Università degli Studi di Palermo Dipartimento Materno Infantile Sezione di NPI - P.O. “Aiuto Materno” Dipartimento di Biopatologie Metodologiche Biomediche Associazione Genitori Soggetti Autistici Siciliani ATTI del CONVEGNO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE “PERCHE’ AUTISTICO?” 2° edizione Aspetti clinici, ricerca, abilitazione, integrazione REGIONE SICILIANA ASSESSORATO BB. CC. AA. E P.I. PROVINCIA DI PALERMO Palermo, 4-5-6 Aprile 2003 Aula Magna - Facoltà di Ingegneria Aula Magna - Facoltà di Economia Venerdì 4 Aprile 2003 Ore 8,00 Registrazione dei partecipanti Ore 8,30 Interventi di saluto L. Aloisi - A. E. Cardinale - G. Cupidi Ore 8,55 Presentazione Spot sull’Autismo Ore 9,00 Introduzione ai lavori “Dalla psicopatologia alla disfunzione, dalla psicoterapia all’abilitazione” F. Canziani 1a Sessione: Basi biologiche dell’autismo Moderatori: M. Elia - V. Romano Ore 9,50 “Genetics of Autism: Evidence for an autism gene on chromosome 2q” J. Buxbaum Ore 10,20 “Alterazioni del cromosoma 15 nell’autismo” F. Gurrieri Ore 10,50 Coffee break Moderatori: S. Mangano, M. Vertucci Ore 11,10 “Basi genetiche del disturbo autistico in Sicilia: stato dell’arte sulle ricerche in corso” V. Romano Ore 11,30 “Dalla valutazione clinica all’abilitazione cognitiva, emozionale e sociale” C. Barthelemy Ore 11,50 “Farmacoterapia dell’Autismo” B. Lahuis Ore 12,10 “Autismo e celiachia: follow-up e presa in carico” G. Gambino Ore 12,30 “Neurobiologia e terapia dei disturbi della sfera affettiva nell’autismo: conoscenze attuali e prospettive” G. Cannizzaro Ore 12,50 “Neuromodulatori e autismo” M. Ciaccio Ore 13,10 “Perchè autistico?” 2a parte Documentario: (30 min.) 2 Sessione Pomeridiana Moderatori: L. Caffarelli - L. Aloisi Ore 14,30 “Progetto Filippide: attività sportiva, attività abilitativa nell’autismo” N. Pintus Ore 14,50 “Architettura e Autismo” M. Agrò - V. Bonventre - G. Capezzi - V. Celestino S. Messina Ore 15,10 “Ruolo dei genitori nell’abilitazione della persona autistica. Cosa, come, quanto, quando il genitore deve delegare e cosa significa delegare” T. Gabrielli - P. Visconti Ore 15,40 “Workshop: la cooperazione tra insegnanti curriculari e di sostegno per attivare la risorsa compagni in funzione dell’integrazione del bambino con autismo” L. Cottini Ore 16,10 Discussione Sabato 5 Aprile a 2 Sessione: L’assistenza nelle strutture sanitarie e a scuola Moderatori: G. Gambino - T. Gabrielli Ore 9,00 “Modello operativo del centro per l’autismo e DPS dell’AUSL di Reggio Emilia. Il sistema curante: dalla diagnosi precoce alla presa in carico integrata” A. Dalla Vecchia Ore 9,20 “Miglioramento dell’assistenza nell’autismo e nei D.P.S.” E. Frejaville Ore 9,40 “La collaborazione con i pediatri per lo screening e la diagnosi precoce di autismo” V. Giuberti Ore 10,00 “Autismo: la scelta politica dell’AUSL di Reggio Emilia” M. Martini Ore 10,20 “Correlazioni fra autismo e ritardo mentale” P. Visconti Ore 10,40 “Esperienza di un trattamento integrato nel corso dell’età evolutiva” M . Vertucci - G. Scuccimarra Ore 11,00 Coffee break Moderatori: F. Canziani - M. Vertucci Ore 11,20 “La valutazione psicopatologica dello sviluppo sociale ed emozionale dei bambini con autismo e ritardo mentale” R. Blanc Ore 11,40 “Il bambino autistico a scuola” L. Cottini 3 Ore 12,20 “Proposte didattiche ad uso degli insegnanti” G. Ippolito Ore 12,40 Discussione Domenica 6 Aprile Ore 9,00 Apertura dei lavori: Le posizioni di Autisme Europe D. Vivanti a 3 Sessione: Talenti e abilità degli autistici Moderatori: F. Canziani - T. Gabrielli Ore 9,20 “Arte preistorica e persone autistiche: un loro ruolo essenziale nei progressi dell’umanità?” P. Trehin Ore 9,40 “L’autismo e la creatività” C. Trehin Ore 10,00 Coffee break Moderatore: G. Candido - P. Madè Ore 10,20 “Urville, una città possibile” G. Trehin Ore 10,40 “Io e la mia esperienza di artista” L. Perini Le associazioni dei familiari Moderatore: G. Iacono Ore 11,00 “Il parere dell’ANGSA” G. Marino Ore 11,20 “Il parere di Autismo Italia” D. Vivanti Ore 11,40 “Genitori in prima linea” T. Gabrielli Ore 12,00 “Autismo e associazionismo” G. Lo Casto Ore 12,20 Conclusioni L. Aloisi 4 Sessione pomeridiana di venerdì 4 aprile Aula Magna “Maurizio Ascoli” - Policlinico Tavola rotonda: Basi biologiche dell’autismo Moderatori: G. Cupidi - V. Romano (Interventi di 10’ + 10’ per le domande) Ore 15,20 tazione” “Dalla psicopatologia alla disfunzione, dalla psicoterapia all’abiliF. Canziani Ore 15,40 “Genetics of Autism: Evidence for an autism gene on chromosome 2q” J.Buxbaum Ore 16,00 “Alterazioni del cromosoma 15 nell’Autismo” F. Gurrieri Ore 16,20 Coffee break Moderatori: F. Canziani - M. Vertucci Ore 16,40 “Dalla valutazione clinica all’abilitazione cognitiva, emozionale e sociale” C. Barthelemy Ore 17,00 M. Elia “Autismo: la struttura neurobiologica” Ore 17,20 “Basi genetiche del disturbo autistico in Sicilia: stato dell’arte sulle ricerche in corso” V. Romano Ore 17,40 “Autismo e celiachia: follow-up e presa in carico” G. Gambino - P. Di Stefano Ore 18,00 “Farmacoterapia dell’Autismo” B. Lahuis Ore 18,20 “Neurobiologia e terapia dei disturbi della sfera affettiva nell’autismo: conoscenze attuali e prospettive” G. Cannizzaro Ore 18,40 “Neuromodulatori e autismo” M. Ciaccio 5 Foto tratta dal catalogo fotografico “Coriandoli d’amore” presentato in occasione del Convegno. Video Documentario RN VHS e DVD (sottotitolato in inglese, francese e spagnolo) realizzato dall’Agsas onlus in occasione del Convegno. 6 Relatori M. Agrò - Architetto L. Aloisi – Farmacista - Presidente A.G.S.A.S. onlus C. Barthelemy- Centre Hospitalier Universitarie de Pedopsychiatrie– Tours (France) R. Blanc - Professeur de Psycophathologie de l’Enfant V. Bonventre - Architetto J. Buxbaum - Associate Professor, departments of Psychiatry and Neurobiology, Mount Sinai School of Medicine - New York L. Caffarelli - Medico Chirurgo - Presidente ANGSA - Sicilia G. Candido- Docente Accademia delle Belle Arti - Palermo G. Cannizzaro – Direttore Dipartimento di Scienze Farmacologiche – Università di Palermo F. Canziani – Direttore Dipartimento Materno Infantile – Sezione di NPI a conduzione ospedaliera - P.O. “Aiuto Materno” di Palermo G. Capezzi - Architetto A. E. Cardinale - Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Palermo V. Celestino - Architetto M. Ciaccio – Titolare Cattedra di Biochimica Clinica – Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università di Palermo L. Cottini - Professore associato di “Didattica e Pedagogia speciale” Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Urbino G. Cupidi - Professore di Medicina Interna - Delegato del Rettore per la disabilità - Università di Palermo A. Dalla Vecchia - Direttore dell’U.O.C. Aziendale di Neuropsichiatria Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia P. Di Stefano - Dipartimento Pediatrico a conduzione universitaria P.O. “Aiuto Materno” di Palermo M. Elia - Unità Operativa di Neurologia I.R.C.C.S. Oasi M.S.S. Troina (EN) E. Frejaville - Servizio Salute Mentale Regione Emilia Romagna, Referente Servizio N.P.I. T. Gabrielli - Medico Chirurgo - Presidente Genitori in prima linea G. Gambino - Dipartimento Pediatrico a conduzione universitaria - P.O. “Aiuto Materno” di Palermo V. Giuberti - Psicologa del Centro Autismo dell’AUSL di Reggio Emilia F. Gurrieri - Ricercatrice Universitaria presso l’Istituto di Genetica 7 Medica dell’Università Cattolica S. Cuore - Roma G. Iacono - Direttore Struttura Complessa Pediatria ARNAS - Civico Di Cristina - Ascoli - Palermo G. Ippolito - Direttore Tecnico Psicologo, Vice Presidente dell’Associazione “Il Cireneo” B. Lahuis - Department of Child and Adolescent Psychiatry, University Hospital - Utrecht G. Lo Casto - Psicologa - Psicoterapeuta - Consulente AGSAS onlus Palermo P. Madè - Artista, Pittore S. Mangano – Professore Straordinario Neuropsichiatria Infantile – Università di Palermo A. Mantovani - Resp. U. O. Emergenze Chirurgiche - A.O. S. Paolo Milano - Coordinatore Progetto D.A.M.A. G. Marino - Presidente dell’ANGSA onlus M. Martini - Direttore Generale dell’AUSL di Reggio Emilia S. Messina- Neuropsichiatra G. Pecoraro -Direttore Generale A.O.U.P. - PALERMO L. Perini - Artista autistica N. Pintus- Federazione Italiana Sport per Disabili V. Romano - Professore Associato di Biologia Applicata Dipartimento di Biopatologia e Metodologie Biomediche - Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università di Palermo G. Scuccimarra - Specialista in Neuropsichiatria infantile e Dottore di ricerca nella stessa disciplina C. Trehin - Neuropsicologa, Specialista dell’Autismo e della sindrome di Asperger G. Trehin- Artista autistico P. Trehin - Insegnante dell’Università di Nizza e Vice Presidente di Autisme Europe M. Vertucci - Docente e Specialista in Neuropsichiatria Infantile P. Visconti - N.P.I. - A.U.S.L. - Bologna D. Vivanti - Presidente di Autisme Europe 8 Perché Autistico ? Venerdì 14 Aprile 2003 Dott. Luigi Aloisi Presidente dell’AGSAS – Onlus (Associazione Genitori Soggetti Autistici Siciliani) - Organizzatore del convegno PRESENTAZIONE E SCOPI DEL CONVEGNO Ci eravamo lasciati l’anno scorso con una promessa, ci ritroviamo oggi con una realtà: la 2° edizione del convegno “Perché Autistico?”. È nostro intendimento proseguire nella strada tracciata nella 1° edizione del 2002 per cercare risposte valide agli interrogativi pressanti che numerosi arrivano alle Istituzioni che colpevolmente ignorano il problema dell’autismo. L’obiettivo primario dell’AGSAS, che ha organizzato il convegno in collaborazione con l’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) i cui rappresentanti saluto e ringrazio, è quello di costituire una Fondazione Nazionale Privata che faccia solo e soltanto ricerca scientifica delle cause dell’autismo. Per questo motivo abbiamo invitato i nostri illustri ricercatori che ci aggiorneranno sui risultati raggiunti dalla ricerca scientifica e sui programmi progettuali a venire. Naturalmente la ricerca è uno degli obiettivi perché vi siete accorti che gli argomenti del convegno sono anche altri e cioè la presa in carico da parte dei Servizi del bambino con autismo diagnosticato tale e seguito appunto nell’arco della sua vita. Ci sono in Italia splendidi esempi di presa in carico e l’equipe formata dalla Dssa Dalla Vecchia, dalla Dssa Martini, dalla dssa Giuberti e dalla Dssa Frejaville è qui presente per documentarla. Altro argomento che tratteremo è l’integrazione del bambino autistico a scuola. Quando è stata proposta l’integrazione scolastica, con la legge 104/92, per tutti i soggetti in situazione di handicap nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado sembrava che si fosse finalmente risolto il problema dell’integrazione, ma a distanza di anni si è visto che tale intenzione è rimasta una chimera. Ciò nonostante l’integrazione scolastica dei bambini con autismo non è un’utopia ed il Prof. Cottini, docente di Didattica 9 speciale e Psicologia dell’handicap e della riabilitazione presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Urbino ce lo dimostrerà nell’ambito, appunto, della sessione dedicata all’integrazione scolastica. Ancora una volta abbiamo realizzato un documentario dove una giovane regista, Julia Salerno, ha messo in evidenza le gioie, le paure, le aspettative, i proponimenti di una giovane coppia nella gestione del loto figlio con autismo e attraverso le immagini di vita vissuta ci fa capire che il problema non è l’autismo ma lo scarso interesse delle Istituzioni per tale sindrome. Saluto affettuosamente il dott. Tiziano Gabrielli co-protagonista del filmato che relazionerà nella sessione dedicata al trattamento abilitativo. Abbiamo, inoltre, voluto invitare e li accomuno in un forte e sentito abbraccio per la loro adesione due persone con autismo che rispondono ai nomi di Lisa Perini e Gill Trehin, pittori, per dimostrare che si può vivere dignitosamente anche in presenza di oggettive difficoltà relazionali. La critica dei loro quadri, esposti nello spazio antistante a questa Sala Convegno sarà affidata al prof. Candido e ad un pittore di fama mondiale che risponde al nome di Pippo Madè. Un plauso ed un grazie particolare vorrei dedicare ai componenti del Comitato Scientifico vale a dire il Prof. Canziani ed il Prof Romano che con competenza e professionalità hanno invitato i nostri illustri relatori. Infine vorrei ringraziare la Regione Siciliana in particolare l’Assessore F. Granata dei BBCC e della P.I., il Comune di Palermo e la Provincia di Palermo rappresentata dall’Assessore alle Attività Sociali Di Baudo che con i loro contributi hanno permesso lo svolgimento di questo convegno. Adesso vi mostrerò uno spot rappresentante un bambino che cammina lungo una strada con in fondo un traguardo che non ha ancora raggiunto mentre alle sue spalle si susseguono gli anni a partire dal 1943, anno in cui Leo Kanner per primo descrisse la sindrome autistica, fino ai nostri giorni. Ciò per evidenziare che dal 1943 sono passati 60 anni e quel bambino ora è un adulto anziano che aspetta sempre di tagliare il traguardo da vincitore. Ultima informazione e poi vi lascio alle relazioni dei nostri qualificati ospiti: l’AGSAS- Onlus, a breve, inaugurerà Radio 10 Autismo che sarà presente on line sul sito web www.radioautismo.it La Radio trasmetterà 24 ore su 24 temi riguardanti l’autismo per sensibilizzare ed informare sulle persone con disabilità grave della comunicazione e cioè: dibattiti, convegni, interviste, progetti, ricerca, integrazione e quant’altro riguardante la sindrome. La radio vuole essere, insomma, una grande tavola rotonda virtuale dove tutte le persone sono invitate per un proficuo confronto. Grazie per l’attenzione . 11 DALLA PSICOPATOLOGIA ALLA DISFUNZIONE, DALLA PSICOTERAPIA ALLA ABILITAZIONE GLOBALE Fabio Canziani L’autismo è il frutto di un’interrelazione tra Genoma (eredità poligenica) o altri fattori patogeni; Proteine (effetto epigenetico); Funzionamento delle strutture neuronali; Adeguamento dei processi cognitivi, motori, emotivi e linguistici; Ambiente e stress della famiglia. Le esperienze col positrone hanno messo in luce disfunzioni dei lobi interessati alla funzione uditiva, dei lobi frontale e temporale; dell’opercolo, con carente funzionamento dei neuroni a specchio frontali, eccessivamente vulnerabili allo stress, che impediscono una risonanza con gli altri e l’imitazione del comportamento altrui percepito con la visione; dei gangli della base, amigdala, talamo, ippocampo; del cervelletto e del cervello posteriore; dell’emisfero dominante per cui gli stimoli sono inviati dall’emisfero controlaterale, incapace di utilizzarli al meglio; dell’integrazione sinaptica dimostrata dalla desincronizzazione di aree cerebrali indice di difficoltà del feed back sensoriale. Disfunzioni che rende difficile comprendere vari stimoli ed a programmare un’azione. Oggi la percezione delle famiglie sulle cause che possono produrre il disturbo si è modificata, ma è dominata da dubbi ed ipotesi diverse. Così, alla fine degli anni ‘90, un’interessante indagine sul vissuto dei genitori metteva in rilievo come essi, solo il 3% dei genitori, ritenevano che l’autismo fosse secondario a traumi affettivi e nel 2,,8% a traumi emotivi extrafamiliari. Il 48%, dei genitori non esprime alcun’idea sull’etiologia. Il restante 52% nel 38% ipotizzava un deficit immunitario, il 30% un’alterazione intervenuta durante la gravidanza o il parto (14% perinatali e 16% danni prenatali) e nel 29% una modifica genetica. Il 12% del campione riteneva possibili cause esterne come: intossicazioni (mercurio,farmaci,droghe ) 9,3% traumi fisici (operatori e cranici e anomalie cerebrali) 4,3% flogosi infezioni (febbre elevata,otiti, virus) 4% disturbi gastrici ed intolleranza alimentare 5,1% Si è, quindi, fatta avanti la convinzione, in quasi tutti i genitori, 12 che l’autismo è un disordine genetico, neurologico o disfunzionale dell’encefalo che determina, in un secondo tempo nel bambino, profonde alterazioni delle abilità operative, delle capacità di comunicare e di rispondere appropriatamente alle richieste dell’ambiente. Nella stessa indagine, i genitori, hanno descritto l’anamnesi familiare ed i sintomi presentati dai loro figli che evidenziavano diversi tipi di autistici. All’anamnesi era riferita la presenza un 65% di familiari con problemi. Nel 27% dei casi psicosi (autismo 16%, Asperger 4,7%,disordine pervasivi dello sviluppo non specificato 7,3%), nel 16% debolezza mentale, disordini bipolari 8,2%, disturbi motori o psichici anancastici 9% (tics 3,3, disordini ossessivo compulsivi 8,7%). Il 27,4%, dei genitori presentava depressioni esogene, spesso reattive a problemi diversi, altri si erano esposti a situazioni non ecologiche durante la gravidanza. In quasi tutti i soggetti autistici predominavano movimenti stereotipati, picchettamento delle dita, dondolamenti o ruotamenti del corpo, una diversa sensibilità alla percezione visiva, uditiva, olfattiva, gustativa, tattile, una difficoltà all’aggancio visivo, accompagnate da un impoverimento della interazione sociale, della comunicazione, degli interessi e delle attività. In alcuni autisti il funzionamento mentale era variamente carente (debolezza o insufficienza mentale). Alcuni presentavano un umore instabile, altri, un’etero o auto aggressività. Un altro gruppo d’autistici era descritto con debolezza mentale [1] in associazione con tic, depressione, ossessioni - compulsioni, paralisi cerebrali infantili. e disturbi bipolari. Un certo numero di soggetti presentava un elevato funzionamento mentale, con regressioni e disturbi gastro intestinali. In realtà i disturbi dello spettro autistico previsti dal DSM 4 sono: l’autismo, la sindrone di Asperger, i disturbi pervasivi dello sviluppo e i processi disintegrativi non specificati. Poco è sottolineata una forma particolare di autismo: quella simbiotica. Autismo simbiotico della Mahler La sindrome, che interviene tra il secondo ed il quinto anno di vita [2], descritta dalla Mahler, 1952 [3], riguarda i bambini partico13 larmente intolleranti alle frustrazioni, reazioni esagerate agli insuccessi, una difettosa capacità di adattamento, un labile rapporto con la realtà, una patologica fissazione - regressione accompagnata ad una fusione simbiotica con la madre o ad una interruzione, al suo inizio, della maturazione con sospensione della fase di separazione individuazione. Ne consegue una deficitaria elaborazione delle afferenze, un carente apprendimento ed una incapacità autonoma a rispondere agli stimoli. Si realizza, cioè, uno jato tra la nascita delle funzioni autonome dell’Io, la differenziazione emotiva dalla madre, una perdita dei confini del Se ed un arresto dello sviluppo. Ne consegue l’utilizzo di meccanismi psicotici difensivi, ansia, panico, perdita di interessi per il gioco, manipolazioni bizzarre, afinalistiche, interesse solo per qualche oggetto inanimato (feticci psicotici della Mahler), agitazione psicomotoria, improvvisi comportamenti pantoclastici alle separazioni dalla madre. Il bambino tende all’isolamento, rifiuta il contatto con i coetanei e, solo saltuariamente, presenta un attaccamento all’adulto. Egli può regredire al pensiero magico e presentare quote di panico insopportabili, un progressivo impoverimento del linguaggio, tendenza all’isolamento, indifferenza all’ambiente, complessi rituali ossessivi ed un’evoluzione rapida verso l’autismo. Questi soggetti, particolarmente sensibili, presentano frequenti alterazioni del ritmo sonno veglia, [4]enuresi ed encopresi. L’autismo simbiotico può essere scatenato, pare, da cause esterne [5]che rompono il fragile rapporto con la realtà. In circa il 40% dei soggetti autistici secondo i genitori, sono presenti disturbi gastrici. Non è chiaro se essi siano dovuti a disfunzione gastrica o cerebrale e se siano secondari a disturbo cerebrale o viceversa. Gli animali privi di amigdala e di ippocampo presentano comportamenti autistici. Nei soggetti autistici è ipotizzabile che la secretina, oltrepassando la barriera emato encefalica, possa indurre un’alterazioni di queste due parti del SNC. I disturbi gastrici possono insorgere in epoche diverse Nel periodo neonatale nel 48% dei casi con costipazione 21,8% diarrea 12,5% 14 vomito-reflusso 20,1% altri disturbi 5,5% Nel periodo del divezzamento, nel 41% dei casi con costipazione 17,9% diarrea 11,8% vomito-reflusso 9,5% altri disturbi 2,3% Nel passaggio agli alimenti consueti da tavola nel 41% costipazione 19,1% diarrea 5,5% vomito-reflusso 5,6% altri disturbi 5,2% Dopo il 15° mese di vita i disturbi sono presenti nel 42% dei casi, con: costipazione 24,0% diarrea 14,0% vomito-reflusso 6,7 % dolori addominali 7,9% Il disturbo più frequente è la costipazione, determinata, in genere, da una situazione tossica o da un’infezione batterica che agiscono per lungo tempo ed insidiano la tolleranza alimentare. Una percentuale elevata di autisti presenta disturbi [6] del sonno, irritabilità, iperattività aggressività e algie addominali che possono avere anche una relazione con reflussi acidi. Le osservazioni riportate dai genitori conforterebbero il sospetto che, in soggetti geneticamente predisposti, fattori ambientali post natali possano aver un effetto negativo sullo sviluppo cerebrale. Questo fa pensare ad un grande autore francese del settecento, Voltaire E. M., oggi più attuale che mai per la sua particolare attenzione alla cultura inglese “Lettres sur les angles”, per il suo “Traitè de tollerance” e per il suo “Candidè ou l’optimisme”. Egli, pacifista, ebbe una visione rivoluzionaria della storia che con lui, non fu solo di principi e di re, ma del popolo, non solo dei cristiani e non solo determinata dagli uomini del bacino del mediterraneo, ma anche dai popoli dei paesi orientali. Nel 1700 Voltaire nella lettera ad un grande matematico filosofo Alambert, [7] ipotizzava che il comportamento fosse in rapporto col funzionamento dello stomaco. 15 Quale che sia l’influenza dei fattori genetici, perinatali, post natali ed ambientali, ammettendo che tutti possano cooperare alla produzione della sindrome, quello che interessa è valutare quali sono importanti e quali associazioni siano ipotizzabili. La prognosi del disturbo dipende dalla severità della sintomatologia, dall’esperienza e dalle caratteristiche psicologiche di chi si prende cura del bambino, dal coinvolgimento positivo della famiglia e dall’appropriatezza delle tecniche di recupero. La Terapia Nonostante l’interessante e recente monografia di Riche D-Kitty W., non esiste ancora oggi una modalità esaustiva per il recupero di questi soggetti. Asperger aveva ipotizzato una terapia pedagogica per la forma di autismo da lui descritta, quando, con coraggio, lo scienziato austriaco, in pieno nazismo, si occupava a Vienna del recupero dei soggetti ritenuti degni di soppressione da parte del nazifascismo. L’intervento pedagogico è importante e prevede un’induzione di capacità comunicative (TEACH) un addestramento alle azioni della vita di tutti i giorni, ai rapporti sociali ed all’apprendimento di nozioni. Quando, in alcuni casi, si realizzano i processi cognitivi, questi si presentano con uno stile singolare, spesso assai lontano da quello abituale. I campi di intervento sono comunque molteplici. Nell’ambito corporeo è utile la psicomotricità con interventi sulla sensibilità cutanea (Io pelle), sullo schema corporeo, sull’immagine corporea, sulla percezione dello spazio, sulle posture utilizzando varie tecniche e tra esse il packing e la pittura. Di notevole interesse sono la riabilitazione linguistica, la terapia occupazionale e le tecniche del condizionamento operante. E’ anche importante un intervento finalizzato a elaborare le angosce psicotiche, i meccanismi di difesa patologici, ad uscire 16 dalle identificazioni adesiva e simbiotica patologiche ed indurre alla sublimazione. Da anni la psicoanalisi ha abbandonato il campo dell’autismo, dopo decenni d’interpretazioni etiologiche colpevolizzanti le madri, un vero abuso psicologico. Alcuni contributi della psicodinamica restano, anche se, in parte, interessanti. [8] Autori quali la Tustin, ammettendo che gli autistici siano il frutto di danni variegati, pensano che questa situazione renda i soggetti particolarmente vulnerabili, distrugga la loro autostima inducendo un decremento delle motivazioni e delle attività. Al danno corrisponderebbe un comportamento emotivo arcaico (identificazione adesiva, attaccamento immaturo, meccanismi proiettivi patologici persecutori, difficoltà di interiorazione ed assenza della terza dimensione). Si determinerebbe di conseguenza un particolare processo di simbolizzazione, un deficit delle condotte imitative, una carenza delle capacità attentive, cognitive ed un bisogno di appoggiarsi al pensiero degli altri. A ciò si aggiungerebbe un’assenza dell’angoscia costruttiva che consente di comprendere l’altro e di collegare le esperienze. Per dirla con Bion di trasformare gli elementi beta in elementi alfa. In queste condizioni il bambino non è messo in condizione di uscire dal suo corpo, di attuare un contatto con l’altro, è costretto a relazionarsi con gli oggetti attraverso il tatto e le modificazioni del tono muscolare. Per determinare una modifica, un miglioramento del comportamento degli autistici e una valida presa in carico sono fondamentali tutti i suggerimenti che provengono dagli studi genetici, neuro fisio psicologici behaviouristi e psicodinamici per strutturare tecniche globali di intervento frutto non di un’ipotesi totalizzante ma di un mixer di modalità di intervento che rispondano ai problemi disfunzionali neurologici e psicologici. Questo intervento deve iniziare precocemente. I tentativi sono stati molteplici ed i risultati non brillanti, anche perché esperienze con il condizionamento operante hanno evidenziato che i bambini autistici appaiono diversi dai soggetti con disturbi cognitivi. Le loro performances si sono dimostrate meno valide di quelle dei bambini con debolezza mentale, sia nella precisione, sia nell’esecuzione di un compito, sia nel numero di errori, sia nella non motivazione17 opposizione semplice, o con errori. E’ ipotizzabile perciò che vi sia una diversa compromissione della memoria di lavoro, una maggiore inibizione e uno scadente autocontrollo, negli autistici rispetto ai deboli mentali. 18 GENETICS OF AUTISM: EVIDENCE FOR AN AUTISM GENE ON CHROMOSOME 2Q Joseph D. Buxbaum Autism is a pervasive developmental disorder (PDD) characterized by communication and language impairments, social deficits, and stereotyped or repetitive behaviors. These developmental abnormalities are apparent by early childhood, or 36 months of age. Autism is a complex psychiatric disorder with oligogenic inheritance. Twin studies and family studies show substantial evidence for genetic predisposition in the majority of idiopathic cases. The population prevalence of autism has been estimated at approximately 0.5-2 per 1000, but the rate among siblings of affected probands is estimated from multiple studies at 1-3%, which is profoundly higher (approximately 10-15 times greater) than the general population prevalence. The concordance rate for dizygotic (DZ) twins is similar to the rate for non-twin siblings, whereas the concordance rate monozygotic (MZ) twins is approximately 60-90%. This indicates that the heritability for idiopathic autism is greater than 90%, if you assume a multifactorial threshold model, which exceeds that of other common psychiatric disorders such as bipolar disorder, alcoholism, and schizophrenia. Other twin studies show that this predisposition extends to a broader autism phenotype of milder, related developmental disorders. This spectrum of non-pathological abnormalities in behavior is present in parents and siblings of autistic individuals. Most MZ co-twins who were non-autistic exhibited milder abnormalities similar to features of autism. Concordance for the broader phenotype of autism for DZ twins is considerably lower than the concordance for MZ twins, 10% and 92%, respectively. Concordance and relative risk continue to drop off dramatically for relatives outside of the immediate family, such as cousins, though the concordance rates for relatives are still greater than the population prevalence. This, combined with the difference in concordance rates between MZ and DZ twins, suggests the action of several genes acting together. Latent class modeling suggests 2-10 genetic loci interacting, with three interactive loci being the best model, while other studies point to the possibility of 10-100 19 loci, each of weak effect.Three types of genetic studies are being conducted to identify susceptibility loci for autism. The first is identifying chromosomal and cytogenetic abnormalities in autistic individuals. The second includes candidate gene studies, while genome-wide linkage studies constitute the third. Studies from linkage analysis will be summarized, with particular emphasis on the evidence for linkage on chromosome 2. 20 AUTISMO E ALTERAZIONI DEL CROMOSOMA 15 Fiorella Gurrieri e Giovanni Neri Istituto di Genetica Medica, Università Cattolica del S. Cuore, Roma L’autismo (A) è caratterizzato da difficoltà nella comunicazione e socializzazione, comportamenti stereotipati e scarso interesse verso l’ambiente circostante; rientra nel gruppo dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (DGS). Questo gruppo di condizioni è eziologicamente eterogeneo: circa il 10-25% dei casi di A fanno parte di patologie note dovute a cause genetiche o ambientali (Gillberg e Coleman, 1996), mentre la causa rimane sconosciuta nei rimanenti casi. Fra le condizioni genetiche più comuni, nelle quali è presente A, vanno menzionate la sindrome del cromosoma X fragile (Feinstein e Reiss, 1998) e la sclerosi tuberosa (Smalley, 1998). Nel 75% dei bambini autistici è presente ritardo mentale (Lockyer e Rutter, 1969), mentre nel 33% circa si riscontra la presenza di epilessia (Rutter, 1970). Che vi sia una forte componente genetica in A è suggerito dall’osservazione che esiste una maggiore concordanza di malattia nei gemelli monozigoti rispetto agli eterozigoti e dal fatto che per i fratelli o sorelle di un soggetto autistico il rischio di essere affetti dalla stessa patologia è del 2-6% circa, cioè 75 volte superiore rispetto a quello della popolazione generale (Rutter et al., 1999). I risultati di studi genetici effettuati in famiglie con bambini autistici indicano il possibile coinvolgimento di molteplici loci genomici che interagiscono fra di loro nel determinare predisposizione ad A o DGS. Studi di geni candidati in famiglie con A hanno dimostrato la presenza di linkage disequilibrium tra A e un polimorfismo intragenico del gene codificante per la subunità B3 del recettore per l’acido gamma amino butirrico (GABRB3) (Cook et al., 1998) e inoltre tra A e un polimorfismo intragenico del gene codificante per una proteina di trasporto della serotonina (5-HTT) (Klauch et al., 1997). Tuttavia, tali dati non sono stati confermati da studi successivi eseguiti su gruppi di famiglie diverse, il che indica, come minimo, l’esistenza di una eterogeneità genetica di A. Ricerche su tutto il genoma di loci di suscettibilità ad A sono state effettuate in famiglie con A e hanno portato all’identificazione 21 di almeno 12 loci candidati (Philippe et al., 1999; Barrett et al., 1999; Risch et al., 1999). Vi sono inoltre in letteratura diversi casi riportati in cui è stata osservata l’associazione di A e DGS con alterazioni cromosomiche varie, come ad esempio delezioni interstiziali o terminali, traslocazioni bilanciate o sbilanciate, inversioni, presenza di cromosomi marcatori, anomalie di numero dei cromosomi sessuali. Sono state riportate alterazioni praticamente di tutti i cromosomi, anche se le più frequenti riguardano il cromosoma 15 e i cromosomi sessuali (Gillberg, 1998). In particolare, la regione 15q11-q13, soggetta ad imprinting, è da considerarsi una importante candidata in base al riscontro nell’1% dei pazienti con A di riarrangiamenti citogenetici e molecolari in forma di inv-dup 15 o duplicazioni intracromosomiche della regione 15q11-q13 (Gurrieri et al., 1999). Tali duplicazioni comportano un aumentato dosaggio dei geni localizzati all’interno della regione riarrangiata. Il nostro studio si è finora concentrato sulla ricerca di riarrangiamenti submicroscopici della regione 15q11-q13 in 240 pazienti con DGS. Nel gruppo DGS sono state identificate 10 duplicazioni al locus D15S817 (4.2%) tutte di origine materna, mentre in 2 famiglie con DGS sono state riscontrate delezioni al locus D15S646 (0.8%) di origine paterna. I riarrangiamenti identificati mostrano che in effetti una certa percentuale di pazienti con A è portatrice di alterazioni del cromosoma 15. Queste alterazioni sono al momento l’unica causa genetica identificabile nei pazienti affetti da questo disturbo. I riarrangiamenti che abbiamo finora identificato serviranno come punto di partenza per identificare uno o più geni le cui mutazioni conferiscono, a chi ne è portatore, un’aumentata succettibilità ai DGS. Ciò è di rilevante importanza in quanto, nonostante i progressi fatti da vari gruppi nel campo della genetica dei disturbi del comportamento, finora non è stato identificato alcun gene predisponente o causale per quanto riguarda i DGS. Ciò è verosimilmente da mettere in relazione con la complessità clinica ed 22 eziologica di questa condizione, che risulta pertanto particolarmente difficile da studiare. L’identificazione di uno o più geni DGS potrà essere di notevole interesse non solo per acquisire delle conoscenze sulle basi biologiche di questo disturbo dello sviluppo, ma anche per comprenderne i meccanismi patogenetici. Inoltre, tali acquisizioni potranno, in prospettiva, porre le basi per applicare strategie terapeutiche mirate. 23 BIBLIOGRAFIA - BARRETT S., BECK J.C., BERNIER R., BISSON E., BRAUN T.A., CASAVANT T.L., CHILDRESS D., FOLSTEIN S.E., GARCIA M., GARDINER M.B., (1999) An autosomal genomic screen for autism. Collaborative Linkage Study of Autism. 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J Autism Dev Disord, 28: 407-414. 