AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014 142 Caso clinico Titolo articolo anche lungo [ tutto su ] Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva Una revisione della letteratura scientifica dedicata alle attuali possibilità terapeutiche disponibili per il trattamento dei DBD in età evolutiva. Simona Rosina, Marco Lamberti, Massimo Ciuffo, Nadia Imbrigiotta, Antonella Gagliano1 Dante Ferrara, Davide Vecchio, Giovanni Corsello2 1 Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile – Università degli Studi di Messina 2 Scuola di Specializzazione in Pediatria – Università degli Studi di Palermo A 143 I disturbi da comportamento dirompente pos sono essere descritti come un continuum che emerge dal Disturbo Oppositivo-provocatorio (ODD) e giunge al Disturbo di Condotta (CD). Entrambi questi disturbi possono associarsi al Disturbo da Deficit di Attenzione con Iperattività (ADHD) e, contemporaneamente, essere precursori del Disturbo Antisociale di Personalità (ASPD) (Loeber et al, 2000). Il Disturbo di Condotta e il Disturbo Oppositivo-Provocatorio costituiscono un importante problema clinico in età evolutiva, data l’incidenza sempre crescente negli ultimi anni. Una puntuale revisione della letteratura effettuata da Hinshaw e Lee (2003) metteva in risalto come la prevalenza all’interno degli studi clinici di bambini e/o adolescenti con ODD variasse dall’1% del campione ad oltre 20%, mentre quella di popolazioni con diagnosi di OD da meno dell’1% ad oltre il 10% (TDMHSAS Best practice guidelines, 2013). Nel complesso possiamo affermare che i disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva comprendono un ampio spettro di problematiche comportamentali ed affettive. Questo articolo si propone di fornire una revisione delle attuali possibilità terapeutiche, sia farmacologiche che psicoeducative, disponibili per il trattamento di questi disturbi . Appare importante in particolare che il clinico consideri il farmaco come un irrinunciabile strumento di intervento da utilizzare soprattutto nei casi in cui i DBD possono costituire un elemento di rischio evolutivo. Caso clinico ntonio giunse alla nostra osservazione all’età di 14 anni e 7 mesi. Nella storia clinica si registrava una diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività formulata presso un centro di salute mentale del territorio quando Antonio aveva 7 anni. Non era stato adottato alcun provvedimento terapeutico. Le modalità di comportamento si mostrarono da subito orientate a violare le norme sociali, ad attaccare aggressivamente o minacciare gli altri. In particolare si descrivevano atti di aggressione fisica, scatenati da frustrazioni e divieti, rivolti alla madre e al nonno materno, che rappresentavano le principali figure di riferimento affettivo e di controllo normativo. Seppure saltuariamente, il ragazzino si lasciava coinvolgere da un gruppo di coetanei in atti di bullismo e in atteggiamenti non aderenti alle norme sociali. L’inizio dell’attività sessuale era stato piuttosto precoce e il ragazzino aveva anche avviato il consumo di sostanze alcoliche e di sigarette. Frequenti erano le menzogne e le false promesse per ottenere vantaggi e permessi. La frequenza della scuola era incostante, con impegno accademico molto ridotto. L’affettività connessa agli eventi negativi era piuttosto piatta, con scarsa partecipazione affettiva, ridotte capacità empatiche e di decentramento, scarso interesse per i sentimenti e i desideri degli altri. Non sembrava mancare, però, l’insight rispetto ai suoi stati emotivi e cognitivi ed una certa quota, seppure emergente, di giudizio e critica dei suoi comportamenti. Tali modalità di comportamento erano presenti in tutti gli ambienti di vita del ragazzo e causavano compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale e scolastico. La situazione familiare risultava caratterizzata dalla separazione della coppia parentale originale, non più conflittuale e con