quindi, che il ricorso a procedimenti informali sia limitato ai casi in cui non si
riscontri un’incidenza diretta della decisione sul singolo individuo, ossia egli non risulti
“exceptionally affected (..) on individual ground” 83, e l’accertamento dei fatti non sia
suscettibile di valutazioni discrezionali, ma sia invece vincolato dalla sussistenza di
elementi oggettivi e dipenda al più da giudizi di carattere tecnico.
Fondamentale è poi la natura dell’interesse leso, dal momento che qualora vengano in
gioco diritti costituzionalmente tutelati, quali la vita, la libertà e la proprietà, di cui al V e
XIV emendamento, è necessario seguire le garanzie procedurali minime offerte dalla
clausola del due process 84. In tal modo lo spazio concesso alla trattazione informale risulta
qualitativamente ridotto e si dimostra funzionale all’accelerazione dell’azione di
adjudication, in favore della realizzazione dell’obiettivo di giustizia. Non è un caso che a
tale procedimento si ricorra per le transazioni e gli accordi stragiudiziali raggiunti dalle
agencies con le imprese che abbiano violato la normativa di settore, sebbene ne sia
scaturita la necessità di implementarne il livello di trasparenza e controllabilità da parte di
soggetti terzi – in primis dei consumatori – introducendo procedural rules tali da
consentire la presentazione di osservazioni sulla proposta di accordo 85.
In questa logica, sono i regolamenti procedimentali delle diverse autorità a diventare
autonoma fonte, fondamentale per stabilire il grado di approfondimento delle garanzie o, al
contrario, il loro carattere sommario. Da un’analisi comparativa delle diverse esperienze
nazionali emerge, da questo punto di vista, una certa omogeneità, nel senso che è diffusa la
consapevolezza del fatto che la realizzazione del contraddittorio tra le parti sia un diritto
imprescindibile.
Un notevole contributo in questa direzione è venuto dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia, che lo ha reso un principio generale dell’ordinamento comunitario, da applicarsi
ogni qualvolta l’esercizio del potere amministrativo possa pregiudicare i diritti degli
amministrati86.
82
Cfr. B. Marchetti, Pubblica amministrazione e Corti negli Stati Uniti, Cedam, Padova, 2005, p. 80.
Bi-Metallic Investment Co. V. State Board of Equalization, 239 U.S. 373 (1915).
84
Cfr. B. Marchetti, Pubblica amministrazione e Corti negli Stati Uniti, op. cit., pp. 84-85.
85
Cfr. B. Marchetti, ivi, p. 80.
86
CGCE 23 ottobre 1974, Transocean Marine Paint Association v. Commissione delle Comunità europee, C
17/74, in Racc. 1974, p. 1063; CGCE 21 settembre 1989, Hoechst AG v. Commissione delle Cominità
europee, C riunite 46/87 e 227/88, in Racc. 1989, p. 2859; Cfr. A. Massera, I principi generali, in M.P. Chiti
- G. Greco (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, Giuffrè, Milano, 2007, pp. 345-347.
83
155
Del resto, è lo stesso sistema di dispute resolution a reclamarlo quale elemento
essenziale 87, in quanto strumento per definire in modo corretto i termini della controversia
ed adottare corrispondentemente una “giusta” decisione, secondo un concetto presente in
nuce in tutti gli ordinamenti di diritto, sebbene poi declinato in vario modo nei diversi
sistemi costituzionali.
Interessante è, da questo punto di vista, la soluzione contemplata nell’ordinamento
spagnolo, dove alle autorità indipendenti chiamate a svolgere la funzione arbitrale si
applicano, oltre alla disciplina di settore e ai principi generali del regime giuridico della
P.A. 88, le disposizioni previste nella legge sull’arbitrato. Tale rinvio rafforza, quindi, le
garanzie pure previste nei singoli regolamenti delle autorità – come ad esempio il RD
1994/1996 della CMT – nel riconoscere il diritto al contraddittorio, all’udienza dei soggetti
interessati e la libertà di prova. Allo stesso risultato giunge l’opposta soluzione adottata
dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, che ha integrato nel suo seno il sistema
dell’arbitrato rituale. Infatti, le controversie di settore tra imprese e stazioni appaltanti
vengono affidate alla risoluzione di un vero e proprio collegio arbitrale, istituito però
presso la Camera arbitrale per i lavori pubblici, organicamente collegata all’Autorità e
preposta non solo a formare e a tenere l’albo degli arbitri, ma anche ad assicurare il
funzionamento del collegio giudicante 89. In tal modo si adottano le garanzie proprie del
modello arbitrale 90, senza rinunciare parallelamente ad ogni forma di controllo pubblico
sullo stesso, garantito in ultima istanza dalla certificazione del lodo arbitrale a cura
dell’Autorità stessa 91.
Il momento più delicato per la definizione del contraddittorio è l’attribuzione della qualità
di parte, conseguente alla comunicazione di avvio del procedimento. In quest’ottica, molto
puntuale è il regolamento della Consob che prevede che, qualora non vi abbia già
provveduto il ricorrente, sia la stessa Commissione a procedere all’integrazione del
contraddittorio attraverso la sua comunicazione ai soggetti “direttamente interessati ed
individuabili sulla base dell’atto impugnato”, che nei successivi venti giorni “possono
presentare deduzioni e documenti” in qualità di controinteressati92. Si osservi inoltre che lo
87
Tale principio è chiaramente affermato nella raccomandazione del Consiglio d’Europa del 5 settembre
2001, n. 9, quale standard a cui l’organismo non giurisdizionale incaricato della risoluzione delle
controversie deve necessariamente conformarsi. In particolare si veda l’art. 3, comma 2, lettera c) della
raccomandazione.
88
L. 26 novembre 1992, n. 30, recante “Régimen Jurídico de las Administraciones públicas y del
Procedimento Administrativo Común”. Si osservi che alle amministrazioni che non sono espressamente
escluse si applica anche la L. 14 aprile 1997, n. 6, recante “Organización y Funcionamento de la
Administración General del Estado”.
89
Art. 242 del d. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni, cd. Codice dei contratti pubblici, in
cui sono confluiti l’art. 32 della L. 11 febbraio 1994, n. 109 e gli artt. 149-151 del d.P.R. 21 dicembre 1999,
n. 554.
90
Si osservi che il Consiglio di Stato ha uniformato il procedimento di composizione del collegio giudicante
a quello tipico dell’arbitrato, dichiarando illegittimo il comma 3 dell’art. 150 del d.P.R. 554/1999 che
consentiva della Camera arbitrale di scegliere il terzo arbitro. Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 17 ottobre
2003, n. 6335.
91
Art. 9 del d.m. 2 dicembre 2000, n. 398.
92
Art. 25, comma 3, della delibera 8674 del 17 novembre 1994 e successive modificazioni.
156
stesso regolamento statuisce la facoltà di “chiunque abbia interesse alla contestazione” di
intervenire, “entro i termini della fase istruttoria”, fornendo ulteriori elementi di
valutazione 93. Tali previsioni, ricalcando la normativa italiana del procedimento
amministrativo, paiono accentuare il livello delle garanzie, rendendo il contraddittorio
pressoché perfetto, e nel contempo confermano la natura decisamente amministrativa della
procedura. Una simile impostazione sconta però il prezzo del quasi inevitabile
allungamento dei tempi di decisione che scaturisce dalla loro formalizzazione. Non può
non rilevarsi l’ambiguità delle istanze degli interventori, che sebbene esperibili soltanto
entro i termini dell’istruttoria rischiano di rallentare se non questa, la fase successiva del
procedimento, ossia quella decisoria.
È il rovescio della medaglia, che però può non diventare necessariamente un ostacolo
all’efficacia del procedimento – che trova il suo maggior pregio essenzialmente nella
tempestività – se i termini per l’integrazione del contraddittorio risultano comunque
contenuti e sono considerati perentori, ovvero siano tali quelli fissati per l’adozione della
decisione.
Essendo il rapporto tempi-risultati la scommessa delle procedure in esame, è evidente che
la prima relazione da regolare, attraverso un’operazione di bilanciamento, è quella tra
garanzie offerte nel procedimento e termini dello stesso, con l’obiettivo di ottimizzare la
resa di entrambi i fattori, offrendo le massime garanzie di tutela nel minor tempo possibile.