24 BASI GENETICHE DEL DISTURBO AUTISTICO IN SICILIA: STATO DELL’ARTE SULLE RICERCHE IN CORSO Valentino Romano Professore Associato di Biologia Applicata Dip. Di Biopatologia e Metodologie Biomediche Università di Palermo [email protected] L’ autismo è un disturbo generalizzato dello sviluppo caratterizzato dalla presenza di deficits che compromettono in modo grave sia le capacità di comunicazione verbale e non verbale del bambino, sia la sua capacità a stabilire una normale, reciproca, interazione sociale. In questo disturbo sono inoltre frequentemente presenti comportamenti ripetitivi e stereotipie. I principali segni dello spettro autistico insorgono, entro i primi tre anni di vita, in circa 1 individuo su 1.000 della popolazione generale. Tuttavia questa incidenza può variare tra le diverse aree geografiche e potrebbe essere, comunque, sottostimata a causa di mancata diagnosi. Lo stato delle conoscenze attuali sull’autismo e sulle sue cause è paragonabile a quello che si aveva diversi decenni fa sul ritardo mentale, e cioè, di un'entità clinicamente e geneticamente omogenea. E così non é. Oggi, infatti, noi sappiamo che il ritardo mentale è clinicamente e geneticamente molto eterogeneo: si tratta in realtà di un gruppo di malattie diverse per eziologia e sintomi che raggruppiamo sotto un unico nome. E’ probabile che questa interpretazione possa essere corretta anche per l’autismo. Tre aree in cui la ricerca scientifica sull’autismo stà investendo risorse in tutto il mondo sono: a) quella relativa alla definizione/diagnosi della sindrome, (b) l’identificazione dei fattori causali (ambientali e genetici) c) comprendere quale è il peso relativo dei fattori genetici e ambientali e il modo in cui essi interagiscono nel determinismo della malattia. La questione riguardante la definizione/diagnosi dell'autismo è un'area molto problematica e dibattuta dalla comunità scientifica. Per molti anni l’autismo è stato, infatti, considerato un disturbo 25 dell’affettività, causato da un inadeguato (e colpevole) rapporto della madre con il figlio. A questa visione punitiva (per la madre e per la famiglia) se ne è sostituita una che considera l’autismo un disturbo le cui cause vanno ricercate nella stessa struttura biologica della malattia. Oggi molti ricercatori cercano di capire quali siano le basi organiche dei disturbi cognitivi e comportamentali che si manifestano nel bambino autistico. Solo da pochi anni si è, infatti, cominciato a studiare il fenotipo autistico anche dal punto di vista delle alterazioni neurofisiologiche, anatomiche, cellulari, neurochimiche e molecolari, oltre che comportamentali e cognitive. Per il futuro l'obiettivo è, cioè, quello di studiare l’autismo come si studierebbe, ad esempio, la talassemia o il diabete. Abbiamo bisogno di comprendere non solo la disfunzione che interessa una data area (es. quella neurofisiologica o biochimica) ma di capire, allo stesso tempo, come le alterazioni in un’area si collegano a quelle che osserviamo in un’altra area e come queste si collegano ai fattori eziologici primari, cioè ai fattori ambientali e genetici che possono agire in modo individuale o combinato. Ad es., farmaci, sostanze chimiche inquinanti (come gli organofosfati) e infezioni virali possono causare l’autismo alterando i delicati processi che nei periodi embrionale, fetale, perinatale e neonatale devono permettere un normale sviluppo del cervello. Per quanto sia facile a dirsi, tuttavia, l'attuazione di questo complesso programma di ricerca presenta difficoltà notevoli. Infatti, oltre al “ritardo” con cui storicamente sono iniziate le ricerche biologiche sull’autismo, vi sono altre difficoltà collegate con le barriere concettuali e metodologiche che separano i vari ambiti di ricerca e che rendono difficile uno scambio di informazioni efficiente ed efficace tra gli specialisti che operano nelle varie aree di ricerca. Questa è comunque una situazione più generale ed è tipica del passaggio della ricerca da una fase monodisciplinare a una interdisciplinare. Mancano markers biochimici affidabili dell'autismo e non è facile, se non impossibile, “modellare” la sindrome in un altro organismo. Abbiamo anche bisogno di maggiori informazioni sulle alterazioni neuroanatomiche e neurofisiologiche presenti 26 nell’autismo e sulle disfunzioni cellulari, e in particolare dei neuroni. Poiché sarebbe a priori sbagliato studiare l’autismo unicamente da una prospettiva “neuro – centrica” è bene tenere in conto anche altre ipotesi di lavoro. Vi sono studi che analizzano, ad es., il rapporto che potrebbe esistere tra sistema immunitario - sistema gastrointestinale e cervello nell'autismo. Dal punto di vista genetico, la definizione più appropriata per l’autismo è quella di malattia poligenica e multifattoriale. Benché, nel loro complesso, le basi biologiche dell’autismo siano ancora mal comprese, sono numerose le osservazioni a favore dell’esistenza di fattori genetici che aumentano il rischio di comparsa della malattia. Ci potrebbero essere pochi geni ad effetto maggiore o molti geni ad effetto minore o una combinazione di questi due estremi. Storicamente, le prime forti indicazioni dell'esistenza di una base genetica nell’autismo furono ottenute da studi condotti sui gemelli. Poichè i gemelli monozigotici condividono, in pratica, gli stessi geni (o quasi), ci si aspetterebbe che, se esiste una significativa componente genetica nell’autismo, nei gemelli monozigotici il tasso di ricorrenza della malattia debba essere più elevato rispetto a quello osservato, ad es., tra gemelli di-zigotici o tra fratelli non-gemelli. E, infatti, mentre il rischio di ricorrenza tra gemelli monozigotici è compreso tra il 36 % e il 90%, questo rischio per un fratello non-gemello di un bambino autistico è di molto ridotto (3 % - 5%). Benché quest’ultimo valore possa apparire molto basso esso è tuttavia cinquanta volte più elevato di quello che ha un bambino qualsiasi della popolazione generale di manifestare i sintomi dell’autismo. L'oscillazione delle percentuali riportata sopra per i gemelli monozigotici (36 % - 90 %) dipende dai vari studi pubblicati, ma riflette soprattutto il fatto che le stime più elevate si ottengono quando vengono presi in considerazione altri disturbi associati al fenotipo autistico, come ad esempio i soli disturbi del linguaggio, Se esiste, come è probabile, una componente genetica nell’autismo ci si dovrebbe aspettare che al diminuire del grado di parentela tra un familiare e il caso indice (il bambino autistico), diminuisca anche il rischio di manifestazione dei sintomi in quel familiare. 27 Altre evidenze in favore dell’esistenza dei fattori genetici nell’autismo si basano su varie osservazioni. Esiste, ad es., un diverso rischio di manifestare la malattia tra i due sessi. I maschi hanno un rischio 4 - 5 volte più elevato delle femmine. Inoltre, l'autismo, o alcune sue tipiche manifestazioni, può essere presente in soggetti che hanno una diagnosi eziologica per specifiche malattie monogeniche, anch’esse di interesse neurospichiatrico, quali ad es. la sindrome del cromosoma X fragile (FRAXA), la sclerosi tuberosa, la fenilchetonuria ed altre ancora. Il ritardo mentale è presente in circa l'80 % dei casi di autismo. Ad ulteriore conferma dell’importanza dei fattori genetici nell’autismo vi sono poi le anomalie cromosomiche. Anche se una data anomalia cromosomica è presente solo in pochi soggetti, se non addirittura in un singolo caso, essa potrebbe rivelarsi molto utile per chiarire alcuni aspetti della eterogenea base biologica dell’autismo. Una data anomalia cromosomica strutturale (ad esempio una delezione o una traslocazione), può infatti segnalarci in quale punto del genoma potrebbe trovarsi uno dei geni che conferiscono la suscettibilità per l’autismo. Uno dei cromosomi in cui queste alterazioni sono state spesso osservate nei bambini autistici è, ad es., il cromosoma 15. In Sicilia è in corso un progetto di ricerca tra due Dipartimenti Universitari (il Dipartimento Universitario Materno Infantile (Sez di Neuropsichiatria Infantile) e Dipartimento di Biopatologia e Metodologie Biomediche (Sezione di Biologia e Genetica) dell’Università di Palermo e l’Istituto OASI di Troina (EN) per lo svolgimento di uno studio interdisciplinare sull’autismo. Queste attività potranno essere sempre più produttive se verrà favorita una crescente integrazione tra le diverse competenze che sono presenti in queste Istituzioni e se saranno resi disponibili adeguati finanziamenti per la ricerca in questo settore. Và anche ricordato che queste attività sono state inoltre possibili grazie alla attiva collaborazione delle famiglie siciliane interessate da questo problema e che hanno aderito a questo studio. Una sintesi dei risultati che verranno presentati al Convegno Perchè autistico? (edizione 2003) è riportata qui di seguito: 28 la ricerca ha come obiettivi, da un lato, la ottimizzazione dei criteri diagnostici nel disturbo autistico, dall’altro, la individuazione dei fattori di rischio genetico responsabili della comparsa della malattia. Lo studio è stato condotto su famiglie siciliane con almeno un figlio che presenta il disturbo autistico. Il numero di famiglie reclutate sino ad oggi (Aprile 2003) è 140. Tuttavia, i risultati che vengono riassunti in questa relazione si riferiscono alle sole indagini genetiche, ad oggi, completate su circa 90 famiglie. In linea con i principali filoni di ricerca genetica sull’autismo condotti in Italia e nel mondo e tenendo conto della forte eterogeneità genetica (cioè cause genetiche che possono essere anche molto diverse da paziente a paziente) abbiamo diversificato il nostro studio secondo 3 linee di ricerca: 1) ricerca di alterazioni cromosomiche; 2) individuazione di regioni cromosomiche che potrebbero contenere geni di suscettibilità per l’autismo; 3) analisi strutturale di 10 geni candidati a funzione nota. Il sommario dei risultati ottenuti è il seguente: 1) Numero delle alterazioni cromosomiche individuate: 4 (in 4 soggetti); 2) Preliminare (da confermare) evidenza della presenza di un gene (la cui identità e funzione sono ancora sconosciute) di suscettibilità per l’autismo sul cromosoma 2; 3) Nessuna evidenza di coinvolgimento dei 10 geni a funzione nota esaminati nel disturbo autistico nei pazienti siciliani. Conclusioni: A) I nostri dati sostengono, per la popolazione siciliana, un’ipotesi già corroborata da osservazioni fatte in tutte le popolazioni sino ad oggi studiate, e cioè, che le basi genetiche del disturbo autistico sono probabilmente molto eterogenee. 29 B)E’ necessario individuare sottogruppi di pazienti secondo categorie diagnostiche più specifiche (endofenotipi) di quelle attualmente adottate. Questo nuovo approccio alla classificazione dei pazienti può renderli più omogenei clinicamente e può facilitare, di conseguenza, la individuazione di alterazioni genetiche comuni a quei sottogruppi. C) Anche se le analisi citogenetiche hanno evidenziato, in alcuni casi, la presenza di anomalie strutturali o numeriche dei cromosomi, la loro specificità eziologica (relazione causale con l’autismo) rimane ancora da dimostrare. 30 DALLA VALUTAZIONE ALL’ABILITAZIONE EMOZIONALE E SOCIALE Prof.ssa C. Barthelemy COGNITIVA, 1 - Tra i disturbi comportamentali e relazionali dell’infanzia, l’autismo è la forma più tipica, pervasiva e meno compresa. L’approccio clinico e terapeutico elaborato dallo staff di Tours è particolarmente adattato alla riabilitazione precoce dei bambini con bisogni specifici. 2 -Verranno presentati tre aspetti principali per quanto riguarda la valutazione e la terapia: - Le basi cliniche della riabilitazione secondo la Terapia di scambio e di sviluppo (TED) Le sue basi consitono nello studio dettagliato del comportamento, delo sviluppo e del funzionamento del bambino (e quindi dei suoi bisogni specifici) che assume quindi le caratteristiche di un progetto personalizzato - Le basi neurobiologiche, il processo educativo, la riabilitazione e le terapie Gli studi sulle disfunzioni cerebrali latenti e come esse possono influenzare l’abilitazione dei sistemi neuronali coinvolti nell’interazione e nella comunicazione. - Aspetti generali della pratica clinica Abilitazione integrata delle funzioni elementari con la collaborazione delle famiglie con particolare attenzione alla valutazione, alla qualità e all’etica. 31 PSYCHOPHARMACOLOGY AND AUTISM B. E. Lahuis Child- and Adolescent Psychiatrist University Hospital Utrecht, The Netherlands A Pervasive Developmental Disorder, as described in the DSMIV or ICD-10 is a life-long developmental disorder where communication impairments, abnormal social interaction and a restricted range of interests and behaviours are the main characteristics. There is an association with mental retardation (70%) and epilepsy (305). The aetiology as well as the clinical presentation of the disorder is heterogeneous. In recent years the diagnosis autism increased. This poses the question if this disorder itself is on the increase or if the awareness of the clinician is on the rise. Anyhow , clinicians are more often confronted with this group of patients. There is a need for clear diagnosis, but also for help in addressing the broad variety of problems, related to such a diverse group as the autism spectrum disorders. Besides behavioural interventions also pharmacological interventions are applied more often. Although there is no cure for autism, and no possibilities to influence the core features of the disease, pharmacological interventions can be effective in treating problematic behaviour such as aggression, anxiety, hyperactivity, sleeping disorders etc and in treating co-morbid disorders such as depressions. Psicofarmacologia e Autismo Un disturbo pervasivo dello sviluppo (PDD) cosi come descritto nel DSM-IV o nel ICD – 10 è un disturbo dello sviluppo che si manifesta (nel corso della vita) dove menomazioni della comunicazione, interazioni sociali anormali e un ristretto repertorio di interessi e comportamenti sono le principali caratteristiche. C’è anche un’ associazione tra ritardo mentale (70%) ed epilessia(305). 32 L’eziologia come pure la manifestazione clinica del disturbo è eterogenea. Negli ultimi anni le diagnosi di autismo sono aumentate. Questo pone l’interrogativo se questo stesso disturbo è in aumento o se è esatta la consapevolezza dei clinici. In ogni modo i clinici si stanno maggiormente confrontando con questo gruppo di pensieri . C’è la necessita di diagnosi chiare, ma anche di aiuto nell’indirizzare l’ampia varietà di problemi, relativi ad un gruppo così diversificato come i disturbi dello spettro autistico. Inoltre gli interventi comportamentali come le terapie farmacologiche sono utilizzati con maggiore frequenza . Benché non esista una cura per l’autismo, e non ci sia alcuna possibilità di infecurare le caratteristiche principali del disturbo, gli interventi farmacologici possono essere efficaci nel trattamento dei comportamenti problematici quali aggressività, ansia, iperattività, disturbi del sonno, ecc. e nel trattamento dei disturbi morbosi quali depressioni. 33 AUTISMO E CELIACHIA FOLLOW-UP E PRESA IN CARICO Dott.ssa G. Gambino - Dott. P. Di Stefano Dipartimento Pediatrico “Aiuto Materno” Palermo Il nostro lavoro riferisce i dati in merito ad un campione di 55 pz autistici con problematiche gastrointestinali: appare utile differenziare le singole patologie che potrebbero avere un’espressività atipica nell’ambito delle sdr. autistiche. La letteratura in merito ci fornisce alcuni dati essenziali rispetto a rilievi clinici di malassorbimento, di alterazione della motilità dell’intestino e di patologie infiammatorie localizzate a livello ileale. Caratteristiche del campione Il nostro campione è costituito da 55pz (44M, 11F) di età compresa tra 3,2a. e 18a. (età media 8,2). La diagnosi di sindrome autistica rispetta i criteri del DSM IV Le scale di valutazione utilizzate sono: CARS (punteggio compreso tra 36,5 e 53), Brunet Lezine, ABC, ERC-A Bretonneau,Mccarthur WischR Sono state ecluse dal campione tutte le sindromi autistiche associate a cromosomopatie, encefalopatie epilettiche, patologie metaboliche e lesionali note. Pertanto nel campione sono incluse solo forme criptogenetiche. Nel 59% dei casi si sono riscontrate anomalie elettroencefalografiche focali senza alcun correlato clinico. Si tratta quindi di un bias altamente selettivo (non contenente disturbi disintegrativi dell’infanzia.) Nell’88% dei casi (44/55) è presente una periodica sintomatologia gastrointestinale aspecifica caratterizzata da turbe dell’alvo (stipsi/diarrea ricorrente) accompagnate da manifestazioni cutanee (atopia- reazioni orticarioidi-prurito). Tale sintomatologia obiettiva coincide spesso con momenti di regressione sul piano delle acquisizioni ed incremento di sintomi negativi Tale quadro semeiologico si ripresenta generalmente con il carattere della ciclicità. 34 Sul piano ematochimico si valuta: in 46/55(=83,6%) pz il rapporto CD4/CD8 risulta inferiore a 2 in 39/55(= 70,9%) pz le IgA totali sono ridotte in 44/55(= 80%) pz si rileva una significativa riduzione del dosaggio ematico di ferritina in 70% dei pz si osserva una positività per Ac anti Candida in 52,9% dei pz si osserva una positività su sangue e feci per Ac anti Helico in 12/55 (21,8%) dei pz si perviene alla diagnosi di Malattia celiaca. I criteri diagnostici utilizzati per la diagnosi di M C sono: la sintomatologia clinica, gli indici ematici AGA, EMA TGA, ESGDS con esame bioptico della mucosa duodenale. Nel 90% dei pz del campione(celiaci e non) si è valutato un incremento del dosaggio delle interleuchine ( IL1b e TNF alfa) Il sistema HLA è stato eseguito a conferma dei dati di laboratorio A 5 anni dal follow-up nessun pz risulta affetto da alcuna patologia a carattere autoimmunitario. La rivalutazione del campione ha posto in evidenza che: 16/55 pz presentano dosaggi elevati di calcitonina. Teniamo presente che la CALCITONINA AUMENTA NELLE SEGUENTI PATOLOGIE (valore di riferimento 0-10 pg/ml R.I.A) • carcinoma midollare della tiroide • iperparatiroidismo • carcinoma delle insule pancreatiche • insufficienza renale cronica • ipergastrinemia • cirrosi epatica • tiroidite acuta e cronica • infiammazioni croniche • disordini mieloproliferativi Osservando nello specifico i 16 soggetti valutati con elevato tasso di calcitonina, pari al 22,3%, si rilevano alcuni dati in comune: 35 - 2 soggetti celiaci rientrano nel sottogruppo in esame, - ad essi si aggiungono 14 soggetti autistici non celiaci con periodiche turbe gastrointestinali aspecifiche . Il fenotipo comportamentale che ritroviamo in associazione è caratterizzato da comportamenti disturbanti (agitazione psicomotoria con incremento delle steoreotipie gestuali e concomitanti turbe del sonno) che hanno il carattere del parossismo periodico. In tutti i soggetti scrinati del campione non si avevano alterazioni degli indici ematochimici ad espressione flogistica in fase acuta, non vi erano evidenze relative ad alterazione dell’equilibio Ca-P né patologie da collegare ad incremento patologico della calcitonina. Al fine di verificare la significatività dei dati relativi all’elevazione del dosaggio della calcitonina, li abbiamo comparati ad un campione randomizzato di casi controlli di pz pediatrici non autistici costituito da 85 soggetti di età compresa tra i 4,1 e i 18 anni (età media 8,9 anni, 80% = 68 maschi e 20% = 17 femmine). Di essi 19 mostrano tale incremento. Tali bambini valutati attaverso la scale SDAI-SDAG mostrano una frequenza medio elevata di alcuni comportamenti rispetto alle voci 6-8-10-11-16-18 pur non potendosi annoverare nell’ambito del disturbo ADHD. Nell’ambito della storia anamnestica di questi bambini si rilevano : frequenti risvegli notturni e il motivo della prima visita sono i disturbi della sfera oro-alimentare, i disturbi dell’alvo con DAR, scarso accrescimento ponderale. Altro dato che si può ricavare dal follow-up del campione di paziente autistici è che i pz con v frequenti episodi di agitazione psicomotoria (malgrado la dietoterapia specifica nel caso dei celiaci) v dosaggio elevato di calcitonina sottoposti a terapia con risperidone mostrano normalizzazione dei valori della calcitonina entro i dati di range e contemporanea elevazione del livello di prolattina secondo le caratteristiche contemplate dall’attuale letteratura (incremento nei primi tre mesi quindi plateau e successiva normalizzazione). 36 Nei nostri pazienti autistici e del campione controllo nonostante gli indici ematochimici (quali la VES, PCR, emocromo, albuminemia) e i dati clinici non mostrano alterazioni significative per Malattie Infiammatorie Croniche intestinali (MICI), è stato determinato infine l’autoanticorpo anti Saccharomyces cerevisiae (ASCA), marcatore specifico per la Malattia di Crohn. E’ stato valutato il dosaggio delle immunoglobuline IgG e IgA con metodo ELISA. Le positività riscontrate nei pazienti autistici sono state ASCA IgG 6% IgA 3% IgG + IgA 00,0% IgG and IgA 9% Nei pazienti del campione controllo le positività sono state: ASCA IgG 11% IgA 1% IgG + IgA 10,% IgG and IgA 12% In tali gruppi di pazienti lo studio radiografico dell’apparato digerente ha mostrato un accelerato transito ileale e colico. Ciò è rilevante se si considera che il dato clinico soggettivo evidenziava una stipsi ostinata. CONCLUSIONI Il nostro lavoro parte dal presupposto di volere fornire ulteriori dati valutativi nell’ambito della ricerca circa le possibili connessioni tra patologia gastrointestinale e sindromi autistiche, cercando di tipizzare maggiormente un fenotipo comportamentale specifico . Appare utile pertanto eseguire lo screening su tutti i pz autistici e considerare la possibilità di un protocollo standard minimale su tale patologia connessa. 37 Tale presa in carico deve necessariamente essere di tipo multidisciplinare per poter dare il carattere della sistematicità ad una assistenza cosi complessa. I nostri dati possono trovare chiavi di lettura in altri ambiti oggi rappresentati, modalità diverse o più mirate di trattamento farmacologico,dati di ulteriore conoscenza ad un tavolo di proposte di studio multidisciplinare. 38 NEUROBIOLOGIA E TERAPIA DEI DISTURBI DELLA SFERA AFFETTIVA NELL’AUTISMO: CONOSCENZE ATTUALI E PROSPETTIVE Prof. Gaspare Cannizzaro Direttore del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università degli Studi di Palermo La prevalenza dell’autismo è di circa 2-5 casi ogni 10.000 bambini; nel corso degli ultimi anni è stata osservata una tendenza all’aumento, anche se non è chiaro se si tratta di un incremento effettivo dell’incidenza della malattia o di migliori capacità diagnostiche. L’autismo è da 3 a 5 volte più frequente nei maschi, e nella maggior parte dei casi si manifesta chiaramente entro i primi 2-3 anni di vita. Il sintomo caratteristico dei bambini autistici è rappresentato dalla quasi assoluta incapacità di stabilire normali relazioni emotive sia con i genitori che con altre persone. I bambini autistici non riescono a comprendere i sentimenti e le reazioni emotive del prossimo, con gravi ripercussioni sulla loro vita di relazione, pressoché inesistente, ma possono sviluppare una peculiare forma di attaccamento verso oggetti inanimati. La prognosi dell’autismo è strettamente dipendente dal quoziente intellettivo: più esso è basso, peggiore sarà la prognosi. Purtroppo, circa il 70% degli autistici è mentalmente ritardato in forma più o meno grave, e non più del 20% riesce ad essere autosufficiente in età adulta. Tra le possibili cause dell’autismo, l’ipotesi che faceva ricadere tutte le colpe sui genitori (la teoria della cosiddetta “madre frigorifero”), incapaci di instaurare un rapporto emotivo con la prole, è stata definitivamente abbandonata. L’autismo ha alla base alterazioni di tipo neurobiologico di varia natura, indotte da cause endogene e/o ambientali. L’autismo comprende una serie di patologie che possono avere o no in comune alcuni sintomi, ma cause del tutto differenti, che richiedono approcci terapeutici altrettanto differenti. Come già accennato, il bambino autistico non esprime emozioni e, soprattutto, non riesce a capire quelle altrui, comprese quelle dei suoi genitori. La capacità di comprendere le emozioni è una caratteristica peculiare dell’essere umano, senza la quale nessuna 39 società potrebbe esistere. Secondi alcuni AA., la capacità di capire le emozioni altrui è una vera e propria forma di intelligenza, la cosiddetta “intelligenza emotiva”. Tutte le emozioni che gli esseri umani provano originano da determinate aree cerebrali; il piacere, la gioia, il dolore nascono dall’attivazione di specifici gruppi di neuroni, che, per così dire, colorano emotivamente tutte le nostre percezioni ed i nostri pensieri. Una delle strutture più importante per la genesi delle emozioni è l’amigdala, ed è proprio l’amigdala che in molti autistici presenta delle alterazioni anatomiche e funzionali. È stato osservato che nelle scimmie con lesione bilaterale dell’amigdala compaiono sintomi simili a quelli dell’autismo, ed in particolare alterazioni della sfera affettiva. L’amigdala è connessa sia alla corteccia prefrontale che all’ippocampo, e modula l’attività di entrambe le aree. I collegamenti con l’ippocampo sono particolarmente importanti, perché è proprio tale formazione che traduce in termini biologici le emozioni. Nell’uomo la stimolazione dell’amigdala causa una sensazione di paura e panico, e, in alcuni individui, aggressività. Di particolare rilievo è il ruolo dell’amigdala nella regolazione del comportamento sociale, ovvero nella comprensione degli stati d’animo altrui. La lesione dell’amigdala nelle scimmie provoca la pressoché totale scomparsa del comportamento sociale: le scimmie si isolano, ed ignorano tutti i segnali sociali. Se l’amgidala viene lesionata in età infantile, queste alterazioni comportamentali persisteranno anche in età adulta. È interessante notare come nelle scimmie la lesione dell’amigdala elimini anche il comportamento materno: l’animale trascura i piccoli o addirittura li maltratta. Per quanto riguarda i dati relativi all’uomo, le prove a favore della connessione tra amigdala ed autismo sono documentate dal fatto che: 1) In diversi autistici è stato riscontrato un aumento della densità cellulare, ma non sempre del volume, dell’ amigdala. 2) Soggetti con lesioni dell’amigdala mostrano alterazioni del comportamento sociale simili, anche se non identiche, a quelle osservate degli autistici. 3) In soggetti autistici non mentalmente ritardati si osserva una 40 minore attivazione dell’amigdala quando essi devono riconoscere le emozioni espresse dalla mimica facciale. Un contributo fondamentale alla identificazione delle alterazioni cerebrali associate all’autismo è venuto, nel corso dell’ultimo decennio, dai progressi nel campo della Risonanza Magnetica (RM) sia strutturale che funzionale ed anche, e questo deve essere sottolineato, dal miglioramento dei criteri diagnostici. Per quanto riguarda i risultati ottenuti con la RM strutturale, essi hanno confermato la presenza di alterazioni anatomiche dell’amigdala, e hanno dimostrato l’esistenza di alterazioni a carico di altre strutture cerebrali, quali l’ippocampo ed il giro cingolato, determinanti per il controllo di alcuni aspetti del comportamento emozionale. La RM funzionale ha inoltre messo in evidenza che gli autistici, quando devono fare scelte che richiedono un giudizio emotivo, usano aree cerebrali diverse da quelle impiegate dai soggetti normali, aree non coinvolte nella valutazione delle emozioni. Gli autistici, per comprendere quali emozioni esprima il volto di un individuo, non si basano su sensazioni emotive, ma osservano la mimica facciale. Così ad es., l’autistico, per capire se chi gli sta vicino è contento, guarda se ha gli angoli della bocca rivolti verso l’alto. L’incapacità del neonato autistico di esprimere emozioni riduce le risposte affettive dei genitori, danneggiando ulteriormente lo sviluppo dei circuiti neuronali coinvolti nel comportamento emozionale. È stato dimostrato che la maggior parte delle connessioni sinaptiche dei neuroni cerebrali si formano in seguito agli stimoli ricevuti durante i primi anni di vita. Superato tale periodo, la capacità di formare nuovi circuiti cerebrali si riduce grandemente, anche se non si annulla mai del tutto. Per quanto riguarda le possibili cause delle alterazioni neurobiologiche alla base dell’autismo, poco si conosce. Il tessuto nervoso in via di sviluppo può essere danneggiato da numerosi fattori quali infezioni, xenobiotici, carenza di oligoelementi, stress, ecc; non è stato tuttavia dimostrato in maniera inequivocabile un rapporto causa-effetto tra uno o più di tali fattori e l’insorgenza dell’autismo. Studi recenti hanno messo in evidenza che nel sangue degli autistici vi è un aumento dei livelli di serotonina, un neurotrasmettitore essenziale per la modulazione del comportamento affettivo41 emozionale. È stato ipotizzato che un precoce incremento di serotonina nel cervello, indotto dai vari fattori precedentemente citati, inibisca lo sviluppo delle terminazioni nervose serotoninergiche, in particolare nell’amigdala e nelle aree limbiche. Tale fenomeno determinerebbe una ridotta disponibilità di serotonina, che a sua volta alrererebbe lo sviluppo anatomo-funzionale di tali strutture. La serotonina, infatti,oltre a svolgere la funzione di neurotrasmettitore, rappresenta un importante fattore di crescita per i neuroni cerebrali. Se le nuove tecniche diagnostiche potranno confermare nell’uomo la validità di tale ipotesi almeno in alcuni soggetti autistici, è verosimile che un trattamento, entro i primi periodi di vita, con farmaci in grado di aumentare in maniera specifica i livelli cerebrali di serotonina possa, almeno in parte, attenuare i disturbi della sfera affettiva. D’altra parte, la terapia farmacologica dovrebbe essere supportata da idonee tecniche comportamentali, che, sfruttando il fenomeno della plasticità neuronale, ovvero la capacità dei neuroni di modificare persistentemente la propria attività in seguito a stimoli di varia natura, migliorino l’attività funzionale dei circuiti neuronali deputati al controllo del comportamento affettivo-emozionale. È auspicabile che in tempi brevi siano disponibili apparecchiature per la RM strutturale e funzionale impiegabili nei piccoli bambini, che permettano di evidenziare precocemente l’eventuale presenza di quelle alterazioni anatomo-funzionali delle strutture cerebrali sopra descritte. Poiché tali apparecchiature sono estremamente costose, è opportuno che le risorse disponibili siano concentrate in pochi e qualificati centri, tra loro strettamente connessi . 42 I NEUROMODULATORI NELL’AUTISMO Marcello Ciaccio, Giulia Bivona, Maddalena D’Ancona e Lavinia Vocca Cattedra di Biochimica Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Palermo Introduzione Il Disturbo Autistico rappresenta un classico esempio di patologia caratterizzata da una evidente sintomatologia clinica e da una quasi totale assenza di parametri biochimici e biochimicoclinici caratteristici e specifici. Il termine Autismo fu introdotto da Bleuler che lo ha considerato sintomo primario nella schizofrenia nell’adulto ad indicare la “perdita di contatto con il mondo esterno, accompagnato da predominio relativo o assoluto della vita interiore”. L’Autismo è conosciuto da lungo tempo ma il primo che lo inquadrò come patologia autonoma fu Leo Kanner, nel 1943, che studiando 11 bambini con disturbi mentali diversi (ritardo mentale, disturbi del comportamento, gravi difficoltà relazionali: alterazioni mentali che, in genere, venivano diagnosticate ed inquadrate come “insufficienze mentali” o “schizofrenia”) individuò questo nuovo quadro di psicopatologia infantile che definì “Autismo infantile precoce”. Il Disturbo Autistico è riconoscibile entro il 2° o 3° semestre di vita, diventa evidente entro il 2° anno ed il quadro clinico è conclamato entro il 3° anno di vita; ha una frequenza di 2-4 casi ogni 10.000 bambini con meno di 12 anni ed è più frequente nei maschi che nelle femmine con un rapporto di 4 a 1. La eziopatogenesi del Disturbo Autistico è multifattoriale dovuta all’interazione e complementarietà di fattori diversi fra loro. Ciò ha determinato da parte dei vari Autori di descrivere ed inquadrare la malattia per le tipiche caratteristiche fenomenologiche rispetto alle caratteristiche fisiopatologiche che conducono al Disturbo Autistico. Il Disturbo Autistico si presenta con una varietà di sintomi: anormalità nei rapporti sociali, fenomeni compulsivi e ritualistici, alterazioni della comunicazione linguistica, movimenti stereotipi e 43 ripetitivi (verbali – ecolalia – o/e delle mani e dei piedi), attenzione molto instabile, autoaggressività, autolesionismo, insufficiente controllo degli sfinteri (enuresi, encopresi). Neurochimica del Disturbo Autistico I fattori biochimici più importanti nell’Autismo sono legati a molecole diverse che svolgono un ruolo nella modulazione della trasmissione e del metabolismo a livello cerebrale; in particolare, nell’Autismo svolgono un ruolo importante: - il Sistema dopaminergico, - il Sistema serotoninergico, - il Sistema noradrenergico, - le Proteine gliali ed i gangliosidi, - il Metabolismo cerebrale, Le alterazioni dei Sistemi dopaminergico, serotoninergico e noradrenergico conducono ad una alterazione dei Neuromodulatori (termine più esatto rispetto a neurotrasmettitori in quanto non sono solo responsabili della trasmissione del segnale a livello sinaptico ma anche della regolazione di sistemi diversi come il Sistema Endocrino) che porta ad una alterazione della neurotrasmissione. I neuromodulatori cerebrali svolgono il loro ruolo dopo avere interagito con specifici recettori modulando azioni a livello cellulare diverse a secondo del tipo di recettore. Il trasporto degli aminoacidi precursori dei singoli neuromodulatori cerebrali dal sangue al cervello attraverso la barriera ematoencefalica avviene tramite trasporto mediato da carrier specifici di natura genica. La dopamina è prodotta dai neuroni dopaminergici che si snodano in tratti ben definiti; uno dei tratti più importanti, la sostanza nigro-striatale, connette la substantia nigra del cervello medio con i gangli della base al di sotto della corteccia. I ruoli funzionali principali sono la regolazione dei movimenti, l’inibizione della sintesi e secrezione di Prolattina, gli effetti cardiovascolari (a basse dosi induce vasodilatazione ed ad alte concentrazioni vasocostrizione, un effetto inotropo positivo ed un aumento della pressione arteriosa sistolica). I neurorecettori per la Dopamina sono: 44 D1A che attiva l’Adenilato ciclasi D1B che attiva l’Adenilato ciclasi D2S che inibisce l’Adenilato ciclasi ed apre i canali del K+ D2L che inibisce l’Adenilato ciclasi ed apre i canali del K+ D3 la cui azione è sconosciuta (implicato nella patogenesi della schizofrenia ?) D4 la cui azione è sconosciuta D5 la cui azione è sconosciuta (tono psichico e vigilanza ?) Nel Disturbo Autistico l’alterazione dell’attività dopaminergica è evidenziata: - dall’osservazione che le funzioni da essa presiedute o modulate (percezione, attenzione, associazione, organizzazione del movimento) sono tutte compromesse; - che l’uso di agonisti dopaminergici (anfetamine) aggravano la sintomatologia; - che i farmaci neurolettici (aloperidolo) che determinano un blocco dei recettori dopaminergici portano ad un miglioramento della sintomatologia. Le possibili cause potrebbero essere: - l’incapacità di produrre Dopamina da parte delle cellule nervose, - l’insensibilità o basso numero di recettori dopaminergici, - l’impossibilità della Dopamina a svolgere le sue funzioni per la presenza di inibitori. Il principale metabolita della Dopamina è l’Acido Omovanillico che ritroviamo a concentrazione normale nel plasma, aumentato nelle urine in sottogruppi di pazienti Autistici ed aumentato nel liquor in sottogruppi di pazienti Autistici in proporzione alla gravità della sintomatologia e ciò può essere espressione o di una eccessiva produzione o/e di una mancata utilizzazione. La serotonina, i cui neuroni si originano nel rafe, parte della formazione reticolare del tronco encefalico superiore, e si irradiano notevolmente in tutta la corteccia, deriva dal catabolismo del Triptofano. Il Triptofano, presente nel plasma anche allo stato libero, è un aminoacido essenziale per l’uomo, il cui fabbisogno giornaliero è di 45 7 mg/Kg nell’uomo adulto e di 30 mg/Kg nel bambino. La principale via di demolizione è localizzata nel fegato e porta alla formazione di acido nicotinico (vitamina PP) e di molti altri prodotti che si accumulano. Una reazione secondaria porta alla sintesi di serotonina, amina dotata di attività biologica elevata. Solo il 5% di tutta la serotonina prodotta si trova nel Sistema Nervoso Centrale (il 95% si trova nelle cellule enterocromaffini del tratto intestinale, nelle piastrine e nelle cellule endoteliali vascolari) e la sua sintesi dipende dalle concentrazioni di triptofano libero disponibile nelle terminazioni nervose; concentrazioni di triptofano che, a sua volta, dipendono dalle concentrazioni dell’aminoacido libero presente nel plasma. Le correlazioni di un rapporto tra serotonina e Autismo sono dovute: a) che nel 30-40% di pazienti Autistici si riscontrano concentrazioni medie più elevate di Serotonina nel plasma, nelle urine e nelle piastrine, b) ad un aumento delle concentrazioni di Triptofano libero nel plasma, c) alla correlazione tra gravità della sintomatologia autistica e bassi livelli di Acido 5-idrossi-indoloacetico nel liquor (per un’alterazione del gene che codifica la sintesi della proteina che trasporta la serotonina dal sangue nel cervello?), da cui la terapia antiserotoninergica