Università degli Studi di Palermo
Dipartimento Materno Infantile
Sezione di NPI - P.O. “Aiuto Materno”
Dipartimento di Biopatologie Metodologiche Biomediche
Associazione Genitori
Soggetti Autistici Siciliani
ATTI
del CONVEGNO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE
“PERCHE’ AUTISTICO?”
2° edizione
Aspetti clinici, ricerca, abilitazione,
integrazione
REGIONE SICILIANA
ASSESSORATO BB. CC. AA. E P.I.
PROVINCIA DI PALERMO
Palermo, 4-5-6 Aprile 2003
Aula Magna - Facoltà di Ingegneria
Aula Magna - Facoltà di Economia
Venerdì 4 Aprile 2003
Ore 8,00 Registrazione dei partecipanti
Ore 8,30 Interventi di saluto
L. Aloisi - A. E. Cardinale - G. Cupidi
Ore 8,55 Presentazione Spot sull’Autismo
Ore 9,00 Introduzione ai lavori
“Dalla psicopatologia alla disfunzione, dalla psicoterapia all’abilitazione”
F. Canziani
1a Sessione: Basi biologiche dell’autismo
Moderatori: M. Elia - V. Romano
Ore 9,50
“Genetics of Autism: Evidence for an autism gene on
chromosome 2q”
J. Buxbaum
Ore 10,20
“Alterazioni del cromosoma 15 nell’autismo”
F. Gurrieri
Ore 10,50
Coffee break
Moderatori: S. Mangano, M. Vertucci
Ore 11,10
“Basi genetiche del disturbo autistico in Sicilia: stato dell’arte
sulle ricerche in corso”
V. Romano
Ore 11,30
“Dalla valutazione clinica all’abilitazione cognitiva, emozionale
e sociale”
C. Barthelemy
Ore 11,50
“Farmacoterapia dell’Autismo”
B. Lahuis
Ore 12,10
“Autismo e celiachia: follow-up e presa in carico”
G. Gambino
Ore 12,30
“Neurobiologia e terapia dei disturbi della sfera affettiva
nell’autismo: conoscenze attuali e prospettive”
G. Cannizzaro
Ore 12,50
“Neuromodulatori e autismo”
M. Ciaccio
Ore 13,10
“Perchè autistico?” 2a parte
Documentario: (30 min.)
2
Sessione Pomeridiana
Moderatori: L. Caffarelli - L. Aloisi
Ore 14,30
“Progetto Filippide: attività sportiva, attività abilitativa
nell’autismo”
N. Pintus
Ore 14,50
“Architettura e Autismo”
M. Agrò - V. Bonventre - G. Capezzi - V. Celestino S. Messina
Ore 15,10
“Ruolo dei genitori nell’abilitazione della persona autistica.
Cosa, come, quanto, quando il genitore deve delegare e cosa significa delegare”
T. Gabrielli - P. Visconti
Ore 15,40
“Workshop: la cooperazione tra insegnanti curriculari e di
sostegno per attivare la risorsa compagni in funzione dell’integrazione del
bambino con autismo”
L. Cottini
Ore 16,10
Discussione
Sabato 5 Aprile
a
2 Sessione: L’assistenza nelle strutture sanitarie e a scuola
Moderatori: G. Gambino - T. Gabrielli
Ore 9,00
“Modello operativo del centro per l’autismo e DPS dell’AUSL di
Reggio Emilia. Il sistema curante: dalla diagnosi precoce alla presa in carico integrata”
A. Dalla Vecchia
Ore 9,20
“Miglioramento dell’assistenza nell’autismo e nei D.P.S.”
E. Frejaville
Ore 9,40
“La collaborazione con i pediatri per lo screening e la diagnosi
precoce di autismo”
V. Giuberti
Ore 10,00
“Autismo: la scelta politica dell’AUSL di Reggio Emilia”
M. Martini
Ore 10,20
“Correlazioni fra autismo e ritardo mentale”
P. Visconti
Ore 10,40
“Esperienza di un trattamento integrato nel corso dell’età
evolutiva”
M . Vertucci - G. Scuccimarra
Ore 11,00
Coffee break
Moderatori: F. Canziani - M. Vertucci
Ore 11,20
“La valutazione psicopatologica dello sviluppo sociale ed
emozionale dei bambini con autismo e ritardo mentale”
R. Blanc
Ore 11,40
“Il bambino autistico a scuola”
L. Cottini
3
Ore 12,20
“Proposte didattiche ad uso degli insegnanti”
G. Ippolito
Ore 12,40
Discussione
Domenica 6 Aprile
Ore 9,00 Apertura dei lavori: Le posizioni di Autisme Europe
D. Vivanti
a
3 Sessione: Talenti e abilità degli autistici
Moderatori: F. Canziani - T. Gabrielli
Ore 9,20 “Arte preistorica e persone autistiche: un loro ruolo essenziale nei
progressi dell’umanità?”
P. Trehin
Ore 9,40 “L’autismo e la creatività”
C. Trehin
Ore 10,00
Coffee break
Moderatore: G. Candido - P. Madè
Ore 10,20
“Urville, una città possibile”
G. Trehin
Ore 10,40
“Io e la mia esperienza di artista”
L. Perini
Le associazioni dei familiari
Moderatore: G. Iacono
Ore 11,00
“Il parere dell’ANGSA”
G. Marino
Ore 11,20
“Il parere di Autismo Italia”
D. Vivanti
Ore 11,40
“Genitori in prima linea”
T. Gabrielli
Ore 12,00
“Autismo e associazionismo”
G. Lo Casto
Ore 12,20
Conclusioni
L. Aloisi
4
Sessione pomeridiana di venerdì 4 aprile
Aula Magna “Maurizio Ascoli” - Policlinico
Tavola rotonda: Basi biologiche dell’autismo
Moderatori: G. Cupidi - V. Romano
(Interventi di 10’ + 10’ per le domande)
Ore 15,20
tazione”
“Dalla psicopatologia alla disfunzione, dalla psicoterapia all’abiliF. Canziani
Ore 15,40 “Genetics of Autism: Evidence for an autism gene on chromosome 2q”
J.Buxbaum
Ore 16,00 “Alterazioni del cromosoma 15 nell’Autismo”
F. Gurrieri
Ore 16,20
Coffee break
Moderatori: F. Canziani - M. Vertucci
Ore 16,40 “Dalla valutazione clinica all’abilitazione cognitiva, emozionale e
sociale”
C. Barthelemy
Ore 17,00
M. Elia
“Autismo: la struttura neurobiologica”
Ore 17,20
“Basi genetiche del disturbo autistico in Sicilia: stato dell’arte
sulle ricerche in corso”
V. Romano
Ore 17,40
“Autismo e celiachia: follow-up e presa in carico”
G. Gambino - P. Di Stefano
Ore 18,00
“Farmacoterapia dell’Autismo”
B. Lahuis
Ore 18,20
“Neurobiologia e terapia dei disturbi della sfera affettiva
nell’autismo: conoscenze attuali e prospettive”
G. Cannizzaro
Ore 18,40
“Neuromodulatori e autismo”
M. Ciaccio
5
Foto tratta dal catalogo fotografico “Coriandoli d’amore” presentato in occasione del
Convegno.
Video Documentario RN VHS e DVD (sottotitolato in inglese, francese e spagnolo) realizzato
dall’Agsas onlus in occasione del Convegno.
6
Relatori
M. Agrò - Architetto
L. Aloisi – Farmacista - Presidente A.G.S.A.S. onlus
C. Barthelemy- Centre Hospitalier Universitarie de Pedopsychiatrie–
Tours (France)
R. Blanc - Professeur de Psycophathologie de l’Enfant
V. Bonventre - Architetto
J. Buxbaum - Associate Professor, departments of Psychiatry and
Neurobiology, Mount Sinai School of Medicine - New York
L. Caffarelli - Medico Chirurgo - Presidente ANGSA - Sicilia
G. Candido- Docente Accademia delle Belle Arti - Palermo
G. Cannizzaro – Direttore Dipartimento di Scienze Farmacologiche –
Università di Palermo
F. Canziani – Direttore Dipartimento Materno Infantile – Sezione di NPI
a conduzione ospedaliera - P.O. “Aiuto Materno” di Palermo
G. Capezzi - Architetto
A. E. Cardinale - Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università di Palermo
V. Celestino - Architetto
M. Ciaccio – Titolare Cattedra di Biochimica Clinica – Facoltà di
Medicina e Chirurgia - Università di Palermo
L. Cottini - Professore associato di “Didattica e Pedagogia speciale” Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Urbino
G. Cupidi - Professore di Medicina Interna - Delegato del Rettore per la
disabilità - Università di Palermo
A. Dalla Vecchia - Direttore dell’U.O.C. Aziendale di Neuropsichiatria
Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia
P. Di Stefano - Dipartimento Pediatrico a conduzione universitaria P.O. “Aiuto Materno” di Palermo
M. Elia - Unità Operativa di Neurologia I.R.C.C.S. Oasi M.S.S. Troina
(EN)
E. Frejaville - Servizio Salute Mentale Regione Emilia Romagna,
Referente Servizio N.P.I.
T. Gabrielli - Medico Chirurgo - Presidente Genitori in prima linea
G. Gambino - Dipartimento Pediatrico a conduzione universitaria - P.O.
“Aiuto Materno” di Palermo
V. Giuberti - Psicologa del Centro Autismo dell’AUSL di Reggio Emilia
F. Gurrieri - Ricercatrice Universitaria presso l’Istituto di Genetica
7
Medica dell’Università Cattolica S. Cuore - Roma
G. Iacono - Direttore Struttura Complessa Pediatria ARNAS - Civico Di Cristina - Ascoli - Palermo
G. Ippolito - Direttore Tecnico Psicologo, Vice Presidente
dell’Associazione “Il Cireneo”
B. Lahuis - Department of Child and Adolescent Psychiatry, University
Hospital - Utrecht
G. Lo Casto - Psicologa - Psicoterapeuta - Consulente AGSAS onlus Palermo
P. Madè - Artista, Pittore
S. Mangano – Professore Straordinario Neuropsichiatria Infantile –
Università di Palermo
A. Mantovani - Resp. U. O. Emergenze Chirurgiche - A.O. S. Paolo
Milano - Coordinatore Progetto D.A.M.A.
G. Marino - Presidente dell’ANGSA onlus
M. Martini - Direttore Generale dell’AUSL di Reggio Emilia
S. Messina- Neuropsichiatra
G. Pecoraro -Direttore Generale A.O.U.P. - PALERMO
L. Perini - Artista autistica
N. Pintus- Federazione Italiana Sport per Disabili
V. Romano - Professore Associato di Biologia Applicata Dipartimento di
Biopatologia e Metodologie Biomediche - Facoltà di Medicina e
Chirurgia - Università di Palermo
G. Scuccimarra - Specialista in Neuropsichiatria infantile e Dottore di
ricerca nella stessa disciplina
C. Trehin - Neuropsicologa, Specialista dell’Autismo e della sindrome
di Asperger
G. Trehin- Artista autistico
P. Trehin - Insegnante dell’Università di Nizza e Vice Presidente di
Autisme Europe
M. Vertucci - Docente e Specialista in Neuropsichiatria Infantile
P. Visconti - N.P.I. - A.U.S.L. - Bologna
D. Vivanti - Presidente di Autisme Europe
8
Perché Autistico ?
Venerdì 14 Aprile 2003
Dott. Luigi Aloisi
Presidente dell’AGSAS – Onlus (Associazione Genitori Soggetti Autistici
Siciliani) - Organizzatore del convegno
PRESENTAZIONE E SCOPI DEL CONVEGNO
Ci eravamo lasciati l’anno scorso con una promessa, ci
ritroviamo oggi con una realtà: la 2° edizione del convegno
“Perché Autistico?”.
È nostro intendimento proseguire nella strada tracciata nella 1°
edizione del 2002 per cercare risposte valide agli interrogativi
pressanti che numerosi arrivano alle Istituzioni che colpevolmente
ignorano il problema dell’autismo. L’obiettivo primario dell’AGSAS,
che ha organizzato il convegno in collaborazione con l’ANGSA
(Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) i cui rappresentanti saluto e ringrazio, è quello di costituire una Fondazione
Nazionale Privata che faccia solo e soltanto ricerca scientifica
delle cause dell’autismo. Per questo motivo abbiamo invitato i
nostri illustri ricercatori che ci aggiorneranno sui risultati raggiunti
dalla ricerca scientifica e sui programmi progettuali a venire.
Naturalmente la ricerca è uno degli obiettivi perché vi siete accorti
che gli argomenti del convegno sono anche altri e cioè la presa in
carico da parte dei Servizi del bambino con autismo diagnosticato
tale e seguito appunto nell’arco della sua vita. Ci sono in Italia
splendidi esempi di presa in carico e l’equipe formata dalla Dssa
Dalla Vecchia, dalla Dssa Martini, dalla dssa Giuberti e dalla Dssa
Frejaville è qui presente per documentarla. Altro argomento che
tratteremo è l’integrazione del bambino autistico a scuola. Quando
è stata proposta l’integrazione scolastica, con la legge 104/92, per
tutti i soggetti in situazione di handicap nelle scuole pubbliche di
ogni ordine e grado sembrava che si fosse finalmente risolto il
problema dell’integrazione, ma a distanza di anni si è visto che tale
intenzione è rimasta una chimera.
Ciò nonostante l’integrazione scolastica dei bambini con
autismo non è un’utopia ed il Prof. Cottini, docente di Didattica
9
speciale e Psicologia dell’handicap e della riabilitazione presso la
Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Urbino ce lo
dimostrerà nell’ambito, appunto, della sessione dedicata all’integrazione scolastica.
Ancora una volta abbiamo realizzato un documentario dove una
giovane regista, Julia Salerno, ha messo in evidenza le gioie, le
paure, le aspettative, i proponimenti di una giovane coppia nella
gestione del loto figlio con autismo e attraverso le immagini di vita
vissuta ci fa capire che il problema non è l’autismo ma lo scarso
interesse delle Istituzioni per tale sindrome.
Saluto affettuosamente il dott. Tiziano Gabrielli co-protagonista
del filmato che relazionerà nella sessione dedicata al trattamento
abilitativo. Abbiamo, inoltre, voluto invitare e li accomuno in un
forte e sentito abbraccio per la loro adesione due persone con
autismo che rispondono ai nomi di Lisa Perini e Gill Trehin, pittori,
per dimostrare che si può vivere dignitosamente anche in
presenza di oggettive difficoltà relazionali. La critica dei loro
quadri, esposti nello spazio antistante a questa Sala Convegno
sarà affidata al prof. Candido e ad un pittore di fama mondiale che
risponde al nome di Pippo Madè.
Un plauso ed un grazie particolare vorrei dedicare ai
componenti del Comitato Scientifico vale a dire il Prof. Canziani ed
il Prof Romano che con competenza e professionalità hanno
invitato i nostri illustri relatori.
Infine vorrei ringraziare la Regione Siciliana in particolare
l’Assessore F. Granata dei BBCC e della P.I., il Comune di
Palermo e la Provincia di Palermo rappresentata dall’Assessore
alle Attività Sociali Di Baudo che con i loro contributi hanno
permesso lo svolgimento di questo convegno.
Adesso vi mostrerò uno spot rappresentante un bambino che
cammina lungo una strada con in fondo un traguardo che non ha
ancora raggiunto mentre alle sue spalle si susseguono gli anni a
partire dal 1943, anno in cui Leo Kanner per primo descrisse la
sindrome autistica, fino ai nostri giorni. Ciò per evidenziare che dal
1943 sono passati 60 anni e quel bambino ora è un adulto anziano
che aspetta sempre di tagliare il traguardo da vincitore.
Ultima informazione e poi vi lascio alle relazioni dei nostri
qualificati ospiti: l’AGSAS- Onlus, a breve, inaugurerà Radio
10
Autismo che sarà presente on line sul sito web
www.radioautismo.it
La Radio trasmetterà 24 ore su 24 temi riguardanti l’autismo per
sensibilizzare ed informare sulle persone con disabilità grave della
comunicazione e cioè: dibattiti, convegni, interviste, progetti,
ricerca, integrazione e quant’altro riguardante la sindrome. La
radio vuole essere, insomma, una grande tavola rotonda virtuale
dove tutte le persone sono invitate per un proficuo confronto.
Grazie per l’attenzione .
11
DALLA PSICOPATOLOGIA ALLA DISFUNZIONE, DALLA
PSICOTERAPIA ALLA ABILITAZIONE GLOBALE
Fabio Canziani
L’autismo è il frutto di un’interrelazione tra Genoma (eredità
poligenica) o altri fattori patogeni; Proteine (effetto epigenetico);
Funzionamento delle strutture neuronali; Adeguamento dei
processi cognitivi, motori, emotivi e linguistici; Ambiente e stress
della famiglia.
Le esperienze col positrone hanno messo in luce disfunzioni dei
lobi interessati alla funzione uditiva, dei lobi frontale e temporale;
dell’opercolo, con carente funzionamento dei neuroni a specchio
frontali, eccessivamente vulnerabili allo stress, che impediscono
una risonanza con gli altri e l’imitazione del comportamento altrui
percepito con la visione; dei gangli della base, amigdala, talamo,
ippocampo; del cervelletto e del cervello posteriore; dell’emisfero
dominante per cui gli stimoli sono inviati dall’emisfero controlaterale, incapace di utilizzarli al meglio; dell’integrazione sinaptica
dimostrata dalla desincronizzazione di aree cerebrali indice di
difficoltà del feed back sensoriale.
Disfunzioni che rende difficile comprendere vari stimoli ed a
programmare un’azione.
Oggi la percezione delle famiglie sulle cause che possono
produrre il disturbo si è modificata, ma è dominata da dubbi ed
ipotesi diverse. Così, alla fine degli anni ‘90, un’interessante
indagine sul vissuto dei genitori metteva in rilievo come essi, solo il
3% dei genitori, ritenevano che l’autismo fosse secondario a traumi
affettivi e nel 2,,8% a traumi emotivi extrafamiliari.
Il 48%, dei genitori non esprime alcun’idea sull’etiologia. Il
restante 52% nel 38% ipotizzava un deficit immunitario, il 30%
un’alterazione intervenuta durante la gravidanza o il parto (14%
perinatali e 16% danni prenatali) e nel 29% una modifica genetica.
Il 12% del campione riteneva possibili cause esterne come:
intossicazioni (mercurio,farmaci,droghe )
9,3%
traumi fisici (operatori e cranici e anomalie cerebrali)
4,3%
flogosi infezioni (febbre elevata,otiti, virus)
4%
disturbi gastrici ed intolleranza alimentare
5,1%
Si è, quindi, fatta avanti la convinzione, in quasi tutti i genitori,
12
che l’autismo è un disordine genetico, neurologico o disfunzionale
dell’encefalo che determina, in un secondo tempo nel bambino,
profonde alterazioni delle abilità operative, delle capacità di
comunicare e di rispondere appropriatamente alle richieste
dell’ambiente.
Nella stessa indagine, i genitori, hanno descritto l’anamnesi
familiare ed i sintomi presentati dai loro figli che evidenziavano
diversi tipi di autistici.
All’anamnesi era riferita la presenza un 65% di familiari con
problemi. Nel 27% dei casi psicosi (autismo 16%, Asperger
4,7%,disordine pervasivi dello sviluppo non specificato 7,3%), nel 16%
debolezza mentale, disordini bipolari 8,2%, disturbi motori o psichici
anancastici 9% (tics 3,3, disordini ossessivo compulsivi 8,7%).
Il 27,4%, dei genitori presentava depressioni esogene, spesso
reattive a problemi diversi, altri si erano esposti a situazioni non
ecologiche durante la gravidanza.
In quasi tutti i soggetti autistici predominavano movimenti
stereotipati, picchettamento delle dita, dondolamenti o ruotamenti
del corpo, una diversa sensibilità alla percezione visiva, uditiva,
olfattiva, gustativa, tattile, una difficoltà all’aggancio visivo,
accompagnate da un impoverimento della interazione sociale,
della comunicazione, degli interessi e delle attività.
In alcuni autisti il funzionamento mentale era variamente
carente (debolezza o insufficienza mentale). Alcuni presentavano
un umore instabile, altri, un’etero o auto aggressività.
Un altro gruppo d’autistici era descritto con debolezza mentale
[1] in associazione con tic, depressione, ossessioni - compulsioni,
paralisi cerebrali infantili. e disturbi bipolari.
Un certo numero di soggetti presentava un elevato funzionamento mentale, con regressioni e disturbi gastro intestinali.
In realtà i disturbi dello spettro autistico previsti dal DSM 4 sono:
l’autismo, la sindrone di Asperger, i disturbi pervasivi dello sviluppo
e i processi disintegrativi non specificati. Poco è sottolineata una
forma particolare di autismo: quella simbiotica.
Autismo simbiotico della Mahler
La sindrome, che interviene tra il secondo ed il quinto anno di
vita [2], descritta dalla Mahler, 1952 [3], riguarda i bambini partico13
larmente intolleranti alle frustrazioni, reazioni esagerate agli
insuccessi, una difettosa capacità di adattamento, un labile
rapporto con la realtà, una patologica fissazione - regressione
accompagnata ad una fusione simbiotica con la madre o ad una
interruzione, al suo inizio, della maturazione con sospensione della
fase di separazione individuazione.
Ne consegue una deficitaria elaborazione delle afferenze, un
carente apprendimento ed una incapacità autonoma a rispondere
agli stimoli. Si realizza, cioè, uno jato tra la nascita delle funzioni
autonome dell’Io, la differenziazione emotiva dalla madre, una
perdita dei confini del Se ed un arresto dello sviluppo. Ne
consegue l’utilizzo di meccanismi psicotici difensivi, ansia, panico,
perdita di interessi per il gioco, manipolazioni bizzarre, afinalistiche,
interesse solo per qualche oggetto inanimato (feticci psicotici della
Mahler), agitazione psicomotoria, improvvisi comportamenti
pantoclastici alle separazioni dalla madre. Il bambino tende all’isolamento, rifiuta il contatto con i coetanei e, solo saltuariamente,
presenta un attaccamento all’adulto. Egli può regredire al pensiero
magico e presentare quote di panico insopportabili, un progressivo
impoverimento del linguaggio, tendenza all’isolamento, indifferenza
all’ambiente, complessi rituali ossessivi ed un’evoluzione rapida
verso l’autismo.
Questi soggetti, particolarmente sensibili, presentano frequenti
alterazioni del ritmo sonno veglia, [4]enuresi ed encopresi.
L’autismo simbiotico può essere scatenato, pare, da cause
esterne [5]che rompono il fragile rapporto con la realtà.
In circa il 40% dei soggetti autistici secondo i genitori, sono
presenti disturbi gastrici. Non è chiaro se essi siano dovuti a
disfunzione gastrica o cerebrale e se siano secondari a disturbo
cerebrale o viceversa.
Gli animali privi di amigdala e di ippocampo presentano
comportamenti autistici. Nei soggetti autistici è ipotizzabile che la
secretina, oltrepassando la barriera emato encefalica, possa
indurre un’alterazioni di queste due parti del SNC. I disturbi gastrici
possono insorgere in epoche diverse
Nel periodo neonatale nel 48% dei casi con
costipazione
21,8%
diarrea
12,5%
14
vomito-reflusso
20,1%
altri disturbi
5,5%
Nel periodo del divezzamento, nel 41% dei casi con
costipazione
17,9%
diarrea
11,8%
vomito-reflusso
9,5%
altri disturbi
2,3%
Nel passaggio agli alimenti consueti da tavola nel 41%
costipazione
19,1%
diarrea
5,5%
vomito-reflusso
5,6%
altri disturbi
5,2%
Dopo il 15° mese di vita i disturbi sono presenti nel 42% dei
casi, con:
costipazione
24,0%
diarrea
14,0%
vomito-reflusso
6,7 %
dolori addominali
7,9%
Il disturbo più frequente è la costipazione, determinata, in
genere, da una situazione tossica o da un’infezione batterica che
agiscono per lungo tempo ed insidiano la tolleranza alimentare.
Una percentuale elevata di autisti presenta disturbi [6] del
sonno, irritabilità, iperattività aggressività e algie addominali che
possono avere anche una relazione con reflussi acidi.
Le osservazioni riportate dai genitori conforterebbero il sospetto
che, in soggetti geneticamente predisposti, fattori ambientali post
natali possano aver un effetto negativo sullo sviluppo cerebrale.
Questo fa pensare ad un grande autore francese del
settecento, Voltaire E. M., oggi più attuale che mai per la sua
particolare attenzione alla cultura inglese “Lettres sur les angles”,
per il suo “Traitè de tollerance” e per il suo “Candidè ou
l’optimisme”. Egli, pacifista, ebbe una visione rivoluzionaria della
storia che con lui, non fu solo di principi e di re, ma del popolo, non
solo dei cristiani e non solo determinata dagli uomini del bacino del
mediterraneo, ma anche dai popoli dei paesi orientali. Nel 1700
Voltaire nella lettera ad un grande matematico filosofo Alambert,
[7] ipotizzava che il comportamento fosse in rapporto col funzionamento dello stomaco.
15
Quale che sia l’influenza dei fattori genetici, perinatali, post
natali ed ambientali, ammettendo che tutti possano cooperare alla
produzione della sindrome, quello che interessa è valutare quali
sono importanti e quali associazioni siano ipotizzabili.
La prognosi del disturbo dipende dalla severità della sintomatologia, dall’esperienza e dalle caratteristiche psicologiche di chi si
prende cura del bambino, dal coinvolgimento positivo della famiglia
e dall’appropriatezza delle tecniche di recupero.
La Terapia
Nonostante l’interessante e recente monografia di Riche D-Kitty
W., non esiste ancora oggi una modalità esaustiva per il recupero
di questi soggetti. Asperger aveva ipotizzato una terapia
pedagogica per la forma di autismo da lui descritta, quando, con
coraggio, lo scienziato austriaco, in pieno nazismo, si occupava a
Vienna del recupero dei soggetti ritenuti degni di soppressione da
parte del nazifascismo.
L’intervento pedagogico è importante e prevede un’induzione di
capacità comunicative (TEACH) un addestramento alle azioni della
vita di tutti i giorni, ai rapporti sociali ed all’apprendimento di
nozioni. Quando, in alcuni casi, si realizzano i processi cognitivi,
questi si presentano con uno stile singolare, spesso assai lontano
da quello abituale.
I campi di intervento sono comunque molteplici. Nell’ambito
corporeo è utile la psicomotricità con interventi sulla sensibilità
cutanea (Io pelle), sullo schema corporeo, sull’immagine corporea,
sulla percezione dello spazio, sulle posture utilizzando varie
tecniche e tra esse il packing e la pittura. Di notevole interesse
sono la riabilitazione linguistica, la terapia occupazionale e le
tecniche del condizionamento operante.
E’ anche importante un intervento finalizzato a elaborare le
angosce psicotiche, i meccanismi di difesa patologici, ad uscire
16
dalle identificazioni adesiva e simbiotica patologiche ed indurre alla
sublimazione.
Da anni la psicoanalisi ha abbandonato il campo dell’autismo,
dopo decenni d’interpretazioni etiologiche colpevolizzanti le madri,
un vero abuso psicologico.
Alcuni contributi della psicodinamica restano, anche se, in
parte, interessanti. [8] Autori quali la Tustin, ammettendo che gli
autistici siano il frutto di danni variegati, pensano che questa
situazione renda i soggetti particolarmente vulnerabili, distrugga la
loro autostima inducendo un decremento delle motivazioni e delle
attività. Al danno corrisponderebbe un comportamento emotivo
arcaico (identificazione adesiva, attaccamento immaturo,
meccanismi proiettivi patologici persecutori, difficoltà di interiorazione ed assenza della terza dimensione). Si determinerebbe di
conseguenza un particolare processo di simbolizzazione, un deficit
delle condotte imitative, una carenza delle capacità attentive,
cognitive ed un bisogno di appoggiarsi al pensiero degli altri.
A ciò si aggiungerebbe un’assenza dell’angoscia costruttiva che
consente di comprendere l’altro e di collegare le esperienze. Per
dirla con Bion di trasformare gli elementi beta in elementi alfa. In
queste condizioni il bambino non è messo in condizione di uscire
dal suo corpo, di attuare un contatto con l’altro, è costretto a
relazionarsi con gli oggetti attraverso il tatto e le modificazioni del
tono muscolare.
Per determinare una modifica, un miglioramento del comportamento degli autistici e una valida presa in carico sono
fondamentali tutti i suggerimenti che provengono dagli studi
genetici, neuro fisio psicologici behaviouristi e psicodinamici per
strutturare tecniche globali di intervento frutto non di un’ipotesi
totalizzante ma di un mixer di modalità di intervento che
rispondano ai problemi disfunzionali neurologici e psicologici.
Questo intervento deve iniziare precocemente. I tentativi sono
stati molteplici ed i risultati non brillanti, anche perché esperienze
con il condizionamento operante hanno evidenziato che i bambini
autistici appaiono diversi dai soggetti con disturbi cognitivi. Le loro
performances si sono dimostrate meno valide di quelle dei bambini
con debolezza mentale, sia nella precisione, sia nell’esecuzione di
un compito, sia nel numero di errori, sia nella non motivazione17
opposizione semplice, o con errori. E’ ipotizzabile perciò che vi sia
una diversa compromissione della memoria di lavoro, una
maggiore inibizione e uno scadente autocontrollo, negli autistici
rispetto ai deboli mentali.
18
GENETICS OF AUTISM: EVIDENCE FOR AN AUTISM GENE
ON CHROMOSOME 2Q
Joseph D. Buxbaum
Autism is a pervasive developmental disorder (PDD) characterized by communication and language impairments, social
deficits, and stereotyped or repetitive behaviors. These developmental abnormalities are apparent by early childhood, or 36
months of age. Autism is a complex psychiatric disorder with
oligogenic inheritance. Twin studies and family studies show
substantial evidence for genetic predisposition in the majority of
idiopathic cases. The population prevalence of autism has been
estimated at approximately 0.5-2 per 1000, but the rate among
siblings of affected probands is estimated from multiple studies at
1-3%, which is profoundly higher (approximately 10-15 times
greater) than the general population prevalence. The concordance
rate for dizygotic (DZ) twins is similar to the rate for non-twin
siblings, whereas the concordance rate monozygotic (MZ) twins is
approximately 60-90%. This indicates that the heritability for
idiopathic autism is greater than 90%, if you assume a multifactorial threshold model, which exceeds that of other common
psychiatric disorders such as bipolar disorder, alcoholism, and
schizophrenia. Other twin studies show that this predisposition
extends to a broader autism phenotype of milder, related developmental disorders. This spectrum of non-pathological abnormalities
in behavior is present in parents and siblings of autistic individuals.
Most MZ co-twins who were non-autistic exhibited milder abnormalities similar to features of autism. Concordance for the broader
phenotype of autism for DZ twins is considerably lower than the
concordance for MZ twins, 10% and 92%, respectively.
Concordance and relative risk continue to drop off dramatically for
relatives outside of the immediate family, such as cousins, though
the concordance rates for relatives are still greater than the
population prevalence. This, combined with the difference in
concordance rates between MZ and DZ twins, suggests the action
of several genes acting together. Latent class modeling suggests
2-10 genetic loci interacting, with three interactive loci being the
best model, while other studies point to the possibility of 10-100
19
loci, each of weak effect.Three types of genetic studies are being
conducted to identify susceptibility loci for autism. The first is
identifying chromosomal and cytogenetic abnormalities in autistic
individuals. The second includes candidate gene studies, while
genome-wide linkage studies constitute the third. Studies from
linkage analysis will be summarized, with particular emphasis on
the evidence for linkage on chromosome 2.
20
AUTISMO E ALTERAZIONI DEL CROMOSOMA 15
Fiorella Gurrieri e Giovanni Neri
Istituto di Genetica Medica, Università Cattolica del S. Cuore, Roma
L’autismo (A) è caratterizzato da difficoltà nella comunicazione
e socializzazione, comportamenti stereotipati e scarso interesse
verso l’ambiente circostante; rientra nel gruppo dei Disturbi
Generalizzati dello Sviluppo (DGS).
Questo gruppo di condizioni è eziologicamente eterogeneo:
circa il 10-25% dei casi di A fanno parte di patologie note dovute a
cause genetiche o ambientali (Gillberg e Coleman, 1996), mentre
la causa rimane sconosciuta nei rimanenti casi. Fra le condizioni
genetiche più comuni, nelle quali è presente A, vanno menzionate
la sindrome del cromosoma X fragile (Feinstein e Reiss, 1998) e la
sclerosi tuberosa (Smalley, 1998). Nel 75% dei bambini autistici è
presente ritardo mentale (Lockyer e Rutter, 1969), mentre nel 33%
circa si riscontra la presenza di epilessia (Rutter, 1970).
Che vi sia una forte componente genetica in A è suggerito
dall’osservazione che esiste una maggiore concordanza di malattia
nei gemelli monozigoti rispetto agli eterozigoti e dal fatto che per i
fratelli o sorelle di un soggetto autistico il rischio di essere affetti
dalla stessa patologia è del 2-6% circa, cioè 75 volte superiore
rispetto a quello della popolazione generale (Rutter et al., 1999).
I risultati di studi genetici effettuati in famiglie con bambini
autistici indicano il possibile coinvolgimento di molteplici loci
genomici che interagiscono fra di loro nel determinare predisposizione ad A o DGS. Studi di geni candidati in famiglie con A hanno
dimostrato la presenza di linkage disequilibrium tra A e un
polimorfismo intragenico del gene codificante per la subunità B3
del recettore per l’acido gamma amino butirrico (GABRB3) (Cook
et al., 1998) e inoltre tra A e un polimorfismo intragenico del gene
codificante per una proteina di trasporto della serotonina (5-HTT)
(Klauch et al., 1997). Tuttavia, tali dati non sono stati confermati da
studi successivi eseguiti su gruppi di famiglie diverse, il che indica,
come minimo, l’esistenza di una eterogeneità genetica di A.
Ricerche su tutto il genoma di loci di suscettibilità ad A sono
state effettuate in famiglie con A e hanno portato all’identificazione
21
di almeno 12 loci candidati (Philippe et al., 1999; Barrett et al.,
1999; Risch et al., 1999).
Vi sono inoltre in letteratura diversi casi riportati in cui è stata
osservata l’associazione di A e DGS con alterazioni cromosomiche
varie, come ad esempio delezioni interstiziali o terminali, traslocazioni bilanciate o sbilanciate, inversioni, presenza di cromosomi
marcatori, anomalie di numero dei cromosomi sessuali. Sono state
riportate alterazioni praticamente di tutti i cromosomi, anche se le
più frequenti riguardano il cromosoma 15 e i cromosomi sessuali
(Gillberg, 1998).
In particolare, la regione 15q11-q13, soggetta ad imprinting, è
da considerarsi una importante candidata in base al riscontro
nell’1% dei pazienti con A di riarrangiamenti citogenetici e
molecolari in forma di inv-dup 15 o duplicazioni intracromosomiche
della regione 15q11-q13 (Gurrieri et al., 1999). Tali duplicazioni
comportano un aumentato dosaggio dei geni localizzati all’interno
della regione riarrangiata.
Il nostro studio si è finora concentrato sulla ricerca di riarrangiamenti submicroscopici della regione 15q11-q13 in 240 pazienti
con DGS. Nel gruppo DGS sono state identificate 10 duplicazioni
al locus D15S817 (4.2%) tutte di origine materna, mentre in 2
famiglie con DGS sono state riscontrate delezioni al locus
D15S646 (0.8%) di origine paterna. I riarrangiamenti identificati
mostrano che in effetti una certa percentuale di pazienti con A è
portatrice di alterazioni del cromosoma 15. Queste alterazioni sono
al momento l’unica causa genetica identificabile nei pazienti affetti
da questo disturbo.
I riarrangiamenti che abbiamo finora identificato serviranno
come punto di partenza per identificare uno o più geni le cui
mutazioni conferiscono, a chi ne è portatore, un’aumentata succettibilità ai DGS.
Ciò è di rilevante importanza in quanto, nonostante i progressi
fatti da vari gruppi nel campo della genetica dei disturbi del
comportamento, finora non è stato identificato alcun gene
predisponente o causale per quanto riguarda i DGS. Ciò è verosimilmente da mettere in relazione con la complessità clinica ed
22
eziologica di questa condizione, che risulta pertanto particolarmente difficile da studiare. L’identificazione di uno o più geni
DGS potrà essere di notevole interesse non solo per acquisire
delle conoscenze sulle basi biologiche di questo disturbo dello
sviluppo, ma anche per comprenderne i meccanismi patogenetici.
Inoltre, tali acquisizioni potranno, in prospettiva, porre le basi per
applicare strategie terapeutiche mirate.
23
BIBLIOGRAFIA
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24
BASI GENETICHE DEL DISTURBO AUTISTICO IN SICILIA:
STATO DELL’ARTE SULLE RICERCHE IN CORSO
Valentino Romano
Professore Associato di Biologia Applicata
Dip. Di Biopatologia e Metodologie Biomediche
Università di Palermo
[email protected]
L’ autismo è un disturbo generalizzato dello sviluppo caratterizzato dalla presenza di deficits che compromettono in modo grave
sia le capacità di comunicazione verbale e non verbale del bambino,
sia la sua capacità a stabilire una normale, reciproca, interazione
sociale. In questo disturbo sono inoltre frequentemente presenti
comportamenti ripetitivi e stereotipie. I principali segni dello spettro
autistico insorgono, entro i primi tre anni di vita, in circa 1 individuo
su 1.000 della popolazione generale. Tuttavia questa incidenza può
variare tra le diverse aree geografiche e potrebbe essere,
comunque, sottostimata a causa di mancata diagnosi.
Lo stato delle conoscenze attuali sull’autismo e sulle sue cause
è paragonabile a quello che si aveva diversi decenni fa sul ritardo
mentale, e cioè, di un'entità clinicamente e geneticamente
omogenea. E così non é. Oggi, infatti, noi sappiamo che il ritardo
mentale è clinicamente e geneticamente molto eterogeneo: si
tratta in realtà di un gruppo di malattie diverse per eziologia e
sintomi che raggruppiamo sotto un unico nome. E’ probabile che
questa interpretazione possa essere corretta anche per l’autismo.
Tre aree in cui la ricerca scientifica sull’autismo stà investendo
risorse in tutto il mondo sono: a) quella relativa alla
definizione/diagnosi della sindrome, (b) l’identificazione dei fattori
causali (ambientali e genetici) c) comprendere quale è il peso
relativo dei fattori genetici e ambientali e il modo in cui essi interagiscono nel determinismo della malattia.
La questione riguardante la definizione/diagnosi dell'autismo è
un'area molto problematica e dibattuta dalla comunità scientifica.
Per molti anni l’autismo è stato, infatti, considerato un disturbo
25
dell’affettività, causato da un inadeguato (e colpevole) rapporto
della madre con il figlio. A questa visione punitiva (per la madre e
per la famiglia) se ne è sostituita una che considera l’autismo un
disturbo le cui cause vanno ricercate nella stessa struttura
biologica della malattia.
Oggi molti ricercatori cercano di capire quali siano le basi
organiche dei disturbi cognitivi e comportamentali che si
manifestano nel bambino autistico. Solo da pochi anni si è, infatti,
cominciato a studiare il fenotipo autistico anche dal punto di vista
delle alterazioni neurofisiologiche, anatomiche, cellulari,
neurochimiche e molecolari, oltre che comportamentali e cognitive.
Per il futuro l'obiettivo è, cioè, quello di studiare l’autismo come si
studierebbe, ad esempio, la talassemia o il diabete. Abbiamo
bisogno di comprendere non solo la disfunzione che interessa una
data area (es. quella neurofisiologica o biochimica) ma di capire,
allo stesso tempo, come le alterazioni in un’area si collegano a
quelle che osserviamo in un’altra area e come queste si collegano
ai fattori eziologici primari, cioè ai fattori ambientali e genetici che
possono agire in modo individuale o combinato. Ad es., farmaci,
sostanze chimiche inquinanti (come gli organofosfati) e infezioni
virali possono causare l’autismo alterando i delicati processi che
nei periodi embrionale, fetale, perinatale e neonatale devono
permettere un normale sviluppo del cervello.
Per quanto sia facile a dirsi, tuttavia, l'attuazione di questo
complesso programma di ricerca presenta difficoltà notevoli.
Infatti, oltre al “ritardo” con cui storicamente sono iniziate le
ricerche biologiche sull’autismo, vi sono altre difficoltà collegate
con le barriere concettuali e metodologiche che separano i vari
ambiti di ricerca e che rendono difficile uno scambio di informazioni
efficiente ed efficace tra gli specialisti che operano nelle varie aree
di ricerca. Questa è comunque una situazione più generale ed è
tipica del passaggio della ricerca da una fase monodisciplinare a
una interdisciplinare.
Mancano markers biochimici affidabili dell'autismo e non è
facile, se non impossibile, “modellare” la sindrome in un altro
organismo. Abbiamo anche bisogno di maggiori informazioni sulle
alterazioni neuroanatomiche e neurofisiologiche presenti
26
nell’autismo e sulle disfunzioni cellulari, e in particolare dei neuroni.
Poiché sarebbe a priori sbagliato studiare l’autismo unicamente da
una prospettiva “neuro – centrica” è bene tenere in conto anche
altre ipotesi di lavoro. Vi sono studi che analizzano, ad es., il
rapporto che potrebbe esistere tra sistema immunitario - sistema
gastrointestinale e cervello nell'autismo.
Dal punto di vista genetico, la definizione più appropriata per
l’autismo è quella di malattia poligenica e multifattoriale. Benché,
nel loro complesso, le basi biologiche dell’autismo siano ancora
mal comprese, sono numerose le osservazioni a favore dell’esistenza di fattori genetici che aumentano il rischio di comparsa
della malattia. Ci potrebbero essere pochi geni ad effetto maggiore
o molti geni ad effetto minore o una combinazione di questi due
estremi.
Storicamente, le prime forti indicazioni dell'esistenza di una
base genetica nell’autismo furono ottenute da studi condotti sui
gemelli. Poichè i gemelli monozigotici condividono, in pratica, gli
stessi geni (o quasi), ci si aspetterebbe che, se esiste una significativa componente genetica nell’autismo, nei gemelli monozigotici
il tasso di ricorrenza della malattia debba essere più elevato
rispetto a quello osservato, ad es., tra gemelli di-zigotici o tra
fratelli non-gemelli. E, infatti, mentre il rischio di ricorrenza tra
gemelli monozigotici è compreso tra il 36 % e il 90%, questo
rischio per un fratello non-gemello di un bambino autistico è di
molto ridotto (3 % - 5%). Benché quest’ultimo valore possa
apparire molto basso esso è tuttavia cinquanta volte più elevato di
quello che ha un bambino qualsiasi della popolazione generale di
manifestare i sintomi dell’autismo. L'oscillazione delle percentuali
riportata sopra per i gemelli monozigotici (36 % - 90 %) dipende
dai vari studi pubblicati, ma riflette soprattutto il fatto che le stime
più elevate si ottengono quando vengono presi in considerazione
altri disturbi associati al fenotipo autistico, come ad esempio i soli
disturbi del linguaggio, Se esiste, come è probabile, una
componente genetica nell’autismo ci si dovrebbe aspettare che al
diminuire del grado di parentela tra un familiare e il caso indice (il
bambino autistico), diminuisca anche il rischio di manifestazione
dei sintomi in quel familiare.
27
Altre evidenze in favore dell’esistenza dei fattori genetici
nell’autismo si basano su varie osservazioni. Esiste, ad es., un
diverso rischio di manifestare la malattia tra i due sessi. I maschi
hanno un rischio 4 - 5 volte più elevato delle femmine. Inoltre,
l'autismo, o alcune sue tipiche manifestazioni, può essere
presente in soggetti che hanno una diagnosi eziologica per
specifiche malattie monogeniche, anch’esse di interesse neurospichiatrico, quali ad es. la sindrome del cromosoma X fragile
(FRAXA), la sclerosi tuberosa, la fenilchetonuria ed altre ancora. Il
ritardo mentale è presente in circa l'80 % dei casi di autismo.
Ad ulteriore conferma dell’importanza dei fattori genetici
nell’autismo vi sono poi le anomalie cromosomiche. Anche se una
data anomalia cromosomica è presente solo in pochi soggetti, se
non addirittura in un singolo caso, essa potrebbe rivelarsi molto
utile per chiarire alcuni aspetti della eterogenea base biologica
dell’autismo. Una data anomalia cromosomica strutturale (ad
esempio una delezione o una traslocazione), può infatti segnalarci
in quale punto del genoma potrebbe trovarsi uno dei geni che
conferiscono la suscettibilità per l’autismo. Uno dei cromosomi in
cui queste alterazioni sono state spesso osservate nei bambini
autistici è, ad es., il cromosoma 15.
In Sicilia è in corso un progetto di ricerca tra due Dipartimenti
Universitari (il Dipartimento Universitario Materno Infantile (Sez di
Neuropsichiatria Infantile) e Dipartimento di Biopatologia e
Metodologie Biomediche (Sezione di Biologia e Genetica)
dell’Università di Palermo e l’Istituto OASI di Troina (EN) per lo
svolgimento di uno studio interdisciplinare sull’autismo. Queste
attività potranno essere sempre più produttive se verrà favorita una
crescente integrazione tra le diverse competenze che sono
presenti in queste Istituzioni e se saranno resi disponibili adeguati
finanziamenti per la ricerca in questo settore.
Và anche ricordato che queste attività sono state inoltre
possibili grazie alla attiva collaborazione delle famiglie siciliane
interessate da questo problema e che hanno aderito a questo
studio.
Una sintesi dei risultati che verranno presentati al Convegno
Perchè autistico? (edizione 2003) è riportata qui di seguito:
28
la ricerca ha come obiettivi, da un lato, la ottimizzazione dei
criteri diagnostici nel disturbo autistico, dall’altro, la individuazione
dei fattori di rischio genetico responsabili della comparsa della
malattia. Lo studio è stato condotto su famiglie siciliane con
almeno un figlio che presenta il disturbo autistico. Il numero di
famiglie reclutate sino ad oggi (Aprile 2003) è 140. Tuttavia, i
risultati che vengono riassunti in questa relazione si riferiscono
alle sole indagini genetiche, ad oggi, completate su circa 90
famiglie. In linea con i principali filoni di ricerca genetica
sull’autismo condotti in Italia e nel mondo e tenendo conto della
forte eterogeneità genetica (cioè cause genetiche che possono
essere anche molto diverse da paziente a paziente) abbiamo
diversificato il nostro studio secondo 3 linee di ricerca:
1) ricerca di alterazioni cromosomiche;
2) individuazione di regioni cromosomiche che potrebbero
contenere geni di suscettibilità per l’autismo;
3) analisi strutturale di 10 geni candidati a funzione nota.
Il sommario dei risultati ottenuti è il seguente:
1) Numero delle alterazioni cromosomiche individuate: 4 (in 4
soggetti);
2) Preliminare (da confermare) evidenza della presenza di un
gene (la cui identità e funzione sono ancora sconosciute) di
suscettibilità per l’autismo sul cromosoma 2;
3) Nessuna evidenza di coinvolgimento dei 10 geni a funzione
nota esaminati nel disturbo autistico nei pazienti siciliani.
Conclusioni:
A)
I nostri dati sostengono, per la popolazione siciliana, un’ipotesi
già corroborata da osservazioni fatte in tutte le popolazioni sino
ad oggi studiate, e cioè, che le basi genetiche del disturbo
autistico sono probabilmente molto eterogenee.
29
B)E’ necessario individuare sottogruppi di pazienti secondo
categorie diagnostiche più specifiche (endofenotipi) di quelle
attualmente adottate. Questo nuovo approccio alla classificazione dei pazienti può renderli più omogenei clinicamente e
può facilitare, di conseguenza, la individuazione di alterazioni
genetiche comuni a quei sottogruppi.
C)
Anche se le analisi citogenetiche hanno evidenziato, in alcuni
casi, la presenza di anomalie strutturali o numeriche dei
cromosomi, la loro specificità eziologica (relazione causale con
l’autismo) rimane ancora da dimostrare.
30
DALLA VALUTAZIONE ALL’ABILITAZIONE
EMOZIONALE E SOCIALE
Prof.ssa C. Barthelemy
COGNITIVA,
1 - Tra i disturbi comportamentali e relazionali dell’infanzia,
l’autismo è la forma più tipica, pervasiva e meno compresa.
L’approccio clinico e terapeutico elaborato dallo staff di Tours è
particolarmente adattato alla riabilitazione precoce dei bambini con
bisogni specifici.
2 -Verranno presentati tre aspetti principali per quanto riguarda la
valutazione e la terapia:
- Le basi cliniche della riabilitazione secondo la Terapia di
scambio e di sviluppo (TED)
Le sue basi consitono nello studio dettagliato del comportamento, delo sviluppo e del funzionamento del bambino (e
quindi dei suoi bisogni specifici) che assume quindi le caratteristiche di un progetto personalizzato
- Le basi neurobiologiche, il processo educativo, la riabilitazione e le terapie
Gli studi sulle disfunzioni cerebrali latenti e come esse possono
influenzare l’abilitazione dei sistemi neuronali coinvolti
nell’interazione e nella comunicazione.
- Aspetti generali della pratica clinica
Abilitazione integrata delle funzioni elementari con la collaborazione delle famiglie con particolare attenzione alla
valutazione, alla qualità e all’etica.
31
PSYCHOPHARMACOLOGY AND AUTISM
B. E. Lahuis
Child- and Adolescent Psychiatrist
University Hospital Utrecht, The Netherlands
A Pervasive Developmental Disorder, as described in the DSMIV or ICD-10 is a life-long developmental disorder where communication impairments, abnormal social interaction and a restricted
range of interests and behaviours are the main characteristics.
There is an association with mental retardation (70%) and epilepsy
(305). The aetiology as well as the clinical presentation of the
disorder is heterogeneous. In recent years the diagnosis autism
increased. This poses the question if this disorder itself is on the
increase or if the awareness of the clinician is on the rise. Anyhow ,
clinicians are more often confronted with this group of patients.
There is a need for clear diagnosis, but also for help in addressing
the broad variety of problems, related to such a diverse group as
the autism spectrum disorders. Besides behavioural interventions
also pharmacological interventions are applied more often.
Although there is no cure for autism, and no possibilities to
influence the core features of the disease, pharmacological
interventions can be effective in treating problematic behaviour
such as aggression, anxiety, hyperactivity, sleeping disorders etc
and in treating co-morbid disorders such as depressions.
Psicofarmacologia e Autismo
Un disturbo pervasivo dello sviluppo (PDD) cosi come descritto
nel DSM-IV o nel ICD – 10 è un disturbo dello sviluppo che si
manifesta (nel corso della vita) dove menomazioni della comunicazione, interazioni sociali anormali e un ristretto repertorio di
interessi e comportamenti sono le principali caratteristiche. C’è
anche un’ associazione tra ritardo mentale (70%) ed
epilessia(305).