È altrettanto palese la difficile conciliabilità delle due istanze, che conduce a soluzioni di
compromesso, quali la definizione di termini certi e ragionevoli per la risoluzione delle
controversie e delle essenziali previsioni di tutela nello svolgimento dei procedimenti.
3.2 IL DIRITTO DI DIFESA
Il diritto di difesa, espressione del principio dell’audi alteram partem, costituisce l’essenza
stessa del giusto procedimento, il suo nucleo duro, come dimostra la connotazione
marcatamente difensiva che il concetto di contraddittorio tende ad assumere nella
giurisprudenza comunitaria 94. Rappresentando pertanto un momento imprescindibile per la
definizione e per la corretta decisione della controversia, i modi attraverso cui esercitare
tale diritto costituiscono un profilo fondamentale per determinare le stesse caratteristiche
del procedimento ed in particolare il suo grado di flessibilità e la sua capacità di assicurare
alle parti l’effettività della tutela.
I procedimenti dinanzi alle autorità indipendenti, seguendo la logica di semplicità propria
dei ricorsi amministrativi e delle stesse formule alternative di risoluzione delle controversie
93
Art. 25, comma 5, della delibera 8674/1994 e successive modificazioni.
CGCE 13 febbraio 1979, Hoffman La Roche, C 85/76, in Racc. 1979, p. 461; CGCE 20 giugno 1985, De
Compte, C 141/84, in Racc. 1985, p. 1951; inoltre, a livello internazionale, si veda la risoluzione 31/1977 del
Consiglio d’Europa. Cfr. A. Massera, Principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento
nazionale e ordinamento comunitario, in Diritto amministrativo, 4/2005, pp. 732-734.
94
157
(ADR), generalmente non prevedono l’obbligatorietà dell’assistenza legale 95, permettendo
di superare una parte delle spese poste in capo alle parti nell’accesso alla giustizia.
Se una simile scelta è significativa dal punto di vista squisitamente teorico, i fatti tendono
però a ridimensionarne la portata. È la spiccata tecnicità delle questioni che vengono
sottoposte alle autorità a determinare spesso, ipso facto, la necessità di avvalersi della
consulenza di professionisti. Il beneficio è, quindi, apprezzabile nella misura in cui
consente al privato cittadino di accedere a procedimenti giustiziali senza dover
necessariamente sostenere il costo fisso della difesa legale, a differenza di quanto accade in
molti ordinamenti per agire in sede giurisdizionale.
L’esercizio del diritto in esame si esplica poi nella duplice forma dell’audizione e della
presentazione di memorie scritte, che integrano una fattispecie complessa di
contraddittorio, volta a fornire all’amministrazione-arbitro tutti gli elementi per giungere
ad una giusta decisione.
L’audizione, cd. hearing, rappresenta forse l’istituto più peculiare e significativo di tali
procedimenti amministrativi, che più li avvicina allo schema processuale. Se ne trova
riscontro nella stessa Carta di Nizza che, considerando la difesa un principio generale
dell’ordinamento comunitario, conformemente all’interpretazione datane dalla Corte di
giustizia, eleva il diritto ad essere ascoltati a primo requisito necessario per garantire il cd.
diritto alla buona amministrazione 96.
La massima assimilazione allo standard processualistico si realizza nei procedimenti di
formal adjudication negli U.S.A., dove la difesa orale si svolge davanti all’Administrative
Law Judge (ALJ), il responsabile del procedimento, cui spetta la decisione finale, al quale
vengono presentati tutti gli elementi probatori del caso, che vengono esaminati anche con
una cross examination tra le parti. È interessante rilevare come lo status giuridico dell’ALJ
abbia conosciuto una significativa evoluzione già all’interno delle agencies dipendenti
dall’esecutivo, maturando fino a raggiungere l’attuale condizione di sostanziale
separatezza dal vertice politico dell’amministrazione, in funzione della valorizzazione del
suo ruolo giudicante 97. In un’analoga direzione si è mossa la Commissione europea, che
dal 1982 ha inteso rafforzare le garanzie di difesa del procedimento antitrust introducendo
la figura dell’Hearing Officer. Per il suo intervento con esclusivi compiti di vigilanza sulla
corretta conduzione dell’audizione, senza la previsione di ulteriori poteri decisori, lo si è
reso direttamente responsabile nei confronti del Commissario addetto alla concorrenza, e
non verso il direttore generale della DG concorrenza 98.
95
Cfr. artt. 4 e 7 della raccomandazione 1998/257/CE e art. 2, lettera C, comma 4, della raccomandazione
2001/310/CE; contra gli U.S.A., dove per lo svolgimento dei procedimenti formali è richiesta l’assistenza di
un avvocato.
96
Art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
97
Cfr. B. Marchetti, Pubblica amministrazione e corti negli Stati Uniti, op. cit., pp. 76-79.
98
Cfr. decisione della Commissione europea del 23 maggio 2001, relativa al mandato dei consiglieri auditori
per taluni procedimenti in materia di concorrenza (2001/462/CE, CECA); cfr. A. Pappalardo, Le autorità
antitrust indipendenti. Il caso dell’Italia e del Belgio, in AA. VV., Autorità indipendenti e principi
costituzionali, Cedam, Padova, 1999, pp. 61-62.
158
È bene, però, osservare come in altri contesti il momento dell’audizione esca
ridimensionato nella sua capacità evocativa di un più pieno modello di difesa, per far
spazio alla realizzazione di un contraddittorio scritto, forse più prosaico nei toni, ma
comunque efficace nella sostanza.
La stessa Commissione europea, nello stabilire l’inderogabilità del contraddittorio, ha
ritenuto tuttavia opportuno escludere l’obbligatorietà dell’audizione orale delle parti 99 e lo
stesso accade, ad esempio, nei ricorsi al Garante per la protezione dei dati personali, per i
quali la partecipazione all’audizione non soltanto è facoltativa, ma spesso sono le stesse
parti a rinunciarvi, dovendo sopportarne le spese. Inoltre, qualora si presenti all’audizione
soltanto una delle parti, per prassi, ma discrezionalmente, è il Garante a decidere se
trasmettere o meno il verbale alla controparte, a meno che questa non ne faccia espressa
richiesta. Ciò dimostra come gli elementi probatori siano forniti all’amministrazione
decidente preferibilmente in forma scritta, attestando la residualità del momento
dell’audizione nell’economia del procedimento. Tra i due estremi presentati si collocano
diverse e sfaccettate soluzioni, spesso non classificabili a priori, ma valutabili solo caso per
caso.
Certo è che valutare la rilevanza accordata al momento della hearing nell’ambito dei
procedimenti è determinante per comprendere come vengano effettivamente analizzate le
prove dall’amministrazione giudicante.
Se nel primo caso, infatti, si presuppone un metodo di raccolta ed elaborazione simile a
quello del processo civile, nel secondo è più evidente la somiglianza con la disciplina
italiana del giudizio amministrativo, dove il contraddittorio è prevalentemente scritto e
diversa è la capacità del giudice di apprezzare gli elementi probatori. Questo accade perché
diverso è l’oggetto del contendere, e quindi diversa è la formazione dei magistrati preposti
alle diverse giurisdizioni. Nel caso delle autorità indipendenti, data per presupposta
l’expertise dei soggetti giudicanti, la prevalenza di una forma di difesa non è tanto da
attribuire al tipo di situazioni giuridiche che vengono in evidenza nella controversia,
trattandosi di diritti soggettivi, ma piuttosto alla diversa conformazione del procedimento
stesso, che di fatto sotto il profilo delle forme di partecipazione tende ad oscillare tra il
modello del ricorso amministrativo e quello dell’arbitrato.
3.3 L’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE
In quanto provvedimenti di natura amministrativa, le decisioni delle autorità indipendenti
devono essere motivate. Il riconoscimento del principio a livello comunitario 100 ne ha
99
Considerando 16 della raccomandazione 98/257/CE.
Già il Trattato istitutivo della Comunità europea (TCe) prevede all’art. 253 (ex art. 190) l’obbligo di
motivazione degli atti adottati dalla istituzioni comunitarie. La violazione di tale norma, inoltre, determina
100
159
comportato un consolidamento tale da farlo assurgere tra gli stessi requisiti della buona
amministrazione, sanciti nella Carta di Nizza. In quest’ottica, la motivazione del
provvedimento viene a costituire una delle maggiori garanzie del corretto esercizio della
funzione di adjudication da parte delle Autorità indipendenti, rappresentando il momento
dell’assunzione delle responsabilità in capo all’amministrazione decidente, in quanto
strumento di esternazione del proprio agere di fronte alla collettività e non soltanto alle
parti della controversia 101.