impiegata in questa alterazione mentale. Studi compiuti mediante l’utilizzo della Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) hanno permesso di studiare la sintesi cerebrale di serotonina evidenziando delle differenze tra il bambino Autistico ed il normale. Infatti, nei bambini normali la sintesi è maggiore nei primi anni per poi diminuire raggiungendo a 5 anni i livelli dell’adulto; nel bambino con Disturbo Autistico la sintesi fino a 5 anni è minore rispetto ai bambini normali di pari età per poi continuare ad aumentare fino a 15 anni. Inoltre, negli Autistici la sintesi di serotonina è maggiore a livello del Nucleo dentato del Cervelletto e minore nella Corteccia frontale e nel Talamo. Tra i vari recettori di seguito, nella tabella, riportati con i relativi effetti biochimici e la specifica risposta biologica 46 Sottotipi Effetti biochimici Risposta biologica5-HT1 HT1 1A 1B 1C 1D HT2 5-HT 3 5-HT 4 su AMPc e canali K+ diminuisce AMPC idrolisi PI diminuisce AMPC Idrolisi PI; canale K+ Canale cationico diminuisca AMPc Ipotensione, Iperpolarizzazione neuronale Inibizione del rilascio del neurotrasmettirore Aumento del PI turnover Inibizione del rilascio del neurotrasmettitore55Vasocostrizione , aggregazione piastrinica Depolarizzazione Attivazione del rilacio del neurotrasmettitore il più importante nel Disturbo Autistico sembrerebbe il recettore 5-HT2; infatti, un suo blocco determina comportamenti similautistici. La serotonina è coinvolta nella fisiopatologia di diverse condizioni patologiche come la depressione, la schizofrenia, l’attacco di emicrania (coinvolta nei processi di controllo del dolore). La crisi di emicrania è biochimicamente caratterizzata da un aumento delle concentrazioni plasmatiche di noradrenalina, adrenalina, dopamina, istamina e da una diminuzione di serotonina; nelle urine è aumentata l’escrezione di acido 5-OHindoloacetico. Il meccanismo d’azione è diretto tramite l’apertura di canali ionici. La noradrenalina, i cui neuroni si originano dal locus coeruleus del tronco encefalico e si irradiano in tutta la corteccia, viene biosintetizzata a partire dalla fenilalanina che viene convertita in tiroxina; la tiroxina viene idrossilata e si forma la L-dopa che viene decarbossilata a dopamina che subisce una idrossilazione con formazione di norepinefrina prima e di epinefrina poi. I suoi metaboliti principali sono l’acido vanilmandelico e il metossiidrossifeniletilenglicole (MOPEG). Interagisce con specifici recettori distinti in a e b e con i vari sottotipi a1A, a1B, a1C, a2A, a2B, a2C, b1, b2 e b3. Nel soggetto con Disturbo Autistico si sono osservati risultati discordanti: infatti, alcuni Autori hanno trovato concentrazioni aumentate nel plasma, altri diminuite. Nelle urine una diminuzione sia di catecolammine libere che di MOPEG e nel liquor il rapporto acido omovanillico / MOPEG aumentato. Il glutammato, neurotrasmettitore eccitatore, le cui azioni biologiche principali sono la plasticità neuronale, la neurotossicità, l’acquisizione della memoria, l’apprendimento, possiede 2 classi di 47 neurorecettori: a) ionotropici e b) metabotropici. Recettori Ionotropici AMPA GluR1, -2, -3, -4 Kainico GluR5, -6, -7, KA1, -2 NMDA NMDA-R1, -R2A-D Recettori Metabotropici Gruppo I mGluR1, -5 Gruppo II mGluR2, -3 Gruppo III mGluR4, -6, -7, -8 Nel soggetto con Disturbo Autistico è stata osservata, in alcuni casi, una alterazione del recettore NMDA il cui meccanismo d’azione è quello di formare dei canali per ioni che per il glutammato sono Na+ e Ca++ che entrano e K+ e Mg++ che escono. Inoltre, nell’Autistico si è visto una maggiore presenza sia dei recettori AMPA e NMDA che del trasportatore specifico 1 nel Cervelletto e nell’Ippocampo. Per decarbossilazione del Glutammato si forma l’acido g-amino butirrico (GABA) che è un neurotrasmettitore inibitore localizzato nel Cervello, nel Midollo Spinale, nel Sistema Nervoso Periferico, nel plesso mesenterico, nelle cellule cromaffini del surrene, nelle ovaie, nel rene e nel pancreas. L’azione inibitrice si correla al meccanismo d’azione dei barbiturici e delle benzodiazepine ed alla regolazione della Pressione Arteriosa. I recettori per il GABA sono il GABA-A ed il GABA-B. Altro neurotrasmettitore inibitore è la glicina che è il più semplice degli aminoacidi dal punto di vista strutturale ed è presente soprattutto nel midollo spinale e nel bulbo ed è importante per il controllo delle funzioni motorie e sensoriali del midollo spinale. Le fonti principali sono la dieta, la degradazione di peptidi, proteine, nucleotidi, acidi nucleici e dai carboidrati attraverso la via della 3-fosfoserina. Gli aminoacidi a catena ramificata valina, leucina e isoleucina influenzano la sintesi e la distribuzione dei neurorecettori 48 regolando la concentrazione di ammoniaca che a livello cerebrale deve essere tra 0,1 - 0,3 mmol/g di peso fresco di tessuto; una alterazione delle concentrazioni tissutali di ammoniaca ha effetti negativi sulla funzionalità del cervello a livello neurochimico. La lisina è un altro aminoacido importante nella regolazione funzionale del Sistema Nervoso Centrale; infatti, un aumento della sua concentrazione determina ritardo mentale e invecchiamento precoce. Nel Cervello la lisina viene degradata fino a formare acido pipecolico. La Proteina G regola la trasmissione dei segnali tra le cellule nervose e ne controlla i processi oltre ad amplificare, integrare e controllare i processi cellulari sviluppati da ormoni e neuromodulatori rilasciati da ghiandole, dai nervi e dai tessuti nervosi. La Proteina G, di cui se ne conosce il meccanismo d’azione, è una proteina regolatrice formata da un eterotrimero che diviene attiva in seguito all’interazione con un ligando e la successiva dissociazione dell’eterotrimero a, b, g e attivazione del dimero a; se ne conoscono vari sottogruppi con funzioni differenti. A livello cerebrale ha vari ruoli già accertati come, ad esempio, nella Cefalea. Studi neurometabolici con metodiche di biochimica clinica in vivo, come la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) e la Spettroscopia di Risonanza Magnetica (MRS), hanno evidenziato nel soggetto con Disturbo Autistico un aumentato metabolismo del glucosio nella corteccia associativa dell’ippocampo e nelle strutture sottocorticali correlate funzionalmente con tali aree ed un aumento energetico del glucosio a livello dei lobi frontali, espressione di iperattività dei centri superiori. In alcuni pazienti Autistici si è osservato un aumento della proteina fibrillare acida gliale ed un aumento dei gangliosidi liquorali. Inoltre, è stato osservato in alcuni casi di Autismo una correlazione con il Mercurio, un aumento della Melatonina pineale, una alterazione dell’asse epifisi-ipotalamo-ipofisi-surrene ed un aumento dei Peptidi Oppiodi endogeni. I Peptidi Oppioidi, interagendo con siti recettoriali specifici, inducono analgesia. La struttura dei geni e la loro elaborazione posttraduzionale è conosciuta. Se ne conoscono varie molecole. 49 Nell’Autismo è stata vista un aumento della pro-opio-melanocortina (POMC), precursore della b-endorfina. L’aumento della bendorfina nel plasma determina una elevata soglia al dolore che può spiegare l’autoaggressività e l’autolesionismo presente negli Autistici. Si conoscono 5 tipi di recettore per i peptidi oppioidi di cui i più importanti dal punto di vista funzionale sono i recettori m, d e k. Il meccanismo d’azione consiste nell’inibizione dell’attività neuronale mediante apertura di canali di membrana per il K+ (recettori m e d) e chiusura di canali per il Ca++ (recettori k). La distribuzione dei peptidi oppioidi a livello del Sistema Nervoso Centrale è varia e sono, inoltre, sintetizzati da ghiandole endocrine (adenoipofisi, midollare del surrene, plessi nervosi del tubo gastroenterico). Regolano, anche, i circuiti sovraspinali e neuroendocrini, quali il sistema limbico, il sistema motorio (gangli della base), i centri respiratori bulbo-pontini, i centri ipotalamici coinvolti nella termoregolazione e nel controllo della secrezione ipofisaria. Infatti, i peptidi oppioidi stimolano la secrezione di ADH, GH, Prolattina ed inibiscono la secrezione di LH e FSH. L’esistenza di recettori oppioidi a questi livelli determina gli effetti collaterali dei farmaci agonisti. In considerazione del loro ruolo nella fisiopatologia di svariati processi, anche, a livello del Sistema Nervoso Centrale sono da considerare le Specie Reattive dell’Ossigeno (ROS) che a livello delle membrane neuronali aumentano il processo di perossidazione lipidica con alterazioni della membrana con conseguenti alterazioni della neurotrasmissione. I danni da Specie Radicaliche dell’Ossigeno nel Sistema Nervoso Centrale sono, ad esempio, ormai accertati nella Demenza di Alzheimer, la cui genesi è multifattoriale ed ancora non del tutto conosciuta, ma dove il ruolo delle Specie Radicaliche dell’Ossigeno non è di secondaria importanza. Neuromodulatori e Terapia La terapia curativa del Disturbo Autistico non è conosciuta e quella in uso è esclusivamente sintomatica in relazione alle ipotesi eziologiche specifiche e, principalmente, basata sull’uso di agonisti e/o antagonisti dei neuromodulatori che hanno un ruolo (maggiore o minore) nella patologia autistica: 50 • Naltrexone (ipotesi eziologica: eccessiva attivazione dei recettori per i Peptidi Oppioidi Endogeni) • Fenfluramina (antiserotoninergico: fondata sul riscontro di elevati livelli di serotonina in alcuni bambini con Disturbo Autistico) • Vitamina B6, Magnesio, Acido Folico, Tetraidropteridina (ipotesi eziologica: alterato metabolismo biochimico cerebrale) • Neurolettici • Aloperidolo (controllo dei disturbi comportamentali bloccando i recettori D2 dopaminergici) • Sulpiride (controllo dei disturbi comportamentali) • Antidepressivi • Clomipramina (inibisce il reuptake di serotonina) • Metilfenidato (in caso di iperattività) • Carbonato di Litio (in caso di iperattività) • Niaprazina (antagonista recettori H1 dell’Istamina con azione sedativa) • Melatonina (effetti positivi sul sonno) Conclusioni e prospettive di ricerca biochimico-clinica In conclusione si può affermare: • che non esiste, ad oggi, un parametro biochimico caratteristico e specifico delle varie forme di Autismo; • che sulla base delle maggiori conoscenze sul meccanismo d’azione e le funzioni biologiche dei neuromodulatori cerebrali si possono ipotizzare protocolli di studio nuovi al fine di acquisire più ampie informazioni sull’eziopatogenesi del Disturbo Autistico o/e di selezionare sottogruppi di pazienti Autistici. 51 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 1) Bernard S, Enayati A, Redwood L, Roger H, Binstock T: Autism: a novel form of mercury poisoning. 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Biosci. 2001, 1: 936-943. 53 PROGETTO FILIPPIDE: ATTIVITÀ SPORTIVA, ATTIVITÀ ABILITATIVA NELL’AUTISMO Nicola Pintus "L’educazione fisica è la formazione spirituale del corpo: è l’addestramento del corpo che serve allo spirito, ma ad uno spirito che non intende chiudersi astrattamente in se stesso, sequestrandosi dal mondo dell’esistente; anzi spaziare liberamente e investire la natura, e soggiogarla ai propri fini, strumento e specchio della propria volontà." Giovanni Gentile, La riforma dell’educazione, 1920. DIA .1 Io mi sono posto il problema quando mi è stato chiesto di svolgere questo tema, di come proporlo. Di quale potesse essere un contributo concreto. Vengo qua sulla base della mia esperienza e voglio parteciparvi di questa come contributo concreto di qualcuno che la vive sul campo. Mi sono reso conto che avevo due fonti di meditazione personale che potevano essere utili per un discorso fatto a voi. Da un lato di essere una persona che ha sempre vissuto personalmente, ed in rapporto con gli altri, le esperienze di educazione fisica e di sport in generale, dall’altra di essere una persona che per ragioni professionali da svariati anni si occupa di handicap psichici. Ma io ho pensato di meditare, di rivedere quali erano gli elementi di base di questa mia formazione: da un lato, appunto, le esperienze vissute nel mondo dello sport, dei suoi rapporti, e dall’altro il problema delle mie esperienze con handicap psichici in rapporto al mondo dell’educazione fisica per portare un contributo di quello che è, appunto, un’esperienza e non discorsi astratti o teorici di cui voi, certamente, non ne avete per niente bisogno in questa sede. Il caso che è al momento il più clamoroso è sicuramente quello di Alberto Rubino, atleta con patologia autistica conclamata che ebbi la fortuna di incontrare nel lontano 1987. Quando Alberto è venuto per la prima volta in palestra da me, 54 circa 15 anni fa, è stato per tutta l’ora di lezione in un angolo il più oscuro e lontano della palestra, rivolto verso il muro per non vedere e non essere visto, per non essere minimamente coinvolto da nessuno e da niente. Come approccio iniziale veramente non è stato incoraggiante. Ma davanti ad un neonato chi può dire come diventerà, quale sarà il suo carattere, la sua indole, le sue abilità? Così è stato per Alberto, in fondo un neonato per l’attività sportiva. Il problema più grande che ho incontrato con lui è stato di instaurare un rapporto, diventare amici, solo così, infatti, si poteva lavorare. Dopo un primo anno di attività trascorso a fare amicizia, a conoscersi, ad ambientarsi nella palestra, a familiarizzare con gli altri istruttori ed atleti una cosa mi è parsa chiara, per attitudine, abilità acquisita e fisico: Alberto non era certo un velocista, ma sicuramente si sarebbe espresso meglio sulle lunghe distanze. Ma da qui, alle prove attuali, ne abbiamo mangiata di polvere. Vi basti sapere che la prima gara nella quale Alberto si è cimentato sono stati i 1.500 m. (durante gli Special Olympics svoltisi a Roma nel 1989) che ha percorso in circa 20 minuti. DIA .2 - DIA .3 I lati positivi sono stati che li ha percorsi senza accompagnatore, senza fermarsi mai, pur essendo rimasto ultimo, quindi solo. In effetti, abbiamo voluto, tramite l’attività sportiva, la pratica dell’atletica leggera in particolare, raggiungere alcuni obiettivi ben precisi: a) dare ad Alberto una occupazione fissa, sicura nel tempo, con degli obiettivi da raggiungere stabiliti fin dall’inizio; -EVENTO b) fare che questa attività non si limitasse a riempire il tempo di Alberto, ma lo allenasse alla costanza, alla perseveranza, alla disciplina, al sacrificio (correre anche quando si è stanchi o piove, per esempio); c) migliorare l’uomo, aprendogli un mondo nuovo, fatto di relazioni con altri atleti, emozioni, tensioni di gara, riconoscimenti delle proprie abilità. La realtà di oggi è ben diversa. Oggi Alberto, in particolare nel mondo sportivo romano, è 55 conosciuto da tutti, E’ UNO DI NOI, un atleta che ha dimostrato le sue capacità atletiche prendendo parte a numerose gare di fondo. Oltre a maratone e maratonine a Roma voglio ricordare alcune tra le gare più importanti e significative alle quali Alberto ha partecipato: la maratona di New York nel 1994, nel 1996 la maratona del centenario a Boston, a Roma nel 1997 e nel 2000. Nel 2001 è stato testimonial con il n. 1 alla Stramilano. Le capacità fisiche di Alberto sono state ribadite da un viaggio in Nepal, alla piramide del CNR a 5050 metri di altezza raggiungibile con un trekking d’alta quota, ove, approfittando dell’altitudine e delle caratteristiche ambientali del tutto particolari, vengono svolti programmi di ricerca scientifica, principalmente nei settori della medicina e della fisiologia, della telemedicina, dell’ambiente, della fisica e chimica dell’atmosfera, ecc. Infine nel giugno 2000 e 2002 Alberto ha corso i 21 Km alla Maratona delle Svalbard a Longyearbyen, cioè a 78° di latitudine Nord, a circa 1200 Km dal Polo Nord. L’esperienza, portata avanti in un ambiente estremo, era finalizzata ad ottenere informazioni sulle esigenze organiche di un particolare soggetto, disabile mentale, sottoposto a stress ambientale. Entra in questo scenario un vocabolo molto in voga in questi ultimi periodi: quello del ruolo della serotonina. La serotonina è un neurotrasmettitore presente anche nel cervello, ed è sintetizzata a partire dall’aminoacido essenziale TRIPTOFANO utilizzando due passaggi enzimatici. I corpi cellulari dei principali neuroni serotoninergici sono localizzati nel nucleo del rafe del midollo allungato e proiettano a diverse aree cerebrali e al midollo spinale. In base a quanto esposto è nata l’esigenza di elaborare quest’ultima iniziativa: il “Progetto Filippide” Obiettivo del Progetto in questione è l’avviamento di soggetti disabili mentali alla pratica sportiva nella corsa di lunga distanza. Per la prima volta in Italia, ed in particolare a Roma, la creazione di un Centro per lo studio dello Sport-Terapia rappresenta una pietra miliare nello sviluppo degli interventi sull’handicap mentale. In particolare si pongono all’attenzione alcuni obiettivi: 56 I soggetti che prendono parte all’iniziativa sono compresi in diverse patologie che rappresentano punti avanzati per lo studio genetico come l’autismo, la sindrome X-fragile dovuta ad un particolare cromosoma allungato etc. Il Progetto si propone, oltre ad essere un valido ausilio per le famiglie di questi portatori di handicap che troppo spesso hanno il peso solo su di loro del problema, dopo un training di circa sei mesi, di realizzare un’esperienza unica: la partecipazione alla Svalbard Polar Marathon (vedi allegato) www.svalbard.com/marathon in programma nel mese di giugno 2002: circa all’80° parallelo, in una zona definita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche un’area remota estrema. In queste condizioni estreme si potranno trarre importanti informazioni che, attentamente valutate, potranno migliorare la qualità di vita di questi soggetti che non sempre hanno le stesse chance dei loro coetanei. Tale Progetto vede la supervisione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che riscontrata la validità dell’esperienza, l’ ha inserito nel Progetto Strategico Artico. Il CNR ha creato un apposito sito web per informare sul Progetto, sulle attività, l’organizzazione, i partecipanti, ecc. ed al quale vi rimando per una informazione più completa e continua. Il sito è www.progettofilippide.cnr.it L’obiettivo immediato del Progetto Filippide è quello di portare 14 soggetti disabili mentali (autistici e X – fragile) a correre a Longyearbyen l’7 giugno prossimo, tutti sulla distanza di 10 Km . Tre ragazzi avranno la funzione di accompagnare gli altri nel viaggio. Il Progetto si avvale della collaborazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che alle Isole Svalbard gestisce una stazione scientifica, per gli aspetti della logistica e per funzioni di coordinamento degli aspetti scientifici. Ancora sull’esperienza maturata,è nata l’esigenza di creare il Centro Pilota Flippide”, emanazione del Progetto stesso. Il Centro ha una giornata fulcro nel Martedì,dove,dopo il servizio di accompagno agli impianti sportivi del Centro di Preparazione Olimpica del C.O.N.I. “Giulio Onesti” si esegue un’ora di 57 avviamento all’atletica leggera allo Stadio “Paolo Rosi” dalle 9,30 alle 10,30. Conseguentemente ci si sposta all’adiacente piscina olimpica, dove, spesso con la presenza contemporanea in acqua di nazionali dei vari sport acquatici (nuoto, pallanuoto, pentathlon) si svolge un’ora in avvio di attività psicomotoria in acqua,diventata orami attività di avvio al nuoto vera e propria. Alle 12,30 il rancio è servito alla mensa C.O.N.I. interna all’impianto e anche qui spesso si condivide proprio con quegli ATLETI che poco prima hanno nuotato e si sono allenati nelle corsie adiacenti alle nostre,aggiungendosi altri ATLETI degli sport praticati all’interno del Centro di Preparazione Olimpica. Alle 13,30 viene offerto ai ragazzi un momento per rivivere ed elaborare il loro vissuto sportivo e,se vogliamo ,anche agonistico,con l’apporto di una logopedista, mediante elaborazioni verbali,scritte,con altre attività didattiche tipo la comunicazione facilitata. Ancora alle ore 14,30 si effettua uno spostamento in palestra , in una zona vicina dove terminerà la giornata con altri elementi che si inseriranno,diciamo così esterni al Progetto,ma pur sempre con handicap mentale, per una attività psicomotoria. Alle ore 17,00 il centro termina e l’ultimo saluto dei ragazzi è:”Quando ci rivediamo,martedì?” LA RICERCA Eccezionale attenzione sarà rivolta all’aspetto medico ed alla ricerca scientifica in particolare. Lo studio della medicina umana degli ambienti estremi trae preziose informazioni sulla fisiologia delle risposte dell’organismo agli stress ambientali. Scopo del presente lavoro, quindi, è quello di verificare se l’interpretazione dei dati rilevati inerenti la corsa abbia un obiettivo riscontro dall’analisi di nuove risultanze sperimentali. Nell’ambito della ricerca scientifica applicata all’attività sportiva da individui “deboli mentali”, ci si è proposto di verificare gli aspetti indotti dall’attività sportiva, atletica leggera - corsa di fondo. 58 Inoltre si vogliono identificare le modificazioni indotte nell’organismo da tale sport soprattutto sotto il profilo metabolico. Mediante l’incremento delle capacità neuromotorie di tipo coordinativo, pensiamo infatti di ottenere anche uno sviluppo di certe capacità intellettive in senso più stretto, che possono riconoscere nelle prime uno stimolo di particolare efficacia. Ci si lasci affermare che la tenuta respiratoria è in rapporto con l’ansietà, la capacità di apnea è in rapporto con la possibilità di suscitare attenzione da parte dell’allievo. E’ dimostrata inoltre la relazione funzionale tra centro respiratorio e i centri corticali e sottocorticali: è probabile che sollecitando l’uno con mezzi semplici, ludici, piacevoli e concreti si riesca in molti casi a sollecitare gli altri. Una rilevanza che avrà un grosso valore sperimentale è dato dal fatto che gli atleti citati avranno un sostegno “energetico” unicamente sotto presidio medico omeopatico: questo significherà che durante tutto il periodo di preparazione saranno sotto controllo medico, ed useranno a sostegno del loro allenamento atletico unicamente rimedi omeopatici. Come dicevo l’interesse medico-scientifico è molto alto ed è in corso una azione ad alto livello per costituire un comitato scientifico che possa coordinare le ricerche, stabilire dei protocolli di ricerca e quant’altro. CONCLUSIONI Vedete, e con questo per forza debbo concludere, poter trovare varie forme di attività umana, varie forme di attività professionale è un tesoro importante, però ce ne sono alcune, poche, che hanno un grande vantaggio, di farci tenere sempre di fronte e vicina la nostra infanzia con il recupero di creatività e di equilibrio. A me pare che, rotte le barriere che c'erano fra sanità e malattia, fra agonismo e non agonismo, in quella cultura che io ho prevalentemente cercato di trasmettere, insegnare ginnastica in questo contesto è un modo straordinario di fare un lavoro creativo e di rimanere ancorati con una certa gioia alla propria infanzia, e trasferire una grande quantità di amore ai nostri ragazzi. 59 ESSERE NELLO SPAZIO, ESSERE LO SPAZIO: INTERAZIONE TRA IDEE, GUIDE E NECESSITÀ. M. Agrò*, V. Bonventre**, G. Capezzi*, V. Celestino*, S. Messina*** * Architetto ** Architetto Professore Università di Palermo *** Neuropsichiatra infantile Sommario Il seguente lavoro nasce dall’esigenza, maturata da operatori di diversa formazione (Architetti e Neuropsichiatri), di rivalutare l’effettivo ruolo dello Spazio in cui si svolgono le terapia abilitative ed educative destinate ai bambini autistici. Al di là delle tecniche e dei specifici interventi (il Contenuto), si cerca di porre l’attenzione sul Contenitore ambientale, inteso come campo funzionale in grado di interagire attivamente con chi lo utilizza, sia esso bambino che operatore. Seguendo un percorso che parte dalle normative vigenti nell’ambito degli standard per la costituzione di strutture abilitative per minori in situazioni di handicap grave, si cerca di delineare, attraverso il confronto fra le diverse esigenze (pratiche e teoriche) di chi lo Spazio lo “crea” e di chi lo “utilizza”, una metodologia per la progettazione di strutture terapeutiche che tenga conto non solo di parametri estetici o di barriere architettoniche, ma anche di aspetti funzionali (dimensione, forma, visibilità, luminosità), comunicativi (l’uso del colore inteso anche come sistema di comunicazione, la forma di stanze e corridoi pensata per evitare, per quanto possibile, ulteriore confusione nel bambino autistico), contenitivi (sia per il bambino che per i genitori) e terapeutici (lo Spazio è in grado di indirizzare comportamenti). Nonostante tutto ciò possa sembrare ovvio, basti pensare ad alcune strutture che vengono utilizzate come spazi terapeutici per bambini con disabilità grave per dimostrare come ancora oggi la loro scelta viene dettata da altri “interessi”, senza considerare nulla di tutto ciò: quanto può influire la scelta di uno spazio terapeuticamente adeguato sulla riuscita di un progetto abilitativo? Negli ultimi decenni si è assistito ad una impressionante 60 evoluzione tecnologica e metodologica nell’ambito della diagnostica e della terapia dell’autismo che consente una sempre più adeguata presa in carico del bambino autistico. Sul piano diagnostico per esempio alla sofisticata tecnologia per neuroimmagini, si sono associati studi cito-genetici sempre più approfonditi e valutazioni neuropsicologiche che consentono indagini “mirate” sulle varie abilità funzionale, cognitive e comportamentali. E’ indubbio che disporre di simili informazioni può aiutare a sviluppare un programma terapeutico ed educativo veramente “individualizzato”, che parte dal “profilo” funzionale emerso e cerca di svilupparsi attraverso l’integrazione delle diverse tecniche e modalità di intervento, volte non più a far assumere passivamente comportamenti “normali”, ma ad aiutare il bambino autistico ad utilizzare al meglio ciò di cui già dispone. Tutto ciò sta consentendo anche ( e soprattutto!) un diverso modo di “vedere” l’Autismo da parte della Società, della Cultura e dell’Informazione che oggi iniziano ad occuparsi del problema in maniera più adeguata. Il lavoro che presentiamo può essere considerato uno dei tanti frutti nati e cresciuti proprio da questo nuovo modo di “vedere” il problema Autismo. Il fatto che si sia pensato di sviluppare una tesi di laurea in Architettura sull’organizzazione di uno spazio terapeutico adeguato per il bambino autistico, è da ritenersi come un’ulteriore opportunità di crescita e di confronto tra ambiti di conoscenza ritenuti completamente differenti, e con necessità operative diverse ed espresse con linguaggi dissimili. Se pensiamo allo SPAZIO ci accorgiamo di avere punti di vista diversi: l’operatore sanitario pensa subito all’organizzazione spaziale, allo spazio intra-personale, interpersonale, alla conoscenza e all’uso dello spazio, eccetera. L’architetto invece è portato a vedere gli aspetti abitativi, le qualità funzionali ed estetiche dello spazio in cui viviamo. Ma il confronto invece ci ha consentito di individuare tutta una serie di analogie tra spazio “interno” (cognitivo, emotivo, relazionale, simbolico) ed esterno (abitativo, conoscitivo, esplorativo) che rappresentano una unica e continua via. Nel bambino autistico molte delle rappresentazioni spaziali “Interne” ed “Esterne” si sviluppano in maniera distorta, in seguito soprattutto ad una disfunzione dell’analisi percettiva. Ma questo 61 non vuol dire certamente che il bambino autistico vive lo spazio in maniera passiva, anzi forse spesso viene fortemente influenzato dall’habitat in cui si trova e da come lui lo percepisce. Stimoli (uditivi, visivi, tattili, olfattivi) “normalmente” neutri possono essere percepiti in maniera completamente differente e far vivere uno spazio come ostile, amico, stimolante, ansioso, ludico, angosciante. Di questo noi operatori siamo pienamente consapevoli, ma all’atto pratico, sopraffatti da esigenze di altro genere, facilmente ce ne dimentichiamo. Eppure lo Spazio Setting Terapeutico è uno Spazio intra-personale, interpersonale ma anche inter-oggettuale dentro il quale (ma anche con il quale!) si costruisce la terapia. Ma molte volte parlando di caratteristiche dello Spazio terapeutico si tende a centrare l’attenzione su ciò che è contenuto nello Spazio (oggetti, materiale testistico, arredamento per le varie attività, eccetera), senza considerare che lo Spazio è “tutto”: sono le pareti, le finestre, le luci, ma anche ciò che è fuori dalla stanza. Nello spazio viviamo, ci muoviamo, dallo spazio siamo guidati, in più, nell’attività di progettazione lo spazio rappresenta un elemento di partenza, quasi un’entità autoctona, finita o infinita, un veicolo vuoto, pronto e capace di essere riempito di cose. Istintivamente, lo spazio è sperimentato come il dato che precede gli oggetti in esso contenuti, un ambito nel quale ogni cosa prende il suo posto. Quantunque lo spazio venga sperimentato come un dato sempre presente e autosufficiente, tale esperienza nasce solo attraverso il nostro essere nello spazio, la nostra capacità di individuare elementi guida utili e significativi. Da parte di chi progetta c’è quindi il compito di rendere tutto questo visibile e sperimentabile. La condizione fondamentale è che quindi non si deve considerare solo l’approccio alla persone ma che deve essere rimodellato l’ambiente di vita. Perché l’azione di cura (e di tutela) chiama in causa non soltanto le persone ma anche gli spazi edilizi e urbani. Quindi la progettazione dell’ambiente (non solo quello protetto e specifico), è parte integrante dell’approccio globale alla cura e all’assistenza. Le qualità funzionali ed estetiche degli spazi (sia chiusi che aperti, caratterizzati dalle più moderne tecnologie e da brani di natura), hanno un ruolo determinante non soltanto perché supportano lo sviluppo dei programmi terapeutici, ma perché richiamano costantemente il valore e l’inviolabilità di 62 ogni persona, riconoscendo la dignità sua e di chi se ne prende cura. La trappola di creare strutture artificiose di contenimento ambientale che scimmiottino una fasulla normalità, è fin troppo rappresentata nella attuale prassi progettuale, anche in quella più accreditata. Molte sembrano strutture caricaturali di case normali, in cui i soggetti portatori di handicap vagano senza nessuna aspettativa e comunque senza ritrovare i propri spazi e la propria identità. Se da una parte affermiamo che la ricerca deve innanzitutto fondarsi sullo studio e sulla comprensione di ciò che segna e caratterizza quanto sino a oggi é stato realizzato, dall’altra riteniamo che una nuova, diversa prassi progettuale deve fondarsi sul principio dello “wandering paths”, sul concetto di libertà assoluta di movimento, che è assoluta normalità, pur e sempre nel rispetto di chi opera attorno a chi è affetto da questa sindrome. E’ necessario esplorare e comprendere in cosa consista per questi soggetti la facile identificazione degli spazi, la fruibilità degli stessi e l’identificazione spontanea dei luoghi di sosta e di riposo. A questo proposito, una componente spesso sottovalutata, implicata nell’uso umano dello spazio e nel rapporto spaziale con gli altri individui, è la Prossemica. Il termine, introdotto da E. Hall nel 1966, evoca appunto il concetto di prossimità, formulando ipotesi su quei meccanismi culturali sui quali l’uomo struttura ed usa il proprio spazio. Trattando le distanze fra l’uomo e le cose e fra l’uomo e gli altri uomini, essa incide notevolmente sulla percezione, provocando coinvolgimenti sensoriali altamente variabili. Il comportamento prossemico si pone come un sistema di comunicazione non verbale riguardante l’organizzazione e la considerazione dello spazio e, quindi, la percezione di ogni evento che abbia attinenza con le relazioni umane. Cosa inoltre rappresentino pareti che richiamino l'idea dell'uso a cui sono preposte, con chiavi mnesiche simboliche, ma anche di lettura delle funzioni. La suggestione provocata da un paesaggio, l’interesse per lo spazio architettonico e per la forma in movimento, la gradevolezza di certe elaborazioni grafiche, o la bellezza di un disegno figurativo, sono soltanto esempi di come l’esperienza visiva non sia provocata dal pensiero, dal sentimento, dalla reazione improvvisa, dal ricordo, dal desiderio di equilibrio, dal piacere di un’immagine e cioè dall’asso63 ciazione mentale. L’esperienza visiva è completa quando i dati della percezione sensoriale giungono ad una configurazione strutturata a livello emozionale e intellettuale, conducendo, attraverso l’attenzione, l’organizzazione visiva, l’equilibrio tra forze interne ed esterne, alla memorizzazione di quella particolare situazione recepita. E ancora: in cosa consista e da cosa possa essere prodotta un’idonea illuminazione che eviti zone di abbagliamento o di ombra, che permetta un adeguato controllo visivo ambientale e che faciliti la discriminazione dei profili delle eventuali barriere architettoniche o che eviti di interpretarli come tale. Come, infine ma non ultimo, tra i molti temi di analisi e ricerca qui non citati, sia stato finalizzato e recepito l’uso dei colori, dei loro contrasti e delle loro armonie. Studi propedeutici, quindi, ma necessari per ridefinire una metodologia della progettazione e della composizione degli spazi che potrà farci riflettere con maggiore attenzione sul significato di una progettazione che recuperi il senso della semplicità per meglio riproporre i tradizionali elementi di riconoscimento dei diversi spazi abitativi, a partire da quelli più elementari e più utilizzati individualmente, che richiami la funzione di luoghi e di oggetti anche con stimoli sensoriali (profumi, suoni, colori, sensazioni tattili) e che possa, per quanto possibile, consentire, se non un adeguato orientamento, almeno di non aumentare la confusione percettiva. Uno Spazio Riabilitativo è uno Spazio Architettonico e non solo involucro funzionale: è quindi rappresentazione fisica di una data civiltà (oggetto nel mondo e che al tempo stesso rappresenti il mondo), in questo caso della cultura e dei rapporti con l’infanzia. Una scelta di campo da cui elaborare un sistema integrato di indicatori che possa funzionare come riferimento per la nascita di un progetto, come contributo alla ricerca di qualità della progettazione degli spazi per la terapia e la vita. L’esigenza di rendere la condizione di degenza il meno possibile traumatica, non è infatti solo un problema di qualche sala colorata, giochi e verde. Per tutti, in particolar modo per i bambini e, ancora di più per i bambini autistici, il Centro di Abilitazione è come un "fuori scala" incontrato nella propria avventura, dove la predisposizione di spazi, i ritmi e le abitudini sedimentate di vita ospedaliera, le apparecchiature tecnico-sanitarie sono tali che straniamento e decontestualizzazione tendono spesso a ridurre 64 l’identità del malato con la malattia stessa. Per il bambino esso tende a configurarsi come un grembo costretto, un reticolo astratto di funzioni specializzate, gerarchizzato e funzionale, una struttura verticale che entra asimmetricamente nella vita squilibrando la costellazione sociale di riferimento, i rapporti con i familiari e i contatti sociali. La capacità dei bambini di far coesistere la propria attività, la propria personalità con la terapia, di addomesticare il complesso sanitario, è la chiave di partenza per trasformare un luogo dove la malattia e la cura sono i soli protagonisti in un luogo dove l’intensità della vita e delle attività commutano ed interscambiano gli spazi. La proposta di nuovi luoghi per le terapie, rivisti e progettati alla luce di questi presupposti, scientifici e umani, deve tenere conto della specificità degli utenti (bambini, adolescenti ma anche giovani in cura dalla prima infanzia), della presenza dei genitori, degli