32
L’eziologia come pure la manifestazione clinica del disturbo è
eterogenea.
Negli ultimi anni le diagnosi di autismo sono aumentate.
Questo pone l’interrogativo se questo stesso disturbo è in aumento
o se è esatta la consapevolezza dei clinici.
In ogni modo i clinici si stanno maggiormente confrontando con
questo gruppo di pensieri .
C’è la necessita di diagnosi chiare, ma anche di aiuto nell’indirizzare l’ampia varietà di problemi, relativi ad un gruppo così
diversificato come i disturbi dello spettro autistico. Inoltre gli
interventi comportamentali come le terapie farmacologiche sono
utilizzati con maggiore frequenza .
Benché non esista una cura per l’autismo, e non ci sia alcuna
possibilità di infecurare
le caratteristiche principali del
disturbo, gli interventi farmacologici possono essere efficaci nel
trattamento dei comportamenti problematici quali aggressività,
ansia, iperattività, disturbi del sonno, ecc. e nel trattamento dei
disturbi morbosi quali depressioni.
33
AUTISMO E CELIACHIA
FOLLOW-UP E PRESA IN CARICO
Dott.ssa G. Gambino - Dott. P. Di Stefano
Dipartimento Pediatrico “Aiuto Materno” Palermo
Il nostro lavoro riferisce i dati in merito ad un campione di 55 pz
autistici con problematiche gastrointestinali: appare utile
differenziare le singole patologie che potrebbero avere un’espressività atipica nell’ambito delle sdr. autistiche.
La letteratura in merito ci fornisce alcuni dati essenziali rispetto
a rilievi clinici di malassorbimento, di alterazione della motilità
dell’intestino e di patologie infiammatorie localizzate a livello
ileale.
Caratteristiche del campione
Il nostro campione è costituito da 55pz (44M, 11F) di età
compresa tra 3,2a. e 18a. (età media 8,2).
La diagnosi di sindrome autistica rispetta i criteri del DSM IV
Le scale di valutazione utilizzate sono: CARS (punteggio
compreso tra 36,5 e 53), Brunet Lezine, ABC, ERC-A
Bretonneau,Mccarthur WischR
Sono state ecluse dal campione tutte le sindromi autistiche
associate a cromosomopatie, encefalopatie epilettiche, patologie
metaboliche e lesionali note.
Pertanto nel campione sono incluse solo forme criptogenetiche.
Nel 59% dei casi si sono riscontrate anomalie elettroencefalografiche focali senza alcun correlato clinico.
Si tratta quindi di un bias altamente selettivo (non contenente
disturbi disintegrativi dell’infanzia.)
Nell’88% dei casi (44/55) è presente una periodica sintomatologia gastrointestinale aspecifica caratterizzata da turbe dell’alvo
(stipsi/diarrea ricorrente) accompagnate da manifestazioni cutanee
(atopia- reazioni orticarioidi-prurito).
Tale sintomatologia obiettiva coincide spesso con momenti di
regressione sul piano delle acquisizioni ed incremento di sintomi
negativi
Tale quadro semeiologico si ripresenta generalmente con il
carattere della ciclicità.
34
Sul piano ematochimico si valuta:
in 46/55(=83,6%) pz il rapporto CD4/CD8 risulta inferiore a 2
in 39/55(= 70,9%) pz le IgA totali sono ridotte
in 44/55(= 80%) pz si rileva una significativa riduzione del
dosaggio ematico di ferritina
in 70% dei pz si osserva una positività per Ac anti Candida
in 52,9% dei pz si osserva una positività su sangue e feci per
Ac anti Helico
in 12/55 (21,8%) dei pz si perviene alla diagnosi di Malattia
celiaca.
I criteri diagnostici utilizzati per la diagnosi di M C sono: la
sintomatologia clinica, gli indici ematici AGA, EMA TGA, ESGDS
con esame bioptico della mucosa duodenale.
Nel 90% dei pz del campione(celiaci e non) si è valutato un
incremento del dosaggio delle interleuchine ( IL1b e TNF alfa)
Il sistema HLA è stato eseguito a conferma dei dati di
laboratorio
A 5 anni dal follow-up nessun pz risulta affetto da alcuna
patologia a carattere autoimmunitario.
La rivalutazione del campione ha posto in evidenza che:
16/55 pz presentano dosaggi elevati di calcitonina.
Teniamo presente che la CALCITONINA AUMENTA NELLE
SEGUENTI PATOLOGIE
(valore di riferimento 0-10 pg/ml R.I.A)
• carcinoma midollare della tiroide
• iperparatiroidismo
• carcinoma delle insule pancreatiche
• insufficienza renale cronica
• ipergastrinemia
• cirrosi epatica
• tiroidite acuta e cronica
• infiammazioni croniche
• disordini mieloproliferativi
Osservando nello specifico i 16 soggetti valutati con elevato
tasso di calcitonina, pari al 22,3%, si rilevano alcuni dati in
comune:
35
- 2 soggetti celiaci rientrano nel sottogruppo in esame,
- ad essi si aggiungono 14 soggetti autistici non celiaci con
periodiche turbe gastrointestinali aspecifiche .
Il fenotipo comportamentale che ritroviamo in associazione è
caratterizzato da
comportamenti disturbanti (agitazione
psicomotoria con incremento delle steoreotipie gestuali e
concomitanti turbe del sonno) che hanno il carattere del
parossismo periodico.
In tutti i soggetti scrinati del campione non si avevano
alterazioni degli indici ematochimici ad espressione flogistica in
fase acuta, non vi erano evidenze relative ad alterazione dell’equilibio Ca-P né patologie da collegare ad incremento patologico
della calcitonina.
Al fine di verificare la significatività dei dati relativi all’elevazione
del dosaggio della calcitonina, li abbiamo comparati ad un
campione randomizzato di casi controlli di pz pediatrici non autistici
costituito da 85 soggetti di età compresa tra i 4,1 e i 18 anni (età
media 8,9 anni, 80% = 68 maschi e 20% = 17 femmine). Di essi 19
mostrano tale incremento.
Tali bambini valutati attaverso la scale SDAI-SDAG mostrano
una frequenza medio elevata di alcuni comportamenti rispetto alle
voci 6-8-10-11-16-18 pur non potendosi annoverare nell’ambito del
disturbo ADHD.
Nell’ambito della storia anamnestica di questi bambini si
rilevano : frequenti risvegli notturni e il motivo della prima visita
sono i disturbi della sfera oro-alimentare, i disturbi dell’alvo con
DAR, scarso accrescimento ponderale.
Altro dato che si può ricavare dal follow-up del campione di
paziente autistici è che i pz con
v frequenti episodi di agitazione psicomotoria (malgrado la
dietoterapia specifica nel caso dei celiaci)
v dosaggio elevato di calcitonina
sottoposti a terapia con risperidone
mostrano normalizzazione dei valori della calcitonina entro i dati
di range e contemporanea elevazione del livello di prolattina
secondo le caratteristiche contemplate dall’attuale letteratura
(incremento nei primi tre mesi quindi plateau e successiva
normalizzazione).
36
Nei nostri pazienti autistici e del campione controllo nonostante
gli indici ematochimici (quali la VES, PCR, emocromo,
albuminemia) e i dati clinici non mostrano alterazioni significative
per Malattie Infiammatorie Croniche intestinali (MICI), è stato
determinato infine l’autoanticorpo anti Saccharomyces cerevisiae
(ASCA), marcatore specifico per la Malattia di Crohn.
E’ stato valutato il dosaggio delle immunoglobuline IgG e IgA
con metodo ELISA.
Le positività riscontrate nei pazienti autistici sono state
ASCA IgG
6%
IgA
3%
IgG + IgA
00,0%
IgG and IgA
9%
Nei pazienti del campione controllo le positività sono state:
ASCA IgG
11%
IgA
1%
IgG + IgA
10,%
IgG and IgA
12%
In tali gruppi di pazienti lo studio radiografico dell’apparato
digerente ha mostrato un accelerato transito ileale e colico. Ciò è
rilevante se si considera che il dato clinico soggettivo evidenziava
una stipsi ostinata.
CONCLUSIONI
Il nostro lavoro parte dal presupposto di volere fornire ulteriori
dati valutativi nell’ambito della ricerca circa le possibili connessioni
tra patologia gastrointestinale e sindromi autistiche, cercando di
tipizzare maggiormente un fenotipo comportamentale specifico .
Appare utile pertanto eseguire lo screening su tutti i pz autistici
e considerare la possibilità di un protocollo standard minimale su
tale patologia connessa.
37
Tale presa in carico deve necessariamente essere di tipo
multidisciplinare per poter dare il carattere della sistematicità ad
una assistenza cosi complessa.
I nostri dati possono trovare chiavi di lettura in altri ambiti oggi
rappresentati, modalità diverse o più mirate di trattamento
farmacologico,dati di ulteriore conoscenza ad un tavolo di proposte
di studio multidisciplinare.
38
NEUROBIOLOGIA E TERAPIA DEI DISTURBI DELLA SFERA
AFFETTIVA NELL’AUTISMO: CONOSCENZE ATTUALI E
PROSPETTIVE
Prof. Gaspare Cannizzaro
Direttore del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università degli Studi di
Palermo
La prevalenza dell’autismo è di circa 2-5 casi ogni 10.000
bambini; nel corso degli ultimi anni è stata osservata una tendenza
all’aumento, anche se non è chiaro se si tratta di un incremento
effettivo dell’incidenza della malattia o di migliori capacità diagnostiche. L’autismo è da 3 a 5 volte più frequente nei maschi, e nella
maggior parte dei casi si manifesta chiaramente entro i primi 2-3
anni di vita. Il sintomo caratteristico dei bambini autistici è rappresentato dalla quasi assoluta incapacità di stabilire normali relazioni
emotive sia con i genitori che con altre persone. I bambini autistici
non riescono a comprendere i sentimenti e le reazioni emotive del
prossimo, con gravi ripercussioni sulla loro vita di relazione,
pressoché inesistente, ma possono sviluppare una peculiare forma
di attaccamento verso oggetti inanimati.
La prognosi dell’autismo è strettamente dipendente dal
quoziente intellettivo: più esso è basso, peggiore sarà la prognosi.
Purtroppo, circa il 70% degli autistici è mentalmente ritardato in
forma più o meno grave, e non più del 20% riesce ad essere
autosufficiente in età adulta.
Tra le possibili cause dell’autismo, l’ipotesi che faceva ricadere
tutte le colpe sui genitori (la teoria della cosiddetta “madre
frigorifero”), incapaci di instaurare un rapporto emotivo con la
prole, è stata definitivamente abbandonata. L’autismo ha alla base
alterazioni di tipo neurobiologico di varia natura, indotte da cause
endogene e/o ambientali. L’autismo comprende una serie di
patologie che possono avere o no in comune alcuni sintomi, ma
cause del tutto differenti, che richiedono approcci terapeutici
altrettanto differenti.
Come già accennato, il bambino autistico non esprime emozioni
e, soprattutto, non riesce a capire quelle altrui, comprese quelle
dei suoi genitori. La capacità di comprendere le emozioni è una
caratteristica peculiare dell’essere umano, senza la quale nessuna
39
società potrebbe esistere. Secondi alcuni AA., la capacità di capire
le emozioni altrui è una vera e propria forma di intelligenza, la
cosiddetta “intelligenza emotiva”.
Tutte le emozioni che gli esseri umani provano originano da
determinate aree cerebrali; il piacere, la gioia, il dolore nascono
dall’attivazione di specifici gruppi di neuroni, che, per così dire,
colorano emotivamente tutte le nostre percezioni ed i nostri
pensieri. Una delle strutture più importante per la genesi delle
emozioni è l’amigdala, ed è proprio l’amigdala che in molti autistici
presenta delle alterazioni anatomiche e funzionali. È stato
osservato che nelle scimmie con lesione bilaterale dell’amigdala
compaiono sintomi simili a quelli dell’autismo, ed in particolare
alterazioni della sfera affettiva.
L’amigdala è connessa sia alla corteccia prefrontale che all’ippocampo, e modula l’attività di entrambe le aree. I collegamenti
con l’ippocampo sono particolarmente importanti, perché è proprio
tale formazione che traduce in termini biologici le emozioni.
Nell’uomo la stimolazione dell’amigdala causa una sensazione di
paura e panico, e, in alcuni individui, aggressività.
Di particolare rilievo è il ruolo dell’amigdala nella regolazione del
comportamento sociale, ovvero nella comprensione degli stati
d’animo altrui. La lesione dell’amigdala nelle scimmie provoca la
pressoché totale scomparsa del comportamento sociale: le
scimmie si isolano, ed ignorano tutti i segnali sociali. Se l’amgidala
viene lesionata in età infantile, queste alterazioni comportamentali
persisteranno anche in età adulta.
È interessante notare come nelle scimmie la lesione dell’amigdala elimini anche il comportamento materno: l’animale
trascura i piccoli o addirittura li maltratta.
Per quanto riguarda i dati relativi all’uomo, le prove a favore
della connessione tra amigdala ed autismo sono documentate dal
fatto che:
1) In diversi autistici è stato riscontrato un aumento della
densità cellulare, ma non sempre del volume, dell’ amigdala.
2) Soggetti con lesioni dell’amigdala mostrano alterazioni del
comportamento sociale simili, anche se non identiche, a quelle
osservate degli autistici.
3) In soggetti autistici non mentalmente ritardati si osserva una
40
minore attivazione dell’amigdala quando essi devono
riconoscere le emozioni espresse dalla mimica facciale.
Un contributo fondamentale alla identificazione delle alterazioni
cerebrali associate all’autismo è venuto, nel corso dell’ultimo
decennio, dai progressi nel campo della Risonanza Magnetica
(RM) sia strutturale che funzionale ed anche, e questo deve
essere sottolineato, dal miglioramento dei criteri diagnostici.
Per quanto riguarda i risultati ottenuti con la RM strutturale, essi
hanno confermato la presenza di alterazioni anatomiche dell’amigdala, e hanno dimostrato l’esistenza di alterazioni a carico di
altre strutture cerebrali, quali l’ippocampo ed il giro cingolato,
determinanti per il controllo di alcuni aspetti del comportamento
emozionale. La RM funzionale ha inoltre messo in evidenza che
gli autistici, quando devono fare scelte che richiedono un giudizio
emotivo, usano aree cerebrali diverse da quelle impiegate dai
soggetti normali, aree non coinvolte nella valutazione delle
emozioni. Gli autistici, per comprendere quali emozioni esprima il
volto di un individuo, non si basano su sensazioni emotive, ma
osservano la mimica facciale. Così ad es., l’autistico, per capire se
chi gli sta vicino è contento, guarda se ha gli angoli della bocca
rivolti verso l’alto.
L’incapacità del neonato autistico di esprimere emozioni riduce
le risposte affettive dei genitori, danneggiando ulteriormente lo
sviluppo dei circuiti neuronali coinvolti nel comportamento
emozionale. È stato dimostrato che la maggior parte delle
connessioni sinaptiche dei neuroni cerebrali si formano in seguito
agli stimoli ricevuti durante i primi anni di vita. Superato tale
periodo, la capacità di formare nuovi circuiti cerebrali si riduce
grandemente, anche se non si annulla mai del tutto.
Per quanto riguarda le possibili cause delle alterazioni neurobiologiche alla base dell’autismo, poco si conosce. Il tessuto nervoso
in via di sviluppo può essere danneggiato da numerosi fattori quali
infezioni, xenobiotici, carenza di oligoelementi, stress, ecc; non è
stato tuttavia dimostrato in maniera inequivocabile un rapporto
causa-effetto tra uno o più di tali fattori e l’insorgenza dell’autismo.
Studi recenti hanno messo in evidenza che nel sangue degli
autistici vi è un aumento dei livelli di serotonina, un neurotrasmettitore essenziale per la modulazione del comportamento affettivo41
emozionale. È stato ipotizzato che un precoce incremento di
serotonina nel cervello, indotto dai vari fattori precedentemente
citati, inibisca lo sviluppo delle terminazioni nervose serotoninergiche, in particolare nell’amigdala e nelle aree limbiche. Tale
fenomeno determinerebbe una ridotta disponibilità di serotonina,
che a sua volta alrererebbe lo sviluppo anatomo-funzionale di tali
strutture. La serotonina, infatti,oltre a svolgere la funzione di
neurotrasmettitore, rappresenta un importante fattore di crescita
per i neuroni cerebrali.
Se le nuove tecniche diagnostiche potranno confermare
nell’uomo la validità di tale ipotesi almeno in alcuni soggetti
autistici, è verosimile che un trattamento, entro i primi periodi di
vita, con farmaci in grado di aumentare in maniera specifica i
livelli cerebrali di serotonina possa, almeno in parte, attenuare i
disturbi della sfera affettiva. D’altra parte, la terapia farmacologica
dovrebbe essere supportata da idonee tecniche comportamentali,
che, sfruttando il fenomeno della plasticità neuronale, ovvero la
capacità dei neuroni di modificare persistentemente la propria
attività in seguito a stimoli di varia natura, migliorino l’attività
funzionale dei circuiti neuronali deputati al controllo del comportamento affettivo-emozionale.
È auspicabile che in tempi brevi siano disponibili apparecchiature per la RM strutturale e funzionale impiegabili nei piccoli
bambini, che permettano di evidenziare precocemente l’eventuale
presenza di quelle alterazioni anatomo-funzionali delle strutture
cerebrali sopra descritte. Poiché tali apparecchiature sono
estremamente costose, è opportuno che le risorse disponibili siano
concentrate in pochi e qualificati centri, tra loro strettamente
connessi .
42
I NEUROMODULATORI NELL’AUTISMO
Marcello Ciaccio, Giulia Bivona, Maddalena D’Ancona e Lavinia
Vocca
Cattedra di Biochimica Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università
degli Studi di Palermo
Introduzione
Il Disturbo Autistico rappresenta un classico esempio di
patologia caratterizzata da una evidente sintomatologia clinica e da
una quasi totale assenza di parametri biochimici e biochimicoclinici caratteristici e specifici.
Il termine Autismo fu introdotto da Bleuler che lo ha considerato
sintomo primario nella schizofrenia nell’adulto ad indicare la
“perdita di contatto con il mondo esterno, accompagnato da
predominio relativo o assoluto della vita interiore”.
L’Autismo è conosciuto da lungo tempo ma il primo che lo
inquadrò come patologia autonoma fu Leo Kanner, nel 1943, che
studiando 11 bambini con disturbi mentali diversi (ritardo mentale,
disturbi del comportamento, gravi difficoltà relazionali: alterazioni
mentali che, in genere, venivano diagnosticate ed inquadrate come
“insufficienze mentali” o “schizofrenia”) individuò questo nuovo
quadro di psicopatologia infantile che definì “Autismo infantile
precoce”.
Il Disturbo Autistico è riconoscibile entro il 2° o 3° semestre di
vita, diventa evidente entro il 2° anno ed il quadro clinico è
conclamato entro il 3° anno di vita; ha una frequenza di 2-4 casi
ogni 10.000 bambini con meno di 12 anni ed è più frequente nei
maschi che nelle femmine con un rapporto di 4 a 1.
La eziopatogenesi del Disturbo Autistico è multifattoriale dovuta
all’interazione e complementarietà di fattori diversi fra loro. Ciò ha
determinato da parte dei vari Autori di descrivere ed inquadrare la
malattia per le tipiche caratteristiche fenomenologiche rispetto alle
caratteristiche fisiopatologiche che conducono al Disturbo
Autistico.
Il Disturbo Autistico si presenta con una varietà di sintomi:
anormalità nei rapporti sociali, fenomeni compulsivi e ritualistici,
alterazioni della comunicazione linguistica, movimenti stereotipi e
43
ripetitivi (verbali – ecolalia – o/e delle mani e dei piedi), attenzione
molto instabile, autoaggressività, autolesionismo, insufficiente
controllo degli sfinteri (enuresi, encopresi).
Neurochimica del Disturbo Autistico
I fattori biochimici più importanti nell’Autismo sono legati a
molecole diverse che svolgono un ruolo nella modulazione della
trasmissione e del metabolismo a livello cerebrale; in particolare,
nell’Autismo svolgono un ruolo importante:
- il Sistema dopaminergico,
- il Sistema serotoninergico,
- il Sistema noradrenergico,
- le Proteine gliali ed i gangliosidi,
- il Metabolismo cerebrale,
Le alterazioni dei Sistemi dopaminergico, serotoninergico e
noradrenergico conducono ad una alterazione dei Neuromodulatori
(termine più esatto rispetto a neurotrasmettitori in quanto non sono
solo responsabili della trasmissione del segnale a livello sinaptico
ma anche della regolazione di sistemi diversi come il Sistema
Endocrino) che porta ad una alterazione della neurotrasmissione.
I neuromodulatori cerebrali svolgono il loro ruolo dopo avere
interagito con specifici recettori modulando azioni a livello cellulare
diverse a secondo del tipo di recettore.
Il trasporto degli aminoacidi precursori dei singoli neuromodulatori cerebrali dal sangue al cervello attraverso la barriera
ematoencefalica avviene tramite trasporto mediato da carrier
specifici di natura genica.
La dopamina è prodotta dai neuroni dopaminergici che si
snodano in tratti ben definiti; uno dei tratti più importanti, la
sostanza nigro-striatale, connette la substantia nigra del cervello
medio con i gangli della base al di sotto della corteccia. I ruoli
funzionali principali sono la regolazione dei movimenti, l’inibizione
della sintesi e secrezione di Prolattina, gli effetti cardiovascolari (a
basse dosi induce vasodilatazione ed ad alte concentrazioni
vasocostrizione, un effetto inotropo positivo ed un aumento della
pressione arteriosa sistolica).
I neurorecettori per la Dopamina sono:
44
D1A che attiva l’Adenilato ciclasi
D1B che attiva l’Adenilato ciclasi
D2S che inibisce l’Adenilato ciclasi ed apre i canali del K+
D2L che inibisce l’Adenilato ciclasi ed apre i canali del K+
D3 la cui azione è sconosciuta (implicato nella patogenesi
della schizofrenia ?)
D4 la cui azione è sconosciuta
D5 la cui azione è sconosciuta (tono psichico e vigilanza ?)
Nel Disturbo Autistico l’alterazione dell’attività dopaminergica è
evidenziata:
- dall’osservazione che le funzioni da essa presiedute o
modulate (percezione, attenzione, associazione, organizzazione
del movimento) sono tutte compromesse;
- che l’uso di agonisti dopaminergici (anfetamine) aggravano la
sintomatologia;
- che i farmaci neurolettici (aloperidolo) che determinano un
blocco dei recettori dopaminergici portano ad un miglioramento
della sintomatologia.
Le possibili cause potrebbero essere:
- l’incapacità di produrre Dopamina da parte delle cellule
nervose,
- l’insensibilità o basso numero di recettori dopaminergici,
- l’impossibilità della Dopamina a svolgere le sue funzioni per la
presenza di inibitori.
Il principale metabolita della Dopamina è l’Acido Omovanillico
che ritroviamo a concentrazione normale nel plasma, aumentato
nelle urine in sottogruppi di pazienti Autistici ed aumentato nel
liquor in sottogruppi di pazienti Autistici in proporzione alla gravità
della sintomatologia e ciò può essere espressione o di una
eccessiva produzione o/e di una mancata utilizzazione.
La serotonina, i cui neuroni si originano nel rafe, parte della
formazione reticolare del tronco encefalico superiore, e si irradiano
notevolmente in tutta la corteccia, deriva dal catabolismo del
Triptofano.
Il Triptofano, presente nel plasma anche allo stato libero, è un
aminoacido essenziale per l’uomo, il cui fabbisogno giornaliero è di
45
7 mg/Kg nell’uomo adulto e di 30 mg/Kg nel bambino. La
principale via di demolizione è localizzata nel fegato e porta alla
formazione di acido nicotinico (vitamina PP) e di molti altri prodotti
che si accumulano. Una reazione secondaria porta alla sintesi di
serotonina, amina dotata di attività biologica elevata.
Solo il 5% di tutta la serotonina prodotta si trova nel Sistema
Nervoso Centrale (il 95% si trova nelle cellule enterocromaffini del
tratto intestinale, nelle piastrine e nelle cellule endoteliali vascolari)
e la sua sintesi dipende dalle concentrazioni di triptofano libero
disponibile nelle terminazioni nervose; concentrazioni di triptofano
che, a sua volta, dipendono dalle concentrazioni dell’aminoacido
libero presente nel plasma.
Le correlazioni di un rapporto tra serotonina e Autismo sono
dovute:
a) che nel 30-40% di pazienti Autistici si riscontrano concentrazioni medie più elevate di Serotonina nel plasma, nelle urine
e nelle piastrine,
b) ad un aumento delle concentrazioni di Triptofano libero nel
plasma,
c) alla correlazione tra gravità della sintomatologia autistica e
bassi livelli di Acido 5-idrossi-indoloacetico nel liquor (per
un’alterazione del gene che codifica la sintesi della proteina che
trasporta la serotonina dal sangue nel cervello?), da cui la
terapia antiserotoninergica impiegata in questa alterazione
mentale.
Studi compiuti mediante l’utilizzo della Tomografia ad Emissione di
Positroni (PET) hanno permesso di studiare la sintesi cerebrale di
serotonina evidenziando delle differenze tra il bambino Autistico ed il
normale. Infatti, nei bambini normali la sintesi è maggiore nei primi
anni per poi diminuire raggiungendo a 5 anni i livelli dell’adulto; nel
bambino con Disturbo Autistico la sintesi fino a 5 anni è minore
rispetto ai bambini normali di pari età per poi continuare ad
aumentare fino a 15 anni. Inoltre, negli Autistici la sintesi di serotonina
è maggiore a livello del Nucleo dentato del Cervelletto e minore nella
Corteccia frontale e nel Talamo.
Tra i vari recettori di seguito, nella tabella, riportati con i relativi
effetti biochimici e la specifica risposta biologica
46
Sottotipi
Effetti biochimici
Risposta biologica5-HT1
HT1
1A
1B
1C
1D
HT2
5-HT 3
5-HT 4
su AMPc e canali K+
diminuisce AMPC
idrolisi PI
diminuisce AMPC
Idrolisi PI; canale K+
Canale cationico
diminuisca AMPc
Ipotensione, Iperpolarizzazione neuronale
Inibizione del rilascio del neurotrasmettirore
Aumento del PI turnover
Inibizione del rilascio del neurotrasmettitore55Vasocostrizione , aggregazione piastrinica
Depolarizzazione
Attivazione del rilacio del neurotrasmettitore
il più importante nel Disturbo Autistico sembrerebbe il recettore
5-HT2; infatti, un suo blocco determina comportamenti similautistici.
La serotonina è coinvolta nella fisiopatologia di diverse
condizioni patologiche come la depressione, la schizofrenia,
l’attacco di emicrania (coinvolta nei processi di controllo del
dolore). La crisi di emicrania è biochimicamente caratterizzata da
un aumento delle concentrazioni plasmatiche di noradrenalina,
adrenalina, dopamina, istamina e da una diminuzione di
serotonina; nelle urine è aumentata l’escrezione di acido 5-OHindoloacetico. Il meccanismo d’azione è diretto tramite l’apertura di
canali ionici.
La noradrenalina, i cui neuroni si originano dal locus coeruleus
del tronco encefalico e si irradiano in tutta la corteccia, viene
biosintetizzata a partire dalla fenilalanina che viene convertita in
tiroxina; la tiroxina viene idrossilata e si forma la L-dopa che viene
decarbossilata a dopamina che subisce una idrossilazione con
formazione di norepinefrina prima e di epinefrina poi. I suoi
metaboliti principali sono l’acido vanilmandelico e il metossiidrossifeniletilenglicole (MOPEG). Interagisce con specifici recettori
distinti in a e b e con i vari sottotipi a1A, a1B, a1C, a2A, a2B, a2C,
b1, b2 e b3.
Nel soggetto con Disturbo Autistico si sono osservati risultati
discordanti: infatti, alcuni Autori hanno trovato concentrazioni
aumentate nel plasma, altri diminuite. Nelle urine una diminuzione
sia di catecolammine libere che di MOPEG e nel liquor il rapporto
acido omovanillico / MOPEG aumentato.
Il glutammato, neurotrasmettitore eccitatore, le cui azioni
biologiche principali sono la plasticità neuronale, la neurotossicità,
l’acquisizione della memoria, l’apprendimento, possiede 2 classi di
47
neurorecettori: a) ionotropici e b) metabotropici.
Recettori Ionotropici
AMPA
GluR1, -2, -3, -4
Kainico
GluR5, -6, -7, KA1, -2
NMDA
NMDA-R1, -R2A-D
Recettori Metabotropici
Gruppo I
mGluR1, -5
Gruppo II
mGluR2, -3
Gruppo III
mGluR4, -6, -7, -8
Nel soggetto con Disturbo Autistico è stata osservata, in alcuni
casi, una alterazione del recettore NMDA il cui meccanismo
d’azione è quello di formare dei canali per ioni che per il
glutammato sono Na+ e Ca++ che entrano e K+ e Mg++ che escono.
Inoltre, nell’Autistico si è visto una maggiore presenza sia dei
recettori AMPA e NMDA che del trasportatore specifico 1 nel
Cervelletto e nell’Ippocampo.
Per decarbossilazione del Glutammato si forma l’acido g-amino
butirrico (GABA) che è un neurotrasmettitore inibitore localizzato
nel Cervello, nel Midollo Spinale, nel Sistema Nervoso Periferico,
nel plesso mesenterico, nelle cellule cromaffini del surrene, nelle
ovaie, nel rene e nel pancreas.
L’azione inibitrice si correla al meccanismo d’azione dei
barbiturici e delle benzodiazepine ed alla regolazione della
Pressione Arteriosa.
I recettori per il GABA sono il GABA-A ed il GABA-B.
Altro neurotrasmettitore inibitore è la glicina che è il più
semplice degli aminoacidi dal punto di vista strutturale ed è
presente soprattutto nel midollo spinale e nel bulbo ed è
importante per il controllo delle funzioni motorie e sensoriali del
midollo spinale. Le fonti principali sono la dieta, la degradazione di
peptidi, proteine, nucleotidi, acidi nucleici e dai carboidrati
attraverso la via della 3-fosfoserina.
Gli aminoacidi a catena ramificata valina, leucina e isoleucina
influenzano la sintesi e la distribuzione dei neurorecettori
48
regolando la concentrazione di ammoniaca che a livello cerebrale
deve essere tra 0,1 - 0,3 mmol/g di peso fresco di tessuto; una
alterazione delle concentrazioni tissutali di ammoniaca ha effetti
negativi sulla funzionalità del cervello a livello neurochimico.
La lisina è un altro aminoacido importante nella regolazione
funzionale del Sistema Nervoso Centrale; infatti, un aumento della
sua concentrazione determina ritardo mentale e invecchiamento
precoce. Nel Cervello la lisina viene degradata fino a formare
acido pipecolico.
La Proteina G regola la trasmissione dei segnali tra le cellule
nervose e ne controlla i processi oltre ad amplificare, integrare e
controllare i processi cellulari sviluppati da ormoni e neuromodulatori rilasciati da ghiandole, dai nervi e dai tessuti nervosi. La
Proteina G, di cui se ne conosce il meccanismo d’azione, è una
proteina regolatrice formata da un eterotrimero che diviene attiva
in seguito all’interazione con un ligando e la successiva
dissociazione dell’eterotrimero a, b, g e attivazione del dimero a;
se ne conoscono vari sottogruppi con funzioni differenti. A livello
cerebrale ha vari ruoli già accertati come, ad esempio, nella
Cefalea.
Studi neurometabolici con metodiche di biochimica clinica in
vivo, come la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) e la
Spettroscopia di Risonanza Magnetica (MRS), hanno evidenziato
nel soggetto con Disturbo Autistico un aumentato metabolismo del
glucosio nella corteccia associativa dell’ippocampo e nelle strutture
sottocorticali correlate funzionalmente con tali aree ed un aumento
energetico del glucosio a livello dei lobi frontali, espressione di
iperattività dei centri superiori.
In alcuni pazienti Autistici si è osservato un aumento della
proteina fibrillare acida gliale ed un aumento dei gangliosidi
liquorali.
Inoltre, è stato osservato in alcuni casi di Autismo una
correlazione con il Mercurio, un aumento della Melatonina pineale,
una alterazione dell’asse epifisi-ipotalamo-ipofisi-surrene ed un
aumento dei Peptidi Oppiodi endogeni.
I Peptidi Oppioidi, interagendo con siti recettoriali specifici,
inducono analgesia. La struttura dei geni e la loro elaborazione
posttraduzionale è conosciuta. Se ne conoscono varie molecole.
49
Nell’Autismo è stata vista un aumento della pro-opio-melanocortina (POMC), precursore della b-endorfina. L’aumento della bendorfina nel plasma determina una elevata soglia al dolore che
può spiegare l’autoaggressività e l’autolesionismo presente negli
Autistici.
Si conoscono 5 tipi di recettore per i peptidi oppioidi di cui i più
importanti dal punto di vista funzionale sono i recettori m, d e k. Il
meccanismo d’azione consiste nell’inibizione dell’attività neuronale
mediante apertura di canali di membrana per il K+ (recettori m e d)
e chiusura di canali per il Ca++ (recettori k). La distribuzione dei
peptidi oppioidi a livello del Sistema Nervoso Centrale è varia e
sono, inoltre, sintetizzati da ghiandole endocrine (adenoipofisi,
midollare del surrene, plessi nervosi del tubo gastroenterico).
Regolano, anche, i circuiti sovraspinali e neuroendocrini, quali il
sistema limbico, il sistema motorio (gangli della base), i centri
respiratori bulbo-pontini, i centri ipotalamici coinvolti nella termoregolazione e nel controllo della secrezione ipofisaria. Infatti, i peptidi
oppioidi stimolano la secrezione di ADH, GH, Prolattina ed
inibiscono la secrezione di LH e FSH. L’esistenza di recettori
oppioidi a questi livelli determina gli effetti collaterali dei farmaci
agonisti.
In considerazione del loro ruolo nella fisiopatologia di svariati
processi, anche, a livello del Sistema Nervoso Centrale sono da
considerare le Specie Reattive dell’Ossigeno (ROS) che a livello
delle membrane neuronali aumentano il processo di perossidazione lipidica con alterazioni della membrana con conseguenti
alterazioni della neurotrasmissione.
I danni da Specie Radicaliche dell’Ossigeno nel Sistema
Nervoso Centrale sono, ad esempio, ormai accertati nella
Demenza di Alzheimer, la cui genesi è multifattoriale ed ancora
non del tutto conosciuta, ma dove il ruolo delle Specie Radicaliche
dell’Ossigeno non è di secondaria importanza.
Neuromodulatori e Terapia
La terapia curativa del Disturbo Autistico non è conosciuta e
quella in uso è esclusivamente sintomatica in relazione alle ipotesi
eziologiche specifiche e, principalmente, basata sull’uso di agonisti
e/o antagonisti dei neuromodulatori che hanno un ruolo (maggiore
o minore) nella patologia autistica:
50
• Naltrexone (ipotesi eziologica: eccessiva attivazione dei recettori
per i Peptidi Oppioidi Endogeni)
• Fenfluramina (antiserotoninergico: fondata sul riscontro di elevati
livelli di serotonina in alcuni bambini con Disturbo Autistico)
• Vitamina B6, Magnesio, Acido Folico, Tetraidropteridina (ipotesi
eziologica: alterato metabolismo biochimico cerebrale)
• Neurolettici
• Aloperidolo (controllo dei disturbi comportamentali bloccando i
recettori D2 dopaminergici)
• Sulpiride (controllo dei disturbi comportamentali)
• Antidepressivi
• Clomipramina (inibisce il reuptake di serotonina)
• Metilfenidato (in caso di iperattività)
• Carbonato di Litio (in caso di iperattività)
• Niaprazina (antagonista recettori H1 dell’Istamina con azione
sedativa)
• Melatonina (effetti positivi sul sonno)
Conclusioni e prospettive di ricerca biochimico-clinica
In conclusione si può affermare:
• che non esiste, ad oggi, un parametro biochimico caratteristico e
specifico delle varie forme di Autismo;
• che sulla base delle maggiori conoscenze sul meccanismo
d’azione e le funzioni biologiche dei neuromodulatori cerebrali si
possono ipotizzare protocolli di studio nuovi al fine di acquisire
più ampie informazioni sull’eziopatogenesi del Disturbo Autistico
o/e di selezionare sottogruppi di pazienti Autistici.
51
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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53
PROGETTO FILIPPIDE: ATTIVITÀ SPORTIVA, ATTIVITÀ
ABILITATIVA NELL’AUTISMO
Nicola Pintus
"L’educazione fisica è la formazione spirituale del corpo: è
l’addestramento del corpo che serve allo spirito, ma ad uno spirito
che non intende chiudersi astrattamente in se stesso,
sequestrandosi dal mondo dell’esistente; anzi spaziare
liberamente e investire la natura, e soggiogarla ai propri fini,
strumento e specchio della propria volontà." Giovanni Gentile, La
riforma dell’educazione, 1920.
DIA .1
Io mi sono posto il problema quando mi è stato chiesto di
svolgere questo tema, di come proporlo. Di quale potesse essere
un contributo concreto. Vengo qua sulla base della mia esperienza
e voglio parteciparvi di questa come contributo concreto di
qualcuno che la vive sul campo. Mi sono reso conto che avevo
due fonti di meditazione personale che potevano essere utili per un
discorso fatto a voi.
Da un lato di essere una persona che ha sempre vissuto
personalmente, ed in rapporto con gli altri, le esperienze di
educazione fisica e di sport in generale, dall’altra di essere una
persona che per ragioni professionali da svariati anni si occupa di
handicap psichici.
Ma io ho pensato di meditare, di rivedere quali erano gli
elementi di base di questa mia formazione: da un lato, appunto, le
esperienze vissute nel mondo dello sport, dei suoi rapporti, e
dall’altro il problema delle mie esperienze con handicap psichici in
rapporto al mondo dell’educazione fisica per portare un contributo
di quello che è, appunto, un’esperienza e non discorsi astratti o
teorici di cui voi, certamente, non ne avete per niente bisogno in
questa sede.
Il caso che è al momento il più clamoroso è sicuramente quello
di Alberto Rubino, atleta con patologia autistica conclamata che
ebbi la fortuna di incontrare nel lontano 1987.
Quando Alberto è venuto per la prima volta in palestra da me,
54
circa 15 anni fa, è stato per tutta l’ora di lezione in un angolo il più
oscuro e lontano della palestra, rivolto verso il muro per non
vedere e non essere visto, per non essere minimamente coinvolto
da nessuno e da niente. Come approccio iniziale veramente non è
stato incoraggiante. Ma davanti ad un neonato chi può dire come
diventerà, quale sarà il suo carattere, la sua indole, le sue abilità?
Così è stato per Alberto, in fondo un neonato per l’attività sportiva.
Il problema più grande che ho incontrato con lui è stato di
instaurare un rapporto, diventare amici, solo così, infatti, si poteva
lavorare.
Dopo un primo anno di attività trascorso a fare amicizia, a
conoscersi, ad ambientarsi nella palestra, a familiarizzare con gli
altri istruttori ed atleti una cosa mi è parsa chiara, per attitudine,
abilità acquisita e fisico: Alberto non era certo un velocista, ma
sicuramente si sarebbe espresso meglio sulle lunghe distanze. Ma
da qui, alle prove attuali, ne abbiamo mangiata di polvere.
Vi basti sapere che la prima gara nella quale Alberto si è
cimentato sono stati i 1.500 m. (durante gli Special Olympics
svoltisi a Roma nel 1989) che ha percorso in circa 20 minuti.
DIA .2 - DIA .3
I lati positivi sono stati che li ha percorsi senza accompagnatore, senza fermarsi mai, pur essendo rimasto ultimo, quindi
solo.
In effetti, abbiamo voluto, tramite l’attività sportiva, la pratica
dell’atletica leggera in particolare, raggiungere alcuni obiettivi ben
precisi:
a) dare ad Alberto una occupazione fissa, sicura nel tempo, con
degli obiettivi da raggiungere stabiliti fin dall’inizio; -EVENTO
b) fare che questa attività non si limitasse a riempire il tempo di
Alberto, ma lo allenasse alla costanza, alla perseveranza, alla
disciplina, al sacrificio (correre anche quando si è stanchi o piove,
per esempio);
c) migliorare l’uomo, aprendogli un mondo nuovo, fatto di
relazioni con altri atleti, emozioni, tensioni di gara, riconoscimenti
delle proprie abilità.
La realtà di oggi è ben diversa.
Oggi Alberto, in particolare nel mondo sportivo romano, è
55
conosciuto da tutti, E’ UNO DI NOI, un atleta che ha dimostrato le
sue capacità atletiche prendendo parte a numerose gare di fondo.
Oltre a maratone e maratonine a Roma voglio ricordare alcune
tra le gare più importanti e significative alle quali Alberto ha
partecipato: la maratona di New York nel 1994, nel 1996 la
maratona del centenario a Boston, a Roma nel 1997 e nel 2000.
Nel 2001 è stato testimonial con il n. 1 alla Stramilano.
Le capacità fisiche di Alberto sono state ribadite da un viaggio in
Nepal, alla piramide del CNR a 5050 metri di altezza raggiungibile
con un trekking d’alta quota, ove, approfittando dell’altitudine e
delle caratteristiche ambientali del tutto particolari, vengono svolti
programmi di ricerca scientifica, principalmente nei settori della
medicina e della fisiologia, della telemedicina, dell’ambiente, della
fisica e chimica dell’atmosfera, ecc.
Infine nel giugno 2000 e 2002 Alberto ha corso i 21 Km alla
Maratona delle Svalbard a Longyearbyen, cioè a 78° di latitudine
Nord, a circa 1200 Km dal Polo Nord.
L’esperienza, portata avanti in un ambiente estremo, era
finalizzata ad ottenere informazioni sulle esigenze organiche di un
particolare soggetto, disabile mentale, sottoposto a stress
ambientale.
Entra in questo scenario un vocabolo molto in voga in questi
ultimi periodi: quello del ruolo della serotonina.
La serotonina è un neurotrasmettitore presente anche nel
cervello, ed è sintetizzata a partire dall’aminoacido essenziale
TRIPTOFANO utilizzando due passaggi enzimatici.
I corpi cellulari dei principali neuroni serotoninergici sono
localizzati nel nucleo del rafe del midollo allungato e proiettano a
diverse aree cerebrali e al midollo spinale.
In base a quanto esposto è nata l’esigenza di elaborare
quest’ultima iniziativa: il “Progetto Filippide”
Obiettivo del Progetto in questione è l’avviamento di soggetti
disabili mentali alla pratica sportiva nella corsa di lunga distanza.
Per la prima volta in Italia, ed in particolare a Roma, la
creazione di un Centro per lo studio dello Sport-Terapia
rappresenta una pietra miliare nello sviluppo degli interventi
sull’handicap mentale.
In particolare si pongono all’attenzione alcuni obiettivi:
56
I soggetti che prendono parte all’iniziativa sono compresi in
diverse patologie che rappresentano punti avanzati per lo studio
genetico come l’autismo, la sindrome X-fragile dovuta ad un
particolare cromosoma allungato etc.
Il Progetto si propone, oltre ad essere un valido ausilio per le
famiglie di questi portatori di handicap che troppo spesso hanno il
peso solo su di loro del problema, dopo un training di circa sei
mesi, di realizzare un’esperienza unica: la partecipazione alla
Svalbard
Polar
Marathon
(vedi
allegato)
www.svalbard.com/marathon in programma nel mese di giugno
2002: circa all’80° parallelo, in una zona definita dal Consiglio
Nazionale delle Ricerche un’area remota estrema.
In queste condizioni estreme si potranno trarre importanti
informazioni che, attentamente valutate, potranno migliorare la
qualità di vita di questi soggetti che non sempre hanno le stesse
chance dei loro coetanei.
Tale Progetto vede la supervisione del Consiglio Nazionale
delle Ricerche, che riscontrata la validità dell’esperienza, l’ ha
inserito nel Progetto Strategico Artico.
Il CNR ha creato un apposito sito web per informare sul
Progetto, sulle attività, l’organizzazione, i partecipanti, ecc. ed al
quale vi rimando per una informazione più completa e continua. Il
sito è www.progettofilippide.cnr.it
L’obiettivo immediato del Progetto Filippide è quello di portare
14 soggetti disabili mentali (autistici e X – fragile) a correre a
Longyearbyen l’7 giugno prossimo, tutti sulla distanza di 10 Km .
Tre ragazzi avranno la funzione di accompagnare gli altri nel
viaggio.
Il Progetto si avvale della collaborazione del Consiglio
Nazionale delle Ricerche, che alle Isole Svalbard gestisce una
stazione scientifica, per gli aspetti della logistica e per funzioni di
coordinamento degli aspetti scientifici.
Ancora sull’esperienza maturata,è nata l’esigenza di creare il
Centro Pilota Flippide”, emanazione del Progetto stesso.
Il Centro ha una giornata fulcro nel Martedì,dove,dopo il servizio
di accompagno agli impianti sportivi del Centro di Preparazione
Olimpica del C.O.N.I. “Giulio Onesti” si esegue un’ora di
57
avviamento all’atletica leggera allo Stadio “Paolo Rosi” dalle 9,30
alle 10,30.
Conseguentemente ci si sposta all’adiacente piscina olimpica,
dove, spesso con la presenza contemporanea in acqua di
nazionali dei vari sport acquatici (nuoto, pallanuoto, pentathlon) si
svolge un’ora in avvio di attività psicomotoria in acqua,diventata
orami attività di avvio al nuoto vera e propria.
Alle 12,30 il rancio è servito alla mensa C.O.N.I. interna all’impianto e anche qui spesso si condivide proprio con quegli ATLETI
che poco prima hanno nuotato e si sono allenati nelle corsie
adiacenti alle nostre,aggiungendosi altri ATLETI degli sport
praticati all’interno del Centro di Preparazione Olimpica.
Alle 13,30 viene offerto ai ragazzi un momento per rivivere ed
elaborare il loro vissuto sportivo e,se vogliamo ,anche
agonistico,con l’apporto di una logopedista, mediante elaborazioni
verbali,scritte,con altre attività didattiche tipo la comunicazione
facilitata.
Ancora alle ore 14,30 si effettua uno spostamento in palestra ,
in una zona vicina dove terminerà la giornata con altri elementi che
si inseriranno,diciamo così esterni al Progetto,ma pur sempre con
handicap mentale, per una attività psicomotoria.
Alle ore 17,00 il centro termina e l’ultimo saluto dei ragazzi
è:”Quando ci rivediamo,martedì?”
LA RICERCA
Eccezionale attenzione sarà rivolta all’aspetto medico ed alla
ricerca scientifica in particolare.
Lo studio della medicina umana degli ambienti estremi trae
preziose informazioni sulla fisiologia delle risposte dell’organismo
agli stress ambientali.
Scopo del presente lavoro, quindi, è quello di verificare se
l’interpretazione dei dati rilevati inerenti la corsa abbia un obiettivo
riscontro dall’analisi di nuove risultanze sperimentali.
Nell’ambito della ricerca scientifica applicata all’attività
sportiva da individui “deboli mentali”, ci si è proposto di verificare
gli aspetti indotti dall’attività sportiva, atletica leggera - corsa di
fondo.
58
Inoltre si vogliono identificare le modificazioni indotte nell’organismo da tale sport soprattutto sotto il profilo metabolico.
Mediante l’incremento delle capacità neuromotorie di tipo
coordinativo, pensiamo infatti di ottenere anche uno sviluppo di
certe capacità intellettive in senso più stretto, che possono
riconoscere nelle prime uno stimolo di particolare efficacia.
Ci si lasci affermare che la tenuta respiratoria è in rapporto
con l’ansietà, la capacità di apnea è in rapporto con la possibilità di
suscitare attenzione da parte dell’allievo.
E’ dimostrata inoltre la relazione funzionale tra centro
respiratorio e i centri corticali e sottocorticali: è probabile che
sollecitando l’uno con mezzi semplici, ludici, piacevoli e concreti si
riesca in molti casi a sollecitare gli altri.
Una rilevanza che avrà un grosso valore sperimentale è dato
dal fatto che gli atleti citati avranno un sostegno “energetico”
unicamente sotto presidio medico omeopatico: questo significherà
che durante tutto il periodo di preparazione saranno sotto controllo
medico, ed useranno a sostegno del loro allenamento atletico
unicamente rimedi omeopatici.
Come dicevo l’interesse medico-scientifico è molto alto ed è in
corso una azione ad alto livello per costituire un comitato
scientifico che possa coordinare le ricerche, stabilire dei protocolli
di ricerca e quant’altro.
CONCLUSIONI
Vedete, e con questo per forza debbo concludere, poter trovare
varie forme di attività umana, varie forme di attività professionale è
un tesoro importante, però ce ne sono alcune, poche, che hanno
un grande vantaggio, di farci tenere sempre di fronte e vicina la
nostra infanzia con il recupero di creatività e di equilibrio.
A me pare che, rotte le barriere che c'erano fra sanità e
malattia, fra agonismo e non agonismo, in quella cultura che io ho
prevalentemente cercato di trasmettere, insegnare ginnastica in
questo contesto è un modo straordinario di fare un lavoro creativo
e di rimanere ancorati con una certa gioia alla propria infanzia, e
trasferire una grande quantità di amore ai nostri ragazzi.
59
ESSERE NELLO SPAZIO, ESSERE LO SPAZIO: INTERAZIONE
TRA IDEE, GUIDE E NECESSITÀ.
M. Agrò*, V. Bonventre**, G. Capezzi*, V. Celestino*, S. Messina***
* Architetto
** Architetto Professore Università di Palermo
*** Neuropsichiatra infantile
Sommario
Il seguente lavoro nasce dall’esigenza, maturata da operatori di
diversa formazione (Architetti e Neuropsichiatri), di rivalutare
l’effettivo ruolo dello Spazio in cui si svolgono le terapia abilitative
ed educative destinate ai bambini autistici. Al di là delle tecniche e
dei specifici interventi (il Contenuto), si cerca di porre l’attenzione
sul Contenitore ambientale, inteso come campo funzionale in
grado di interagire attivamente con chi lo utilizza, sia esso bambino
che operatore. Seguendo un percorso che parte dalle normative
vigenti nell’ambito degli standard per la costituzione di strutture
abilitative per minori in situazioni di handicap grave, si cerca di
delineare, attraverso il confronto fra le diverse esigenze (pratiche e
teoriche) di chi lo Spazio lo “crea” e di chi lo “utilizza”, una
metodologia per la progettazione di strutture terapeutiche che tenga
conto non solo di parametri estetici o di barriere architettoniche, ma
anche di aspetti funzionali (dimensione, forma, visibilità, luminosità),
comunicativi (l’uso del colore inteso anche come sistema di
comunicazione, la forma di stanze e corridoi pensata per evitare,
per quanto possibile, ulteriore confusione nel bambino autistico),
contenitivi (sia per il bambino che per i genitori) e terapeutici (lo
Spazio è in grado di indirizzare comportamenti). Nonostante tutto
ciò possa sembrare ovvio, basti pensare ad alcune strutture che
vengono utilizzate come spazi terapeutici per bambini con disabilità
grave per dimostrare come ancora oggi la loro scelta viene dettata
da altri “interessi”, senza considerare nulla di tutto ciò: quanto può
influire la scelta di uno spazio terapeuticamente adeguato sulla
riuscita di un progetto abilitativo?