Scongiurando l’arbitrarietà delle decisioni, infatti, il beneficio è duplice, essendo
immediatamente apprezzabile nei confronti dei contendenti, che vedono implementate le
proprie capacità di difesa, mentre giova implicitamente alla realizzazione dell’interesse
pubblico alla buona amministrazione, ed in primis alla trasparenza dell’azione
amministrativa.
In tal modo, l’adjudication diventa una fase di controllo ex post della più generale attività
regolatoria, poiché attraverso la motivazione si consente l’interpretazione autentica delle
regole. Ciò significa ammettere la possibilità che dai diversi casi sottoposti alle autorità si
formi una sorta di giurisprudenza che, in assenza di mutamenti nella normativa e
nell’interesse pubblico da perseguire, è destinata ad incidere sulle decisioni future della
medesima autorità. Non è un caso, ad esempio, che il Garante per la protezione dei dati
personali, quando una serie di ricorsi determina un filone nelle decisioni, adotti un
provvedimento generale sul tema, in modo da dare forza cogente a ciò che ha statuito nei
singoli casi concreti.
Il potere regolatorio delle autorità indipendenti si viene così ad arricchire di un metodo
case by case, di natura prettamente giudiziaria, capace di tradurre in formule normative
procedimenti individuali. Da qui si ricava un’utilità generale per la collettività, che si
costruisce sull’aderenza delle misure adottate alla realtà dei casi concreti.
Inoltre, l’importanza della motivazione si evince anche da un ulteriore aspetto, connesso
alla capacità della decisione di vincolare le parti al suo rispetto. In alcuni casi, infatti, viene
riconosciuto valore di titolo esecutivo a quanto disposto dall’Autorità 102, secondo una
scelta che rafforza esponenzialmente non solo l’impatto delle deliberazioni delle
amministrazioni indipendenti nella definizione della sfera giuridica delle parti nel caso
concreto, ma anche il valore che la collettività deve riconoscere al loro ruolo di organi
quasi-judicial. Si osservi, infatti, quanto una simile opzione non sia affatto ovvia, dal
una violazione del Trattato e delle sue forme sostanziali suscettibile di dar luogo ad un ricorso per
impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 230 TCe.
101
Cfr. J. Bell, Administrative procedure in France and England, op. cit., p. 26, che identifica nel “duty to
give reasons” l’accountability delle decisioni amministrative.
102
Art. 2, comma 24, lettera b), della L. 14 novembre 1995, n. 481; art. 150, comma 6, del d. Lgs. 30 giugno
2003, n. 196.
160
momento che una forma più consolidata e per certi aspetti raffinata di ADR, l’arbitrato,
necessita in Italia dell’omologazione del Tribunale per divenire esecutiva 103.
Ciò ribadisce ancora una volta quanto sia necessaria un’adeguata motivazione delle
decisioni, di modo che non risultino arbitrarie, aggravando significativamente la
condizione giuridica delle parti, e sfiduciando di conseguenza il ricorso a tali forme di
risoluzione delle controversie.
3.4 DALL’ADJUDICTION ALL’ADR: NUOVE PROSPETTIVE PER LE AUTORITÀ
INDIPENDENTI
Il quadro così delineato lascia spazi per identificare nell’attività di risoluzione dei conflitti
svolta presso le autorità indipendenti una nuova species del sistema delle Alternative
Dispute Resolutions (ADR).
Nate nell’area del diritto privato per risolvere in via extragiurisdizionale le controversie
insorte tra soggetti privati, il successo del modello ha condotto alla sua esportazione anche
nell’area pubblicistica in materia di conflitti tra cittadini ed autorità pubbliche.
In particolare, la fortuna di tali procedure è dovuta al sensibile apprezzamento del fattore
tempo e dei dati sostanziali della controversia, “che spesso appaiono più rilevanti del dato
giuridico applicabile”, nonché all’elasticità delle stesse 104.
A tali caratteristiche intrinseche, si aggiunga la causa esogena dell’“access to justice
problem” 105, ovvero della cd. crisi della giustizia dovuta all’incapacità delle corti di
continuare a garantire la migliore offerta di giustizia essenzialmente in ragione del loro
intasamento, posto spesso all’origine della stessa insoddisfazione della domanda: “al fondo
vi è l’esigenza, diffusa in tutti gli ordinamenti giuridici, di rispondere in modo efficace e
nuovo alla espansione della domanda di giustizia, tipica delle società evolute” 106. Da qui la
ricerca di forme alternative di tutela, più rapide, dunque meno costose e più capaci di
appagare i quaesita, che però non rinuncino alle basilari garanzie offerte dal tradizionale
sistema di giustizia.
Fondamentale in proposito è il lavoro svolto dal Consiglio d’Europa, che attraverso lo
strumento della raccomandazione ha in più occasioni incoraggiato e disciplinato il ricorso a
103
Art. 825, commi 2 e 3, del codice di procedura civile (c.p.c.).
M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla
giurisdizione, in M. P. Chiti, Mutazioni del diritto pubblico nello spazio giuridico europeo, CLUEB,
Bologna, 2003, p. 124.
105
C. Harlow - R. Rawlings, Law and Administration, Butterworths, London, 1997, p. 391.
106
M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla
giurisdizione, op. cit., p. 124.
104
161
forme di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione 107. Da ultimo, un forte
incentivo è venuto dalla raccomandazione 9/2001 108, che razionalizza l’utilizzo delle ADR
tra autorità pubbliche e cittadini.
In particolare, tale atto pone tra i caratteri inderogabili degli strumenti alternativi alla
giurisdizione alcuni principi che costituiscono il nucleo essenziale per una corretta
definizione della controversia, quali l’indipendenza e l’imparzialità del soggetto
giudicante, il rispetto del giusto procedimento e dell’uguaglianza tra le parti, la garanzia
della trasparenza, l’assicurazione dell’esecuzione della decisione raggiunta, nonché la
ragionevole durata del procedimento 109.
Se la raccomandazione in esame si concentra sulle tradizionali tipologie di ADR, quali il
reclamo, la conciliazione, la mediazione, la transazione e l’arbitrato, non è però da
escludere che anche altre forme di giustizia possano essere implementate seguendo tali
garanzie standard. In tale ottica il modello ADR si configura quindi come un sistema
aperto, suscettibile di aggiornamenti in relazione alle caratteristiche dei soggetti coinvolti e
della controversia.
Non a caso il principio dell’adeguatezza dello strumento ADR alle circostanze concrete è il
leitmotiv che percorre l’intera raccomandazione in esame 110, assurgendo a condizione
imprescindibile per assicurare lo stesso successo del procedimento e dunque la sua capacità
di sostituirsi al ricorso giurisdizionale.
Adottando una lettura più ampia dell’appropriatezza dell’ADR al contesto, si può giungere
a considerare tale la stessa attività di adjudication svolta presso alcune autorità
indipendenti per la peculiarità dell’oggetto. Si è visto, infatti, come i procedimenti di
risoluzione dei conflitti si richiamino ai medesimi principi stabiliti per le tradizionali ADR,
ovvero tentino come queste di soddisfare l’obiettivo giustizia adottando strumenti e
garanzie in grado di assicurare una corretta formazione della decisione finale.
Un simile prospettiva permette di compiere un netto salto di qualità nel giudicare la natura
dell’attività svolta presso le autorità indipendenti.
Aderire alla tesi dell’ADR significa nei fatti conferire a tali amministrazioni un significato
ulteriore nell’economia del sistema statale, rendendole espressione non soltanto di un
nuovo metodo di amministrare conseguente alla frammentazione del concetto di interesse
pubblico, ma anche di un nuovo modo di soddisfare la domanda di giustizia. Di
107
Raccomandazione 7/1981 sulle misure per agevolare l’accesso alla giustizia, che in appendice incentivano
l’utilizzo della conciliazione e della mediazione; raccomandazione 12/1986 concernente le misure per
prevenire e ridurre l’eccessivo sovraccarico delle corti, che incentiva, in alcuni specifici casi, il ricorso a
transazioni sia extragiudiziali che precedenti o in concomitanza dei procedimenti legali.