educatori e di altre persone affettivamente coinvolte, del personale medico e paramedico. Ma anche della specificità degli spazi, degli ambienti, dell’habitat complessivo, che hanno requisiti non solo tecnici ma di tipo architettonico-spaziale particolari poiché partecipano fortemente al processo terapeutico. La costruzione sintetica della forma non può derivare infatti solo dalla interpretazione della sistematicità neutrale dell’informazione funzionale e normativa che ha consolidato nella progettazione ospedaliera tipi codificati, modelli distributivi e costruttivi predefiniti. Nel lavoro di progettazione è come se mettessimo in atto una particolare forma di intelligenza, un’intelligenza progettante, capace anche di fantasticare, di organizzare simboli in modi sempre diversi attenta a guidare anche abitudini, specializzazioni. I simboli sembrano così lontani da una situazione concreta, ma di questi dobbiamo inevitabilmente servirci perché nel progetto attuiamo sempre un confronto fra ciò che pensiamo in astratto e la situazione concreta che andiamo a trasformare. Quindi risulta fondamentale questa contaminazione fra essenza ed esistenza, la ricerca progettuale si dovrebbe nutrire di tutti questi elementi, del sistema simbolico così come di quello concreto-esistenziale, insieme ad un altro elemento fondamentale, il valore che quel particolare simbolo assume quando si presenta alla percezione di chi vive e attraversa lo 65 spazio realizzato.Considerare la soggettività del bambino autistico aiuta l’organizzazione sanitaria a rimodellare l’insieme dei mezzi terapeutici, l’iter terapeutico, il sistema gestionale, interpretando la qualità ambientale attraverso l’uso e la percezione dello spazio da parte dei bambini e arricchisce e rinnova il panorama dei requisiti normo-funzionali, consentendo di incidere sulla condizione di malessere psicologico derivante dall’indifferenza ambientale. Significa anche concepire una struttura sanitaria con requisiti di adattabilità e flessibilità rispetto al continuo processo di innovazione delle tecniche, delle tecnologie, dei sistemi di assistenza e di cura dei malati. Significa infine realizzare una struttura leggera nel rapporto col paesaggio ospitante e non un macro-oggetto chiuso sulla sua specializzazione. Se non è del tutto dimostrato un rapporto stretto di diretta valenza terapeutica di un determinato modello di spazio ospedaliero, sicuramente esistono importanti rapporti indiretti tra qualità dello spazio e condizione della salute. Non ci sono soluzioni univoche e definitive, un modello ottimale di struttura abilitativa su cui definire a priori il raggiungimento di un alto livello qualitativo, ma è corretto fornire indicazioni per aiutare ad articolare, nel quadro dei tempi, delle risorse e rispetto ad un luogo preciso, le tante variabili per la sua realizzazione. Dall’attenzione per le persone che vivono questa dimensione del corpo e della mente nasce l’intento di individuare spazi di vita come strumenti terapeutici. L’obiettivo deve quindi essere quello di strutturare un habitat per facilitare dei comportamenti, per Progettare dei Comportamenti. Per questo condividiamo l’ atto collettivo nella progettazione. Quello che si perde in contatto umano, come succede nelle strutture attualmente predisposte, si può in parte recuperare realizzando un ambiente "adatto”. Naturalmente non si può guarire di sole qualità ambientali, l’efficacia delle terapie, degli operatori e quant’altro, contribuiscono alla realizzazione si un sistema d’intervento completo e ben strutturato. Affinché il vissuto, le difficoltà, i sentimenti in questo luogo diventino fatti concreti. Convinti della necessità che un vissuto autentico della spazialità,non sia solo quello geometrico, contaminato dal tempo, in quanto luogo carico di attributi viventi 66 GUIDE: - rendere le indicazioni normative più aderenti alle necessità emergenti - indagare la possibilità di costruire ambienti in relazione con le persone - analizzare i modi mediante i quali l’architettura possa favorire l’integrazione dell’individuo nell’ambiente della struttura - definire requisiti e caratteristiche ambientali legati alla realtà dei disabili - fornire linee guida riguardanti gli aspetti funzionali, distributivi ed igienici L’architettura incontrandosi con la malattia può divenire tecnica al servizio dell’uomo e quindi favorire, non solo un miglior inserimento del paziente nella struttura, ma anche le stesse modalità terapeutiche. Il progetto architettonico dovrebbe costituire una vera e propria ipotesi terapeutica, che risponda ad un quadro esigenziale orientato alla creazione di condizioni di benessere i cui obiettivi principali dovrebbero essere: - evitare situazioni di impoverimento o di iperstimolazione sensoriale e di stress ambientale - compensare gli stimoli del disorientamento - stimolare adeguatamente le abilità percettive - permettere una libertà di scelta - garantire sistemi di indicazione plurisensoriali che aiutino a usare lo spazio autonomamente - garantire condizioni di sicurezza - favorire, nello stesso tempo, la privacy e la socializzazione - permettere la flessibilità e la riadattabilità degli spazi - favorire l’instaurarsi di un’atmosfera familiare Requisiti degli spazi riservati allo svolgimento delle terapie: - accessibilità - riconoscibilità - comunicazione - integrazione - sicurezza - flessibilità 67 L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEL BAMBINO AUTISTICO: ASPETTI METODOLOGICI E DIDATTICI Lucio Cottini Istituto di Scienze Filosofiche e Pedagogiche “P. Salvucci” Università di Urbino Questo mio contributo al convegno è finalizzato ad indagare le prospettive di integrazione scolastica per il bambino autistico. Si tratta di un obiettivo irrinunciabile e di grande valenza adattiva, che ho avuto modo di sviluppare in un recente lavoro (Cottini, 2002c). Vivere in relazione con coetanei normodotati, infatti, costituisce un'occasione pressoché unica non solo per ricercare apprendimenti funzionali, ma anche per comprendere meglio il mondo con le sue regole, a volte così oscure ed illogiche per la persona con autismo e per generalizzare in situazione degli apprendimenti specifici acquisiti in ambito riabilitativo. Le esperienze di ogni giorno, comunque, documentano quanto sia complesso promuovere forme di integrazione scolastica, anche parziale, per il bambino autistico. Malgrado le oggettive difficoltà, un principio di fondo va assolutamente ribadito: l'integrazione va perseguita nella scuola di tutti, anche se l'allievo presenta rilevanti problematiche cognitive, relazionali e comportamentali. Ogni altra soluzione che lasciasse prefigurare un possibile ritorno a situazioni di emarginazione ed isolamento sarebbe inaccettabile e non rispettosa della dignità della persona e del suo diritto di vedere accettata e valorizzata la diversità. Per cercare di dare una certa concretezza a questa affermazione, che altrimenti rimarrebbe una semplice enunciazione di principio --- difficilmente contestabile dal punto di vista logico, ma poco praticabile nella realtà operativa --- è fondamentale un adattamento organizzativo della istituzione scuola, un investimento vero di risorse, un coinvolgimento di tutte le figure interne ed esterne che interagiscono con il bambino e l'adozione di affinate metodologie di facilitazione dell'integrazione. In relazione alle finalità metodologico-didattiche del mio 68 contributo, mi soffermerò specificamente su tali aspetti, sul farsi speciale della didattica per rispondere ai bisogni particolari del bambino autistico, tralasciando l'analisi del substrato organizzativo, che rappresenta comunque il prerequisito essenziale per una effettiva e proficua esperienza di integrazione. In concreto, mi soffermerò sui seguenti aspetti: 1. il ruolo delle strategie specifiche di intervento in ambito scolastico; 2. le metodologie avanzate per l'integrazione del bambino autistico. 1 INTEGRAZIONE E BISOGNI SPECIALI: STRATEGIE SPECIFICHE DI INTERVENTO IN AMBITO SCOLASTICO I diversi approcci di trattamento dell'autismo (Cottini, 2002b) evidenziano un quadro di riferimento assolutamente non uniforme, anzi in alcuni casi addirittura contrastante fra indirizzi terapeutici, riabilitativi ed educativi diversi. In generale, è evidente come non esista una terapia o un metodo per l'autismo, anche in considerazione della variabilità delle situazioni che vengono comprese all'interno di tale etichetta diagnostica. In questo contributo cerco di esaminare la spendibilità a livello scolastico delle varie proposte che derivano dagli approcci descritti. Ciò non significa proporre una organizzazione dell'intervento educativo che comprenda qualche esercizio del Lovaas, alcune attività previste nel TEACCH, un po' di Comunicazione Facilitata, ecc., oppure che rappresenti la semplice continuazione a scuola del "metodo" che il bambino già segue in ambito riabilitativo e, spesso, anche domestico. Allo stesso modo, però, non possono essere trascurate le proposte che derivano dai vari programmi specifici, sia a livello di valutazione che di intervento, le quali possono contribuire ad individuare percorsi di lavoro personalizzati che rispettino anche le esigenze dell'integrazione. Oltre ciò, la conoscenza dei diversi approcci metodologici è importante anche per caricare di contenuti adeguati i momenti di 69 insegnamento individualizzato "uno a uno" eventualmente previsti nel piano educativo personalizzato. 1.1. Osservare le abilità del bambino autistico a scuola La delineazione della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale e del piano educativo individualizzato necessitano di una serie di elementi di conoscenza che possono essere portati sia dagli specialisti, che dai genitori, che dal personale educativo. Valutare le abilità e le difficoltà di un bambino autistico richiede un approccio differente in confronto a quello che si adotta con allievi normodotati o affetti da altra patologia (ad esempio il ritardo mentale). La personalità di questi bambini e, conseguentemente, anche il loro comportamento, sono molti particolari, come è stato sottolineato nel primo articolo della serie. Gli schemi interpretativi, quindi, devono tenere conto del modo significativamente diverso di utilizzare i sistemi percettivi, motori, mnestici, intellettivi, comunicativi, affettivo-emozionali e relazionali. Andando più nel concreto, il problema che si pone è quello di verificare i "punti di forza ed i punti di debolezza" (Cottini, 2002a) del bambino autistico, in modo da poter programmare e sistematicamente aggiustare dei piani di intervento personalizzati e, nei limiti del possibile, integrati. In figura 1 riporto un elenco degli strumenti utilizzabili a livello scolastico per l’effettuazione della valutazione. La valutazione delle abilità del bambino autistico - PEP-R. Schede di osservazione sistematica Analisi funzionale Valutazione del campione di comunicazione Valutazione della comprensione dele emozioni, del sistema delle credenze e delle false credenze, del gioc simbolico, conparticolare riferimento al gioco di finzione - Valutazione delle capacità di comunicazione scritta (per bambini privati del linguaggio) Fig. 1 - Integrazione e bisogni speciali: strategie specifiche di valutazione in ambito scolastico 70 a) La valutazione delle abilità del bambino autistico Fra le varie metodologie di valutazione proposte dai diversi autori, mi sembra che il PEP-R elaborato da Schopler et al. (1990) si presti particolarmente bene ad essere utilizzato anche in ambiente scolastico. I motivi principali alla base di questa preferenza sono i seguenti: - permette una valutazione ecologica, condotta nell'ambiente del bambino con compiti che risultano essere dello stesso tipo di quelli previsti nella normale attività didattica; - pur prevedendo una osservazione del bambino in riferimento alle scale di sviluppo normale, i compiti elencati non devono essere presentati in ordine fisso, permettendo all’educatore una procedura flessibile, in grado di adattarsi alle esigenza del bambino ed ai suoi livelli attentivi e motivazionali; - risultano ridotti al minimo i requisiti linguistici richiesti ai bambini e la valutazione è integrata da esperienze di insegnamento di compiti, in maniera da identificare le possibilità di apprendimento ed i tempi necessari per acquisire semplici abilità; - indica le aree di sviluppo più importanti all'interno delle quali prevedere gli obiettivi da inserire nel piano educativo individualizzato (imitazione; percezione; attività fini-motorie; attività grosso motorie; integrazione oculo-manuale; prestazioni cognitive; prestazioni cognitive di tipo verbale); - facilita la delineazione degli obiettivi e la costruzione del curricolo educativo grazie alla indicazione delle abilità emergenti; - stimola modalità di valutazione integrata fra specialisti, insegnanti e genitori, in quanto per la corretta osservazione delle abilità indicate nei vari item sono necessarie informazioni riferite alle esperienze del bambino nei diversi ambienti di vita. Rimanendo sempre alle proposte operative che derivano dall'approccio TEACCH, particolarmente significativo ai fini didattici risulta anche il programma di sviluppo della comunicazione spontanea messa a punto da Watson et al. (1989). La predispo- 71 sizione di specifici azioni didattiche finalizzate allo sviluppo delle capacità comunicative dipende direttamente dalla valutazione iniziale, la quale deve necessariamente essere condotta anche in ambito scolastico da parte del personale educativo. Con bambini che manifestano un buon livello di sviluppo mentale è sicuramente molto importante verificare il grado di acquisizione della capacità meta-rappresentativa di attribuire a se stessi ed agli altri degli stati mentali (teoria della mente). A questo proposito, il programma di Howling et al. (1999), fornisce suggerimenti importanti per la valutazione della comprensione delle emozioni, del sistema delle credenze e delle false credenze, del gioco simbolico, con particolare riferimento al gioco di finzione. Per gli allievi che non utilizzano il linguaggio verbale pur manifestando buone competenze cognitive, può essere verificata la possibilità di pianificare programmi di Comunicazione Facilitata. b) L'osservazione e l'interpretazione del comportamento problematico I bambini autistici presentano sistematicamente una serie di comportamenti strani e problematici, che vanno da stereotipie a manierismi vari, da grida ad altre manifestazioni di rifiuto, da forme di aggressività rivolta verso altri a situazioni di autolesione. Ad un'analisi superficiale ed intuitiva, tali comportamenti risultano difficilmente comprensibili in relazione al contesto nel quale si manifestano. E' necessaria una metodologia osservativa ben strutturata e delle chiavi interpretative che derivino dalla conoscenza delle manifestazioni connesse all'autismo infantile. Per la definizione e la valutazione quantitativa dei comportamenti problematici, l'approccio che mi appare maggiormente rispondente alle esigenze e più facilmente utilizzabile in ambito scolastico è quello proposto dall'orientamento neo-comportamentale di Lovaas. L'osservazione sistematica dei problemi comportamentali si articola su una descrizione obiettiva (senza ricorrere ad etichette del tipo: "Il bambino è nervoso") degli stessi e 72 sulla delineazione dei principali parametri quantitativi: la frequenza, la durata e l'intensità. Oltre a definire ed individuare il peso del comportamento problematico del bambino, è necessario anche cercare di capirne le motivazioni: "Perché il bambino si comporta così?"; "Cosa cerca di comunicare?". Rispondere a queste domande è sempre molto complesso quando ci si riferisce al bambino autistico. L'analisi funzionale del comportamento (sempre di derivazione neo-comportamentale), comunque, rappresenta uno strumento interessante per condurre questo tipo di ricognizione. Valutare il comportamento problematico del bambino autistico, però, è un'operazione complessa che non si risolve con la sola applicazione della metodologia di assessment comportamentale. Va tenuta in grande considerazione anche la storia e l'evoluzione degli atteggiamenti negativi. Se, ad esempio, il comportamento è iniziato recentemente se ne può forse individuare la causa in un cambiamento di routine o di altri fattori ambientali. Se, invece, perdura da anni, l'individuazione delle motivazioni alla base diventa molto ardua (e, conseguentemente, anche l'intervento educativo). L'interpretazione del comportamento del bambino autistico, inoltre, deve essere effettuata considerando la specifica diversità degli allievi autistici. Peeters (1994), analizzando il modo di relazionarsi di una bambina durante le attività di gioco, il suo lanciare in giro i giocattoli, usarli in modo strano, rompere tutto, ecc., delinea alcune possibili cause di quei comportamenti: - potrebbe aver problemi ad organizzare le sue attività (non riesce a vederne l'inizio, la durata o la fine) perché ha pochi supporti visivi per i compiti successivi che sono richiesti in un gioco; - potrebbe usare i giocattoli nella maniera per lei più proficua, anziché nel modo in cui sono stati concepiti dal fabbricante; - potrebbe non comprendere il significato simbolico dei giocattoli (ad esempio, che le bambole rappresentano le persone); - potrebbe non capire abbastanza della vita normale per inventarsi con le bambole giochi sulla vita normale; 73 - potrebbe non capire il linguaggio necessario per giocare con gli altri bambini; - potrebbe non capire le regole del gioco sociale. 1.2. Linee per l'intervento educativo Per quanto riguarda le strategie di intervento educativo ed i contenuti da privilegiare per favorire l'apprendimento dell'allievo autistico, ribadisco ancora la necessità di un approccio personalizzato che coniughi le indicazioni che provengono dalle più affinate metodologie di intervento, con gli accorgimenti organizzativi e metodologico-didattici necessari per la promozione di una reale integrazione (Cottini, 2002b). La figura 2 evidenzia le strategie ed i contenuti che appaiono applicabili a livello scolastico, ai quali dedicherò una sintetica illustrazione. Il programma di intervento comportamentale precoce 1. Utilizzo di strategie di aiuto e riduzione dell’aiuto, modeling, concatenamento, modellaggio, rinforzamento. . Utilizzo di strategie non eversive per contenere comportamenti problematici Il programma TEACCH 1. Utilizzo dei principi dell’insegnamento strutturato. 2. Programma per lo sviluppo della comunicazione spontanea L’intervento educativo L’intervento secondo i principi della teoria della mente 1. Utilizzo con allievi che presentano buona funzionalità cognitiva La comunicazione facilitata 1. Utilizzo con allievi incapaci di esprimersi verbalmente e con deficit di controllo motorio, che dimostrano di conoscere il linguaggio scritto. La riorganizzazione neurologica 1. Utilizzo di alcune proposte di stimolazione sensoriale con allievi gravemente compromessi Fig. 2 -Integrazione e bisogni speciali: strategie specifiche di intervento in ambito scolastico 74 a) Il programma di intervento comportamentale precoce Le strategie di intervento proposte dall'approccio comportamentale ispirano gran parte della didattica, sia riferita a bambini normodotati che in situazione di handicap. Infatti, predisporre particolari situazioni di aiuto, prevedere forme di apprendimento imitativo, gratificare comportamenti soddisfacenti sono attività così comuni e naturali che ogni genitore ed insegnante mette in pratica senza bisogno di particolari training formativi. Quando l'apprendimento è reso difficoltoso dalla presenza di deficit, però, l'intuitività deve lasciare il posto alla precisa organizzazione della didattica. La ricerca scientifica e le esperienze condotte in moltissime scuole dimostrano le notevoli potenzialità di tecniche come l'aiuto e la riduzione dell'aiuto, il modeling, il concatenamento, il modellaggio, il rinforzamento, soprattutto quando si interagisce con allievi che presentano elevati livelli di compromissione funzionale. I bambini autistici a bassa funzionalità, infatti, dimostrano di giovarsi in modo molto significativo di una didattica precisa e prevedibile, con obiettivi organizzati in maniera tassonomica ed una gestione controllata delle contingenze di rinforzo. La stessa valutazione positiva può essere espressa relativamente alle tecniche per contenere comportamenti inadeguati, le quali, evitando il ricorso alla punizione, possono rappresentare delle procedure metodologiche importanti, in grado di fornire agli educatori delle linee d'azione in momenti molto difficili ed estremamente carichi dal punto di vista emozionale. b) Il programma TEACCH I principi dell'insegnamento strutturato previsti dal programma TEACCH costituiscono un contributo metodologico di grande importanza fornito da Schopler e dai suoi collaboratori, che si presta ad essere generalizzato, con qualche aggiustamento, anche a livello scolastico. L'adattamento dell'ambiente e delle attività alle esigenze del bambino, infatti, consente di costruire un quadro temporo-spaziale molto strutturato, nel quale i punti di riferimento diventano visibili, concreti e prevedibili. 75 L'organizzazione dell'ambiente fisico proposto dal TEACCH non è chiaramente replicabile in maniera completa a livello di scuola comune. Alcuni accorgimenti possono comunque essere adottati, soprattutto se si verifica che gli stessi tendono a tranquillizzare il bambino autistico e a consentirgli una presenza maggiormente adattata all'interno della propria classe. Potrebbe, ad esempio, essere delimitato con del nastro adesivo uno spazio dove viene collocato il banco dell'allievo, con vicino un armadietto o degli scaffali dove possa reperire i materiali necessari all'attività didattica. Lo stesso spazio può essere ampliato per coinvolgere altri banchi quando viene prevista un'attività per piccoli gruppi. Gli spazi utilizzati per attività particolari --- come la palestra, l'aula di musica, il laboratorio, ecc. --- dovrebbero essere chiaramente indicati, in modo che il bambino possa familiarizzare con una disposizione che assume contorni meno caotici e, conseguentemente, più rassicuranti. Con il passare del tempo ed il progredire dell'adattamento del bambino, questi accorgimenti potrebbero risultare non più necessari, per cui andranno progressivamente eliminati per conferire all'organizzazione una conformazione il più normale possibile. Gli schemi visivi indicano al bambino le attività da effettuare e la sequenza delle stesse, aiutandolo ad anticipare e prevedere i vari compiti. Sono sicuramente da generalizzare anche a livello scolastico, per aiutare l'allievo a capire lo svolgersi della giornata e l'alternarsi di momenti di lavoro (individuale o di gruppo) a momenti di gioco. I sistemi di lavoro e la precisa organizzazione dei compiti e del materiale forniscono agli allievi le informazioni sulla tipologia di compito da portare a termine e sulle modalità d'esecuzione. Nell'esperienza di integrazione scolastica una parte consistente del tempo del bambino dovrebbe essere dedicata ad esercitazioni simili a quelle svolte dai compagni. L'azione didattica, quindi, dovrebbe costruirsi su obiettivi adattati a quelli della classe, con esercitazioni che prevedano l'impiego di materiali simili. In questo modo, anche se l'allievo autistico potrebbe insistere a svolgere le proprie attività in maniera autonoma e apparentemente non 76 integrata con il resto della classe, tenderà comunque a strutturare un senso di appartenenza alla comunità. La precisa organizzazione dei compiti prevista dal programma TEACCH può essere utile anche per fornire occasione di esercitazioni autonome e ripetitive all'allievo, le quali, anche quando non determinano apprendimenti importanti in chiave evolutiva, possono risultare utili per l'aumento dei tempi di permanenza in classe. c) L'intervento secondo i principi della teoria della mente Per allievi autistici che presentano una buona funzionalità cognitiva è sicuramente utile inserire nel piano educativo individualizzato obiettivi riferiti alla percezione degli stati mentali propri ed altrui. Imparare a riconoscere le emozioni, a comprendere e a prevedere il comportamento di una persona sulla base dei pensieri o delle azioni che compie, infatti, può facilitare la comprensione delle situazioni di vita quotidiana e migliorare le competenze relazionali dei bambini. Oltre ciò, queste competenze sono estremamente deficitarie anche nei soggetti autistici ad "elevata funzionalità". Il programma proposto da Howlin et al. (1999), ispirato ai principi della teoria della mente, si indirizza appunto in questa direzione, prevedendo l'insegnamento progressivo degli stati mentali in tre aree: le emozioni, il sistema delle credenze e delle false credenze e il gioco simbolico, con particolare riferimento al gioco di finzione. Si tratta di esercitazioni proposte attraverso schede didattiche che mi sembrano facilmente generalizzabili nel contesto scolastico, in parte durante il lavoro individualizzato del bambino ed in parte come attività per l'intera classe soprattutto a livello di scuola materna. d) La comunicazione facilitata In uno specifico lavoro (Cottini, 2002c) ho analizzato il dibattito relativo alla validità del sistema di comunicazione che va sotto il nome di Comunicazione Facilitata. Senza riprendere le posizioni già analizzate, vanno sottolineate alcune esperienze che 77 documentano in maniera attendibile come molti soggetti abbiano travato un notevole giovamento dalla pratica del metodo, sia per quello che riguarda l'aumento delle capacità comunicative che il livello di integrazione sociale. Quindi, per bambini incapaci di esprimersi verbalmente e con deficit di controllo motorio, i quali dimostrino di conoscere il linguaggio scritto (o comunque di poterlo apprendere), può essere sicuramente proposto anche a livello scolastico l'utilizzo di facilitazioni comunicative attraverso vari strumenti (tastiere in carta con disegni lettere o parole, macchine da scrivere o supporti informatici). Gli insegnanti, una volta familiarizzati con la pratica della facilitazione, possono consentire quell'alternarsi di figure di facilitatore che si ritiene essere uno degli accorgimenti principali per il raggiungimento dell'autonomia da parte dell'allievo. E' necessario raccomandare, però, un approccio che sia nello stesso tempo aperto e critico, che porti gli educatori ad individuare nella Comunicazione Facilitata un ulteriore strumento didattico utilizzabile con qualche allievo e non certo una terapia elettiva applicabile con tutti. e) Il metodo di riorganizzazione neurologica Per quanto riguarda il metodo proposto da Doman e Delacato ed esteso da parte di quest'ultimo autore anche al trattamento dei bambini autistici, le risultanze delle valutazioni effettuate da vari ricercatori e le dure prese di posizione di autorevoli Enti ed Organizzazioni, portano a sconsigliarne un utilizzo a livello scolastico. E' stato completamente confutato l'impianto teorico, i risultati terapeutici non appaiono esaltanti e la pressione psicologica sui bambini risulta assolutamente non giustificata. Oltre ciò, l'impostazione prettamente riabilitativa che il metodo prevede poco si adatta all'obiettivo dell'integrazione. Se il metodo in quanto tale non sembra poter soddisfare le prospettive di miglioramento o addirittura di guarigione che dichiara, mi sembra comunque che alcune esercitazioni possano essere recuperate ed inserite nel piano educativo di allievi autistici con gravi limitazioni. Mi riferisco, in particolare, a varie proposte di stimolazione sensoriale che, se dosate in relazione alle condizioni 78 e alle motivazioni degli allievi, possono risultare utili per il lavoro educativo su un'area solitamente molto compromessa. 2 METODOLOGIE AVANZATE PER L'INTEGRAZIONE DEL BAMBINO AUTISTICO Dopo aver ribadito la necessità di promuovere l'integrazione per l'allievo autistico nella scuola di tutti ed aver individuato gli importanti contributi che possono derivare al progetto educativo dai programmi di intervento specifico sull'autismo, prendo in considerazione in questo paragrafo alcune metodologie di lavoro che possono risultare estremamente utili ai fini della promozione di una reale integrazione scolastica. In particolare mi soffermo su: - gli obiettivi individualizzati e gli obiettivi della classe; - la risorsa compagni; - le nuove prospettive della didattica speciale. 2.1. Obiettivi individualizzati e obiettivi della classe La possibilità di trascorrere parte del tempo in classe risulta facilitata se si riescono ad adattare gli obiettivi individualizzati e quelli curricolari. Questa operazione è assai complessa e, di fatto, applicabile solo ai primi livelli di scolarizzazione e su alcune competenze che fanno riferimento ai punti di forza dei bambini autistici ("isole di abilità"). Il riferimento è alle prospettive di lavoro comune su obiettivi di tipo visuo-spaziale o visuo-motorio (copia, incastri, collage, ecc.), sulle abilità di calcolo, sulle competenze di memoria meccanica, ecc. Per il bambino autistico, comunque, il semplice stare in classe può rappresentare di per sé un importante obiettivo relazionale, anche se impiega molto del suo tempo in attività individuali e ripetitive. Strutturare la capacità di rimanere in ambienti poco prevedibili, mantenendo un comportamento non aversivo è una meta educativa di notevole rilevanza. Oltre ciò, anche se le attività che la classe mette in atto non sono adatte al livello dell'allievo, può essere utile per alcuni periodi farlo "partecipare alla cultura del 79 compito" (Moretti, 1982; Rollero, 1997, Tortello, 1999), cioè metterlo nelle condizioni di cogliere almeno alcuni elementi per apprezzare l'argomento che si sta trattando. Su questo aspetto, poi, la letteratura testimonia alcune situazioni sorprendenti relative a bambini autistici di alto livello cognitivo. Il caso più eclatante è quello di Donna Williams (1996), la quale nella sua autobiografia riferisce che l'essere stata inserita in una scuola normale le aveva permesso di accumulare moltissime informazioni sulle persone e sulle situazioni. Per concludere questa analisi, sottolineo l'importanza di prevedere su certi obiettivi di estrema rilevanza la possibilità di un insegnamento uno a uno, da svolgersi anche all'esterno della classe quando il tipo di lavoro da effettuare non è conciliabile con l'organizzazione dell'ambiente comune (ad esempio per la presenza di troppi stimoli distraenti). Tali momenti di uscita dalla classe dovrebbero però essere temporalmente limitati (di norma non superiori alle 10-12 ore settimanali) e programmati in maniera che possano ridursi con il progredire dell'azione educativa e dell'adattamento del bambino. Lo spazio per l'attività individuale dovrebbe essere organizzato secondo i principi dell'insegnamento strutturato tipici dell'approccio TEACCH. 2.2. La risorsa compagni Una delle principali chiavi di successo del processo di integrazione scolastica risiede nello stimolare rapporti di amicizia e aiuto da parte dei compagni. Su questo aspetto, oltre alla testimonianza convinta degli insegnanti impegnati quotidianamente, ci sono anche numerose ricerche a sostegno (Stainback e Stainback, 1987; Salisbury, Gallucci, Palombaro e Peck, 1995; Janney e Snell, 1996). Certamente, come sostengono Stainback e Stainback (1990), i 80 rapporti di amicizia e di sostegno sono estremamente individuali, fluidi e dinamici, diversi a seconda dell'età e basati per lo più su una libera scelta derivante da preferenze del tutto personali. Tuttavia, questo non significa che essi non possano essere facilitati e sostenuti da azioni messe in atto da insegnanti e genitori e da un clima favorevole all'interno della classe. La caratteristiche comportamentali e cognitive del bambino autistico rendono molto complesso l'instaurarsi di rapporti interattivi di spessore significativo, soprattutto a livello di scuola materna ed elementare. Si possono, comunque, individuare una serie di accorgimenti per facilitare forme di aiuto e sostegno da parte dei compagni: - incoraggiare lo sviluppo di rapporti di aiuto e insegnare abilità prosociali; - programmare situazioni di tutoring; - lavorare alla creazione di un clima non competitivo per attivare esperienze di apprendimento cooperativo. Motivi di spazio impediscono di soffermarsi su questi importantissimi aspetti, per cui rimando il Lettore interessato ad alcuni lavoro specifici (Roche, 1985; Topping, 1988; Stainback e Stainback, 1990; Brunati e Soresi, 1990; Johnson et al., 1994). L'applicazione di tali programmi si è dimostrata molto importante anche per i compagni normodotati, i quali ne traggono considerevoli benefici sia di tipo cognitivo che sociale (Peck et al. (1990) 2.3. Nuove prospettive della didattica speciale Sono già state messe in evidenza molte possibilità offerte alla didattica per farsi speciale, in modo da poter soddisfare il più efficacemente possibile i bisogni molto particolari dei bambini autistici. Le strategie di valutazione ed intervento di derivazione cognitivo-comportamentale, i sistemi di insegnamento strutturato, la facilitazione di varie forme di comunicazione, l'educazione alla percezione degli stati mentali propri ed altrui, l'adattamento degli obiettivi individualizzati e di quelli di classe, l'utilizzo adeguato della 81 risorsa compagni rientrano fra tali opportunità. Concludo questa analisi prendendo in considerazione due ulteriori aspetti che ritengo di notevole significato operativo per i fini che persegue il presente lavoro, che sono quelli di indicare metodologie praticabili per favorire l'integrazione scolastica dei bambini autistici: - l'utilità di promuovere la conoscenza dei deficit e dell'handicap in classe; - la possibilità di avvalersi delle nuove tecnologie informatiche. a) Promuovere la conoscenza dei deficit e dell'handicap in classe Come già sottolineato, nel momento in cui viene stimolata una conoscenza adeguata ed una valorizzazione dei compagni è più facile che si attivino azioni prosociali di aiuto e sostegno. Soprattutto con il bambino autistico questo aspetto riveste un'importanza determinante, in quanto è necessario che i compagni capiscano che alcune particolarità comportamentali, come le scarse relazioni sociali o alcuni atteggiamenti aggressivi, non sono dovuti a "cattiveria" o a volontà di offendere, ma sono conseguenze inevitabili di un deficit. In relazione alla classe frequentata dagli allievi, la conoscenza del deficit deve chiaramente essere organizzata in maniera diversa. Si può andare da semplici spiegazioni degli aspetti principali della sindrome, alla visione di trasmissioni televisive sull'argomento o di film che hanno presentato mirabilmente storie riferite a persone autistiche, alla lettura e commento di biografie di persone autistiche di alto livello, fino allo studio scientifico delle conoscenze disponibili sui correlati neurofisiologici dell'autismo. In un recente lavoro specifico (Cottini, 2002c) ho presentato vari esempi di intervento educativo finalizzati a questo obiettivo. b) L'utilizzo delle nuove tecnologie informatiche L'utilizzo del computer nella didattica sta assumendo un rilievo considerevole nella scuola italiana, anche se non sempre al proliferare dell'hardware si associano software adeguati alle esigenze e specifiche competenze nella gestione degli stessi. Le prospettive che si aprono per facilitare l'apprendimento del 82 bambino in situazione di handicap sono notevoli e riguardano sia aspetti curricolari (ad esempio: esercitazioni sulle abilità strumentali di lettura, scrittura e calcolo), che la possibilità di gestire in maniera controllata progetti di recupero e programmi prettamente riabilitativi. Anche per l'allievo autistico lo strumento informatico può costituire un'opportunità interessante, che può avvicinarlo alle attività svolte dal resto della classe. Si nota molto spesso che gli allievi sono motivati all'interazione con il computer, il quale permette di focalizzare l'attenzione per tempi prolungati su dei compiti e facilita la gestione di esercitazioni in maniera autonoma. E' sicuramente necessario far riferimento a software particolari in relazione agli specifici obiettivi che vengono perseguiti. A questo proposito, va segnalato che gli strumenti multimediali di recente evoluzione, che utilizzano diversi codici (linguistico orale e scritto, iconico, musicale), possono creare, almeno all'inizio, una confusione nel processo di decodifica del bambino, per cui può risultare utile il riferimento a software esercitativi meno elaborati dal punto di vista informatico. Con il passare del tempo poi, in relazione al livello motivazionale dimostrato dall'allievo, si può decidere di optare per programmi con una struttura multimediale, nei quali i contenuti non siano presentati solo in forma sequenziale e statica. Conclusione L'intenzione perseguita da questo contributo era quello di considerare il bambino autistico nella sua esperienza scolastica, cercando di individuare degli itinerari per favorire il processo d’integrazione. Ho messo in risalto come la situazione che si viene a determinare nel momento in cui in una classe viene inserito un allievo affetto da autismo sia in realtà molto complicata, in considerazione delle particolarità cognitive e comportamentali che presenta. Partendo da questo presupposto, ho cercato di individuare alcuni percorsi metodologici tenendo in considerazione due aspetti principali: - da un lato l'esistenza di vari approcci di trattamento dell'autismo, sperimentati a livello internazionale, che hanno 83 dimostrato la loro efficacia, seppure in contesti differenti da quello scolastico; - dall'altro la necessità di coniugare le indicazioni tecniche con una attenzione alle principali metodologie per facilitare l'integrazione, che da più parti sono state proposte. Mi riferisco, in particolare, alla possibilità di adattare gli obiettivi della classe e quelli individualizzati per renderli, almeno in alcune parti, compatibili; all'organizzazione delle attività in gruppi cooperativi; all'utilizzazione adeguata della risorsa compagni; allo studio del deficit in classe; all’opportunità di far riferimento alle nuove tecnologie informatiche. Lo sforzo, in sintesi, è stato quello di portare un contributo per la delineazione di una didattica speciale per l'integrazione del bambino autistico. Pur nella sinteticità del lavoro, spero comunque che gli educatori possano trovare alcuni stimoli che li aiutino nel loro procedere quotidiano. 