ruoli e spazi affettivi sufficientemente definiti. Una figura parentale di supporto molto significativa nella vita del ragazzino era il nonno materno. AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014 Introduzione AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014 144 Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva Si effettuò pertanto un colloquio con tutti gli adulti di riferimento del ragazzo, che si dimostrarono molto attenti, cooperativi e aderenti alle direttive. Si presero anche in considerazione le caratteristiche dell’ambiente in cui le modalità di comportamento indesiderabile erano state emesse dal ragazzo. Infatti Antonio aveva frequentato gruppi di coetanei dissociali e problematici. Apparve chiaro che il comportamento atipico del ragazzo aveva lo scopo di aderire alle regole del gruppo, ma al tempo stesso era sintomatico di un sottostante e preesistente malfunzionamento in termini comportamentali e neuropsicologici, non spiegabile semplicemente come adattamento al contesto sociale ed insorto molto precocemente (età pre-scolare). Venne così avviata una politerapia con acido valproico come stabilizzatore dell’umore e con un antipsicotico di ultima generazione (aripiprazolo) per il controllo dei comportamenti aggressivi. Contemporaneamente si propose al ragazzo un ciclo di sedute di psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale. Nei sei mesi successivi si osservarono costanti e progressivi miglioramenti del quadro clinico. Il ragazzo continuò ad assumere con regolarità la terapia farmacologia con acido valproico e aripiprazolo. I colloqui di supporto furono interrotti per conclusione del ciclo. A distanza di 6–12 mesi le condotte impulsivo-aggressive risultavano quasi completamente estinte; l’adattamento ed il rispetto delle regole sociali si era ampliato significativamente e non si registravano più comportamenti evidenti di violazione delle regole comunitarie. Il ragazzo veniva avviato all’apprendistato di un’attività lavorativa e alla frequenza di una scuola serale. L’umore risultava sufficientemente stabile e la consapevolezza dei suoi e degli altrui stati emotivi e cognitivi era nettamente aumentata. Le dinamiche relazionali intra ed extra-familiari erano notevolmente migliorate e il ragazzo aveva stabilito rapporti sereni con tutti gli adulti di riferimento. Classificazione e descrizione dei dbd I l DSM IV, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (APA, 1994), annoverava tra i Disturbi Dirompenti del Comportamento: F90.0 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività [314] F90.9 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività Non Altrimenti Specificato [314.9] F91.8 Disturbo della Condotta [312.8] F91.3 Disturbo Oppositivo Provocatorio [313.81] · · · · Disturbo da Comportamento Dirompente · F91.9 Non Altrimenti Specificato [312.9]. Il DSM-5 (APA, 2013) ha estrapolato il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività da questo gruppo di disturbi, collocandolo tra i disturbi del neurosviluppo, e ha invece incluso nuove categorie diagnostiche che fanno riferimento alla condizione di difficoltà nel controllo degli impulsi. Le attuali categorie diagnostiche comprese all’interno dei Disturbi da Comportamento Dirompente sono le seguenti: F91.3 Disturbo oppositivo provocatorio [313.81] F63.81 Disturbo esplosivo intermittente [312.34] Disturbo di condotta - F91.1 Esordio Infantile [312.81] - F91.2 Esordio Adolescenza [312.32] - F91.9 Esordio Non specificato [312.89] F60.2 Disturbo antisociale di personalità [301.7] F63.1 Piromania [312.33] F63.3 Kleptomania [312.32] F91.8 Altri specificati disturbi dirompenti, da discontrollo degli impulsi e disturbi di condotta [312.89] F91.9 Altri non specificati disturbi dirompenti, da discontrollo degli impulsi e disturbi di condotta [312.9]. Si tratta pertanto di condizioni accomunate dalla presenza di una difficoltà nel controllo delle emozioni e nell’autoregolazione del