108
Raccomandazione 5 settembre 2001, n. 9, del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sulle
alternative ai conflitti tra autorità amministrative e privati.
109
Punto I.3, “Regulating alternative means”, dell’appendice alla raccomandazione 9/2001.
110
Punti 6 e 9 della raccomandazione del Consiglio d’Europa 9/2001 e punti I.2, I.3 e III dell’appendice alla
medesima raccomandazione.
162
conseguenza, l’esercizio di una simile funzione, seppur in forma extragiudiziale, rende tali
autorità indirettamente parti del sistema giustizia, senza modificarne la natura di
amministrazioni.
Questo appare l’estremo limite cui può spingersi la valutazione dell’attività delle autorità
indipendenti, pena una degradante confusione con il potere giudiziario che non ne
innoverebbe la sostanza, ma finirebbe piuttosto con l’avvilire la natura e le caratteristiche
di quest’ultimo. Queste sono quindi le colonne d’Ercole delle amministrazioni
indipendenti: oltre non l’oceano, ma il caos.
Parte IV
L’indice di successo del modello giustiziale: il ricorso giurisdizionale
Esito delle procedure di ADR in esame è una decisione amministrativa, non una sentenza.
Questa significativa distinzione è di preliminare rilevanza non soltanto per definire lo stato
dei rapporti giuridici tra le parti, ma anche per valutare l’impatto che la stessa ha
nell’ordinamento generale. Infatti, tale natura provvedimentale si caratterizza in minus
rispetto al grado di certezza e pienezza di tutela che può essere offerto alle parti da una
pronuncia giurisdizionale, o anche di arbitrato, ed è per questo motivo che in Gran
Bretagna si è avvertita la necessità di conferire a tali decisioni efficacia pari a quella delle
sentenze delle corti inferiori (cd. county courts) 111.
Diverso è il caso delle ADR presso la CMT spagnola, per le quali la previsione di un
carattere equivalente all’arbitrato comporta l’attribuzione al lodo dei suoi stessi effetti
giuridici.
La natura amministrativa determina, invece, la possibilità di ricorrere in sede giudiziaria
avverso simili statuizioni dell’amministrazione, secondo la tradizionale logica degli
ordinamenti afferenti allo Stato di diritto, e nel contempo garantisce all’interessato tutela
piena ed effettiva 112. In questa prospettiva acquista significato l’alternatività di tali
procedimenti, dal momento che qualora non soddisfino le esigenze delle parti non ne
pregiudicano la facoltà di agire in sede processuale.
Tali necessarie previsioni a salvaguardia dei diritti fondamentali non diminuiscono né
oscurano il valore di queste particolari forme di ADR, ma anzi ne rafforzano in primo
111
Cfr. P. Chirulli, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle
Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (l. 14 novembre 1995, n. 481), Commento all'art. 2
(Istituzione delle Autorità per i servizi di pubblica utilità), comma 24 lett. b (Pt. I), in Le nuove leggi civili
commentate, 2-3/1998, p. 388.
112
Cfr. M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative
alla giurisdizione, op. cit., p. 121, in cui l’Autore osserva come l’esperimento di procedure ADR non
precluda la tutela giurisdizionale “tanto per espressa garanzia costituzionale del diritto al giudice, quanto per
sicuro portato di principi generali quali, nei paesi di common law, il due process o il rule of law”.
163
luogo l’utilizzo, riducendo il rischio corso dagli interessati in caso di una pronuncia
sfavorevole ed aumentando parallelamente le opportunità di tutelare i propri interessi.
Nello stesso tempo, però, l’expertise che circonda e nutre tali procedure tende ad attestarle
quali sede non tanto alternativa, bensì appropriata per la risoluzione delle controversie 113.
In tal senso è emblematica la posizione già assunta dalla dottrina spagnola sull’opportunità
di istituire l’Agencia de protección de datos, dal momento che identificava nella
preposizione di un organo non giurisdizionale la garanzia di una tutela tempestiva e
tecnicamente qualificata del diritto alla privacy, in grado di sostituirsi efficacemente alle
costose decisioni dei Tribunali 114.
Un forte contributo è venuto anche dalla Comunità europea, che ne ha incentivato il
riconoscimento come sedi più adeguate a garantire i diritti in settori tecnicamente avanzati
e pertanto capaci di offrire una tutela “non già alternativ[a] alla giurisdizione ma
complementare e quindi ulteriore rispetto ad essa” 115. Ciò determina un duplice ordine di
conseguenze. In primo luogo, si assiste per tale via ad un’implementazione delle policies,
che si inquadrano nella mission delle autorità indipendenti, attraverso una forma di
controllo puntuale a posteriori sul rispetto delle rules precedentemente poste.
Parallelamente si verifica un arretramento del sindacato del giudice che, non godendo degli
stessi strumenti e delle medesime competenze delle authorities, si ritrova di fatto in una
posizione di controllo meno privilegiata.
Si rivela, quindi, estremamente necessario completare l’analisi con un’ulteriore riflessione,
volta a comprendere il grado di integrazione nel sistema di tali forme di risoluzione delle
controversie. Occorre, cioè, capire quanta fiducia si intenda accordare al modello
esaminato, considerando il rapporto che intercorre nei diversi ordinamenti tra il paradigma
giustiziale e il diritto di ricorrere in sede giurisdizionale. Pare, infatti, che a seconda della
collocazione che viene data al ricorso dinanzi alle autorità indipendenti in seno ai
presupposti del ricorso in via giurisdizionale si delinei una diversa valenza e
configurazione dell’istituto esaminato nell’ambito dell’ordinamento.
In questa prospettiva, si intendono analizzare le diverse relazioni di alternatività, di
reciproca indipendenza, passando per il caso della cd. giurisdizione condizionata, che
intercorrano tra il ricorso all’amministrazione e al giudice, per tracciare una scala nelle
garanzie offerte dal modello. Questa riflessione potrebbe per certi aspetti rilevarsi
forviante, per il fatto che intende trarre conclusioni definitive sul successo di un modello
da una circostanza – il rapporto con il ricorso giurisdizionale – che può dipendere da più
113
Cfr. S. De Felice, Le ADR (alternative dispute resolution) nei confronti della pubblica amministrazione,
relazione presentata al Convegno di Studi “Risoluzione stragiudiziale delle controversie e gestione
d’impresa: nuove prospettive per la conciliazione e l’arbitrato in materia societaria”, 25 settembre 2004, in
http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/defelice_adr.htm, p. 8.
114
Cfr. V.P. Lucas Murillo, El derecho a la autodeterminación informativa, Madrid, 1990, p. 140; M.
Heredero Higueras, La Ley organica 5/92 reguladora del Tratamiento automatizado de datos personales, in
Informatica Judicial y protección de datos personales, Gobierno Vasco, Departamento de Justicia, Vitoria,
1994, p. 67.
115
S. Sticchi Damiani, Le forme di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione. Disciplina
vigente e prospettive di misurazione statistica – Le iniziative comunitarie e del Consiglio d’Europa, op. cit.,
p. 745.
164
complesse dinamiche del sistema e non essere perciò univocamente interpretabile.
Tenendo presenti i limiti che la semplificazione comporta, si può però tentare una prima
classificazione dei procedimenti di ricorso secondo questa logica, che pur non essendo
completamente esatta è però in grado di fornire con buona approssimazione il quadro
ordinamentale su cui si innestano i ricorsi alle autorità indipendenti.
4.1 IL RAPPORTO DI ALTERNATIVITÀ
Questa relazione, sancendo il principio per cui electa una via non datur recursus ad
alteram, determina la forma più raffinata di surrogazione dell’ADR al tradizionale ricorso
in sede giurisdizionale, in quanto capace di rendere realmente alternativo il rimedio
stragiudiziale.
Ne offrono un chiaro esempio le previsioni di tutela dinanzi al Garante per la protezione
dei dati personali, che stabiliscono il carattere esclusivo della scelta di ricorrere a tale
Autorità, pena l’improponibilità della stessa istanza 116. Ciò significa rendere incompatibile
l’esperimento di un’azione giudiziaria con la presentazione della medesima domanda al
Garante, senza pregiudicare con ciò la successiva facoltà di richiedere un intervento del
giudice in sede di opposizione al provvedimento adottato dall’Authority 117.