84 BIBLIOGRAFIA Brunati, L. e Soresi, S. (1990). Un programma di coinvolgimento precoce per facilitare l'integrazione scolastica degli handicappati. In S. Soresi (a cura di), Difficoltà di apprendimento e ritardo mentale, Pordenone: Erip, 311-331. Cottini, L. (2002a). Che cos'è l'autismo infantile. Roma: Carocci. Cottini, L. 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Armando, Roma 1998). 86 IL SISTEMA CURANTE: DALLA DIAGNOSI PRECOCE ALLA PRESA IN CARICO INTEGRATA Modello operativo del Centro per l’Autismo e DPS dell’AUSL di Reggio Emilia *Anna Maria Dalla Vecchia, **Virginia Giuberti *Direttore S.O.C. di NPI e del Centro Autismo ** Psicologa del Centro Autismo Introduzione Il progetto di organizzare un Centro per l’Autismo e Disturbi Generalizzati dello Sviluppo, all’interno del servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia, nasce circa 6 anni fa, di fronte all’esigenza di fornire agli utenti della zona con patologia autistica una risposta adeguata e aggiornata. La richiesta era sostenuta anche da molti genitori, stanchi di vagare alla ricerca di risposte, non sempre qualificate, disillusi dagli interventi passati e confusi dal proliferare delle più svariate proposte terapeutiche. Sul territorio reggiano, pur ricco di servizi qualificati, mancava ancora la possibilità di usufruire di una diagnosi coerente con i sistemi di classificazione internazionali, formulata in modo integrato da una équipe multidisciplinare e di ricevere trattamenti adeguati e scientificamente validati. La presenza nella realtà reggiana di una AUSL territoriale con grande apertura all’innovazione culturale e alla formazione degli operatori, e di un Servizio di Neuropsichiatria Infantile (S.O.C.) con una lunga tradizione culturale, scientifica e organizzativa, dotato di operatori formati e aperti al cambiamento, ha permesso la specializzazione di un nucleo di persone sull’autismo e i DPS. La Struttura Organizzativa Complessa di NPI, dotata di un centinaio di operatori (Neuropsichiatri Infantili, Psicologi, Fisioterapisti, Logopedisti, Educatori professionali, Psicomotricisti, Ortottiste, Tiflologo), opera sul territorio reggiano (abitanti 450.000, di cui 70.000 minori), articolandosi in 4 Servizi distrettuali; interviene nell’ambito della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi neuropsichici e psicologici dell’età evolutiva, per una utenza di circa 3800 soggetti l’anno. Partendo da questa realtà organizzativa e grazie alla volontà della Direzione Aziendale di sostenere le richieste di innovazione, 87 nel 1997 è iniziata la formazione di un gruppo interdisciplinare di operatori, appartenenti a tutte le realtà distrettuali di NPI, sulla metodologia TEACCH, da parte dell’équipe del Dr. Micheli del CTR Piccoli dell’AUSL S. Paolo di Milano, che vanta una lunga esperienza di lavoro nel campo. Nello stesso anno ha avuto inizio in via sperimentale il lavoro clinico nel Distretto di Reggio. Nel 1998 viene deliberato il progetto (delibera n°984 del 13/8/98) e l’attività di valutazione clinico-diagnostica viene svolta in modo sistematico, coinvolgendo gli operatori di tutti i distretti. Nel 1999 il Centro viene istituito ufficialmente (delibera n°662 del 5/10/99). Negli anni ’99, ’00 e ’01 è continuata la formazione del personale sul modello TEACCH, ma si decide di conoscere e sperimentare altre tecniche consolidate nell’esperienza internazionale (la Comunicazione Facilitata, la Terapia di Scambio e di Sviluppo, il Metodo Delacato) per rispondere in modo individualizzato alle diverse esigenze di ciascun soggetto, nei progetti di intervento abilitativo. E’ iniziata inoltre nel 2000 una collaborazione con il Centro JFK dell’Università del Colorado (Denver) conosciuto a livello internazionale per un modello consolidato d’intervento in età precoce. Nel 2001 è stato approvato e finanziato dalla regione Emilia Romagna un progetto di ricerca con l’AUSL di Modena sull’età prescolare (aspetti cognitivi e linguistici) e sull’adolescenza nell’autismo. Il contatto con l’Università di Denver ha portato, nel 2002, all’organizzazione congiunta, da parte dell’AUSL e dell’associazione AUT AUT onlus (associazione di genitori nata nel frattempo), di un corso di formazione sul Modello Denver di diagnosi e trattamento precoce dell’autismo e DPS. Tale corso è stato aperto a NPI, Psicologi, Logopediste, Educatori, provenienti da varie regioni italiane. Alcuni corsi di formazione sono stati organizzati coinvolgendo altri servizi aziendali (in particolare Handicap Adulto) e alcune Cooperative sociali della zona, per condividere con altri un nuovo sapere sull’autismo, nella costruzione del progetto di vita. Inoltre si sta concretizzando il progetto di collaborazione con i Pediatri di Famiglia per lo screening dell’autismo all’età di 18 mesi, finalizzato alla diagnosi e al trattamento precoce, come 88 previsto dal Piano delle Azioni 2002-03 dell’AUSL di RE. Nel corso di questi anni il Centro Autismo ha attivato anche in un intenso e impegnativo programma di formazione rivolto ai genitori e agli insegnanti del territorio reggiano, grazie anche al sostegno del Centro di Documentazione per l’Integrazione di Reggio Emilia. Gli operatori del Centro hanno partecipato inoltre a molte iniziative formative, organizzate dai servizi sanitari e dalla scuola, anche in altre realtà regionali ed extraregionali. Obiettivi del Centro Autismo e DGS di Reggio E. Il Centro di diagnosi, terapia, riabilitazione e ricerca per l’Autismo e i Disturbi Generalizzati dello Sviluppo intende fornire ai pazienti autistici, di età compresa tra i primi anni di vita e l’età adolescenziale adulta, le competenze diagnostiche e riabilitative necessarie a raggiungere una diagnosi corretta di autismo e a sostenere un progetto riabilitativo globale volto al raggiungimento della massima autonomia, evitando agli utenti la dispersione e la disomogeneità degli interventi e coinvolgendo i servizi che intervengono nelle varie fasce di età. Il Centro si propone di realizzare i seguenti obiettivi: • Diagnosi precoce, in collaborazione con Pediatri di Base e di Comunità, Servizi Ospedalieri ed Universitari; • Valutazione psicodiagnostica, neuropsicologica e psicoeducativa e formulazione di un progetto abilitativo individualizzato, da verificare periodicamente con la famiglia e la scuola; • Attivazione di interventi educativi-abilitativi sui bambini, individuali e di gruppo; • Consulenza e sostegno alle famiglie, in particolare attraverso attività di formazione e gruppi di auto-aiuto per genitori; • Formazione di personale socio-sanitario e scolastico-educativo, per costruire risorse competenti sulle tematiche dell’autismo e DPS, che interagiscano nel “Sistema Curante” • Ricerca in contatto con altri centri nazionali e internazionali; studi epidemiologici e sull’efficacia terapeutica degli interventi. Metodologia e organizzazione del Centro Per rispondere a questi sostanziali obiettivi il Centro ha 89 formulato un proprio modello metodologico-operativo, definito “Sistema Curante ”, ovvero un nuovo approccio al problema handicap – e all’autismo in particolare - che prevede una collaborazione costruttiva e competente tra le diverse forze che interagiscono attorno al soggetto disabile: il sistema sanitario (l’équipe multidisciplinare di Neuropsichiatria Infantile in rete con altri servizi quali Pediatria di Famiglia e di Comunità, Servizio Handicap Adulto, Servizi Ospedalieri), il sistema integrato d’interventi sociali, il sistema scolastico e la famiglia. Obiettivo del “Sistema Curante” è fornire al soggetto autistico un ambiente adeguato ad affrontare le problematiche poste dalla patologia, reso “abilitativo” dalla competenza di tutti i componenti e dalla condivisione del progetto individualizzato, trasversale alle età della vita. Tale modello deriva da due modelli metodologici che ci sono sembrati riproducibili anche nella nostra realtà culturale e organizzativa, il modello TEACCH nato nel North Carolina per opera di Eric Schopler e il Denver Model, particolarmente centrato sull’intervento precoce e sull’integrazione scolastica nei primi anni di vita. Per ora il lavoro del Centro Autismo si è indirizzato con particolare attenzione all’età evolutiva, mentre, in parallelo, si sta costruendo un rapporto di collaborazione con i servizi disabili adulti, per la continuità necessaria alla costruzione del percorso di vita. Un’ altra caratteristica del nostro modello consiste nella scelta di utilizzare in modo integrato per la costruzione del progetto individualizzato tutte le tecniche scientificamente sperimentate, nella consapevolezza che “nessuna tecnica da sola è sufficiente”. Questa metodologia comporta una “moltiplicazione” temporale e spaziale delle risposte abilitative e una forte alleanza tra i componenti del SC intorno ad una progettazione comune. (Vedi allegato 1: “Dal bambino al progetto attraverso il Sistema Curante” formulato con la collaborazione delle famiglie e di un gruppo di insegnanti). L’organizzazione del Centro si basa sul coinvolgimento di operatori di tutti i servizi di NPI distrettuali della Provincia di Reggio 90 Emilia, onde garantire un servizio di I° livello, distrettuale, sede della prima valutazione e dell’attuazione del progetto riabilitativo e uno di II° livello, aziendale, inteso come momento di approfondimento diagnostico e di progettazione abilitativa mirata, entrambi strettamente collegati. Al II° livello compete anche l’organizzazione della formazione e la costante verifica e riformulazione in itinere del modello organizzativo. Il gruppo di operatori che, motivati a partecipare al Progetto Autismo, hanno partecipato alla formazione teorico-pratica, è costituito da diverse professionalità: 5 neuropsichiatri infantili, 2 psicologi, 12 educatori professionali, 5 logopediste, tutti a tempo parziale sul progetto autismo. L’operatività attuale del Centro autismo è garantita dalla partecipazione di tutti gli operatori ad un incontro mensile in cui si effettuano valutazioni psicodiagnostiche-follow up, discussione casi, riflessioneconfronto metodologico sugli interventi, studio e formulazione di protocolli operativi; normalmente lavorano nelle rispettive sedi sui singoli progetti individuali in collaborazione con la scuola e la famiglia e nella impegnativa routine di un servizio di NPI. Il lavoro sul Progetto Autismo è per tutti una parte dell’attività complessiva nell’U.O. di NPI. Azioni attivate • Diagnosi, il più precoce possibile precoce (entro i primi 2-3 anni di vita), per bambini con sospetto di autismo e/o Disturbo Generalizzato dello Sviluppo inviati ai servizi di NPI territoriali della provincia di Reggio Emilia; • Formazione ai pediatri di famiglia all’uso di strumenti di screening (CHAT di Baron Cohen) • Valutazione psicodiagnostica e formulazione di un progetto psicoeducativo individualizzato, da verificare periodicamente con la famiglia e la scuola; tale attività è rivolta ai bambini della provincia di Reggio Emilia, coinvolgendo gli operatori del territorio ed è esteso anche a casi esterni alla provincia di Reggio Emilia (dall’anno 2000 è in atto una convenzione con l’AUSL di Piacenza); • Valutazione psicodiagnostica e formulazione di un progetto psicoeducativo individualizzato per soggetti con autismo e ritardo 91 • • • • • • • • • 1) mentale in età adolescenziale (gruppo di lavoro che utilizza lo strumento valutativo AAPEP di Schopler); Attivazione di interventi educativi-abilitativi sui bambini della provincia di Reggio Emilia, individuali e di gruppo; Consulenza e sostegno alle famiglie, in particolare attraverso attività di formazione e informazione (2 corsi di formazione per genitori nel 1999 e nel 2000, un terzo iniziato nel dicembre 2002) Stretta collaborazione con l’Associazione AUT AUT ONLUS famiglie di soggetti con autismo - importante sostegno del Centro autismo con iniziative di coprogettazione e di sostegno alla formazione degli operatori (es Corso Denver Model nel 2002); Formazione di personale scolastico-educativo attraverso numerosi corsi di formazione in collaborazione con il Provveditorato agli studi di Reggio Emilia e con il Centro di Documentazione per l’Integrazione di Reggio Emilia dal 1999 in poi; Gruppo di studio e supervisione sulla tecnica della Comunicazione Facilitata, aperto ad operatori dei distretti provinciali di NPI, dell’H adulti e alle Cooperative Sociali; Primo studio epidemiologico sui casi di autismo e DGS della provincia di Reggio Emilia (incidenza, tipologia diagnostica, tipologia di trattamento, ecc.) grazie all’attivazione di una borsa di studio per psicologo con donazione della fondazione CassoliGuastavillani di Bologna nell’anno 2000; Ricerca sugli strumenti per la diagnosi precoce e l’adolescenza (in particolare approfondimento sugli aspetti cognitivi e linguistici), proposto alla regione Emilia Romagna e finanziato per l’anno 2001, in collaborazione con l’AUSL di Modena, U.O. di Neuropsichiatria Infantile; Gruppo di studio sulla metodologia di valutazione e trattamento nei bambini in età prescolare Collaborazione ad un progetto multicentrico di ricerca sugli aspetti genetici nell’autismo, con la Cattedra di Neuropsichiatria Infantile, diretta dal Prof. Caffo, dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Formazione operatori del Centro Autismo Corso teorico pratico TEACCH nel 1997, a cui hanno fatto 92 seguito incontri di supervisione sui casi e sui progetti dal 1998 al 2001 con Dr.Micheli e Dr.ssa Xaiz; 2) Corso teorico pratico sul lavoro clinico con bambini piccoli (lavoro sull’intersoggettività) Dr.ssa Xaiz; 3) Corso Comunicazione Facilitata nell’anno 1999, a cui hanno fatto seguito incontri di supervisione casi nel 2000 con Dr.ssa Cadei; nel 2002 si è effettuato un secondo corso, aperto anche ad insegnanti e genitori, in collaborazione con il CDI, con l’équipe del dott. Brighenti; 4) Corso AAPEP nell’anno 1999 per la valutazione e la progettazione educativa-abilitativo degli adolescenti e giovani adulti autistici (insieme ai servizi per l’Handicap Adulti) con Dr.Micheli; 5) Corso teorico-pratico sul parent training nel 1999-2000 con Dr.Micheli e Dr.ssa Xaiz; 6) Corso di informazione sul metodo Delacato nel 2000 con èquipe Centro Studi Delacato di Sorrento; 7) Partecipazione corso di formazione su TED (terapia di scambio e di sviluppo) a Verona nel 2000; 8) Seminario sulla diagnosi e intervento precoce nello spettro autistico nel 2001 con S.Roger, Ph (Università del Colorado, Denver); 9) Corso teorico sul parent training nel 2001 con Dott.ssa Pergolizzi; 10) Corso sull’utilizzo della scala Vineland nell’anno 2001 con Dr. Nardocci 11) Corso teorico pratico sul Denver Model, dal 15 al 19 aprile 2002, con la Prof. Sally Rogers e le sue terapiste (Logopedista e Terapista Occupazionale),sull’esperienza di lavoro ventennale maturata all’Università di Denver sulla diagnosi e il trattamento precoce dell’autismo. Attività di valutazione psico-diagnostica e neuropsicologica Il protocollo per la valutazione clinica, diversificato per fasce di età, prevede: - Colloquio anamnestico con i genitori - Visita neuropsichiatrica infantile 93 - Osservazione informale del bambino attraverso sedute di gioco, con particolare attenzione alla intersoggettività, alla comunicazione, al gioco e alla interazione con i genitori e l’esaminatore (strumenti derivati da Xaiz-Micheli e Denver Model) - Visione di video familiari e scolastici; - Applicazione della CARS di Schopler, scala di valutazione diagnostica; - Somministrazione del PEP-R di Schopler e coll., profilo psicoeducativo utilizzabile per bambini da 2 a 8 - 12 anni; - Somministrazione dell’ AAPEP, profilo psico-educativo per adolescenti e giovani adulti; - Valutazione del livello intellettivo (Leiter-R; WPPSI/WISC-R) e dello sviluppo emotivo; - Valutazione del linguaggio, della comunicazione, delle funzioni esecutive, delle prassie; - Valutazione per l’uso della Comunicazione Facilitata e di altre tecniche di Comunicazione Altermativa. Presa in carico Per la maggior parte dei soggetti autistici della nostra Azienda, in seguito alla valutazione, effettuata secondo il protocollo del Centro, è stato possibile attivare un progetto terapeutico-abilitativo individualizzato e integrato, secondo il modello di Sistema Curante, derivante dalla interazione e collaborazione tra l’équipe multidisciplinare che interviene direttamente sul bambino, i genitori che partecipano alle sedute e a casa svolgono attività mirate, gli insegnanti che a scuola propongono un programma educativodidattico sotto la diretta consulenza degli specialisti. In tutti gli ambienti di vita si propongono le opportune strategie di strutturazione spazio-temporale, indispensabili per adattare l’ambiente e contenere le difficoltà dei soggetti autistici e con DPS, consistenti in una severa compromissione delle competenze comunicative, sociali e neuropsicologiche. Dati di attivita’ Nelle seguenti tabelle sono riportati i casi conosciuti dal Centro Autismo (tramite questionario rivolto a tutte i servizi distrettuali di NPI, utilizzato per una ricerca epidemiologica dalla Regione Emilia Romagna, n ell’ambito di un Progetto A utismo regionale), i casi 94 sottoposti a valutazione come sospetti casi di Autismo o DPS e infine i casi effettivamente in carico, al 31.XII.02, agli operatori del Centro Autismo (cioè con un programma educativo-abilitativo in collaborazione con la scuola e la famiglia). Il numero di casi valutati in 4 anni e 1/2 anni di attività (aprile ’98 - dicembre ’02) sono 138, di cui 94 appartengono all’AUSL di Reggio E. e 44 provengono da AUSL esterne alla provincia di Reggio E. (tabella 2); tra questi 17 al termine della valutazione non sono risultati inquadrabili nei criteri diagnostici dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (F84, secondo l’ICD-10). Tabella 1 Casi di autismo e DPS in età evolutiva (0-18a) conosciuti dai servizi di NPI della provincia di Reggio Emilia (a Dicembre 2002) Tabella 2 Casi valutati dal Centro Autismo (Aprile 1998-Dicembre 2002) 95 Tabella 3 Casi di autismo e DPS in età evolutiva (0-18 a) in carico al Centro Autismo della provincia di Reggio Emilia (a Dicembre 2002) Dal gennaio 99 si è attivato un gruppo di valutazione per soggetti adolescenti, che utilizza lo strumento AAPEP di Schopler (Profilo Educativo Personalizzato per Adolescenti Adulti). Tale gruppo ha finora valutato 57 soggetti, sia con disturbi autistici che con ritardo mentale, con età media di 15,9 anni, formulando successivamente un progetto educativo (per l’autonomia personale, per aumentare le abilità, per indirizzare i percorsi formativi). I soggetti in questione appartengono alle seguenti tipologie diagnostiche : 1) AUTISMO E DPS 2) Sindrome di DOWN 3) Ritardo mentale associato a disturbi psicopatologici 4) Ritardo mentale associato a sindromi organiche 19 11 18 9 Tabella 4 Tipologia interventi sui casi in carico nell’anno 2002 (Sono riportati in tabella il numero di casi in carico per i quali si effettuano gli 96 interventi, non il totale delle prestazioni svolte) Legenda tipologia interventi 1. Interventi ambulatoriali (individuali o in piccolo gruppo): a) psicoeducativo b) logopedico c) psicomotorio; 2. Interventi domiciliari (con il bambino e/o la famiglia; osservazioni per stilare il programma di intervento); 3. Interventi con la famiglia (progettazione-verifica programma; counselling); 4. Interventi con la scuola: a) diretti sul bambino; b) colloqui di consulenza e/o incontri con insegnanti; 5. Progetti integrativi (atelier di cucina, serra, bricolage, individuali o in piccoli gruppi; consulenza agli operatori per piscina, campigioco, Centri diurni); 6. Gruppo operativo di I° e II° livello (valutazioni o follow up, discussione casi) Come si evidenzia dalla tabella 4 gli interventi finora preminenti sono quelli psicoeducativi, mentre, in seguito alla formazione sul Denver Model, nella seconda parte del 2002, soprattutto per i bambini in età prescolare, si è sviluppata progressivamente l’attenzione all’intervento logopedico (siamo passati da 6 casi in logopedia a 26), che si attua in modo integrato e successivo ad una prima fase svolta dall’educatore professionale, sulle competenze di base (le abilità di intersoggettività, l’attenzione congiunta, l’imitazione, i prerequisiti della comunicazione, il gioco simbolico, ambiti in cui già lavoravamo da tempo secondo il modello di Xaiz, Micheli). I risultati del lavoro sui bambini in età prescolare sono molto interessanti, confermano i dati della letteratura internazionale che riferiscono la comparsa del linguaggio nel 75-85% dei bambini autistici trattati precocemente. Stiamo procedendo ad uno studio di verifica sull’efficacia del trattamento precoce sulla nostra casistica. Su questa base e per ottemperare all’obiettivo della diagnosi precoce, nel 2003 fra le prestazioni dei Pediatri di Libera Scelta, sarà inserita la CHAT (Check list for Autism in Toddlers, di Baron Cohen e coll, che permette al Pediatra di formulare il sospetto di Autismo a 18 mesi per l’invio tempestivo allo specialista), con adeguata e preliminare formazione. 97 Nel corso degli ultimi anni abbiamo raggiunto anche un altro obiettivo che ci eravamo dati come U.O. di NPI, cioè quello di iniziare ad estendere anche al lavoro con altre disabilità il modello di intervento sull'Autismo, il “Sistema Curante”, basato sulla massima condivisione della progettualità con i genitori, sulla costruzione di un sistema di interventi con famiglia e scuola, sulla formazione dei genitori e insegnanti e sulla costruzione del percorso di vita con i vari servizi. Abbiamo iniziato ad attivare, sulle Paralisi Cerebrali Infantili, sia corsi di formazione per insegnanti che corsi di formazione per genitori. Il Modello di Intervento del Centro Autismo è stato premiato nel maggio 2002, nella manifestazione “Cento Progetti al servizio dei cittadini”, del Ministero della Funzione Pubblica, per le caratteristiche di qualità del progetto, di innovazione e di riproducibilità. Azioni di sviluppo per il 2003 - 2004 • Ci proponiamo di fare una verifica sul modello di intervento e sui risultati ottenuti, utilizzando l’occasione della Ricerca nazionale multicentrica finanziata con la Fondazione Labos: continuare e consolidare il lavoro clinico sui casi, effettuando il follow-up a tutti i soggetti visti finora per la valutazione dell'efficacia del progetto riabilitativo, unendo anche una valutazione del grado di soddisfazione delle famiglie. • Proseguire con la ricerca clinica, basata sull'approfondimento e l'analisi di sottotipi clinici individuabili nella nostra casistica, in collaborazione con altri Servizi territoriali, ospedalieri e Universitari • Consolidare il rapporto con le Cooperative sociali e con i Settori H adulti, sia con la valutazione congiunta dei casi, sia con la sperimentazione delle tecniche apprese per costruire un effettivo percorso di continuità progettuale di vita, con particolare attenzione alle necessità di ricovero per momenti di crisi e alle problematiche del sollievo alle famiglie • Realizzare nel 2003 il progetto di diagnosi precoce in collaborazione con i Pediatri di Libera Scelta e l’U.O. di pediatria di Comunità • Attivare percorsi tra Servizi Territoriali e Ospedalieri facilitanti per le 98 famiglie, sia per la diagnosi strumentale che per l'accesso a specialisti di varie discipline (ciò vale per tutti i soggetti disabili) • Effettuare un censimento dei casi di Autismo e DGS in età adulta, sia con la collaborazione dei Servizi Handicap adulti che dei Medici di Famiglia. Conclusioni Ritengo che il modello di intervento sperimentato, il “Sistema Curante”, risponda alle necessità degli utenti, ottenga riscontri positivi da parte delle famiglie, abbia visto positivi cambiamenti nei bambini seguiti, soprattutto nei casi in cui è maggiore la collaborazione tra i sottosistemi, a parità di gravità dei soggetti in carico. Sappiamo che, soprattutto per i bambini in età prescolare, le linee guida internazionali pongono come necessarie almeno 20-30 ore di trattamento settimanale: questo non è possibile, visti i problemi di risorse di tutte le Aziende Sanitarie. Tuttavia l’aver attivato un modello di lavoro in rete, il Sistema Curante, permette di rispondere, almeno parzialmente, alla carenza di risorse, grazie alla condivisione in tutti gli ambiti di vita del soggetto autistico del progetto abilitativo. Nei bambini piccoli l’intervento ci fa molto sperare in un effettivo miglioramento della sintomatologia e in un aumento dell’autonomia e competenze, effetti riferiti dalla letteratura sull’argomento. I limiti che ritroviamo nella quotidianità del nostro lavoro sono legati a fattori quali il tournover degli insegnanti, per quanto riguarda la collaborazione con il mondo scolastico; da parte delle famiglie riscontriamo, soprattutto nei casi con cui abbiamo iniziato ad applicare il nuovo modello di intervento in età adolescenziale, la difficoltà nel modificare modelli di interazione e di comportamento rigidamente fissati, anche per la fatica che la convivenza con un soggetto gravemente autistico comporta. In questo ambito stiamo lavorando, con l’Associazione AUT AUT, ma anche con i Servizi Sociali e le Cooperative Sociali, per coprogettare interventi adeguati a fornire opportunità di crescita e formazione per i ragazzi e di sollievo alle famiglie. BIBLIOGRAFIA 1. Baird G., Charman T., Baron-Cohen S., Cox A., Swettenham J., Wheelwright S. 99 and Drew A.: A screening instrument for autism at 18 months of age: a six years follow-up study. Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 39, 694-702, 2000 2. Baron-Cohen S., e coll.: Can autism be detected at 18 month? The needle, thehaystack, and the CHAT. British Journal of Psychiatry, 161, 839-843, 1992 3. Baron-Cohen, S., Cox, A., Baird, G., Swettenham, 3., Nightingale, N., Morgan, K., Drew, A., & Charman, T.: Psychological Markers in the detection of autism in infancy in a large population. British Journal of Psychiatry, 168, 158-163, 1996 4. Barthelemy,C., Hameury, L., Lelord, G , L’autismo del bambino, terapia di scambio e di sviluppo.T.E.D., traduzione e cura della versione italiana di P.Visconti, Expansion Scientifique Francaise, 1997. 5. Cox A, Klein K, Charman T, et al. The early diagnosis of autism spectrum disorders: use of the autism diagnostic interview-revised at 20 months and 42 months of age. J Child Psychol Psychiatry 1999;40:705-718 6. Filipek P.A. e coll. : The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders. Journal of Autism and Developmental Disorders, Vol.29, n°6,1999 7. Filipeck P.A. e coll: Practice parameter: screening and diagnosis of autism. Neurology, 55, 468-479, 2000 8. Micheli, E. : Autismo: verso una migliore qualità della vita. Ed Laruffa, Reggio Calabria, 1999. 9. Nardocci F. e Coll: Atti del Convegno “L’Angelo ferito” Rimini 2000 (in : http://www.autismotriveneto.inews.it/angelo.htm ) 10. Osterling, J., Dawson, G.: Early recognition of children with autism: A studof first birthhome videotapes. Jour-nal ofAutism and Developmental Disorders, 24, 247-257. (1994) 11. Ozonoff S, Cathcart K. Effectiveness of a home program intervention for young children with autism. J Autism Dev Disord 1998; 28:25-32. 12. Rogers, S. 3.: Brief report: Early intervention in autism. Journal of Autism and Developmental Disorders, 26, 243-247, 1996 13. Rogers SJ. Empirically supported comprehensive treatments for young children with autism. J Clin Child Psychol 1998;27:168-179. 14. Rogers SJ, Osaki D., Hall T.: Seminario sul Denver Model, Reggio Emilia, 15-19 aprile 2002 Atti del Seminario a cura dell’Associazione AUT AUT Onlus 15. Schopler E.et AA, Profilo Psicoeducativo Rivisto (PEP-R) SZH/SPC; Lucerna, 1995. 16. Schopler E.et AA, Strategie educative nell’autismo (introduzione al metodo TEACCH), ed. Masson, Milano, 1995. 17. Schopler E.et AA Apprendimento e cognizione. Mc Graw Hill, 1998 18. Schopler E., Autismo in famiglia, 1998, Ed Erickson, TN 19. Schopler E, Mesibov: Sindrome di Asperger e autismo High-functioning, 2002, Erickson, TN 20. Szatmari P, Jones MB, Zwaigenbaum L, McLean JE. Genetics of autism: overview and new directions. J Autism Dev Disord 1998;28:351-368. 21. Xaiz C., Micheli E.: Gioco e interazione sociale nell’autismo. 2001, Erickson, TN Allegato 1 100 Dal Bambino al Progetto attraverso il “SISTEMA CURANTE” 101 L’ASSISTENZA ALL’AUTISMO ED AI DISORDINI PERVASIVI DELLO SVILUPPO IN EMILIA-ROMAGNA Elisabetta Fréjaville Coordinatore Gruppo Tecnico Regionale sull’Autismo Servizio Salute Mentale, Assessorato Sanità, Regione Emilia Romagna Nel marzo del 2000 l'Assessorato alla Sanità della Regione Emilia-Romagna ha inviato alle Aziende sanitarie regionali le "Linee sull'organizzazione dei servizi per l'autismo infantile" ove “si focalizza l'attenzione dei Servizi sulla fascia 0-3 anni allo scopo sia di fare diagnosi precoce di Autismo sia di individuare altrettanto precocemente disturbi o distorsioni di personalità, deficit motori sensoriali o cognitivi con il fondato rischio di evoluzione di sviluppo patologico, al fine di mettere in campo in tempo utile specifici e adeguati interventi di carattere terapeutico e riabilitativo. Di conseguenza, allo scopo di assicurare la valutazione globale del bambino, i Servizi dovranno attrezzarsi sul piano delle procedure, dotandosi di protocolli diagnostici e terapeutici, nonchè su quello delle competenze, assumendo le opportune iniziative nel campo della formazione-aggiornamento”. Dal 2001, presso l’Assessorato alla Sanità della Regione Emilia-Romagna, è al lavoro un Gruppo Tecnico di monitoraggio e coordinamento, costituito da eminenti professionisti con documentata competenza in questo campo e da rappresentanti delle principali associazioni impegnate sull’Autismo nella nostra Regione. Nei primi mesi del 2002 è stata condotta una indagine presso le strutture sanitarie per valutare lo stato di attuazione di quella direttiva, attraverso un questionario inviato a tutte le Aziende sanitarie ed alle strutture private; le domande vertevano sullo stato di organizzazione dei servizi, sulle metodologie attuate per la diagnosi ed il trattamento delle persone affette da sindromi autistiche, di qualunque età, sui riscontri epidemiologici delle diverse realtà. E’ anche prevista a breve una indagine per conoscere l’opinione delle famiglie di pazienti autistici o con DPS. In considerazione degli importanti risultati della letteratura 102 scientifica per gli innovativi aspetti diagnostici e terapeutico-riabilitativi, anche al fine di ribadire la necessità di abolire definitivamente lo stigma che vedeva nei decenni scorsi la famiglia colpevolizzata dell’insorgenza di questa grave patologia, il Gruppo Regionale ha ritenuto di estendere la propria attenzione ai Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS), di cui il Disturbo Autistico (DA) è un’importante componente e di prodourre un corposo documento di approfondimento ed aggiornamento tecnico per gli operatori del settore sui temi clinici (diagnosi, trattamento, etc.) ed uno, più sintetico, contenente le proposte alla Regione ed agli amministratori locali sugli aspetti di miglioramento organizzativo. In estrema sintesi gli obiettivi proposti per la promozione della salute e per il miglioramento nell’assistenza ai pazienti con DA/DPS sono: 1) tempestività della diagnosi, a seconda della tipologia di DA/DPS 2) continuità dell’assistenza, sociale e sanitaria, anche oltre i 18 anni di vita 3) supporto alla famiglia, da coinvolgere necessariamente nel “Sistema Curante” dei pazienti con DA/DPS. La proposta è rivolta alle Aziende sanitarie, in particolare ai Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) che, nella nostra Regione, vedono aggregate le Unità Operative di Psichiatria e Neuropsichiatria Infantile. A queste strutture è demandato il compito di costruire Programmi che prevedano la definizione dei necessari collegamenti del Team DA/DPS con le strutture sociali, scolastiche e del mondo del lavoro, per la costruzione della “rete” di continuità assistenziale e per il supporto alle Famiglie. A seguito di quanto rilevato dall’indagine e sulla base dei riscontri scientifici internazionali, il Gruppo propone di individuare in tutte le Aziende sanitarie, nell’ambito del DSM, un “Team per DA/DPS”, appositamente formato e formalizzato, in rete con gli omonimi servizi regionali di 2° livello, territoriali ed ospedalieri. Tale proposta nasce dalla considerazione che, al momento, il tipo di competenza richiesta per il trattamento di questi disturbi può richiedere iniziative di aggiornamento e che, peraltro, il numero di 103 pazienti con Autismo-DPS è piuttosto ridotto rispetto alla generalità degli utenti dei DSM. Pertanto, almeno in via iniziale, sarà utile identificare le persone che, provenendo da varie discipline (Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, Psichiatria, Psicologia Clinica, etc.), previa adeguata formazione, sperimentino efficaci ed efficienti modelli clinici ed organizzativi da attuare insieme agli operatori del mondo della Scuola, dei Servizi Sociali, etc. Tale sperimentazione non va considerata come modello ad hoc, per questa specifica patologia, bensì una modalità di collaborazione ed integrazione, riproducibile per l’assistenza a molteplici situazioni di handicap dell’età evolutiva ed adulta. Il documento elaborato dal Gruppo Tecnico Regionale sarà ora sottoposto alla valutazione dei Servizi sanitari per recepire le ipotesi di fattibilità nelle diverse realtà locali. E’ indubbio che una eventuale riorganizzazione dei servizi per questa tipologia di pazienti richiede tempo, non solo per la riconversione o acquisizione di risorse umane da destinare a questo scopo ma anche per l’impegno di formazione ed aggiornamento degli operatori coinvolti e per un rinnovato sforzo di collaborazione integrata “in rete” con i Servizi Sociali, con la Scuola, con il mondo del Lavoro. Fondamentale, sin dalla fase di programmazione degli interventi, sarà la fattiva partecipazione delle Associazioni di Familiari che, nella nostra Regione, costituisce uno storico capitale sociale. 