Negli ultimi decenni si è assistito ad una impressionante
60
evoluzione tecnologica e metodologica nell’ambito della
diagnostica e della terapia dell’autismo che consente una sempre
più adeguata presa in carico del bambino autistico. Sul piano
diagnostico per esempio alla sofisticata tecnologia per neuroimmagini, si sono associati studi cito-genetici sempre più approfonditi
e valutazioni neuropsicologiche che consentono indagini “mirate”
sulle varie abilità funzionale, cognitive e comportamentali. E’
indubbio che disporre di simili informazioni può aiutare a sviluppare
un programma terapeutico ed educativo veramente “individualizzato”, che parte dal “profilo” funzionale emerso e cerca di
svilupparsi attraverso l’integrazione delle diverse tecniche e
modalità di intervento, volte non più a far assumere passivamente
comportamenti “normali”, ma ad aiutare il bambino autistico ad
utilizzare al meglio ciò di cui già dispone. Tutto ciò sta
consentendo anche ( e soprattutto!) un diverso modo di “vedere”
l’Autismo da parte della Società, della Cultura e dell’Informazione
che oggi iniziano ad occuparsi del problema in maniera più
adeguata.
Il lavoro che presentiamo può essere considerato uno dei tanti
frutti nati e cresciuti proprio da questo nuovo modo di “vedere” il
problema Autismo. Il fatto che si sia pensato di sviluppare una tesi
di laurea in Architettura sull’organizzazione di uno spazio
terapeutico adeguato per il bambino autistico, è da ritenersi come
un’ulteriore opportunità di crescita e di confronto tra ambiti di
conoscenza ritenuti completamente differenti, e con necessità
operative diverse ed espresse con linguaggi dissimili. Se pensiamo
allo SPAZIO ci accorgiamo di avere punti di vista diversi:
l’operatore sanitario pensa subito all’organizzazione spaziale, allo
spazio intra-personale, interpersonale, alla conoscenza e all’uso
dello spazio, eccetera. L’architetto invece è portato a vedere gli
aspetti abitativi, le qualità funzionali ed estetiche dello spazio in cui
viviamo. Ma il confronto invece ci ha consentito di individuare tutta
una serie di analogie tra spazio “interno” (cognitivo, emotivo,
relazionale, simbolico) ed esterno (abitativo, conoscitivo,
esplorativo) che rappresentano una unica e continua via. Nel
bambino autistico molte delle rappresentazioni spaziali “Interne”
ed “Esterne” si sviluppano in maniera distorta, in seguito
soprattutto ad una disfunzione dell’analisi percettiva. Ma questo
61
non vuol dire certamente che il bambino autistico vive lo spazio in
maniera passiva, anzi forse spesso viene fortemente influenzato
dall’habitat in cui si trova e da come lui lo percepisce. Stimoli
(uditivi, visivi, tattili, olfattivi) “normalmente” neutri possono essere
percepiti in maniera completamente differente e far vivere uno
spazio come ostile, amico, stimolante, ansioso, ludico,
angosciante. Di questo noi operatori siamo pienamente
consapevoli, ma all’atto pratico, sopraffatti da esigenze di altro
genere, facilmente ce ne dimentichiamo. Eppure lo Spazio Setting
Terapeutico è uno Spazio intra-personale, interpersonale ma
anche inter-oggettuale dentro il quale (ma anche con il quale!) si
costruisce la terapia. Ma molte volte parlando di caratteristiche
dello Spazio terapeutico si tende a centrare l’attenzione su ciò che
è contenuto nello Spazio (oggetti, materiale testistico, arredamento
per le varie attività, eccetera), senza considerare che lo Spazio è
“tutto”: sono le pareti, le finestre, le luci, ma anche ciò che è fuori
dalla stanza. Nello spazio viviamo, ci muoviamo, dallo spazio
siamo guidati, in più, nell’attività di progettazione lo spazio
rappresenta un elemento di partenza, quasi un’entità autoctona,
finita o infinita, un veicolo vuoto, pronto e capace di essere
riempito di cose. Istintivamente, lo spazio è sperimentato come il
dato che precede gli oggetti in esso contenuti, un ambito nel quale
ogni cosa prende il suo posto. Quantunque lo spazio venga
sperimentato come un dato sempre presente e autosufficiente, tale
esperienza nasce solo attraverso il nostro essere nello spazio, la
nostra capacità di individuare elementi guida utili e significativi. Da
parte di chi progetta c’è quindi il compito di rendere tutto questo
visibile e sperimentabile. La condizione fondamentale è che quindi
non si deve considerare solo l’approccio alla persone ma che deve
essere rimodellato l’ambiente di vita. Perché l’azione di cura (e di
tutela) chiama in causa non soltanto le persone ma anche gli spazi
edilizi e urbani. Quindi la progettazione dell’ambiente (non solo
quello protetto e specifico), è parte integrante dell’approccio
globale alla cura e all’assistenza. Le qualità funzionali ed estetiche
degli spazi (sia chiusi che aperti, caratterizzati dalle più moderne
tecnologie e da brani di natura), hanno un ruolo determinante non
soltanto perché supportano lo sviluppo dei programmi terapeutici,
ma perché richiamano costantemente il valore e l’inviolabilità di
62
ogni persona, riconoscendo la dignità sua e di chi se ne prende
cura.
La trappola di creare strutture artificiose di contenimento
ambientale che scimmiottino una fasulla normalità, è fin troppo
rappresentata nella attuale prassi progettuale, anche in quella più
accreditata. Molte sembrano strutture caricaturali di case normali,
in cui i soggetti portatori di handicap vagano senza nessuna
aspettativa e comunque senza ritrovare i propri spazi e la propria
identità. Se da una parte affermiamo che la ricerca deve
innanzitutto fondarsi sullo studio e sulla comprensione di ciò che
segna e caratterizza quanto sino a oggi é stato realizzato, dall’altra
riteniamo che una nuova, diversa prassi progettuale deve fondarsi
sul principio dello “wandering paths”, sul concetto di libertà
assoluta di movimento, che è assoluta normalità, pur e sempre nel
rispetto di chi opera attorno a chi è affetto da questa sindrome. E’
necessario esplorare e comprendere in cosa consista per questi
soggetti la facile identificazione degli spazi, la fruibilità degli stessi
e l’identificazione spontanea dei luoghi di sosta e di riposo. A
questo proposito, una componente spesso sottovalutata, implicata
nell’uso umano dello spazio e nel rapporto spaziale con gli altri
individui, è la Prossemica. Il termine, introdotto da E. Hall nel 1966,
evoca appunto il concetto di prossimità, formulando ipotesi su quei
meccanismi culturali sui quali l’uomo struttura ed usa il proprio
spazio. Trattando le distanze fra l’uomo e le cose e fra l’uomo e gli
altri uomini, essa incide notevolmente sulla percezione,
provocando coinvolgimenti sensoriali altamente variabili. Il comportamento prossemico si pone come un sistema di comunicazione
non verbale riguardante l’organizzazione e la considerazione dello
spazio e, quindi, la percezione di ogni evento che abbia attinenza
con le relazioni umane. Cosa inoltre rappresentino pareti che
richiamino l'idea dell'uso a cui sono preposte, con chiavi mnesiche
simboliche, ma anche di lettura delle funzioni. La suggestione
provocata da un paesaggio, l’interesse per lo spazio architettonico
e per la forma in movimento, la gradevolezza di certe elaborazioni
grafiche, o la bellezza di un disegno figurativo, sono soltanto
esempi di come l’esperienza visiva non sia provocata dal pensiero,
dal sentimento, dalla reazione improvvisa, dal ricordo, dal
desiderio di equilibrio, dal piacere di un’immagine e cioè dall’asso63
ciazione mentale. L’esperienza visiva è completa quando i dati
della percezione sensoriale giungono ad una configurazione
strutturata a livello emozionale e intellettuale, conducendo,
attraverso l’attenzione, l’organizzazione visiva, l’equilibrio tra forze
interne ed esterne, alla memorizzazione di quella particolare
situazione recepita. E ancora: in cosa consista e da cosa possa
essere prodotta un’idonea illuminazione che eviti zone di
abbagliamento o di ombra, che permetta un adeguato controllo
visivo ambientale e che faciliti la discriminazione dei profili delle
eventuali barriere architettoniche o che eviti di interpretarli come
tale. Come, infine ma non ultimo, tra i molti temi di analisi e ricerca
qui non citati, sia stato finalizzato e recepito l’uso dei colori, dei loro
contrasti e delle loro armonie. Studi propedeutici, quindi, ma
necessari per ridefinire una metodologia della progettazione e
della composizione degli spazi che potrà farci riflettere con
maggiore attenzione sul significato di una progettazione che
recuperi il senso della semplicità per meglio riproporre i tradizionali
elementi di riconoscimento dei diversi spazi abitativi, a partire da
quelli più elementari e più utilizzati individualmente, che richiami la
funzione di luoghi e di oggetti anche con stimoli sensoriali (profumi,
suoni, colori, sensazioni tattili) e che possa, per quanto possibile,
consentire, se non un adeguato orientamento, almeno di non
aumentare la confusione percettiva. Uno Spazio Riabilitativo è uno
Spazio Architettonico e non solo involucro funzionale: è quindi
rappresentazione fisica di una data civiltà (oggetto nel mondo e
che al tempo stesso rappresenti il mondo), in questo caso della
cultura e dei rapporti con l’infanzia. Una scelta di campo da cui
elaborare un sistema integrato di indicatori che possa funzionare
come riferimento per la nascita di un progetto, come contributo alla
ricerca di qualità della progettazione degli spazi per la terapia e la
vita. L’esigenza di rendere la condizione di degenza il meno
possibile traumatica, non è infatti solo un problema di qualche sala
colorata, giochi e verde. Per tutti, in particolar modo per i bambini
e, ancora di più per i bambini autistici, il Centro di Abilitazione è
come un "fuori scala" incontrato nella propria avventura, dove la
predisposizione di spazi, i ritmi e le abitudini sedimentate di vita
ospedaliera, le apparecchiature tecnico-sanitarie sono tali che
straniamento e decontestualizzazione tendono spesso a ridurre
64
l’identità del malato con la malattia stessa. Per il bambino esso
tende a configurarsi come un grembo costretto, un reticolo astratto
di funzioni specializzate, gerarchizzato e funzionale, una struttura
verticale che entra asimmetricamente nella vita squilibrando la
costellazione sociale di riferimento, i rapporti con i familiari e i
contatti sociali.
La capacità dei bambini di far coesistere la propria attività, la
propria personalità con la terapia, di addomesticare il complesso
sanitario, è la chiave di partenza per trasformare un luogo dove la
malattia e la cura sono i soli protagonisti in un luogo dove l’intensità
della vita e delle attività commutano ed interscambiano gli spazi. La
proposta di nuovi luoghi per le terapie, rivisti e progettati alla luce di
questi presupposti, scientifici e umani, deve tenere conto della
specificità degli utenti (bambini, adolescenti ma anche giovani in
cura dalla prima infanzia), della presenza dei genitori, degli
educatori e di altre persone affettivamente coinvolte, del personale
medico e paramedico. Ma anche della specificità degli spazi, degli
ambienti, dell’habitat complessivo, che hanno requisiti non solo
tecnici ma di tipo architettonico-spaziale particolari poiché
partecipano fortemente al processo terapeutico. La costruzione
sintetica della forma non può derivare infatti solo dalla interpretazione della sistematicità neutrale dell’informazione funzionale e
normativa che ha consolidato nella progettazione ospedaliera tipi
codificati, modelli distributivi e costruttivi predefiniti. Nel lavoro di
progettazione è come se mettessimo in atto una particolare forma
di intelligenza, un’intelligenza progettante, capace anche di
fantasticare, di organizzare simboli in modi sempre diversi attenta a
guidare anche abitudini, specializzazioni. I simboli sembrano così
lontani da una situazione concreta, ma di questi dobbiamo inevitabilmente servirci perché nel progetto attuiamo sempre un confronto
fra ciò che pensiamo in astratto e la situazione concreta che
andiamo a trasformare. Quindi risulta fondamentale questa
contaminazione fra essenza ed esistenza, la ricerca progettuale si
dovrebbe nutrire di tutti questi elementi, del sistema simbolico così
come di quello concreto-esistenziale, insieme ad un altro elemento
fondamentale, il valore che quel particolare simbolo assume
quando si presenta alla percezione di chi vive e attraversa lo
65
spazio realizzato.Considerare la soggettività del bambino
autistico aiuta l’organizzazione sanitaria a rimodellare l’insieme
dei mezzi terapeutici, l’iter terapeutico, il sistema gestionale,
interpretando la qualità ambientale attraverso l’uso e la
percezione dello spazio da parte dei bambini e arricchisce e
rinnova il panorama dei requisiti normo-funzionali, consentendo
di incidere sulla condizione di malessere psicologico derivante
dall’indifferenza ambientale. Significa anche concepire una
struttura sanitaria con requisiti di adattabilità e flessibilità rispetto
al continuo processo di innovazione delle tecniche, delle
tecnologie, dei sistemi di assistenza e di cura dei malati.
Significa infine realizzare una struttura leggera nel rapporto col
paesaggio ospitante e non un macro-oggetto chiuso sulla sua
specializzazione. Se non è del tutto dimostrato un rapporto
stretto di diretta valenza terapeutica di un determinato modello
di spazio ospedaliero, sicuramente esistono importanti rapporti
indiretti tra qualità dello spazio e condizione della salute. Non ci
sono soluzioni univoche e definitive, un modello ottimale di
struttura abilitativa su cui definire a priori il raggiungimento di un
alto livello qualitativo, ma è corretto fornire indicazioni per
aiutare ad articolare, nel quadro dei tempi, delle risorse e
rispetto ad un luogo preciso, le tante variabili per la sua realizzazione. Dall’attenzione per le persone che vivono questa
dimensione del corpo e della mente nasce l’intento di
individuare spazi di vita come strumenti terapeutici. L’obiettivo
deve quindi essere quello di strutturare un habitat per facilitare
dei comportamenti, per Progettare dei Comportamenti. Per
questo condividiamo l’ atto collettivo nella progettazione. Quello
che si perde in contatto umano, come succede nelle strutture
attualmente predisposte, si può in parte recuperare realizzando
un ambiente "adatto”. Naturalmente non si può guarire di sole
qualità ambientali, l’efficacia delle terapie, degli operatori e
quant’altro, contribuiscono alla realizzazione si un sistema
d’intervento completo e ben strutturato. Affinché il vissuto, le
difficoltà, i sentimenti in questo luogo diventino fatti concreti.
Convinti della necessità che un vissuto autentico della
spazialità,non sia solo quello geometrico, contaminato dal
tempo, in quanto luogo carico di attributi viventi
66
GUIDE:
- rendere le indicazioni normative più aderenti alle necessità
emergenti
- indagare la possibilità di costruire ambienti in relazione con le
persone
- analizzare i modi mediante i quali l’architettura possa favorire
l’integrazione dell’individuo nell’ambiente della struttura
- definire requisiti e caratteristiche ambientali legati alla realtà
dei disabili
- fornire linee guida riguardanti gli aspetti funzionali, distributivi
ed igienici
L’architettura incontrandosi con la malattia può divenire tecnica
al servizio dell’uomo e quindi favorire, non solo un miglior
inserimento del paziente nella struttura, ma anche le stesse
modalità terapeutiche. Il progetto architettonico dovrebbe costituire
una vera e propria ipotesi terapeutica, che risponda ad un quadro
esigenziale orientato alla creazione di condizioni di benessere i cui
obiettivi principali dovrebbero essere:
- evitare situazioni di impoverimento o di iperstimolazione
sensoriale e di stress ambientale
- compensare gli stimoli del disorientamento
- stimolare adeguatamente le abilità percettive
- permettere una libertà di scelta
- garantire sistemi di indicazione plurisensoriali che aiutino a
usare lo spazio autonomamente
- garantire condizioni di sicurezza
- favorire, nello stesso tempo, la privacy e la socializzazione
- permettere la flessibilità e la riadattabilità degli spazi
- favorire l’instaurarsi di un’atmosfera familiare
Requisiti degli spazi riservati allo svolgimento delle terapie:
- accessibilità
- riconoscibilità
- comunicazione
- integrazione
- sicurezza
- flessibilità
67
L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEL BAMBINO
AUTISTICO: ASPETTI METODOLOGICI E DIDATTICI
Lucio Cottini
Istituto di Scienze Filosofiche e Pedagogiche “P. Salvucci”
Università di Urbino
Questo mio contributo al convegno è finalizzato ad indagare le
prospettive di integrazione scolastica per il bambino autistico. Si
tratta di un obiettivo irrinunciabile e di grande valenza adattiva, che
ho avuto modo di sviluppare in un recente lavoro (Cottini, 2002c).
Vivere in relazione con coetanei normodotati, infatti, costituisce
un'occasione pressoché unica non solo per ricercare apprendimenti funzionali, ma anche per comprendere meglio il mondo
con le sue regole, a volte così oscure ed illogiche per la persona
con autismo e per generalizzare in situazione degli apprendimenti
specifici acquisiti in ambito riabilitativo.
Le esperienze di ogni giorno, comunque, documentano quanto
sia complesso promuovere forme di integrazione scolastica, anche
parziale, per il bambino autistico. Malgrado le oggettive difficoltà,
un principio di fondo va assolutamente ribadito: l'integrazione va
perseguita nella scuola di tutti, anche se l'allievo presenta rilevanti
problematiche cognitive, relazionali e comportamentali. Ogni altra
soluzione che lasciasse prefigurare un possibile ritorno a situazioni
di emarginazione ed isolamento sarebbe inaccettabile e non
rispettosa della dignità della persona e del suo diritto di vedere
accettata e valorizzata la diversità.
Per cercare di dare una certa concretezza a questa
affermazione, che altrimenti rimarrebbe una semplice
enunciazione di principio --- difficilmente contestabile dal punto di
vista logico, ma poco praticabile nella realtà operativa --- è
fondamentale un adattamento organizzativo della istituzione
scuola, un investimento vero di risorse, un coinvolgimento di tutte
le figure interne ed esterne che interagiscono con il bambino e
l'adozione di affinate metodologie di facilitazione dell'integrazione.
In relazione alle finalità metodologico-didattiche del mio
68
contributo, mi soffermerò specificamente su tali aspetti, sul farsi
speciale della didattica per rispondere ai bisogni particolari del
bambino autistico, tralasciando l'analisi del substrato organizzativo,
che rappresenta comunque il prerequisito essenziale per una
effettiva e proficua esperienza di integrazione. In concreto, mi
soffermerò sui seguenti aspetti:
1. il ruolo delle strategie specifiche di intervento in ambito
scolastico;
2. le metodologie avanzate per l'integrazione del bambino
autistico.
1
INTEGRAZIONE E BISOGNI SPECIALI: STRATEGIE
SPECIFICHE DI INTERVENTO IN AMBITO SCOLASTICO
I diversi approcci di trattamento dell'autismo (Cottini, 2002b)
evidenziano un quadro di riferimento assolutamente non uniforme,
anzi in alcuni casi addirittura contrastante fra indirizzi terapeutici,
riabilitativi ed educativi diversi. In generale, è evidente come non
esista una terapia o un metodo per l'autismo, anche in considerazione della variabilità delle situazioni che vengono comprese
all'interno di tale etichetta diagnostica.
In questo contributo cerco di esaminare la spendibilità a livello
scolastico delle varie proposte che derivano dagli approcci
descritti. Ciò non significa proporre una organizzazione dell'intervento educativo che comprenda qualche esercizio del Lovaas,
alcune attività previste nel TEACCH, un po' di Comunicazione
Facilitata, ecc., oppure che rappresenti la semplice continuazione
a scuola del "metodo" che il bambino già segue in ambito riabilitativo e, spesso, anche domestico. Allo stesso modo, però, non
possono essere trascurate le proposte che derivano dai vari
programmi specifici, sia a livello di valutazione che di intervento, le
quali possono contribuire ad individuare percorsi di lavoro
personalizzati che rispettino anche le esigenze dell'integrazione.
Oltre ciò, la conoscenza dei diversi approcci metodologici è
importante anche per caricare di contenuti adeguati i momenti di
69
insegnamento individualizzato "uno a uno" eventualmente previsti
nel piano educativo personalizzato.
1.1. Osservare le abilità del bambino autistico a scuola
La delineazione della diagnosi funzionale, del profilo dinamico
funzionale e del piano educativo individualizzato necessitano di
una serie di elementi di conoscenza che possono essere portati
sia dagli specialisti, che dai genitori, che dal personale educativo.
Valutare le abilità e le difficoltà di un bambino autistico richiede un
approccio differente in confronto a quello che si adotta con allievi
normodotati o affetti da altra patologia (ad esempio il ritardo
mentale). La personalità di questi bambini e, conseguentemente,
anche il loro comportamento, sono molti particolari, come è stato
sottolineato nel primo articolo della serie. Gli schemi interpretativi,
quindi, devono tenere conto del modo significativamente diverso di
utilizzare i sistemi percettivi, motori, mnestici, intellettivi, comunicativi, affettivo-emozionali e relazionali. Andando più nel concreto,
il problema che si pone è quello di verificare i "punti di forza ed i
punti di debolezza" (Cottini, 2002a) del bambino autistico, in modo
da poter programmare e sistematicamente aggiustare dei piani di
intervento personalizzati e, nei limiti del possibile, integrati.
In figura 1 riporto un elenco degli strumenti utilizzabili a livello
scolastico per l’effettuazione della valutazione.
La valutazione
delle abilità del
bambino autistico
-
PEP-R.
Schede di osservazione sistematica
Analisi funzionale
Valutazione del campione di comunicazione
Valutazione della comprensione dele emozioni,
del sistema delle credenze e delle false
credenze, del gioc simbolico, conparticolare
riferimento al gioco di finzione
- Valutazione delle capacità di comunicazione
scritta (per bambini privati del linguaggio)
Fig. 1 - Integrazione e bisogni speciali: strategie specifiche di valutazione in ambito scolastico
70
a)
La valutazione delle abilità del bambino autistico
Fra le varie metodologie di valutazione proposte dai diversi
autori, mi sembra che il PEP-R elaborato da Schopler et al. (1990)
si presti particolarmente bene ad essere utilizzato anche in
ambiente scolastico. I motivi principali alla base di questa
preferenza sono i seguenti:
- permette una valutazione ecologica, condotta nell'ambiente del
bambino con compiti che risultano essere dello stesso tipo di
quelli previsti nella normale attività didattica;
- pur prevedendo una osservazione del bambino in riferimento
alle scale di sviluppo normale, i compiti elencati non devono
essere presentati in ordine fisso, permettendo all’educatore una
procedura flessibile, in grado di adattarsi alle esigenza del
bambino ed ai suoi livelli attentivi e motivazionali;
- risultano ridotti al minimo i requisiti linguistici richiesti ai bambini
e la valutazione è integrata da esperienze di insegnamento di
compiti, in maniera da identificare le possibilità di apprendimento ed i tempi necessari per acquisire semplici abilità;
- indica le aree di sviluppo più importanti all'interno delle quali
prevedere gli obiettivi da inserire nel piano educativo individualizzato (imitazione; percezione; attività fini-motorie; attività
grosso motorie; integrazione oculo-manuale; prestazioni
cognitive; prestazioni cognitive di tipo verbale);
- facilita la delineazione degli obiettivi e la costruzione del
curricolo educativo grazie alla indicazione delle abilità
emergenti;
- stimola modalità di valutazione integrata fra specialisti,
insegnanti e genitori, in quanto per la corretta osservazione
delle abilità indicate nei vari item sono necessarie informazioni
riferite alle esperienze del bambino nei diversi ambienti di vita.
Rimanendo sempre alle proposte operative che derivano
dall'approccio TEACCH, particolarmente significativo ai fini didattici
risulta anche il programma di sviluppo della comunicazione
spontanea messa a punto da Watson et al. (1989). La predispo-
71
sizione di specifici azioni didattiche finalizzate allo sviluppo delle
capacità comunicative dipende direttamente dalla valutazione
iniziale, la quale deve necessariamente essere condotta anche in
ambito scolastico da parte del personale educativo.
Con bambini che manifestano un buon livello di sviluppo
mentale è sicuramente molto importante verificare il grado di
acquisizione della capacità meta-rappresentativa di attribuire a se
stessi ed agli altri degli stati mentali (teoria della mente). A questo
proposito, il programma di Howling et al. (1999), fornisce
suggerimenti importanti per la valutazione della comprensione
delle emozioni, del sistema delle credenze e delle false credenze,
del gioco simbolico, con particolare riferimento al gioco di finzione.
Per gli allievi che non utilizzano il linguaggio verbale pur manifestando buone competenze cognitive, può essere verificata la
possibilità di pianificare programmi di Comunicazione Facilitata.
b) L'osservazione e l'interpretazione del comportamento problematico
I bambini autistici presentano sistematicamente una serie di
comportamenti strani e problematici, che vanno da stereotipie a
manierismi vari, da grida ad altre manifestazioni di rifiuto, da forme
di aggressività rivolta verso altri a situazioni di autolesione. Ad
un'analisi superficiale ed intuitiva, tali comportamenti risultano
difficilmente comprensibili in relazione al contesto nel quale si
manifestano. E' necessaria una metodologia osservativa ben
strutturata e delle chiavi interpretative che derivino dalla
conoscenza delle manifestazioni connesse all'autismo infantile.
Per la definizione e la valutazione quantitativa dei comportamenti problematici, l'approccio che mi appare maggiormente
rispondente alle esigenze e più facilmente utilizzabile in ambito
scolastico è quello proposto dall'orientamento neo-comportamentale di Lovaas. L'osservazione sistematica dei problemi
comportamentali si articola su una descrizione obiettiva (senza
ricorrere ad etichette del tipo: "Il bambino è nervoso") degli stessi e
72
sulla delineazione dei principali parametri quantitativi: la frequenza,
la durata e l'intensità.
Oltre a definire ed individuare il peso del comportamento
problematico del bambino, è necessario anche cercare di capirne
le motivazioni: "Perché il bambino si comporta così?"; "Cosa cerca
di comunicare?".
Rispondere a queste domande è sempre molto complesso
quando ci si riferisce al bambino autistico. L'analisi funzionale del
comportamento (sempre di derivazione neo-comportamentale),
comunque, rappresenta uno strumento interessante per condurre
questo tipo di ricognizione.
Valutare il comportamento problematico del bambino autistico, però,
è un'operazione complessa che non si risolve con la sola applicazione
della metodologia di assessment comportamentale. Va tenuta in
grande considerazione anche la storia e l'evoluzione degli
atteggiamenti negativi. Se, ad esempio, il comportamento è iniziato
recentemente se ne può forse individuare la causa in un cambiamento
di routine o di altri fattori ambientali. Se, invece, perdura da anni, l'individuazione delle motivazioni alla base diventa molto ardua (e,
conseguentemente, anche l'intervento educativo).
L'interpretazione del comportamento del bambino autistico,
inoltre, deve essere effettuata considerando la specifica diversità
degli allievi autistici. Peeters (1994), analizzando il modo di
relazionarsi di una bambina durante le attività di gioco, il suo
lanciare in giro i giocattoli, usarli in modo strano, rompere tutto,
ecc., delinea alcune possibili cause di quei comportamenti:
- potrebbe aver problemi ad organizzare le sue attività (non
riesce a vederne l'inizio, la durata o la fine) perché ha pochi
supporti visivi per i compiti successivi che sono richiesti in un
gioco;
- potrebbe usare i giocattoli nella maniera per lei più proficua,
anziché nel modo in cui sono stati concepiti dal fabbricante;
- potrebbe non comprendere il significato simbolico dei giocattoli
(ad esempio, che le bambole rappresentano le persone);
- potrebbe non capire abbastanza della vita normale per
inventarsi con le bambole giochi sulla vita normale;
73
- potrebbe non capire il linguaggio necessario per giocare con gli altri
bambini;
- potrebbe non capire le regole del gioco sociale.
1.2. Linee per l'intervento educativo
Per quanto riguarda le strategie di intervento educativo ed i contenuti
da privilegiare per favorire l'apprendimento dell'allievo autistico,
ribadisco ancora la necessità di un approccio personalizzato che
coniughi le indicazioni che provengono dalle più affinate metodologie di
intervento, con gli accorgimenti organizzativi e metodologico-didattici
necessari per la promozione di una reale integrazione (Cottini, 2002b).
La figura 2 evidenzia le strategie ed i contenuti che appaiono
applicabili a livello scolastico, ai quali dedicherò una sintetica
illustrazione.
Il programma di intervento comportamentale precoce
1. Utilizzo di strategie di aiuto e riduzione dell’aiuto, modeling,
concatenamento, modellaggio, rinforzamento.
. Utilizzo di strategie non eversive per contenere comportamenti problematici
Il programma TEACCH
1. Utilizzo dei principi dell’insegnamento strutturato.
2. Programma per lo sviluppo della comunicazione spontanea
L’intervento
educativo
L’intervento secondo i principi della teoria della mente
1. Utilizzo con allievi che presentano buona funzionalità cognitiva
La comunicazione facilitata
1. Utilizzo con allievi incapaci di esprimersi verbalmente e con
deficit di controllo motorio, che dimostrano di conoscere il
linguaggio scritto.
La riorganizzazione neurologica
1. Utilizzo di alcune proposte di stimolazione sensoriale con
allievi gravemente compromessi
Fig. 2 -Integrazione e bisogni speciali: strategie specifiche di intervento in ambito scolastico
74
a) Il programma di intervento comportamentale precoce
Le strategie di intervento proposte dall'approccio comportamentale ispirano gran parte della didattica, sia riferita a bambini
normodotati che in situazione di handicap. Infatti, predisporre
particolari situazioni di aiuto, prevedere forme di apprendimento
imitativo, gratificare comportamenti soddisfacenti sono attività così
comuni e naturali che ogni genitore ed insegnante mette in pratica
senza bisogno di particolari training formativi.
Quando l'apprendimento è reso difficoltoso dalla presenza di
deficit, però, l'intuitività deve lasciare il posto alla precisa organizzazione della didattica. La ricerca scientifica e le esperienze
condotte in moltissime scuole dimostrano le notevoli potenzialità di
tecniche come l'aiuto e la riduzione dell'aiuto, il modeling, il
concatenamento, il modellaggio, il rinforzamento, soprattutto
quando si interagisce con allievi che presentano elevati livelli di
compromissione funzionale. I bambini autistici a bassa funzionalità, infatti, dimostrano di giovarsi in modo molto significativo di
una didattica precisa e prevedibile, con obiettivi organizzati in
maniera tassonomica ed una gestione controllata delle
contingenze di rinforzo.
La stessa valutazione positiva può essere espressa relativamente alle tecniche per contenere comportamenti inadeguati, le
quali, evitando il ricorso alla punizione, possono rappresentare
delle procedure metodologiche importanti, in grado di fornire agli
educatori delle linee d'azione in momenti molto difficili ed
estremamente carichi dal punto di vista emozionale.
b) Il programma TEACCH
I principi dell'insegnamento strutturato previsti dal programma
TEACCH costituiscono un contributo metodologico di grande
importanza fornito da Schopler e dai suoi collaboratori, che si
presta ad essere generalizzato, con qualche aggiustamento,
anche a livello scolastico. L'adattamento dell'ambiente e delle
attività alle esigenze del bambino, infatti, consente di costruire un
quadro temporo-spaziale molto strutturato, nel quale i punti di
riferimento diventano visibili, concreti e prevedibili.
75
L'organizzazione dell'ambiente fisico proposto dal TEACCH non
è chiaramente replicabile in maniera completa a livello di scuola
comune. Alcuni accorgimenti possono comunque essere adottati,
soprattutto se si verifica che gli stessi tendono a tranquillizzare il
bambino autistico e a consentirgli una presenza maggiormente
adattata all'interno della propria classe.
Potrebbe, ad esempio, essere delimitato con del nastro adesivo
uno spazio dove viene collocato il banco dell'allievo, con vicino un
armadietto o degli scaffali dove possa reperire i materiali necessari
all'attività didattica. Lo stesso spazio può essere ampliato per
coinvolgere altri banchi quando viene prevista un'attività per piccoli
gruppi. Gli spazi utilizzati per attività particolari --- come la
palestra, l'aula di musica, il laboratorio, ecc. --- dovrebbero essere
chiaramente indicati, in modo che il bambino possa familiarizzare
con una disposizione che assume contorni meno caotici e,
conseguentemente, più rassicuranti. Con il passare del tempo ed il
progredire dell'adattamento del bambino, questi accorgimenti
potrebbero risultare non più necessari, per cui andranno progressivamente eliminati per conferire all'organizzazione una conformazione il più normale possibile.
Gli schemi visivi indicano al bambino le attività da effettuare e la
sequenza delle stesse, aiutandolo ad anticipare e prevedere i vari
compiti. Sono sicuramente da generalizzare anche a livello
scolastico, per aiutare l'allievo a capire lo svolgersi della giornata e
l'alternarsi di momenti di lavoro (individuale o di gruppo) a momenti
di gioco.
I sistemi di lavoro e la precisa organizzazione dei compiti e del
materiale forniscono agli allievi le informazioni sulla tipologia di
compito da portare a termine e sulle modalità d'esecuzione.
Nell'esperienza di integrazione scolastica una parte consistente del
tempo del bambino dovrebbe essere dedicata ad esercitazioni
simili a quelle svolte dai compagni. L'azione didattica, quindi,
dovrebbe costruirsi su obiettivi adattati a quelli della classe, con
esercitazioni che prevedano l'impiego di materiali simili. In questo
modo, anche se l'allievo autistico potrebbe insistere a svolgere le
proprie attività in maniera autonoma e apparentemente non
76
integrata con il resto della classe, tenderà comunque a strutturare
un senso di appartenenza alla comunità.
La precisa organizzazione dei compiti prevista dal programma
TEACCH può essere utile anche per fornire occasione di esercitazioni autonome e ripetitive all'allievo, le quali, anche quando non
determinano apprendimenti importanti in chiave evolutiva, possono
risultare utili per l'aumento dei tempi di permanenza in classe.
c) L'intervento secondo i principi della teoria della mente
Per allievi autistici che presentano una buona funzionalità
cognitiva è sicuramente utile inserire nel piano educativo individualizzato obiettivi riferiti alla percezione degli stati mentali propri ed
altrui. Imparare a riconoscere le emozioni, a comprendere e a
prevedere il comportamento di una persona sulla base dei pensieri
o delle azioni che compie, infatti, può facilitare la comprensione
delle situazioni di vita quotidiana e migliorare le competenze
relazionali dei bambini. Oltre ciò, queste competenze sono
estremamente deficitarie anche nei soggetti autistici ad "elevata
funzionalità".
Il programma proposto da Howlin et al. (1999), ispirato ai
principi della teoria della mente, si indirizza appunto in questa
direzione, prevedendo l'insegnamento progressivo degli stati
mentali in tre aree: le emozioni, il sistema delle credenze e delle
false credenze e il gioco simbolico, con particolare riferimento al
gioco di finzione.
Si tratta di esercitazioni proposte attraverso schede didattiche
che mi sembrano facilmente generalizzabili nel contesto
scolastico, in parte durante il lavoro individualizzato del bambino
ed in parte come attività per l'intera classe soprattutto a livello di
scuola materna.
d) La comunicazione facilitata
In uno specifico lavoro (Cottini, 2002c) ho analizzato il dibattito
relativo alla validità del sistema di comunicazione che va sotto il
nome di Comunicazione Facilitata. Senza riprendere le posizioni
già analizzate, vanno sottolineate alcune esperienze che
77
documentano in maniera attendibile come molti soggetti abbiano
travato un notevole giovamento dalla pratica del metodo, sia per
quello che riguarda l'aumento delle capacità comunicative che il
livello di integrazione sociale. Quindi, per bambini incapaci di
esprimersi verbalmente e con deficit di controllo motorio, i quali
dimostrino di conoscere il linguaggio scritto (o comunque di poterlo
apprendere), può essere sicuramente proposto anche a livello
scolastico l'utilizzo di facilitazioni comunicative attraverso vari
strumenti (tastiere in carta con disegni lettere o parole, macchine
da scrivere o supporti informatici). Gli insegnanti, una volta familiarizzati con la pratica della facilitazione, possono consentire quell'alternarsi di figure di facilitatore che si ritiene essere uno degli
accorgimenti principali per il raggiungimento dell'autonomia da
parte dell'allievo.
E' necessario raccomandare, però, un approccio che sia nello
stesso tempo aperto e critico, che porti gli educatori ad individuare
nella Comunicazione Facilitata un ulteriore strumento didattico
utilizzabile con qualche allievo e non certo una terapia elettiva
applicabile con tutti.
e) Il metodo di riorganizzazione neurologica
Per quanto riguarda il metodo proposto da Doman e Delacato
ed esteso da parte di quest'ultimo autore anche al trattamento dei
bambini autistici, le risultanze delle valutazioni effettuate da vari
ricercatori e le dure prese di posizione di autorevoli Enti ed
Organizzazioni, portano a sconsigliarne un utilizzo a livello
scolastico. E' stato completamente confutato l'impianto teorico, i
risultati terapeutici non appaiono esaltanti e la pressione
psicologica sui bambini risulta assolutamente non giustificata.
Oltre ciò, l'impostazione prettamente riabilitativa che il metodo
prevede poco si adatta all'obiettivo dell'integrazione.
Se il metodo in quanto tale non sembra poter soddisfare le
prospettive di miglioramento o addirittura di guarigione che
dichiara, mi sembra comunque che alcune esercitazioni possano
essere recuperate ed inserite nel piano educativo di allievi autistici
con gravi limitazioni. Mi riferisco, in particolare, a varie proposte di
stimolazione sensoriale che, se dosate in relazione alle condizioni
78
e alle motivazioni degli allievi, possono risultare utili per il lavoro
educativo su un'area solitamente molto compromessa.
2 METODOLOGIE AVANZATE PER L'INTEGRAZIONE DEL
BAMBINO AUTISTICO
Dopo aver ribadito la necessità di promuovere l'integrazione per
l'allievo autistico nella scuola di tutti ed aver individuato gli
importanti contributi che possono derivare al progetto educativo
dai programmi di intervento specifico sull'autismo, prendo in
considerazione in questo paragrafo alcune metodologie di lavoro
che possono risultare estremamente utili ai fini della promozione di
una reale integrazione scolastica. In particolare mi soffermo su:
- gli obiettivi individualizzati e gli obiettivi della classe;
- la risorsa compagni;
- le nuove prospettive della didattica speciale.
2.1. Obiettivi individualizzati e obiettivi della classe
La possibilità di trascorrere parte del tempo in classe risulta
facilitata se si riescono ad adattare gli obiettivi individualizzati e
quelli curricolari. Questa operazione è assai complessa e, di fatto,
applicabile solo ai primi livelli di scolarizzazione e su alcune
competenze che fanno riferimento ai punti di forza dei bambini
autistici ("isole di abilità"). Il riferimento è alle prospettive di lavoro
comune su obiettivi di tipo visuo-spaziale o visuo-motorio (copia,
incastri, collage, ecc.), sulle abilità di calcolo, sulle competenze di
memoria meccanica, ecc.
Per il bambino autistico, comunque, il semplice stare in classe
può rappresentare di per sé un importante obiettivo relazionale,
anche se impiega molto del suo tempo in attività individuali e
ripetitive. Strutturare la capacità di rimanere in ambienti poco
prevedibili, mantenendo un comportamento non aversivo è una
meta educativa di notevole rilevanza. Oltre ciò, anche se le attività
che la classe mette in atto non sono adatte al livello dell'allievo,
può essere utile per alcuni periodi farlo "partecipare alla cultura del
79
compito" (Moretti, 1982; Rollero, 1997, Tortello, 1999), cioè
metterlo nelle condizioni di cogliere almeno alcuni elementi per
apprezzare l'argomento che si sta trattando. Su questo aspetto,
poi, la letteratura testimonia alcune situazioni sorprendenti relative
a bambini autistici di alto livello cognitivo. Il caso più eclatante è
quello di Donna Williams (1996), la quale nella sua autobiografia
riferisce che l'essere stata inserita in una scuola normale le aveva
permesso di accumulare moltissime informazioni sulle persone e
sulle situazioni.
Per concludere questa analisi, sottolineo l'importanza di
prevedere su certi obiettivi di estrema rilevanza la possibilità di un
insegnamento uno a uno, da svolgersi anche all'esterno della
classe quando il tipo di lavoro da effettuare non è conciliabile con
l'organizzazione dell'ambiente comune (ad esempio per la
presenza di troppi stimoli distraenti). Tali momenti di uscita dalla
classe dovrebbero però essere temporalmente limitati (di norma
non superiori alle 10-12 ore settimanali) e programmati in maniera
che possano ridursi con il progredire dell'azione educativa e dell'adattamento del bambino. Lo spazio per l'attività individuale
dovrebbe essere organizzato secondo i principi dell'insegnamento
strutturato tipici dell'approccio TEACCH.
2.2. La risorsa compagni
Una delle principali chiavi di successo del processo di
integrazione scolastica risiede nello stimolare rapporti di amicizia e
aiuto da parte dei compagni. Su questo aspetto, oltre alla testimonianza convinta degli insegnanti impegnati quotidianamente, ci
sono anche numerose ricerche a sostegno (Stainback e Stainback,
1987; Salisbury, Gallucci, Palombaro e Peck, 1995; Janney e
Snell, 1996).
Certamente, come sostengono Stainback e Stainback (1990), i
80
rapporti di amicizia e di sostegno sono estremamente individuali,
fluidi e dinamici, diversi a seconda dell'età e basati per lo più su
una libera scelta derivante da preferenze del tutto personali.
Tuttavia, questo non significa che essi non possano essere
facilitati e sostenuti da azioni messe in atto da insegnanti e genitori
e da un clima favorevole all'interno della classe.
La caratteristiche comportamentali e cognitive del bambino
autistico rendono molto complesso l'instaurarsi di rapporti interattivi
di spessore significativo, soprattutto a livello di scuola materna ed
elementare. Si possono, comunque, individuare una serie di
accorgimenti per facilitare forme di aiuto e sostegno da parte dei
compagni:
- incoraggiare lo sviluppo di rapporti di aiuto e insegnare abilità
prosociali;
- programmare situazioni di tutoring;
- lavorare alla creazione di un clima non competitivo per attivare
esperienze di apprendimento cooperativo.
Motivi di spazio impediscono di soffermarsi su questi importantissimi aspetti, per cui rimando il Lettore interessato ad alcuni
lavoro specifici (Roche, 1985; Topping, 1988; Stainback e
Stainback, 1990; Brunati e Soresi, 1990; Johnson et al., 1994).
L'applicazione di tali programmi si è dimostrata molto importante
anche per i compagni normodotati, i quali ne traggono considerevoli benefici sia di tipo cognitivo che sociale (Peck et al. (1990)
2.3. Nuove prospettive della didattica speciale
Sono già state messe in evidenza molte possibilità offerte alla
didattica per farsi speciale, in modo da poter soddisfare il più
efficacemente possibile i bisogni molto particolari dei bambini
autistici. Le strategie di valutazione ed intervento di derivazione
cognitivo-comportamentale, i sistemi di insegnamento strutturato,
la facilitazione di varie forme di comunicazione, l'educazione alla
percezione degli stati mentali propri ed altrui, l'adattamento degli
obiettivi individualizzati e di quelli di classe, l'utilizzo adeguato della
81
risorsa compagni rientrano fra tali opportunità. Concludo questa
analisi prendendo in considerazione due ulteriori aspetti che
ritengo di notevole significato operativo per i fini che persegue il
presente lavoro, che sono quelli di indicare metodologie praticabili
per favorire l'integrazione scolastica dei bambini autistici:
- l'utilità di promuovere la conoscenza dei deficit e dell'handicap
in classe;
- la possibilità di avvalersi delle nuove tecnologie informatiche.
a) Promuovere la conoscenza dei deficit e dell'handicap in
classe
Come già sottolineato, nel momento in cui viene stimolata una
conoscenza adeguata ed una valorizzazione dei compagni è più
facile che si attivino azioni prosociali di aiuto e sostegno.
Soprattutto con il bambino autistico questo aspetto riveste
un'importanza determinante, in quanto è necessario che i
compagni capiscano che alcune particolarità comportamentali,
come le scarse relazioni sociali o alcuni atteggiamenti aggressivi,
non sono dovuti a "cattiveria" o a volontà di offendere, ma sono
conseguenze inevitabili di un deficit.
In relazione alla classe frequentata dagli allievi, la conoscenza
del deficit deve chiaramente essere organizzata in maniera
diversa. Si può andare da semplici spiegazioni degli aspetti
principali della sindrome, alla visione di trasmissioni televisive
sull'argomento o di film che hanno presentato mirabilmente storie
riferite a persone autistiche, alla lettura e commento di biografie di
persone autistiche di alto livello, fino allo studio scientifico delle
conoscenze disponibili sui correlati neurofisiologici dell'autismo.
In un recente lavoro specifico (Cottini, 2002c) ho presentato vari
esempi di intervento educativo finalizzati a questo obiettivo.
b) L'utilizzo delle nuove tecnologie informatiche
L'utilizzo del computer nella didattica sta assumendo un rilievo
considerevole nella scuola italiana, anche se non sempre al
proliferare dell'hardware si associano software adeguati alle
esigenze e specifiche competenze nella gestione degli stessi.
Le prospettive che si aprono per facilitare l'apprendimento del
82
bambino in situazione di handicap sono notevoli e riguardano sia
aspetti curricolari (ad esempio: esercitazioni sulle abilità
strumentali di lettura, scrittura e calcolo), che la possibilità di
gestire in maniera controllata progetti di recupero e programmi
prettamente riabilitativi.
Anche per l'allievo autistico lo strumento informatico può costituire
un'opportunità interessante, che può avvicinarlo alle attività svolte dal
resto della classe. Si nota molto spesso che gli allievi sono motivati
all'interazione con il computer, il quale permette di focalizzare
l'attenzione per tempi prolungati su dei compiti e facilita la gestione di
esercitazioni in maniera autonoma.
E' sicuramente necessario far riferimento a software particolari in
relazione agli specifici obiettivi che vengono perseguiti. A questo
proposito, va segnalato che gli strumenti multimediali di recente
evoluzione, che utilizzano diversi codici (linguistico orale e scritto,
iconico, musicale), possono creare, almeno all'inizio, una confusione
nel processo di decodifica del bambino, per cui può risultare utile il
riferimento a software esercitativi meno elaborati dal punto di vista
informatico. Con il passare del tempo poi, in relazione al livello
motivazionale dimostrato dall'allievo, si può decidere di optare per
programmi con una struttura multimediale, nei quali i contenuti non
siano presentati solo in forma sequenziale e statica.
Conclusione
L'intenzione perseguita da questo contributo era quello di
considerare il bambino autistico nella sua esperienza scolastica,
cercando di individuare degli itinerari per favorire il processo d’integrazione. Ho messo in risalto come la situazione che si viene a
determinare nel momento in cui in una classe viene inserito un
allievo affetto da autismo sia in realtà molto complicata, in
considerazione delle particolarità cognitive e comportamentali che
presenta.
Partendo da questo presupposto, ho cercato di individuare
alcuni percorsi metodologici tenendo in considerazione due aspetti
principali:
- da un lato l'esistenza di vari approcci di trattamento
dell'autismo, sperimentati a livello internazionale, che hanno
83
dimostrato la loro efficacia, seppure in contesti differenti da
quello scolastico;
- dall'altro la necessità di coniugare le indicazioni tecniche con
una attenzione alle principali metodologie per facilitare l'integrazione, che da più parti sono state proposte. Mi riferisco, in
particolare, alla possibilità di adattare gli obiettivi della classe e
quelli individualizzati per renderli, almeno in alcune parti,
compatibili; all'organizzazione delle attività in gruppi cooperativi;
all'utilizzazione adeguata della risorsa compagni; allo studio del
deficit in classe; all’opportunità di far riferimento alle nuove
tecnologie informatiche.
Lo sforzo, in sintesi, è stato quello di portare un contributo per la
delineazione di una didattica speciale per l'integrazione del
bambino autistico. Pur nella sinteticità del lavoro, spero comunque
che gli educatori possano trovare alcuni stimoli che li aiutino nel
loro procedere quotidiano.
84
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86
IL SISTEMA CURANTE: DALLA DIAGNOSI PRECOCE ALLA
PRESA IN CARICO INTEGRATA
Modello operativo del Centro per l’Autismo e DPS dell’AUSL di
Reggio Emilia
*Anna Maria Dalla Vecchia, **Virginia Giuberti
*Direttore S.O.C. di NPI e del Centro Autismo
** Psicologa del Centro Autismo
Introduzione
Il progetto di organizzare un Centro per l’Autismo e Disturbi
Generalizzati dello Sviluppo, all’interno del servizio di
Neuropsichiatria Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia, nasce circa 6
anni fa, di fronte all’esigenza di fornire agli utenti della zona con
patologia autistica una risposta adeguata e aggiornata. La richiesta
era sostenuta anche da molti genitori, stanchi di vagare alla ricerca
di risposte, non sempre qualificate, disillusi dagli interventi passati
e confusi dal proliferare delle più svariate proposte terapeutiche.
Sul territorio reggiano, pur ricco di servizi qualificati, mancava
ancora la possibilità di usufruire di una diagnosi coerente con i
sistemi di classificazione internazionali, formulata in modo
integrato da una équipe multidisciplinare e di ricevere trattamenti
adeguati e scientificamente validati.
La presenza nella realtà reggiana di una AUSL territoriale con
grande apertura all’innovazione culturale e alla formazione degli
operatori, e di un Servizio di Neuropsichiatria Infantile (S.O.C.)
con una lunga tradizione culturale, scientifica e organizzativa,
dotato di operatori formati e aperti al cambiamento, ha permesso
la specializzazione di un nucleo di persone sull’autismo e i DPS.
La Struttura Organizzativa Complessa di NPI, dotata di un
centinaio di operatori (Neuropsichiatri Infantili, Psicologi,
Fisioterapisti, Logopedisti, Educatori professionali, Psicomotricisti,
Ortottiste, Tiflologo), opera sul territorio reggiano (abitanti 450.000,
di cui 70.000 minori), articolandosi in 4 Servizi distrettuali;
interviene nell’ambito della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi neuropsichici e psicologici dell’età evolutiva,
per una utenza di circa 3800 soggetti l’anno.