Una simile soluzione dimostra la viva fiducia del legislatore nella capacità del Garante di
conciliare con soddisfazione delle parti le eventuali controversie in materia di privacy,
riconoscendo l’amministrazione indipendente quale sede naturale della loro risoluzione.
Tale scelta è forse dovuta anche ad un meno nobile, ma comunque rilevante, motivo di
economia giudiziaria, ossia al fatto che è il giudice ordinario ad essere preposto alla
definizione del contenzioso in materia di privacy. L’opzione dell’alternatività si configura
quindi anche come l’esito di un più ampio tentativo di alleggerire il carico di lavoro della
magistratura, eliminando almeno parzialmente dal suo esame un’intera categoria di
contenzioso, pur continuando ad assicurare il diritto costituzionalmente sancito alla tutela
giurisdizionale.
In tal modo però l’ADR viene a svolgere realmente la funzione per la quale è prevista e a
funzionare come catalizzatore delle istanze di conflitto, senza incorrere parallelamente nel
rischio di una privatizzazione della giustizia, dal momento che il soggetto arbitro rimane
pubblico.
Induce però a riflettere la scelta di rimettere l’opzione per l’alternatività esclusivamente
nelle mani dell’interessato, escludendo così i controinteressati, ovvero i titolari o i
responsabili del trattamento dei dati personali, dalla possibilità di eleggere la via
giurisdizionale 118.
116
Art. 145 del d. Lgs. 196/2003.
Art. 151 del d. Lgs. 196/2003.
118
Cfr. F. Garri, Ricorsi, in AA. VV., Codice della privacy, Tomo II, Giuffrè, Milano, 2004, pp. 1809-1813.
117
165
Tale previsione, infatti, non tutela il diritto dei controinteressati all’azione giurisdizionale,
come invece viene garantito in un altro procedimento alternativo, il ricorso straordinario al
capo dello Stato.
In questo caso, l’impugnazione di un provvedimento amministrativo è possibile di fronte al
Presidente della Repubblica entro centoventi giorni dalla sua emanazione 119, ovvero fino a
sessanta giorni dopo la scadenza del termine per intraprendere il ricorso giurisdizionale di
fronte al TAR competente.
Risalendo alla tradizione del ricorso al monarca, quale sovrano illuminato che può
rimediare ai torti commessi dai suoi uffici, tale rimedio è stato ritenuto costituzionalmente
compatibile dalla Corte costituzionale per il fatto di presentare le garanzie minime tipiche
del processo, oltre ad essere facoltativo 120.
In particolare, appare rispettato il principio della terzietà del giudice, dal momento che il
Consiglio di Stato è chiamato ad esprimere un parere relativamente vincolante 121, nonché
quello del contraddittorio tra le parti. A tale proposito, a tutela dei controinteressati si
prevede che questi possano entro sessanta giorni chiedere la trasposizione del ricorso in
sede giurisdizionale 122.
Una simile garanzia non è contemplata nel ricorso al Garante, ma una possibile ragione di
tale scelta è forse da rintracciare nella natura della pronuncia e quindi nei rimedi esperibili
nei suoi confronti. Infatti, se pure resta piuttosto controversa la collocazione
giurisdizionale del ricorso straordinario, questo è possibile solo per questioni di legittimità
del provvedimento amministrativo e non è ammessa una successiva impugnazione nel
merito del d.P.R. con cui è adottata la decisione 123. Il ricorso nel merito al Garante, invece,
non preclude una successiva azione giudiziaria di impugnazione del provvedimento
amministrativo disposto dall’Autorità.
119
Art. 9 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
Sentenza Corte costituzionale 2 luglio 1966, n. 78.
121
Artt. 11, 12, 13 e 14 del d.P.R. 1199/1971. In particolare il parere del Consiglio di Stato risulta vincolante
solo in maniera relativa, in quanto superabile da una deliberazione in senso difforme del Consiglio dei
ministri, su proposta del ministro competente. In tal modo l’art. 14 permette di spostare la questione dal piano
amministrativo-contenzioso al livello politico.
122
Cfr. art. 9, commi 2, 4 e 5 del d.P.R. 1199/1971 relativamente al contraddittorio e alla sua integrazione e
art. 10 per quanto riguarda l’opposizione dei controinteressati.
123
Sull’ammissibilità del ricorso solo per motivi di legittimità, cfr. art. 8 del d.P.R. 1199/1971. Sulla
successiva impugnazione della decisione adottata, cfr. art. 15 del d.P.R. 1199/1971 che consente il ricorso per
revocazione, nonché art. 10, comma 3, che prevede che il mancato esercizio da parte dei controinteressati
della facoltà di trasferire il ricorso in sede giurisdizionale preclude l’impugnazione della stessa dinanzi al
Consiglio di Stato, salvo che per vizi di forma o del procedimento.
Si osservi che il Consiglio di Stato ha sostenuto la tesi dell’assimilazione della pronuncia del ricorso
straordinario alla decisione giurisdizionale, prospettandone l’esecuzione con il giudizio di ottemperanza
(sentenza Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6695). Quest’impostazione è stata però respinta
dalla Corte di Cassazione, secondo la quale le garanzie previste nel procedimento non mutano la natura
amministrativa del decreto (sentenza Corte di Cassazione, S.U.,18 dicembre 2001, n. 15978).
120
166
In tale ottica, la valutazione di rimettere l’opzione per alternatività in capo al solo soggetto
interessato non sacrifica ex se i diritti dei terzi, ma ne rinvia soltanto il momento del loro
esercizio.
4.2 LA GIURISDIZIONE CONDIZIONATA
Con questo tipo di relazione si sancisce di fatto la funzione di filtro che la via
amministrativa può svolgere rispetto a quella giurisdizionale, scremando le questioni ed
offrendo una più rapida tutela ai diritti. Una simile soluzione ha trovato la sua prima
applicazione logica nei tradizionali ricorsi amministrativi, ossia in quei procedimenti di
secondo grado in cui si combina l’interesse del singolo a vedere tutelata la propria
situazione soggettiva contro gli atti amministrativi con quello della P.A. a riesaminarli nel
proprio seno, da una posizione privilegiata.
La scelta a favore della propedeuticità della via amministrativa rispetto alla facoltà di
esperire un ricorso giurisdizionale ha trovato una differente accoglienza all’interno dei vari
ordinamenti, dimostrando come non esista una regola generale, ma ci siano piuttosto
diversi modi di interpretare il rapporto tra amministrazione e giurisdizione.
Emblematico è da questo punto di vista il confronto tra le soluzioni offerte in merito da
Francia e Italia, dal momento che hanno dimostrato di attribuire un opposto valore alla cd.
giurisdizione condizionata, pur appartenendo alla medesima cultura di civil law e pur
perseguendo il medesimo obiettivo di effettività della tutela. Infatti, nonostante i due
ricorsi rimangano giuridicamente indipendenti e separati, la legislazione francese tende ad
incentivare l’obbligatorietà del previo esperimento della via amministrativa nel tentativo di
prevenire e limitare il contenzioso giurisdizionale. In Italia, invece, la stessa Corte
costituzionale ha trattato con severità le disposizioni volte a limitare l’immediatezza
dell’azione giudiziaria 124, ravvisando in questa la migliore forma di tutela.
Sintomatica è una recente ordinanza della Corte costituzionale riguardante la legittimità
dell’art. 1, comma 11, della Legge 249/1997 e degli artt. 3, 4, e 12 della deliberazione
dell’Agcom 182/02/CONS nella parte in cui prevedono obbligatoriamente l’esperimento
del tentativo di conciliazione dinanzi al Comitato regionale per le comunicazioni
territorialmente competente (CO.RE.COM.) prima di poter intentare l’azione
giurisdizionale 125. Pur non affrontando il merito della questione – e quindi non
esprimendosi sulla eventuale violazione dei principi di uguaglianza (art. 3 Cost.), di difesa
(art. 24 Cost.) e del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.) – la Corte
124
Sull’indirizzo maturato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale a partire dalla fine degli anni ’80,
cfr. in particolare Corte Cost. 11 dicembre 1989, n. 530. Inoltre, cfr. Corte Cost. 22 aprile 1997, n. 113, in cui
si riconosce la legittimità della giurisdizione condizionata nell’ordinamento militare, data la specificità dello
stesso.