comportamento, che si associano ad azioni che violano i diritti e l’incolumità altrui e/o sono in conflitto con le comuni norme della società. Questi disturbi sono maggiormente comuni negli uomini rispetto alle donne e vedono il loro esordio nell’infanzia o, al più tardi, in adolescenza. I sintomi-cardine si identificano, classicamente, nei maschi, nell’irrequietezza motoria con atteggiamenti di sfida, aggressività fisica e spesso violazione delle regole (ad esempio vandalismo, furti ed indisciplina scolastica compresa la scarsa frequenza e l’abbandono), mentre nelle femmine si esprimono maggiormente con comportamenti caratterizzati perlopiù da menzogne, fughe scolastiche e condotte sessuali devianti come per esempio la facile promiscuità. È quindi fondamentale che la frequenza, la persistenza e la pervasività associati a tali comportamenti vengano rapportati ad età, sesso e cultura per definirne il grado di disfunzionalità ed evitare il gravo impatto sociale che ne può conseguire. La novità più significativa introdotta dal DSM 5 è quella dell’individuazione dei tratti Calloso Anemozionali (CU), importanti per effettuare una sottotipizzazione all’interno della categoria ampia dei Disturbi dirompenti del comportamento (DCD). · · · · · · · · Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva I disturbi da comportamento dirompente possono essere descritti come un continuum che emerge dal disturbo oppositivo-provocatorio (ODD) e giunge al disturbo di condotta (CD). · · Comorbilità e outcome I disturbi dirompenti del comportamento sono frequentemente associati con il Disturbo da Deficit d’Attenzione/ Iperattività, con i disturbi dell’umore sia di tipo depressivo che bipolare (Biederman et al, 2003), con il disturbo da abuso di sostanze e con il disturbo da discontrollo degli impulsi. L’alto tasso di comorbilità tra questi disturbi trova motivo nella condivisione di identici fattori di rischio e nell’influenza bidirezionale di ognuna di queste patologie (Masi et al, 2008). Se non adeguatamente e tempestivamente trattati questi disturbi tendono a progredire. Il grave impatto sociale che consegue a tali disturbi può manifestarsi con isolamento dalla comunità e successiva associazione a gruppi disfunzionali. Il frequente abbandono scolastico e quindi il mancato completamento degli studi inasprisce il disagio sociale e può impedire un’adeguata integrazione lavorativa. Le condotte aggressive- 145 Basi neurobiologiche La base neurobiologica del comportamento aggressivo è il circuito neuronale che coinvolge l’amigdala e l’ipotalamo. L’amigdala è stata identificata come struttura centrale del circuito neurale coinvolto nella percezione della salienza emozionale nelle espressioni facciali; sembra, quindi, che essa svolga un ruolo più generale nel processamento di tutte le forme di informazioni sociali salienti – oltre che dei segnali a valenza negativa o minacciosi – o nella decodifica di espressioni facciali di natura ambigua (Fitzgerald et al, 2006). L’amigdala esplica la sua azione attraverso le connessioni con l’ipotalamo che, a sua volta, agisce sul mesencefalo (tegmento ventrale e grigio periacqueduttale). Aspetti neuropsicologici Si ammette che alla base di questo gruppo di disturbo ci siano disfunzioni neurocognitive che compromettono la capacità di fare associazioni tra comportamenti e conseguenze negative e positive o che generano una ridotta sensibilità alla punizione e/o alla ricompensa. Di conseguenza, sia l’apprendimento di un comportamento adeguato che la capacità di astensione da un comportamento errato risultano alterati (Matthys et al, 2012). Un altro importante aspetto da tenere in considerazione è quello relativo alla tipologia dell’aggressività (Vitiello & Stoff, 1998; Masi et al, 2011) che molto frequentemente si associa a questi disturbi e che può essere: predatoria: non impulsiva, finalizzata all’ottenimento di un vantaggio, programmata, spesso subdola e furtiva, spesso non associata