Partendo da questa realtà organizzativa e grazie alla volontà
della Direzione Aziendale di sostenere le richieste di innovazione,
87
nel 1997 è iniziata la formazione di un gruppo interdisciplinare di
operatori, appartenenti a tutte le realtà distrettuali di NPI, sulla
metodologia TEACCH, da parte dell’équipe del Dr. Micheli del CTR
Piccoli dell’AUSL S. Paolo di Milano, che vanta una lunga
esperienza di lavoro nel campo. Nello stesso anno ha avuto inizio
in via sperimentale il lavoro clinico nel Distretto di Reggio.
Nel 1998 viene deliberato il progetto (delibera n°984 del
13/8/98) e l’attività di valutazione clinico-diagnostica viene svolta in
modo sistematico, coinvolgendo gli operatori di tutti i distretti.
Nel 1999 il Centro viene istituito ufficialmente (delibera n°662
del 5/10/99).
Negli anni ’99, ’00 e ’01 è continuata la formazione del
personale sul modello TEACCH, ma si decide di conoscere e
sperimentare altre tecniche consolidate nell’esperienza internazionale (la Comunicazione Facilitata, la Terapia di Scambio e di
Sviluppo, il Metodo Delacato) per rispondere in modo individualizzato alle diverse esigenze di ciascun soggetto, nei progetti di
intervento abilitativo.
E’ iniziata inoltre nel 2000 una collaborazione con il Centro JFK
dell’Università del Colorado (Denver) conosciuto a livello internazionale per un modello consolidato d’intervento in età precoce. Nel
2001 è stato approvato e finanziato dalla regione Emilia Romagna
un progetto di ricerca con l’AUSL di Modena sull’età prescolare
(aspetti cognitivi e linguistici) e sull’adolescenza nell’autismo.
Il contatto con l’Università di Denver ha portato, nel 2002, all’organizzazione congiunta, da parte dell’AUSL e dell’associazione
AUT AUT onlus (associazione di genitori nata nel frattempo), di un
corso di formazione sul Modello Denver di diagnosi e trattamento
precoce dell’autismo e DPS. Tale corso è stato aperto a NPI,
Psicologi, Logopediste, Educatori, provenienti da varie regioni
italiane.
Alcuni corsi di formazione sono stati organizzati coinvolgendo
altri servizi aziendali (in particolare Handicap Adulto) e alcune
Cooperative sociali della zona, per condividere con altri un nuovo
sapere sull’autismo, nella costruzione del progetto di vita.
Inoltre si sta concretizzando il progetto di collaborazione con i
Pediatri di Famiglia per lo screening dell’autismo all’età di 18
mesi, finalizzato alla diagnosi e al trattamento precoce, come
88
previsto dal Piano delle Azioni 2002-03 dell’AUSL di RE.
Nel corso di questi anni il Centro Autismo ha attivato anche in
un intenso e impegnativo programma di formazione rivolto ai
genitori e agli insegnanti del territorio reggiano, grazie anche al
sostegno del Centro di Documentazione per l’Integrazione di
Reggio Emilia.
Gli operatori del Centro hanno partecipato inoltre a molte
iniziative formative, organizzate dai servizi sanitari e dalla scuola,
anche in altre realtà regionali ed extraregionali.
Obiettivi del Centro Autismo e DGS di Reggio E.
Il Centro di diagnosi, terapia, riabilitazione e ricerca per
l’Autismo e i Disturbi Generalizzati dello Sviluppo intende fornire ai
pazienti autistici, di età compresa tra i primi anni di vita e l’età
adolescenziale adulta, le competenze diagnostiche e riabilitative
necessarie a raggiungere una diagnosi corretta di autismo e a
sostenere un progetto riabilitativo globale volto al raggiungimento
della massima autonomia, evitando agli utenti la dispersione e la
disomogeneità degli interventi e coinvolgendo i servizi che
intervengono nelle varie fasce di età.
Il Centro si propone di realizzare i seguenti obiettivi:
• Diagnosi precoce, in collaborazione con Pediatri di Base e di
Comunità, Servizi Ospedalieri ed Universitari;
• Valutazione psicodiagnostica, neuropsicologica e psicoeducativa e formulazione di un progetto abilitativo individualizzato,
da verificare periodicamente con la famiglia e la scuola;
• Attivazione di interventi educativi-abilitativi sui bambini, individuali
e di gruppo;
• Consulenza e sostegno alle famiglie, in particolare attraverso
attività di formazione e gruppi di auto-aiuto per genitori;
• Formazione di personale socio-sanitario e scolastico-educativo,
per costruire risorse competenti sulle tematiche dell’autismo e
DPS, che interagiscano nel “Sistema Curante”
• Ricerca in contatto con altri centri nazionali e internazionali;
studi epidemiologici e sull’efficacia terapeutica degli interventi.
Metodologia e organizzazione del Centro
Per rispondere a questi sostanziali obiettivi il Centro ha
89
formulato un proprio modello metodologico-operativo, definito
“Sistema Curante ”, ovvero un nuovo approccio al problema
handicap – e all’autismo in particolare - che prevede una collaborazione costruttiva e competente tra le diverse forze che interagiscono attorno al soggetto disabile: il sistema sanitario (l’équipe
multidisciplinare di Neuropsichiatria Infantile in rete con altri servizi
quali Pediatria di Famiglia e di Comunità, Servizio Handicap
Adulto, Servizi Ospedalieri), il sistema integrato d’interventi sociali,
il sistema scolastico e la famiglia.
Obiettivo del “Sistema Curante” è fornire al soggetto autistico
un ambiente adeguato ad affrontare le problematiche poste dalla
patologia, reso “abilitativo” dalla competenza di tutti i componenti e
dalla condivisione del progetto individualizzato, trasversale alle età
della vita.
Tale modello deriva da due modelli metodologici che ci sono
sembrati riproducibili anche nella nostra realtà culturale e organizzativa, il modello TEACCH nato nel North Carolina per opera di
Eric Schopler e il Denver Model, particolarmente centrato sull’intervento precoce e sull’integrazione scolastica nei primi anni di
vita.
Per ora il lavoro del Centro Autismo si è indirizzato con
particolare attenzione all’età evolutiva, mentre, in parallelo, si sta
costruendo un rapporto di collaborazione con i servizi disabili
adulti, per la continuità necessaria alla costruzione del percorso di
vita.
Un’ altra caratteristica del nostro modello consiste nella scelta di
utilizzare in modo integrato per la costruzione del progetto individualizzato tutte le tecniche scientificamente sperimentate, nella
consapevolezza che “nessuna tecnica da sola è sufficiente”.
Questa metodologia comporta una “moltiplicazione” temporale
e spaziale delle risposte abilitative e una forte alleanza tra i
componenti del SC intorno ad una progettazione comune.
(Vedi allegato 1: “Dal bambino al progetto attraverso il Sistema
Curante” formulato con la collaborazione delle famiglie e di un
gruppo di insegnanti).
L’organizzazione del Centro si basa sul coinvolgimento di
operatori di tutti i servizi di NPI distrettuali della Provincia di Reggio
90
Emilia, onde garantire un servizio di I° livello, distrettuale, sede
della prima valutazione e dell’attuazione del progetto riabilitativo e
uno di II° livello, aziendale, inteso come momento di approfondimento diagnostico e di progettazione abilitativa mirata, entrambi
strettamente collegati. Al II° livello compete anche l’organizzazione
della formazione e la costante verifica e riformulazione in itinere
del modello organizzativo.
Il gruppo di operatori che, motivati a partecipare al Progetto
Autismo, hanno partecipato alla formazione teorico-pratica, è
costituito da diverse professionalità: 5 neuropsichiatri infantili, 2
psicologi, 12 educatori professionali, 5 logopediste, tutti a tempo
parziale sul progetto autismo.
L’operatività attuale del Centro autismo è garantita dalla partecipazione di tutti gli operatori ad un incontro mensile in cui si effettuano
valutazioni psicodiagnostiche-follow up, discussione casi, riflessioneconfronto metodologico sugli interventi, studio e formulazione di
protocolli operativi; normalmente lavorano nelle rispettive sedi sui
singoli progetti individuali in collaborazione con la scuola e la famiglia
e nella impegnativa routine di un servizio di NPI.
Il lavoro sul Progetto Autismo è per tutti una parte dell’attività
complessiva nell’U.O. di NPI.
Azioni attivate
• Diagnosi, il più precoce possibile precoce (entro i primi 2-3 anni
di vita), per bambini con sospetto di autismo e/o Disturbo
Generalizzato dello Sviluppo inviati ai servizi di NPI territoriali
della provincia di Reggio Emilia;
• Formazione ai pediatri di famiglia all’uso di strumenti di screening
(CHAT di Baron Cohen)
• Valutazione psicodiagnostica e formulazione di un progetto psicoeducativo individualizzato, da verificare periodicamente con la
famiglia e la scuola; tale attività è rivolta ai bambini della
provincia di Reggio Emilia, coinvolgendo gli operatori del
territorio ed è esteso anche a casi esterni alla provincia di
Reggio Emilia (dall’anno 2000 è in atto una convenzione con
l’AUSL di Piacenza);
• Valutazione psicodiagnostica e formulazione di un progetto psicoeducativo individualizzato per soggetti con autismo e ritardo
91
•
•
•
•
•
•
•
•
•
1)
mentale in età adolescenziale (gruppo di lavoro che utilizza lo
strumento valutativo AAPEP di Schopler);
Attivazione di interventi educativi-abilitativi sui bambini della
provincia di Reggio Emilia, individuali e di gruppo;
Consulenza e sostegno alle famiglie, in particolare attraverso
attività di formazione e informazione (2 corsi di formazione per
genitori nel 1999 e nel 2000, un terzo iniziato nel dicembre
2002)
Stretta collaborazione con l’Associazione AUT AUT ONLUS famiglie di soggetti con autismo - importante sostegno del
Centro autismo con iniziative di coprogettazione e di sostegno
alla formazione degli operatori (es Corso Denver Model nel
2002);
Formazione di personale scolastico-educativo attraverso numerosi
corsi di formazione in collaborazione con il Provveditorato agli
studi di Reggio Emilia e con il Centro di Documentazione per
l’Integrazione di Reggio Emilia dal 1999 in poi;
Gruppo di studio e supervisione sulla tecnica della
Comunicazione Facilitata, aperto ad operatori dei distretti
provinciali di NPI, dell’H adulti e alle Cooperative Sociali;
Primo studio epidemiologico sui casi di autismo e DGS della
provincia di Reggio Emilia (incidenza, tipologia diagnostica,
tipologia di trattamento, ecc.) grazie all’attivazione di una borsa
di studio per psicologo con donazione della fondazione CassoliGuastavillani di Bologna nell’anno 2000;
Ricerca sugli strumenti per la diagnosi precoce e l’adolescenza
(in particolare approfondimento sugli aspetti cognitivi e
linguistici), proposto alla regione Emilia Romagna e finanziato
per l’anno 2001, in collaborazione con l’AUSL di Modena, U.O.
di Neuropsichiatria Infantile;
Gruppo di studio sulla metodologia di valutazione e trattamento
nei bambini in età prescolare
Collaborazione ad un progetto multicentrico di ricerca sugli
aspetti genetici nell’autismo, con la Cattedra di Neuropsichiatria
Infantile, diretta dal Prof. Caffo, dell’Università degli Studi di
Modena e Reggio Emilia.
Formazione operatori del Centro Autismo
Corso teorico pratico TEACCH nel 1997, a cui hanno fatto
92
seguito incontri di supervisione sui casi e sui progetti dal 1998
al 2001 con Dr.Micheli e Dr.ssa Xaiz;
2) Corso teorico pratico sul lavoro clinico con bambini piccoli
(lavoro sull’intersoggettività) Dr.ssa Xaiz;
3) Corso Comunicazione Facilitata nell’anno 1999, a cui hanno
fatto seguito incontri di supervisione casi nel 2000 con Dr.ssa
Cadei; nel 2002 si è effettuato un secondo corso, aperto anche
ad insegnanti e genitori, in collaborazione con il CDI, con
l’équipe del dott. Brighenti;
4) Corso AAPEP nell’anno 1999 per la valutazione e la progettazione educativa-abilitativo degli adolescenti e giovani adulti
autistici (insieme ai servizi per l’Handicap Adulti) con Dr.Micheli;
5) Corso teorico-pratico sul parent training nel 1999-2000 con
Dr.Micheli e Dr.ssa Xaiz;
6) Corso di informazione sul metodo Delacato nel 2000 con èquipe
Centro Studi Delacato di Sorrento;
7) Partecipazione corso di formazione su TED (terapia di scambio
e di sviluppo) a Verona nel 2000;
8) Seminario sulla diagnosi e intervento precoce nello spettro
autistico nel 2001 con S.Roger, Ph (Università del Colorado,
Denver);
9) Corso teorico sul parent training nel 2001 con Dott.ssa
Pergolizzi;
10) Corso sull’utilizzo della scala Vineland nell’anno 2001 con Dr.
Nardocci
11) Corso teorico pratico sul Denver Model, dal 15 al 19 aprile
2002, con la Prof. Sally Rogers e le sue terapiste (Logopedista
e Terapista Occupazionale),sull’esperienza di lavoro ventennale
maturata all’Università di Denver sulla diagnosi e il trattamento
precoce dell’autismo.
Attività di valutazione psico-diagnostica e neuropsicologica
Il protocollo per la valutazione clinica, diversificato per fasce di età,
prevede:
- Colloquio anamnestico con i genitori
- Visita neuropsichiatrica infantile
93
- Osservazione informale del bambino attraverso sedute di gioco,
con particolare attenzione alla intersoggettività, alla comunicazione, al gioco e alla interazione con i genitori e l’esaminatore
(strumenti derivati da Xaiz-Micheli e Denver Model)
- Visione di video familiari e scolastici;
- Applicazione della CARS di Schopler, scala di valutazione
diagnostica;
- Somministrazione del PEP-R di Schopler e coll., profilo psicoeducativo utilizzabile per bambini da 2 a 8 - 12 anni;
- Somministrazione dell’ AAPEP, profilo psico-educativo per
adolescenti e giovani adulti;
- Valutazione del livello intellettivo (Leiter-R; WPPSI/WISC-R) e
dello sviluppo emotivo;
- Valutazione del linguaggio, della comunicazione, delle funzioni
esecutive, delle prassie;
- Valutazione per l’uso della Comunicazione Facilitata e di altre
tecniche di Comunicazione Altermativa.
Presa in carico
Per la maggior parte dei soggetti autistici della nostra Azienda,
in seguito alla valutazione, effettuata secondo il protocollo del
Centro, è stato possibile attivare un progetto terapeutico-abilitativo
individualizzato e integrato, secondo il modello di Sistema Curante,
derivante dalla interazione e collaborazione tra l’équipe multidisciplinare che interviene direttamente sul bambino, i genitori che
partecipano alle sedute e a casa svolgono attività mirate, gli
insegnanti che a scuola propongono un programma educativodidattico sotto la diretta consulenza degli specialisti. In tutti gli
ambienti di vita si propongono le opportune strategie di strutturazione spazio-temporale, indispensabili per adattare l’ambiente e
contenere le difficoltà dei soggetti autistici e con DPS, consistenti
in una severa compromissione delle competenze comunicative,
sociali e neuropsicologiche.
Dati di attivita’
Nelle seguenti tabelle sono riportati i casi conosciuti dal Centro
Autismo (tramite questionario rivolto a tutte i servizi distrettuali di
NPI, utilizzato per una ricerca epidemiologica dalla Regione Emilia
Romagna, n ell’ambito di un Progetto A utismo regionale), i casi
94
sottoposti a valutazione come sospetti casi di Autismo o DPS e
infine i casi effettivamente in carico, al 31.XII.02, agli operatori del
Centro Autismo (cioè con un programma educativo-abilitativo in
collaborazione con la scuola e la famiglia).
Il numero di casi valutati in 4 anni e 1/2 anni di attività (aprile ’98
- dicembre ’02) sono 138, di cui 94 appartengono all’AUSL di
Reggio E. e 44 provengono da AUSL esterne alla provincia di
Reggio E. (tabella 2); tra questi 17 al termine della valutazione non
sono risultati inquadrabili nei criteri diagnostici dei Disturbi
Generalizzati dello Sviluppo (F84, secondo l’ICD-10).
Tabella 1
Casi di autismo e DPS in età evolutiva (0-18a) conosciuti dai
servizi di NPI della provincia di Reggio Emilia (a Dicembre 2002)
Tabella 2
Casi valutati dal Centro Autismo (Aprile 1998-Dicembre 2002)
95
Tabella 3
Casi di autismo e DPS in età evolutiva (0-18 a) in carico al
Centro Autismo della provincia di Reggio Emilia (a Dicembre 2002)
Dal gennaio 99 si è attivato un gruppo di valutazione per
soggetti adolescenti, che utilizza lo strumento AAPEP di Schopler
(Profilo Educativo Personalizzato per Adolescenti Adulti). Tale
gruppo ha finora valutato 57 soggetti, sia con disturbi autistici che
con ritardo mentale, con età media di 15,9 anni, formulando
successivamente un progetto educativo (per l’autonomia
personale, per aumentare le abilità, per indirizzare i percorsi
formativi).
I soggetti in questione appartengono alle seguenti tipologie
diagnostiche :
1) AUTISMO E DPS
2) Sindrome di DOWN
3) Ritardo mentale associato a disturbi psicopatologici
4) Ritardo mentale associato a sindromi organiche
19
11
18
9
Tabella 4
Tipologia interventi sui casi in carico nell’anno 2002 (Sono
riportati in tabella il numero di casi in carico per i quali si effettuano
gli
96
interventi, non il totale delle prestazioni svolte)
Legenda tipologia interventi
1. Interventi ambulatoriali (individuali o in piccolo gruppo): a)
psicoeducativo b) logopedico c) psicomotorio;
2. Interventi domiciliari (con il bambino e/o la famiglia;
osservazioni per stilare il programma di intervento);
3. Interventi con la famiglia (progettazione-verifica programma;
counselling);
4. Interventi con la scuola: a) diretti sul bambino; b) colloqui di
consulenza e/o incontri con insegnanti;
5. Progetti integrativi (atelier di cucina, serra, bricolage, individuali
o in piccoli gruppi; consulenza agli operatori per piscina, campigioco, Centri diurni);
6. Gruppo operativo di I° e II° livello (valutazioni o follow up,
discussione casi)
Come si evidenzia dalla tabella 4 gli interventi finora preminenti
sono quelli psicoeducativi, mentre, in seguito alla formazione sul
Denver Model, nella seconda parte del 2002, soprattutto per i
bambini in età prescolare, si è sviluppata progressivamente
l’attenzione all’intervento logopedico (siamo passati da 6 casi in
logopedia a 26), che si attua in modo integrato e successivo ad
una prima fase svolta dall’educatore professionale, sulle
competenze di base (le abilità di intersoggettività, l’attenzione
congiunta, l’imitazione, i prerequisiti della comunicazione, il gioco
simbolico, ambiti in cui già lavoravamo da tempo secondo il
modello di Xaiz, Micheli).
I risultati del lavoro sui bambini in età prescolare sono molto
interessanti, confermano i dati della letteratura internazionale che
riferiscono la comparsa del linguaggio nel 75-85% dei bambini
autistici trattati precocemente. Stiamo procedendo ad uno studio di
verifica sull’efficacia del trattamento precoce sulla nostra casistica.
Su questa base e per ottemperare all’obiettivo della diagnosi
precoce, nel 2003 fra le prestazioni dei Pediatri di Libera Scelta,
sarà inserita la CHAT (Check list for Autism in Toddlers, di Baron
Cohen e coll, che permette al Pediatra di formulare il sospetto di
Autismo a 18 mesi per l’invio tempestivo allo specialista), con
adeguata e preliminare formazione.
97
Nel corso degli ultimi anni abbiamo raggiunto anche un altro
obiettivo che ci eravamo dati come U.O. di NPI, cioè quello di
iniziare ad estendere anche al lavoro con altre disabilità il modello
di intervento sull'Autismo, il “Sistema Curante”, basato sulla
massima condivisione della progettualità con i genitori, sulla
costruzione di un sistema di interventi con famiglia e scuola, sulla
formazione dei genitori e insegnanti e sulla costruzione del
percorso di vita con i vari servizi. Abbiamo iniziato ad attivare,
sulle Paralisi Cerebrali Infantili, sia corsi di formazione per
insegnanti che corsi di formazione per genitori.
Il Modello di Intervento del Centro Autismo è stato premiato nel
maggio 2002, nella manifestazione “Cento Progetti al servizio dei
cittadini”, del Ministero della Funzione Pubblica, per le caratteristiche di qualità del progetto, di innovazione e di riproducibilità.
Azioni di sviluppo per il 2003 - 2004
• Ci proponiamo di fare una verifica sul modello di intervento e
sui risultati ottenuti, utilizzando l’occasione della Ricerca
nazionale multicentrica finanziata con la Fondazione Labos:
continuare e consolidare il lavoro clinico sui casi, effettuando il
follow-up a tutti i soggetti visti finora per la valutazione dell'efficacia del progetto riabilitativo, unendo anche una valutazione
del grado di soddisfazione delle famiglie.
• Proseguire con la ricerca clinica, basata sull'approfondimento e
l'analisi di sottotipi clinici individuabili nella nostra casistica, in
collaborazione con altri Servizi territoriali, ospedalieri e
Universitari
• Consolidare il rapporto con le Cooperative sociali e con i Settori
H adulti, sia con la valutazione congiunta dei casi, sia con la
sperimentazione delle tecniche apprese per costruire un
effettivo percorso di continuità progettuale di vita, con
particolare attenzione alle necessità di ricovero per momenti di
crisi e alle problematiche del sollievo alle famiglie
• Realizzare nel 2003 il progetto di diagnosi precoce in collaborazione con i Pediatri di Libera Scelta e l’U.O. di pediatria di
Comunità
• Attivare percorsi tra Servizi Territoriali e Ospedalieri facilitanti per le
98
famiglie, sia per la diagnosi strumentale che per l'accesso a
specialisti di varie discipline (ciò vale per tutti i soggetti disabili)
• Effettuare un censimento dei casi di Autismo e DGS in età
adulta, sia con la collaborazione dei Servizi Handicap adulti che
dei Medici di Famiglia.
Conclusioni
Ritengo che il modello di intervento sperimentato, il “Sistema
Curante”, risponda alle necessità degli utenti, ottenga riscontri
positivi da parte delle famiglie, abbia visto positivi cambiamenti nei
bambini seguiti, soprattutto nei casi in cui è maggiore la collaborazione tra i sottosistemi, a parità di gravità dei soggetti in carico.
Sappiamo che, soprattutto per i bambini in età prescolare, le
linee guida internazionali pongono come necessarie almeno 20-30
ore di trattamento settimanale: questo non è possibile, visti i
problemi di risorse di tutte le Aziende Sanitarie. Tuttavia l’aver
attivato un modello di lavoro in rete, il Sistema Curante, permette
di rispondere, almeno parzialmente, alla carenza di risorse, grazie
alla condivisione in tutti gli ambiti di vita del soggetto autistico del
progetto abilitativo.
Nei bambini piccoli l’intervento ci fa molto sperare in un effettivo
miglioramento della sintomatologia e in un aumento dell’autonomia
e competenze, effetti riferiti dalla letteratura sull’argomento.
I limiti che ritroviamo nella quotidianità del nostro lavoro sono
legati a fattori quali il tournover degli insegnanti, per quanto
riguarda la collaborazione con il mondo scolastico; da parte delle
famiglie riscontriamo, soprattutto nei casi con cui abbiamo iniziato
ad applicare il nuovo modello di intervento in età adolescenziale, la
difficoltà nel modificare modelli di interazione e di comportamento
rigidamente fissati, anche per la fatica che la convivenza con un
soggetto gravemente autistico comporta.
In questo ambito stiamo lavorando, con l’Associazione AUT
AUT, ma anche con i Servizi Sociali e le Cooperative Sociali, per
coprogettare interventi adeguati a fornire opportunità di crescita e
formazione per i ragazzi e di sollievo alle famiglie.
BIBLIOGRAFIA
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18. Schopler E., Autismo in famiglia, 1998, Ed Erickson, TN
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21. Xaiz C., Micheli E.: Gioco e interazione sociale nell’autismo. 2001, Erickson, TN
Allegato 1
100
Dal Bambino al Progetto attraverso il “SISTEMA CURANTE”
101
L’ASSISTENZA ALL’AUTISMO ED AI DISORDINI PERVASIVI
DELLO SVILUPPO IN EMILIA-ROMAGNA
Elisabetta Fréjaville
Coordinatore Gruppo Tecnico Regionale sull’Autismo
Servizio Salute Mentale, Assessorato Sanità, Regione Emilia Romagna
Nel marzo del 2000 l'Assessorato alla Sanità della Regione
Emilia-Romagna ha inviato alle Aziende sanitarie regionali le
"Linee sull'organizzazione dei servizi per l'autismo infantile" ove “si
focalizza l'attenzione dei Servizi sulla fascia 0-3 anni allo scopo sia
di fare diagnosi precoce di Autismo sia di individuare altrettanto
precocemente disturbi o distorsioni di personalità, deficit motori
sensoriali o cognitivi con il fondato rischio di evoluzione di sviluppo
patologico, al fine di mettere in campo in tempo utile specifici e
adeguati interventi di carattere terapeutico e riabilitativo. Di
conseguenza, allo scopo di assicurare la valutazione globale del
bambino, i Servizi dovranno attrezzarsi sul piano delle procedure,
dotandosi di protocolli diagnostici e terapeutici, nonchè su quello
delle competenze, assumendo le opportune iniziative nel campo
della formazione-aggiornamento”.
Dal 2001, presso l’Assessorato alla Sanità della Regione
Emilia-Romagna, è al lavoro un Gruppo Tecnico di monitoraggio e
coordinamento, costituito da eminenti professionisti con
documentata competenza in questo campo e da rappresentanti
delle principali associazioni impegnate sull’Autismo nella nostra
Regione.
Nei primi mesi del 2002 è stata condotta una indagine presso le
strutture sanitarie per valutare lo stato di attuazione di quella
direttiva, attraverso un questionario inviato a tutte le Aziende
sanitarie ed alle strutture private; le domande vertevano sullo stato
di organizzazione dei servizi, sulle metodologie attuate per la
diagnosi ed il trattamento delle persone affette da sindromi
autistiche, di qualunque età, sui riscontri epidemiologici delle
diverse realtà.
E’ anche prevista a breve una indagine per conoscere l’opinione
delle famiglie di pazienti autistici o con DPS.
In considerazione degli importanti risultati della letteratura
102
scientifica per gli innovativi aspetti diagnostici e terapeutico-riabilitativi, anche al fine di ribadire la necessità di abolire definitivamente lo stigma che vedeva nei decenni scorsi la famiglia
colpevolizzata dell’insorgenza di questa grave patologia, il Gruppo
Regionale ha ritenuto di estendere la propria attenzione ai Disturbi
Pervasivi dello Sviluppo (DPS), di cui il Disturbo Autistico (DA) è
un’importante componente e di prodourre un corposo documento
di approfondimento ed aggiornamento tecnico per gli operatori del
settore sui temi clinici (diagnosi, trattamento, etc.) ed uno, più
sintetico, contenente le proposte alla Regione ed agli amministratori locali sugli aspetti di miglioramento organizzativo.
In estrema sintesi gli obiettivi proposti per la promozione della
salute e per il miglioramento nell’assistenza ai pazienti con
DA/DPS sono:
1) tempestività della diagnosi, a seconda della tipologia di DA/DPS
2) continuità dell’assistenza, sociale e sanitaria, anche oltre i 18
anni di vita
3) supporto alla famiglia, da coinvolgere necessariamente nel
“Sistema Curante” dei pazienti con DA/DPS.
La proposta è rivolta alle Aziende sanitarie, in particolare ai
Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) che, nella nostra Regione,
vedono aggregate le Unità Operative di Psichiatria e
Neuropsichiatria Infantile. A queste strutture è demandato il
compito di costruire Programmi che prevedano la definizione dei
necessari collegamenti del Team DA/DPS con le strutture sociali,
scolastiche e del mondo del lavoro, per la costruzione della “rete”
di continuità assistenziale e per il supporto alle Famiglie.
A seguito di quanto rilevato dall’indagine e sulla base dei
riscontri scientifici internazionali, il Gruppo propone di individuare
in tutte le Aziende sanitarie, nell’ambito del DSM, un “Team per
DA/DPS”, appositamente formato e formalizzato, in rete con gli
omonimi servizi regionali di 2° livello, territoriali ed ospedalieri. Tale
proposta nasce dalla considerazione che, al momento, il tipo di
competenza richiesta per il trattamento di questi disturbi può
richiedere iniziative di aggiornamento e che, peraltro, il numero di
103
pazienti con Autismo-DPS è piuttosto ridotto rispetto alla generalità
degli utenti dei DSM. Pertanto, almeno in via iniziale, sarà utile
identificare le persone che, provenendo da varie discipline
(Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, Psichiatria, Psicologia Clinica,
etc.), previa adeguata formazione, sperimentino efficaci ed
efficienti modelli clinici ed organizzativi da attuare insieme agli
operatori del mondo della Scuola, dei Servizi Sociali, etc.
Tale sperimentazione non va considerata come modello ad hoc,
per questa specifica patologia, bensì una modalità di collaborazione ed integrazione, riproducibile per l’assistenza a molteplici
situazioni di handicap dell’età evolutiva ed adulta.
Il documento elaborato dal Gruppo Tecnico Regionale sarà ora
sottoposto alla valutazione dei Servizi sanitari per recepire le
ipotesi di fattibilità nelle diverse realtà locali.
E’ indubbio che una eventuale riorganizzazione dei servizi per
questa tipologia di pazienti richiede tempo, non solo per la
riconversione o acquisizione di risorse umane da destinare a
questo scopo ma anche per l’impegno di formazione ed aggiornamento degli operatori coinvolti e per un rinnovato sforzo di
collaborazione integrata “in rete” con i Servizi Sociali, con la
Scuola, con il mondo del Lavoro.
Fondamentale, sin dalla fase di programmazione degli
interventi, sarà la fattiva partecipazione delle Associazioni di
Familiari che, nella nostra Regione, costituisce uno storico capitale
sociale.
104
SCREENING E DIAGNOSI PRECOCE DEL DISTURBO
AUTISTICO – LA COLLABORAZIONE CON I PEDIATRI
Dr.ssa Virginia Giuberti
Psicologa – Centro Autismo e DPS dell’AUSL di Reggio Emilia
All’interno del Centro Autismo e Disturbi Pervasivi dello
Sviluppo dell’AUSL di Reggio Emilia, il cui modello organizzativo e
operativo è già stato descritto nelle relazioni precedenti della
Dr.ssa Martini e Dr.ssa Dalla Vecchia, lo screening e la diagnosi
precoce in collaborazione con i pediatri di libera scelta riveste
importanza cruciale.
Nella letteratura scientifica internazionale viene evidenziato che
già in tenera età è possibile identificare anomalie tipiche
dell’autismo: a 12 mesi nei bambini che poi verranno diagnosticati
autistici sono presenti comportamenti specifici che li differenziano
dai bambini nella norma (Osterling & Dawson, 1994; Baranek,
1999), a 18-24 mesi i genitori riportano spesso preoccupazioni
sullo sviluppo (Howlin & Moore, 1997). Tuttavia la diagnosi di
autismo è ancora tardiva: molto spesso l’autismo non viene
diagnosticato prima dei quattro-cinque anni di età (Rogers, 2001),
con alcune differenze riportate negli studi americani rispetto a
quelli anglosassoni. Lo screening e la diagnosi precoci sono una
necessità nel campo della ricerca attuale (Filipek et al., 1999).
Lo scopo della diagnosi è l’intervento, e lo scopo della diagnosi
precoce è l’intervento precoce: la necessità di individuare
precocemente un disturbo dello spettro artistico permette di
intervenire precocemente con possibilità di effetti significativi. Infatti
a livello internazionale è ormai accertata l’efficacia dei programmi
di intervento precoce e intensivo. Per citare brevemente qualche
studio, si parla di un miglioramento significativo del livello cognitivo
quantificabile in un aumento di QI (Lovaas, 1987), un accelerazione in tutte le aree dello sviluppo (Dawson & Osterling, 1987),
un miglioramento linguistico con raggiungimento di linguaggio
funzionale nel 75% dei casi (Rogers, 1996, 1998), un miglioramento nel comportamento sociale (Rogers, 1996, 1998), una
riduzione della sintomatologia autistica (Dawson & Osterling, 1987;
Rogers, 1996, 1998).
105
Da queste premesse, fin dal 1998 il Centro Autismo e DPS di
Reggio Emilia ha promosso il Progetto per lo screening e la
diagnosi precoce in collaborazione con i pediatri di libera scelta,
iniziato con un incontro formativo sull’autismo, sulle nuove
metodologie di approccio nell’autismo e sulla scala CHAT
(Checklist for Autism in Toddlers, Baron-Cohen, Allen & Gillberg,
1992). Dal 2002 la CHAT è stata introdotta nell’accordo tra pediatri
di libera scelta e l’AUSL di Reggio Emilia; nel 2003 il progetto è
iniziato a tutti gli effetti con un corso di aggiornamento per i
pediatri e con la formazione di nuclei di valutazione nelle unità di I
livello autismo (nelle U.O. di Neuropsichiatria Infantile) della
provincia e di un nucleo di supervisione di II livello (nel Centro
Autismo e DPS di Reggio E.).
Per fornire un’idea della realtà territoriale di Reggio Emilia, il
numero di soggetti in età evolutiva è di circa 72.500, i nuovi nati
per anno sono circa 4.800; vi sono 6 distretti (Reggio Emilia,
Guastalla, Correggio, Scandiano, Castelnuovo Monti, Montecchio)
e 4 unità di I livello autismo; il numero dei pediatri di libera scelta è
77.
Il percorso clinico del Progetto per lo screening e la diagnosi
precoce prevede:
1) somministrazione della scala CHAT da parte del pediatra
durante il periodico bilancio di salute a 18-20 mesi, con punteggio
finale di rischio grave di autismo, rischio moderato di autismo,
rischio per altri disturbi, nei limiti della norma;
2) invio dei casi a rischio grave e moderato alle unità di I livello
autismo del distretto di appartenenza; entro 15 gg. dall’invio
colloquio con i genitori sulle possibili preoccupazioni inerenti la
comunicazione, la socialità e il comportamento (‘bandiere rosse’,
Filipeck et al., 1999) ed anamnesi, e osservazione del bambino in
presenza del genitore sulle modalità di interazione, di comunicazione e di gioco (elementi tratti da PL ADOS, DiLavore, Lord,
Rutter, 1995; ‘Denver Model’; Xaiz & Micheli, 2001); restituzione ai
genitori con indicazioni educative e, nei casi valutati positivi,
proposta di intervento per disturbo della comunicazione e dell’interazione, in collaborazione con il pediatra; dopo 3-6 mesi,
valutazione approfondita presso il II livello a Reggio E.;
3) eventuale invio a struttura ospedaliera specialistica per
106
approfondimenti strumentali e laboratoristici (EEG, esame
audiometrico, ecc.)
Il protocollo di osservazione in età prescolare in uso presso il
Centro Autismo e DPS di Reggio E. prevede:
1. SEGNALAZIONE dal distretto di appartenenza
2. COLLOQUIO CON I GENITORI: anamnesi; intervista mirata sui
comportamenti nei vari contesti e abitudini di vita; informazioni
sulle modalità di lavoro del Centro; consenso informato
3. VISITA NEUROPSICHIATRICA
4. OSSERVAZIONE STRUTTURATA su: intersoggettività, funzionamento emozionale, modalità di comunicazione, imitazione,
gioco
5. VALUTAZIONE FORMALE: comportamento autistico (CARS);
profilo psicoeducativo (PEP-R); profilo cognitivo (Utzgirz Hunt,
Leiter-R); comunicazione e linguaggio (McArthur, TPL)
6. VALUTAZIONE INFORMALE: osservazione negli ambienti di
vita (casa, scuola); visione video familiari
7. DIAGNOSI secondo criteri ICD 10 e DSM IV
8. RESTITUZIONE AI GENITORI
La metodologia della valutazione è basata sui seguenti punti
cardine:
• Partecipazione dei genitori ad ogni fase della valutazione
• Equipe valutativa multiprofessionale (neuropsichiatra inf.,
psicologo, educatore prof., logopedista)
• Videoregistrazione dell’intero percorso osservativo
• Relazione clinica scritta delle valutazioni effettuate con
programma di trattamento ed obiettivi
• Collaborazione con il pediatra per la restituzione della diagnosi
e sostegno alla famiglia
• Continuum tra fase valutativa e presa in carico nel distretto di
appartenenza
• Coinvolgimento e collaborazione con la struttura educativa
prescolare
Le aree di osservazione, che poi divengono le aree di
intervento, che vengono considerate nel modello di lavoro del
Centro Autismo e DPS di Reggio E. per i bambini piccoli con
disturbo dello spettro autistico sono le seguenti:
107
- INTERSOGGETTIVITA’: si osservano la consapevolezza di
sé e dell’altro come soggetti in interazione, le risposte di attenzione
congiunta, il rispetto dei turni di interazione, ecc., per poi
intervenire con attività varie tipo le bolle di sapone, i palloncini, i
giochi musicali, i giochi con le macchinine, ecc;
- MODALITA’ DI COMUNICAZIONE: si valutano l’intenzionalità
comunicativa e le forme di comunicazione utilizzate (motoria,
gestuale: indicazione protorichiestiva e protodichiarativa, vocale:
vocalizzazioni rivolte all’altro ed ecolalie), per poi intervenire
perché il bambino sia motivato a comunicare e utilizzi modalità più
adeguate (in particolare si lavora sui gesti significativi come l’indicazione, sull’uso delle immagini per comunicare, per poi arrivare al
linguaggio verbale);
- FUNZIONAMEMENTO EMOZIONALE: si osservano comportamenti quali il sorriso sociale, la gioia condivisa, le reazioni
inadeguate (accessi di collera), per poi intervenire sulle emozioni
positive enfatizzando la condivisione e il piacere nell’interazione;
- IMITAZIONE: si valutano le capacità di imitazione spontanea e
su richiesta, per poi intervenire insegnando l’imitazione di gesti
significativi, di movimenti e sequenze motorie, di azioni con
oggetti, di prassie bucco-facciali e l’imitazione vocale; questo
attraverso attività varie tra cui le canzoncine mimate e qualsiasi
tipo di gioco condiviso;
- GIOCO: si osservano le attività autostimolatorie, il gioco
sensomotorio, il gioco con oggetti (uso funzionale, simbolico) e il
gioco imitativo; l’intervento è focalizzato sull’ampliamento del gioco
sensomotorio e sull’insegnamento del gioco simbolico (agente
simbolico, sostituto simbolico, complessità simbolica);
- ABILITA’ DI SVILUPPO: valutazione, attraverso il PEP-R, delle
varie capacità (percezione visiva, percezione uditiva, motricità fine,
coordinazione occhio-mano, motricità globale, area cognitiva) per
poi intervenire sulle abilità possedute ed emergenti.
La metodologia dell’intervento è basata sui seguenti punti
cardine:
• Progetto individualizzato su tutte le aree
• Partecipazione dei genitori
• Predisposizione di un ambiente facilitante (chiaro e strutturato)
• Enfasi sulla relazione, sulla condivisione e sulle emozioni
108
positive
• Attenzione alla motivazione e agli interessi del bambino
• Coinvolgimento e collaborazione con la struttura educativa
prescolare
In tutto questo percorso diagnostico e abilitativo il pediatra di
famiglia resta il referente del bambino, accompagnando e
sostenendo la famiglia nel difficile percorso di elaborazione del
lutto dei genitori e di evoluzione del bambino.
109
BIBLIOGRAFIA
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110
AUTISMO: LA SCELTA POLITICA DELL’AUSL DI REGGIO
EMILIA
Mariella Martini
(Direttore Generale dell’Azienda USL di Reggio Emilia)
L'Azienda USL di Reggio Emilia è un'azienda sanitaria
territoriale di dimensione provinciale, con una popolazione di
460.000 abitanti, un territorio articolato in 6 distretti, una rete
ospedaliera costituta da 5 ospedali a gestione diretta, integrati con
una azienda ospedaliera e due case di cura accreditate, un
bilancio di oltre 600 milioni di euro, di cui il 40% è dedicato all'assistenza ospedaliera in regime di ricovero ed il 60% all'assistenza
territoriale.
A Reggio Emilia i Servizi Sociosanitari hanno una lunga
tradizione di lavoro integrato nell'area dell’infanzia e dell'adolescenza, con particolare attenzione alla disabilità infantile, anche in
tempi precedenti l’attuale organizzazione aziendale e l’entrata in
vigore della legge 104/92 (fin dall’epoca dei Consorzi
Sociosanitari).
Ne sono un esempio:
• La storia di supporto all’integrazione scolastica (a partire dalla
chiusura dell’Istituto De Sanctis, negli anni '70, una struttura
nell'ambito dell'Ospedale Psichiatrico che ospitava 350 minori
disabili) che è sostenuta anche attraverso la partecipazione di
operatori dell'AUSL al GLIP, come previsto dagli accordi di
programma, ed al Centro di Documentazione per l’Integrazione;
• i progetti rivolti alla tutela salute infanzia (percorso nascita),
alla prevenzione della nascita patologica (progetto neonatologia),
alla diagnosi precoce delle disabilità in collaborazione con i pediatri
di comunità, di famiglia e con il Dipartimento Materno Infantile
Ospedaliero e l'unità operativa di NPI;
• la costruzione di percorsi per la prevenzione disturbi psicopatologici nella prima infanzia (tra Ospedale, Pediatri di famiglia e di
comunità, Servizio Sociale, NPI e Psichiatria, nidi e scuole
materne);
111
• la realizzazione di progetti trasversali, che coinvolgono diverse
unità operative dell'AUSL, per la gestione di interventi integrati
nell'area dell'adolescenza, dei disturbi del Comportamento
alimentare, dellle famiglie multiproblematiche;
• l'attenzione ai bisogni complessivi dei disabili gravi e
gravissimi e delle loro famiglie, con la realizzazione, già nel 92 nel
distretto di Scandiano, di progetti di ADI con forte integrazione tra
professionisti territoriali ed ospedalieri per la presa in carico
complessiva del bambino con grave disabilità e supporto alla sua
famiglia e consentire la gestione a domicilio di bambini con
gravissime disabilità e bisogno di particolare supporto per alcune
funzioni fisiologiche o per il trattamento di patologie concomitanti;
il progetto, il primo realizzato in Regione Emilia Romagna, ora è
esteso a tutto l'ambito dell'AUSL ed è stato indicato dalla Regione
stessa come obiettivo per le Aziende Sanitarie;
• il progetto "Gancio Originale", esperienza pilota di volontariato
giovanile promossa dall'AUSL, che ha ottenuto riconoscimenti
nazionali e che recluta volontari tra gli studenti del triennio delle
scuole superiori e li supporta in un'azione di tutorig rivolta a ragazzi
della scuola media in condizioni di difficoltà per situazioni di
fragilità personale e di contesto;
• l'attenzione al momento dell’adolescenza nei soggetti disabili,
con la progettazione di percorsi abiltativi per adolescenti
(valutazione con l'AAPEP di Schopler,atelier socioriabilitativi, corsi
di Formazione, percorsi di integrazione scuola-lavoro);
• l'impegno a garantire un percorso continuativo nell’assistenza
e nella presa in carico dei disabili, dall’infanzia all’età adulta,
attraverso l'integrazione operativa tra i servizi per minori e quelli
per adulti disabili;
• il progetto interistituzionale "lavoro", che si inserisce in una
cultura di esperienze consolidate nell'AUSL, nell’ambito della
formazione professionale e dell’inserimento lavorativo di soggetti
disabili, tossicodipendenti e di pazienti psichiatrici;
• i Piani di zona e Piani per la salute, a cui abbiamo collaborato,
contengono importanti aspetti di prevenzione e tutela della salute
mentale nell’infanzia e di sostegno ai percorsi delle famiglie dei
disabili.
La presenza nell’AUSL di Reggio Emilia di un Servizio di
112
Neuropsichiatria Infantile con una lunga tradizione culturale,
scientifica e organizzativa, dotato di operatori formati e aperti al
cambiamento, ha consentito che un nucleo di professionisti si
specializzasse sull’Autismo ed i DPS.
La Struttura Organizzativa Complessa di NPI, dotata di un
centinaio di operatori (Neuropsichiatri Infantili, Psicologi,
Fisioterapisti, Logopedisti, Educatori professionali, Psicomotricisti,
Ortottiste, Atelieristi, Tiflologo), ed articolata in 4 Strutture Operative
Semplici distrettuali, opera nell’ambito della prevenzione, diagnosi,
cura e riabilitazione dei disturbi neuropsichici e psicologici dell’età
evolutiva, per una utenza di circa 3500 soggetti l’anno.
L’AUSL di Reggio Emilia destina alla Struttura Operativa
Complessa di NPI, che fa parte del Dipartimento di Salute Mentale,
circa l’1% del proprio bilancio (nel 2001: lire 11.843.000.000,
nell’ambito di un bilancio di 1.096.005.000.000).
Il progetto di formare un nucleo di operatori specializzati nella
diagnosi e trattamento dell'Autismo e dei Disturbi Generalizzati
dello Sviluppo nasce nel 1996, nel servizio di Neuropsichiatria
Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia, su sollecitazione delle
famiglie da un lato e della direzione del servizio di NPI dall’altro,
convergenti sulla necessità di cambiare approccio, alla luce della
nuova cultura dell’autismo, e di acquisire metodologie di lavoro più
coerenti con l'evoluzione delle conoscenze scientifiche riguardo
agli approcci diagnostici e terapeutici.Nel territorio reggiano, pur
ricco di servizi competenti, mancava ancora la possibilità di
usufruire di una diagnosi coerente con i sistemi di classificazione
internazionali, formulata in modo integrato da una équipe multidisciplinare, e di ricevere trattamenti adeguati e scientificamente
validati.
Il progetto ha preso l'avvio nel '97 da un percorso formativo
sulla metodologia TEACCH, promosso dall'AUSL su proposta della
direzione del servizio di NPI, e rivolto ad operatori dei diversi
profili professionali; la conduzione del corso era stata affidata
all’équipe del Dr. Micheli del CTR Piccoli del S. Paolo di Milano,
che vanta una lunga esperienza di lavoro nel campo.
113
Nel 1999 il Centro Autismo viene istituito ufficialmente (delibera
n°662 del 5/10/99), secondo un modello organizzativo che
coinvolge tutto il territorio provinciale, con nuclei di I° livello in ogni
Distretto ed un nucleo aziendale di II° livello, con funzioni di
supervisione dei casi, di formazione degli operatori, di sperimentazione e verifica di protocolli e linee guida. Il centro non è stato
costituito attivando un organico aggiuntivo, ma le risorse
necessarie sono state reclutate grazie alla riorganizzazione del
servizio di NPI e dedicando le competenze di più figure professionali al lavoro sull’autismo, fino ad allora riservato a psicologi
psicoterapeuti. Alcune borse di studio ottenute da progetti mirati
hanno inoltre permesso di sviluppare protocolli e stili di lavoro
condivisi.
Negli anni ’99, ’00 e ’01 si è mantenuta l'attività di formazione
sul modello TEACCH, ma si è deciso di conoscere e sperimentare
anche altre tecniche consolidate nell’esperienza internazionale (la
Comunicazione Facilitata, la Terapia di Scambio e di Sviluppo, il
Metodo Delacato), per rispondere in modo individualizzato alle
diverse esigenze nei progetti di intervento abilitativo.
Nel 2000 inoltre è iniziata una collaborazione con il Centro
dell’Università del Colorado (Denver), conosciuto a livello internazionale per un modello consolidato d’intervento precoce. Nel 2001
la Regione Emilia Romagna ha approvato e finanziato all'AUSL di
Reggio Emilia, congiuntamente con l'AUSL di Modena, un
progetto di ricerca sull’età prescolare (aspetti cognitivi e linguistici)
e sull’adolescenza nell’autismo.
I rapporti con l’Università di Denver ci hanno consentito, nel
2002, di realizzare a Reggio Emilia un corso di formazione sul
Modello Denver di diagnosi e trattamento precoce dell’autismo e
DPS. Il corso è stato organizzato congiuntamente dall'AUSL e
dall'Associazione dei genitori Aut-Aut, ed è stato aperto a NPI,
Psicologi, Logopediste, Educatori, provenienti da varie regioni
italiane.
Anche altri servizi aziendali (in particolare Handicap Adulto) e
le Cooperative sociali operanti sul nostro territorio sono stati
coinvolti in percorsi formativi, al fine di condividere il nuovo
114
sapere sull’autismo ed offrire l'opportunità di utilizzare tecniche più
appropriate.
La collaborazione con i Pediatri di Famiglia, sancita anche
dagli accordi integrativi aziendali, ha consentito di dare l'avvio allo
screening dell’autismo all’età di 18 mesi, finalizzato alla diagnosi e
al trattamento precoce, secondo gli impegni previsti nel Piano delle
Azioni 2003 .
Nel corso di questi anni il Centro Autismo, con la collaborazione
del Centro di Documentazione per l'Integrazione, del
Provveditorato e di alcuni Dirigenti Scolastici, ha attivato anche un
intenso e impegnativo programma di formazione rivolto agli
insegnanti e ai genitori del territorio reggiano, premessa indispensabile per rafforzare la collaborazione con la scuola e con le
famiglie
L'incisività e l'autorevolezza della nostra esperienza è
testimoniata anche dai numerosi inviti che i nostri operatori hanno
ricevuto per partecipare come relatori a molte iniziative formative,
organizzate dai servizi sanitari e dalla scuola, in altre realtà
regionali ed extraregionali.
La formazione allargata a varie forze istituzionali e non, ha
permesso di dare concretezza al modello di “Sistema Curante”,
che ora viene progressivamente esteso all’approccio a tutte le
disabilità infantili.
Attualmente il Centro Autismo dell'AUSL di Reggio Emilia
costituisce una realtà consolidata ed un importante punto di
riferimento anche oltre l'ambito aziendale; è costantemente
impegnato nello sviluppo delle competenze professionali e nel
reclutamento delle risorse, con il sostegno dell’Associazione AUT
AUT, per offrire maggiori opportunità di cura ai soggetti autistici ed
alle loro famiglie; un importante risorsa è costituita anche dalle
cooperative sociali, con le quali è stato attivato un percorso di
coprogettazione, finalizzato all'utilizzo ottimale delle risorse in
campo, attraverso l'integrazione di soggetti diversi, a favore della
presa in carico integrata e multidisciplinare dei soggetti autistici e
delle famiglie.