125
Ordinanza Corte costituzionale 24 marzo 2006, n. 125.
167
sembra sposare la tesi sostenuta dalla difesa erariale di interpretare le norme in esame in
modo conforme a Costituzione, leggendo il tentativo obbligatorio di conciliazione quale
“condizione di mera procedibilità dell’azione” e non, dunque, di ammissibilità della stessa.
Un significativo esempio della profonda divergenza tra i due ordinamenti è offerto dalla
Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. Pur avendo le medesime funzioni
e, dopo le recenti modifiche introdotte in Italia dalla L. 15/2005 sul procedimento
amministrativo, condividendo anche gli stessi poteri, la Commission d'Accés aux
documents admistrativfs francese (CADA) continua a vantare un quid pluris nelle proprie
attribuzioni, rappresentato dal carattere obbligatorio del suo ricorso. Questa, infatti, si trova
ad operare in un ordinamento che ritiene di poter offrire un più alto grado di soddisfazione
al cittadino nell’esercizio del diritto di accesso attraverso una tutela di carattere non
giurisdizionale, la cui rapidità, supportata dall'autorevolezza del controllore, meglio
risponde all'obiettivo di garantire effettività al diritto. La scelta italiana di rendere soltanto
facoltativo tale ricorso sembra dimostrare invece che il primato del rimedio giurisdizionale
nelle controversie tra privati e P.A. non è tramontato, o quantomeno si attesta ancora come
la soluzione più garantista.
Queste riflessioni acquistano una nuova dimensione in riferimento allo schema delle ADR,
dal momento che la diversa posizione dell’amministrazione nel procedimento e la stessa
logica del sistema tendono ad incentivarne la preferenza rispetto alle tradizionali – e
comunque assicurate – forme di tutela giurisdizionale. Subordinare quest’ultima al previo
esperimento della via conciliativa significa dunque riconoscere il ruolo deterrente dello
strumento di risoluzione alternativa dei conflitti.
A tale proposito pare significativa la scelta compiuta dall’ordinamento italiano in materia
di controversie nel settore delle comunicazioni elettroniche. Infatti, nell’istituire l’Agcom
la si è elevata a sede in cui esperire un tentativo obbligatorio di conciliazione delle
controversie tra operatori o tra questi e gli utenti, da concludersi entro trenta giorni126,
incentivando così la finalità dell’ADR. La diffidenza italiana per i casi di giurisdizione
condizionata, rectius la maggior fiducia nelle garanzie offerte dalla tutela giurisdizionale,
riaffiora nella contestuale definizione di termini relativamente brevi, che intendono evitare
di arrecare un maggior pregiudizio ai diritti dell’interessato.
Con l’adozione del Codice del 2003 non sembra però rinnovarsi tale fiducia nel sistema,
dal momento che nella risoluzione delle controversie tra imprese si rende l’assunzione
della decisione da parte dell’Agcom cedevole rispetto all’intervento di altre forme di
risoluzione della controversia entro i termini stabiliti per la sua pronuncia 127, non
ammettendo più in questo modo non soltanto il rapporto di subordinazione del ricorso
giurisdizionale a quello amministrativo, ma anche la preminenza dell’accordo davanti
all’autorità rispetto ad altre forme di transazione. Nella normativa di settore rimane quindi
incompiuto il bilanciamento dell’interesse collettivo al funzionamento dell’ADR come
126
127
Art. 11 della L. 31 luglio 1997, n. 249.
Art. 23 del d. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259.
168
strumento di deflazione dei conflitti e controllo ex post della regolazione di settore con
quello individuale alla tutela dei propri interessi.
Un’ulteriore forma di giurisdizione condizionata è stata definita in relazione ai ricorsi
davanti all’Autorità italiana per l’energia elettrica e il gas (AEEG), per i quali fino alla
scadenza dei termini per la loro presentazione è sospesa la facoltà di ricorrere in sede
giurisdizionale 128. Si tratta di una fattispecie surrogatoria “imperfetta” 129, ma che
attraverso lo strumento dell’improcedibilità testimonia l’intenzione di accordare
precedenza a tali rimedi, facendo comunque salva la possibilità di scegliere la via
giurisdizionale. Nei fatti, però, questa volontà è mancata, non essendo mai stato emanato il
regolamento governativo volto a definire criteri, condizioni, termini e modalità per
l’esperimento di tali procedure paragiurisdizionali e lasciando così la disciplina in esame
inattuata.
È di tutta evidenza come in questa oscillazione sclerotica tra la scelta della giurisdizione
condizionata e il suo rifiuto a soffrirne è la coerenza del sistema.
4.3 LA RELAZIONE DI RECIPROCA INDIPENDENZA
Questo rapporto tra decisione amministrativa e pronuncia giudiziaria può dare origine a
due fattispecie logicamente opposte, che sono potenzialmente in grado di rappresentare la
massima fiducia nel sistema quasi-judicial delle autorità indipendenti oppure la minima
assimilazione delle sue dinamiche all’interno degli ordinamenti
.
La prima soluzione si realizza attraverso l’attribuzione a tali provvedimenti di un’efficacia
pari a quella di una pronuncia giurisdizionale: è il caso della Gran Bretagna, dove le
decisioni di tipo ADR delle autorità di regolazione sono equiparate alle sentenze delle
county courts. Similmente accade in Spagna e in Italia in tema di lavori pubblici, dove è
però la stessa adozione dello schema dell’arbitrato ad imporre la rinuncia alla
giurisdizione, in quanto strumento alternativo ed equivalente al processo 130. L’estremo
opposto si verifica quando la competenza paragiurisdizionale delle autorità indipendenti
non è generale e suscettibile di assicurare ogni forma di tutela, ma esclude
consapevolmente alcuni aspetti, che rimangono nella cognizione del giudice per il
principio di completezza dell’ordinamento.
Questo dimostra una certa prudenza del sistema nei confronti di tali organi amministrativi,
non essendo loro permesso di sostituire in maniera piena il proprio sindacato a quello
128
Art. 2, comma 24, della L. 481/1995.
P. Chirulli, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle
Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (l. 14 novembre 1995, n. 481), op. cit., p. 390.
130
Cfr. sentenze del Tribunal Constituciónal 15/1989, 62/1991 e 174/1995, dove si è stabilito che l’arbitrato
è uno strumento “equivalente” alla giurisdizione, con cui “le parti possono ottenere gli stessi obiettivi che con
la giurisdizione civile; (..) con tutti gli effetti della cosa giudicata”.
129
169
esercitato in sede giurisdizionale. Se ne ha un chiaro esempio in materia di risarcimento del
danno, che rimane esclusa dall’ambito di competenza delle autorità indipendenti, come nel
caso dello stesso Garante della privacy 131 o dell’Autorità antitrust.
La capacità di tale funzione di qualificare l’attività di dispensare giustizia, infatti, fa sì che
il suo esercizio venga limitato al corpus della magistratura.
L’apprezzamento di tale logica è particolarmente evidente nell’ordinamento italiano, in cui
il dualismo della giurisdizione riserva tale facoltà al giudice ordinario, a meno di
circoscritti casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ciò è sintomo di
attenzione alle caratteristiche della funzione giudiziaria. Infatti, se il giudice
amministrativo è tradizionalmente chiamato a sindacare gli atti della P.A., quello ordinario
è invece preposto alla tutela dei diritti dei singoli, e dunque naturalmente deputato a
soddisfare le richieste di risarcimento dei danni.
A tale proposito è interessante il caso dell’Autorità garante della concorrenza e del
mercato, la cui legge istitutiva prevede il ricorso alle Corti d’Appello per le azioni di
nullità, di risarcimento del danno e per i provvedimenti d’urgenza, mentre attribuisce
giurisdizione esclusiva al TAR Lazio sui provvedimenti dell’autorità 132.
Ciò costituisce un’ulteriore prova del fatto che l’attribuzione del compito di ADR è
strettamente funzionale all’espletamento della mission affidata alle autorità e non assurge
invece ad una più ampia potestà generale di offrire giustizia. Rimane dunque una
competenza essenzialmente di natura amministrativa, in conformità alla quale sono tutelati
i diritti delle parti.