ad uno stato affettivo significativo, è associata a basso arousal, ed a maggiore rischio di evoluzione antisociale. L’obiettivo è ottenere il possesso di un oggetto (object-oriented) o il dominio su una persona (person-oriented); affettiva: impulsiva, associata a situazioni provocanti esterne (reali o interpretate come tali), ha un elevato livello di arousal, disinibizione, instabilità affettiva, ha più rara evoluzione dissociale. AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014 I tratti CU comprendono: 1. mancanza di rimorso e senso di colpa (lack of remorse or guilt): il soggetto non si pente quando fa qualcosa di sbagliato ed ha una ridotta preoccupazione per le conseguenze negative delle proprie azioni; 2. mancanza di empatia(callous-lack of empathy): il soggetto non è interessato ai sentimenti degli altri; è freddo e insensibile ed appare preoccupato solo degli effetti su di sé delle proprie azioni, anche se esse possono causare danno agli altri; 3. assenza di preoccupazioni per le sue performance (unconcerned about performance): il soggetto non mostra preoccupazione per gli scarsi risultati scolastici, sul lavoro o in altre attività importanti, non fa alcuno sforzo per raggiungere i risultati anche quando gli obiettivi sono chiari, ma tipicamente dà la colpa agli altri per i suoi insuccessi; 4. appiattimento affettivo (shallow or deficient affect): non esprime sentimenti né mostra le sue emozioni agli altri, se non in maniera superficiale e non sincera, o quanto ciò gli procuri vantaggi (ad esempio per manipolare e intimidire gli altri). Diversi studi dimostrano, infatti, come i tratti CU abbiano una validità diagnostica non soltanto nel Disturbo di condotta ma anche negli altri disturbi da comportamento dirompente (Herpers et al, 2012). Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva impulsive concorrono a possibili problematiche legali con gravi ripercussioni sia sull’individuo stesso che sui costi sociali che ne derivano. Le forme ad insorgenza precoce sono più gravi perché hanno una maggiore tendenza a mantenersi in età adolescenziale ed adulta con comportamenti antisociali. L’identificazione precoce di bambini a rischio di disturbo del comportamento dirompente consente quindi di avviare rapidamente un percorso terapeutico integrato (Eyberg et al, 2008) ed interrompere la spirale negativa che ne può conseguire. Trattamento non farmacologico I l trattamento si basa su un intervento olistico il cui target non è soltanto il bambino ma anche la famiglia, la scuola, il contesto sociale così come le figure professionali che intervengono nel progetto riabilitativo. Il trattamento dei DBD deve necessariamente comprendere interventi volti a migliorare l’interazione genitorefiglio (Boggs et al, 2004) e un training per le abilità di problem-solving (Kulkarni et al, 2010). Gli obiettivi del trattamento sono: riduzione dei comportamenti disfunzionali; ampliamento delle capacità di adattamento sociale; valorizzazione dei “punti di forza”; prevenzione del fallimento e/abbandono scolastico; inserimento in attività extracurriculari; indicazione di percorsi terapeutico-riabilitativi al termine del trattamento. Il trattamento psicoeducativo si basa su: terapia cognitivo comportamentale parent training. · · · · · · AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014 146 · · Terapia cognitivo comportamentale La psicoterapia cognitivo comportamentale individuale è utilizzata per aiutare i bambini e gli adolescenti a ridurre i loro comportamenti negativi ed oppositivi (Behavior Guide Staff, 2006). Essa è finalizzata ad implementare la capacità di autocontrollo ed autoregolazione del comportamento, di attenzione, pianificazione e di gestione strategica delle attività tramite un approccio focalizzato sui processi cognitivi e di socializzazione. L’approccio comportamentale è caratterizzato da un dettagliato assessment delle risposte problematiche e delle condizioni ambientali che le