104 SCREENING E DIAGNOSI PRECOCE DEL DISTURBO AUTISTICO – LA COLLABORAZIONE CON I PEDIATRI Dr.ssa Virginia Giuberti Psicologa – Centro Autismo e DPS dell’AUSL di Reggio Emilia All’interno del Centro Autismo e Disturbi Pervasivi dello Sviluppo dell’AUSL di Reggio Emilia, il cui modello organizzativo e operativo è già stato descritto nelle relazioni precedenti della Dr.ssa Martini e Dr.ssa Dalla Vecchia, lo screening e la diagnosi precoce in collaborazione con i pediatri di libera scelta riveste importanza cruciale. Nella letteratura scientifica internazionale viene evidenziato che già in tenera età è possibile identificare anomalie tipiche dell’autismo: a 12 mesi nei bambini che poi verranno diagnosticati autistici sono presenti comportamenti specifici che li differenziano dai bambini nella norma (Osterling & Dawson, 1994; Baranek, 1999), a 18-24 mesi i genitori riportano spesso preoccupazioni sullo sviluppo (Howlin & Moore, 1997). Tuttavia la diagnosi di autismo è ancora tardiva: molto spesso l’autismo non viene diagnosticato prima dei quattro-cinque anni di età (Rogers, 2001), con alcune differenze riportate negli studi americani rispetto a quelli anglosassoni. Lo screening e la diagnosi precoci sono una necessità nel campo della ricerca attuale (Filipek et al., 1999). Lo scopo della diagnosi è l’intervento, e lo scopo della diagnosi precoce è l’intervento precoce: la necessità di individuare precocemente un disturbo dello spettro artistico permette di intervenire precocemente con possibilità di effetti significativi. Infatti a livello internazionale è ormai accertata l’efficacia dei programmi di intervento precoce e intensivo. Per citare brevemente qualche studio, si parla di un miglioramento significativo del livello cognitivo quantificabile in un aumento di QI (Lovaas, 1987), un accelerazione in tutte le aree dello sviluppo (Dawson & Osterling, 1987), un miglioramento linguistico con raggiungimento di linguaggio funzionale nel 75% dei casi (Rogers, 1996, 1998), un miglioramento nel comportamento sociale (Rogers, 1996, 1998), una riduzione della sintomatologia autistica (Dawson & Osterling, 1987; Rogers, 1996, 1998). 105 Da queste premesse, fin dal 1998 il Centro Autismo e DPS di Reggio Emilia ha promosso il Progetto per lo screening e la diagnosi precoce in collaborazione con i pediatri di libera scelta, iniziato con un incontro formativo sull’autismo, sulle nuove metodologie di approccio nell’autismo e sulla scala CHAT (Checklist for Autism in Toddlers, Baron-Cohen, Allen & Gillberg, 1992). Dal 2002 la CHAT è stata introdotta nell’accordo tra pediatri di libera scelta e l’AUSL di Reggio Emilia; nel 2003 il progetto è iniziato a tutti gli effetti con un corso di aggiornamento per i pediatri e con la formazione di nuclei di valutazione nelle unità di I livello autismo (nelle U.O. di Neuropsichiatria Infantile) della provincia e di un nucleo di supervisione di II livello (nel Centro Autismo e DPS di Reggio E.). Per fornire un’idea della realtà territoriale di Reggio Emilia, il numero di soggetti in età evolutiva è di circa 72.500, i nuovi nati per anno sono circa 4.800; vi sono 6 distretti (Reggio Emilia, Guastalla, Correggio, Scandiano, Castelnuovo Monti, Montecchio) e 4 unità di I livello autismo; il numero dei pediatri di libera scelta è 77. Il percorso clinico del Progetto per lo screening e la diagnosi precoce prevede: 1) somministrazione della scala CHAT da parte del pediatra durante il periodico bilancio di salute a 18-20 mesi, con punteggio finale di rischio grave di autismo, rischio moderato di autismo, rischio per altri disturbi, nei limiti della norma; 2) invio dei casi a rischio grave e moderato alle unità di I livello autismo del distretto di appartenenza; entro 15 gg. dall’invio colloquio con i genitori sulle possibili preoccupazioni inerenti la comunicazione, la socialità e il comportamento (‘bandiere rosse’, Filipeck et al., 1999) ed anamnesi, e osservazione del bambino in presenza del genitore sulle modalità di interazione, di comunicazione e di gioco (elementi tratti da PL ADOS, DiLavore, Lord, Rutter, 1995; ‘Denver Model’; Xaiz & Micheli, 2001); restituzione ai genitori con indicazioni educative e, nei casi valutati positivi, proposta di intervento per disturbo della comunicazione e dell’interazione, in collaborazione con il pediatra; dopo 3-6 mesi, valutazione approfondita presso il II livello a Reggio E.; 3) eventuale invio a struttura ospedaliera specialistica per 106 approfondimenti strumentali e laboratoristici (EEG, esame audiometrico, ecc.) Il protocollo di osservazione in età prescolare in uso presso il Centro Autismo e DPS di Reggio E. prevede: 1. SEGNALAZIONE dal distretto di appartenenza 2. COLLOQUIO CON I GENITORI: anamnesi; intervista mirata sui comportamenti nei vari contesti e abitudini di vita; informazioni sulle modalità di lavoro del Centro; consenso informato 3. VISITA NEUROPSICHIATRICA 4. OSSERVAZIONE STRUTTURATA su: intersoggettività, funzionamento emozionale, modalità di comunicazione, imitazione, gioco 5. VALUTAZIONE FORMALE: comportamento autistico (CARS); profilo psicoeducativo (PEP-R); profilo cognitivo (Utzgirz Hunt, Leiter-R); comunicazione e linguaggio (McArthur, TPL) 6. VALUTAZIONE INFORMALE: osservazione negli ambienti di vita (casa, scuola); visione video familiari 7. DIAGNOSI secondo criteri ICD 10 e DSM IV 8. RESTITUZIONE AI GENITORI La metodologia della valutazione è basata sui seguenti punti cardine: • Partecipazione dei genitori ad ogni fase della valutazione • Equipe valutativa multiprofessionale (neuropsichiatra inf., psicologo, educatore prof., logopedista) • Videoregistrazione dell’intero percorso osservativo • Relazione clinica scritta delle valutazioni effettuate con programma di trattamento ed obiettivi • Collaborazione con il pediatra per la restituzione della diagnosi e sostegno alla famiglia • Continuum tra fase valutativa e presa in carico nel distretto di appartenenza • Coinvolgimento e collaborazione con la struttura educativa prescolare Le aree di osservazione, che poi divengono le aree di intervento, che vengono considerate nel modello di lavoro del Centro Autismo e DPS di Reggio E. per i bambini piccoli con disturbo dello spettro autistico sono le seguenti: 107 - INTERSOGGETTIVITA’: si osservano la consapevolezza di sé e dell’altro come soggetti in interazione, le risposte di attenzione congiunta, il rispetto dei turni di interazione, ecc., per poi intervenire con attività varie tipo le bolle di sapone, i palloncini, i giochi musicali, i giochi con le macchinine, ecc; - MODALITA’ DI COMUNICAZIONE: si valutano l’intenzionalità comunicativa e le forme di comunicazione utilizzate (motoria, gestuale: indicazione protorichiestiva e protodichiarativa, vocale: vocalizzazioni rivolte all’altro ed ecolalie), per poi intervenire perché il bambino sia motivato a comunicare e utilizzi modalità più adeguate (in particolare si lavora sui gesti significativi come l’indicazione, sull’uso delle immagini per comunicare, per poi arrivare al linguaggio verbale); - FUNZIONAMEMENTO EMOZIONALE: si osservano comportamenti quali il sorriso sociale, la gioia condivisa, le reazioni inadeguate (accessi di collera), per poi intervenire sulle emozioni positive enfatizzando la condivisione e il piacere nell’interazione; - IMITAZIONE: si valutano le capacità di imitazione spontanea e su richiesta, per poi intervenire insegnando l’imitazione di gesti significativi, di movimenti e sequenze motorie, di azioni con oggetti, di prassie bucco-facciali e l’imitazione vocale; questo attraverso attività varie tra cui le canzoncine mimate e qualsiasi tipo di gioco condiviso; - GIOCO: si osservano le attività autostimolatorie, il gioco sensomotorio, il gioco con oggetti (uso funzionale, simbolico) e il gioco imitativo; l’intervento è focalizzato sull’ampliamento del gioco sensomotorio e sull’insegnamento del gioco simbolico (agente simbolico, sostituto simbolico, complessità simbolica); - ABILITA’ DI SVILUPPO: valutazione, attraverso il PEP-R, delle varie capacità (percezione visiva, percezione uditiva, motricità fine, coordinazione occhio-mano, motricità globale, area cognitiva) per poi intervenire sulle abilità possedute ed emergenti. La metodologia dell’intervento è basata sui seguenti punti cardine: • Progetto individualizzato su tutte le aree • Partecipazione dei genitori • Predisposizione di un ambiente facilitante (chiaro e strutturato) • Enfasi sulla relazione, sulla condivisione e sulle emozioni 108 positive • Attenzione alla motivazione e agli interessi del bambino • Coinvolgimento e collaborazione con la struttura educativa prescolare In tutto questo percorso diagnostico e abilitativo il pediatra di famiglia resta il referente del bambino, accompagnando e sostenendo la famiglia nel difficile percorso di elaborazione del lutto dei genitori e di evoluzione del bambino. 109 BIBLIOGRAFIA Baron-Cohen, S., Allen, J., Gillberg, C. (1992). Can autism be detected at 18 month? The needle, the haystack and the CHAT, British Journal of Psychiatry, 161, 839-843. Baron-Cohen, S., Cox, A., Baird, G., Swettenham, J., Nightingale, N., Morgan, K., Drew, A., & Charman, T. (1996), Psychological Markers in the detection of autism in infancy in a large population. British Journal of Psychiatry, 168, 158-163. Filipek, P.A., et al. (1999). The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders. Journal of Autism and Developmental Disorders, Vol.29, n°6. Lovaas, I. (1987). Behavioral treatment and normal educational and intellectual functioning in young autistic children. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 55. 3-9. Osterling, J., & Dawson, G. (1994). Early recognition of Children with Autism: A Study of First Birthday Home Videotapes, Journal of Autism and Developmental Disorders, 24, 247-257. Rogers, S. (1996), Brief report: Early intervention in autism. Journal of Autism and Developmental Disorders, 26, 243-247 Rogers, S., Herbison, J., Lewis, H.C., Reis, K. (1996). An approach foe enhancing the symbolic, communicative and interpersonal functioning of young children with autism and severe emotional handicaps, Journal of the Division for Early Childhood, 10 (2), 135-148. Rogers, S. (1998), Empirically supported comprehensive treat-ments for young children with autism, Journal of Clinical Child Psychology, 27,168-179 Rogers, S. (2001). Diagnosis of autism before the age of 3, International Review of research in mental retardation, Vol. 23. Xaiz, C., Micheli, E. (2001). Gioco e interazione sociale nell’autismo, Ed. Erickson, Trento. 110 AUTISMO: LA SCELTA POLITICA DELL’AUSL DI REGGIO EMILIA Mariella Martini (Direttore Generale dell’Azienda USL di Reggio Emilia) L'Azienda USL di Reggio Emilia è un'azienda sanitaria territoriale di dimensione provinciale, con una popolazione di 460.000 abitanti, un territorio articolato in 6 distretti, una rete ospedaliera costituta da 5 ospedali a gestione diretta, integrati con una azienda ospedaliera e due case di cura accreditate, un bilancio di oltre 600 milioni di euro, di cui il 40% è dedicato all'assistenza ospedaliera in regime di ricovero ed il 60% all'assistenza territoriale. A Reggio Emilia i Servizi Sociosanitari hanno una lunga tradizione di lavoro integrato nell'area dell’infanzia e dell'adolescenza, con particolare attenzione alla disabilità infantile, anche in tempi precedenti l’attuale organizzazione aziendale e l’entrata in vigore della legge 104/92 (fin dall’epoca dei Consorzi Sociosanitari). Ne sono un esempio: • La storia di supporto all’integrazione scolastica (a partire dalla chiusura dell’Istituto De Sanctis, negli anni '70, una struttura nell'ambito dell'Ospedale Psichiatrico che ospitava 350 minori disabili) che è sostenuta anche attraverso la partecipazione di operatori dell'AUSL al GLIP, come previsto dagli accordi di programma, ed al Centro di Documentazione per l’Integrazione; • i progetti rivolti alla tutela salute infanzia (percorso nascita), alla prevenzione della nascita patologica (progetto neonatologia), alla diagnosi precoce delle disabilità in collaborazione con i pediatri di comunità, di famiglia e con il Dipartimento Materno Infantile Ospedaliero e l'unità operativa di NPI; • la costruzione di percorsi per la prevenzione disturbi psicopatologici nella prima infanzia (tra Ospedale, Pediatri di famiglia e di comunità, Servizio Sociale, NPI e Psichiatria, nidi e scuole materne); 111 • la realizzazione di progetti trasversali, che coinvolgono diverse unità operative dell'AUSL, per la gestione di interventi integrati nell'area dell'adolescenza, dei disturbi del Comportamento alimentare, dellle famiglie multiproblematiche; • l'attenzione ai bisogni complessivi dei disabili gravi e gravissimi e delle loro famiglie, con la realizzazione, già nel 92 nel distretto di Scandiano, di progetti di ADI con forte integrazione tra professionisti territoriali ed ospedalieri per la presa in carico complessiva del bambino con grave disabilità e supporto alla sua famiglia e consentire la gestione a domicilio di bambini con gravissime disabilità e bisogno di particolare supporto per alcune funzioni fisiologiche o per il trattamento di patologie concomitanti; il progetto, il primo realizzato in Regione Emilia Romagna, ora è esteso a tutto l'ambito dell'AUSL ed è stato indicato dalla Regione stessa come obiettivo per le Aziende Sanitarie; • il progetto "Gancio Originale", esperienza pilota di volontariato giovanile promossa dall'AUSL, che ha ottenuto riconoscimenti nazionali e che recluta volontari tra gli studenti del triennio delle scuole superiori e li supporta in un'azione di tutorig rivolta a ragazzi della scuola media in condizioni di difficoltà per situazioni di fragilità personale e di contesto; • l'attenzione al momento dell’adolescenza nei soggetti disabili, con la progettazione di percorsi abiltativi per adolescenti (valutazione con l'AAPEP di Schopler,atelier socioriabilitativi, corsi di Formazione, percorsi di integrazione scuola-lavoro); • l'impegno a garantire un percorso continuativo nell’assistenza e nella presa in carico dei disabili, dall’infanzia all’età adulta, attraverso l'integrazione operativa tra i servizi per minori e quelli per adulti disabili; • il progetto interistituzionale "lavoro", che si inserisce in una cultura di esperienze consolidate nell'AUSL, nell’ambito della formazione professionale e dell’inserimento lavorativo di soggetti disabili, tossicodipendenti e di pazienti psichiatrici; • i Piani di zona e Piani per la salute, a cui abbiamo collaborato, contengono importanti aspetti di prevenzione e tutela della salute mentale nell’infanzia e di sostegno ai percorsi delle famiglie dei disabili. La presenza nell’AUSL di Reggio Emilia di un Servizio di 112 Neuropsichiatria Infantile con una lunga tradizione culturale, scientifica e organizzativa, dotato di operatori formati e aperti al cambiamento, ha consentito che un nucleo di professionisti si specializzasse sull’Autismo ed i DPS. La Struttura Organizzativa Complessa di NPI, dotata di un centinaio di operatori (Neuropsichiatri Infantili, Psicologi, Fisioterapisti, Logopedisti, Educatori professionali, Psicomotricisti, Ortottiste, Atelieristi, Tiflologo), ed articolata in 4 Strutture Operative Semplici distrettuali, opera nell’ambito della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi neuropsichici e psicologici dell’età evolutiva, per una utenza di circa 3500 soggetti l’anno. L’AUSL di Reggio Emilia destina alla Struttura Operativa Complessa di NPI, che fa parte del Dipartimento di Salute Mentale, circa l’1% del proprio bilancio (nel 2001: lire 11.843.000.000, nell’ambito di un bilancio di 1.096.005.000.000). Il progetto di formare un nucleo di operatori specializzati nella diagnosi e trattamento dell'Autismo e dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo nasce nel 1996, nel servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia, su sollecitazione delle famiglie da un lato e della direzione del servizio di NPI dall’altro, convergenti sulla necessità di cambiare approccio, alla luce della nuova cultura dell’autismo, e di acquisire metodologie di lavoro più coerenti con l'evoluzione delle conoscenze scientifiche riguardo agli approcci diagnostici e terapeutici.Nel territorio reggiano, pur ricco di servizi competenti, mancava ancora la possibilità di usufruire di una diagnosi coerente con i sistemi di classificazione internazionali, formulata in modo integrato da una équipe multidisciplinare, e di ricevere trattamenti adeguati e scientificamente validati. Il progetto ha preso l'avvio nel '97 da un percorso formativo sulla metodologia TEACCH, promosso dall'AUSL su proposta della direzione del servizio di NPI, e rivolto ad operatori dei diversi profili professionali; la conduzione del corso era stata affidata all’équipe del Dr. Micheli del CTR Piccoli del S. Paolo di Milano, che vanta una lunga esperienza di lavoro nel campo. 113 Nel 1999 il Centro Autismo viene istituito ufficialmente (delibera n°662 del 5/10/99), secondo un modello organizzativo che coinvolge tutto il territorio provinciale, con nuclei di I° livello in ogni Distretto ed un nucleo aziendale di II° livello, con funzioni di supervisione dei casi, di formazione degli operatori, di sperimentazione e verifica di protocolli e linee guida. Il centro non è stato costituito attivando un organico aggiuntivo, ma le risorse necessarie sono state reclutate grazie alla riorganizzazione del servizio di NPI e dedicando le competenze di più figure professionali al lavoro sull’autismo, fino ad allora riservato a psicologi psicoterapeuti. Alcune borse di studio ottenute da progetti mirati hanno inoltre permesso di sviluppare protocolli e stili di lavoro condivisi. Negli anni ’99, ’00 e ’01 si è mantenuta l'attività di formazione sul modello TEACCH, ma si è deciso di conoscere e sperimentare anche altre tecniche consolidate nell’esperienza internazionale (la Comunicazione Facilitata, la Terapia di Scambio e di Sviluppo, il Metodo Delacato), per rispondere in modo individualizzato alle diverse esigenze nei progetti di intervento abilitativo. Nel 2000 inoltre è iniziata una collaborazione con il Centro dell’Università del Colorado (Denver), conosciuto a livello internazionale per un modello consolidato d’intervento precoce. Nel 2001 la Regione Emilia Romagna ha approvato e finanziato all'AUSL di Reggio Emilia, congiuntamente con l'AUSL di Modena, un progetto di ricerca sull’età prescolare (aspetti cognitivi e linguistici) e sull’adolescenza nell’autismo. I rapporti con l’Università di Denver ci hanno consentito, nel 2002, di realizzare a Reggio Emilia un corso di formazione sul Modello Denver di diagnosi e trattamento precoce dell’autismo e DPS. Il corso è stato organizzato congiuntamente dall'AUSL e dall'Associazione dei genitori Aut-Aut, ed è stato aperto a NPI, Psicologi, Logopediste, Educatori, provenienti da varie regioni italiane. Anche altri servizi aziendali (in particolare Handicap Adulto) e le Cooperative sociali operanti sul nostro territorio sono stati coinvolti in percorsi formativi, al fine di condividere il nuovo 114 sapere sull’autismo ed offrire l'opportunità di utilizzare tecniche più appropriate. La collaborazione con i Pediatri di Famiglia, sancita anche dagli accordi integrativi aziendali, ha consentito di dare l'avvio allo screening dell’autismo all’età di 18 mesi, finalizzato alla diagnosi e al trattamento precoce, secondo gli impegni previsti nel Piano delle Azioni 2003 . Nel corso di questi anni il Centro Autismo, con la collaborazione del Centro di Documentazione per l'Integrazione, del Provveditorato e di alcuni Dirigenti Scolastici, ha attivato anche un intenso e impegnativo programma di formazione rivolto agli insegnanti e ai genitori del territorio reggiano, premessa indispensabile per rafforzare la collaborazione con la scuola e con le famiglie L'incisività e l'autorevolezza della nostra esperienza è testimoniata anche dai numerosi inviti che i nostri operatori hanno ricevuto per partecipare come relatori a molte iniziative formative, organizzate dai servizi sanitari e dalla scuola, in altre realtà regionali ed extraregionali. La formazione allargata a varie forze istituzionali e non, ha permesso di dare concretezza al modello di “Sistema Curante”, che ora viene progressivamente esteso all’approccio a tutte le disabilità infantili. Attualmente il Centro Autismo dell'AUSL di Reggio Emilia costituisce una realtà consolidata ed un importante punto di riferimento anche oltre l'ambito aziendale; è costantemente impegnato nello sviluppo delle competenze professionali e nel reclutamento delle risorse, con il sostegno dell’Associazione AUT AUT, per offrire maggiori opportunità di cura ai soggetti autistici ed alle loro famiglie; un importante risorsa è costituita anche dalle cooperative sociali, con le quali è stato attivato un percorso di coprogettazione, finalizzato all'utilizzo ottimale delle risorse in campo, attraverso l'integrazione di soggetti diversi, a favore della presa in carico integrata e multidisciplinare dei soggetti autistici e delle famiglie. In conclusione, l'esperienza di approccio alla diagnosi e trattamento dell'autismo e DGS realizzata dall'A-USL di Reggio 115 Emilia si connota per: - l'attenzione alla evoluzione delle conoscenze ed il sostegno ai percorsi formativi degli operatori - l'alleanza con le famiglie e le loro Associazioni - la partnership con la scuola, con gli altri professionisti della sanità (in primo luogo i pediatri di famiglia), con le organizzazioni del terzo settore - l'impegno per la globalità e la continuità della presa in carico - l'essere parte di una programmazione complessiva dell'offerta di servizi volta a dare garanzia di esigibilità al diritto di tutti alla salute ed alla tutela nelle condizioni di fragilità. 116 “SINDROMI AUTISTICHE E RITARDO MENTALE: QUALI CORRELAZIONI?” Autori: P. Visconti, R. Truzzi, M. Peroni, F. Ciceri, G. Gobbi Ambulatorio Autismo, Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile, AUSL, Città di Bologna La prima descrizione clinica della sindrome autistica risale a Kanner (1943) che con estrema chiarezza mette in luce caratteristiche che a tutt’oggi mantengono la loro attualità: a) una mancanza estrema di contatto affettivo con le altre persone, b)un ansioso ed ossessivo desiderio di preservare le stesse situazioni con attività, pensieri e movimenti estremamente poveri e stereotipati, c) mutismo o una tipologia di linguaggio non utilizzato a fini comunicativi, d) un buon potenziale cognitivo espresso dalla presenza di isole di abilità quali per es. un’eccellente memoria meccanica, capacità di lettura o di ricordare- riconoscere sinfonie complesse. Inoltre il “bell’aspetto” di questi bambini rende difficile ipotizzare un danno cognitivo od organico in senso più lato. A lungo pertanto, ed almeno fino alla revisione di Lotter (1966), il ritardo mentale viene escluso da questo disturbo e al contrario vengono sottolineate le eccezionali capacità di alcuni di questi bambini, abilità che rimandano ad ipotesi di strutture cerebrali integre anche se forse non “integrate” con altre componenti necessarie per un normale adattamento alla vita quotidiana. Kanner, da eccellente clinico quale era, si basa infatti sull’osservazione di questi undici soggetti, ma non può servirsi di strumenti di approfondimento neuropsicologico né di indagini mediche, per il loro scarso sviluppo all’epoca. Il suo lavoro permette tuttavia di scorporare i bambini con Autismo dal vasto e multiforme gruppo dei ritardati mentali, riconoscendo loro una dignità nosografica autonoma e caratteristiche specifiche che a tutt’oggi sono oggetto di indagine. Vari anni dopo il concetto di triade (Wing e Gould ,1979) mette in luce la presenza di vari gradi di ritardo da grave-profondo a minimo che si associano in maniera pressochè costante alle sindromi autistiche creando un continuum di quadri clinici che porta alla nuova definizione di “Spettro dei Disturbi Autistici”. Anche in questo caso la differenza è, nell’ambito di una popolazione 117 studiata, rispetto ai ritardati mentali che non presentano i segni tipici della triade: a) anomalie nell’ambito dell’interazione sociale, b)anomalie nell’ambito della comunicazione, sia verbale che non verbale, ed intesa soprattutto come intenzionalità comunicativa, c) immaginazione povera e sterotipata. Il criterio della Triade risulta in quegli anni particolarmente utile sul versante operativo, in quanto la diagnosi “Autismo” permette l’accesso a servizi specializzati sul versante riabilitativo e assistenziale. Un anno dopo (1980) l’Associazione Americana di Psichiatria include a pieno titolo l’Autismo Infantile fra le categorie diagnostiche cliniche, dandogli una dignità propria rispetto alla patologia adulta e inserendolo in uno schema multiassiale che, visti gli studi sopra, tiene conto dei problemi medici associati e del funzionamento adattivo e quindi del grado di ritardo mentale associato. Nelle successive caratterizzazioni nosografiche avverrà poi anche un cambiamento concettuale determinante, con il passaggio dall’inclusione dell’Autismo nell’ambito delle Psicosi a quello nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo che sottolinea l’esordio fin dalle prime epoche di vita e l’intreccio patologico con lo sviluppo normale al punto da pervadere tutto il funzionamento dell’individuo (DSM III-R, 1987) Dal concetto di Spettro dei Disturbi Autistici sorge naturale la distinzione fra Autistici a “basso” ed “alto” funzionamento (Q.I cutoff 70) che oltre a rivestire interesse a fini riabilitativi, concentra l’attenzione degli studiosi sulla specificità dell’approccio cognitivo dei bambini autistici, che possono risultare con un basso Q.I ma non per questo assimilabili a dei semplici ritardati mentali. A partire dagli anni ’70 si sviluppano diverse ricerche che evidenziano disfunzioni cognitive peculiari dei soggetti autistici e, oltre a diversificare il problema cognitivo rispetto al semplice ritardo mentale, ribaltano il vecchio concetto di una mancanza di motivazione, ponendo invece l’accento sulla incapacità e sulle difficoltà incontrate dal b. autistico ad eseguire un compito o a mostrare una determinata abilità poiché manca di certi prerequisiti di base (Hermelin e O’Connor, 1970). Le teorie neuropsicologiche degli anni successivi, seguendo questo filone, cercano ugualmente di rendere ragione dei deficit pragmatici, di comunicazione e sociali caratteristici dei bambini 118 autistici mettendo in causa specifiche carenze cognitive congenitamente determinate. Questo tipo di pensiero afferma inoltre il concetto che vede nella cognizione (dal termine inglese “cognition”) una facoltà mentale che permette all’individuo di adattarsi al proprio ambiente e di organizzarlo secondo i propri bisogni sulle base delle conoscenze che ha introiettato ( tramite “l’apparato cognitivo”: percezione, attenzione, memoria, etc.). E l’ambito sociale ed affettivo non possono essere disgiunti da questo processo, ma entrano a farne parte con un’integrazione continua. La mancanza di una Teoria della mente ( Baron-Cohen et al, 1985), il Deficit di Coerenza Centrale (Frith, Happè, 1994) ed il Deficit nelle Funzioni Esecutive (Ozonoff, 1995) rappresentano le teorie più accreditate per il maggior numero di studi sperimentali e verosimilmente nessuna di queste risulta predominante sulle altre ma possono concorrere ai deficit peculiari del Disturbo Autistico. Senza entrare nel dettaglio nel caso del “Deficit della Teoria della Mente” sarebbe predominante un’incapacità ad attribuire a sé e ad altri stati mentali, con conseguente difficoltà a distinguere stati mentali (desideri, credenze, immaginazione) altrui, mentre sarebbe conservata la percezione fisica del mondo esterno. I bambini Autistici possono essere pertanto considerati dei veri e propri “ Ciechi Sociali”. Nel caso del “Deficit di Coerenza Centrale” sarebbe carente la capacità di integrare informazioni differenti a differenti livelli, e non verrebbe data priorità alla comprensione del significato. Da qui discendono le difficoltà a livello di generalizzazione, di percezione e di attenzione, mentre viene incentivata la loro capacità a cogliere i dettagli, con il risultato di “percepire preferenzialmente un mondo frammentato”. Le Funzioni Esecutive controllate primariamente dal lobo frontale riguardano comportamenti quali: pianificazione degli obiettivi, il controllo degli impulsi, l’inibizione di risposte predominanti ma inappropriate, l’organizzazione nella ricerca e la flessibilità di pensiero e di azione. Il comportamento dei bambini autistici rigido ed inflessibile, la loro perseverazione su un compito, i loro interessi stereotipati e la loro difficoltà a pianificare un’azione rappresentano l’espressione di questo deficit. 119 Il dato interessante di queste ricerche risiede anche nella possibilità di indirizzare gli studi di Neuroimmagini funzionali con l’intento di localizzare una zona o un insieme di aree cerebrali funzionalmente correlate, potenzialmente in causa sul versante organico. Considerato infatti che molte capacità degli autistici rimangono intatte e alla RM Cerebrale strutturale non si osservano nella maggior parte dei casi lesioni grossolane si può ipotizzare che la causa dell’Autismo sia una disconnessione di rete( funzionale) piuttosto che una semplice lesione anatomica ( Riva, 2000). Ricollegandoci alle teorie sopramenzionate alcuni studi di Diagnostica per immagini e autoptici hanno identificato prevalentemente 4 Aree cerebrali più verosimilmente implicate nei vari deficit Funzionali (vedi tabella): Anche se tali studi non possono considerarsi esaustivi ma al contrario abbisognano di essere replicati e di conferme, gettano una prospettiva interessante sulle origini del Disturbo e al tempo stesso permettono confronti e delucidazioni sullo sviluppo normale. L’insieme di queste alterazioni funzionali concorre comunque all’individuazione di un profilo neuropsicologico con picchi in alcune abilità (visuo spaziali) rispetto alle minori capacità attinenti la sfera verbale. La peculiarità di questo funzionamento viene confermata dal 120 riscontro di queste discrepanza anche e soprattutto negli Autistici di buon livello cognitivo. Globalmente si può parlare di difetti di elaborazione sequenziale rispetto ad una buona conservazione dei processi di informazione simultanea non analitica (conseguenze dei deficit delle Funzioni Esecutive e del deficit di Coerenza Centrale?) (Lincoln et al., 1988). I bambini autistici presentano infatti limitate abilità nell’elaborazione di informazioni ordinate temporalmente e presentate in successione mentre risultano abili nell’elaborazione di informazioni di natura spaziale presentate simultaneamente (Tanguay, 1984). Un confronto interessante è quello con i bambini disfasici, dove, anche se in misura più limitata, si riscontra lo stesso tipo di deficit, riferito in particolare alla elaborazione uditiva e alla memoria uditiva ( Allen et al. 1991), mentre tale dato non risulta in maniera altrettanto evidente nei soggetti con ritardo mentale isolato. Esperienza presso L’Ambulatorio Autismo, Unità Operativa NPI, Ospedale Maggiore, Bologna All’interno di questa Struttura effettuiamo un protocollo di indagini diagnostiche che comprende una parte più specificatamente medica (laboratoristica e strumentale) ( Linee-Guida Regione Emilia-Romagna, 2003) ed una parte di testistica neuropsicologica e comportamentale con risvolti sul versante riabilitativo e progettuale in senso lato . Assessment Clinico e Neuropsicologico Per quanto riguarda il protocollo di valutazione clinica, la prima parte dell’osservazione mira all’inquadramento diagnostico mediante gli strumenti quali il DSM IV, l’ICD-10, la CARS (Childood Autism Rating Scale) di Schopler et al.,1988 e BSE (Behavioral Summarised Evalution) di Barthelemy et al., 1990. A seconda dell’età del bambino e sulla base dell’osservazione clinica si procede con una valutazione strutturata e mulitidmensionale: - del linguaggio e della comunicazione, - del livello di sviluppo cognitivo - dello sviluppo funzionale - dello sviluppo dell’integrazione visuo-motoria - dei deficit delle funzioni esecutive 121 - della metacognizione e sulla Teoria della mente - del Gioco - dell’Adattamento Sociale L’indagine clinica porta a stilare un profilo multidimensionale che permette di proporre una serie di suggerimenti psicoeducativi. Risultati Preliminari Sulla base dei dati raccolti proponiamo un analisi preliminare di alcuni aspetti cognitivi. Nell’ambito dei pz. giunti all’osservazione presso questo Ambulatorio è stato selezionato un gruppo di 12 pz. diagnosticato come affetti da DPS (età media 11aa, range 8-14aa) sui quali si è riuscita ad effettuare una scala WISC-R. Per quanto riguarda eventuali differenze significative fra QI verbale e QI di performance non abbiamo rilevato in tutti i pz. una disomogeneità, abbiamo invece riscontrato profili intellettivi peculiari con differenze significative, sul piano descrittivo, nei singoli subtest. Osservando l’andamento medio si evidenziano pertanto picchi positivi nei test di performance del Disegno con i Cubi e Ricostruzione di Oggetti e picchi negativi nei subtest verbali di Aritmetica, Comprensione e nel test di performance il Cifrario. I picchi di forza possono essere attribuiti alla capacità di questi pazienti ad organizzare percettivamente la loro produzione a partire da un trattamento dei dettagli piuttosto che del disegno completo (Deficit di Coerenza Centrale). D’altra parte, le debolezze sono evidenti in compiti, come il Cifrario e l’Aritmetica in cui si necessita l’integrità della capacità di astrazione, della memoria di lavoro (funzioni esecutive), delle abilità motorie e dell’integrazione visuo- percettiva. Il picco negativo nel subtest di Comprensione rimanda verosimilmente ad una difficoltà di comprensione di regole sociali insita in questi disturbi. Questi primi risultati appaiono in buon accordo con la letteratura poichè studi recenti dimostrano che i Disegni con i Blocchi costituiscono un punto forte tanto negli Autistici che negli Asperger e che i test in cui questi soggetti incontrano maggiori difficoltà sono l’aritmetica e i codici (Ehlers, 1997; Marjiviona e Prior, 1999). 