Il sistema delle garanzie si dimostra quindi border-line tra la forma propria dei diritti
soggettivi e quella tipica degli interessi legittimi, dal momento che pur trattandosi dei primi
il contesto applicativo si avvicina molto a quello dei secondi.
4.4. UNA CHIAVE DI LETTURA
Il quadro così tracciato dimostra come il rapporto tra funzione giustiziale e funzione
giurisdizionale sia il riflesso della più ampia relazione tra funzione amministrativa e
giudiziaria nei diversi ordinamenti, ovvero del modo di concepire l’equilibrio tra i diversi
poteri statali.
Ciò significa che le garanzie di tutela offerte al cittadino variano a seconda della cultura
giudica del sistema di riferimento.
131
132
Art. 152, comma 12, del d. Lgs. 196/2003.
Art. 33 della L. 10 ottobre 1990, n. 287.
170
L’impressione generale che si può ricavare è che nessun ordinamento intenda sostituire la
tutela amministrativa a quella giurisdizionale, che continua a rappresentare in ogni sistema
la più alta forma di garanzia dei diritti dei singo li.
L’operazione in esame è invece di segno opposto, ovvero l’obiettivo dell’attribuzione della
funzione di ADR alle autorità indipendenti non è tanto quello di surrogare in via definitiva
il ricorso giurisdizionale, quanto di individuare forme di tutela anche amministrativa per
alcuni diritti o interessi.
La classificazione proposta si deve quindi interpretare come un indice della capacità
conciliativa dell’amministrazione, più che del fallimento del sistema giudiziario. Il
confronto tra giurisdizione ed amministrazione consente pertanto di riflettere sulla
funzione che svolgono le amministrazioni indipendenti in seno all’ordinamento ed in
particolare sul livello di affidabilità che offrono nel tutelare i diritti.
Se, infatti, il giudice continua a rappresentare la garanzia ultima e necessaria, la previsione
di rimedi amministrativi del genere ADR è il frutto della concezione dell’amministrazione
come Leistungs, ossia come apparato preposto alla prestazione di servizi per la collettività.
L’integrazione più o meno netta di tali procedimenti dipende pertanto dal grado di
penetrazione dell’organizzazione amministrativa di tipo indipendente nei diversi sistemi e
settori politico-amministrativi.
In quest’ottica le autorità garanti non assurgono a quarto potere, né tanto meno a nuovi
detentori del potere giudiziario, ma recuperano invece la loro natura di soggetti
amministrativi ai quali è affidata una forma rafforzata di tutela e vigilanza.
Se ne trova conferma nella decisione della Corte di Cassazione di riconoscere la
legittimazione dell’autorità garante per la protezione dei dati personali a partecipare al
processo di impugnazione dei suoi provvedimenti133. Infatti, rifiutando la tesi del Tribunale
di Roma, secondo la quale il Garante sarebbe un giudice neutrale operante in una posizione
di terzietà, la Cassazione ha escluso l’esistenza di un tetium genus tra amministrazione e
giurisdizione, ossia della cd. paragiurisdizionalità. Tale figura, infatti, è assente nel
sistema costituzionale – che invece conosce e disciplina l’attività amministrativa ex art. 97
Cost. e quella giudiziaria ex art. 111 Cost – “ma piuttosto con l’uso di tale termine
descrittivo si suole diffusamente indicare organi pubblici dotati di poteri la cui
collocazione ha suscitato dubbi” 134. Il riconoscimento della legittimazione dell’Authority a
costituirsi parte nel giudizio di opposizione ai suoi provvedimenti ha determinato pertanto
un duplice ordine di conseguenze, poiché non soltanto si è statuito che le sue decisioni non
133
Sentenza Corte di Cassazione, Sez. I civile, 20 maggio 2002, n. 7341. Cfr. M. De Benedetto, Intorno alla
pretesa terzietà delle autorità indipendenti, in Giornale di diritto amministrativo, 11/2002, pp. 1185-1190.
134
Sentenza Corte di Cassazione, 7341/2002, punto 2c dei “motivi della decisione”.
171
assurgono alla definitività del giudicato, ma più in generale si è affermato che la sua
funzione rimane di rango prettamente amministrativo.
CONCLUSIONI
L’analisi della funzione giustiziale svolta dalle autorità indipendenti mette a nudo l’affinità
esistente tra l’attività amministrativa e quella giudiziaria, essendo entrambe volte a
perseguire una corretta applicazione della legge, ma ne conferma nel contempo la
permanente distinzione
.
Infatti, la competenza alla risoluzione delle controversie non configura un compito di
amministrazione attiva, né di revisione di propri provvedimenti, ossia di secondo grado,
ma tende piuttosto a collocare tali autorità in una posizione di neutralità rispetto agli
interessi delle parti135.
Nel contempo, però, la cura del bene pubblico, la cd. mission, a cui sono istituzionalmente
preposte le authorities, non retrocede, ma rimane orizzonte da implementare dando
adeguata soluzione agli eventuali conflitti.
Pertanto, si potrebbe quasi considerare l’attività in esame come di terzo grado, ossia quale
ulteriore livello a cui esercitare la funzione amministrativa. Ciò che consente una scelta di
questo genere è senza dubbio il vello dell’expertise, che connota di affidabilità il giudizio
vincolante di soggetti non giurisdizionali e privi del fondamentale requisito della terzietà.
Si pone, quindi, il problema dell’accountability di queste autorità, sottratte al circuito
democratico in nome dell’introduzione della tecnocrazia, laddove era controllo della
politica. La tendenza alla neutralizzazione di funzioni geneticamente non neutre e
l’attribuzione a tali corpi di ulteriori compiti tipicamente neutrali denunciano
un’operazione di de-responsabilizzazione degli organi tradizionalmente preposti al loro
esercizio, a favore di un “quarto potere senza guida”, 136 ossia di strutture apparentemente
irresponsabili e non rappresentative. Ciò che può sembrare un vero e proprio sacco della
democrazia è in realtà l’esito di un più vasto processo di frammentazione del potere statale
e prova di una nuova fase nell’evoluzione dello Stato di diritto, che non riesce più ad
esplicare il proprio contenuto democratico soltanto nel principio della rappresentanza, ma
deve sostenerlo con nuovi strumenti catalizzatori del consenso.
Non dimostrandosi la sola struttura partitica più in grado di aggregare le domande della
società, queste sono rivolte altrove, alla burocrazia che, nell’attuare (non soltanto
135
M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla
giurisdizione, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2000, p. 13.
136
La definizione emerge dal rapporto del Brownlow Committee, così chiamato dal nome del suo presidente,
istituito nel 1936 dal Presidente degli U.S.A. F. D. Roosevelt. Cfr. S. Cassese, Modern kings-non elected
bodies in modern democracies, op. cit., p. 9.
172
nell’eseguire) le decisioni politiche, diviene la sede di mediazione degli interessi
confliggenti, e dunque il vero centro del potere.
Ciò non significa che le istituzioni rappresentative debbano rinunciare al proprio ruolo, ma
solo che per rilanciarlo non possono non tener conto delle trasformazioni che hanno
informato il tradizionale funzionamento della struttura statale, ed in particolare del fatto
che l’amministrazione è diventata il nuovo centro polimorfo della mediazione degli
interessi.
La garanzia nella corretta allocazione delle risorse è quindi nel procedimento, che rende
pubblico ed imparziale il processo decisionale. Tali considerazioni acquistano un
particolare significato nella logica della difesa in giudizio, tipica dello Stato di diritto.
Il quadro tracciato permette di trarre alcune generali conclusioni sullo stato della tutela
giustiziale, verificando quale sia attualmente il suo grado di attendibilità e quali invece i
suoi limiti.
Il vincolo principale è insito proprio nella loro natura amministrativa, che impronta l’intera
attività, senza possibilità di emancipazione.
Ciò permette di aggirare il rischio di una privatizzazione della giustizia che, annidandosi
nella diffusione delle ADR, è all’origine di fenomeni distorsivi che ne compromettono lo
stesso significato, quali l’imparzialità del soggetto giudicante, la trasparenza del
procedimento e il sensibile aumento dei costi.
Se la natura pubblica delle autorità indipendenti non permette di giungere a simili livelli di
degenerazione – sebbene la corruzione dei pubblici poteri possa rappresentare un elemento
altrettanto rilevante per il corretto esercizio della funzione giudicante – si pone nondimeno
un problema per quanto riguarda il profilo della funzionalizzazione all’attività
amministrativa.