In conclusione, l'esperienza di approccio alla diagnosi e
trattamento dell'autismo e DGS realizzata dall'A-USL di Reggio
115
Emilia si connota per:
- l'attenzione alla evoluzione delle conoscenze ed il sostegno ai
percorsi formativi degli operatori
- l'alleanza con le famiglie e le loro Associazioni
- la partnership con la scuola, con gli altri professionisti della
sanità (in primo luogo i pediatri di famiglia), con le organizzazioni
del terzo settore
- l'impegno per la globalità e la continuità della presa in carico
- l'essere parte di una programmazione complessiva dell'offerta
di servizi volta a dare garanzia di esigibilità al diritto di tutti alla
salute ed alla tutela nelle condizioni di fragilità.
116
“SINDROMI AUTISTICHE E RITARDO MENTALE: QUALI
CORRELAZIONI?”
Autori: P. Visconti, R. Truzzi, M. Peroni, F. Ciceri, G. Gobbi
Ambulatorio Autismo, Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile,
AUSL, Città di Bologna
La prima descrizione clinica della sindrome autistica risale a
Kanner (1943) che con estrema chiarezza mette in luce caratteristiche che a tutt’oggi mantengono la loro attualità: a) una
mancanza estrema di contatto affettivo con le altre persone, b)un
ansioso ed ossessivo desiderio di preservare le stesse situazioni
con attività, pensieri e movimenti estremamente poveri e stereotipati, c) mutismo o una tipologia di linguaggio non utilizzato a fini
comunicativi, d) un buon potenziale cognitivo espresso dalla
presenza di isole di abilità quali per es. un’eccellente memoria
meccanica, capacità di lettura o di ricordare- riconoscere sinfonie
complesse. Inoltre il “bell’aspetto” di questi bambini rende difficile
ipotizzare un danno cognitivo od organico in senso più lato. A
lungo pertanto, ed almeno fino alla revisione di Lotter (1966), il
ritardo mentale viene escluso da questo disturbo e al contrario
vengono sottolineate le eccezionali capacità di alcuni di questi
bambini, abilità che rimandano ad ipotesi di strutture cerebrali
integre anche se forse non “integrate” con altre componenti
necessarie per un normale adattamento alla vita quotidiana.
Kanner, da eccellente clinico quale era, si basa infatti sull’osservazione di questi undici soggetti, ma non può servirsi di strumenti
di approfondimento neuropsicologico né di indagini mediche, per il
loro scarso sviluppo all’epoca.
Il suo lavoro permette tuttavia di scorporare i bambini con
Autismo dal vasto e multiforme gruppo dei ritardati mentali, riconoscendo loro una dignità nosografica autonoma e caratteristiche
specifiche che a tutt’oggi sono oggetto di indagine.
Vari anni dopo il concetto di triade (Wing e Gould ,1979) mette
in luce la presenza di vari gradi di ritardo da grave-profondo a
minimo che si associano in maniera pressochè costante alle
sindromi autistiche creando un continuum di quadri clinici che
porta alla nuova definizione di “Spettro dei Disturbi Autistici”. Anche
in questo caso la differenza è, nell’ambito di una popolazione
117
studiata, rispetto ai ritardati mentali che non presentano i segni
tipici della triade: a) anomalie nell’ambito dell’interazione sociale,
b)anomalie nell’ambito della comunicazione, sia verbale che non
verbale, ed intesa soprattutto come intenzionalità comunicativa, c)
immaginazione povera e sterotipata.
Il criterio della Triade risulta in quegli anni particolarmente utile
sul versante operativo, in quanto la diagnosi “Autismo” permette
l’accesso a servizi specializzati sul versante riabilitativo e
assistenziale. Un anno dopo (1980) l’Associazione Americana di
Psichiatria include a pieno titolo l’Autismo Infantile fra le categorie
diagnostiche cliniche, dandogli una dignità propria rispetto alla
patologia adulta e inserendolo in uno schema multiassiale che,
visti gli studi sopra, tiene conto dei problemi medici associati e del
funzionamento adattivo e quindi del grado di ritardo mentale
associato. Nelle successive caratterizzazioni nosografiche avverrà
poi anche un cambiamento concettuale determinante, con il
passaggio dall’inclusione dell’Autismo nell’ambito delle Psicosi a
quello nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo che sottolinea l’esordio
fin dalle prime epoche di vita e l’intreccio patologico con lo sviluppo
normale al punto da pervadere tutto il funzionamento dell’individuo
(DSM III-R, 1987)
Dal concetto di Spettro dei Disturbi Autistici sorge naturale la
distinzione fra Autistici a “basso” ed “alto” funzionamento (Q.I cutoff 70) che oltre a rivestire interesse a fini riabilitativi, concentra
l’attenzione degli studiosi sulla specificità dell’approccio cognitivo
dei bambini autistici, che possono risultare con un basso Q.I ma
non per questo assimilabili a dei semplici ritardati mentali.
A partire dagli anni ’70 si sviluppano diverse ricerche che
evidenziano disfunzioni cognitive peculiari dei soggetti autistici e,
oltre a diversificare il problema cognitivo rispetto al semplice ritardo
mentale, ribaltano il vecchio concetto di una mancanza di
motivazione, ponendo invece l’accento sulla incapacità e sulle
difficoltà incontrate dal b. autistico ad eseguire un compito o a
mostrare una determinata abilità poiché manca di certi prerequisiti
di base (Hermelin e O’Connor, 1970).
Le teorie neuropsicologiche degli anni successivi, seguendo
questo filone, cercano ugualmente di rendere ragione dei deficit
pragmatici, di comunicazione e sociali caratteristici dei bambini
118
autistici mettendo in causa specifiche carenze cognitive congenitamente determinate. Questo tipo di pensiero afferma inoltre il
concetto che vede nella cognizione (dal termine inglese
“cognition”) una facoltà mentale che permette all’individuo di
adattarsi al proprio ambiente e di organizzarlo secondo i propri
bisogni sulle base delle conoscenze che ha introiettato ( tramite
“l’apparato cognitivo”: percezione, attenzione, memoria, etc.). E
l’ambito sociale ed affettivo non possono essere disgiunti da
questo processo, ma entrano a farne parte con un’integrazione
continua.
La mancanza di una Teoria della mente ( Baron-Cohen et al,
1985), il Deficit di Coerenza Centrale (Frith, Happè, 1994) ed il
Deficit nelle Funzioni Esecutive (Ozonoff, 1995) rappresentano le
teorie più accreditate per il maggior numero di studi sperimentali e
verosimilmente nessuna di queste risulta predominante sulle altre
ma possono concorrere ai deficit peculiari del Disturbo Autistico.
Senza entrare nel dettaglio nel caso del “Deficit della Teoria
della Mente” sarebbe predominante un’incapacità ad attribuire a sé
e ad altri stati mentali, con conseguente difficoltà a distinguere stati
mentali (desideri, credenze, immaginazione) altrui, mentre sarebbe
conservata la percezione fisica del mondo esterno. I bambini
Autistici possono essere pertanto considerati dei veri e propri “
Ciechi Sociali”.
Nel caso del “Deficit di Coerenza Centrale” sarebbe carente la
capacità di integrare informazioni differenti a differenti livelli, e non
verrebbe data priorità alla comprensione del significato. Da qui
discendono le difficoltà a livello di generalizzazione, di percezione
e di attenzione, mentre viene incentivata la loro capacità a cogliere
i dettagli, con il risultato di “percepire preferenzialmente un mondo
frammentato”.
Le Funzioni Esecutive controllate primariamente dal lobo
frontale riguardano comportamenti quali: pianificazione degli
obiettivi, il controllo degli impulsi, l’inibizione di risposte
predominanti ma inappropriate, l’organizzazione nella ricerca e la
flessibilità di pensiero e di azione. Il comportamento dei bambini
autistici rigido ed inflessibile, la loro perseverazione su un compito,
i loro interessi stereotipati e la loro difficoltà a pianificare un’azione
rappresentano l’espressione di questo deficit.
119
Il dato interessante di queste ricerche risiede anche nella
possibilità di indirizzare gli studi di Neuroimmagini funzionali con
l’intento di localizzare una zona o un insieme di aree cerebrali
funzionalmente correlate, potenzialmente in causa sul versante
organico. Considerato infatti che molte capacità degli autistici
rimangono intatte e alla RM Cerebrale strutturale non si osservano
nella maggior parte dei casi lesioni grossolane si può ipotizzare
che la causa dell’Autismo sia una disconnessione di rete(
funzionale) piuttosto che una semplice lesione anatomica ( Riva,
2000).
Ricollegandoci alle teorie sopramenzionate alcuni studi di
Diagnostica per immagini e autoptici hanno identificato prevalentemente 4 Aree cerebrali più verosimilmente implicate nei vari
deficit Funzionali (vedi tabella):
Anche se tali studi non possono considerarsi esaustivi ma al
contrario abbisognano di essere replicati e di conferme, gettano
una prospettiva interessante sulle origini del Disturbo e al tempo
stesso permettono confronti e delucidazioni sullo sviluppo normale.
L’insieme di queste alterazioni funzionali concorre comunque
all’individuazione di un profilo neuropsicologico con picchi in
alcune abilità (visuo spaziali) rispetto alle minori capacità attinenti
la sfera verbale.
La peculiarità di questo funzionamento viene confermata dal
120
riscontro di queste discrepanza anche e soprattutto negli Autistici
di buon livello cognitivo. Globalmente si può parlare di difetti di
elaborazione sequenziale rispetto ad una buona conservazione dei
processi di informazione simultanea non analitica (conseguenze
dei deficit delle Funzioni Esecutive e del deficit di Coerenza
Centrale?) (Lincoln et al., 1988). I bambini autistici presentano
infatti limitate abilità nell’elaborazione di informazioni ordinate
temporalmente e presentate in successione mentre risultano abili
nell’elaborazione di informazioni di natura spaziale presentate
simultaneamente (Tanguay, 1984). Un confronto interessante è
quello con i bambini disfasici, dove, anche se in misura più limitata,
si riscontra lo stesso tipo di deficit, riferito in particolare alla
elaborazione uditiva e alla memoria uditiva ( Allen et al. 1991),
mentre tale dato non risulta in maniera altrettanto evidente nei
soggetti con ritardo mentale isolato.
Esperienza presso L’Ambulatorio Autismo, Unità Operativa NPI,
Ospedale Maggiore, Bologna
All’interno di questa Struttura effettuiamo un protocollo di
indagini diagnostiche che comprende una parte più specificatamente medica (laboratoristica e strumentale) ( Linee-Guida
Regione Emilia-Romagna, 2003) ed una parte di testistica
neuropsicologica e comportamentale con risvolti sul versante
riabilitativo e progettuale in senso lato .
Assessment Clinico e Neuropsicologico
Per quanto riguarda il protocollo di valutazione clinica, la prima
parte dell’osservazione mira all’inquadramento diagnostico
mediante gli strumenti quali il DSM IV, l’ICD-10, la CARS (Childood
Autism Rating Scale) di Schopler et al.,1988 e BSE (Behavioral
Summarised Evalution) di Barthelemy et al., 1990. A seconda
dell’età del bambino e sulla base dell’osservazione clinica si
procede con una valutazione strutturata e mulitidmensionale:
- del linguaggio e della comunicazione,
- del livello di sviluppo cognitivo
- dello sviluppo funzionale
- dello sviluppo dell’integrazione visuo-motoria
- dei deficit delle funzioni esecutive
121
- della metacognizione e sulla Teoria della mente
- del Gioco
- dell’Adattamento Sociale
L’indagine clinica porta a stilare un profilo multidimensionale
che permette di proporre una serie di suggerimenti psicoeducativi.
Risultati Preliminari
Sulla base dei dati raccolti proponiamo un analisi preliminare di
alcuni aspetti cognitivi.
Nell’ambito dei pz. giunti all’osservazione presso questo
Ambulatorio è stato selezionato un gruppo di 12 pz. diagnosticato
come affetti da DPS (età media 11aa, range 8-14aa) sui quali si è
riuscita ad effettuare una scala WISC-R. Per quanto riguarda
eventuali differenze significative fra QI verbale e QI di performance
non abbiamo rilevato in tutti i pz. una disomogeneità, abbiamo
invece riscontrato profili intellettivi peculiari con differenze significative, sul piano descrittivo, nei singoli subtest.
Osservando l’andamento medio si evidenziano pertanto picchi
positivi nei test di performance del Disegno con i Cubi e
Ricostruzione di Oggetti e picchi negativi nei subtest verbali di
Aritmetica, Comprensione e nel test di performance il Cifrario.
I picchi di forza possono essere attribuiti alla capacità di questi
pazienti ad organizzare percettivamente la loro produzione a
partire da un trattamento dei dettagli piuttosto che del disegno
completo (Deficit di Coerenza Centrale). D’altra parte, le debolezze
sono evidenti in compiti, come il Cifrario e l’Aritmetica in cui si
necessita l’integrità della capacità di astrazione, della memoria di
lavoro (funzioni esecutive), delle abilità motorie e dell’integrazione
visuo- percettiva. Il picco negativo nel subtest di Comprensione
rimanda verosimilmente ad una difficoltà di comprensione di regole
sociali insita in questi disturbi.
Questi primi risultati appaiono in buon accordo con la letteratura
poichè studi recenti dimostrano che i Disegni con i Blocchi
costituiscono un punto forte tanto negli Autistici che negli Asperger
e che i test in cui questi soggetti incontrano maggiori difficoltà sono
l’aritmetica e i codici (Ehlers, 1997; Marjiviona e Prior, 1999).
122
Il Wisconsin Card Sorting Test (WCST) ha rappresentato un
altro test somministrato nei nostri pz. con buon livello di funzionamento, dato che una delle più importanti teorie cognitive
dell’autismo spiega molte delle difficoltà che incontrano i soggetti
affetti da Disturbo Generalizzato dello Sviluppo come
conseguenza del deficit sopramenzionato delle “funzioni
esecutive”. E questo test appare classicamente utilizzato per
studiare queste funzioni.
Vari studi in letteratura dimostrano l’utilizzo di questo test con
soggetti affetti da autismo (Rumsey, 1985; Ozonoff, Pennington e
Rogers, 1991; Bennetto, Pennington, Rogers, 1996; Ozonoff e
Jensen, 1999) e tutti confermano l’ipotesi di un deficit specifico
nelle funzioni esecutive, riportando risultati al di sotto della norma
nei soggetti autistici.
Per il momento abbiamo somministrato il test ad un campione
di 14 soggetti affetti da Disturbo Generalizzato dello Sviluppo. I
dati non sono stati ancora analizzati da un punto di vista statistico
e quindi in questa sede riportiamo solamente un caso esemplificativo:
A. ha 14 anni, un QI di 83 ottenuto con le SPM test di Raven
(Standard Progressive Matrices), mostra chiare anomalie
qualitative dell’intersoggettività, della comunicazione e comportamenti stereotipati ed ossessivi. A. presenta abilità speciali nel
calcolo dei calendari e nella musica. A. ha mostrato difficoltà nel
completare il test. Su 128 prove somministrate ha risposto correttamente 46 volte, con una percentuale di errore del 64%. In
particolare sono state date nel 75% dei casi delle risposte perseverative. Questi dati, confrontati con le tabelle normative ci indicano
che A. si situa nel primo percentile, quindi altamente sotto la media
dei soggetti della stessa età cronologica. È infatti riuscito a portare
a termine solo due categorie e a dare delle “risposte di livello
concettuale” in bassa percentuale (17%). D’altra parte, una volta
che A. ha compreso la regola sottostante, non mostra difficoltà nel
mantenere lo stesso e giusto set di risposte, piuttosto il grosso
problema che si evidenzia con questo test è la tendenza a
perseverare.
Risultati delle indagini mediche
Su due gruppi di 140 pazienti (108 M.-32 F.) affetti il primo da
123
Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS) (età media 7 anni, range 120 anni) e il secondo da Ritardo mentale (RM) semplice (età media
8 anni, range 3-18 anni) è stato effettuato un protocollo di indagini
mediche ( 2000-metà 2002) che ha permesso di verificare la quota
di patologie organiche associate e la presenza di anomalie EEG
e/o alla Risonanza magnetica cerebrale con l’intento di confrontare
le differenze fra i due gruppi.
Condizioni neurologiche definite , quali:
- anomalie genetiche,
- encefalopatie epilettiche,
- Landau-Kleffner variant,
- Epilessie (parziali benigne e generalizzate)
sono state ritrovate in 11 /104 pz affetti da DPS (10,6%) e in
8/28 pz. affetti da RM (28,6%). In entrambi i gruppi la quota di
ritardo è medio o grave.
Anomalie EEG senza Epilessia
Si ritrovano nel 10,8% dei pz con DPS (tutti i tipi di ritardo,
anche se ritardo medio prevalente) e nel 20% dei pz. con RM
semplice (ritardo medio e grave).
Anomalie alla Risonanza Magnetica cerebrale, quali:
- sofferenza lieve della sost. bianca periventricolare
- leucomalacia periventricolare
- asimmetria e dilatazione ventricolare
- cisti aracnoidea posteriore
- ipoplasia dell’ippocampo
- displasia corticale
- Arnold-Chiari tipo1
- ritardo di mielinizzazione peritrigonale
- Ipoplasia del verme cerebellare
Si ritrovano in 19/104 pz con DPS (25,3%) e 13/104 pz. (59%)
con RM semplice.
Globalmente pertanto i fattori neurobiologici associati
comprendono:
- Condizioni neurologiche definite;
- Anomalie all’EEG
- Anomalie alla Risonanza Magnetica cerebrale
e la loro percentuale risulta così ripartita:
124
DPS:
RM:
34/104
17/28
32,7%
60,7%
Tabella:
fattori neurobiologici in relazione alle sottocategorie dei DPS
Diagnosi
logici
Presenza di fattori neurobioassociati
Autismo Atipico
Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia
DPS-NOS
Disturbo Multisistemico dello Sviluppo
Disturbo Autistico
D. A. Alto Funzionamento e Asperger
80%
60%
30%
36%
29%
0%
In conclusione
Nel nostro campione di DPS abbiamo ritrovato una percentuale
del 10,6% di patologie neurologiche definite associate che
possono avere un ruolo sul versante etiologico (Encefalopatie
Epilettiche, Sindromi genetiche) e tale percentuale aumenta sino al
32,7% se si considerano anche le anomalie qualitative come le
anomalie all’EEG (10,8%) o alla Risonanza magnetica (25,3%).
Ciò risulta in buon accordo con i dati della letteratura che riportano
un 5-30% di pz. con patologia organica e fra questi un 11% di
condizioni mediche con un ruolo ezilogico ( Dykens e VolKmar,
1997)
Nell’ambito degli altri esami effettuati alla ricerca di disturbi
dismetabolici o X fragile o Facomatosi non abbiamo ritrovato
nessuna positività.
Nell’ambito del RM senza anomalie qualitative abbiamo
ritrovato una percentuale del 28,6% che può aumentare fino al
60,7% se si considerano anche le alterazioni all’EEG o alla
Risonanza magnetica (59%).
Il confronto fra le due categorie diagnostiche mette in evidenza
che fattori neurobiologici si ritrovano pressocchè costantemente in
soggetti con ritardo mentale medio e grave, indipendentemente dal
125
tipo di diagnosi dato anch’esso ritrovabile in letteratura (Rutter et al
1994). Se si considerano infatti le sottocategorie di DPS si ritrova
la maggior parte dei fattori neurobiologici associati all’Autismo
atipico e al Disturbo Disintegrativo dell’infanzia. Al contrario nella
sindrome di Asperger e nell’Autismo ad Alto Funzionamento non si
riscontrano segni di fattori organici associati. In questi casi come è
ben descritto anche in recenti articoli sono più verosimilmente in
causa alterazioni funzionali visibili tramite PET o RM funzionale.
Per es. di particolare interesse appaiono le alterazioni a livello del
giro fusiforme (riconoscimento dei visi) o della corteccia frontale
mediale sinistra (deficit della Teoria della Mente) (Schultz, 2000 e
Fletcher, 1995) che tentano correlazioni con abilità neuropsicologiche specifiche.
E verosimilmente questa è la linea di ricerca da proseguire
come sta a dimostrare l’ampia mole di ricerche che si sono ormai
focalizzate sui soggetti autistici ad alto livello di funzionamento ed
Asperger, nei quali l’assenza o il lieve ritardo mentale, meglio
indirizza e chiarisce gli aspetti cognitivi e sociali peculiari di questo
disturbo.
126
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128
ESPERIENZA
DI
UN
TRATTAMENTO
NELL’AUTISMO INFANTILE
P. Vertucci *, G. Scuccimarra **:
INTEGRATO
Centro medico-riabilitativo “Antoniano” – Ercolano, Napoli
* Docente di Neuropsichiatria Infantile – Direttore scientifico del Centro
** Specialista in Neuropsichiatria Infantile – Direttore sanitario
Prima di descrivere le modalità con le quali viene affrontata la
presa in carico dei bambini autistici da parte del Centro medicoriabilitativo “Antoniano” di Ercolano (NA), appare opportuno
illustrare brevemente i presupposti teorici ai quali si fa riferimento
nell’attuazione del programma educativo-abilitativo.
Gli studi condotti nell’area della patologia dello spettro autistico,
ispirati dai contributi delle ricerche nell’ambito delle neuroscienze
degli ultimi decenni, hanno fornito una serie consistente di dati,
che, pur se non hanno portato alla precisa individuazione del
nucleo patogenetico originario del disturbo, hanno tuttavia
consentito l’acquisizione di conoscenze più approfondite sulle
principali caratteristiche neuro-psicopatologiche della sintomatologia clinica e sui sottostanti meccanismi neurobiologici.
Sulla base di tali conoscenze è stato, infatti, possibile ridefinire
gli aspetti etiopatogenetici della patologia autistica, dimostrando:
1 – la natura neurobiologica del disturbo, consistente in
anomalie anatomiche o biochimiche a carico del Sistema Nervoso
Centrale e più specificamente delle aree frontali, medio-temporali e
del cervelletto;
2 – la natura disfunzionale o neuropsicopatologica dei disturbi
socio-comunicativi tipici della patologia autistica, riferibile ad una
inadeguatezza dei sistemi frontali e medio-temporali, ivi compresi
l’amigdala e l’ippocampo.
Tra i modelli neurofisiologici, che si rifanno alle nuove
concezioni patogenetiche dell’autismo, il più comprensivo è quello
elaborato da Waterhouse e Coll. ( Fig.1). Tali AA. ipotizzano
l’esistenza di quattro disfunzioni chiave relative a diversi sistemi
neuronali sovrapposti, in virtù delle quali si possono agevolmente
spiegare i principali comportamenti presenti nell’autismo; la prima
disfunzione riguarda la “canalestesia” o frammentazione della
processazione dell’informazione intermodale e delle memorie,
129
dovuta ad un eccessivo addensamento cellulare nel sistema
ippocampale; la seconda si riferisce ad un inadeguato
investimento affettivo, che funziona da rinforzo del significato dello
stimolo, dipendente da anomalie dell’amigdala; la terza è rappresentata dall’asocialità ed è dovuta ad un anomalo funzionamento
dei sistemi dei neuropeptidi (ossitocina, vasopressina e oppiodi
endogeni) con un correlato anomalo coinvolgimento dei sistemi
della serotonina; la quarta riguarda l’attenzione selettiva che
comporta sia l’eccessiva focalizzazione della stessa su uno stimolo
sia il suo ritardato spostamento, localizzata nelle aree associative
parieto-frontali. Come risulta dallo schema le anomalie del
cervelletto e del tronco cerebrale vengono considerate fattori
associati ma non causali, mentre la disfunzione del lobo frontale è
ritenuta conseguente agli anomali impulsi che provengono dall’amigdala, dall’ippocampo e dalla corteccia temporo-parietale.
Il modello di Waterhouse e Coll. è certamente di tipo
speculativo, ma ha l’indubbio vantaggio di collegare a specifiche
disfunzioni in vari sistemi neurologici molte alterazioni presenti
nell’autismo in modo più convincente di altre teorie.
Fig.
1
-
Diagramma del
modello disfunzionale proposto da Waterhouse e Coll.
Inoltre, nel loro complesso, le nuove conoscenze hanno
130
permesso non solo di chiarire molti aspetti patogenetici dei
peculiari disturbi del funzionamento autistico, quali l’incapacità di
stabilire adeguate relazione con l’altro, di comunicare in modo
appropriato con i gesti ed il linguaggio, di integrare in maniera
costruttiva i processi senso-percettivi e di regolare il comportamento secondo modalità flessibili e funzionali, ma anche di:
- individuare ed analizzare i segni precoci del disturbo, la cui
evidenziazione consente la formulazione della diagnosi già nelle
prime fasi dello sviluppo;
- elaborare le basi razionali per l’organizzazione di programmi di
trattamento sempre più organici ed aderenti alle realtà cliniche
individuali;
- promuovere un importante dibattito sul nucleo originario della
patologia autistica, e cioè se il deficit socio-comunicativo, che
rappresenta il principale disturbo, parta originariamente da una
disfunzione di tipo cognitivo, legata ad anomalie delle aree frontali,
o da una disfunzione emotiva, collegata alle aree medio-temporali,
comprendenti sistema libico e amigdala.
Rispetto a quest’ultimo punto, che ha un’importanza
fondamentale per la programmazione degli interventi, sono stati
elaborati tre principali modelli interpretativi:
- il modello della teoria della mente, che ipotizza l’esistenza di
un sistema funzionale nelle aree frontali devoluto a facilitare la
cognizione sociale, necessaria per avere consapevolezza dello
stato psicologico degli altri così come del proprio pensiero.
Secondo tale modello il disturbo socio-comunicativo, caratteristico
dell’autismo, sarebbe dovuto ad una inadeguatezza nella funzione
di facilitazione svolta da tale sistema sui processi di cognizione
sociale;
- il modello delle funzioni esecutive, secondo cui il disturbo
socio-comunicativo non derivi dal sistema devoluto alla cognizione
sociale, come viene ritenuto dalla teoria della mente, bensì da una
inadeguatezza dei processi frontali che hanno il compito di
selezionare le azioni più appropriate all’obiettivo tra una gamma di
azioni potenziali, più o meno idonee;
- il modello dell’orientamento sociale, che sviluppa l’ipotesi
secondo la quale le manifestazioni precoci del disturbo sociocomunicativo siano da mettere in relazione non ad una
131
inadeguatezza dei meccanismi cognitivi, ma ad una disfunzione
dei sistemi di motivazione neuro-affettiva mediati dal lobo
temporale, il cui funzionamento nell’ontogenesi dello sviluppo
umano precede quello della processazione dell’informazione di
natura cognitiva.
Ciascun dei tre modelli, come si può rilevare, fornisce una
valida, anche se diversa, prospettiva interpretativa della natura
dell’autismo e più in generale dell’acquisizione dell’abilità sociocomunicativa, mentre tutti e tre considerati in una visione
complessiva, con le loro somiglianze e le loro differenze, inducono
a ritenere che i processi neurologici collegati al disturbo possono
sostanzialmente servire da supporto a funzioni differenti nei diversi
stadi dello sviluppo autistico.
Dal momento che non è stato chiarito con precisione il
meccanismo iniziale, che innesca il processo autistico, il
trattamento dei soggetti con tale patologia non può che basarsi su
ciò che è chiaramente osservabile, vale a dire sulle limitazioni
riscontrabili in aree critiche del funzionamento neuropsichico, quali
quelle dell’interazione, del linguaggio, della pianificazione e del
sequenziamento motorio, nonché della modulazione del comportamento.
I vari programmi di intervento sono, pertanto, strutturati in modo
da sviluppare una serie di strategie finalizzate a “massimalizzare”
le principali abilità di base, rappresentate dalle capacità di:
- attenzione congiunta o condivisa, che consiste nella reciproca
capacità di prestare interesse agli stimoli ed alle sensazioni del
mondo e comprende l’attenzione alle esperienze affettive multisensoriali e l’attitudine a regolare il comportamento nei confronti delle
esperienze e provarne piacere;
- contatto, che è la capacità di mettersi in relazione con gli altri,
di evidenziare preferenze affettive, di prendere piacere nello stare
con le persone;
- reciprocità affettiva con comunicazione non verbale, che è la
capacità di stabilire reciproche comunicazioni attraverso lo
sguardo, la mimica ed i gesti, e di sviluppare processi di imitazione
e risposte comunicative presimboliche;
- comunicazione complessa presimbolica aperta al sociale, che
132
è la capacità di organizzare condotte motorie e/o modalità comunicative in una sequenza finalizzata alla soluzione di un problema;
- utilizzazione simbolica e creativa delle idee, che consiste
nell’abilità a sviluppare rappresentazioni mentali (simbolizzazione)
ed esperienze affettive attraverso il gioco simbolico e il linguaggio
ed è espressione della capacità di elaborare processi elevati di
sequenziamento uditivo e verbale;
- associazione logica delle idee, che rappresenta la capacità di
sviluppare pensieri e di mantenerli aderenti alla realtà (categorie
rappresentazionali).
L’acquisizione e l’utilizzazione di tali abilità sono, infatti,
fondamentali per la costruzione delle precoci interazioni emotive
che, a loro volta, costituiscono la base dello sviluppo cognitivo, del
sentimento di sé, e più in generale dell’apprendimento delle abilità
strumentali e sociali.
Tutti i principali programmi di intervento proposti per il
trattamento della patologia autistica, nonostante facciano
riferimento a modelli teorici differenti e facciano ricorso a
metodologie applicative diverse, presentano numerosi aspetti
comuni relativamente a:
- i contenuti del curricolo, che pongono l’enfasi sullo sviluppo di
abilità di base quali le capacità di a) prestare attenzione all’ambiente ed in particolare allo stimolo sociale, b) imitare gli altri, c)
comprendere ed utilizzare il linguaggio, d) fare giochi appropriati
con i giocattoli, e) avere interazioni sociali con gli altri;
- il contesto di insegnamento altamente strutturato, nel quale
favorire l’acquisizione delle varie abilità nella prospettiva di attuare
poi strategie di generalizzazione delle stesse nell’ambiente
naturale del bambino;
- la prevedibilità delle routines quotidiane,che ha l’effetto di
evitare le crisi di ansia nei confronti del cambiamento;
- l’approccio funzionale ai problemi comportamentali, che
prevede a) registrazioni video delle situazioni in cui si manifestano,
b) l’analisi della funzione che essi hanno nell’economia del
soggetto, c) l’individuazione delle modificazioni ambientali
necessarie, d) l’insegnamento di comportamenti sostitutivi più
appropriati;
- la programmazione dell’inserimento scolastico,che serve a
133
garantire la coerenza dell’intervento psico-educativo;
- il coinvolgimento della famiglia, che rappresenta una
componente fondamentale del programma educativo-abilitativo.
In accordo con tale impostazione, qualsiasi programma di
trattamento, che si rispetti, deve, in relazione alla complessità delle
peculiari manifestazioni dell’autismo ed alla loro modificazione nel
corso dello sviluppo, nonché alle rilevanti implicazioni, che esse
comportano nell’ambiente di vita di tali soggetti, prevedere che la
presa in carico sia, non solo precoce, ma anche:
- comprensiva, nel senso che essa deve “prendersi cura” sia del
soggetto che del suo ambiente significativo di vita;
- estensiva, vale a dire che deve essere programmata in una
prospettiva longitudinale per tutto l’arco della vita;
- flessibile, nel senso che deve essere adattata continuamente
alle caratteristiche individuali del soggetto ed al suo livello
funzionale.
In accordo con i presupposti teorici prima esposti, le modalità di
realizzazione della presa in carico da parte del Centro medicoabilitativo “Antoniano”, prevedono interventi organici e sequenziali
attuati secondo una prospettiva evolutiva, che tiene conto dei
processi tipici dell’organizzazione dello sviluppo neuropsichico e
delle caratteristiche del contesto socio-ambientale. I vari interventi
vengono, pertanto, programmati e sviluppati in tre principali
momenti educativo-abilitativi, abbastanza definiti sulla base dei
livelli funzionali e dei bisogni del soggetto e sulla base della
tipologia degli obiettivi: il periodo prescolare, il periodo scolare, il
periodo adolescenziale.
La presa in carico avviene o su segnalazione delle strutture
sanitarie del territorio, che effettuano la diagnosi e prescrivono il
trattamento, o direttamente su proposta dell’équipe del Centro che
ha esaminato il soggetto su richiesta della famiglia o della scuola
presso l’ambulatorio diagnostico funzionante nella struttura. L’età
della presa in carico si è sempre più abbassata negli ultimi anni sia
in relazione all’affinamento delle competenze diagnostiche delle
strutture specialistiche sia in relazione alla maggiore consapevolezza ed attenzione con le quali genitori ed insegnanti si
134
pongono nei confronti di eventuali problemi comportamentali del
bambino.
Al momento dell’ammissione vengono effettuate approfondite
indagini relative sia del soggetto con esami di ordine neuropsichiatrico, osservazioni psicologiche, amministrazione di reattivi
mentali, valutazioni comportamentali, sia dell’ambiente di
riferimento (famiglia, scuola, contesto sociale). In base ai dati
rilevati, viene, poi, formulato in équipe un piano di trattamento
individualizzato, che comprende: a) la precisazione degli obiettivi,
b) la descrizione delle strategie operative, c) l’indicazione degli
strumenti di misurazione dei risultati, d) l’individuazione dei tecnici
coinvolti, e) la programmazione della successiva verifica.
Dopo tali operazioni viene, quindi, avviato il programma di
trattamento che prevede l’effettuazione di interventi finalizzati a
favorire lo sviluppo delle abilità di base attraverso un approccio
evolutivo che, con una visione globale del soggetto e del suo
ambiente di vita, enfatizza la interazione, considerata il collante di
connessione con il mondo circostante ed il principale fattore in
grado di mediare l’acquisizione delle competenze cognitive e del
sentimento di sé e più in generale l’apprendimento strumentale e
sociale.
Nel periodo prescolare, che corrisponde all’intervento precoce,
il trattamento ha tre fondamentali obiettivi, che costituiscono la
premessa di tutti gli interventi successivi:
1
– stabilire gradualmente un rapporto significativo col
bambino;
2 – favorire lo sviluppo delle fondamentali abilità di base, quali
la condivisione dell’attenzione, il contatto affettivo, la comunicazione gestuale e verbale, l’interazione finalizzata alla soluzione
di problemi, l’utilizzazione intenzionale e significativa degli oggetti e
delle idee, la costruzione di connessioni logiche tra le idee;
3 – contenere i disturbi comportamentali, quali le crisi di
agitazione, la tendenza a non collaborare, l’aggressività, che
possono interferire in modo massivo sui processi di interazione.
Durante tale periodo, la presa in carico prevede interventi rivolti
sia al bambino, che viene seguito presso il Centro in sedute della
durata di 60 minuti per 3 – 4 volte la settimana, sia alla famiglia ed
135
alla scuola, che devono gestire il processo evolutivo all’interno
delle fondamentali esperienze familiari e scolastiche.
Nei confronti dei bambini vengono proposte prevalentemente
attività piacevoli di tipo psicomotorio, che hanno le caratteristiche
di privilegiare con la mediazione del corpo e del suo funzionamento senso-motorio (sensazioni, tono muscolare, attività
motoria) le forme più arcaiche di interazione tra individuo ed
ambiente al fine di far vivere, attraverso il piacere della
condivisione, esperienze strutturanti in contesti nei quali il terapista
si colloca nei confronti del bambino con un’attitudine gratificante
ed al tempo stesso “regolatrice. L’intervento prevede la
suddivisione della seduta in due fasi, che comprendono contesti
spaziali e proposte ben caratterizzati, anche se tra loro
strettamente interconnessi.
La prima fase ha lo scopo di favorire la spontanea espressione
dell’attività motoria del bambino per trasformarla poi in azione e
quindi in interazione, attraverso l’intensa attivazione emotiva della
reciprocità corporea; la seconda serve a favorire l’interiorizzazione
delle esperienze ed il controllo del comportamento e delle azioni.
Nella prima fase, dal momento che per il bambino autistico l’uso
del movimento e della sensorialità non è aperto all’esplorazione,
all’adattamento ed alla comunicazione con l’ambiente, si cerca di
determinare un’intensa attivazione senso-motoria centrata sul
corpo e sul movimento attraverso la contestualizzazione dell’attività durante la quale i segnali che il bambino invia vengono
decifrati, evidenziati e, talvolta, amplificati allo scopo di trasformarli
in azioni significative. Questa fase che si colloca nella dimensione
del giocare e del rigiocare conduce verso l’intimità con l’altro e
costituisce l’essenza stessa della condivisione. A tale fase è
collegata, contrariamente a quanto comunemente si ritiene, la
ricerca da parte del bambino autistico, di contatti forti, che
inducono sensazioni di benessere, fanno sentire la presenza
dell’altro e rendono il bambino più ricettivo a giochi di interazione
visiva.
Il passaggio alla seconda fase delle sedute, che è quella del
distanziamento, è molto delicato in quanto richiede l’utilizzazione di
un altro spazio e l’obbligo da parte del bambino di mantenere la
posizione seduta. Tale dispositivo spazio-temporale e la modifi136
cazione delle posture consentono via via l’adattamento alla nuova
situazione nella quale le acquisizioni da raggiungere saranno in
primo luogo la capacità di controllare e modificare il comportamento e poi quelle di usare il materiale in modo sempre più
adeguato per costruire, assemblare e pianificare.
Le attività psicomotorie, spontanee o guidate, in ogni caso,
sono associate anche a modalità comunicative gestuali e verbali
ed a proposte di soluzione di problemi, nella prospettiva di
favorirne l’acquisizione e la loro utilizzazione in modo sempre più
autonomo.
Nel loro complesso tali attività mirano a
- promuovere un’attenzione viva e concentrata;
- migliorare la padronanza delle competenze senso-motorie
evolutive;
- attivare intenzionalità, motivazione, curiosità e condotte
esplorative;
- facilitare l’iniziativa e lo sviluppo delle capacità di soluzione dei
problemi;
- ampliare il repertorio dell’interazione;
- stimolare i processi di attaccamento affettivo;
- migliorare la flessibilità e la gamma delle capacità interattive.
Nei confronti dell’ambiente familiare e scolastico vengono
attuati programmi di intervento che prevedono un supporto
sistematico di tipo informativo e formativo, necessario per far
fronte alla complessa problematica educativa del bambino
autistico e creare il clima di collaborazione necessario per
l’attuazione del trattamento.
In particolare, lo scopo del lavoro con i genitori è finalizzato a:
- sviluppare una migliore conoscenza dei segnali e delle
intenzioni del bambino;
- promuovere atteggiamenti di maggiore sensibilità ed
attenzione al bambino per poter assumere nei suoi confronti un
ruolo stimolante nell’interazione;
- sviluppare il senso di competenza genitoriale e la capacità di
proporsi come “facilitatore”, piuttosto che come “artefice” delle
attività del bambino;
- far acquisire sentimenti di soddisfazione dei propri intimi
bisogni di controllo e provare piacere a stare con il bambino;
137
- modificare le immagini interne di sé e del figlio in quelle di
genitore e bambino competenti.
Nel periodo successivo, comprendente l’età di frequenza della
scuola dell’obbligo, in relazione all’evoluzione del quadro clinico e
dei bisogni del bambino, il trattamento viene attuato per tempi più
prolungati (2-3 ore al giorno per 3 volte a settimana) al fine di
offrire, in contesti adeguatamente strutturati, sistematiche e variate
opportunità, finalizzate a:
- favorire l’acquisizione di comportamenti sociali, attivando
processi di imitazione e di apprendimento osservativo, con
proposte di giochi sociali e di attività di gruppo, che consentono
l’espressione degli stati emotivi e l’esplicazione di comportamenti
organizzati e finalizzati (terapia occupazionale, attività ricreative);
- implementare le competenze comunicative attraverso
l’espansione del linguaggio verbale di comprensione e di
espressione o attraverso la promozione di altre forme di linguaggio
(Terapia logopedica, Comunicazione aumentativa alternativa).
Parallelamente viene continuato l’intervento sull’ambiente per:
- la prosecuzione del training educativo familiare, l’attuazione di
consultazioni relative ai vari problemi emotivi emergenti e/o di
supporto psicologico nei casi in cui siano presenti rilevanti problematiche di tipo individuale o familiare;
- il mantenimento di collegamenti con la scuola sia per un
supporto tecnico focalizzato sui processi di apprendimento e di
socializzazione sia per uno scambio di informazioni finalizzate alla
coerenza del trattamento (sevizio sociale o altre figure professionali in relazione ai vari bisogni).
A conclusione della frequenza scolastica, il trattamento viene
organizzato in regime semiconvittuale con la permanenza del
soggetto presso il Centro per almeno 5 ore al giorno. Il trattamento
è organizzato in contesti ambientali con spazi specificamente
attrezzati e con programmi altamente strutturati sia per quanto
riguarda la tipologia che la successione delle attività; esso è
finalizzato a:
- implementare le abilità nell’area della comunicazione e della
socialità;
138
- ampliare e potenziare le capacità nell’area delle autonomie
personali;
- promuovere esperienze variate nell’area delle attività ricreative
e sociali;
- sviluppare competenze di tipo lavorativo.
Nel corso della presa in carico, che ha come fondamento
l’approccio evolutivo basato sull’interazione e le differenze
individuali, i programmi prevedono interventi a diversa caratterizzazione a seconda dei livelli funzionali del soggetto e degli obiettivi
perseguiti, con modalità altamente strutturate e coerenti.
Nel periodo iniziale, il trattamento spesso deve essere
organizzato dal primo gradino della progressione evolutiva, che è
quello di favorire l’acquisizione delle abilità di focalizzare
l’attenzione su un oggetto o un evento (capacità di attenzione
condivisa), di stabilire rapporti con l’ambiente circostante (capacità
di contatto), di sviluppare una comunicazione reciproca per creare
esperienze interattive (capacità di reciprocità affettiva e di comunicazione), necessarie per l’elaborazione del sentimento di sé e per
lo sviluppo di competenze cognitive e sociali più elevate.
Nell’intervento vengono effettuate prevalentemente proposte di tipo
psicomotorio, che, come si è detto, attraverso la mediazione del
corpo ed il suo funzionamento senso-motorio (sensazioni, tono
muscolare, comportamento motorio, azioni, ecc.), privilegiano le
forme più arcaiche di interazione tra individuo ed ambiente e fanno
vivere, attraverso il piacere senso-motorio, esperienze strutturanti
indispensabili alla costruzione della mente.
Nei periodi successivi, dando sempre primaria importanza all’interazione, le attività sono orientate prevalentemente all’acquisizione di comportamenti adattivi e di competenze comunicative e
cognitive; esse vengono attuate con strategie comportamentali e
cognitive, opportunamente integrate, dando la preferenza alle une
o alle altre a secondo dei livelli funzionali raggiunti dal soggetto
dopo il primo periodo di trattamento.
L’esperienza, finora realizzata, ha mostrato, sulla base dei
risultati ottenuti, che un programma organico ed integrato, - nel
quale possano trovare posto pratiche terapeutiche anche diverse,
purché tra loro coerenti, al di fuori degli schemi dogmatici, e nel
139
quale venga rispettata la progressione dello sviluppo e dei bisogni
individuali della persona, - sia in grado di produrre consistenti
effetti positivi sulla qualità di vita dei soggetti autistici e delle loro
famiglie. I risultati ottenuti sono stati tanto più soddisfacenti quanto
più precocemente era stato iniziato l’intervento educativo-abilitativo
e quanto più adeguata era stata la collaborazione fornita dalla
famiglia e dalla scuola.
Quest’ultimo aspetto conferma, se ce ne fosse bisogno, che un
programma strutturato di interventi centrati sulla globalità e
specificità del bambino e del suo ambiente sono in grado di
produrre risultati molto importanti quando riescono ad integrare
tutte le risorse (mediche, educative, sociali) disponibili in modo da
ridurre l’entità dello stress emotivo familiare, evitare l’innesco degli
effetti a cascata del disturbo iniziale, realizzare, per quanto è
possibile, un contesto socio-ambientale globalmente terapeutico e,
come tale, favorevole allo sviluppo di interazioni stimolanti.
140
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attuali conoscenze etiopatogenetiche, in Vertucci P. e Coll.: Ed.Centro Studi
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Vertucci P., Scuccimarra G.: La terapia occupazionale nei Disturbi Generalizzati
dello Sviluppo, in Mastrangelo G.: La terapia occupazionale nell’età evolutiva.
Cuzzolin Ed., Napoli, 1999
Zappella M.: I criteri diagnostici per l’intervento precoce, in Vertucci P. e Coll.:
Ed.Centro Studi Horizon, Napoli, 1996
142
" LA VALUTAZIONE PSICOPATOLOGICA DELLO SVILUPPO
COGNITIVO E SOCIO-EMOZIONALE DEI BAMBINI CON
AUTISMO E RITARDO MENTALE ".
Romuald BLANC - Service Universitaire d’Explorations Fonctionnelles
et Neurophysiologie en Pédopsychiatrie, CHU Bretonneau et INSERM
316, 2 Boulevard Tonnellé, 37000 Tours (France) - Université René
Descartes - La Sorbonne (Paris 5), Institut de Psychologie, 71, avenue
Edouard Vaillant 92100 Boulogne (France).
Jean-Louis ADRIEN - Université René Descartes-La Sorbonne (Paris
5), Institut de Psychologie, 71, avenue Edouard Vaillant 92100 Boulogne
(France).
Eric THIEBAUT - Editions d’Applications Psychologiques, 95, boulevard
Sébastopol 75002 Paris (France)
Catherine BARTHELEMY - Service Universitaire d’Explorations
Fonctionnelles et Neurophysiologie en Pédopsychiatrie, CHU Bretonneau
et INSERM 316, 2 Boulevard Tonnellé, 37000 Tours (France)
Questo lavoro riguarda la costruzione e la validazione di un
nuovo strumento di valutazione dello sviluppo cognitivo e socioemozionale, la Batteria di valutazione cognitiva e sociale (BECS).
L’obiettivo principale è l’adattamento specifico all’esplorazione
della psicopatologia dello sviluppo dei bambini autistici e con
ritardo mentale. In pratica, la ricerca si suddivide in 3 tempi distinti :
-1- La costruzione de la BECS sulla base dei 3 modelli teorici
(piagettiano, neopiagettiano e psicodinamico). La BECS è
strutturata da 16 capacità (interazione sociale, rigolazione del
comportamento, imitazione, linguaggio, giocco simbolico,
attenzione condivisa, permanenza dell’ oggetto…) ed è caratterizzata da 110 items organizzati gerarchicamente in 4 livelli di
sviluppo cognitivo, communicativo, relazionale ed emozionale
del giovane bambino.
-2- La valutazione di 100 bambini autistici con ritardo mentale da 3
ai 10 anni.
-3- La validità ottenuta da analisi e trattamenti statistici per
esaminare le qualità metrelogiche dello strumento (fedeltà,
sensibilità, specificità, validità) e effetuare una prima standardiz143
zazione dello sviluppo.
I risultati mostrano da un lato, la pertinenza delle varie aree
cliniche e dello sviluppo esaminato e dall’altro, l’efficienza dello
strumento per un ‘analisi dettagliata e differenziata dei profili e
degli itinerari dello sviluppo dei bambini.
Qui sono presentati vari casi clinici di bambini autistici con
ritardo mentale ospedalizzati, di profili di sviluppo e ad evoluzioni
diverse.
144
“CALIMERO E L’AMICO SPECIALE” UNA FAVOLA PER
SENSIBILIZZARE E FAVORIRE L’INTEGRAZIONE DEI
BAMBINI AUTISTICI.
Dr. IPPOLITO Giovanni
V. Presidente Associazione “IL CIRENEO” (ONLUS)
Il titolo di questa favola è “Calimero e l’amico speciale”.
Quanti bambini hanno un amico “speciale”, un amico autistico?
Quanti bimbi autistici hanno amici?
D’altronde, come dice il prof. Militerni (neuropsichiatra infantile)
che ha gentilmente offerto, per la favola, il suo contributo
introduttivo, “l’autismo infantile è una sindrome comportamentale
complessa, caratterizzata da una marcata compromissione dell’interazione e della comunicazione sociale...l’elemento caratterizzante, che sembra accomunare bambini apparentemente così
diversi, è rappresentato da una modalità atipica di percepire la
realtà; una modalità che porta alla costruzione di un mondo interno
scarsamente congruente con il mondo esterno. Ne deriva che il
bambino con autismo sembra muoversi, agire ed interagire in
rapporto a bisogni, motivazioni ed interessi scarsamente
coincidenti con i bisogni, le motivazioni e gli interessi propri del
gruppo a cui appartiene.”
Come si fa allora ad essere amici a qualcuno diverso da noi, se
poi questo qualcuno ha per suo conto una diffusa difficoltà a
sviluppare relazioni sociali? Dopo tutto è quello che si chiedono
anche i personaggi della storia quando incontrano e conoscono un
bimbo autistico. Noi abbiamo cercato di dare una risposta a questa
domanda.
Ma realizzando questo racconto didattico, noi autori, non ci
siamo posti solo il problema legato alla partecipazione sociale del
bambino autistico.Il progetto legato alla favola è molto più ampio,
ma prima di tutto è un progetto d’amore.
Con questa favola, abbiamo voluto provare a bussare alla
porta del cuore di ogni essere umano, piccolo o grande che sia,
perché crediamo che ci sia un’energia nella volontà d’amare
capace di sciogliere le resistenze del dolore, capace di creare il
ponte della comunicazione, oltre ogni limite patologico.
Ho cominciato ad occuparmi di autismo nel ’90 quando,
145
nell’ambito di un’attività che effettuavo in favore di persone disabili
incontrai un bimbo autistico. Mi sono accorto che dietro quell’apparente desiderio di isolamento c’era un bambino sensibile che
amava e a cui piaceva stare con gli altri. Ho capito che dietro
quegli atteggiamenti bizzarri e stereotipati c’era un forte desiderio
di comunicare e sono questi i messaggi fondamentali del racconto.
Dopo di lui molti altri bimbi autistici ho incontrato e ho compreso
che più imparavo a conoscerli, anche attraverso gli studi, più
riuscivo ad amarli e più riuscivo ad amarli e più riuscivo ad entrare
nel loro mondo. Calimero infatti dirà nel racconto “per aiutarli
dobbiamo imparare ad amarli, ma per farlo dobbiamo conoscerli”.
Tutti gli interventi e le strategie per migliorare la vita dei bambini
autistici mirano a educarli per insegnargli ad interagire e agire
nella nostra realtà. Noi con questa favola abbiamo voluto una volta
tanto stravolgere questo concetto di base, abbiamo deciso di
intervenire, non sul bimbo autistico ma su chi poi, immediatamente
dopo la famiglia, deve accogliere il bambino: sui compagni di
scuola.
La favola dunque, mira soprattutto a sensibilizzare i coetanei
che hanno un ruolo importante nel processo di crescita sociale del
bambino autistico. In particolare, la partecipazione scolastica dei
soggetti autistici, se ben integrati, può rappresentare una
esperienza particolarmente proficua.
Non ci poteva essere strumento più adeguato, per raggiungere i
cuori e le menti dei bambini, di una favola che ha in se una
potenzialità didattica e pedagogica tale da poter diventare il
substrato per un intervento di socializzazione.