elicitano e le mantengono, nonché delle strategie per produrre un cambiamento nell’ambiente circostante e quindi nel comportamento dei genitori. Durante un trattamento di tipo comportamentale, sia le contingenze ambientale positive, sia quelle negative che incrementano o decrementano la frequenza di alcuni comportamenti sono identificate e quindi modificate nel tentativo di far diminuire i comportamenti “problema” e far aumentare quelli di tipo adattivo. Ulteriori obiettivi sono: la riduzione, fino alla scomparsa, del comportamento di evitamento delle situazioni (e quindi dei comportamenti) che provocano disagio interiore; la ristrutturazione di pensieri e di credenze disfunzionali (Cognitive reframing); l’agevolazione e l’incentivazione delle personali capacità di far fronte alle problematiche (Coping). Parent training Tale approccio terapeutico è volto al miglioramento delle capacità di gestione educativa del bambino e delle interazioni all’interno del nucleo familiare. Il parent training è suggerito infatti come una via per l’acquisizione di tecniche di gestione dei comportamenti, provocatori e distruttivi e, al tempo stesso, come strumento di modificazione dei rapporti genitore/bambino in ambiente domestico (Kazdin, 2000). Il trattamento basato sulla modificazione del comportamento dei genitori, si fonda sulla teoria dell’apprendimento sociale, ed è stata sviluppata per genitori di bambini iperattivi, impulsivi, non cooperativi, oppositivi e aggressivi (Vio, Marzocchi & Offredi, 1999; Barkley, 2006). Esistono numerose evidenze a favore dell’idea che il trattamento integrato genitore-bambino si dimostra efficace nel produrre un miglioramento dei comportamenti disfunzionali (Boggs et al, 2004). Tali risultati sono confermati da Streiner e Remsing, 2007 e da Eyberg, Nelson e Boggs, 2008. Trattamento farmacologico L a farmacoterapia non rappresenta la prima linea di intervento (Kazdin, 2000), ma nel trattamento dei DBD riveste comunque un ruolo centrale, soprattutto con riferimento ai quadri di maggiore gravità ed in cui il rischio evolutivo è elevato. Ci si avvale dell’utilizzo di diversi farmaci per controllare l’aggressività e i comportamenti dirompenti associati all’ODD e al CD, nonostante molte delle molecole non siano ancora state approvate per l’uso in età pediatrica e devono pertanto essere prescritte off label. Ulteriore obiettivo del trattamento farmacologico è il controllo dei sintomi e/o della disregolazione comportamentale in modo da implementare il beneficio dei trattamenti psicoeducativi (Bradley, 2004). Sebbene il razionale alla base dell’uso degli atipici per il controllo dei comporta- Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva Questi disturbi sono maggiormente comuni negli uomini rispetto alle donne, e vedono il loro esordio nell’infanzia o, al più tardi, in adolescenza. Antipsicotici Gli antipsicotici rappresentano una vasta classe di farmaci che comprende sia il gruppo degli antipsicotici classici (tipici) che e quello degli antipsicotici di nuova generazione (atipici). La caratteristica farmacologica chiave di tutti i neurolettici con proprietà antipsicotiche è la loro capacità di bloccare i recettori D2 della dopamina. I neurolettici di nuova generazione sono invece antagonisti serotoninodopaminergici con proprietà antagonistiche dei recettori A2 della serotonina e D2 della dopamina. Il loro differente controllo serotoninergico del rilascio della dopamina è alla base della minore incidenza di effetti collaterali di tipo extrapiramidale. Numerose evidenze si sono accumulate sull’efficacia degli antipsicotici atipici sui sintomi impulsivi e aggressivi in età evolutiva (Loy et al, 2012; Pringsheim et al, 2012; Findling et al, 2008). Soprattutto il risperidone si è dimostrato efficace nel ridurre i sintomi comportamentali (irritabilità, aggressività, stereotipie) in pazienti pediatrici con disturbi da comportamento dirompente (Findling et al, 2004; Reyes et al, 