Il colore dell’anima 2007 dai pensieri di Achille Ricciardi in occasione dei venti anni della Compagnia “…Anima sollevati, non piangere. Guarda: ecco il mare, il grande miracolo immenso, calmo, sereno. Ascolta il ritmo dell'onda, specchiati nell'azzurro, e t'inebria, di Armonie e di Tinte. Esse erano prima della Parola, nutrite nell'acqua e nei cieli, essenza medesima delle cose. Perché sono la vita del mondo, la duplice anima dell'Essere. Colore e Suono uniti tra loro da misteriose analogie,(…), attraverso i suoni, si giunge a percepire il colore senza avere di esso nozione alcuna. Permettete che vi riveli l'inesplicabile risalire di una sensazione d'ordine inferiore quale è certamente quella dell'udito all'altra della vista più squisita senza dubbio. Due elementi, il Colore ed il Suono servono da fulcro a due arti corrispondenti: la Pittura e la Musica. Però mentre questa ultima coglie l'indefinito dell'Essere e non si riporta alla realtà delle cose, quella invece pare che abbia di suo studio fatto segno la natura quale ci si presenta. In vero la Pittura si serve delle tinte in quanto le associa alla naturale sostanza dell'Essere: perciò non si è potuto finora giungere alla esplicazione essenziale del Colore mentre vi è un'arte dei suoni assoluta e indipendente. Nei quadri vivono le donne e le campagne con la bianchezza del seno e le verdi fronde che esse hanno pur nella vita. Nelle tele una stessa mestizia di luce pallida, grigia, rischiara appena gli uomini chini alla preghiera e presi nel sonno. Mentre invece tutti comprendono che l'angoscia e la gioia, la tempesta dell'oceano e il vento maestrale, il tempo e la morte vivono di luce propria di un colore particolare.(…) Ogni evento si svolge in una speciale atmosfera, con un colore proprio che si trasforma nell'attimo. Così pure le cose che paiono da tempo racchiuse in una tinta definita come in una custodia. L'anima guarda alla natura attraverso un prisma. (…) Della evoluzione per l'arte del colore si giustifica il ritardo. Un'idea per quanto peregrina certo può essere fiorita altre volte in un cervello che più non sogna. Ma solo negli ultimi tempi. I nuovi mezzi hanno permesso quelle proiezioni gigantesche che ravvivano la scena senza alcun criterio d'arte. Immensi fasci di luce inondano le danzatrici volta a volta di oro, di azzurro, di rosso: o l'immancabile raggio di luna scende propizio all'ultimo respiro di Manon. Eppure la luce può tutto: la Tenebra non è Niente o l'Errore: la Vita è la fiamma che accende i roghi e l'aurora (…) Il colore tipo in sé, puro, sciolto da ogni vincolo, a prescindere dalle cose, tale che si disponga in vari modi deve commentare lo svolgersi del pensiero e dell'azione: Ecco l'idea. Qui voglio riferirmi alla semplice possibilità di una innovazione nel campo della scena: un teatro del colore. Né per amore di brevità, sibbene perché ho pensato che per cominciare è necessario un substrato rappresentativo come la trama delicata su cui la luce intesse mille fiori. Questo è tutto. È un sogno che rimarrà nel grande regno delle chimere o almeno affronterà la prova del fuoco?” Questi caldissimi frammenti teorico-poetici sono tratti da “Il teatro del colore”, aprile 1906, di Achille Ricciardi, (Sulmona 1884 - Roma 1923), uno degli gli studiosi, teorici ed artisti della scena del primo novecento artistico italiano, ai quali la Compagnia Teatro dei Colori deve la sua radice teorica. Legato ai movimenti d'avanguardia, sviluppò fin dal 1906 una sua concezione del “teatro del colore” che tentò di attuare nel 1920 al Teatro Argentina, con la collaborazione fra l'altro dello scenografo E. Prampolini. Secondo Ricciardi il colore non doveva più essere accessorio, ma agire nel dramma come espressione psicologica degli attori e dell'ambiente. Una scena che esprime l’ambiente ora freddo, ora infuocato, uno spazio che emana luce, fonti collocate ovunque sulla scena, dalla quale si espandono, si muovono, si cambiano, luci filtrate, elementi di una “utopia tecnologica” che dialogano con corpi e volti, che si personalizzano sulla scena non naturalistica, ma tutta ricercata ed inventata. L’idea del Teatro del Colore di Achille Ricciardi, una scena che è “luce psicologica”, è alla base di un’ipotesi di produzione spettacolare dal titolo “Il colore dell’anima”. In una visione tecnica, linguistica ed iconica per proporre un tributo, una ricerca, un tentativo di proiettare alla contemporaneità, ciò che nell’immaginario del ricercatore abruzzese anticipava le acquisizioni di una nuova scena materiale ed immateriale, nostro e futuro linguaggio. Produzione: Teatro Dei Colori