122 Il Wisconsin Card Sorting Test (WCST) ha rappresentato un altro test somministrato nei nostri pz. con buon livello di funzionamento, dato che una delle più importanti teorie cognitive dell’autismo spiega molte delle difficoltà che incontrano i soggetti affetti da Disturbo Generalizzato dello Sviluppo come conseguenza del deficit sopramenzionato delle “funzioni esecutive”. E questo test appare classicamente utilizzato per studiare queste funzioni. Vari studi in letteratura dimostrano l’utilizzo di questo test con soggetti affetti da autismo (Rumsey, 1985; Ozonoff, Pennington e Rogers, 1991; Bennetto, Pennington, Rogers, 1996; Ozonoff e Jensen, 1999) e tutti confermano l’ipotesi di un deficit specifico nelle funzioni esecutive, riportando risultati al di sotto della norma nei soggetti autistici. Per il momento abbiamo somministrato il test ad un campione di 14 soggetti affetti da Disturbo Generalizzato dello Sviluppo. I dati non sono stati ancora analizzati da un punto di vista statistico e quindi in questa sede riportiamo solamente un caso esemplificativo: A. ha 14 anni, un QI di 83 ottenuto con le SPM test di Raven (Standard Progressive Matrices), mostra chiare anomalie qualitative dell’intersoggettività, della comunicazione e comportamenti stereotipati ed ossessivi. A. presenta abilità speciali nel calcolo dei calendari e nella musica. A. ha mostrato difficoltà nel completare il test. Su 128 prove somministrate ha risposto correttamente 46 volte, con una percentuale di errore del 64%. In particolare sono state date nel 75% dei casi delle risposte perseverative. Questi dati, confrontati con le tabelle normative ci indicano che A. si situa nel primo percentile, quindi altamente sotto la media dei soggetti della stessa età cronologica. È infatti riuscito a portare a termine solo due categorie e a dare delle “risposte di livello concettuale” in bassa percentuale (17%). D’altra parte, una volta che A. ha compreso la regola sottostante, non mostra difficoltà nel mantenere lo stesso e giusto set di risposte, piuttosto il grosso problema che si evidenzia con questo test è la tendenza a perseverare. Risultati delle indagini mediche Su due gruppi di 140 pazienti (108 M.-32 F.) affetti il primo da 123 Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS) (età media 7 anni, range 120 anni) e il secondo da Ritardo mentale (RM) semplice (età media 8 anni, range 3-18 anni) è stato effettuato un protocollo di indagini mediche ( 2000-metà 2002) che ha permesso di verificare la quota di patologie organiche associate e la presenza di anomalie EEG e/o alla Risonanza magnetica cerebrale con l’intento di confrontare le differenze fra i due gruppi. Condizioni neurologiche definite , quali: - anomalie genetiche, - encefalopatie epilettiche, - Landau-Kleffner variant, - Epilessie (parziali benigne e generalizzate) sono state ritrovate in 11 /104 pz affetti da DPS (10,6%) e in 8/28 pz. affetti da RM (28,6%). In entrambi i gruppi la quota di ritardo è medio o grave. Anomalie EEG senza Epilessia Si ritrovano nel 10,8% dei pz con DPS (tutti i tipi di ritardo, anche se ritardo medio prevalente) e nel 20% dei pz. con RM semplice (ritardo medio e grave). Anomalie alla Risonanza Magnetica cerebrale, quali: - sofferenza lieve della sost. bianca periventricolare - leucomalacia periventricolare - asimmetria e dilatazione ventricolare - cisti aracnoidea posteriore - ipoplasia dell’ippocampo - displasia corticale - Arnold-Chiari tipo1 - ritardo di mielinizzazione peritrigonale - Ipoplasia del verme cerebellare Si ritrovano in 19/104 pz con DPS (25,3%) e 13/104 pz. (59%) con RM semplice. Globalmente pertanto i fattori neurobiologici associati comprendono: - Condizioni neurologiche definite; - Anomalie all’EEG - Anomalie alla Risonanza Magnetica cerebrale e la loro percentuale risulta così ripartita: 124 DPS: RM: 34/104 17/28 32,7% 60,7% Tabella: fattori neurobiologici in relazione alle sottocategorie dei DPS Diagnosi logici Presenza di fattori neurobioassociati Autismo Atipico Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia DPS-NOS Disturbo Multisistemico dello Sviluppo Disturbo Autistico D. A. Alto Funzionamento e Asperger 80% 60% 30% 36% 29% 0% In conclusione Nel nostro campione di DPS abbiamo ritrovato una percentuale del 10,6% di patologie neurologiche definite associate che possono avere un ruolo sul versante etiologico (Encefalopatie Epilettiche, Sindromi genetiche) e tale percentuale aumenta sino al 32,7% se si considerano anche le anomalie qualitative come le anomalie all’EEG (10,8%) o alla Risonanza magnetica (25,3%). Ciò risulta in buon accordo con i dati della letteratura che riportano un 5-30% di pz. con patologia organica e fra questi un 11% di condizioni mediche con un ruolo ezilogico ( Dykens e VolKmar, 1997) Nell’ambito degli altri esami effettuati alla ricerca di disturbi dismetabolici o X fragile o Facomatosi non abbiamo ritrovato nessuna positività. Nell’ambito del RM senza anomalie qualitative abbiamo ritrovato una percentuale del 28,6% che può aumentare fino al 60,7% se si considerano anche le alterazioni all’EEG o alla Risonanza magnetica (59%). Il confronto fra le due categorie diagnostiche mette in evidenza che fattori neurobiologici si ritrovano pressocchè costantemente in soggetti con ritardo mentale medio e grave, indipendentemente dal 125 tipo di diagnosi dato anch’esso ritrovabile in letteratura (Rutter et al 1994). Se si considerano infatti le sottocategorie di DPS si ritrova la maggior parte dei fattori neurobiologici associati all’Autismo atipico e al Disturbo Disintegrativo dell’infanzia. Al contrario nella sindrome di Asperger e nell’Autismo ad Alto Funzionamento non si riscontrano segni di fattori organici associati. In questi casi come è ben descritto anche in recenti articoli sono più verosimilmente in causa alterazioni funzionali visibili tramite PET o RM funzionale. Per es. di particolare interesse appaiono le alterazioni a livello del giro fusiforme (riconoscimento dei visi) o della corteccia frontale mediale sinistra (deficit della Teoria della Mente) (Schultz, 2000 e Fletcher, 1995) che tentano correlazioni con abilità neuropsicologiche specifiche. E verosimilmente questa è la linea di ricerca da proseguire come sta a dimostrare l’ampia mole di ricerche che si sono ormai focalizzate sui soggetti autistici ad alto livello di funzionamento ed Asperger, nei quali l’assenza o il lieve ritardo mentale, meglio indirizza e chiarisce gli aspetti cognitivi e sociali peculiari di questo disturbo. 126 BIBLIOGRAFIA Allen M.H., Lincoln A.J., Kaufman A.S. (1991). Sequential and simultaneous processing abilities of high functioning autistic and language impaired children. Journal of Autism and Developmental Disorders, 21(4): 483-502. American Psychiatric Association (1987). Diagnostic and Statistical manual of mental disorders (3rd revised ed.). Washington Dc: Author. Barthelemy C., Adrien J.L., Tanguay P., Garreau B., Fermanian J., Roux S., Sauvage D., Lelord G. (1990). The behavioural summarized evaluation: validity and reliability of a scale for the assessment of autistic bahaviors. 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Scuccimarra **: INTEGRATO Centro medico-riabilitativo “Antoniano” – Ercolano, Napoli * Docente di Neuropsichiatria Infantile – Direttore scientifico del Centro ** Specialista in Neuropsichiatria Infantile – Direttore sanitario Prima di descrivere le modalità con le quali viene affrontata la presa in carico dei bambini autistici da parte del Centro medicoriabilitativo “Antoniano” di Ercolano (NA), appare opportuno illustrare brevemente i presupposti teorici ai quali si fa riferimento nell’attuazione del programma educativo-abilitativo. Gli studi condotti nell’area della patologia dello spettro autistico, ispirati dai contributi delle ricerche nell’ambito delle neuroscienze degli ultimi decenni, hanno fornito una serie consistente di dati, che, pur se non hanno portato alla precisa individuazione del nucleo patogenetico originario del disturbo, hanno tuttavia consentito l’acquisizione di conoscenze più approfondite sulle principali caratteristiche neuro-psicopatologiche della sintomatologia clinica e sui sottostanti meccanismi neurobiologici. Sulla base di tali conoscenze è stato, infatti, possibile ridefinire gli aspetti etiopatogenetici della patologia autistica, dimostrando: 1 – la natura neurobiologica del disturbo, consistente in anomalie anatomiche o biochimiche a carico del Sistema Nervoso Centrale e più specificamente delle aree frontali, medio-temporali e del cervelletto; 2 – la natura disfunzionale o neuropsicopatologica dei disturbi socio-comunicativi tipici della patologia autistica, riferibile ad una inadeguatezza dei sistemi frontali e medio-temporali, ivi compresi l’amigdala e l’ippocampo. Tra i modelli neurofisiologici, che si rifanno alle nuove concezioni patogenetiche dell’autismo, il più comprensivo è quello elaborato da Waterhouse e Coll. ( Fig.1). Tali AA. ipotizzano l’esistenza di quattro disfunzioni chiave relative a diversi sistemi neuronali sovrapposti, in virtù delle quali si possono agevolmente spiegare i principali comportamenti presenti nell’autismo; la prima disfunzione riguarda la “canalestesia” o frammentazione della processazione dell’informazione intermodale e delle memorie, 129 dovuta ad un eccessivo addensamento cellulare nel sistema ippocampale; la seconda si riferisce ad un inadeguato investimento affettivo, che funziona da rinforzo del significato dello stimolo, dipendente da anomalie dell’amigdala; la terza è rappresentata dall’asocialità ed è dovuta ad un anomalo funzionamento dei sistemi dei neuropeptidi (ossitocina, vasopressina e oppiodi endogeni) con un correlato anomalo coinvolgimento dei sistemi della serotonina; la quarta riguarda l’attenzione selettiva che comporta sia l’eccessiva focalizzazione della stessa su uno stimolo sia il suo ritardato spostamento, localizzata nelle aree associative parieto-frontali. Come risulta dallo schema le anomalie del cervelletto e del tronco cerebrale vengono considerate fattori associati ma non causali, mentre la disfunzione del lobo frontale è ritenuta conseguente agli anomali impulsi che provengono dall’amigdala, dall’ippocampo e dalla corteccia temporo-parietale. Il modello di Waterhouse e Coll. è certamente di tipo speculativo, ma ha l’indubbio vantaggio di collegare a specifiche disfunzioni in vari sistemi neurologici molte alterazioni presenti nell’autismo in modo più convincente di altre teorie. Fig. 1 - Diagramma del modello disfunzionale proposto da Waterhouse e Coll. Inoltre, nel loro complesso, le nuove conoscenze hanno 130 permesso non solo di chiarire molti aspetti patogenetici dei peculiari disturbi del funzionamento autistico, quali l’incapacità di stabilire adeguate relazione con l’altro, di comunicare in modo appropriato con i gesti ed il linguaggio, di integrare in maniera costruttiva i processi senso-percettivi e di regolare il comportamento secondo modalità flessibili e funzionali, ma anche di: - individuare ed analizzare i segni precoci del disturbo, la cui evidenziazione consente la formulazione della diagnosi già nelle prime fasi dello sviluppo; - elaborare le basi razionali per l’organizzazione di programmi di trattamento sempre più organici ed aderenti alle realtà cliniche individuali; - promuovere un importante dibattito sul nucleo originario della patologia autistica, e cioè se il deficit socio-comunicativo, che rappresenta il principale disturbo, parta originariamente da una disfunzione di tipo cognitivo, legata ad anomalie delle aree frontali, o da una disfunzione emotiva, collegata alle aree medio-temporali, comprendenti sistema libico e amigdala. Rispetto a quest’ultimo punto, che ha un’importanza fondamentale per la programmazione degli interventi, sono stati elaborati tre principali modelli interpretativi: - il modello della teoria della mente, che ipotizza l’esistenza di un sistema funzionale nelle aree frontali devoluto a facilitare la cognizione sociale, necessaria per avere consapevolezza dello stato psicologico degli altri così come del proprio pensiero. Secondo tale modello il disturbo socio-comunicativo, caratteristico dell’autismo, sarebbe dovuto ad una inadeguatezza nella funzione di facilitazione svolta da tale sistema sui processi di cognizione sociale; - il modello delle funzioni esecutive, secondo cui il disturbo socio-comunicativo non derivi dal sistema devoluto alla cognizione sociale, come viene ritenuto dalla teoria della mente, bensì da una inadeguatezza dei processi frontali che hanno il compito di selezionare le azioni più appropriate all’obiettivo tra una gamma di azioni potenziali, più o meno idonee; - il modello dell’orientamento sociale, che sviluppa l’ipotesi secondo la quale le manifestazioni precoci del disturbo sociocomunicativo siano da mettere in relazione non ad una 131 inadeguatezza dei meccanismi cognitivi, ma ad una disfunzione dei sistemi di motivazione neuro-affettiva mediati dal lobo temporale, il cui funzionamento nell’ontogenesi dello sviluppo umano precede quello della processazione dell’informazione di natura cognitiva. Ciascun dei tre modelli, come si può rilevare, fornisce una valida, anche se diversa, prospettiva interpretativa della natura dell’autismo e più in generale dell’acquisizione dell’abilità sociocomunicativa, mentre tutti e tre considerati in una visione complessiva, con le loro somiglianze e le loro differenze, inducono a ritenere che i processi neurologici collegati al disturbo possono sostanzialmente servire da supporto a funzioni differenti nei diversi stadi dello sviluppo autistico. Dal momento che non è stato chiarito con precisione il meccanismo iniziale, che innesca il processo autistico, il trattamento dei soggetti con tale patologia non può che basarsi su ciò che è chiaramente osservabile, vale a dire sulle limitazioni riscontrabili in aree critiche del funzionamento neuropsichico, quali quelle dell’interazione, del linguaggio, della pianificazione e del sequenziamento motorio, nonché della modulazione del comportamento. I vari programmi di intervento sono, pertanto, strutturati in modo da sviluppare una serie di strategie finalizzate a “massimalizzare” le principali abilità di base, rappresentate dalle capacità di: - attenzione congiunta o condivisa, che consiste nella reciproca capacità di prestare interesse agli stimoli ed alle sensazioni del mondo e comprende l’attenzione alle esperienze affettive multisensoriali e l’attitudine a regolare il comportamento nei confronti delle esperienze e provarne piacere; - contatto, che è la capacità di mettersi in relazione con gli altri, di evidenziare preferenze affettive, di prendere piacere nello stare con le persone; - reciprocità affettiva con comunicazione non verbale, che è la capacità di stabilire reciproche comunicazioni attraverso lo sguardo, la mimica ed i gesti, e di sviluppare processi di imitazione e risposte comunicative presimboliche; - comunicazione complessa presimbolica aperta al sociale, che 132 è la capacità di organizzare condotte motorie e/o modalità comunicative in una sequenza finalizzata alla soluzione di un problema; - utilizzazione simbolica e creativa delle idee, che consiste nell’abilità a sviluppare rappresentazioni mentali (simbolizzazione) ed esperienze affettive attraverso il gioco simbolico e il linguaggio ed è espressione della capacità di elaborare processi elevati di sequenziamento uditivo e verbale; - associazione logica delle idee, che rappresenta la capacità di sviluppare pensieri e di mantenerli aderenti alla realtà (categorie rappresentazionali). L’acquisizione e l’utilizzazione di tali abilità sono, infatti, fondamentali per la costruzione delle precoci interazioni emotive che, a loro volta, costituiscono la base dello sviluppo cognitivo, del sentimento di sé, e più in generale dell’apprendimento delle abilità strumentali e sociali. Tutti i principali programmi di intervento proposti per il trattamento della patologia autistica, nonostante facciano riferimento a modelli teorici differenti e facciano ricorso a metodologie applicative diverse, presentano numerosi aspetti comuni relativamente a: - i contenuti del curricolo, che pongono l’enfasi sullo sviluppo di abilità di base quali le capacità di a) prestare attenzione all’ambiente ed in particolare allo stimolo sociale, b) imitare gli altri, c) comprendere ed utilizzare il linguaggio, d) fare giochi appropriati con i giocattoli, e) avere interazioni sociali con gli altri; - il contesto di insegnamento altamente strutturato, nel quale favorire l’acquisizione delle varie abilità nella prospettiva di attuare poi strategie di generalizzazione delle stesse nell’ambiente naturale del bambino; - la prevedibilità delle routines quotidiane,che ha l’effetto di evitare le crisi di ansia nei confronti del cambiamento; - l’approccio funzionale ai problemi comportamentali, che prevede a) registrazioni video delle situazioni in cui si manifestano, b) l’analisi della funzione che essi hanno nell’economia del soggetto, c) l’individuazione delle modificazioni ambientali necessarie, d) l’insegnamento di comportamenti sostitutivi più appropriati; - la programmazione dell’inserimento scolastico,che serve a 133 garantire la coerenza dell’intervento psico-educativo; - il coinvolgimento della famiglia, che rappresenta una componente fondamentale del programma educativo-abilitativo. In accordo con tale impostazione, qualsiasi programma di trattamento, che si rispetti, deve, in relazione alla complessità delle peculiari manifestazioni dell’autismo ed alla loro modificazione nel corso dello sviluppo, nonché alle rilevanti implicazioni, che esse comportano nell’ambiente di vita di tali soggetti, prevedere che la presa in carico sia, non solo precoce, ma anche: - comprensiva, nel senso che essa deve “prendersi cura” sia del soggetto che del suo ambiente significativo di vita; - estensiva, vale a dire che deve essere programmata in una prospettiva longitudinale per tutto l’arco della vita; - flessibile, nel senso che deve essere adattata continuamente alle caratteristiche individuali del soggetto ed al suo livello funzionale. In accordo con i presupposti teorici prima esposti, le modalità di realizzazione della presa in carico da parte del Centro medicoabilitativo “Antoniano”, prevedono interventi organici e sequenziali attuati secondo una prospettiva evolutiva, che tiene conto dei processi tipici dell’organizzazione dello sviluppo neuropsichico e delle caratteristiche del contesto socio-ambientale. I vari interventi vengono, pertanto, programmati e sviluppati in tre principali momenti educativo-abilitativi, abbastanza definiti sulla base dei livelli funzionali e dei bisogni del soggetto e sulla base della tipologia degli obiettivi: il periodo prescolare, il periodo scolare, il periodo adolescenziale. La presa in carico avviene o su segnalazione delle strutture sanitarie del territorio, che effettuano la diagnosi e prescrivono il trattamento, o direttamente su proposta dell’équipe del Centro che ha esaminato il soggetto su richiesta della famiglia o della scuola presso l’ambulatorio diagnostico funzionante nella struttura. L’età della presa in carico si è sempre più abbassata negli ultimi anni sia in relazione all’affinamento delle competenze diagnostiche delle strutture specialistiche sia in relazione alla maggiore consapevolezza ed attenzione con le quali genitori ed insegnanti si 134 pongono nei confronti di eventuali problemi comportamentali del bambino. Al momento dell’ammissione vengono effettuate approfondite indagini relative sia del soggetto con esami di ordine neuropsichiatrico, osservazioni psicologiche, amministrazione di reattivi mentali, valutazioni comportamentali, sia dell’ambiente di riferimento (famiglia, scuola, contesto sociale). In base ai dati rilevati, viene, poi, formulato in équipe un piano di trattamento individualizzato, che comprende: a) la precisazione degli obiettivi, b) la descrizione delle strategie operative, c) l’indicazione degli strumenti di misurazione dei risultati, d) l’individuazione dei tecnici coinvolti, e) la programmazione della successiva verifica. Dopo tali operazioni viene, quindi, avviato il programma di trattamento che prevede l’effettuazione di interventi finalizzati a favorire lo sviluppo delle abilità di base attraverso un approccio evolutivo che, con una visione globale del soggetto e del suo ambiente di vita, enfatizza la interazione, considerata il collante di connessione con il mondo circostante ed il principale fattore in grado di mediare l’acquisizione delle competenze cognitive e del sentimento di sé e più in generale l’apprendimento strumentale e sociale. Nel periodo prescolare, che corrisponde all’intervento precoce, il trattamento ha tre fondamentali obiettivi, che costituiscono la premessa di tutti gli interventi successivi: 1 – stabilire gradualmente un rapporto significativo col bambino; 2 – favorire lo sviluppo delle fondamentali abilità di base, quali la condivisione dell’attenzione, il contatto affettivo, la comunicazione gestuale e verbale, l’interazione finalizzata alla soluzione di problemi, l’utilizzazione intenzionale e significativa degli oggetti e delle idee, la costruzione di connessioni logiche tra le idee; 3 – contenere i disturbi comportamentali, quali le crisi di agitazione, la tendenza a non collaborare, l’aggressività, che possono interferire in modo massivo sui processi di interazione. Durante tale periodo, la presa in carico prevede interventi rivolti sia al bambino, che viene seguito presso il Centro in sedute della durata di 60 minuti per 3 – 4 volte la settimana, sia alla famiglia ed 135 alla scuola, che devono gestire il processo evolutivo all’interno delle fondamentali esperienze familiari e scolastiche. Nei confronti dei bambini vengono proposte prevalentemente attività piacevoli di tipo psicomotorio, che hanno le caratteristiche di privilegiare con la mediazione del corpo e del suo funzionamento senso-motorio (sensazioni, tono muscolare, attività motoria) le forme più arcaiche di interazione tra individuo ed ambiente al fine di far vivere, attraverso il piacere della condivisione, esperienze strutturanti in contesti nei quali il terapista si colloca nei confronti del bambino con un’attitudine gratificante ed al tempo stesso “regolatrice. L’intervento prevede la suddivisione della seduta in due fasi, che comprendono contesti spaziali e proposte ben caratterizzati, anche se tra loro strettamente interconnessi. La prima fase ha lo scopo di favorire la spontanea espressione dell’attività motoria del bambino per trasformarla poi in azione e quindi in interazione, attraverso l’intensa attivazione emotiva della reciprocità corporea; la seconda serve a favorire l’interiorizzazione delle esperienze ed il controllo del comportamento e delle azioni. Nella prima fase, dal momento che per il bambino autistico l’uso del movimento e della sensorialità non è aperto all’esplorazione, all’adattamento ed alla comunicazione con l’ambiente, si cerca di determinare un’intensa attivazione senso-motoria centrata sul corpo e sul movimento attraverso la contestualizzazione dell’attività durante la quale i segnali che il bambino invia vengono decifrati, evidenziati e, talvolta, amplificati allo scopo di trasformarli in azioni significative. Questa fase che si colloca nella dimensione del giocare e del rigiocare conduce verso l’intimità con l’altro e costituisce l’essenza stessa della condivisione. A tale fase è collegata, contrariamente a quanto comunemente si ritiene, la ricerca da parte del bambino autistico, di contatti forti, che inducono sensazioni di benessere, fanno sentire la presenza dell’altro e rendono il bambino più ricettivo a giochi di interazione visiva. Il passaggio alla seconda fase delle sedute, che è quella del distanziamento, è molto delicato in quanto richiede l’utilizzazione di un altro spazio e l’obbligo da parte del bambino di mantenere la posizione seduta. Tale dispositivo spazio-temporale e la modifi136 cazione delle posture consentono via via l’adattamento alla nuova situazione nella quale le acquisizioni da raggiungere saranno in primo luogo la capacità di controllare e modificare il comportamento e poi quelle di usare il materiale in modo sempre più adeguato per costruire, assemblare e pianificare. Le attività psicomotorie, spontanee o guidate, in ogni caso, sono associate anche a modalità comunicative gestuali e verbali ed a proposte di soluzione di problemi, nella prospettiva di favorirne l’acquisizione e la loro utilizzazione in modo sempre più autonomo. Nel loro complesso tali attività mirano a - promuovere un’attenzione viva e concentrata; - migliorare la padronanza delle competenze senso-motorie evolutive; - attivare intenzionalità, motivazione, curiosità e condotte esplorative; - facilitare l’iniziativa e lo sviluppo delle capacità di soluzione dei problemi; - ampliare il repertorio dell’interazione; - stimolare i processi di attaccamento affettivo; - migliorare la flessibilità e la gamma delle capacità interattive. Nei confronti dell’ambiente familiare e scolastico vengono attuati programmi di intervento che prevedono un supporto sistematico di tipo informativo e formativo, necessario per far fronte alla complessa problematica educativa del bambino autistico e creare il clima di collaborazione necessario per l’attuazione del trattamento. In particolare, lo scopo del lavoro con i genitori è finalizzato a: - sviluppare una migliore conoscenza dei segnali e delle intenzioni del bambino; - promuovere atteggiamenti di maggiore sensibilità ed attenzione al bambino per poter assumere nei suoi confronti un ruolo stimolante nell’interazione; - sviluppare il senso di competenza genitoriale e la capacità di proporsi come “facilitatore”, piuttosto che come “artefice” delle attività del bambino; - far acquisire sentimenti di soddisfazione dei propri intimi bisogni di controllo e provare piacere a stare con il bambino; 137 - modificare le immagini interne di sé e del figlio in quelle di genitore e bambino competenti. Nel periodo successivo, comprendente l’età di frequenza della scuola dell’obbligo, in relazione all’evoluzione del quadro clinico e dei bisogni del bambino, il trattamento viene attuato per tempi più prolungati (2-3 ore al giorno per 3 volte a settimana) al fine di offrire, in contesti adeguatamente strutturati, sistematiche e variate opportunità, finalizzate a: - favorire l’acquisizione di comportamenti sociali, attivando processi di imitazione e di apprendimento osservativo, con proposte di giochi sociali e di attività di gruppo, che consentono l’espressione degli stati emotivi e l’esplicazione di comportamenti organizzati e finalizzati (terapia occupazionale, attività ricreative); - implementare le competenze comunicative attraverso l’espansione del linguaggio verbale di comprensione e di espressione o attraverso la promozione di altre forme di linguaggio (Terapia logopedica, Comunicazione aumentativa alternativa). Parallelamente viene continuato l’intervento sull’ambiente per: - la prosecuzione del training educativo familiare, l’attuazione di consultazioni relative ai vari problemi emotivi emergenti e/o di supporto psicologico nei casi in cui siano presenti rilevanti problematiche di tipo individuale o familiare; - il mantenimento di collegamenti con la scuola sia per un supporto tecnico focalizzato sui processi di apprendimento e di socializzazione sia per uno scambio di informazioni finalizzate alla coerenza del trattamento (sevizio sociale o altre figure professionali in relazione ai vari bisogni). A conclusione della frequenza scolastica, il trattamento viene organizzato in regime semiconvittuale con la permanenza del soggetto presso il Centro per almeno 5 ore al giorno. Il trattamento è organizzato in contesti ambientali con spazi specificamente attrezzati e con programmi altamente strutturati sia per quanto riguarda la tipologia che la successione delle attività; esso è finalizzato a: - implementare le abilità nell’area della comunicazione e della socialità; 138 - ampliare e potenziare le capacità nell’area delle autonomie personali; - promuovere esperienze variate nell’area delle attività ricreative e sociali; - sviluppare competenze di tipo lavorativo. Nel corso della presa in carico, che ha come fondamento l’approccio evolutivo basato sull’interazione e le differenze individuali, i programmi prevedono interventi a diversa caratterizzazione a seconda dei livelli funzionali del soggetto e degli obiettivi perseguiti, con modalità altamente strutturate e coerenti. Nel periodo iniziale, il trattamento spesso deve essere organizzato dal primo gradino della progressione evolutiva, che è quello di favorire l’acquisizione delle abilità di focalizzare l’attenzione su un oggetto o un evento (capacità di attenzione condivisa), di stabilire rapporti con l’ambiente circostante (capacità di contatto), di sviluppare una comunicazione reciproca per creare esperienze interattive (capacità di reciprocità affettiva e di comunicazione), necessarie per l’elaborazione del sentimento di sé e per lo sviluppo di competenze cognitive e sociali più elevate. Nell’intervento vengono effettuate prevalentemente proposte di tipo psicomotorio, che, come si è detto, attraverso la mediazione del corpo ed il suo funzionamento senso-motorio (sensazioni, tono muscolare, comportamento motorio, azioni, ecc.), privilegiano le forme più arcaiche di interazione tra individuo ed ambiente e fanno vivere, attraverso il piacere senso-motorio, esperienze strutturanti indispensabili alla costruzione della mente. Nei periodi successivi, dando sempre primaria importanza all’interazione, le attività sono orientate prevalentemente all’acquisizione di comportamenti adattivi e di competenze comunicative e cognitive; esse vengono attuate con strategie comportamentali e cognitive, opportunamente integrate, dando la preferenza alle une o alle altre a secondo dei livelli funzionali raggiunti dal soggetto dopo il primo periodo di trattamento. L’esperienza, finora realizzata, ha mostrato, sulla base dei risultati ottenuti, che un programma organico ed integrato, - nel quale possano trovare posto pratiche terapeutiche anche diverse, purché tra loro coerenti, al di fuori degli schemi dogmatici, e nel 139 quale venga rispettata la progressione dello sviluppo e dei bisogni individuali della persona, - sia in grado di produrre consistenti effetti positivi sulla qualità di vita dei soggetti autistici e delle loro famiglie. I risultati ottenuti sono stati tanto più soddisfacenti quanto più precocemente era stato iniziato l’intervento educativo-abilitativo e quanto più adeguata era stata la collaborazione fornita dalla famiglia e dalla scuola. Quest’ultimo aspetto conferma, se ce ne fosse bisogno, che un programma strutturato di interventi centrati sulla globalità e specificità del bambino e del suo ambiente sono in grado di produrre risultati molto importanti quando riescono ad integrare tutte le risorse (mediche, educative, sociali) disponibili in modo da ridurre l’entità dello stress emotivo familiare, evitare l’innesco degli effetti a cascata del disturbo iniziale, realizzare, per quanto è possibile, un contesto socio-ambientale globalmente terapeutico e, come tale, favorevole allo sviluppo di interazioni stimolanti. 140 BIBLIOGRAFIA Bachevalier J.: Medial temporal lobe structures and autism: A review of clinical and experimental findings. Neuropsychol., 32, 627-648,1994. Baranek GT.: Autism during infancy. A retrospective video analysis of sensorymotor and social behaviors at 9-12 months of age. J. Autism Dev. 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Cuzzolin Ed., Napoli, 1999 Zappella M.: I criteri diagnostici per l’intervento precoce, in Vertucci P. e Coll.: Ed.Centro Studi Horizon, Napoli, 1996 142 " LA VALUTAZIONE PSICOPATOLOGICA DELLO SVILUPPO COGNITIVO E SOCIO-EMOZIONALE DEI BAMBINI CON AUTISMO E RITARDO MENTALE ". Romuald BLANC - Service Universitaire d’Explorations Fonctionnelles et Neurophysiologie en Pédopsychiatrie, CHU Bretonneau et INSERM 316, 2 Boulevard Tonnellé, 37000 Tours (France) - Université René Descartes - La Sorbonne (Paris 5), Institut de Psychologie, 71, avenue Edouard Vaillant 92100 Boulogne (France). Jean-Louis ADRIEN - Université René Descartes-La Sorbonne (Paris 5), Institut de Psychologie, 71, avenue Edouard Vaillant 92100 Boulogne (France). Eric THIEBAUT - Editions d’Applications Psychologiques, 95, boulevard Sébastopol 75002 Paris (France) Catherine BARTHELEMY - Service Universitaire d’Explorations Fonctionnelles et Neurophysiologie en Pédopsychiatrie, CHU Bretonneau et INSERM 316, 2 Boulevard Tonnellé, 37000 Tours (France) Questo lavoro riguarda la costruzione e la validazione di un nuovo strumento di valutazione dello sviluppo cognitivo e socioemozionale, la Batteria di valutazione cognitiva e sociale (BECS). L’obiettivo principale è l’adattamento specifico all’esplorazione della psicopatologia dello sviluppo dei bambini autistici e con ritardo mentale. In pratica, la ricerca si suddivide in 3 tempi distinti : -1- La costruzione de la BECS sulla base dei 3 modelli teorici (piagettiano, neopiagettiano e psicodinamico). La BECS è strutturata da 16 capacità (interazione sociale, rigolazione del comportamento, imitazione, linguaggio, giocco simbolico, attenzione condivisa, permanenza dell’ oggetto…) ed è caratterizzata da 110 items organizzati gerarchicamente in 4 livelli di sviluppo cognitivo, communicativo, relazionale ed emozionale del giovane bambino. -2- La valutazione di 100 bambini autistici con ritardo mentale da 3 ai 10 anni. -3- La validità ottenuta da analisi e trattamenti statistici per esaminare le qualità metrelogiche dello strumento (fedeltà, sensibilità, specificità, validità) e effetuare una prima standardiz143 zazione dello sviluppo. I risultati mostrano da un lato, la pertinenza delle varie aree cliniche e dello sviluppo esaminato e dall’altro, l’efficienza dello strumento per un ‘analisi dettagliata e differenziata dei profili e degli itinerari dello sviluppo dei bambini. Qui sono presentati vari casi clinici di bambini autistici con ritardo mentale ospedalizzati, di profili di sviluppo e ad evoluzioni diverse. 