Abbiamo cercato, come dice il Prof. Schettini (pedagogista), che
ha arricchito la favola con un suo professionale contributo, di
rappresentare fra le pieghe dei vari dialoghi il quadro clinico,
tuttavia senza ancorarci a considerazioni moraleggianti e
pietistiche che ordinariamente accompagnano e fanno sfondo a
situazioni in cui l’incontro con chi è diverso genera sentimenti di
incomprensione, disagio, angoscia, evitamento, almeno fino a
quando non ci è svelato il mistero che accompagna la diversità.
Il piano dello svelamento è graduale e progressivo lungo tutto il
racconto, si muove costantemente su un duplice livello, quello
legato alla storia, ai personaggi e quello legato al lettore, bambino
146
o adulto che sia, per realizzare lo scopo, tutto pedagogico, di un
duplice accostamento: alla problematica autistica e ai sentimenti
che accompagnano i personaggi per una positiva identificazione
da parte del lettore; tutto il racconto procede su un duplice livello:
l’esperienza e la comprensione di essa.
I dialoghi fra i vari personaggi introducono sulla scena, poco
per volta , la sindrome autistica presente in due dei personaggi
della storia. Il primo incontro dei coetanei con la bimba autistica,
con la diversità ancora incomprensibile, produce un break, quasi
un’incapacità a reagire all’impatto che lascia spazio all’introspezione e che avvia un nuovo modo di pensare e di percepirsi
rispetto alla diversità dell’altro.
Nel testo, non ci siamo posti il problema della insorgenza della
sindrome, né quello della definizione diagnostica, né tantomeno
dell’intervento specialistico, quanto di quello educativo e cioè di
accostare due mondi altrimenti destinati a non comprendersi.
Questo fare educativo, come dice Schettini, attraversa tutta la
storia e intreccia costantemente la dimensione cognitiva e quella
emozionale.
Il racconto si gioca tutto all’interno di una dinamica relazionale
fra Calimero e gli amici, fra il gruppo di amici e i soggetti individuati
come autistici.
Nel racconto stimoliamo i compagni di scuola a diventare
compagni di vita, coinvolgendo il loro amico “speciale” nelle attività
extrascolastiche di ognuno di loro, infatti le lezioni di musica, le
attività sportive citate anche nel racconto possono essere
considerate come ambienti strutturanti in cui le regole del fare non
sono coercitive e fredde, ma sono accompagnate dalla coerenza
delle persone che hanno la responsabilità formativa e, quindi
esprimono uno stile di gestione del rapporto lineare e coerente, la
cui prevedibilità fornisce una risposta adeguata all’angosciante
richiesta di ordine e stabilità che proviene dai soggetti autistici.
Questo approccio, cosiddetto ambientalistico, è altamente efficace
quando si avvale di un clima relazionale positivo come è descritto
anche nel testo. Infatti instaurare una buona relazione è un
prerequisito importante per lavorare con successo con un bambino
autistico.
Il racconto ci è servito, attraverso alcune battute, a denunciare
147
anche la situazione delle famiglie che hanno bisogno ora e dopo,
di tutto il nostro sostegno, per affrontare nell’immediatezza e negli
anni a venire con più serenità la vita di tutti i giorni, con la certezza
che in futuro ci sarà chi sarà in grado di accudire i loro figli con lo
stesso amore della famiglia d’origine.Calimero è il personaggio
trainante della storia, è un leader autorevole del gruppo dei pari.
Il suo amico speciale gli consente di evolvere personalmente in
conoscenza e competenza permettendogli di promuovere anche
l’interesse dei coetanei verso gli amici svantaggiati. In questa linea
la storia ha certamente una sua valenza educativa.
Tuttavia questo insegnamento non è proponibile senza la
partecipazione attiva dell’adulto, per questo abbiamo pensato a
delle proposte didattiche ad uso degli insegnanti che vi voglio
mostrare insieme ad un lavoro molto bello eseguito in una scuola
di Napoli...(Power Point)
148
LE POSIZIONI DI AUTISME EUROPE
Donata Vivanti
Presidente Autisme Europe
Presidente Autismo Italia-onlus
Questo mio intervento è dedicato alla qualità come garanzia per
le persone con autismo del diritto all’educazione e alla salute. Il
tempo e le occasioni perse di perseguire pazientemente obiettivi
realistici attraverso una presa in carico che non promette miracoli,
ma la cui utilità ha potuto essere dimostrata attraverso studi
rigorosi, privano le persone con autismo dell’opportunità di
raggiungere, nella vita adulta, l’ indipendenza o almeno una
condizione dignitosa. Il distacco fra presa in carico e evidenze
scientifiche, fra operatività e ricerca, peggiorano la mancanza di
condizione di handicap e condannano le persone con autismo ad
una inutile dipendenza per tutta la vita.
Le posizioni di Autisme Europe e Autismo Italia , condivise da
eminenti organizzazioni scientifiche internazionali, hanno lo scopo
di orientare le scelte delle famiglie e di gettare un ponte fra il
mondo della disabilità e della ricerca. Grazie alla chiarezza dei
propri orientamenti Autisme Europe è stata inoltre coinvolta nel
progetto internazionale “Kaspar” per la promozione della ricerca di
qualità.
LE POSIZIONI UFFICIALI DI AUTISME EUROPE*
E AUTISMO ITALIA
• AUTISME EUROPE è una rete europea che riunisce circa 80
associazioni di genitori di persone con autismo in 31 paesi, fra
cui i 14 stati membri dell’UE. Il suo obiettivo primario è la
promozione e la difesa dei diritti delle persone autistiche e delle
loro famiglie e il miglioramento della loro qualità di vita. Autisme
Europe è membro fondatore della Piattaforma delle ONG
Sociali Europee e del Forum Europeo per la Disabilità
1) LE NECESSITA’ DELLE PERSONE CON AUTISMO E
DELLE FAMIGLIE
149
POSIZIONE UFFICIALE DI AUTISME EUROPE, ADOTTATA
DA AUTISMO ITALIA E DALLA IACAPAP
(INTERNATIONAL ASSOCIATION OF CHILD AND
ADOLESCENT PSYCHIATRY AND ALLIED PROFESSIONS)
NEL MAGGIO 2001
PREMESSE
L’Autismo è un disturbo cronico dello sviluppo, che si manifesta
in un range di gravità da moderato a severo, ma che in ogni caso
comporta per le persone che ne soffrono una disabilità significativa
per tutto l’arco dell’esistenza.
Aiutare le persone affette da autismo e le loro famiglie richiede
un particolare impegno da parte dei servizi sociali e sanitari.
1 - L’ autismo è diverso da ogni altra disabilità, e le caratteristiche stesse dell’autismo causano una ulteriore condizione di
stress per i genitori e rendono estremamente problematica la vita
di tutta la famiglia.
Le famiglie lasciate sole ad affrontare il difficile compito di
allevare un bambino affetto da autismo vanno ben presto incontro
alla disperazione ed allo sfinimento causati dagli equivoci sulla
natura dell’autismo, dalla scarsa disponibilità di servizi specializzati
e soprattutto dall’impossibilità di programmare il futuro del
bambino.
2 – Inoltre l’autismo perdura per tutta la vita. Ne consegue che
le persone affette da autismo hanno bisogno per tutta l’esistenza di
protezione e di livelli differenziati di aiuto, di una continuità di
servizi specializzati e di opportunità di vita adulta indipendente
dalla famiglia.
A – NECESSITA’ SPECIFICHE LEGATE ALLE CARATTERISTICHE DELL’AUTISMO
150
DISTURBO DELL’ INTERAZIONE SOCIALE
Vera o apparente che sia, l'indifferenza del bambino autistico
verso i familiari che già hanno investito amore e dedizione nel loro
piccolo apparentemente perfetto costituisce precocemente una
vera tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati da un bambino
che non corrisponde i loro sentimenti e che tuttavia non possono
nè vogliono abbandonare a se stesso. Il senso di responsabilità
verso la loro creatura che capiscono indifesa di fronte al mondo e
di cui ben presto intuiscono la sofferenza li sprona a cercare in tutti
i modi di aiutarla, senza riuscire a tradurne l'attaccamento in
partecipazione emotiva alla vita di famiglia o in apprendimento.
DISTURBO DELLA COMUNICAZIONE
I genitori si accorgono ben presto dei problemi di comunicazione del bambino, ma spesso cercano di placare la propria
angoscia aggrappandosi come ad un’ancora di salvezza alle
parole di consolazione di amici e parenti, e talvolta perfino di
professionisti incompetenti (“ Ogni bambino ha i suoi tempi di
crescita… Non c’è nulla che non va in lui, siete voi genitori che
siete troppo ansiosi, e che avreste bisogno di cure …).
Ma gli insuccessi educativi li snervano e avvelenano i rapporti
familiari.
PROBLEMI DI COMPORTAMENTO
La convivenza con un bambino affetto da autismo è difficile, e la
vita familiare è ben presto sconvolta dai problemi di comportamento, soprattutto in presenza di comportamenti di auto o etero
aggressività . Spesso ai problemi di comportamento tipici
dell’autismo si aggiungono iperattività e disturbi del sonno e dell’alimentazione
Per la famiglia le vacanze non esistono, ammalarsi è un lusso,
riposarsi impossibile: la fatica è massacrante, i rapporti familiari ne
sono ben presto sconvolti, e gli altri figli vengono forzatamente o si
sentono trascurati.
La famiglia vive in una situazione di stress cronico che mette a
dura prova la capacità di resistenza dei genitori e spesso porta
151
alla discordia e al divorzio, lasciando a uno solo dei due, di solito la
madre, tutto il carico di una famiglia uniparentale, con le difficoltà
in più che questa situazione comporta.
ISOLAMENTO
Inoltre le famiglie devono spesso far fronte ai giudizi, alle
critiche e all’insofferenza di vicini, amici e parenti, della cui
solidarietà e del cui aiuto avrebbero invece disperatamente
bisogno.
La paura e l’angoscia generate dai comportamenti insoliti e
bizzarri della persona con autismo, la vergogna di essere
considerati dei genitori inetti e il senso di inadeguatezza possono
spingere i genitori a rinchiudersi fra le pareti domestiche con il
bambino e a rinunciare al proprio ruolo educativo, abbandonando
così il bambino al caos e trascinando tutta la famiglia in una
situazione di isolamento sociale
Gli effetti dell’incomprensione sociale sono ancora più
devastanti qualora il bambino venga respinto dalle istituzioni
scolastiche o sanitarie a causa del suo comportamento difficile o
della mancanza di servizi specializzati.
In effetti, a troppi bambini con autismo viene ad oggi negato il
diritto di sviluppare le proprie potenzialità, e i genitori troppo
spesso sono costretti a mendicare come un favore ciò che per gli
altri bambini è un diritto acquisito.
La madre è spesso costretta a lasciare il proprio lavoro a causa
della mancanza di assistenza qualificata, e rischia di ritrovarsi ben
presto imprigionata in una relazione esclusiva con il bambino. Ma
l’amore e la sollecitudine dei genitori più affettuosi non bastano, e
non possono autorizzare a privare il bambino del diritto ad un
trattamento adeguato al di fuori della famiglia.
INCERTEZZA PER IL FUTURO
Troppi bambini e adolescenti con autismo sono ancora esclusi
dal mondo dell’educazione, anche dell’ educazione specializzata, e
non possono contare su alcuna forma di assistenza al di fuori delle
cure parentali. Le conseguenze della mancanza di un sostegno
adeguato peggiorano con l’avvento dell’adolescenza e dell’età
adulta.
152
L’assenza di prospettive adeguate di una vita adulta dignitosa
può ben presto trasformare lo stress della famiglia in disperazione,
e non esiste genitore di persona autistica che non si sia augurato
di sopravvivere al proprio figlio, per non doverlo abbandonare ad
un futuro di emarginazione.
Questi sentimenti non fanno che incrementare il senso di colpa
e di impotenza delle famiglie, e nel caso in cui i genitori vengano
lasciati soli senza il supporto di servizi specializzati possono
comportare in casi estremi dei rischi per la vita stessa della
persona con autismo.
B - SUPPORTI SPECIFICI NECESSARI
PIANIFICAZIONE E COORDINAMENTO DEI SERVIZI
Nessuna persona con autismo dovrebbe essere privata della
libertà di sviluppare le capacità indispensabili a condurre una vita
indipendente nei limiti delle proprie possibilità.
Il futuro delle persone con autismo dipende più dal livello di
consapevolezza di genitori e professionisti, dall’adattamento
dell’ambiente e dalla disponibilità di servizi specializzati che dalla
gravità individuale della disabilità.
La conseguenza logica è la necessità di una collaborazione fra
servizi, istituzioni e famiglie, e un programma politico per l’autismo,
che preveda la creazione di una continuità di aiuti e servizi per
tutto l’arco dell’esistenza.
Le famiglie hanno la necessità di disporre di una rete di servizi
accessibili già dai primi anni di vita del bambino, specifici, rigorosi,
flessibili e coerenti.
I medici di famiglia e i pediatri dovrebbero ricevere una
formazione specifica in modo da garantire uno screening precoce
dei casi sospetti, e da essere in grado di indirizzarli ai servizi
sanitari specializzati e di monitorare nel tempo i casi con diagnosi
dubbia e l’evoluzione dei sintomi.
I servizi sanitari specializzati dovrebbero offrire un supporto
medico, psicologico ed educativo, in modo da provvedere
precocemente ad una diagnosi accurata, ad una valutazione
funzionale e ad un servizio di consulenza, formazione e aiuto alla
153
famiglia a domicilio.
Dovrebbero inoltre fornire precocemente una valutazione
neurologica e psicologica, ed elaborare in collaborazione con la
famiglia un piano di intervento individuale. Una diagnosi ed una
valutazione che non siano accompagnate da un programma di
intervento e da un supporto concreto possono spingere la famiglia
alla ricerca di altre improbabili soluzioni.
I servizi sanitari dovrebbero sostenere l’istruzione e l’inclusione
sociale attraverso programmi educativi specifici e un servizio di
consulenza permanente per gli insegnanti, le classi e le scuole che
accolgono alunni con autismo.
Un programma educativo speciale dovrebbe iniziare
precocemente in età infantile, e continuare durante l’adolescenza e
l’età adulta con l’obiettivo di sviluppare e mantenere nel tempo le
abilità personali e sociali, e incrementare l’autonomia e l’indipendenza.
Gli adolescenti e gli adulti dovrebbero continuare a poter
usufruire di programmi educativi individuali nelle aree funzionali
come la comunicazione, le abilità sociali, le capacità lavorative e di
tempo libero e l’autonomia personale. È necessario inoltre che
abbiano accesso a un lavoro appropriato, in ambiente più o meno
protetto, con il supporto di un servizio di consulenza permanente
(job coach)
Gli adolescenti e adulti devono anche poter contare su una
prospettiva di vita adulta indipendente nella comunità e su
programmi di supporto e di educazione al distacco progressivo
dalla famiglia, anche attraverso l’organizzazione di periodi di
vacanza e fine settimana da trascorrere al di fuori della famiglia a
cominciare dall’età infantile.
I timori della famiglia di fronte ad un futuro incerto possono
essere dissipati da una pianificazione precoce della presa in carico
sia in ogni ambito di vita quotidiana che per ogni età della vita, pur
nel rispetto della flessibilità necessaria ad adattare i progetti
individuali all’evoluzione della persona.
La prospettiva di un futuro dignitoso per il figlio in una propria
abitazione o in istituzioni accoglienti costituisce per i genitori anche
il supporto emotivo più efficace.
154
INFORMAZIONE, FORMAZIONE E COINVOLGIMENTO NELLA
PRESA IN CARICO
“ Nostro figlio non ci dà retta, non ci obbedisce, si comporta
come se non esistessimo nemmeno, sembra prendersi gioco di
noi. Come dobbiamo comportarci con lui?” A questa domanda
molti professionisti rispondono “ Fate semplicemente i genitori”.
Ma “ fare i genitori” di un bambino con autismo non ha nulla di
semplice.
I genitori dovrebbero ricevere al più presto informazioni
dettagliate sulla diagnosi e sulle caratteristiche dell’autismo, in
modo da poter capire meglio e affrontare i problemi specifici del
bambino.
Oggi, allo stato attuale delle conoscenze sull’autismo, non solo
è assolutamente inaccettabile colpevolizzare le madri., ma i professionisti dovrebbero cominciare fin dall’inizio a liberare esplicitamente i genitori dai sensi di colpa e dai pregiudizi sull’autismo.
Se i servizi socio-sanitari non offrono informazioni esaurienti fin
dai primi incontri, la famiglia, per sopravvivere, si vede costretta a
cercare informazioni per proprio conto e può incappare in risposte
rischiose.
E’ essenziale prevedere la partecipazione dei genitori al
programma educativo in un ruolo di partner attivi. La famiglia ha un
ruolo di primaria importanza nell’educazione dei figli, e nessun
genitore può accettare di essere escluso dal loro processo di
crescita.
Coinvolgere attivamente la famiglia nel programma di
trattamento aumenta le possibilità del bambino di sviluppare al
meglio le proprie potenzialità e rappresenta il modo più efficace per
sollevare i genitori dai sensi di colpa e di inadeguatezza.
Il programma di trattamento e di presa in carico dovrebbe tener
conto della conoscenza approfondita che ogni genitore ha del
proprio bambino, delle priorità e dello stile di vita di ogni famiglia.
I genitori dovrebbero anche poter disporre di informazioni sulla
qualità e sull’efficacia dell’approccio proposto da ogni servizio di
presa in carico.
Ogni servizio socio-sanitario dovrebbe fornire alla famiglia una
155
descrizione chiara e dettagliata dell’approccio generale che viene
adottato, e informazioni che ne dimostrino l’attendibilità scientifica
e l’accreditamento.
Inoltre dovrebbe fornire il programma individuale comprendente
una descrizione di obiettivi realistici e funzionali, e dimostrare la
propria efficienza nel raggiungerli.
SUPPORTO SOCIALE ED EMOTIVO
I genitori hanno assolutamente bisogno di risposte concrete in
merito al diritto del figlio di poter disporre di una diagnosi accurata
e precoce e di una valutazione, di una educazione permanente per
tutto l’arco dell’esistenza e di una vita adulta indipendente.
I familiari delle persone autistiche, genitori e fratelli, dovrebbero
essere aiutate a mantenere lo stile di vita e i rapporti sociali che
avevano prima della sua nascita. Questo significa che le famiglie
dovrebbero poter accedere a servizi organizzati che dispongano di
professionisti dotati di una formazione specifica, in modo da poter
mantenere il posto di lavoro e gli amici, oltre che la possibilità di
trovare il tempo per prendersi cura degli altri figli e dei parenti.
Non bisogna dimenticare infatti che alla famiglia della persona con
autismo non sono risparmiati i problemi che affliggono ogni altra
famiglia, come le difficoltà economiche, la malattia, i doveri verso i
genitori anziani e il compito di garantire agli altri figli una crescita
più normale possibile.
E necessario quindi che vengano organizzati periodi di respiro
che consentano ai familiari di ricaricarsi e trovare nuove energie
per affrontare le difficoltà della vita quotidiana.
FARMACI
Sebbene attualmente non esistano medicine che curano
l’autismo, alcuni farmaci possono talvolta attenuare sintomi
specifici e migliorare il benessere della persona autistica.
I farmaci in ogni caso dovrebbero essere prescritti esclusivamente a beneficio della persona con autismo solo dopo che ogni
altro tentativo di adattare l’ambiente e il programma individuale si è
rivelato inefficace, a meno che naturalmente non si tratti di
medicine prescritte per condizioni patologiche associate.
Il servizio sanitario che prescrive i farmaci dovrebbe dare alla
156
famiglia spiegazioni chiare e comprensibili sui benefici e gli effetti
collaterali, e offrire una consulenza permanente alla famiglia e agli
operatori che si occupano della persona autistica.
RICERCA SCIENTIFICA
La ricerca genetica e la ricerca sui fattori tossici o infettivi che
rivestono un ruolo causale nella genesi dell’autismo viene
considerata dalle famiglie una priorità assoluta.
Sebbene le famiglie abbiano in molti casi testimoniato che
diversi disturbi organici, come allergie o intolleranze alimentari o
reazioni conseguenti a vaccinazioni, peggiorano il comportamento
dei propri figli, allo stato attuale non sono ancora emersi dagli studi
condotti su vaste popolazioni dati consistenti che confermino
associazioni causali fra l’autismo e disturbi metabolici, gastrici o
immunologici.
È urgente che vengano condotti studi controllati finalizzati a
identificare i geni che predispongono all’autismo, l’influenza di
insulti cerebrali precoci e il legame fra il profilo biologico, i deficit
cognitivi e il quadro comportamentale.
È inoltre necessario che vengano sviluppate ricerche nel campo
della psicologia e dell’educazione: migliorare la comprensione dei
processi cognitivi specificamente alterati nell’autismo riveste
un’importanza fondamentale allo scopo di sviluppare strategie
educative adeguate e programmi di trattamento più efficaci.
Anche lo sviluppo di tecniche e strategie educative dovrebbe
essere oggetto di ricerca applicata.
Data la gravità delle menomazioni che l’autismo comporta,
l’entità di servizi necessaria e i costi ( sia umani che finanziari),
dovrebbero anche essere condotti studi controllati allo scopo di
riconoscere, diffondere e sostenere approcci psico-educativi
efficaci e modelli integrati di trattamento.
Testo ufficiale elaborato dal comitato direttivo di Autisme Europe
con la consulenza dei suoi membri e approvato dal Consiglio di
Amimnistrazion e a Bruxelles, 7 aprile 2001.
Adottato da Autismo Italia – onlus e dalla IACAPAP nel maggio
2001.
157
2 - Autismo e Inclusione
PREMESSA
1. Si usa il termine "inclusione" per descrivere un diritto
all'istruzione e al sostegno per tutte le persone disabili
nell’ambito dell'offerta pubblica. L'inclusione costituisce un
punto fondamentale delle politiche governative.
2. L'inclusione si differenzia dal "mainstreaming" o dalla
"integrazione" in quanto questi ultimi termini si riferiscono
unicamente alla partecipazione delle persone disabili, qualora si
possa dimostrare che queste possano trarne beneficio, e che
l'ambiente non sia influenzato negativamente per via della loro
presenza.
3. I sostenitori dell'inclusione affermano che la segregazione
causata da disabilità, diagnosi, o da qualsiasi altro fattore, e la
necessità di 'guadagnare' il diritto all’ inclusione non rappresentano l’ interesse del bambino o dell'adulto. Negli ultimi
vent'anni, le idee sulla normalizzazione, sorte inizialmente negli
USA e in Scandinavia, hanno sottolineato l'importanza di
promuovere ruoli sociali di valore per coloro che presentano un
rischio di essere sottovalutati in ragione della disabilità o di altri
fattori.
4. Le politiche elaborate sulla base di queste idee rifletterono in
gran parte un’ ideologia piuttosto che necessità individuali. La
segregazione in istituti specializzati è stata in gran parte
abbandonata, e si è ampiamente realizzata un’ apertura verso
una maggiore presenza e partecipazione nella comunità.
Sussistono, tuttavia, delle preoccupazioni che alcune persone e
le loro famiglie si trovino gravemente svantaggiate da offerte
alternative scarsamente dotate di risorse e di esperienza
specifica. In breve, i servizi si sono basati più su dogmi che
sulle effettive necessità.
158
5. Dal 1985, Autisme Europe è impegnata nella rappresentanza e
nella difesa dei bambini e degli adulti con l'autismo, e delle loro
famiglie, promuovendo le buone pratiche nei campi dell'istruzione e degli approcci pedagogici, dei trattamenti medici e
dell'offerta di servizi che rispecchino le necessità relative alle
residenze, alla formazione, e alla presa in carico, della persona
disabile.
6. Autisme Europe sostiene fortemente tutte quelle esperienze
che possono offrire alle persone con autismo, indipendentemente dalla natura e della entità della disabilità, le migliori
opportunità di vivere pienamente i loro diritti, compreso il diritto
all'istruzione, al sostegno e alla libertà dall'abuso e dallo
sfruttamento. Autisme Europe ritiene che ogni persona con
autismo deva poter accedere ai servizi e al sostegno all'interno
dell'offerta pubblica ordinaria, a meno che questa non sia in
conflitto con le necessità e le esigenze individuali.
LA POSIZIONE DI AUTISME EUROPE sull’Inclusione delle
persone con autismo
Adottata da Autismo Italia-onlus
1. Autisme Europe ritiene che la pietra angolare di un'offerta
efficace risieda nell'individualizzazione, per garantire ad ogni
persona con autismo un’educazione e un sostegno appropriati
a raggiungere e mantenere con successo il maggior grado
possibile di indipendenza funzionale e di capacità di esercitare
delle scelte.
2. L'inclusione nell'ambiente sociale dovrebbe considerarsi un
diritto, non un privilegio, nel rispetto del miglior interesse e delle
necessità individuali della persona. Per permettere l'accesso più
ampio e la partecipazione sostenibile a beneficio della persona
disabile, si dovrebbe provvedere ad un adeguamento
ragionevole delle offerte a livello d'istruzione e dei servizi. In
questo contesto, la politica dell'inclusione non dovrebbe mai
essere presa a pretesto, per rifiutare ad alcuno un servizio, né
per offrire dei servizi puramente simbolici e illusori che, in
159
sostanza, negano il diritto ad accedere a delle opportunità.
3. La politica dell'inclusione deve essenzialmente garantire un
apprendimento idoneo o altre esperienze positive complementari. Non è una semplice questione di 'dove' la persona
riceve un'istruzione od ottiene i servizi e il sostegno, ma di
qualità e specificità.
4. Autisme Europe sottolinea l'importanza di una diagnosi
qualificata, di una valutazione specifica continua, e della
collaborazione tra genitori e professionisti per meglio definire
interventi educativi appropriati e altri programmi. Autisme
Europe, chiede che i programmi siano sostenuti da professionisti e altre persone con specifica esperienza nel campo
dell'autismo in grado di offrire tutta la consulenza e assistenza
pratica necessaria, e di valutare i risultati di tali offerte.
5. La politica dell'inclusione non può sostituirsi alla necessità di
programmi rispondenti ai bisogni individuali, specialmente nel
caso di persone con bisogni complessi ai quali è particolarmente difficile rispondere in ambienti sociali aperti che
possono rappresentare una fonte di stress.
6. I disturbi dello spettro autistico richiedono un ventaglio di
risposte finemente articolate a livello individuale. Si auspica che
tali risposte vengano fornite sempre in numero maggiore e per
la maggior parte del tempo nell'ambito dell'offerta pubblica
ordinaria. Esistono tuttavia persone i cui interessi nell’arco della
vita trovano risposte più adeguate in servizi specializzati in
modo appropriato in grado di offrire un’educazione e un
supporto appropriato e significativo.
3 - Autismo e Occupazione
POSIZIONE RELATIVA ALLA DISCRIMINAZIONE IN AMBITO
LAVORATIVO DI PERSONE AFFETTE DA AUTISMO O ALTRA
DISABILITA’ DI GRANDE DIPENDENZA
Autisme Europe sostiene le iniziative promosse dall’Unione
Europea nel campo della lotta alla discriminazione, in particolare la
Direttiva a favore delle “Pari Opportunità in merito a Impiego e
160
Occupazione”, adottata dal Consiglio nel novembre 2000.
Autisme Europe, tuttavia, ritiene che allo stato attuale la
struttura generale delineata dalla presente Direttiva non prenda in
debita considerazione le esigenze delle persone con autismo o
con disabilità di grande dipendenza e delle loro famiglie.
La situazione particolarmente complessa delle persone affette
da autismo o da disabilità di grande dipendenza e dalle loro
famiglie nonché la discriminazione che questi ultimi subiscono in
rapporto all’ accesso o alla permanenza nel mercato del lavoro,
esige le seguenti raccomandazioni:
A - Persone affette da autismo o altra disabilità di grande
dipendenza
1. La gravità della disabilità si traduce nella necessità di una
formazione permanente, adeguata alle loro specifiche necessità in
campo di:
istruzione, adeguata a sviluppare non solo le competenze
lavorative, ma anche le capacità sociali e personali
necessarie ad accedere alla formazione professionale e ad
un lavoro, anche protetto.
Formazione professionale.
Educazione permanente.
Coloro che sono abbastanza fortunati da ricevere una
formazione adeguata, sono poi in grado di poter lavorare. In caso
contrario, l’assenza di una formazione precoce, individualizzata e
continua comporta conseguenze irreparabili sullo sviluppo della
persona e delle sua capacità di ottenere un lavoro in età adulta.
2. Un sostegno adeguato sul posto di lavoro (adattamento
dell’ambiente, supervisione da parte di professionisti, compiti
adeguati alla disabilità…) per i soggetti affetti da autismo o da
disabilità di grande dipendenza è condizione indispensabile per
beneficiare dei servizi esistenti per persone disabili, come i
laboratori protetti.
La mancanza di formazione e di sostegno adeguato spiega, in
larga misura, il motivo per cui le persone affette da autismo o da
disabilità di grande dipendenza sono quasi del tutto assenti dal
161
mercato del lavoro e restano per lungo tempo totalmente
dipendenti dal sostegno della famiglia, indipendentemente dalle
loro capacità lavorative, benchè la discriminazione dovuta alla
mancanza di sostegno di cui sono vittime, in quanto disabili,
dovrebbe essere combattuta dalla Direttiva 2000/78/CE.
B – Famiglie di persone affette da autismo o altra disabilità di
grande dipendenza
1. Le famiglie hanno bisogno di misure che le tutelino dal
dover modificare la loro situazione e/o le loro ambizioni professionali per garantire la presa in carico del figlio, anche quando
questi ha raggiunto un’età adulta. La carenza di servizi di presa in
carico adeguati ai bisogni del figlio, orari di presa in carico
incompatibili con il lavoro e la mancata disponibilità di servizi di
accoglienza durante il periodo delle vacanze scolastiche,
comportano, nella grande maggioranza dei casi, che uno dei
genitori, molto spesso la madre, sia obbligato a rinunciare al
proprio lavoro a tempo indeterminato. Una conseguenza indiretta
può essere che l’altro genitore si trovi costretto a prolungare
l’orario di lavoro per sopperire alla diminuzione degli introiti o per
far fronte al maggior carico economico.
2. Le famiglie hanno bisogno, sin dal momento della diagnosi
al bambino , di essere sostenute e informate delle misure esistenti
che possono essere di aiuto, principalmente per quanto riguarda
la flessibilità dell’orario di lavoro.
Per questi motivi, Autisme Europe raccomanda che siano
adottate misure complementari alla Direttiva “ in favore delle Pari
opportunità in ambito di Occupazione e Lavoro ”, e alla politica
dell’Unione Europea in ambito di occupazione e protezione
sociale, allo scopo di combattere gli ostacoli al lavoro per le
persone affette da disabilità di grande dipendenza e per le loro
famiglie.
Autisme Europe raccomanda in articolare di adottare i seguenti
provvedimenti:
- Rafforzare la formazione permanente delle persone con
autismo o con disabilità di grande dipendenza, in particolar
162
modo la formazione professionale;
- Incrementare il sostegno sul posto di lavoro e adeguarlo alle
esigenze delle persone autistiche o con disabilità di grande
dipendenza;
- Mettere a disposizione servizi assistenziali di qualità per tutte le
persone in condizione di dipendenza (bambini, anziani, persone
disabili);
- Migliorare gli indicatori già esistenti relativi agli asili per
l’infanzia, in modo da poter valutare la percentuale di bambini
disabili che usufruiscono di tali servizi;
- Adottare orari lavorativi flessibili nel rispetto dei diritti sociali dei
familiari (congedi parentali, interruzioni di carriera….);
- Informare sistematicamente le famiglie su leggi e normative
vigenti in grado di favorire la compatibilità della vita familiare
con la vita professionale.
4 - Posizione Ufficiale di Autismo Italia
sulla terapia farmacologica nell’autismo
163
1 - NO, non esistono farmaci per curare
l’autismo
2 - SI’, esistono farmaci che possono agire
positivamente su alcuni sintomi
3 - NO, i farmaci non devono essere usati
per supplire all’incapacità di affrontare i
problemi comportamentali in altro modo
4 - SI’, i farmaci possono completare e
aumentare l’efficacia di un trattamento multi
- disciplinare
5 - NO, i farmaci non possono sostituire
trattamenti riabilitativi di tipo sociale ed
educativo
6 - SI’, è utile prendere in considerazione
AUTISMO
una terapia farmacologica, purchè nell’inDOCUMENTO
DI POSIZIONE
DI
teresse del paziente
e valutandone
l’efficaciaAUTISMO
a livello individuale
ITALIA
7 - NO, non si devono somministrare
farmaci per migliorare i sintomi senza aver
prima escluso disturbi di origine organica
9 - NO, non è verosimile sperare che i
farmaci siano privi di effetti secondari
5 - VACCINAZIONE MPR E
2002)
8 - SI’, è (Ottobre
indispensabile
seguire sempre
accuratamente la posologia e le modalità di
somministrazione prescritte
Introduzione
10 - SI’, familiari, tutori e operatori devono
essere informati
su a
rischi
e benefici,
ed è
L’uso
di vaccini
scopo
preventivo
il loro consenso informato
ha necessario
radici antiche
e deriva dall’osservazione che le persone guarite da
malattie infettive non si ammalano una seconda volta anche se
esposte al contagio. Le malattie infettive infatti stimolano la
produzione da parte dell’organismo infettato di anticorpi, cioè di
proteine che legandosi a particolari componenti dell’agente
infettante, dette antigeni, ne bloccano l’azione mantenendo nel
tempo la capacità di riconoscerlo e di impedire alla malattia di
svilupparsi nuovamente.
I vaccini inducono preventivamente l’ immunità dalla malattia
stimolando artificialmente la produzione di anticorpi attraverso
l’introduzione nell’organismo di agenti patogeni morti o inattivati o
di loro antigeni. Grazie alle vaccinazioni molte malattie mortali o
gravemente invalidanti, come il Vaiolo, la Difterite e la Poliomielite,
sono attualmente sconfitte, e la mortalità infantile e le disabilità che
ne derivavano si sono drasticamente ridotte.
Tuttavia, come ogni intervento medico, anche le vaccinazione
presentano, seppure raramente, alcune controindicazioni e
potenziali, benchè rarissimi,
effetti indesiderati, imputabili
all’agente patogeno utilizzato, specie se “ attenuato ” ( cioè
164
inattivato) o ad altre componenti del vaccino.
Ad esempio l’uso del Mercurio come conservante nei vaccini,
tra cui quello contro Morbillo, Pertosse e Rosolia, è stato proibito in
seguito alla segnalazione di possibili effetti neurotossici, e i vaccini
contenenti mercurio sono stati ritirati .
I vaccini contenenti agenti patogeni attenuati possono inoltre,
sebbene raramente, indurre la malattia che dovrebbero prevenire e
le sue eventuali complicanze in organismi che presentano una
ridotta capacità, permanente o transitoria, di produrre anticorpi.
Lo stato di salute dei bambini da sottoporre a vaccinazione con
agenti attenuati deve perciò essere accuratamente accertato
preventivamente per evitare la pur rarissima eventualità di indurre
attraverso il vaccino la malattia o le sue complicanze, tra le quali
l’encefalite post-vaccinica.
POSIZIONE DI AUTISMO ITALIA SULLA VACCINAZIONE
TRIVALENTE MPR
Il Morbillo è una malattia infettiva grave che causa una morbilità
e una mortalità significative e può comportare gravi complicanze a
livello dal sistema nervoso centrale. La parotite e la rosolia,
benchè non altrettanto gravi, comportano il rischio di gravi complicazioni. Infatti la rosolia contratta durante la gravidanza è stata
correlata a danni cerebrali e deficit sensoriali nel feto, che sono
stati associati a condizioni di tipo autistico.
L’introduzione di una politica sanitaria delle vaccinazioni ha
comportato una drastica riduzione dell’incidenza di queste malattie
in tutti i paesi in cui la sanità pubblica ha implementato l’iniziativa.
Malgrado i rari episodi di effetti collaterali, è necessario che questa
politica che ha dato risultati così soddisfacenti sia sostenuta ed
estesa ovunque a livello mondiale per prevenire sofferenze e
disabilità.
Negli ultimi anni, tuttavia, una minoranza di genitori ha ritenuto
che la vaccinazione anti Morbillo, Parotite e Rosolia, detta MPR,
sia un fattore scatenante lo sviluppo di disturbi dello spettro
165
autistico. Benchè non ci sia alcuna evidenza scientifica a sostegno
di un legame fra qualsivoglia vaccino e l’autismo nella popolazione
generale, gli studi attuali non sono in grado di escludere la
possibilità di rare risposte anomale all’esposizione al vaccino
MPR, perché non hanno una precisione sufficiente a scoprire
eventi molto rari a livello di popolazione. Il legame fra vaccino
trivalente MPR e autismo , sebbene ben lungi dall’essere provato,
non è stato tuttavia del tutto smentito.
Autismo Italia chiede che vengano sviluppate ulteriori ricerche
per escludere questa eventualità al di là di ogni dubbio, e per
accelerare la messa a punto e la produzione di vaccini sintetici in
sostituzione dei vaccini contenenti agenti patogeni attenuati . Nel
frattempo, Autismo Italia raccomanda ai genitori di discutere le loro
preoccupazioni con i pediatri e i medici di famiglia e con gli
operatori sanitari preposti alle vaccinazioni, e condivide la
posizione delle più autorevoli organizzazioni e istituzioni sanitarie
internazionali che non raccomandano una revisione dell’attuale
politica delle vaccinazioni e ne sostengono l’attuale programma di
somministrazione.
Approvata dal Consiglio Direttivo di Autismo Italia nell’ottobre
2002.
ALLEGATO AL DOCUMENTO DI POSIZIONE DI AUTISMO
ITALIA – ONLUS
SU AUTISMO E VACCINAZIONE TRIVALENTE
Rischi derivanti dalle malattie
vs. rischi derivanti dal vaccino trivalente MPR
Centro per il Controllo delle Malattie (Atlanta)
RISCHI DERIVANTI DA:
166
Morbillo:
Polmonite:
1 / 20
Encefalite:
1 / 2.000
Morte:
nei paesi industrializzati
1 / 3.000
nei paesi in via di sviluppo
1/5
Parotite
Encefalite:
1 / 3 00
Rosolia
Sindrome da rosolia congenita:
1/4
RISCHI DERIVANTI DA:
VACCINAZIONE TRIVALENTE MPR
Encefalite e reazioni allergiche gravi
1/1.000.000
167
Istruisci un Insegnate di sostegno e otterrai un Esperto
Istruisci un Bambino con autismo e non ci sarà più
l’Autismo
di Jacopo da Selva, XXX sec. B.C
PERCHÈ COMPATIRE UN’ISTITUZIONE?
di Patrizia & Tiziano Gabrielli
Genitori in Prima Linea Autismo Italia
[email protected]
Tel. 0461706500
Gli anni ’70 li ricordiamo tutti come anni degli ideali concreti, gli
anni della critica alle “istituzioni totalizzanti”. Si parlava un po’
ovunque, un pò tutti, di scuola, di medicina, di corporazioni professionali, del sistema e dei meccanismi di controllo e di creazione di
cittadini “dipendenti” e assoggettati al potere, secondo noi allora,
ben individuabile. La critica alle “istituzioni totalizzanti”, originava in
quanto distruttive della spontaneità, dell’individualità, di un
personale modo di intendere ciò che avevamo attorno e che
stavamo per riconfigurare e conquistare.
“Istituzionalizzare” significava, circoscrivere, definire dei prototipi a
cui si doveva aderire per appartenere e per accedere. Ogni cosa,
sentimento, situazione veniva incorporata dalla società, secondo i
codici dell’istituzione che se ne doveva occupare mentre, per
contro si tentava di individuarne l’antitesi. Nello stesso dibattito si
inseriva il concetto di ammalato, di corpo fisico e psiche, di malattia
e terapia.
L’istituzionalizzazione della società la si pensava come un
fenomeno già avvenuto, che costituiva il passato, la tradizione,
mentre la “personalizzazione”, costituiva e rappresentava una
radicale inversione di tendenza, un’innovazione da realizzare e
diveniva sinonimo di “liberazione”. La dimensione individuale,
spontanea, anarchica esterna all’istituzione era una conquista
dell’epoca. Adattare tale dimensione, per noi allora “rivoluzionaria”,
ad esigui spazi interni all’istituzione, fu il compromesso dei decenni
168
successivi.
Entrambi questi processi sono tuttora presenti e ancora in divenire
ma, come faglie tettoniche in movimento, sono in attrito fra loro e
fortunatamente non si può tornare indietro. Ciò che ancor oggi
nettamente prevale è l’apparato sull’individuo. La istituzionalizzazione della società è dunque preponderante e riconoscibile
anche nel particolare come ad esempio nella gestione odierna
dell’autismo, il quale si concretizza dal punto di vista epidemiologico, diagnostico, terapeutico, sociale, solo se rientra in un
prototipo definito. Prototipo che però costringe la sua gestione in
luoghi e tempi deputati, in mani specializzate e legittimate, in
procedure regolate di integrazione e di gestione sociale del
problema come davanti ad un “unicum” facilmente regimentato .
L’istituzionalizzazione dell’ammalato, ha in sé grandi valori perché
dovrebbe consentire un approccio comune, legittimato, più
rigoroso, articolato, continuo, controllabile, economico, ma ha in sé
anche aspetti negativi. E’ questo un processo fagocitante i singoli
ruoli, che rimuove definitivamente il coinvolgimento diretto, la
scelta personale, la responsabilità di ciascuno; promuove la
passività e si esprime per delega. La istituzione può dunque
diventare una macchina spaventosa di dipendenze e controlli,
praticamente inamovibile, poco duttile, statica, sorda a qualsiasi
varianza, sempre più scarna nelle erogazioni anziché variegata.
L’ambiguità, la dinamica, la specificità del singolo caso e la sua
rapida evoluzione invece mettono in crisi l’idea di un rapporto
“esclusivo” con l’istituzione, con le sue risposte aspecifiche e
normate da un'etica che è sempre "totalizzante" dove il "tutti" è
l’unica scelta possibile, criminalizzando con leggi precise qualsiasi
ingerenza dell’uno che vi si oppone.
La società dell’omologazione, dei “tutti” si fa carico “formale” del
problema di ciascuno, sostenendo chi soffre ma contemporaneamente ne decreta collocazione, iter procedurale e così implicitamente l’esaurimento della domanda.
Ogni forma spontanea di compassione (nel senso nobile del
169
termine: “farsi carico”), di condivisione, qualsiasi scelta individuale
di “amore”, persino l’associazionismo e il volontariato, sono
sottoposti a regolarizzazione, a normativa.
La compassione è descritta nell'Esodo, con il termine ebraico
"rahum", un sentimento struggente che esprime la sensazione di
una donna-madre quando il suo grembo è eccitato dall'amore. Gli
ellenisti tradussero questo atteggiamento con la parola
"eleomosyne," da cui viene il nostro termine "elemosina”, che
rimuove il suo connotato carnale, appassionato, intimo. Così la
"rahum", da esperienza soggettiva, diventa pietà, misericordia
collettiva, istituzionalizzata, qualcosa che Platone e Aristotele
consideravano un difetto morale”.
Lo sguardo, l’amore e la conoscenza, possibili prima in orizzonti
completamente personali, sono ora gestiti, assicurati e garantiti da
questo “amore, scienza di stato”, che sottomette ogni emozione e
volontà personale a una legislazione, ai sacerdoti del tempio.
E se i sacerdoti non celebrassero riti propizi?
L’istituzionalizzazione dell’autismo non è stata edificata sulla
specificità della malattia ma fatta aderire forzosamente a ciò che
già esisteva o aggiustando le prospettive di ciò che stava per
nascere (l’integrazione). La sua gestione, visti i risultati, si potrebbe
(“graziosamente”, n.d.a.) definire “formale”…eppure coinvolge
strutture diffuse, convenzioni esterne, schiere di professionisti che
si è obbligati ad onorare; occupate ad esaudire contemporaneamente mille altre richieste. Le sensibilità per una questione di
numeri e di forza contrattuale, spostano l’attenzione, gioco forza,
dall’individuo con autismo verso altre dimensioni, legittimando
sempre più l’affermarsi di nuovi bisogni dei numerosi e già
nominati “tutti”, oltre l’“ammalato”.
Con la gestione attuale dell’autismo, la situazione di caio o
sempronio, può essere grottescamente definita “risolta”, in un
modo o nell’altro, ma tali conclusioni sottendono nuove
mostruosità, il mascheramento del vero problema perché “futuro”
del problema, quello che non viene mai affrontato: ciò che non si fa
e ciò che si tollera nel trattamento dell’autismo del bambino.
Questo richiamo suona particolarmente disorientante per coloro
che si sono abituati a guardare il presente senza fare i conti con il
170
passato, perché questo significherebbe cogliere il vuoto
procedurale di allora e l’allarmante e disumana sua attualità. La
natura di questa alienazione sta nel fatto che affrontare realmente
l’abilitazione del “bambino autistico” è una impresa che dovrà
andare “oltre l’istituzione” e che realizzare questo intervento,
articolato e complesso,. renderebbe superfluo gran parte del
mondo che l’istituzione sta costruendo e che così com’è, al
bambino con autismo non serve a niente.
Il tradimento dell’abilitazione è lo scandalo, l’iniquio che affligge
l’autismo.
Dal riscontro concreto, sotto gli occhi di tutti, di fallimento, in una
prospettiva nazionale, discende invece un costante, innarrestabile
potenziamento ulteriore del lugubre apparato che si ostinano a
costruire per contenere, tacitare, disperdere l’autismo.
C’è però un tipo nuovo di sentire.
Non si tratta di tomare ad un tipo di abilitazione individuale,
spontanea, opposta al protocollo aspecifico e stereotipato dell’istituzione; non il ritorno ad una sorta di intervento terapeutico
incidentale, tipico di una società comunitaria, pre-moderna, anche
se forse più giusta e con un senso profondo dell’integrazione, delle
proporzioni e delle conseguenze.
Ma sarebbe bene non dimenticare che le poche reali normalizzazioni “definitive” dell’autismo provengono da esperienze
individuali, locali, familiari divenute solo poi universali e capaci di
spazzare via il mondo delle formule preconfezionate tradizionali e
istituzionali.
Il messaggio che non si vuol riconoscere in queste esperienze
singolari, é di una forza straordinaria perchè scaturisce dalla
“responsabilità individuale” e non dall’istituzione: è la “madre”, o il
genitore, che sceglie l’adozione, che decide di rifiutare la delega in
bianco ma sceglie di utilizzarla con saggezza, con misura,
liberandosi da attese esorbitanti, dalla lotteria dei comportamenti
preconfezionati, i soli autorizzati e “quasi” obbligatori. E’ la madre
che sceglie se accetterà, e fino a che punto, quanto già
determinato, per lei e per quel figlio, dal sociale legiferato.
171
“Sto di fronte a un problema medico, l’autismo, che più studio e più
mi appare difficile, ma anche gestito confusamente, incomprensibilmente e inadeguatamente. Credetemi non ha paragoni con
nessuna altra patologia, e vedo declamare “assiomi” che io non
trovo in nessuna altra branca medica”.
“Noi vogliamo, come i nostri figli, apprendere per “imitazione” e
non legittimare nostro malgrado l’escatologia di un fasullo sistema
sanitario e scolastico per il disabile”.
L’inumano (il "mysterium iniquitatis”), l’iniquo, la degradazione non
sta nei piccoli con autismo ma in quello che ad essi si impone,
fondando le certezze di un intero apparato sull’immagine di
adolescenti e di adulti autistici, mai abilitati, sui “fallimenti viventi” di
coloro che ora sono i responsabili di questo apparato. Delegando
ogni responsabilità e non solo per il passato, ora parlano di
“scolarizzazione”, meglio se precoce, come unico momento
terapeutico-abilitativo, forniscono nessuna preparazione al
personale specifico, guidano un’integrazione ad orologeria, si
armano per risolvere con sedativi sperimentali i sintomi dei loro
pregiudizi inscalfibili e prescrivono cicli aspecifici ovviamente per
delega di logopedia e psicomotricità, scadenziati (fra non molto
semestrali), impegnati strenuamente nella configurazione dello
“stereotipo”, utile appunto alla logica istituzionale, anziché alla
soluzione del problema.
Istituzionalizzazione greve seppur senza mura; un silenzioso
e perdurante tradimento.
Vuoti culturali da parte della società che fagocita la famiglia
inebetita dalle ordinanze dei “corsari”, in questo caso dell’autismo,
e che pertanto spesso non avvia nemmeno la più banale critica
alla gestione “per delega” dei propri figli. Deleghe a cascata per
dilavare le responsabilità del nulla e di fiumi di denaro per
soddisfare i dotti del tempio e per farci tacere.
E infine queste madri e padri, per evitare lo scontro con chi rinnova
loro l’obbligo di essere “solo genitori” e non terapeuti, smettono di
172
sperare nelle “soluzioni per delega” e in modo eroico e solitario,
dimenticati e isolati come ciurma appestata e reietta, riprendono,
privi di conoscenze specialistiche di terapia e riabilitazione, ad
accudire i loro figli in quella maniera amorevole la cui forza
misteriosa è la antitesi dell’autismo di stato di cui siamo testimoni e
che di quella abilitazione si sarebbe dovuto occupare.
Bisogna de-istituzionalizzare l’autismo.
Bisogna farlo specialmente per quei giovani genitori che si affidano
speranzosi ai Servizi, a quelli che credono per legge nelle figure
professionali deputate.
Bisogna che il nuovo sociale divenga “preferenziale” e non
obbligato e sappia consigliarli, formarli, ridando loro la competenza
per tornare ad essere buoni ed informati genitori. Serve autorevolezza e non autorità.
Bisogna riconsegnare “ruolo abilitativo” alle famiglie, rispettare
quanto di immenso potrebbero fare ed allearsi in un confronto
quotidiano in parallelo, in continuità, in reciprocità.
Bisogna che l’istituzione si faccia carico realmente del problema,
alleggerendosi dai fardelli, e cominci ad affrontarlo in maniera
diretta, forte, imponenete con un intervento abilitativo subito.
Bisogna entrare fisicamente nella scuola, nelle case, nell’intera
giornata con esperti che fanno e che siano in grado di smettere di
parlare. Bisogna essere esempio di un recupero non semplicemente l’altare della sua definizione.
Bisogna che sia riscritto e sia concretizzato il momento “medico”
dell’autismo, oltre la diagnosi, oltre la scuola, verso la migliore
normalizzazione possibile della condizione disfunzionale che il
medico ha ricevuto in carico.
Bisogna battere l’autismo quando si è in tempo per un futuro
non-istituzionalizzato.
AUTISMO: COSA SI RICHIEDE ALLA SCUOLA
T. Gabrielli
173
Alla SCUOLA si richiede QUALITA’ e non quantità.