Le forme di tutela procedimentali devono perciò potersi realizzare nel massimo grado
auspicabile, per assurgere a strumento di tutela dal provvedimento ed elevare così il
procedimento al ruolo di antidoto alla costitutiva mancanza delle garanzie che assistono il
giudice.
Il due process diviene, quindi, lo strumento per soddisfare il bisogno di “legittimità
procedurale” 137, surrogando l’estraneità al circuito della rappresentanza elettorale di
strutture che si possono considerare “dei veri e propri centri di definizione delle politiche
pubbliche” 138.
137
L’espressione di J. Habermas è richiamata da N. Longobardi, Il Conseil d’État e le Autorità
amministrative indipendenti, in Consiglio di Stato, 31/2002, pt. II, p. 473.
138
G. Giraudi - M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti – Dalla democrazia della
rappresentanza alla democrazia dell’efficienza, op. cit., p. 159.
173
I principi con cui agisce l’amministrazione rappresentano pertanto l’attuale concezione
della democrazia e ne costituiscono l’essenza.
Il problema dell’accountability delle autorità indipendenti si dimostra quindi come la
naturale reazione del sistema all’anomalia, che non può essere risolta seguendo la logica
tradizionale, ma soltanto facendo riferimento al modo in cui si dimostrano responsabili
verso la società, criterio che non dipende tanto dal risultato raggiunto quanto dal
procedimento decisionale che adottano.
In quest’ottica, la parità nel contraddittorio tra le parti139 diviene sinonimo di democrazia e
garantirne l’attuazione sinonimo di responsabilità, introducendo nel sistema una forma di
cooperazione tra istituzioni e società, che costituisce un “surrogato del processo
politico” 140.
In tale contesto, l’attività di adjudication, ed in particolare la sua versione di risoluzione
delle controversie, si dimostra un ottimo strumento per testare la tenuta democratica dei
procedimenti davanti alle autorità, mettendo in evidenza come l’azione amministrativa
tenda ad assumere i tratti di quella giurisdizionale. La distinzione però permane sotto il
profilo delle garanzie di tutela dei diritti e quindi degli effetti giuridici degli atti. Infatti,
nonostante l’introduzione di queste procedure di tipo ADR, continua a rimanere
prerogativa del livello giurisdizionale la definizione “[del]l’attuazione ultima dei diritti”: è
in tale sede che “l’attività di applicazione del diritto è ultima”, nel senso che “ad essa non
possa seguire alcun altro esercizio di potere da parte dello Stato”141.
In tal modo, la tutela “non ultima” offerta dalle autorità indipendenti attesta la sua natura
prettamente amministrativa, inscrivendosi perfettamente nel contesto degli Stati di diritto
che richiedono ulteriori requisiti e garanzie per l’esercizio del potere giudiziario, in primis
la terzietà del giudice.
Si può, pertanto, escludere il rischio di un affievolimento delle garanzie di tutela, ma anzi
la logica è esattamente quella opposta di offrire una maggiore opportunità a situazioni
giuridiche che altrimenti risulterebbero penalizzate dai tempi lunghi della giustizia,
snellendone le procedure ed assicurando le garanzie necessarie nel creare un meccanismo
di compensazione nei risultati tra l’interesse del singolo e quello della collettività.
Occorre, però, realisticamente considerare che le procedure di ADR presso le autorità
indipendenti non hanno ancora dato i loro frutti più maturi. Pur ricco di potenzialità, il
modello è in fieri, non essendo ancora riuscito a penetrare in egual misura in tutti gli
ordinamenti. Si avverte in alcuni casi un’adesione pressoché formale all’esotico sistema
139
Cfr. F. Merusi, Democrazia e autorità indipendenti: un romanzo quasi giallo, Il Mulino Contemporanea,
Bologna, 2000.
140
S. Cassese, Modern kings – non elected bodies in modern democracies, op. cit., p. 10.
141
G. Scarselli, La tutela dei diritti dinanzi alle Autorità Garanti – I Giurisdizione e Amministrazione, op.
cit., pp. 232-233.
174
delle ADR e una diffidenza mal celata verso un simile modo di tutelare l’interesse
pubblico.
Un esempio è dato dalla riduzione del ruolo dell’Autorità italiana per la vigilanza sui lavori
pubblici nelle previsioni del cd. Codice dei contratti pubblici 142. Infatti, la funzione di
risoluzione delle controversie tra stazione appaltante ed imprese, precedentemente svolta
dal collegio arbitrale, viene convertita nell’espressione di un parere non vincolante da parte
dell’Autorità, peraltro non necessariamente recante un’ipotesi di soluzione della questione.
L’impressione che se ne ricava è una scarsa fiducia nella capacità conciliativa
dell’applicazione dell’istituto arbitrale ad un settore di pubblico interesse, rinnovando
pertanto implicitamente la preferenza verso il paradigma giurisdizionale di tutela.
Una simile scelta peraltro riflette un indirizzo maturato a livello comunitario, in cui il
tentativo compiuto dalle direttive dei primi anni ’90 in materia di appalti di introdurre
strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, come la conciliazione 143, è rimasto
tendenzialmente isolato e comunque superato dagli interventi successivi, nonché dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia 144.
Al di fuori del diritto privato, in cui lo strumento dell’ADR è di efficacia consolidata, il
giudice appare ancora il signore del diritto, mentre gli altri mezzi di tutela si configurano
come strumenti ancillari.
Interpretare questa tendenza come il risultato dell’inadeguatezza dei procedimenti ADR
laddove si presenti anche l’esigenza di tutelare non soltanto gli interessi delle parti
coinvolte, ma anche un superiore interesse pubblico che le trascende, non appare del tutto
esaustivo. La sfiducia in tali metodi alternativi di tutela sembra doversi imputare
principalmente alla novità del fenomeno stesso e alla sua debolezza rispetto al consolidato
modello giurisdizionale. Pare, infatti, che ogni ordinamento continui a mantenere i suoi
tradizionali paradigmi di giustizia e che le progressive contaminazioni siano ancora lontane
dal trasformarne le diverse fisionomie 145.
142
Art. 6, comma 7, lettera n), del d. Lgs. 163/2006.
Direttive del 21 dicembre 1989 del Consiglio delle Comunità europee che coordina le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di
aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori”, 89/440, e del 25 febbraio 1992 del Consiglio
delle Comunità europee, “coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
relative all'applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di
acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore
delle telecomunicazioni”, 92/13. Cfr. S. Greco, Le procedure di conciliazione nelle direttive comunitarie sui
servizi pubblici, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2001, pp. 759-765.
144
CGCE 12 febbraio 2004, Grossman Air Service, C 230/2002, punti 41-43, in Racc. 2004, p. I-1829.
145
Cfr. S. Cadeddu, Strumenti alternativi di soluzione delle controversie fra erogatori e utenti di servizi
pubblici, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2001, pp. 735-736. È interessante osservare
come l’Autore consideri il successo dell’opposizione di Robespierre alla proposta di introdurre nel testo della
Convenzione francese del 1793 strumenti alternativi per la soluzione delle controversie “punto di svolta nella
storia della giurisdizione in Europa e, forse, l’inizio della stessa concezione degli strumenti «alternativi» in
termini «sussidiari»”.
143
175
Occorre pertanto sposare una “tesi laica” nel giudicare le ADR, non meritando queste
“l’anatema dei fautori della giurisdizione senza alternative”, ma neppure la consacrazione a
“panacea per i mali della giustizia” 146.
Abbracciare tale ragionevole avviso significa nei fatti adottare quella logica
dell’adeguatezza al caso concreto che è propria degli strumenti alternativi alla
giurisdizione, sostenendone la complementarietà al sistema giurisdizionale, ma non la
modesta posizione dell’ancillarità.
La ratio che deve ancora affermarsi è dunque quella dell’appropriatezza della sede
giudicante e le autorità indipendenti devono riuscire a dimostrare (se il legislatore
permetterà loro di farlo) di essere soggetti adeguati a tutelare anche in situazioni
conflittuali i diritti affidati alla loro cura.
146
M.P. Chiti, Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla
giurisdizione, op. cit., pp. 5 e 21.
176