2005, Pringhseim et al, 2012; Duhing et al, 2013). L’efficacia sui sintomi comportamentali sembra si mantenga anche a lungo termine (Loy et al, 2012). Anche l’aripiprazolo si è dimostrato un trattamento efficace e ben tollerato per bambini e adolescenti con ADHD e sintomi di disturbi di condotta (Ercan et al, 2012). La categoria degli antipsicotici atipici ha un minor rischio di effetti extrapiramidali; di contro è ampiamente documentato che si associa frequentemente ad effetti metabolici e ad aumento ponderale. Negli ultimi anni si sono accumulate numerose Psicostimolanti Gli stimolanti sono una classe di farmaci che implementano le abilità attentive ed il controllo inibitorio, migliorando la capacità di aderire e di beneficiare degli interventi psicosociali (Klein et al, 1997, Coghill et al, 2013). Quelli utilizzati nella pratica clinica sono metilfenidato (MPH) e d-amfetamina, che agiscono prevalentemente rilasciando dopamina dai terminali dopaminergici presinaptici. L’altra isoforma di amfetamina, la l-amfetamina, rilascia noradrenalina e dopamina con meccanismo simile. In Italia è attualmente disponibile solo il MPH (a breve e a lunga emivita). Tutti gli psicostimolanti si sono dimostrati efficaci sull’aggressività (Connor et al, 2002), soprattutto nei DBD in comorbilità con ADHD. Stabilizzatori dell’umore Si dicono stabilizzatori dell’umore i farmaci attivi nel trattamento dei disturbi dell’umore caratterizzati da aumento o da un abbassamento del tono dell’umore. Essi comprendono il litio ed alcuni farmaci usati anche come antiepilettici (valproato, carbamazepina, lamotrigina, topiramato). La letteratura è concorde nel sottolineare che gli stabilizzatori dell’umore e gli antiepilettici possono ridurre i comportamenti aggressivi, impulsivi e discontrollati che si associano a questi disturbi (Donovan et al, 2000). Il carbolithium in particolare sembra dotato di proprietà anti-aggressive (Rifikin et al, 1997). Altre strategie terapeutiche La clonidina è un farmaco agonista alfa 2 adrenergico che inibisce il rilascio di noradrenalina. Ha effetto anti- 147 · · · segnalazioni di sindrome metabolica (modificazioni del metabolismo lipidico e glucidico ed incremento della pressione arteriosa) in bambini e ragazzi trattati con atipici, che appaiono più sensibili degli adulti a questo genere di effetti avversi (Dori & Green, 2011). Seppure appaiono piuttosto sicuri sul piano dei potenziali effetti avversi cardiovascolari, soprattutto relativamente alla possibilità di allungamento del tratto Qt (Germanò et al, 2013), è sempre utile sottoporre i pazienti in trattamento ad un attento monitoraggio cardiovascolare. AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014 menti gravemente disturbanti sia sufficientemente solido, pochi trial clinici in età evolutiva sono ancora disponibili sull’efficacia e la sicurezza a breve e lungo termine della gran parte delle molecole utilizzate. Ciò è probabilmente attribuibile agli elevati costi da sostenere per uno studio clinico controllato e ai problemi etici che coinvolgono l’analizzare popolazioni pediatriche. Le categorie farmacologiche maggiormente utilizzate sono le seguenti: antipsicotici (tipici ed atipici); stimolanti; stabilizzatori dell’umore. Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva pertensivo e può anche essere utilizzato nel trattamento dell’ADHD, soprattutto quando l’ADHD si associa a tic/Sindrome di Tourette. L’efficacia della clonidina nel trattamento dell’aggressività è stata indagata soprattutto in studi in aperto (Kemph et al, 1999). Hazell e Stuart, 2003 hanno utilizzato la clonidina come potenziamento della terapia con stimolanti con miglioramento del 50% dei pazienti trattati. L’effetto avverso più comunemente riportato è la sedazione. Ancora in fase di approvazione, sono: lysdexanfetamina: profarmaco metabolizzato a damfetamina che favorisce il rilascio di dopamina e norepinefrina con miglioramento delle capacità attentive e