Noi veniamo a ritirare Jacopo anche dopo solo un’ora di
lezione, non ci sono problemi, né ci sentiamo per questo in
difficoltà o contrariati, ma è essenziale che il permanere di Jacopo
a scuola sia produttivo e di alto livello qualitativo.
QUALITA’
Qualità significa:
NON AVERE PREGIUDIZI
CALMA, DISPONIBILITA’, TRANQUILLITA’,
SAPERE BENE COSA “FARE” e soprattutto
SAPERE COSA “NON-FARE”
COSA E’ L’AUTISMO
È un disturbo cerebrale complesso, le cui cause sono ancora
poco chiare, che condiziona ed altera profondamente l’utilizzazione corretta delle informazioni che giungono al sistema
sensoriale nella sua globalità.
Conseguentemente il bambino non è in grado di comprendere,
distinguere, codificare ed utilizzare le informazioni visive, uditive,
tattili ed olfattive, che gli giungono dall’esterno.
E’ confuso e invaso da un intricato e spesso intollerabile
insieme di sensazioni difficilmente gestibili. Questo suo vivere in un
caos sensoriale gli impedisce di partecipare, relazionarsi, capire,
apprendere ed elaborare come succede normalmente agli altri
bambini. Questa enorme difficoltà di ricevere adeguatamente e di
utilizzare informazioni diventa vuoto di informazioni. Vuoto che si
esprime in mancanza di interessi, di linguaggio, in solitudine,
agitazione, ritardo, ritualità, incapacità di relazione ma questo non
significa che Jacopo e i bambini come lui, non desiderino
liberarsene, né che non lo si possa insegnare loro.
Lo sforzo di tutti è di rendere chiaro ciò che viene proposto e di
condurre progressivamente questi bambini verso una selezione,
un ordine nell’apprendere e una normalizzazione del vivere con gli
altri, eliminando ciò che è di disturbo in questo cammino sia che
174
venga dall’esterno, sia che dipenda dal problema biologico
condizionante.
SAPERE COSA “FARE”
Accogliere un bambino con autismo o malattie correlate
significa adottare le dovute strategie:
Sapere cosa “fare” significa sapere:
COSA RICHIEDERE ALL’AMBIENTE
LUOGHI, TEMPI E ATTIVITA’ DA EFFETTUARE
DEBBONO ESSERE SEMPRE PROGETTATI PRIMA
1 - STRUTTURAZIONE DEL LUOGO
Significa organizzare e definire stabilmente alcuni spazi
“protetti” all’interno della scuola, Luoghi specifici, utili ad una
ottimale realizzazione delle attività da svolgere, identificati secondo
le caratteristiche del bambino e gli obiettivi educativi per lui
individuati. “Protetto” significa: configurato, adeguato, tranquillo.
Significa anche OCCASIONALMENTE organizzare e definire
rapidamente ulteriori spazi “protetti” per adeguarsi ad attività
diverse, nuove.
2 - STRUTTURAZIONE DEL TEMPO
Sulla base delle caratteristiche del bambino e degli obiettivi
educativi per lui individuati si debbono progettare, condividere,
valutare gli insegnamenti da proporre. Questo significa organizzare
e definire prima, in generale e nel quotidiano, i tempi, le attività da
proporre e eseguire; come effettuare la loro misurazione,
registrazione, nonchè le valutazioni periodiche da effettuare sugli
apprendimenti per elaborare nuove pianificazioni e strategie.
NB. L’organizzazione dello spazio e del tempo dovrà essere
pianificabile, comprensibile e visibile anche per il bambino.
3 - STRUTTURAZIONE DELLE ATTIVITA’
(es. Costruire e seguire il Tabellone calendario-attività).
COSA RICHIEDERE ALLE PERSONE
1 - COSA E’ RICHIESTO ALLE INSEGNANTI
175
FIDUCIA in sé stesse e nel bambino
DEDIZIONE, DETERMINAZIONE & CONTINUITA’
PREPARAZIONE, FORMAZONE e AFFRANCAMENTO
DAI PREGIUDIZI
(Es. di pregiudizi radicati quanto falsi: handicap irreversibile;
ritardo mentale; averbalità: aggressività; asocialità; autolesionismo,
bambini pericolosi, difficili, ecc).
I pregiudizi confondono e impediscono il riconoscimento che
l’autismo è una disfunzione e non un male senza soluzione.
Avere nella scuola un bambino con autismo è come avere un
bambino con diabete. Come una classe intera è informata e si
ferma di fronte ad un malore di un bambino con diabete per
soccorrerlo, per la stessa ragione dovrebbe fermarsi se Jacopo
con autismo, non riesce a comprendere quanto gli è richiesto.
2 - ELIMINARE il “NO” e la frase “QUESTO NON SI FA”
La negazione e basta non serve a questi bambini. Non possono
riempire un vuoto con un vuoto. Ma vale per essi la sostituzione,
l’alternativa. Una azione negata va giustificata e subito sostituita
con un’altra azione o proposta, giustificata, guidata, facilitata,
premiata.
Va spiegato il perché non si fa l’azione negata. Lo si può fare
verbalmente oppure disegnando delle vignette che spieghino
visivamente quanto non va fatto e quanto invece va fatto in
alternativa e vanno spiegati gli effetti di queste due contrapposte
scelte, sia sul bambino, sia su chi gli sta attorno (es. Non gridare
perché tutti scappano mentre quando parli tutti tornano felici e
sorridenti).
In certe situazioni la negazione può trovare accoglienza se la
sua formulazione viene opportunamente anticipata con una
spiegazione (ad es. non ci fermiamo perché il negozio oggi è
chiuso).
COSA SI CHIEDE AL BAMBINO.
QUALSIASI COMPETENZA
BAMBINO CON AUTISMO.
E’
ACQUISIBILE
DA
UN
MEGLIO SE E’ UNA ABILITA’ o UNA COMPETENZA
176
SPENDIBILE, FUNZIONALE, UTILE A MIGLIORARE LA
PROPRIA INTEGRAZIONE PIUTTOSTO CHE DI RARA
UTILIZZAZIONE.
CERTAMENTE CI VUOLE TEMPO E IMPEGNO MA TUTTO
PUO’ ESSERE INSEGNATO.
“SE UN BAMBINO FALLISCE, NON E’ SBAGLIATO IL
BAMBINO, MA LA RICHIESTA CHE GLI E’ STATA FATTA”.
SE C’E’ INSUCCESSO OCCORRE SEMPLIFICARE,
SCOMPORRE MODIFICARE LA RICHIESTA PER RENDERLA
ESEGUIBILE.
RENDERE ESEGUIBILE CONSENTE AL BAMBINO DI
DIVERTIRSI E DI OTTENERE GRATIFICAZIONE DA CHI GLI
E’ ATTORNO E DALLE COSE CHE FA.
RENDERE ESEGUIBILE NON SIGNIFICA TRASFORMARE
LA VITA IN QUALCOSA DI STUPIDO, MA CONSENTIRE AL
BAMBINO DI NON DIVENTARE UNO STUPIDO.
SE IL BAMBINO HA SUCCESSO OCCORRE ANDARE OLTRE
con:
1) ALLENAMENTO,
2) ACCELERAZIONE,
3) GENERALIZZAZIONE e
4) IMPLEMENTARE
NB. In molte situazioni accade che se un compito è svolto molto
bene dal bambino, che risulta interessato e tranquillo per un
discreto intervallo di tempo, l’identico compito (es. un puzzle) viene
proposto di routine al bambino, e persino di continuo.
Uno dei problemi di cui soffrono questi bambini è la ritualizzazione e la adesività, modalità che consentono loro di
comprendere apparentemente meglio quanto accade nel mondo
caotico che ruota attorno a loro, ma che li lega ad una routine
devastante.
Attenzione
177
La propensione al ripetersi e al permanere eccessivamente non
li trasforma in geni (es. il personaggio fumetto del film “Rain man”)
e non va spronata, né tollerata ma va invece usata come
strumento per far lavorare meglio il bambino ( es. ti lascio fare il
puzzle un minuto, poi lo sospendiamo, lasciandolo lì in bella vista,
per disegnare o per dire la filastrocca…e dopo tutte queste attività,
lo riprendiamo per altri due minuti).
Possiamo usare il SE-POI, cioè se farai questo (attività
desiderata dall'insegnante), poi potrai fare quest’altro (attività
desiderata da Jacopo)
La flessibilità e l’armonia nelle competenze (e non l’eccesso) è
un obiettivo importantissimo nella soluzione dell’autismo.
PREREQUISITI
Il prerequisito di ogni richiesta al bambino, da parte delle
insegnati o dei compagni, deve essere la sua ATTENZIONE che
inizia con lo “sguardo reciproco” (occhi negli occhi e si conta sino a
cinque, mantenendo una corretta distanza), e qualsiasi azione o
richiesta va rispettivamente accompagnata o formulata
“verbalmente” (es. “Guardami Jacopo…Consegna i quaderni alle
tue compagne”).
Durante lo sguardo reciproco (attentività ottenuta), si fanno
verbalmente le richieste in modo chiaro, semplice, diretto, senza
ambiguità o doppi sensi, con modalità e velocità di voce normali e
moderate.
Solo se necessario, oppure solo inizialmente, utilizzare ulteriori
supporti alla richiesta verbale, quali l’indicazione con l’indice, con
lo sguardo, con la direzione della testa, con l’uso di un’immagine
fotografica di quanto richiesto – aiuti che vanno progressivamente
ridotti –. Nello stesso modo oltre ai suggerimenti si possono
utilizzare rinforzi (“bravo”… “campione”… ecc; quelli che si usano
anche per i coetanei) e premi (specialmente gettoni di ricompensa,
per acquisire il diritto a una merendina, che potrebbe poi
coincidere con quella che viene data a giusto orario a tutti). Questo
per abituare il bambino ad essere “attento” a ciò che gli si propone,
178
alle richieste, o a ciò che succede attorno a lui e che l’attenzione
premia.
NB. In senso più generale non si premia l’azione effettuata ma
l’attentività e un altro importante obiettivo è prolungarne i tempi
progressivamente.
Abituare il bambino a mantenersi attento significa consentirgli di
partecipare, osservare e apprendere qualsiasi competenza sino
alla normalizzazione.
VERBALIZZAZIONE
Ogni richiesta spontanea fatta da Jacopo se formulata in forma
verbale corretta, intelleggibile, va prontamente esaudita anche se
esula dalla situazione in cui ci si trova o su cui ci si applica (es. sta
disegnando e chiede di andare in bagno. Si interrompe e lo si
porta subito in bagno).
Questo per consentire a lui la comprensione dell’utilità del
linguaggio verbale
Qualsiasi richiesta fatta da Jacopo, se scarsamente o solo
parzialmente verbalizzata, oppure addirittura non verbale, seppur
comprensibile, va sempre trasformata in richiesta verbale intelleggibile; va espressa dall’operatore con voce chiara e in modo
semplice; va suggerita; va richiesta in imitazione e solo poi
eseguita.
Meglio rinforzare il linguaggio verbale con il linguaggio del
corpo, dei segni, delle convenzioni ecc (es. rispondo sì, muovendo
la testa; chiedo “perché?” usando il segno con la mano; ecc.).
Secondo gli esperti oltre l’80% del linguaggio tra gli uomini non è
verbale e pertanto questa dimensione della comunicazione va
attentamente insegnata ai bambini, persino quelli autistici.
Ogni apparente distrazione di Jacopo, per seguire un
accadimento attorno a lui (attennzione ad un fenomeno inatteso),
con interruzione delle attività in essere, (es. passaggio di un aereo
nel cielo; il girarsi al richiamo di un amico, ecc.) dovrà essere
gratificata per far comprendere a Jacopo che l’attenzione va
prestata anche al mondo attorno, o anche contemporaneamente a
ciò che si sta facendo.
179
Jacopo deve formulare VERBALMENTE descrizioni di ciò che
sta vedendo o facendo o che sta per fare ovvero dare risposte a
ciò che gli viene chiesto. Se la verbalizzazione è troppo tardiva, si
procede ugualmente all’azione, sfruttando la sua esecuzione come
momento per fargli riformulare, facilitandolo, la richiesta nel modo
verbale e gestuale dovuto.
(Successivamente quando le richieste e la comprensione
saranno raggiunte…e ci si rivolge al bambino per esaudire una
sua richiesta, si potrebbero introdurre due opzioni-risposta affinchè
lui scelga, facendo attenzione a porre la richiesta meno allettante
per ultima: “vuoi una caramella o un mestolo?” Il bambino ‘non
molto attento’ seppur in grado di comprendere il linguaggio tende a
recuperare e ripetere l’ultima parte dell’offerta ma il disappunto di
non ottenere quanto realmente desiderato aumenterà la sua
attenzione alla successiva formulazione della richiesta. Quindi non
gli si offre solo la possibilità di effettuare una scelta autonoma ma
lo si abitua ad elevare ad un livello attentivo più adeguato la
verbalizzazione)
Qualsiasi richiesta fatta a Jacopo, dovrà essere formulata
dapprima verbalmente e se possibile associata con il linguaggio
del corpo (es. “Ci sediamo per la lezione” e se intendo con ciò
fermarmi in una stanza, mi siedo); poi con suggerimenti fisici (es.
indicare con lo sgardo; avvicinargli l’oggetto in questione) che
saranno progressivamente eliminati.
MA COMUNQUE se il bambino, al terzo tentativo, non esegue
quanto gli si richiede, LO SI FACILITA E SI COMPLETA SEMPRE
L’ESECUZIONE DI QUANTO RICHIESTO.
Questo per comprendere il legame fra richiesta verbale e
azione e per impedirgli la frustrazione nell’esecuzione fallita di un
compito (cosa diversa dalla frustrazione prodotta dal corretto rifiuto
di un capriccio…Frustrazione questa che non gli fa male se
prontamente diluita con una nuova proposta).
Usate aiuti meno intrusivi possibile e diluite in molti gettoni
ricompensa le azioni per ottenere un premio.
ADEGUATEZZA E COMPORTAMENTI PROBLEMA
Favorire qualsiasi partecipazione o relazione con altri purchè
180
“adeguata”, “consona” alla situazione.
Guidare verso comportamenti corretti, adeguati, circostanziati,
convenzionali.
NB. Ricordare che il comportamento adeguato va richiesto e
preteso non solo da Jacopo ma anche da chi sta attorno a lui,
adulto o coetaneo.
Da comportamenti inadeguati di un coetaneo o di un adulto
(anche se in generale non appaiono così gravi perché noi siamo
abituati a pensare come normodotati capaci di una valutazione di
merito) possono originare per imitazione o per lo stimolo
sensoriale che li ha accompagnati, i comportamenti problema o
inadeguati che, una volta appresi, sono poi di difficile rimozione.
Favorire l’attenzione a ciò che fanno gli altri bambini
(Es.: ”-coinvolgerlo con frasi del tipo:
- “Guarda che stanno facendo. Vuoi fare anche tu il girotondo?”
- “Chiedi che si fermino”. “Chiedi: Fermatevi per cortesia, voglio
giocare”.
- “Chiedi ora a Francesca e Michela che ti diano la mano”- ”Ok
“Giro, giro tondo…”
“Guarda cosa fa Giorgia, aiutala a raccogliere le foglie”.
- “Guarda cosa scrive alla lavagna Michele” e, se particolarmente semplice e concreto quanto scritto, “scriviamo anche noi
quello che ha scritto Michele”; oppure “disegnamo quello che ha
scritto: es. APE” ecc.)
IMITAZIONE
Promuovete l'imitazione dei coetanei ogni volta che è possibile:
La possibilità-capacità di imitazione è una caratteristica innata e
sempre presente nella condizione autistica per cui il binomio
ATTENZIONE - IMITAZIONE apre percorsi abilitativi immensi.
Usate come modello i suoi coetanei sia per ottenere comportamenti adeguati, sia per insegnare. Dall’ingresso all’uscita della
scuola potete creare una gara organizzata di esempi pratici.
L’imitazione è uno strumento meraviglioso.
Qualsiasi cosa gli volete insegnare affiancategli due sue
amichette, una per parte, e fategli vedere come gli altri fanno
181
quella cosa.
Es.: - Siediti come è seduta Simona.
- Disegnate questa cosa sul foglio come la disegna…
- Alzate tutti la mano quando volete rispondere alle mie
domande.
- Jacopo alza la mano come gli altri prima di dirmelo.
- Questa è una…
Correggetelo gentilmente ma puntualmente se infrange regole
per le quali sarebbero corretti i suoi pari.
Promuovete l'apprendimento del nome degli altri alunni e la
competenza nel chiamarli per interagire in attività e relazione con i
suoi pari.
Es.: - Saluta i tuoi amici. Ciao…
Consegna a Maria il quaderno…e dille che il voto del compito
è…
Richiedete che dialoghino fra loro a turno.
Come ti chiami? Come stai? Che classe fai? Dove abiti?
Hai visto che tempo fa oggi?
Che bella maglietta hai? Che colore preferisci?
Mi piacciono i tuoi pennarelli nuovi. Me ne dai uno?
Daresti a Marisa quello verde.
Hai capito cosa dobbiamo fare ora? Ecc.
Lavorate sull'espansione delle formalità di relazione insegnado i
"saluti", il sorridersi, lo sguardo nel dialogo, il modo di parlarsi, di
mostrare gli oggetti, i compiti, facendo loro (e a Jacopo)
apprendere cosa dire quando ci si incontra, quando si va a
passeggio, quando si va a fare la spesa, quando si fa un compito,
quando si risponde alla mestra, quando non si capisce o si
vorrebbe risentire quanto è stato richiesto.
Aiutatelo a chiedere sempre quello di cui ha o avrebbe bisogno.
Es: Ora la maestra darà ad ogni bambino uno strumento
musicale.
Cosa farai quando ti darà il tuo strumento? Guarda cosa fa
Amelia.
182
Si siede, mette lo strumento sul tavolino e aspetta il segnale
della mestra.
Aiutatelo a dire:- Starò seduto calmo e suonerò al segnale.Poi premiatelo: Bravissimo:la maestra ti dirà quando devi
suonare.
Incoraggiate la conversazione tra loro insegnadogli a chiedere a
un bambino di sedersi accanto a lui per la colazione o nella pausa
gioco.
Premiatelo quando lui nomina classificandoli gli oggetti che
vede e riconosce. Espandete la competenza con descrizione
semplice di funzioni e caratteristiche minori.
Premiatelo quando sempre spontaneamente fa richieste o avvia
con qualcuno una conversazione spontanea usata nel gioco o
negli apprendimenti e lavorate per espanderla.
Aiutatelo mentre conversa con gli altri bambini: ha bisogno di
suggerimenti nell'interazione con i pari.
Coinvolgete gli altri bambini e complimentatevi con loro per un
buon lavoro come vi complimentate con lui.
Se si presenta l’occasione in cui sia naturale che un pari lo
corregga, incoraggiare il pari a farlo.
Es. Invece di dire “non spingere” dite “Bambini dovete toccarvi
più piano”. Invece di “Non urlare,” direte “Parlate più piano”
Es. Se bighellona fuori dalla fila,dite: -Anita dì a Jacopo di
sbrigarsi e prendilo per mano.
TRANQUILLITA’, PACATEZZA, TOLLERANZA, e poi ricordate
Se qualcosa non va o si complica procedere con calma e
ricominciare.
CHI CONTROLLA CHI?
Ricordare che il controllo della situazione, del progetto, degli
obiettivi lo avete VOI e non il bambino.
Serve autorità in serenità. L’autorevolezza sta nella chiarezza e
nel valore di ciò che proponete.
Lo scopo non è il controllo del bambino, il contenerlo, il far
183
passare il tempo ma bensì aprire il bambino ad esperienze utili,
significative e produttive.
COSA RICHIEDERE AGLI ALTRI BAMBINI DURANTE LE ORE DI
SCUOLA RISPETTO A JACOPO
Adeguatezza. Fare attenzione a non urtarlo, non abbracciarlo,
tironarlo, sbatterlo , spingerlo, a non urlare, ecc., ma essere
modelli di adeguatezza, adoperare modalità comportamentali
corrette al fine di insegnare a Jacopo come ci si presenta, ci si
guarda, ci si parla, come ci si saluta, come si progetta assieme un
compito, come si esegue, ecc.
Se la classe ride rumorosamente ad un suo comportamento
improprio lui trasformerà tale azione in un premio, in una
possibilità interessante di attirare l’attenzione divertita degli altri su
di sé.
Quindi informate la classe che mantenere un comportamento
adeguato è un bene. Che essere indifferenti a capricci o comportamenti impropri è un bene per Jacopo mentre è un bene dirgli
bravo quando si comporta bene.
Spiegate prima, al bambino con autismo, cosa succederà e
come dovrà comportarsi e se inadeguato aiutatelo con vignette,
con gli esempi dei coetanei e la loro imitazione, con la riduzione
esplicita dei gettoni premio, con l’indifferenza assoluta rispetto a
quanto non va bene.
I comportamenti problema non vanno mai trasformati in
momenti di comunicazione attiva, transitiva oppure rinforzati con
risposte che (anche se inavvertitamente) forniscono quanto
desiderato dal bambino (es. il bambino grida e subito si esce, o si
corre da lui, o ci si gira tutti verso di lui).
Sappiate inoltre che molti comportamenti problema vengono
eliminati semplicemente “appesantendoli” (es. se Jacopo si sfrega
la testa o ha altre attività motorie inopportune ecco che gli si
proporrà uno schema motorio più complesso da eseguire: fai
questo, fai questo ecc. secondo una attività motoria grossolana, di
una certa durata, ma preparata prima, così da essere competenti,
veloci ed efficaci quando ci sarà da proporla. Esistono attività utili
anche agli altri bambini e che si possono eseguire assieme:
184
mimare una poesia significativa).
L’importante è non pensare che solo cose banali e di modesta
rilevanza possano essere proposte perché così si anticipa e si
amplifica la realizzazione del gap tra questi bambini e i coetanei.
Ogni comportamento problema va interrotto prontamente.
(Es. una ecolalia si interrompe introducendo questioni sulla
stessa: due coniglietti; due coniglietti…Chiedete: Come fanno i
coniglietti a scappare dal lupo? Dimmi come corrono i coniglietti?
Di che colore sono i coniglietti?)
Siate sempre presenti ma cercate di renderlo autonomo.
Incoraggiatelo con complimenti quando si comporta adeguatamente
(Es. appena sta seduto bene e in silenzio durante la lezione
della maestra. Dopo un po’ di tempo).
Premiatelo quando è opportuno ed adeguato e siate indifferenti
quando non lo è.
Quando il bambino realizza con successo qualcosa, andatene
fieri e compiacetevi per un lavoro ben fatto da entrambi. Poi ,il
giorno successivo, datevi un altro obiettivo, dimenticandovi del
precedente successo.
Compiacersi va bene ma si può ottenere di più.
Fare bene non è così complesso come si è soliti pensare, né
richiede un’enorme bagaglio formativo ma una speciale attenzione
alle soluzioni pratiche, alle piccole strategie da adottare, un
particolare riguardo ai principi secondo cui ci si deve muovere.
Siate disponibili al confronto con gli altri operatori, con i genitori,
senza paura di giudizi o critiche perché il lavoro da fare è molto e
nessuno sa fare tutto da subito.
Quello che invece non si dovrebbe dimenticare ma che non
viene mai detto, è che ogni volta che non ci si impegna, che si
lascia andare… si è perduta un’occasione, un’opportunità di
aiutare un bambino e domani un uomo ad esistere oggi tra i
bambini e domani tra gli uomini.
185
COSE DA NON FARE
Non permettetegli di utilizzare le stesse cose, gli stessi
materiali, sempre nello stesso ordine, ogni giorno.
State attenti ad eliminare la sua rigidità e lavorate perché accetti
meglio i cambiamenti.
Non permettetegli di utilizzare comportamenti inappropriati per
attirare la vostra attenzione.
Non consentite anarchia, né confusione.
Completate sempre i compiti prefissati magari riducendo i tempi
di lavoro.
Fate preparare e riordinare secondo modalità normali.
Coinvolgete altri bambini nelle stesse competenze.
Non permettetegli di stare o giocare da solo anche se lui lo
vorrebbe.
Attivatevi per ottenere un cambiamento verso l’interazione: non
imparerà mai a giocare, a studiare o a condividere qualcosa con gli
altri se li evita e se non glielo insegnate.
Non cercate di evitare alcune situazioni solo perché ritenete che
siano difficili per lui.
Lavorate proprio sulle sue difficoltà, sfruttando la negatività per
costruire positività, incoraggiando le sue capacità.
Non confondete la calma con la lentezza o la noia.
Lavorate e insegnate a velocità normale. Non costruite
handicap sull’handicap.
Non lo proteggete troppo. Lasciatelo diventare indipendente.
Non permettete a voi stessi, come insegnanti di sostegno di
rimane intrappolati nella routine
della classe: i vostri obiettivi sono un po’ diversi da quelli degli
altri docenti: le competenze e l’integrazione come occasione di
normalizzazione con e attraverso coetanei.
CONTINUITA’
Non dimenticate il confronto con i genitori.
Serve anche a trasferire un ottimo lavoro in un ambiente in cui
magari non si fa altrettanto, oppure per apprendere corrette
modalità per effettuare e continuare un ottimo lavoro in una
struttura che non lo sa ancora fare.
Comunque vadano le cose da un confronto continuo è il
186
bambino che ci guadagna.
FASE I INTERAZIONE - ADEGUATEZZA
1) Aiutate anche fisicamente il bambino a partecipare a tutte le
attività
Concentrate l'attenzione nel fargli imparare le prime regole
essenziali
(mettersi in fila, stare seduto; stare in silenzio).
Non aiutatelo più quando è capace.
2) Aiutate il bambino nell’apprendimento in parallelo e in
gruppo.
Aiutate il bambino ad espandere la durata della attenzione e
della relazione
Aiutate il bambino ad agire tra gli altri bambini
3) Insistete sul "sapersi comportare"durante” la lezione
Aiutatelo ad usare correttemente i materiali di lezione
Aiutatelo ad usare correttamente i quaderni e i libri
Aiutatelo a seguire la lezione alla lavagna.
4) Premiatelo molto per i comportamenti appropriati
La lezione della maestra, quando tutti devono stare attenti, è un
momento molto difficile per i nostri bambini. Inizialmente
pretendete che il bambino sieda composto e in silenzio per poco
tempo. Prefiggetevi un obiettivo alla sua portata.
Rinforzate moltissimo se raggiunge questo obiettivo poi
lasciatelo distrarsi e uscite ma scegliete voi il tempo di uscita
anticipando il bambino possibilimente.
Il giorno successivo pretendete l'attenzione per più tempo alla
lezione da cui voi estrarrete (con una strategia comune e condivisa
con la mestra) un elemento chiaro per disegnarlo, continuando
questa procedura finchè il bambino è capace di sedersi appropriatamente per tutto il tempo deciso e di seguire parte della lezione.
Se i capricci disturbano la classe potete tranquillamente
allontanare il bambino dalla classe e andare fuori, ma solo per
PROPORRE UN ALTRO LAVORO (magari più facile per lui) ma
poi proponete in altra sede qualcosa di più complicato, meglio se
187
con un compagno presente, che funga da guida… ma mai
"premiare" il suo comportamento negativo rinforzandolo, con il
disimpegno o tollerando un comportamento inadeguato o solitario.
FASE II VERBALIZZAZIONE
1) Promuovete l'uso del linguaggio
Lavorate con il piccolo gruppo sui dialoghi formali e con la
maestra e i compagni organizzate una brevissima lezione “finale”
con domande e attività specifiche per Jacopo, a cui partecipino in
modo corale tutti, ma in cui il protagonista sia lui.
Richiedete il contatto oculare quando parla o gli viene rivolta la
parola.
Aiutatelo a rispondere correttamente alla maestra e agli altri
bambini.
A questo momento finale fate precedere e seguire un tempo
breve di normali prestazioni molto adeguate al programma di
alunni.
Insegnategli il modo in cui può chiedere agli altri qualcosa
2) Prefiggetevi il raggiungimento di comportamenti appropriati
nella classe.
Seguire il lavoro di gruppo.
Partecipare a progetti, competenze libere e strutturate, a
quando si riordina la classe
3) Aiutate l’interazione
L'insegnante di sostegno deve diventare amica degli altri
bambini
Gli altri bambini di conseguenza vorranno stere intorno a lei e
quindi intorno al bambino in difficoltà. L'insegnante deve aiutare
continuamente il bambino a partecipare, ascoltare e parlare con gli
altri bambini in modo appropriato
FASE III
Perseguire: ADEGUATEZZA, PRECISIONE, COMPETENZA E
DURATA.
1) Prefiggetevi piu indipendenza durante le attività
188
Richiedete al bambino si guardare il tabellone calendario delle
attività e gli altri alunni nella lezione per sapere cosa succederà o
farà dopo (non ditegli cosa deve fare )
Richiedete al bambino più verbalizzazione e iniziate a
pretendere che entri nei discorsi, dapprima con semplici parole
chiave, inerenti e facilitate nella formulazione e poi spontanee,
alzando la mano per partecipare allediscussioni di classe
Assicuratevi che il bambino canti tutte le canzoni, reciti le
poesie, anche a turno, ecc. insieme alla classe
2) Aumentate la frequenza dell'interazione spontanea con gli
altri bambini
Incoraggiatelo a fare domande e a rispondere alle domande
degli altri sempre piu elaborate
Pretendete che attiri l'attenzione degli altri prima di parlargli
toccandoli o chiamandoli per nome
Incoraggiatelo a condividere
Promuovete speciali amicizie anche fuori orario scolastico con i
compagni di classe
L'insegnante utilizzi il bambino come suo speciale aiutante in
modo che gli altri lo ammirino per le sue qualità
Riassunto delle regole generali
1. Discutere, Condividere, Preparare e Seguire un Progetto
-Strutturare l’ambiente
-Strutturare gli avvenimenti, modalità e tempi e i singoli esercizi
-Informare su ruoli e attività, le altre persone o bambini coinvolti
2. Preparare e Predisporre gli strumenti; coinvolgere il
bambino nella preparzione e nel riordino
3. Non consentire tempi morti
4. Tranquillità, Disponibilità, Comprensione, Calma e Buon
umore, Lasciare i problemi a casa
5. Anticipare
6. Perseguire: Adeguatezza, Precisione, Competenza e
Durata
7. Cercare e ottenere lo Sguardo; prolungare lo sguardo a
189
cinque secondi.
8. Formulare le richieste in maniera chiara, semplice, pacata,
a moderato tono di voce
9. Verbalizzare ciò che si compie
10. Pretendere, invogliare, attendere verbalizzazione
11. Coinvolgere Individuare, visualizzare, definire gli esercizi
12. Facilitare i compiti. Avviarli e lasciarli compiere in
autonomia
Introdurre il ruolo del compagno, sfruttando l’imitazione, la
turnazione, lo scambio.
13. Che ogni attività divenga un successo, un piacere
14. Richiedere cose secondo obiettivi pre-definiti
Non produrre richieste esorbitanti le capacità e se irrosolte
occorre semplificare
16. Ridurre progressivamente suggerimenti o premi
17. Favorire e premiare l’attenzione prestata a ciò che succede
nell’ambiente, anche
incidentalmente, al di fuori del compito.
18.
Favorire e premiare qualsiasi richiesta (ad eccezione di
premi organizzati secondo gettoni di
economia) se formulata correttamente anche se extra
situazione
19. Lateralizzare (favorire l’uso della sola mano destra – o
sinistra, se mancino - nelle attività di rito)
20. Non creare esclusione dalle attività o rallentamento nell’
esecuzione di richieste.
21.
Seguire l’ordine di scrittura (da sinistra a destra; dall’alto
al basso) nelle attività grafiche e di
lettura o interpretazione di immagini
22. Strutturare ma non ritualizzare
23. Premiare sempre i comportamenti corretti. Non considerarli
mai ovvi e scontati.
24. MAI PREOCCUPARSI DI EVENTUALI COMPORTAMENTI
PROBLEMA
MAI PREMIARLI nemmeno inavvertitamente; né renderli
comunicazione fruibile.
Continuare a proporre il progetto della giornata o prodursi in
proposte alternative o strategie opportune
190
25. Riferire sull’andamento e confrontarsi
191
YPOTHÈSE SUR
"NATURALISTES"
Paul Tréhin
LES
PEINTURES
PRÉHISTORIQUES
Résumé : De nombreuses questions viennent à l’esprit à
propos des formes d'arts préhistoriques, en particulier les plus
élaborées, telles que celles trouvées dans les grottes de Lascaux,
Cosquer, Chauvet, Côa, Niaux, etc. , formes qu'on appelle
"naturalistes" par opposition aux dessins plus schématiques et
abstraits de type "symboliques" telles que celles de la Vallée des
Merveilles ou de Val Camonica et bien d’autres du même style.
• L'apparition de dessins et peintures semblant avoir été
soudaine puisqu'on ne trouve pas de formes évolutives antérieures
de ce style. Comment est apparu cette forme avancée d'art ?
• Comment ces artistes ont ils appris ?
• Comment est il possible que des artistes éloignés dans le
temps (plus de 10000 ans) et dans l'espace (Europe du Sud
Afrique du Sud) aient pu avoir des styles si semblables ?
Une autre catégorie d'artistes, un sous groupe parmi les
personnes autistes, exécute des œuvres d'art tout à fait
remarquables. Cet art apparaît souvent dès leur plus jeune âge, et
se perpétue généralement à l'âge adulte, sans qu'ils n'aient eu de
formation au dessin. Par ailleurs, des personnes autistes n'ayant
eu aucun contacts entre elles ont produit des œuvres d'un style
étonnamment similaire.
Ces artistes autistes étaient parfois appelés "Idiots savants",
terme maintenant abandonné au profit du terme de "Savants
Autistes". Ces personnes ont un "style cognitif" différent.
L'hypothèse développée dans cet essai est qu'il se pourrait que
les peintres et dessinateurs "naturaliste" de la préhistoire aient
étés des personnes que l'on qualifierait aujourd'hui de "Savants
Autistes". Cette hypothèse est étayée par d'autres remarques
montrant de nombreux points de similitudes entre ces deux
groupes d'artistes.
Introduction
Le titre de cet essai est déjà en lui même l'expression d'un
choix, celui de distinguer deux grandes catégories dans l'art
192
préhistorique, une forme d'art que l'on peut appeler "naturaliste " et
l'autre "symbolique".
Par "naturaliste" j'entend parler de la forme d'art des peintures
et gravures pariétales telles que celles de Lascaux, Roufignac,
Cosquer, Chauvet, Côa, Niaux en France, Altamira en Espagne,
Romito en Calabre, en Libye, en Afrique de Sud, etc. où la
représentation des animaux, bien que stylisée, reste très fidèle aux
modèles.
La forme "symbolique", elle, s'éloigne de la représentation du
modèle soit par un trait et une forme simplifiés, soit par des
déformations voulues de certaines parties du modèle pour en
accentuer un aspect particulier.
Dessin "naturaliste" Grotte de Niaux
Gravure "symbolique" Niger
Il me semble en effet que ces deux formes d'art devaient avoir
des auteurs très différents et que cette distinction de forme pourrait
être propre à éclairer d'une manière originale la vision que nous
avons de l'apparition de l'art pariétal.
Qui étaient les artistes qui peignaient de si merveilleuses
œuvres d'art "naturaliste" sur les parois des cavernes il y a entre
trente cinq et dix mille ans ? Où et comment ont ils acquis leur
superbe maîtrise du dessin ? Comment cet art s'est il répandu
dans l'espace et dans le temps pendant plus de 25000 ans et sur
des milliers de kilomètres ? Y avait il un sens à ces dessins et si
oui, quel était il ?
Le plus souvent, sans faire la distinction entre les deux grandes
193
catégories proposée ci-dessus (naturaliste symbolique), de
nombreux historiens de la préhistoire ont proposé des hypothèses
sur ces créateurs et sur le sens de leurs œuvres : L'interprétation
magique et divinatoire du futur (Bronowski 1973). L'interprétation
structuraliste et religieuse (Leroi-Gourhan 1972) perpétuée jusqu'à
ce jour, reste très vivace. L'interprétation chamanistique (Clottes
2001) provoque des remous dans le monde de la paléontologie .
L'interprétation fondée sur le plaisir de la création “même si bien
peu croient encore à l’art pour l’art“. L'interprétation liée à la
mutation génétique qui aurait engendré l’homme moderne (Klein
2000), entraînant une évolution cognitive (Mithen 1999) qui
expliquerait l'apparition soudaine d’un art très riche il y a environ
40000 ans. Se pose alors la question d’expliquer pourquoi l’Homo
Sapiens Sapiens, apparu il y a environ 100000 ans, aurait attendu
si longtemps avant de devenir créatif, artistiquement parlant.
Je propose ici une autre hypothèse, limitée à l'art que j'ai
appelé "Naturaliste", étayée par quelques éléments d'analyse qui,
bien que partiels, pourraient apporter quelques pistes de
recherche. J'espère que d’autres chercheurs pourraient être
suffisamment intéressés par cette analyse succincte pour
entreprendre de tester cette hypothèse, au sens Popperien, et
peut être ouvrir des pistes de recherches pluridisciplinaires plus
approfondies dont je n'ai ni les compétences ni les moyens.
Cette recherche se fonderait sur la fertilisation croisée de deux
champs de recherche qui n'ont à priori rien à voir l'un avec l'autre :
l'étude de l'art pariétal "Naturaliste" d'un côté et la compréhension
du fonctionnement cognitif permettant l'expression des talents
extraordinaires en particulier en dessin, de certaines personnes
autistes appelées "Savants autistes", de l'autre.
Il existe en effet un petit sous groupe de personnes atteintes
d’autisme ayant des talents véritablement extraordinaires
(Hermelin 2001), en calcul y compris le "don du calendrier", en
musique, et pour ce qui nous intéresse, en dessin ou en sculpture.
L’exemple ci-dessous a été réalisé par une jeune enfant autiste,
Nadia, à l’âge de quatre ans (Selfe 1977).
194
Cheval de manège dessiné par Nadia à quatre ans
Cette analyse s'appuyant sur un domaine de connaissances en
dehors de l'étude de l'art préhistorique serait un essai d’approche
"exogène", telle qu’elle avait été suggérée par l'éminent
préhistorien Michel Lorblanchet "La connaissance précise des
significations est hors du domaine de l'archéologie de l'art
préhistorique", cité dans le numéro hors série de "La Recherche"
sur "la Naissance de l'Art" (Lima 2000).
L’hypothèse formulée est la suivante : Se pourrait il que ces
artistes aient étés des "savants " comme on peut en trouver assez
fréquemment parmi les personnes autistes (Edelson 1995), mais
aussi dans quelques rares cas de traumatismes crâniens (Treffert
2001)?
Cette hypothèse peut être reliée à deux des interprétations
citées précédemment : L'interprétation de "l'art pour l'art", et celle
de la "mutation génétique"(Klein 2000), mais dans ce cas
appliquées uniquement à la forme d'art "Naturaliste" et non à l'art
préhistorique en général. Les critiques faites à l’analyse de Klein
(Appenzeller 1998) sont justifiées quand on englobe toutes les
formes d’art préhistorique mais le sont moins dans le cadre de l’art
"Naturaliste". Cette analyse rejoint aussi, en partie au moins, celle
faite par Jean Clottes sur la naissance de l'art "A partir du moment
195
où le concept artistique existe, il suffit de quelques individus doués
pour arriver très vite à d'excellentes représentations" (Langaney et
al 1998, pp 69). Il semble bien en effet que les artistes
"Naturaliste"de la préhistoire aient étés fort peu nombreux compte
tenu de la rareté des œuvres retrouvées par rapport au plus grand
nombre d’œuvres "symbolique" répertoriées.
Dans cette perspective il n'est toutefois pas évident que les
hommes préhistoriques aient effectivement perçu leurs propres
dessins et peintures comme de l'art ni même comme une
expression esthétique : les personnes autistes douées en dessin
sont très surprises de voir que leurs œuvres, pourtant extraordinaires, émerveillent les autres personnes.
L'art "symbolique", de son côté, semble avoir une évolution très
différente et correspondant probablement mieux aux interprétations gradualistes de l'apparition de l'art., on trouve en effet des
formes plus primitives de cet art datant de bien avant 50 000 ans
(Balter 2002). Cette forme d'art se prête aussi mieux aux interprétations religieuses et ou chamanistiques et hallucinatoires, comme
le montrent les études sur l'interprétation de ces formes d'arts
préhistoriques par les Bushmen modernes (Saint-Blancat 1991).
Il a été montré que les techniques de fabrication des produits
servant à exécuter ces dessins et peintures auraient été
développées bien avant l'apparition des peintures "naturalistes".
Des bâtons d'ocres existaient en effet dès la fin du néandertalien
et au début de l'homo sapiens (Nougier 1970), il y a 50000 à
40000 ans. Il serait imaginable que les peintres ayant produit les
œuvres "naturalistes" aient été des artistes exceptionnels et qu’ils
aient pu utiliser ces techniques mises à leur disposition par leurs
aînés et les surpasser dans la réalisation artistique. C’est ce qu’on
observe avec les jeunes enfants autistes doués utilisant les
mêmes crayons que leurs camarades pour dessiner des œuvres
incomparablement plus avancées que celles des autres enfants.
L’art "symbolique" ne semble pas avoir été influencé par les
capacités extraordinaires des artistes "naturalistes" et a continué
196
son évolution au cours des millénaires, affinant sa capacité
communicative sans trop se préoccuper de la fidélité de la
représentation, entre autre vis à vis de la perspective.
Pour la compréhension de l'art préhistorique que j'ai appelé
"Naturaliste", l’hypothèse " savants autistes " apporterait une
nouvelle perspective. Pour les personnes autistes, cela montrerait,
si nécessaire, la valeur de la diversité et le danger de toutes les
formes d'eugénisme. Temple Grandin, disait dans une conférence :
"Si par un moyen quelconque on était arrivé à éradiquer l'autisme
dès les temps préhistoriques, les hommes seraient toujours entrain
de socialiser autour d'un feux dans une caverne".
Fallait il à l’évolution des civilisations humaines des personnalités hors du commun pour bousculer les schèmes traditionnels?
Mais ne fallait il pas aussi des personnalités plus traditionnelles
pour exploiter ces nouveautés ? James March, grand spécialiste
de la Théorie des Organisations distingue les comportements
d’exploration et les comportements d’exploitation dans les organisations. Les deux sont nécessaires au développement des organisations. Si nous considérons que les tribus préhistoriques étaient
des organisations, nous avons le même besoin pour l’exploration
et l’exploitation.
Certaines personnes autistes auraient elles été indispensables
à l’évolution de nos sociétés par leur comportements d’exploration?
Nous étudierons successivement les points suivants :
• Les merveilles et mystères de l'art pariétal "Naturaliste"
• La comparaison entre oeuvres "Naturalistes" et "symboliques"
• L’existence de formes innées de l'art chez certaines
personnes atteintes d’autisme
• La comparaison avec les dessins d'enfants du même âge non
atteints d’autisme
• La comparaison des dessins de personnes autistes et des
dessins préhistoriques
197
• Au delà des similitudes de styles artistiques
Bibliographie sommaire
T. Appenzeller, “Evolution or Revolution?”, Science 1998 282: 1451.
M. Balter, “Oldest Art, From a Modern Human Brow – or Doodling ?”, Science,
Volume 295, Number 5553, Issue of 11 January 2002, pp 247-249
J. Bronowski, "The ascent of man", Little Brown Company, Boston 1973, pp
50-56
J. Clottes, "La grotte Chauvet, l'art des origines", Le Seuil, Paris 2001
S. Edelson, " Autistic Savant "Center for the Study of Autism, Salem, Oregon,
http://www.autisme.com/ari/pubs., 1995
B. Hermelin, "Bright Splinters of the Mind. A personal story of research with
Autistic Savants " , Jessica Kinsley Publishers, London 2001
R.G. Klein,"L'art est il né d'une mutation génétique", La Recherche Hors Série
N°4, novembre 2000.
A. Langaney, J. Clotte, J. Guilaine, D. Simonet, "La plus belle histoire de
l'homme", Seuil, Paris 1998
A. Leroi-Gourhan,"Les hommes préhistoriques et la religion", La Recherche
Spécial 30 ans, article initialement publié dans la même revue en septembre
1972.
P. Lima, "Un siècle d'interprétations, de l'art pour l'art au structuralisme, de la
magie au chamanisme", La Recherche Hors Série N°4, novembre 2000
M. Lorblanchet, “LA NAISSANCE DE L’ART, Genèse de l’art préhistorique ”,
Editions Errance 1999
Steven Mithen, “The Prehistory of the Mind: The Cognitive Origins of Art,
Religion and Science”, Thames & Hudson; ISBN: 0500281009, 1999
L.R. Nougier, "L'économie préhistorique", Que Sais-je N° 1397, PUF 1970
J. Saint-Blancat, "Les Bushmen racontent leurs ancêtres", Science et Avenir,
mai 1991
L. Selfe, "Nadia, a case of extraordinary drawing ability in an autistic child",
Harcourt Brace 1977
S. Tiné, "Il Paléolitico", in E. Lattanzi, "Il Museo Nazionale di Reggio Calabria",
Gangemi Editore, pp 19-21
D. A. Treffert," Is There A Little Rain Man In Each Of Us?", (2001)
http://www.wismed.org/foundation/eachus.htm
198
IMAGINATION ET CREATIVITE DANS L'AUTISME.
Chantal Tréhin
Il est reconnu que le développement de l'imagination dans
l'autisme présente des anomalies importantes. L'imagination est
considérée comme l'une des trois composantes de la triade de
difficultés rencontrée dans l'autisme: Socialisation
Communication - Imagination
Est-ce à dire que les personnes autistes sont dénuées d'imagination? Comme pour tout ce qui concerne les difficultés
spécifiques à l'autisme, il est préférable de raisonner en termes
qualitatifs plutôt que quantitatifs, de développement différent plutôt
que retardé ou absent.
Dans l'enfance, l'imagination se manifeste principalement à
travers le jeu et les dessins.
Parmi les fonctions de l'imagination, il y a:
* pouvoir créer ou recréer un centre d'intérêt en son absence
* pouvoir disposer d'une "version idéale" de la réalité.
Développement de l'imagination chez l'enfant normal
Au début l'enfant normal reproduit la réalité dans son jeu, imite
les adultes. Il commence par reproduire des actions familières en
dehors de leur contexte normal mais très vite il invente, il refait une
réalité plus agréable, voire même un monde très éloigné de la
réalité (fantastique, magique, monstres etc.) afin de rendre plus
concret ses désirs ou ses peurs.
Ses dessins sont codifiés. Il ne représente pas réellement ce
qu'il voit "L'enfant ne dessine pas ce qu'il voit mais ce qu'il sait."
(H Gombrich). Il utilise des conventions, par exemple pour
représenter le soleil, les oiseaux, les maisons etc. A l'âge où il
commence à être capable de faire plus que gribouiller, il dispose
déjà d'un ensemble de représentations et de concepts.
Avant 8 ans, l'enfant dessine ce qu'il sait. Ce n'est que vers cet
âge qu'il commence à être conscient de la différence entre ce qu'il
voit réellement (comme une table avec 3 pieds ou au mieux un
4ème incomplet) et ce qu'il sait être là. (E. Newson)
Développement de l'imagination chez l'enfant autiste
199
Le jeu
Chez les enfants avec autisme, lorsque le jeu symbolique se
manifeste, c'est de façon plus concrète. On note alors une
tendance soit à reproduire des séquences telles quelles ont été
apprises dans le cadre d'interventions par des spécialistes (par
exemple l'enfant reproduit la séquence de "dînette" comme il l'a
pratiquée avec le psychologue), soit à s'inspirer de, voire à
reproduire fidèlement, les histoires des livres ou des bandes
dessinées qu'il a pu lire ou qu'on lui a lues, ou celles qu'il peut
suivre sur des vidéos. Il reproduit alors parfois des dialogues
entiers en écholalie. Il arrive qu'il attribue d'office des rôles aux
personnes de son entourage, et parfois même aux objets. "Faire
semblant d'être un personnage imaginaire" faisait partie des
exemples donnés pour illustrer les critères du DSMIII-R. Lorsqu'ils
font leur apparition, ces personnages imaginaires sont alors
directement copiés, parfois avec très peu de modifications, sur les
personnages de bandes dessinées ou de dessins animés.
Il semble que l'enfant ait besoin des modèles que forment à la
fois le contenu et le support pour rendre concret, grâce à eux, ces
histoires qu'un enfant ordinaire est capable d'inventer, et se
contente souvent d'imaginer ou de se raconter d'une façon plus
abstraite.
Le dessin
On note un certain nombre de caractéristiques communes:
• Au début, on trouve le plus souvent une reproduction assez
fidèle d'un modèle. Ce modèle peut être un objet réel, souvent le
genre d'objet qui n'inspire pas spécialement les enfants en général
(l'enfant recopie la table, le lecteur de cassettes, le plateau de la
cafétéria, les antennes de télévision sur les toits, les
lampadaires…), souvent aussi, il s'agit déjà d'un dessin. Mais
reproduction ne veut pas dire copie, l'enfant en général reproduit
ce modèle de mémoire (sans la présence du modèle)
Exemples Nadia et les pélicans, ou Stephen Wiltshire qui tourne
le dos au bâtiment qu'il est en train de dessiner.
• Le support lui même est souvent reproduit. Si le modèle vient
200
d'une bande dessinée, le dessin sera dans des vignettes de format
comparable à celui du modèle.
Certains enfants vont même "fabriquer" des livres en
assemblant, ingénieusement parfois, des feuilles de papier pour
former un livre. D'autres peuvent reproduire un support sous forme
d'affiche, de boîte, de timbres etc.
• L'utilisation de l'espace n'est pas dictée par le papier. Le
cadrage n'est pas symbolique, selon l'endroit où le dessin est
commencé, un objet peut être coupé, ou le dessin déborder du
papier
• On voit peu d'utilisation de conventions de représentation (par
exemple le soleil avec ses rayons ou la maison avec le chemin qui
arrive à la porte), sauf si le modèle est déjà un dessin, auquel cas
la convention sera reproduite de façon invariable (même les
débuts de la perspective sont des conventions). On voit plutôt une
représentation exacte de la réalité perçue, même si elle est
maladroite.
• La technique: certains utilisent un moyen préférentiel, voire
exclusif: Lors de sa première visite chez E. Newson, Nadia a utilisé
les crayolas qu'on lui proposait et qui semblaient adaptés à une
enfant de cet âge (6ans). Ce n'est que lorsqu'on lui a donné un
stylo qu'elle s'est mise à dessiner de façon étonnante.
Apprentissage
Parfois le dessin commence par l'apprentissage de techniques
élémentaires, ou plus complexes.
Voici ce que rapporte la maman de Nicolas
"A 11 ans il dessinait des bonshommes bâtonnets très élémentaires. Un jour j'ai emprunté à la bibliothèque une vidéo de Jim
Henson (le créateur des 'muppets' qui s'appelait 'Tu es
dessinateur'. Il l'a regardée et a immédiatement dessiné la plus
belle 'Kermit la grenouille' que j'ai jamais vue.