azione sullo stato di allerta; guanfacina: agonista degli alfa 2A adrenergici con azione a livello della corteccia prefrontale che migliora l’attenzione e l’autoregolazione comportamentale. · · Algoritmo terapeutico Ricercatori e clinici di tutto il mondo condividono le preoccupazioni che molti giovani con ADHD e/o di- AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014 148 Bibliografia 1. Aman MG, De Smedt G, Derivan A, Lyons B, Findling RL. Risperidone Disruptive Behavior Study Group.Double-blind, placebocontrolled study of risperidone for the treatment of disruptive behaviors in children with subaverage intelligence. Am J Psichiatry 2002; 159: 1337-46. 2. American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders (DSM - IV). 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Comparing rates of psychiatric and behavior disorders in adolescents and sturbi del comportamento dirompente (DBDS) non ricevano un trattamento adeguato, nonostante la disponibilità di terapie efficaci. In un articolo del 2004 sono state pubblicate le conclusioni di un consensus di esperti (selezionati dal Prof. Kutcher), che ha indicato le migliori strategie di trattamento precoce di bambini con ADHD (o disturbo ipercinetico, nei paesi preferendo questa classificazione) e/o DBDS. Il trattamento di prima linea suggerito per l’ADHD senza comorbilità è stato quello di un farmaco psicostimolante accompagnato da un intervento psicosociale. Per i pazienti ADHD in comorbilità con disturbo della condotta (CD) l’intervento psicosociale dovrebbe essere in combinazione con la farmacoterapia. Per quelli con CD invece, viene suggerito quale trattamento di prima linea l’intervento psicosociale, mentre la farmacoterapia aggiuntiva viene considerata quando l’aggressività e l’impulsività sono marcate e persistenti. La terapia con psicostimolanti in add-on all’antipsicotico di seconda generazione è consigliata solo come trattamento di terza linea dopo la monoterapia con stimolanti e l’utilizzo di stimolanti young adults with severe intellectual disability with and without autism. J Autism Dev Disord 2004;34:151–161. 8. Budman C, Coffey BJ, Shechter R, Schrock M, Wieland N, Spirgel A, Simon E. Aripiprazole in children and adolescents with Tourette disorder with and without explosive outbursts.J Child Adolesc Psychopharmacol 2008;18(5):509-15. 9. Coghill DR, Seth S, Pedroso S, Usala T, Currie J, Gagliano A. 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Spesso inoltre la disfunzionalità data dal disturbo rende necessario ottenere dei risultati in tempi rapidi per evitare che i comportamenti disfunzionali si cronicizzino o che si instauri un disturbo di personalità. Come seconda linea pertanto, soprattutto nel caso di comorbilità con ADHD o disturbi dell’umore, l’approccio terapeutico deve prevedere l’uso della terapia farmacologica. In questo caso, la classe di farmaci che gode delle maggiori evidenze scientifiche è quella degli antipsicotici atipici, dotati di una sufficiente efficacia e tollerabilità Dai rilievi della letteratura appare evidente come il trattamento dei Disturbi da Comportamento Dirompente in età evolutiva debba prevedere l’uso in prima linea pilot study. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 1993;32(3):577-81. 21. Klein RG, Abikoff H, Klass E, Ganeles D, Seese LM, Pollack S. Clinical efficacy of methylphenidate in conduct disorder with and without attention deficit hyperactivity disorder. 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Anche la gran parte dei pazienti in età evolutiva con disturbi da comportamento dirompente, associati a ritardo mentale, disturbi dello spettro autistico e sindrome di Tourette, presentano una riduzione dei sintomi comportamentali gravi (negatismo, ostilità, discontrollo dell’impulso, aggressività, agiti distruttivi, etc.) con l’associazione di una psicofarmacoterapia ai trattamenti psicoeducativi e psicoterapici (Amam et al, 2002; Budman et al, 2008).