Certains commencent par la couleur, voire restent essentiellement attirés par cet aspect.
Philippe est un adulte qui a passé une grande partie de sa
jeunesse en milieu psychiatrique. Il n'a pas acquis de technique de
dessin et se contente de lignes simples, mais il montre dans ses
201
productions une fascination pour la couleur qui le fait choisir celleci avec soin puis assembler ses feuilles d'une façon qui
visiblement ne doit rien au hasard. Malheureusement, seul le
processus de création semble l'intéresser. Lorsqu'il a terminé son
assemblage, il se désintéresse du résultat et peut très bien
empiler les feuilles peintes alors qu'elles ne sont pas encore
sèches… Philippe ne semble pas intéressé par le regard des
autres sur ses dessins.
D'une manière générale, au début, les dessins ne sont pas
destinés à être admirés. Ce n'est que plus tard, et seulement s'ils
sont utilisés socialement et valorisés par l'entourage, que l'enfant
est encouragé à les utiliser ainsi.
Evolution
Une caractéristique fréquemment retrouvée est une évolution
par toutes petites étapes, faite de modifications légères, presque
insensibles. Le même dessin est reproduit, mais avec des
couleurs, ou des lignes, ou des positions, ou encore sous un angle
légèrement différents. On retrouve le même phénomène dans les
histoires racontées qui parfois varient uniquement sur certains
détails, mais qui pour l'enfant ne sont pas les mêmes histoires.
Conclusion
Cette forme de symbolisme permet à la personne autiste qui y
a accès de substituer en partie à l'objet réel sa représentation.
Ceci la rend moins dépendante de l'environnement pour accéder
au plaisir important que lui procurent ses intérêts particuliers et
diminue l'étrangeté des comportements liés à cet intérêt. Comme
c'est le cas de l'imagination en général, elle procure à la personne
autiste un moyen de disposer d'une version plus parfaite de cette
réalité, que le monde réel ne peut lui offrir, et donc peut être une
grande source de plaisir.
Exemple de support concret: les villes imaginaires
Il s'agit là d'un thème fréquent, que l'on retrouve chez beaucoup
de personnes autistes aimant et sachant dessiner (Stephen
202
Wiltshire, Damien Eschbach, Gilles Tréhin) voire chez certains
n'ayant pas de capacités spéciales dans ce domaine (Nathanaël
Mini). Les similitudes sont frappantes, et même dans les dessins
maladroits de Nathanaël on retrouve nombres de points communs
avec ceux des autres (intérêt pour les transports en commun, ligne
de métro, gares). Uville, ville imaginaire de Gilles Tréhin, est une
illustration complète de la richesse imaginative qui peut être
atteinte grâce à ce support concret, aussi bien sur le plan du
dessin que dans plusieurs dimensions de la créativité.
203
INTRODUCTION À URVILLE
G. Trehin
Artista Autistico
Bonjour je
m'appelles
Gilles Tréhin je
suis né en
1972. Je vis à
Cagnes
sur
Mer, à coté de
Nice, dans le
Sud Est de la
France.
Je dessine depuis l'âge de 5 ans et j'ai toujours été passionné
par les grandes villes et les avions. A partir de 1984, j'ai commencé
à être intéressé par la conception d'une ville imaginaire, elle
s'appelle Urville, le nom est venu de "Dumont d'Urville", le nom
d'une base scientifique dans un territoire français de l'Antarctique.
Depuis je dessine des vues de cette ville et j'écris actuellement
une description historique, géographique, culturelle et économique
d'Urville.
Si vous voulez savoir plus d'informations sur Urville suivez moi
Site Web d'Urville _
http://perso.libertysurf.fr/URVILLE/
Urville Web Site
_
Hello, my name is Gilles Trehin, Born in 1972, I live in Cagnes
sur Mer, near Nice, in south-east of France.
I have been drawing since the age of 5., I have always been
fascinated by big cities and aeroplanes. Since 1984, I started to
be interested by the conception of an imaginary city, it's called
Urville, the name came from "Dumont d'Urville", a scientific base,
in a French territory of the Antarctic.
Since then, I am doing some drawings on this city and I am
204
actually
writing
a
historical,
geographic, cultural and economic
description of Urville.
If you want to have more
information follow me on my website.
Gilles Tréhin 58 av de la Gare
06800 Cagnes sur Mer
FRANCE
[email protected]
Introduction Générale
Urville est une ville de 11 820 257 habitants (1999), elle est la
plus grande ville de France et Europe en population. C’est la
capitale de la région administrative Provence
Insulaire comptant 14 275 960 habitants. La
ville est divisée en 35 arrondissements.
Urville dispose de Cour d’Appel, Cour
d’Assise, Tribunal de Grande Instance,
Université, Archevêché et d’autres services
administratifs.
Urville est la capitale économique de la
France. Elle regroupe les sièges sociaux de
grandes entreprises (banques, assurances,
compagnie nucléaire, compagnie pétrolière,
informatique, électronique, chimico-pharmaceutique).
L’activité industrielle (chimicopharmaceutique, équipement, textile, agroalimentaire, produits de bien…) représente malgré
son déclin depuis 1975 encore 28% de l’activité
économique d’Urville.
Urville est la capitale financière de la France, c’est la plus
importante bourse du pays. Le secteur de la presse est très
important, Urville abrite comme quartiers généraux, plus de 400
205
revues, 30 journaux nationaux et plus de 100 maisons d’édition.
Urville est une capitale internationale culturelle et abrite
d’importants musées et plus de 300 théâtres. De nombreuses
manifestations culturelles comme des concerts, des expositions,
des festivals et des foires traditionnelles y sont organisées.
Urville fut fondé sous le nom de " Qart-Sous-Yam " (Carsouce)
au 12ème siècle av. J.C. par les Phéniciens. Elle devient Urbis
(Urville) au 1er S. av. J.C. sous les Romains. Urville était la 3ème
ville de l’Empire romain jusqu’au 5ème S. ap. J.C., elle comptait au
3ème S. ap. J.C. près de 250 000 habitants.
Vue sur la Tour An 2000. (décembre 1997) (1 X 2 X haut. 65/
larg. 50 cm)
Au Moyen Age, Urville passe successivement sous dominations
des Ostrogoths, des Francs, Maison d’Arles et Maison d’Anjou.
Durant cette période, après les crises successives du 5ème au
10ème siècle, la ville s’est développé à cause de son commerce
maritime florissant au 12ème siècle, et malgré les crises du 14ème
siècle, elle redevint florissante alors de la 2ème moitié du 15ème
siècle.
En 1480, Urville passe sous domination de la Cour de France.
En 1789, à la Révolution Française, Urville compte 2.8. millions
d’habitants, mais le nombre de logements devient trop limité pour
accueillir le fort accroissement populaire dut à la Révolution
Industrielle. Pour faire face, le préfet d’Urville fait appel à
l’Urbaniste Oscar Laballière (1803/ 1883) pour entreprendre de
gigantesques travaux d’urbanisme qui dessine Urville encore
aujourd’hui.
Si la ville fut épargnée pendant la 1ère Guerre Mondiale, elle fut
bombardée pendant la 2ème Guerre Mondiale.
mais
humainement, Urville fut touchée, près de 300 000 personnes
furent tuées pendant la 1ère Guerre Mondiale et plus de 200 000
personnes à la 2ème Guerre Mondiale.
Après la 2ème Guerre Mondiale la France connaît un fort exode
rural vers les villes. Avec ce phénomène la population d’Urville
passait de 7.9 millions d’habitants à 11.6 millions d’habitants, 40
ans plus tard, en 1990.
Dans ce livre il n’était pas possible pour le moment de mettre
206
tous les principaux quartiers d’Urville parce que l’ensemble de la
surface n’a toujours pas été dessinée. Les dessins du livre Urville
Visite Guidée sont extraits des 5 principales vues générales de
différents secteurs de la ville. D’autres sont en projet à l’avenir.
Chaque dessins d'Urville est accompagné d'un texte expliquant
le contexte historique, géographique, économique et culturel du
quartier représenté sur la vue en question. Exemple :
Ch. 1.25 Halles de Singirond. (novembre 2000) (long. 42 / larg.
29.7cm)
(1er Arrondissement)
Aujourd'hui la halle accueille tous les jeudis matins et
dimanches toute la journée un marché où des artisans vendent
leurs produits. Certains dimanches ce marché a parfois accueille
parfois plus de 300 000 visiteurs.
C'est la halle centrale du vieil Urville. Historiquement elle fut
construite en 1402 par l'architecte Julbertin (1368/1412) qui a
donné le nom du comte Singirond (1364/1432), Comte d'Urville de
1390 à 1432, à la construction de l'édifice.
Il fut prévus pour y accueillir des marchés
consacré à la vente de produits agricoles et bétail venus du
comté pour y être vendus en ville contrôle par des négociants en
agriculture et élevage. La Halle de Singirond fut le théâtre d'un
incendie en 1554. Elle fut reconstruite en 1561 par l'architecte
Alain Fégondrac (1517/ 1589).
207
La halle est construit sur la Place des Patriciens, celle ci fut
construite en 1167 par l'architecte Fortouillin (1122/ 1180). La
place accueille depuis 1954 chaque année en août la Fête
Médiévale d'Urville, cette fête se déroule dans de nombreux lieux
de la vieille ville.
De gauche à droite nous apercevons l’Avenue Téguras et Rue
de l’Apostrophe.
Ch. 14.6 Gare de Bretagne. (novembre 1995/ § février 1999) (long. 42 /
larg. 29.7cm)
ème
(8
Arrondissement)
C'est le point de départ vers la banlieue nord ouest d'Urville, la
haute Provence, le centre de la France, la Normandie et de la
Bretagne.
C'est une des moins importantes gares principales d'Urville, au
niveau des quais mais son trafic reste très important. La gare a été
inaugurée en 1857 après avoir été dessinée par l'architecte
Adolphe Monginiesc (1821/1897). Le T.G.V. en direction de Saint
Etienne et Clermont Ferrand puis Nantes et Rennes fut respectivement mise en service en 1989 puis 1990.
Notez que Gilles a ainsi présenté plus de 200 dessins d'Urville.
208
“AUTISMO E ASSOCIAZIONISMO”
Dott.ssa Gabriella Lo Casto
Psicologa Psicoterapeuta Consulente A.G.S.A.S. onlus
Ringrazio il dott. Aloisi per avermi dato la possibilità di
intervenire a questa 2a edizione del convegno e nella fase
conclusiva, in modo particolare, permettendomi così sia di parlare
di ciò che l’A.G.S.A.S. sta portando avanti che condividere con voi
le risonanze, le emozioni, le riflessioni che il confronto diretto,
durante questo convegno, con le altre realtà associative, i professionisti del campo, gli autistici, i partecipanti intervenuti mi hanno
“stimolato”.
Ringrazio in particolar modo Lisa Perini per avermi concesso
attraverso un dialogo autentico fatto di parole e, soprattutto di
sguardi, di entrare nel suo mondo, di avermi avvolto nella sua
dolcezza disarmante e di avermi impartito lezioni di vita vera così
come ringrazio Tiziano Gabrielli che, nonostante la realtà dura
dell’autismo, mi ha trasmesso tutta l’energia, la gioia e l’orgoglio di
essere autenticamente genitore vero di un bambino vero che ti
rende la vita speciale ed unica.
Tutte le ricerche, le esperienze e le testimonianze che sono
state riportate a questo convegno non devono andar perdute: il
messaggio di fondo che questo evento ha cercato di trasmettere
sin dalla sua ideazione e nel coinvolgimento di altre realtà associazionistiche, è quello di far cessare la dispersione delle forze e delle
risorse e di impegnarsi nella creazione, nello sviluppo e nel
potenziamento delle sinergie sia nel rapporto tra questi grandi
mediatori sociali, le associazioni appunto, e le realtà istituzionali
territoriali.
L’isolamento, la chiusura comunicativa e relazionale, la
mancanza di reciprocità che caratterizza le persone autistiche non
deve riflettersi, rafforzarsi e perpetuarsi nella realtà delle
associazioni e nella territorialità.
L’autismo di per sé è già una realtà complessa ed enigmatica:
la disinformazione, l’incomprensione sociale, lo scollamento tra i
servizi e l’assenza di continuità educativa non si risolvono
lavorando e combattendo da soli.
È abbastanza evidente quali sono le ragioni che spingono la
209
nascita di gruppi e la costituzione in associazioni: le finalità e le
prospettive sono comuni; dare risposta agli interminabili interrogativi che ogni genitore si pone da quando nota che c’è qualcosa
che non va nel proprio bambino, alla drammatica comunicazione
della diagnosi e lungo i pellegrinaggi “della speranza” alla ricerca
di una soluzione.
Le associazioni devono poter essere in grado di:
- far fronte ai vissuti di confusione, disorientamento, solitudine e
inadeguatezza che vanno caratterizzando il modus vivendi delle
famiglie;
- alleviare il carico di stress che incide nelle dinamiche
relazionali,
- orientare e supportare nelle scelte
- personalizzare e professionalizzare negli interventi
- stimolare le responsabilità sociali, garantire e tutelare il
rispetto della dignità della persona.
L’A.G.S.A.S. nasce così come tante altre realtà per sostenere le
famiglie, per formare operatori e intervenire a “misura” di autismo
nel rispetto dell’individualità della persona, per informare, per
dialogare con le strutture sanitarie, scolastiche e amministrative,
ma soprattutto per promuovere la ricerca medica e scientifica sulle
cause dell’autismo attraverso l’organizzazione di convegni e la
costituzione di un Fondazione nazionale per la ricerca sulle cause
dell’autismo.
Negli anni, l’associazione ha portato avanti e sta realizzando
alcuni grandi progetti nell’area della ricerca, del sostegno, dell’informazione, del dialogo con i servizi: (SLIDE A.G.S.A.S. 1)
1) Il progetto “Semina” , rivolto ad adolescenti e adulti, centrato
sull’inserimento di operatori formati che intervengono in sinergia
con i genitori, coinvolti attivamente quali terapisti-partner, all’interno
e all’esterno del nucleo familiare secondo un piano di trattamento
individualizzato e coordinato da un’équipe specialistica col fine di
rafforzare i risultati raggiunti in termini di competenze cognitive e
sociali apprese e di favorire l’inserimento lavorativo e l’integrazione
sociale;
2) “Una voce nel silenzio” è il progetto di formazione di operatori
da destinare come tutor-mediatori della persona autistica con la
realtà sociale;
210
• l’importazione e l’adattamento del progetto “DAMA” (Disable
Advanced Medical Assistance) esposto nella relazione di ieri del
prof. Mantovani, ossia la realizzazione di un’unità operativa
dedicata ad interventi diagnostici e terapeutici urgenti su pazienti
con grave disabilità della comunicazione;
• l’attivazione di un progetto psicoeducativo di inserimento di
bambini con autismo nelle ludoteche;
• la realizzazione, presentazione e divulgazione di documentari
scientifici che raccontano la vita e il mondo degli autistici e delle
loro famiglie;
• l’organizzazione di seminari di studio e convegni internazionali
dal taglio medico scientifico;
• la distribuzione di materiale informativo, come la fiaba
“Calimero e l’amico speciale” e il bollettino dell’A.N.G.S.A.;
• la gestione di uno “sportello di ascolto” per orientare nelle
scelte e supportare familiari e operatori;
• la costituzione di una biblioteca e di una videoteca specializzata sull’autismo;
ma soprattutto, grazie alla disponibilità e alla collaborazione
dello staff di Radio Mia, nella persona di Maurizio Tiziano e di
Palermo Web nelle persone di Giorgia e Giorgio De Simone
(SLIDE RADIO 2 solo titolo)
• ho il piacere di presentare e, proprio attraverso questo
convegno, inaugurare la nascita e l’avvio di un progetto di
informazione e sensibilizzazione sulle persone con disabilità grave
della comunicazione e dell’interazione sociale RADIO AUTISMO
Questa radio si propone come spazio di comunicazione,
informazione, sensibilizzazione e promozione sociale innovativo ed
esclusivo, dal taglio specialistico ma facilmente fruibile alle diverse
utenze, dedicato al tema dell’autismo, che mediante l’uso di un
sistema di diffusione sia in F.M. parzialmente che su sito Web 24
ore su 24, permetterà la partecipazione e il confronto, seppur
“mediati” dal mezzo radiofonico con le iniziative “in-formative” a
livello regionale, nazionale ed internazionale. (SLIDE RADIO 2)
Obiettivi
La radio permetterebbe il raggiungimento di alcuni obiettivi
fondamentali quali:
• informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della
211
disabilità;
• aggiornare gli operatori del settore e le famiglie;
• diffondere le conoscenze culturali e scientifiche più aggiornate,
fornire informazioni sullo stato attuale della ricerca scientifica, sui
fabbisogni sociali e socio-sanitari, sulle strategie di intervento, sulle
politiche di inserimento lavorativo e di integrazione sociale;
• raggiungere una visione culturale e scientifica comune del
problema e dello stato attuale della ricerca;
• divulgare opportunità formative e in-formative (convegni,
seminari, incontri-dibattito, interviste);
• offrire occasioni di manifestazione di difficoltà, condivisione e
sostegno;
• migliorare lo scambio tra le associazioni di familiari, le
istituzioni socio-sanitarie ed il mondo della ricerca scientifica;
• stimolare iniziative nelle istituzioni pubbliche e private;
• promuovere un modello di società più attenta ai bisogni di
integrazione e al rispetto dell’individualità e della dignità umana.
Fasi di realizzazione (SLIDE RADIO 3 START UP - SPOT)
Lo spazio radiofonico, verrà organizzato secondo un palinsesto
strutturato da un comitato scientifico e tecnico di redazione e di
valutazione composto da professionisti appartenenti al mondo
della ricerca scientifica ed esperti nell’intervento e familiari rappresentanti delle associazioni che vorranno aderire al progetto: il
comitato si occuperà di selezionare, programmare, realizzare e
monitorare gli interventi da trasmettere garantendo un linguaggio
“scientifico” ma chiaro al fine di offrire informazioni e sensibilizzare
gli utenti fruitori del servizio in modo continuativo e a diffusione
mondiale. (SLIDE RADIO 4)
La realizzazione della RADIO, pubblicizzata attraverso i media,
comprenderà la messa in onda di un palinsesto centrato sulle
occasioni in-formative (partecipazione e registrazioni di convegni,
seminari, incontri-dibattito, interviste mezzo telefoniche e Internet,
elaborazione e lettura di atti di convegni, contatti telefonici e
interviste col pubblico) e sui collegamenti. (SLIDE RADIO 5)
Questo sarà suscettibile di modifiche in funzione della
valutazione dell’impatto e dei bisogni di volta in volta emergenti; sul
sito web sarà possibile usufruire dell’ascolto della radio e della
lettura di documenti pubblicati appositamente redatti per
212
agevolarne la fruizione; inoltre gli “internauti” potranno telefonare o
inviare e-mail per richiedere informazioni, esprimere opinioni,
diffondere documentazione, rispondere ad un apposito e breve
questionario di “gradimento”.
La logica della radio, seguendo un modello “di rete” è quello di
facilitare la comunicazione tra familiari - operatori – medici e
ricercatori.
Principali risultati attesi (SLIDE RADIO 6)
Ci aspettiamo di ottenere dei risultati quali:
• accrescere consapevolezza e responsabilità “sociale” in tema
di disabilità;
• socializzare e condividere le conoscenze socio-culturali e
scientifiche;
• acquisire una visione comune superando gli scontri tra modelli
divergenti di ricerca ed intervento;
• facilitare le scelte dei familiari e l’accesso alle strutture specializzate e non, diminuendo il senso di solitudine ed inadeguatezza;
• facilitare l’unione di intenti e la collaborazione per il raggiungimento di obiettivi comuni delle associazioni di familiari presenti
nel territorio, agevolando così la scelta ai familiari ancora non
associati;
• censire il numero dei familiari che si trovano coinvolti nel
pianeta autismo;
• migliorare la qualità (in termini di efficacia ed efficienza) delle
prestazioni erogate dai servizi socio-sanitari mediante la
divulgazione delle informazioni più aggiornate relative a convegni,
seminari, incontri-dibattito, ecc.;
• mettere in comunicazione le associazioni col mondo della
ricerca scientifica e dei servizi socio-sanitarie, agevolando il
dialogo e promuovendo iniziative;
• promuovere la cultura dell’autonomia, abbandonando quella
dell’assistenzialismo, rendendo i familiari “operatori competenti”
nell’intervento educativo, nell’utilizzo delle leggi e nell’accesso alle
strutture;
• far dialogare e collaborare strutture pubbliche e privato sociale
nel raggiungimento di obiettivi comuni;
• migliorare l’analisi e la valutazione dei bisogni per definire
obiettivi e priorità nella ricerca scientifica e nell’intervento.
213
Attraverso questa iniziativa si vuole promuovere anche la
creazione di una fondazione super partes che, operando in modo
continuativo e stabile nel tempo, possa coordinare operativamente
in modo sinergico ed in “rete” le associazioni, dislocate nel
territorio e le istituzioni territoriali (università, scuole, centri di
abilitazione, centri aggregativi, servizi sociali e socio-sanitari)
permettendo la realizzazione di un progetto il cui valore risiede nei
risultati concreti, nell’efficienza (come organizzazione strategica
delle risorse) e nell’efficacia (come risposta ai bisogni) degli
interventi, nelle risposte che si potrebbero finalmente dare ai tanti e
struggenti, semplici e complessi interrogativi che un genitore si
pone a partire dalla drammatica comunicazione della diagnosi, nel
rendere la persona con autismo capace di realizzarsi nella sua
“autenticità” e a viversi come cittadino(rif. L.328).
Ci auguriamo tutti che un giorno si possa:
• superare la cultura che fa uso di modelli caratterizzati da
monopolio (unicità), autarchia (autoreferenzialità, solipsismo),
delega (rinuncia ad interdipendenza e corresponsabilità),
aiuto/assistenzialismo
• costruire una comunità “educante” ed integrante che assuma
le proprie responsabilità e favorisca continuità tra interventi,
attraverso lavoro di rete tra servizi pubblici e del privato sociale
• favorire il passaggio dalla linearità alla complessità circolare,
dal singolo al contesto, dalla molecolarità alla molarità degli
interventi, dall’autorefenzialità all’interistituzionalità.
Concludo con una riflessione e la speranza di trovare una “voce
nel silenzio” di un autistico che scrive:
“Amo la parola sopra ogni cosa è un tramite fra gli uomini ci dà
dignità e individualità senza non sono niente (26.6.92)
Parlare fa bene disumani sono gli urli perché non riesco a
smettere semplicemente dire in parole semplici Compongo solo
adesso una poesia sulla gioia del parlare una poesia per autistici
muti da cantare nei centri e nei manicomi canto la canzone dalla
profondità dell’inferno e chiamo tutti i muti di questo mondo fate di
questo canto la vostra canzone sciogliete i gelidi muri e rifiutate di
essere emarginati vogliamo essere una nuova generazione di muti
una schiera con canti quali i parlanti non hanno mai udito fra tutti i
214
poeti non ho mai trovato un muto così vogliamo essere i primi e
percettibile ovunque è il nostro canto Compongo per le mie mute
sorelle per i miei muti fratelli ci dovranno sentire e dare un posto
dove possiamo vivere in mezzo a voi tutti in una vita in questa
società. (21.9.92)”
(Birger Sellin, “Prigioniero di me
stesso”)
215
RELAZIONE
Pippo Madè
Volevo riagganciarmi alle parole finali di Paul Trehin a proposito
dallo sciamano. Io non credo che gli artisti autistici sarebbero stati
utilizzati dallo sciamano, in quanto essi stessi sono degli sciamani;
e hanno un altra qualità! È una qualità che travalica certi limiti
dovuti forse alla nostra civiltà. Io credo che chi ha la fortuna o la
sfortuna di essere un artista, e dona agli altri la possibilità di
vedere e toccare il mondo degli spiriti o un qualsiasi altro mondo
trascendentale, egli stesso rimane isolato in una società come la
nostra imprigionata e chiusa in rigidi schemi comportamentali.
Se mi è permesso dire due parole sulla Lisa. Mentre il nostro
Gill possiede questo gusto per l’ architettura, per la struttura, per il
mondo, Lisa è poesia, Lisa è colore, Lisa è amore per un mondo
che forse noi non ci meritiamo.
216
IO E LA MIA ESPERIENZA DI ARTISTA
L. Perini
Sono Lisa Perini, sono un’ artista.
Ho accettato volentieri questo invito per mostrare il mio
percorso artistico e perché penso che la mia esperienza personale
possa essere utile a capire altre persone che, come me, hanno i
problemi dell’autismo.
Sarò contenta di parlarvi e di farvi vedere, con l’aiuto di Carlo
Damiani che è il mio Tutor all’Accademia, i miei lavori di artista.
La mamma mi racconta che quando ero piccola non parlavo,
ripetevo gli stessi gesti, amavo fare sempre le stesse cose. Mi dice
che io stavo per conto mio, magari a giocare con cose colorate e
luccicanti.
Veramente, secondo il mio ricordo, io amavo la presenza degli
altri bambini, ma a modo mio, cioè quando non mi sentivo
affaticata perché tutta presa dalle mie preoccupazioni o dai miei
pensieri.
Mi infastidiva anche la confusione che i bambini amano fare.
La confusione mi infastidisce ancora adesso; infatti, ad
esempio, dopo un po’ che sono alla festa di laurea di un’amica (è
successo l’altro giorno alla laurea di Ancellì) sono frastornata. Mi
affatico anche all’inaugurazione delle mie esposizioni: troppe
persone da salutare, da fargli festa e da riconoscere tutte
insieme. Dover cercare di comunicare con tanta gente contemporaneamente mi crea stress, anche perché mi da insoddisfazione
non riuscire a salutare uno ad uno con calma tutti gli amici che
sono venuti per me in quell’occasione.
Non amo le domande in generale; qualche volta evito perfino di
andare ad incontrare delle persone sapendo che mi faranno
troppe domande, o magari domande personali, oppure su cose o
esperienze di cui non gradisco parlare.
Sin dalle scuole elementari ho avuto l’insegnante di sostegno .
La maestra Vera, di cui sono rimasta amica, mi ha seguito per tutti
e cinque gli anni.
Il prof. Cevasco, negli ultimi due anni di Istituto d'Arte a Vittorio
Veneto, con un programma personalizzato, mi ha introdotto ad
esperienze concrete di lavoro, accompagnandomi a degli stages e
217
infine ha presentato i miei disegni ai prof. Viola e Nonveiller, con il
risultato che oggi sto lavorando per la tesi di laurea all’Accademia
di Belle Arti di Venezia.
Questo programma sarebbe stato irrealizzabile se la prof.
Botteon, insegnante di sostegno, non mi avesse convinto a
sostenere il regolare esame per il diploma del 3° anno di Istituto
d’Arte.
Io sono grata a queste persone e a tutti quelli che mi hanno
sostenuto.
Oggi ho un tutor che è Carlo Damiani, qui presente.
Difatti io ho difficoltà ad organizzarmi: nel piano di studio, come
pure mi è difficile relazionarmi con gli insegnanti e comprendere
con chiarezza quali sono le richieste che mi vengono fatte. È per
me difficoltoso relazionarmi con gli altri in generale. Ma mi piace
avere degli amici e mi piace essere
ben considerata e accettata con le mie qualità e i miei limiti:
tutti ne abbiamo.
Ho degli amici, sia vicino a me, sia altri con cui mi tengo in
contatto telefonico o con lettera.
Nel mio futuro desidero innanzi tutto consolidare la mia
esperienza di questi anni in Accademia; amo la scultura e
sicuramente vorrò sperimentarla, mi piacerebbe poter lavorare il
vetro, anche se avrò bisogno di assistenza perché penso che la
fornace possa essere pericolosa. Amo Venezia, con le sue isole,
dove mi sento a mio agio e dove posso muovermi abbastanza in
autonomia, dove conosco gente, le botteghe artigiane e dove ho
degli amici.
Per il mio futuro desidero sicuramente poter vivere del mio
lavoro di artista.
Il mio sogno è viaggiare e potermi permettere dei viaggi anche
lontani.
218
ALCUNE RIFLESSIONI DELL' ANGSA
G. Marino
Presidente dell’ANGSA
SITO WEB www.angsa.bbk.org
via Casal Bruciato 13 00159 Roma - tel/fax: 06 43587666
Abbiamo condiviso con il dr Aloisi i temi di questo convegno e
personalmente lo ringrazio per l'impegno di volere perseguire il
sostegno alla ricerca scientifica che in questo settore deve coinvolgere
gli studiosi del settore clinico, farmaceutico e riabilitativo.
Praticamente tutte le discipline necessitano una rivisitazione
rispetto alle prassi fino ad oggi praticate, infatti l’esperienza delle
famiglie con un figlio autistico da crescere è molto singolare rispetto
a tutte le altre situazioni di disabilità: la diagnosi che nella maggior
parte dei casi non c’è; la responsabilità della sindrome che veniva (e
ancor oggi viene) attribuita alla madre da parte di molti "specialisti";
l’impreparazione specifica di molti medici pediatri di base; la scarsità
dei successi delle terapie farmacologiche.
Queste sono soltanto le prime di una serie di difficoltà che con gli
anni si presentano: dalla scelta della modalità di riabilitazione all’inserimento nella scuola, per poi affrontare i temi più generali del
disabile adulto, prima e dopo di noi, a meno che non si riesca nel
frattempo a trovare una cura causale ed efficace dell'autismo.
Oggi siamo costretti a confrontarci con una popolazione di
persone affette da spettro autistico (autismo ed altri disturbi generalizzati dello sviluppo) che sicuramente sfiora 2 casi per mille, ma che
potrebbe salire anche a 3 per mille, se verranno confermate le più
recenti rilevazioni statistico-epidemiologiche statunitensi.
La stragrande maggioranza di questi soggetti è gravemente non
autosufficiente. Gli adulti sono quasi tutti esclusi da ogni inserimento
lavorativo reale. Gli interventi sistemici, dinamici e le terapie familiari,
tanto in voga in Italia fino a qualche tempo addietro, non sono riusciti
a valorizzare le potenzialità individuali, come invece è avvenuto
laddove si sono seguiti interventi educativi speciali inquadrati in
strategie complessive o interventi di tipo neocomportamentale. In
questi casi si è visto invece che una grande percentuale di autistici
acquista buoni livelli di autonomia e capacità di integrazione in un
ambiente di lavoro normale. E’ perciò evidente una grave responsabilità dei servizi sanitari, che un tempo poteva essere in qualche
219
modo giustificata dalle scarse conoscenze scientifiche sull'autismo.
Oggi non è più tollerabile che altri autistici ed altre famiglie
continuino a pagare il prezzo dell'ignoranza e della cocciutaggine
degli operatori. Le associazioni non possono più fare sconti su
questa materia, ma devono esigere che gli operatori si assumano
tutta le loro responsabilità. E’ necessario che si approvino linee
guida valide su tutto il territorio nazionale, che comprendano tutte le
fasi della vita, dalla diagnosi precoce alla riabilitazione alla presa in
carico dell’adulto.
Molti neuropsichiatri infantili hanno una grande responsabilità nel
percorso degli autistici, che comprende anche la rassegnazione ad
abbandonare i soggetti quando essi raggiungono la maggiore età.
Ma quale maggiore età esiste per una persona autistica? Sarebbe
invece opportuno, come avviene già all'estero, che gli stessi
operatori si facciano carico della assistenza agli autistici, dalla
diagnosi e per tutta la durata della loro vita.
Oggi gli autistici che giungono alla maggior età perdono persino la
qualifica della loro diagnosi e vengono mescolati a tutti gli altri disabili
mentali ed anche agli anziani. Non esiste nell'organizzazione sanitaria
una struttura adeguata per questo tipo di assistenza, che deve
garantire la continuità della cura e il rispetto delle specificità.
La scuola non è preparata all'accoglienza dei ragazzi con questa
sindrome. Esistono leggi forse troppo belle e troppo buone per
essere applicate, che creano molte illusioni. Gli insegnanti di
sostegno, invece che formare una categoria professionale
orgogliosa della propria specificità, diventano spesso una figura a
mezzo tra un bidello ed un insegnante che aspetta soltanto il
raggiungimento del punteggio che gli consente il salto ad insegnante
curricolare. Sarebbe opportuno valorizzarne la professionalità e
consentire loro una carriera in questa posizione.
I genitori dovrebbero chiedere assistenza ed attenzione sul piano
dell’integrazione e dell'aumento delle autonomie piuttosto che
rincorrere l'erudimento nella matematica o nella geografia. Stavo
quasi scrivendo letteratura, ma questo è un argomento che sta a
cuore a coloro i quali si aspettano molto di più di quello che la
Comunicazione Facilitata può dare.
Ci avventuriamo in una materia che coinvolge la sfera
emozionale, sociale, politica ed etica. La persona con autismo deve
220
essere vista come portatore di grandi bisogni di tipo socioassistenziale, ai quali la società deve dare una risposta. Non si deve
dimenticare che la maggiore parte degli adulti sono diventati disabili
in situazione di gravità non solo perché sono nati così, ma perchè
non sono stati abilitati come avrebbero dovuto essere.
Allo stato attuale delle leggi nazionali e più recentemente di
quelle delle Regioni, cui compete il dovere di fornire assistenza, lo
scenario è confuso e disomogeneo, salvo poche isole “felici”. Le
associazioni dei disabili, quelle forti per aderenze politiche e per
capacità organizzative, che non si riscontrano nelle associazioni di
genitori come l'ANGSA, premono a che le risorse vengano distribuite
attraverso una rete di servizi sul modello della legge 328/2000.
Condivisibile approccio all'integrazione sociale dei portatori di
disabilità. Per i nostri figli e per tutte le persone in grave situazione di
disabilità noi chiediamo con forza e senza il timore di apparire venali
che le risorse vadano assegnate alle famiglie, subito, non appena la
diagnosi di gravità venga accertata. Quando poi i servizi territoriali
saranno realizzati ed effettivamente fruibili, quelle stesse risorse
saranno assorbite. L’ unico strumento applicativo rimane il fondo per
la non autosufficienza, che già in qualche regione, Trentino Alto
Adige, è stato coraggiosamente proposto dalle Giunte Provinciali.
Sempre più centrale è il ruolo delle associazioni, che per le loro
rivendicazioni hanno bisogno della forza dei numeri, oltre che la
credibilità delle iniziative. Purtroppo la pesantezza del carico di
lavoro assistenziale e un eccesso di riservatezza, quasi una
vergogna di ammettere la disabilità, riducono di molto il numero
dei genitori che aderiscono alle associazioni, ed ancor più il
numero di quelli attivi per l'associazione.In questo scenario si
registrano proliferazioni di piccole associazioni nonchè genitori
che da volontari si trasformano in professiononisti certamente
agevolati da una rendicontazione eccessivamente permissiva che
finirà per danneggiare quelle sane iniziative che ancora si riesce a
produrre.
Chiediamo agli esperti di aiutarci a coagulare le scarse forze
disponibili per raggiungere i migliori risultati per i nostri figli.
AUTISMO: LA STRUTTURA NEUROBIOLOGICA
Maurizio Elia
Unità Operativa di Neurologia, Associazione Oasi Maria SS.
221
(IRCCS), Troina (EN)
Il disturbo autistico (DA) è una sindrome comportamentale
specifica dell’infanzia caratterizzata sostanzialmente, secondo i
criteri del DSM IV –TR [1], da: a) compromissione qualitativa
dell’interazione sociale; b) compromissione qualitativa della
comunicazione; c) modalità di comportamento, interessi ed attività
ristretti, ripetitivi e stereotipati. L’esordio è precoce, generalmente
nei primi tre anni di vita.
Nel tempo, la classificazione nosografica del DA ha subito
continue revisioni e si è passati da un iniziale inquadramento,
basato prevalentemente sull’osservazione clinica, all’applicazione
di scale specifiche quali la CARS, l’ABC, la PEP-R. Molto
recentemente, nuovi strumenti diagnostici (ADI, ADOS) sono state
proposti, nel tentativo di uniformare a livello internazionale la
diagnosi di DA e di fornire alla ricerca di base (ad es., genetica) un
fenotipo sufficientemente omogeneo [2].
D’altra parte, dopo una prima fase, nella quale si è cercato di
operare distinzioni più o meno nette tra categorie nosografiche
diverse nell’ambito dei disturbi generalizzati dello sviluppo (DGS),
si tende ora a riunire piuttosto il DA, la sindrome di Asperger, il
disturbo disintegrativo dell’infanzia di Heller, l’autismo atipico (o i
DGS non altrimenti specificati) sotto il grande ombrello dei disturbi
dello “spettro autistico” [3].
Il DA ha una prevalenza di circa 5:10.000 [1], tuttavia gli studi
epidemiologici più recenti hanno messo in evidenza in anni più
recenti (1990-1997) tassi di prevalenza più alti, fino a circa 10:
10.000 [3]. Una possibile spiegazione di questo interessante dato
potrebbe essere il notevole affinamento delle attuali capacità
diagnostiche, piuttosto che un reale aumento della prevalenza
sulla popolazione generale, determinato magari da fattori
ambientali emergenti.
Nonostante sia ormai oggi acquisito ed accettato universalmente che il DA è il risultato di tutta una serie di cause o fattori
biologici agenti nella vita pre-, peri- o post-natale, le basi
eziologiche del DA sono ancora poco comprese. Il DA costituisce
un modello, paragonabile anche ad altre sindromi neuropsichiatriche (ad es., la schizofrenia), nel quale le interazioni tra cause ed
222
effetti possono essere compendiate nel triangolo genotipoambiente-fenotipo. In questa visione l’individuo con DA
rappresenta un estremo della lunga catena che da esso discende
a livello del sistema nervoso centrale (SNC), del tessuto nervoso,
del neurone, della membrana e quindi della macromolecola
(gene).
Le comorbidità
E’ molto importante sottolineare che il DA è spesso presente in
concomitanza con altre condizioni patologiche o psicopatologiche,
a costituire quella che gli autori anglosassoni definiscono una
“double sindrome” (“doppia sindrome”).
Il ritardo mentale (RM) è associato al DA in circa il 75% dei casi
(autismo a “basso funzionamento”), l’epilessia si manifesta in circa
un quarto dei casi di DA. Altri sottogruppi sono rappresentati da
quei soggetti che presentano anche disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività, depressione, sindrome di Gilles de la
Tourette, disturbi sensoriali (ipoacusia, disturbi visivi gravi, etc).
Alcuni quadri elettroclinici specifici, rappresentati dallo stato di
male elettrico durante il sonno (ESES) e dalla sindrome di LandauKleffner, sono in grado di determinare quadri di autismo atipico
(anche per l’età di insorgenza più tardiva e per la transitorietà), per
i quali si potrebbe a giusta ragione parlare di “autismo epilettico”
vero e proprio.
Inoltre, la lista delle condizioni mediche associate al DA si
allunga ogni giorno di più, comprendendo quadri sindromici ben
definiti quali ad es. la fenilchetonuria, l’embriopatia rubeolica, la
sindrome da talidomide, la sindrome di Moebius, la sindrome di
Williams, la sclerosi tuberosa, l’encefalite erpetica, etc. Molte
aberrazioni sia autosomiche che dei cromosomi sessuali si
associano al DA: esse interessano praticamente tutti i cromosomi.
Un capitolo a parte rappresenta la sindrome di Rett, ora inserita
tra i DGS del DSM-IV-TR [1] che colpisce le femmine (o i maschi,
ma con un quadro pressoché letale nei primi mesi di vita) e si
caratterizza, nella forma classica, per la presenza di uno sviluppo
psicomotorio per lo più normale nei primi 6-18 mesi di vita, per una
decelerazione successiva della circonferenza cranica, per una
regressione grosso-motoria (con atassia od aprassia della
223
marcia), fine-motoria e del linguaggio verbale e per la presenza di
tipiche stereotipie motorie (ad es., hand-washing).
Le alterazioni morfologiche
Gli studi originari di Bauman e Kemper [4] hanno messo in
evidenza in soggetti con DA, post-mortem, una ridotta taglia ed
un’aumentata densità dei neuroni nell’amigdala, nel nucleo del
setto mediale, nelle aree Ca1-Ca4 dell’ippocampo; una ridotta
complessità ed estensione delle arborizzazioni dendritiche; una
riduzione delle cellule di Purkinje e dei granuli nel cervelletto.
In seguito, è stata riscontrata anche una marcata riduzione dei
neuroni nel nucleo del nervo facciale e nell’oliva superiore e un
accorciamento del tronco cerebrale [5]
Molto recentemente si è visto che esistono nel cervello
“autistico” (a livello della corteccia del lobo frontale e del lobo
temporale) importanti anomalie della configurazione dei neuroni
all’interno di quelle unità definite “minicolonne”. Infatti, le cellule
sono più piccole, più numerose, meno compatte, con ridotto spazio
per il neuropilo nelle aree periferiche [6].
I risultati di molti studi condotti negli ultimi 15 anni, mediante
studi morfometrici in vivo, sono risultati poco univoci, dimostrando
variazioni di volume rispetto ai controlli normali sia in aumento che
in riduzione a carico praticamente di tutte le strutture del SNC. In
particolare, sono stati identificati due sottogruppi particolari,
caratterizzati da ipoplasia ed iperplasia del verme cerebellare
(lobuli VI-VII) [7].
Autismo e macrocefalia
Una recente disamina di studi autoptici condotti su cervelli di
soggetti con DA ha dimostrato la presenza di un sottogruppo con
megalencefalia [8].
Clinicamente, è possibile riscontrare macrocefalia in circa il
17% dei soggetti con DA [9]. E’ possibile che uno o più geni
implicati nello sviluppo del SNC giochino un ruolo rilevante nel
determinismo di questo marker.
La neurochimica
I dati più forti, in letteratura, sembrerebbero indicare uno sbilanciamento della serotonina. E’ stato identificato un sottogruppo di
224
pazienti con iperserotoninemia, peraltro presente anche nei parenti
di I grado; un aumentato uptake della serotonina e un ridotto
legame ai recettori 5-HT2. Queste alterazioni neurotrasmettitoriali
suggeriscono anche un legame eziopatogenetico tra DA e
depressione (talvolta, come detto sopra, in comorbidità).
Meno costantemente sono stati anche trovati alti livelli urinari di
HVA (metabolica della dopamina) nelle urine o un aumento di
adrenalina e noradrenalina nel sangue circolante [10].
La neurofisiologia
Risultati molto interessanti sono stati ottenuti in casistiche
limitate di soggetti con DA studiati mediante potenziali eventocorrelati che non richiedono particolare collaborazione od
attenzione volontaria a stimoli somministrati. In particolare, è stato
possibile osservare riduzione delle componenti N1, P3, PN, Nd;
aumento dell’ampiezza della P3 occipitale a stimoli devianti alla
mismatch negatività (MMN), aumento dell’ampiezza della P3 in
risposta a stimoli nuovi visivi e somatosensoriali, componente N1
non aumentata all’aumentare dell’intensità degli stimoli uditivi, P3b
di piccola ampiezza, difetto cognitivo nell’abilità di mantenere le
associazioni cross-modali [10].
Un nostro studio, effettuato mediante poligrafia notturna in
soggetti con DA e in controlli con sindrome del cromosoma X
fragile e normali, ha permesso di dimostrare che i parametri tonici
del sonno sono significativamente differenti nei soggetti con DA: la
prima latenza REM (FRL) tende ad essere più corta; la
percentuale di sonno REM (% SREM) è paragonabile a quella dei
controlli; la densità dei twitches (TWs) è più alta.
I suddetti dati chiamano in gioco i sistemi monoaminergici del
tronco cerebrale (serotonina, dopamina); i pazienti con più scarse
abilità percettive, di coordinazione, di comunicazione verbale
sembrano avere un pattern di sonno più disturbato [11].
Relazione intestino cervello
Circa 5 anni fa sono stati descritti 12 bambini con DGS ed
enterocolite cronica (aspecifica). La correlazione temporale tra
esordio della regressione psicomotoria e vaccinazioni ha fatto
225
ipotizzare che la patologia gastro-intestinale potesse essere
correlata con una reazione autoimmunitaria e con l’entrata in
circolo di sostanze “tossiche” (peptidi simili agli oppioidi) ad azione
sul SNC [12].
Uno studio caso-controllo condotto in seguito in Gran Bretagna
non ha confermato quella prima osservazione [13]. Sembra quindi
che l’ipotesi “intestinale” sull’eziopatogenesi del DA, seppure molto
suggestiva, necessiti di ulteriori più solide conferme.
La genetica
Già fin dal primo articolo pubblicato da Kanner nel 1943
appariva presumibile che l’autismo fosse da considerare un
“disturbo innato del contatto affettivo”[14].
Successivamente, conferme all’ipotesi di una eziopatogenesi
“genetica” del DA sono venute dalla presenza di comorbidità con
aberrazioni cromosomiche (vd. sopra), dagli studi di citogenetica,
dalle osservazioni cliniche sui gemelli e, più recentemente, dalle
indagini di genetica molecolare.
In particolare, si è visto che in gemelli monozigoti il rischio di
ricorrenza del DA può arrivare al 90-100%. Il rischio di ricorrenza
tra gemelli non identici (dizigotici) è uguale a quello che ha un
fratello o sorella di un bambino autistico: 3% - 5%. Questo rischio è
circa 500 volte più elevato di quello che ha qualunque bambino
della popolazione generale di diventare autistico [3].
Gli studi di linkage hanno ristretto il numero di loci cromosomici
nei quali è possibile che siano presenti geni implicati nel DA:
regioni 2q, 3q, 7q, 15q [15, 16].
L’approccio del “linkage disequilibrium” applicato a molti geni
candidati non ha dato risultati significativi fino ad oggi: HOXA1,
HOXB1, reelina. tirosina idrossilasi, recettore del peptide vasointestinale (rVIP), WNT2, 5-HTTR, triptofano idrossilasi, EN1, EN2,
mtDNA, recettori per il glutammato (GluR6 o GRIK), NF1, DOPA
decarbossilasi, ATP10C, GABRB3, GABRA5, GABrG3, AVPR1A,
HLA-DR4/HLA-DR13, 5-HT2A, PAI-1, FOXP2, recettori D2 and
D5, monoaminoossidasi A and B, BDNF, molecole di adesione
neuronale, etc.
Sono stati anche sequenziati altri geni candidati (UBE3A,
SCN1A, SCN2A, SCN3A, MECP2), ma non è stato possibile
226
evidenziare mutazioni.
Qualche mese fa, tuttavia, è stata trovata evidenza di mutazioni
dei geni NLGN3 and NLGN4 (cromosoma X) in pazienti con DA
[17].
In conclusione, le evidenze fino ad oggi ottenute sembrano
suggerire che il DA sia il risultato di una specifica combinazione di
fattori genetici ed ambientali. In questa prospettiva multifattoriale,
la ricerca genetica deve porsi lo scopo di continuare nella ricerca
di altri geni candidati, nella speranza di trovare un gene o un
numero di geni che si dimostrino coinvolti nel DA in popolazioni
etnicamente diverse. Appare necessario, a questo scopo,
uniformare il più possibile i criteri clinici e nosografici di definizione
del DA, ancora troppo eterogenei e pervenire ad una migliore
classificazione dei sottogruppi od endofenotipi (comportamentali,
anatomici, biochimici, neurofisiologici, etc.).
227
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27-9.
229
La stesura degli atti è stata realizzata
con il contributo della Provincia di Palermo
Fotocomposizione e Stampa
Sicilgrafica Palermo
230
INDICE
L. Aloisi
Presentazione e scopi del Convegno
pag.
F. Canziani
Dalla psicopatologia alla disfunsione, dalla psicoterapia alla
abilitazione globale
pag. 12
J. D. Buxbaum
Genetics of autism: evidence for an autisme gene on
chromosome 2Q
pag. 19
9
F. Gurrieri - G. Neri
Autismo e alterazioni del cromosoma 15
pag. 21
V. Romano
Basi genetiche del disturbo autistico in Sicilia: stato dell’arte sulla
ricerca in corso
pag. 25
C. Barthelemy
Dalla valutazione all’abilitazione cognitiva, emozionale e sociale
pag. 31
B. E. Lahuis
Psychopharmacology and autism
pag. 32
G. Gambino - P. Di Stefano
Autismo e Celiachia. Follow-up e presa in carico
pag. 34
G. Cannizzaro
Neurobiologia e terapia dei disturbi della sfera affettiva nell’autismo:
conoscenze attuali e prospettive
pag. 39
M. Ciaccio - G. Bivona - M. D’Ancona - L. Vocca
I neuromodulatori nell’autismo
pag. 43
pag. 54
N. Pintus
Progetto filippide: attività sportiva, attività abilitativa nell’autismo
M. Agrò - V. Bonventre - G. Capezzi - V. Celestino - S. Messina
Essere nello spazio, essere lo spazio: interazione tra idee, guide e
necessità
pag. 60
L. Cottini
L’ integrazione scolastica del bambino autistico: aspetti metodologici e didattici
pag. 68
A. M. Dalla Vecchia - V. Giuberti
Il sistema curante: dalla diagnosi precoce alla presa in carico
integrata
pag. 87
E. Fréjaville
L’assistenza all’autismo ed ai disordini pervasivi dello sviluppo in
Emilia-Romagna
pag. 102
231
V. Giuberti
Screening e diagnosi precoce del disturbo autistico
La collaborazione con i pediatri
pag. 105
M. Martini
Autismo: la scelta politica dell’AUSL di Reggio-Emilia
pag. 111
P. Visconti - R. Truzzi - M. Peroni - F. Ciceri - G. Gobbi
“Sindromi autistiche e ritardo mentale: quali correlazioni?”
pag. 117
P. Vertucci - G. Scuccimarra
Esperienza di un trattamento integrato nell’autismo infantile
pag. 129
R. Blanc - J. L. Adrien - E. Thiebaut - C. Barthelemy
“La valutazione psicopatologica dello sviluppo cognitivo e socioemozionale dei bambini con autismo e ritardo mentale”
pag. 143
G. Ippolito
“Calimero e l’amico speciale” Una favola per sensibilizzare e
favorire l’integrazione dei bambini autistici
pag. 145
D. Vivanti
Le posizioni di Autisme Europe
P. e T. Gabrielli
Perchè compatire un’istituzione?
pag. 149
pag. 168
pag. 174
T. Gabrielli
Autismo: cosa si richiede alla scuola
pag. 192
P. Tréhin
Ypothèse sur les peintures préhistoriques “naturalistes”
pag. 199
C. Tréhin
Imagination et creativite dans l’autisme
pag. 204
G. Tréhin
Introduction à Urville
pag. 209
G. Lo Casto
“Autismo e associazionismo”
pag. 216
P. Madè
Relazione
pag. 217
L. Perini
Io e la mia esperienza di artista
pag. 219
G. Marino
Alcune riflessioni dell’Angsa
pag. 222
M. Elia
Autismo: la struttura neurobiologica
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