144 “CALIMERO E L’AMICO SPECIALE” UNA FAVOLA PER SENSIBILIZZARE E FAVORIRE L’INTEGRAZIONE DEI BAMBINI AUTISTICI. Dr. IPPOLITO Giovanni V. Presidente Associazione “IL CIRENEO” (ONLUS) Il titolo di questa favola è “Calimero e l’amico speciale”. Quanti bambini hanno un amico “speciale”, un amico autistico? Quanti bimbi autistici hanno amici? D’altronde, come dice il prof. Militerni (neuropsichiatra infantile) che ha gentilmente offerto, per la favola, il suo contributo introduttivo, “l’autismo infantile è una sindrome comportamentale complessa, caratterizzata da una marcata compromissione dell’interazione e della comunicazione sociale...l’elemento caratterizzante, che sembra accomunare bambini apparentemente così diversi, è rappresentato da una modalità atipica di percepire la realtà; una modalità che porta alla costruzione di un mondo interno scarsamente congruente con il mondo esterno. Ne deriva che il bambino con autismo sembra muoversi, agire ed interagire in rapporto a bisogni, motivazioni ed interessi scarsamente coincidenti con i bisogni, le motivazioni e gli interessi propri del gruppo a cui appartiene.” Come si fa allora ad essere amici a qualcuno diverso da noi, se poi questo qualcuno ha per suo conto una diffusa difficoltà a sviluppare relazioni sociali? Dopo tutto è quello che si chiedono anche i personaggi della storia quando incontrano e conoscono un bimbo autistico. Noi abbiamo cercato di dare una risposta a questa domanda. Ma realizzando questo racconto didattico, noi autori, non ci siamo posti solo il problema legato alla partecipazione sociale del bambino autistico.Il progetto legato alla favola è molto più ampio, ma prima di tutto è un progetto d’amore. Con questa favola, abbiamo voluto provare a bussare alla porta del cuore di ogni essere umano, piccolo o grande che sia, perché crediamo che ci sia un’energia nella volontà d’amare capace di sciogliere le resistenze del dolore, capace di creare il ponte della comunicazione, oltre ogni limite patologico. Ho cominciato ad occuparmi di autismo nel ’90 quando, 145 nell’ambito di un’attività che effettuavo in favore di persone disabili incontrai un bimbo autistico. Mi sono accorto che dietro quell’apparente desiderio di isolamento c’era un bambino sensibile che amava e a cui piaceva stare con gli altri. Ho capito che dietro quegli atteggiamenti bizzarri e stereotipati c’era un forte desiderio di comunicare e sono questi i messaggi fondamentali del racconto. Dopo di lui molti altri bimbi autistici ho incontrato e ho compreso che più imparavo a conoscerli, anche attraverso gli studi, più riuscivo ad amarli e più riuscivo ad amarli e più riuscivo ad entrare nel loro mondo. Calimero infatti dirà nel racconto “per aiutarli dobbiamo imparare ad amarli, ma per farlo dobbiamo conoscerli”. Tutti gli interventi e le strategie per migliorare la vita dei bambini autistici mirano a educarli per insegnargli ad interagire e agire nella nostra realtà. Noi con questa favola abbiamo voluto una volta tanto stravolgere questo concetto di base, abbiamo deciso di intervenire, non sul bimbo autistico ma su chi poi, immediatamente dopo la famiglia, deve accogliere il bambino: sui compagni di scuola. La favola dunque, mira soprattutto a sensibilizzare i coetanei che hanno un ruolo importante nel processo di crescita sociale del bambino autistico. In particolare, la partecipazione scolastica dei soggetti autistici, se ben integrati, può rappresentare una esperienza particolarmente proficua. Non ci poteva essere strumento più adeguato, per raggiungere i cuori e le menti dei bambini, di una favola che ha in se una potenzialità didattica e pedagogica tale da poter diventare il substrato per un intervento di socializzazione. Abbiamo cercato, come dice il Prof. Schettini (pedagogista), che ha arricchito la favola con un suo professionale contributo, di rappresentare fra le pieghe dei vari dialoghi il quadro clinico, tuttavia senza ancorarci a considerazioni moraleggianti e pietistiche che ordinariamente accompagnano e fanno sfondo a situazioni in cui l’incontro con chi è diverso genera sentimenti di incomprensione, disagio, angoscia, evitamento, almeno fino a quando non ci è svelato il mistero che accompagna la diversità. Il piano dello svelamento è graduale e progressivo lungo tutto il racconto, si muove costantemente su un duplice livello, quello legato alla storia, ai personaggi e quello legato al lettore, bambino 146 o adulto che sia, per realizzare lo scopo, tutto pedagogico, di un duplice accostamento: alla problematica autistica e ai sentimenti che accompagnano i personaggi per una positiva identificazione da parte del lettore; tutto il racconto procede su un duplice livello: l’esperienza e la comprensione di essa. I dialoghi fra i vari personaggi introducono sulla scena, poco per volta , la sindrome autistica presente in due dei personaggi della storia. Il primo incontro dei coetanei con la bimba autistica, con la diversità ancora incomprensibile, produce un break, quasi un’incapacità a reagire all’impatto che lascia spazio all’introspezione e che avvia un nuovo modo di pensare e di percepirsi rispetto alla diversità dell’altro. Nel testo, non ci siamo posti il problema della insorgenza della sindrome, né quello della definizione diagnostica, né tantomeno dell’intervento specialistico, quanto di quello educativo e cioè di accostare due mondi altrimenti destinati a non comprendersi. Questo fare educativo, come dice Schettini, attraversa tutta la storia e intreccia costantemente la dimensione cognitiva e quella emozionale. Il racconto si gioca tutto all’interno di una dinamica relazionale fra Calimero e gli amici, fra il gruppo di amici e i soggetti individuati come autistici. Nel racconto stimoliamo i compagni di scuola a diventare compagni di vita, coinvolgendo il loro amico “speciale” nelle attività extrascolastiche di ognuno di loro, infatti le lezioni di musica, le attività sportive citate anche nel racconto possono essere considerate come ambienti strutturanti in cui le regole del fare non sono coercitive e fredde, ma sono accompagnate dalla coerenza delle persone che hanno la responsabilità formativa e, quindi esprimono uno stile di gestione del rapporto lineare e coerente, la cui prevedibilità fornisce una risposta adeguata all’angosciante richiesta di ordine e stabilità che proviene dai soggetti autistici. Questo approccio, cosiddetto ambientalistico, è altamente efficace quando si avvale di un clima relazionale positivo come è descritto anche nel testo. Infatti instaurare una buona relazione è un prerequisito importante per lavorare con successo con un bambino autistico. Il racconto ci è servito, attraverso alcune battute, a denunciare 147 anche la situazione delle famiglie che hanno bisogno ora e dopo, di tutto il nostro sostegno, per affrontare nell’immediatezza e negli anni a venire con più serenità la vita di tutti i giorni, con la certezza che in futuro ci sarà chi sarà in grado di accudire i loro figli con lo stesso amore della famiglia d’origine.Calimero è il personaggio trainante della storia, è un leader autorevole del gruppo dei pari. Il suo amico speciale gli consente di evolvere personalmente in conoscenza e competenza permettendogli di promuovere anche l’interesse dei coetanei verso gli amici svantaggiati. In questa linea la storia ha certamente una sua valenza educativa. Tuttavia questo insegnamento non è proponibile senza la partecipazione attiva dell’adulto, per questo abbiamo pensato a delle proposte didattiche ad uso degli insegnanti che vi voglio mostrare insieme ad un lavoro molto bello eseguito in una scuola di Napoli...(Power Point) 148 LE POSIZIONI DI AUTISME EUROPE Donata Vivanti Presidente Autisme Europe Presidente Autismo Italia-onlus Questo mio intervento è dedicato alla qualità come garanzia per le persone con autismo del diritto all’educazione e alla salute. Il tempo e le occasioni perse di perseguire pazientemente obiettivi realistici attraverso una presa in carico che non promette miracoli, ma la cui utilità ha potuto essere dimostrata attraverso studi rigorosi, privano le persone con autismo dell’opportunità di raggiungere, nella vita adulta, l’ indipendenza o almeno una condizione dignitosa. Il distacco fra presa in carico e evidenze scientifiche, fra operatività e ricerca, peggiorano la mancanza di condizione di handicap e condannano le persone con autismo ad una inutile dipendenza per tutta la vita. Le posizioni di Autisme Europe e Autismo Italia , condivise da eminenti organizzazioni scientifiche internazionali, hanno lo scopo di orientare le scelte delle famiglie e di gettare un ponte fra il mondo della disabilità e della ricerca. Grazie alla chiarezza dei propri orientamenti Autisme Europe è stata inoltre coinvolta nel progetto internazionale “Kaspar” per la promozione della ricerca di qualità. LE POSIZIONI UFFICIALI DI AUTISME EUROPE* E AUTISMO ITALIA • AUTISME EUROPE è una rete europea che riunisce circa 80 associazioni di genitori di persone con autismo in 31 paesi, fra cui i 14 stati membri dell’UE. Il suo obiettivo primario è la promozione e la difesa dei diritti delle persone autistiche e delle loro famiglie e il miglioramento della loro qualità di vita. Autisme Europe è membro fondatore della Piattaforma delle ONG Sociali Europee e del Forum Europeo per la Disabilità 1) LE NECESSITA’ DELLE PERSONE CON AUTISMO E DELLE FAMIGLIE 149 POSIZIONE UFFICIALE DI AUTISME EUROPE, ADOTTATA DA AUTISMO ITALIA E DALLA IACAPAP (INTERNATIONAL ASSOCIATION OF CHILD AND ADOLESCENT PSYCHIATRY AND ALLIED PROFESSIONS) NEL MAGGIO 2001 PREMESSE L’Autismo è un disturbo cronico dello sviluppo, che si manifesta in un range di gravità da moderato a severo, ma che in ogni caso comporta per le persone che ne soffrono una disabilità significativa per tutto l’arco dell’esistenza. Aiutare le persone affette da autismo e le loro famiglie richiede un particolare impegno da parte dei servizi sociali e sanitari. 1 - L’ autismo è diverso da ogni altra disabilità, e le caratteristiche stesse dell’autismo causano una ulteriore condizione di stress per i genitori e rendono estremamente problematica la vita di tutta la famiglia. Le famiglie lasciate sole ad affrontare il difficile compito di allevare un bambino affetto da autismo vanno ben presto incontro alla disperazione ed allo sfinimento causati dagli equivoci sulla natura dell’autismo, dalla scarsa disponibilità di servizi specializzati e soprattutto dall’impossibilità di programmare il futuro del bambino. 2 – Inoltre l’autismo perdura per tutta la vita. Ne consegue che le persone affette da autismo hanno bisogno per tutta l’esistenza di protezione e di livelli differenziati di aiuto, di una continuità di servizi specializzati e di opportunità di vita adulta indipendente dalla famiglia. A – NECESSITA’ SPECIFICHE LEGATE ALLE CARATTERISTICHE DELL’AUTISMO 150 DISTURBO DELL’ INTERAZIONE SOCIALE Vera o apparente che sia, l'indifferenza del bambino autistico verso i familiari che già hanno investito amore e dedizione nel loro piccolo apparentemente perfetto costituisce precocemente una vera tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati da un bambino che non corrisponde i loro sentimenti e che tuttavia non possono nè vogliono abbandonare a se stesso. Il senso di responsabilità verso la loro creatura che capiscono indifesa di fronte al mondo e di cui ben presto intuiscono la sofferenza li sprona a cercare in tutti i modi di aiutarla, senza riuscire a tradurne l'attaccamento in partecipazione emotiva alla vita di famiglia o in apprendimento. DISTURBO DELLA COMUNICAZIONE I genitori si accorgono ben presto dei problemi di comunicazione del bambino, ma spesso cercano di placare la propria angoscia aggrappandosi come ad un’ancora di salvezza alle parole di consolazione di amici e parenti, e talvolta perfino di professionisti incompetenti (“ Ogni bambino ha i suoi tempi di crescita… Non c’è nulla che non va in lui, siete voi genitori che siete troppo ansiosi, e che avreste bisogno di cure …). Ma gli insuccessi educativi li snervano e avvelenano i rapporti familiari. PROBLEMI DI COMPORTAMENTO La convivenza con un bambino affetto da autismo è difficile, e la vita familiare è ben presto sconvolta dai problemi di comportamento, soprattutto in presenza di comportamenti di auto o etero aggressività . Spesso ai problemi di comportamento tipici dell’autismo si aggiungono iperattività e disturbi del sonno e dell’alimentazione Per la famiglia le vacanze non esistono, ammalarsi è un lusso, riposarsi impossibile: la fatica è massacrante, i rapporti familiari ne sono ben presto sconvolti, e gli altri figli vengono forzatamente o si sentono trascurati. La famiglia vive in una situazione di stress cronico che mette a dura prova la capacità di resistenza dei genitori e spesso porta 151 alla discordia e al divorzio, lasciando a uno solo dei due, di solito la madre, tutto il carico di una famiglia uniparentale, con le difficoltà in più che questa situazione comporta. ISOLAMENTO Inoltre le famiglie devono spesso far fronte ai giudizi, alle critiche e all’insofferenza di vicini, amici e parenti, della cui solidarietà e del cui aiuto avrebbero invece disperatamente bisogno. La paura e l’angoscia generate dai comportamenti insoliti e bizzarri della persona con autismo, la vergogna di essere considerati dei genitori inetti e il senso di inadeguatezza possono spingere i genitori a rinchiudersi fra le pareti domestiche con il bambino e a rinunciare al proprio ruolo educativo, abbandonando così il bambino al caos e trascinando tutta la famiglia in una situazione di isolamento sociale Gli effetti dell’incomprensione sociale sono ancora più devastanti qualora il bambino venga respinto dalle istituzioni scolastiche o sanitarie a causa del suo comportamento difficile o della mancanza di servizi specializzati. In effetti, a troppi bambini con autismo viene ad oggi negato il diritto di sviluppare le proprie potenzialità, e i genitori troppo spesso sono costretti a mendicare come un favore ciò che per gli altri bambini è un diritto acquisito. La madre è spesso costretta a lasciare il proprio lavoro a causa della mancanza di assistenza qualificata, e rischia di ritrovarsi ben presto imprigionata in una relazione esclusiva con il bambino. Ma l’amore e la sollecitudine dei genitori più affettuosi non bastano, e non possono autorizzare a privare il bambino del diritto ad un trattamento adeguato al di fuori della famiglia. INCERTEZZA PER IL FUTURO Troppi bambini e adolescenti con autismo sono ancora esclusi dal mondo dell’educazione, anche dell’ educazione specializzata, e non possono contare su alcuna forma di assistenza al di fuori delle cure parentali. Le conseguenze della mancanza di un sostegno adeguato peggiorano con l’avvento dell’adolescenza e dell’età adulta. 152 L’assenza di prospettive adeguate di una vita adulta dignitosa può ben presto trasformare lo stress della famiglia in disperazione, e non esiste genitore di persona autistica che non si sia augurato di sopravvivere al proprio figlio, per non doverlo abbandonare ad un futuro di emarginazione. Questi sentimenti non fanno che incrementare il senso di colpa e di impotenza delle famiglie, e nel caso in cui i genitori vengano lasciati soli senza il supporto di servizi specializzati possono comportare in casi estremi dei rischi per la vita stessa della persona con autismo. B - SUPPORTI SPECIFICI NECESSARI PIANIFICAZIONE E COORDINAMENTO DEI SERVIZI Nessuna persona con autismo dovrebbe essere privata della libertà di sviluppare le capacità indispensabili a condurre una vita indipendente nei limiti delle proprie possibilità. Il futuro delle persone con autismo dipende più dal livello di consapevolezza di genitori e professionisti, dall’adattamento dell’ambiente e dalla disponibilità di servizi specializzati che dalla gravità individuale della disabilità. La conseguenza logica è la necessità di una collaborazione fra servizi, istituzioni e famiglie, e un programma politico per l’autismo, che preveda la creazione di una continuità di aiuti e servizi per tutto l’arco dell’esistenza. Le famiglie hanno la necessità di disporre di una rete di servizi accessibili già dai primi anni di vita del bambino, specifici, rigorosi, flessibili e coerenti. I medici di famiglia e i pediatri dovrebbero ricevere una formazione specifica in modo da garantire uno screening precoce dei casi sospetti, e da essere in grado di indirizzarli ai servizi sanitari specializzati e di monitorare nel tempo i casi con diagnosi dubbia e l’evoluzione dei sintomi. I servizi sanitari specializzati dovrebbero offrire un supporto medico, psicologico ed educativo, in modo da provvedere precocemente ad una diagnosi accurata, ad una valutazione funzionale e ad un servizio di consulenza, formazione e aiuto alla 153 famiglia a domicilio. Dovrebbero inoltre fornire precocemente una valutazione neurologica e psicologica, ed elaborare in collaborazione con la famiglia un piano di intervento individuale. Una diagnosi ed una valutazione che non siano accompagnate da un programma di intervento e da un supporto concreto possono spingere la famiglia alla ricerca di altre improbabili soluzioni. I servizi sanitari dovrebbero sostenere l’istruzione e l’inclusione sociale attraverso programmi educativi specifici e un servizio di consulenza permanente per gli insegnanti, le classi e le scuole che accolgono alunni con autismo. Un programma educativo speciale dovrebbe iniziare precocemente in età infantile, e continuare durante l’adolescenza e l’età adulta con l’obiettivo di sviluppare e mantenere nel tempo le abilità personali e sociali, e incrementare l’autonomia e l’indipendenza. Gli adolescenti e gli adulti dovrebbero continuare a poter usufruire di programmi educativi individuali nelle aree funzionali come la comunicazione, le abilità sociali, le capacità lavorative e di tempo libero e l’autonomia personale. È necessario inoltre che abbiano accesso a un lavoro appropriato, in ambiente più o meno protetto, con il supporto di un servizio di consulenza permanente (job coach) Gli adolescenti e adulti devono anche poter contare su una prospettiva di vita adulta indipendente nella comunità e su programmi di supporto e di educazione al distacco progressivo dalla famiglia, anche attraverso l’organizzazione di periodi di vacanza e fine settimana da trascorrere al di fuori della famiglia a cominciare dall’età infantile. I timori della famiglia di fronte ad un futuro incerto possono essere dissipati da una pianificazione precoce della presa in carico sia in ogni ambito di vita quotidiana che per ogni età della vita, pur nel rispetto della flessibilità necessaria ad adattare i progetti individuali all’evoluzione della persona. La prospettiva di un futuro dignitoso per il figlio in una propria abitazione o in istituzioni accoglienti costituisce per i genitori anche il supporto emotivo più efficace. 154 INFORMAZIONE, FORMAZIONE E COINVOLGIMENTO NELLA PRESA IN CARICO “ Nostro figlio non ci dà retta, non ci obbedisce, si comporta come se non esistessimo nemmeno, sembra prendersi gioco di noi. Come dobbiamo comportarci con lui?” A questa domanda molti professionisti rispondono “ Fate semplicemente i genitori”. Ma “ fare i genitori” di un bambino con autismo non ha nulla di semplice. I genitori dovrebbero ricevere al più presto informazioni dettagliate sulla diagnosi e sulle caratteristiche dell’autismo, in modo da poter capire meglio e affrontare i problemi specifici del bambino. Oggi, allo stato attuale delle conoscenze sull’autismo, non solo è assolutamente inaccettabile colpevolizzare le madri., ma i professionisti dovrebbero cominciare fin dall’inizio a liberare esplicitamente i genitori dai sensi di colpa e dai pregiudizi sull’autismo. Se i servizi socio-sanitari non offrono informazioni esaurienti fin dai primi incontri, la famiglia, per sopravvivere, si vede costretta a cercare informazioni per proprio conto e può incappare in risposte rischiose. E’ essenziale prevedere la partecipazione dei genitori al programma educativo in un ruolo di partner attivi. La famiglia ha un ruolo di primaria importanza nell’educazione dei figli, e nessun genitore può accettare di essere escluso dal loro processo di crescita. Coinvolgere attivamente la famiglia nel programma di trattamento aumenta le possibilità del bambino di sviluppare al meglio le proprie potenzialità e rappresenta il modo più efficace per sollevare i genitori dai sensi di colpa e di inadeguatezza. Il programma di trattamento e di presa in carico dovrebbe tener conto della conoscenza approfondita che ogni genitore ha del proprio bambino, delle priorità e dello stile di vita di ogni famiglia. I genitori dovrebbero anche poter disporre di informazioni sulla qualità e sull’efficacia dell’approccio proposto da ogni servizio di presa in carico. Ogni servizio socio-sanitario dovrebbe fornire alla famiglia una 155 descrizione chiara e dettagliata dell’approccio generale che viene adottato, e informazioni che ne dimostrino l’attendibilità scientifica e l’accreditamento. Inoltre dovrebbe fornire il programma individuale comprendente una descrizione di obiettivi realistici e funzionali, e dimostrare la propria efficienza nel raggiungerli. SUPPORTO SOCIALE ED EMOTIVO I genitori hanno assolutamente bisogno di risposte concrete in merito al diritto del figlio di poter disporre di una diagnosi accurata e precoce e di una valutazione, di una educazione permanente per tutto l’arco dell’esistenza e di una vita adulta indipendente. I familiari delle persone autistiche, genitori e fratelli, dovrebbero essere aiutate a mantenere lo stile di vita e i rapporti sociali che avevano prima della sua nascita. Questo significa che le famiglie dovrebbero poter accedere a servizi organizzati che dispongano di professionisti dotati di una formazione specifica, in modo da poter mantenere il posto di lavoro e gli amici, oltre che la possibilità di trovare il tempo per prendersi cura degli altri figli e dei parenti. Non bisogna dimenticare infatti che alla famiglia della persona con autismo non sono risparmiati i problemi che affliggono ogni altra famiglia, come le difficoltà economiche, la malattia, i doveri verso i genitori anziani e il compito di garantire agli altri figli una crescita più normale possibile. E necessario quindi che vengano organizzati periodi di respiro che consentano ai familiari di ricaricarsi e trovare nuove energie per affrontare le difficoltà della vita quotidiana. FARMACI Sebbene attualmente non esistano medicine che curano l’autismo, alcuni farmaci possono talvolta attenuare sintomi specifici e migliorare il benessere della persona autistica. I farmaci in ogni caso dovrebbero essere prescritti esclusivamente a beneficio della persona con autismo solo dopo che ogni altro tentativo di adattare l’ambiente e il programma individuale si è rivelato inefficace, a meno che naturalmente non si tratti di medicine prescritte per condizioni patologiche associate. Il servizio sanitario che prescrive i farmaci dovrebbe dare alla 156 famiglia spiegazioni chiare e comprensibili sui benefici e gli effetti collaterali, e offrire una consulenza permanente alla famiglia e agli operatori che si occupano della persona autistica. RICERCA SCIENTIFICA La ricerca genetica e la ricerca sui fattori tossici o infettivi che rivestono un ruolo causale nella genesi dell’autismo viene considerata dalle famiglie una priorità assoluta. Sebbene le famiglie abbiano in molti casi testimoniato che diversi disturbi organici, come allergie o intolleranze alimentari o reazioni conseguenti a vaccinazioni, peggiorano il comportamento dei propri figli, allo stato attuale non sono ancora emersi dagli studi condotti su vaste popolazioni dati consistenti che confermino associazioni causali fra l’autismo e disturbi metabolici, gastrici o immunologici. È urgente che vengano condotti studi controllati finalizzati a identificare i geni che predispongono all’autismo, l’influenza di insulti cerebrali precoci e il legame fra il profilo biologico, i deficit cognitivi e il quadro comportamentale. È inoltre necessario che vengano sviluppate ricerche nel campo della psicologia e dell’educazione: migliorare la comprensione dei processi cognitivi specificamente alterati nell’autismo riveste un’importanza fondamentale allo scopo di sviluppare strategie educative adeguate e programmi di trattamento più efficaci. Anche lo sviluppo di tecniche e strategie educative dovrebbe essere oggetto di ricerca applicata. Data la gravità delle menomazioni che l’autismo comporta, l’entità di servizi necessaria e i costi ( sia umani che finanziari), dovrebbero anche essere condotti studi controllati allo scopo di riconoscere, diffondere e sostenere approcci psico-educativi efficaci e modelli integrati di trattamento. Testo ufficiale elaborato dal comitato direttivo di Autisme Europe con la consulenza dei suoi membri e approvato dal Consiglio di Amimnistrazion e a Bruxelles, 7 aprile 2001. Adottato da Autismo Italia – onlus e dalla IACAPAP nel maggio 2001. 157 2 - Autismo e Inclusione PREMESSA 1. Si usa il termine "inclusione" per descrivere un diritto all'istruzione e al sostegno per tutte le persone disabili nell’ambito dell'offerta pubblica. L'inclusione costituisce un punto fondamentale delle politiche governative. 2. L'inclusione si differenzia dal "mainstreaming" o dalla "integrazione" in quanto questi ultimi termini si riferiscono unicamente alla partecipazione delle persone disabili, qualora si possa dimostrare che queste possano trarne beneficio, e che l'ambiente non sia influenzato negativamente per via della loro presenza. 3. I sostenitori dell'inclusione affermano che la segregazione causata da disabilità, diagnosi, o da qualsiasi altro fattore, e la necessità di 'guadagnare' il diritto all’ inclusione non rappresentano l’ interesse del bambino o dell'adulto. Negli ultimi vent'anni, le idee sulla normalizzazione, sorte inizialmente negli USA e in Scandinavia, hanno sottolineato l'importanza di promuovere ruoli sociali di valore per coloro che presentano un rischio di essere sottovalutati in ragione della disabilità o di altri fattori. 4. Le politiche elaborate sulla base di queste idee rifletterono in gran parte un’ ideologia piuttosto che necessità individuali. La segregazione in istituti specializzati è stata in gran parte abbandonata, e si è ampiamente realizzata un’ apertura verso una maggiore presenza e partecipazione nella comunità. Sussistono, tuttavia, delle preoccupazioni che alcune persone e le loro famiglie si trovino gravemente svantaggiate da offerte alternative scarsamente dotate di risorse e di esperienza specifica. In breve, i servizi si sono basati più su dogmi che sulle effettive necessità. 158 5. Dal 1985, Autisme Europe è impegnata nella rappresentanza e nella difesa dei bambini e degli adulti con l'autismo, e delle loro famiglie, promuovendo le buone pratiche nei campi dell'istruzione e degli approcci pedagogici, dei trattamenti medici e dell'offerta di servizi che rispecchino le necessità relative alle residenze, alla formazione, e alla presa in carico, della persona disabile. 6. Autisme Europe sostiene fortemente tutte quelle esperienze che possono offrire alle persone con autismo, indipendentemente dalla natura e della entità della disabilità, le migliori opportunità di vivere pienamente i loro diritti, compreso il diritto all'istruzione, al sostegno e alla libertà dall'abuso e dallo sfruttamento. Autisme Europe ritiene che ogni persona con autismo deva poter accedere ai servizi e al sostegno all'interno dell'offerta pubblica ordinaria, a meno che questa non sia in conflitto con le necessità e le esigenze individuali. LA POSIZIONE DI AUTISME EUROPE sull’Inclusione delle persone con autismo Adottata da Autismo Italia-onlus 1. Autisme Europe ritiene che la pietra angolare di un'offerta efficace risieda nell'individualizzazione, per garantire ad ogni persona con autismo un’educazione e un sostegno appropriati a raggiungere e mantenere con successo il maggior grado possibile di indipendenza funzionale e di capacità di esercitare delle scelte. 2. L'inclusione nell'ambiente sociale dovrebbe considerarsi un diritto, non un privilegio, nel rispetto del miglior interesse e delle necessità individuali della persona. Per permettere l'accesso più ampio e la partecipazione sostenibile a beneficio della persona disabile, si dovrebbe provvedere ad un adeguamento ragionevole delle offerte a livello d'istruzione e dei servizi. In questo contesto, la politica dell'inclusione non dovrebbe mai essere presa a pretesto, per rifiutare ad alcuno un servizio, né per offrire dei servizi puramente simbolici e illusori che, in 159 sostanza, negano il diritto ad accedere a delle opportunità. 3. La politica dell'inclusione deve essenzialmente garantire un apprendimento idoneo o altre esperienze positive complementari. Non è una semplice questione di 'dove' la persona riceve un'istruzione od ottiene i servizi e il sostegno, ma di qualità e specificità. 4. Autisme Europe sottolinea l'importanza di una diagnosi qualificata, di una valutazione specifica continua, e della collaborazione tra genitori e professionisti per meglio definire interventi educativi appropriati e altri programmi. Autisme Europe, chiede che i programmi siano sostenuti da professionisti e altre persone con specifica esperienza nel campo dell'autismo in grado di offrire tutta la consulenza e assistenza pratica necessaria, e di valutare i risultati di tali offerte. 5. La politica dell'inclusione non può sostituirsi alla necessità di programmi rispondenti ai bisogni individuali, specialmente nel caso di persone con bisogni complessi ai quali è particolarmente difficile rispondere in ambienti sociali aperti che possono rappresentare una fonte di stress. 6. I disturbi dello spettro autistico richiedono un ventaglio di risposte finemente articolate a livello individuale. Si auspica che tali risposte vengano fornite sempre in numero maggiore e per la maggior parte del tempo nell'ambito dell'offerta pubblica ordinaria. Esistono tuttavia persone i cui interessi nell’arco della vita trovano risposte più adeguate in servizi specializzati in modo appropriato in grado di offrire un’educazione e un supporto appropriato e significativo. 3 - Autismo e Occupazione POSIZIONE RELATIVA ALLA DISCRIMINAZIONE IN AMBITO LAVORATIVO DI PERSONE AFFETTE DA AUTISMO O ALTRA DISABILITA’ DI GRANDE DIPENDENZA Autisme Europe sostiene le iniziative promosse dall’Unione Europea nel campo della lotta alla discriminazione, in particolare la Direttiva a favore delle “Pari Opportunità in merito a Impiego e 160 Occupazione”, adottata dal Consiglio nel novembre 2000. Autisme Europe, tuttavia, ritiene che allo stato attuale la struttura generale delineata dalla presente Direttiva non prenda in debita considerazione le esigenze delle persone con autismo o con disabilità di grande dipendenza e delle loro famiglie. La situazione particolarmente complessa delle persone affette da autismo o da disabilità di grande dipendenza e dalle loro famiglie nonché la discriminazione che questi ultimi subiscono in rapporto all’ accesso o alla permanenza nel mercato del lavoro, esige le seguenti raccomandazioni: A - Persone affette da autismo o altra disabilità di grande dipendenza 1. La gravità della disabilità si traduce nella necessità di una formazione permanente, adeguata alle loro specifiche necessità in campo di: istruzione, adeguata a sviluppare non solo le competenze lavorative, ma anche le capacità sociali e personali necessarie ad accedere alla formazione professionale e ad un lavoro, anche protetto. Formazione professionale. Educazione permanente. Coloro che sono abbastanza fortunati da ricevere una formazione adeguata, sono poi in grado di poter lavorare. In caso contrario, l’assenza di una formazione precoce, individualizzata e continua comporta conseguenze irreparabili sullo sviluppo della persona e delle sua capacità di ottenere un lavoro in età adulta. 2. Un sostegno adeguato sul posto di lavoro (adattamento dell’ambiente, supervisione da parte di professionisti, compiti adeguati alla disabilità…) per i soggetti affetti da autismo o da disabilità di grande dipendenza è condizione indispensabile per beneficiare dei servizi esistenti per persone disabili, come i laboratori protetti. La mancanza di formazione e di sostegno adeguato spiega, in larga misura, il motivo per cui le persone affette da autismo o da disabilità di grande dipendenza sono quasi del tutto assenti dal 161 mercato del lavoro e restano per lungo tempo totalmente dipendenti dal sostegno della famiglia, indipendentemente dalle loro capacità lavorative, benchè la discriminazione dovuta alla mancanza di sostegno di cui sono vittime, in quanto disabili, dovrebbe essere combattuta dalla Direttiva 2000/78/CE. B – Famiglie di persone affette da autismo o altra disabilità di grande dipendenza 1. Le famiglie hanno bisogno di misure che le tutelino dal dover modificare la loro situazione e/o le loro ambizioni professionali per garantire la presa in carico del figlio, anche quando questi ha raggiunto un’età adulta. La carenza di servizi di presa in carico adeguati ai bisogni del figlio, orari di presa in carico incompatibili con il lavoro e la mancata disponibilità di servizi di accoglienza durante il periodo delle vacanze scolastiche, comportano, nella grande maggioranza dei casi, che uno dei genitori, molto spesso la madre, sia obbligato a rinunciare al proprio lavoro a tempo indeterminato. Una conseguenza indiretta può essere che l’altro genitore si trovi costretto a prolungare l’orario di lavoro per sopperire alla diminuzione degli introiti o per far fronte al maggior carico economico. 2. Le famiglie hanno bisogno, sin dal momento della diagnosi al bambino , di essere sostenute e informate delle misure esistenti che possono essere di aiuto, principalmente per quanto riguarda la flessibilità dell’orario di lavoro. Per questi motivi, Autisme Europe raccomanda che siano adottate misure complementari alla Direttiva “ in favore delle Pari opportunità in ambito di Occupazione e Lavoro ”, e alla politica dell’Unione Europea in ambito di occupazione e protezione sociale, allo scopo di combattere gli ostacoli al lavoro per le persone affette da disabilità di grande dipendenza e per le loro famiglie. Autisme Europe raccomanda in articolare di adottare i seguenti provvedimenti: - Rafforzare la formazione permanente delle persone con autismo o con disabilità di grande dipendenza, in particolar 162 modo la formazione professionale; - Incrementare il sostegno sul posto di lavoro e adeguarlo alle esigenze delle persone autistiche o con disabilità di grande dipendenza; - Mettere a disposizione servizi assistenziali di qualità per tutte le persone in condizione di dipendenza (bambini, anziani, persone disabili); - Migliorare gli indicatori già esistenti relativi agli asili per l’infanzia, in modo da poter valutare la percentuale di bambini disabili che usufruiscono di tali servizi; - Adottare orari lavorativi flessibili nel rispetto dei diritti sociali dei familiari (congedi parentali, interruzioni di carriera….); - Informare sistematicamente le famiglie su leggi e normative vigenti in grado di favorire la compatibilità della vita familiare con la vita professionale. 4 - Posizione Ufficiale di Autismo Italia sulla terapia farmacologica nell’autismo 163 1 - NO, non esistono farmaci per curare l’autismo 2 - SI’, esistono farmaci che possono agire positivamente su alcuni sintomi 3 - NO, i farmaci non devono essere usati per supplire all’incapacità di affrontare i problemi comportamentali in altro modo 4 - SI’, i farmaci possono completare e aumentare l’efficacia di un trattamento multi - disciplinare 5 - NO, i farmaci non possono sostituire trattamenti riabilitativi di tipo sociale ed educativo 6 - SI’, è utile prendere in considerazione AUTISMO una terapia farmacologica, purchè nell’inDOCUMENTO DI POSIZIONE DI teresse del paziente e valutandone l’efficaciaAUTISMO a livello individuale ITALIA 7 - NO, non si devono somministrare farmaci per migliorare i sintomi senza aver prima escluso disturbi di origine organica 9 - NO, non è verosimile sperare che i farmaci siano privi di effetti secondari 5 - VACCINAZIONE MPR E 2002) 8 - SI’, è (Ottobre indispensabile seguire sempre accuratamente la posologia e le modalità di somministrazione prescritte Introduzione 10 - SI’, familiari, tutori e operatori devono essere informati su a rischi e benefici, ed è L’uso di vaccini scopo preventivo il loro consenso informato ha necessario radici antiche e deriva dall’osservazione che le persone guarite da malattie infettive non si ammalano una seconda volta anche se esposte al contagio. Le malattie infettive infatti stimolano la produzione da parte dell’organismo infettato di anticorpi, cioè di proteine che legandosi a particolari componenti dell’agente infettante, dette antigeni, ne bloccano l’azione mantenendo nel tempo la capacità di riconoscerlo e di impedire alla malattia di svilupparsi nuovamente. I vaccini inducono preventivamente l’ immunità dalla malattia stimolando artificialmente la produzione di anticorpi attraverso l’introduzione nell’organismo di agenti patogeni morti o inattivati o di loro antigeni. Grazie alle vaccinazioni molte malattie mortali o gravemente invalidanti, come il Vaiolo, la Difterite e la Poliomielite, sono attualmente sconfitte, e la mortalità infantile e le disabilità che ne derivavano si sono drasticamente ridotte. Tuttavia, come ogni intervento medico, anche le vaccinazione presentano, seppure raramente, alcune controindicazioni e potenziali, benchè rarissimi, effetti indesiderati, imputabili all’agente patogeno utilizzato, specie se “ attenuato ” ( cioè 164 inattivato) o ad altre componenti del vaccino. Ad esempio l’uso del Mercurio come conservante nei vaccini, tra cui quello contro Morbillo, Pertosse e Rosolia, è stato proibito in seguito alla segnalazione di possibili effetti neurotossici, e i vaccini contenenti mercurio sono stati ritirati . I vaccini contenenti agenti patogeni attenuati possono inoltre, sebbene raramente, indurre la malattia che dovrebbero prevenire e le sue eventuali complicanze in organismi che presentano una ridotta capacità, permanente o transitoria, di produrre anticorpi. Lo stato di salute dei bambini da sottoporre a vaccinazione con agenti attenuati deve perciò essere accuratamente accertato preventivamente per evitare la pur rarissima eventualità di indurre attraverso il vaccino la malattia o le sue complicanze, tra le quali l’encefalite post-vaccinica. POSIZIONE DI AUTISMO ITALIA SULLA VACCINAZIONE TRIVALENTE MPR Il Morbillo è una malattia infettiva grave che causa una morbilità e una mortalità significative e può comportare gravi complicanze a livello dal sistema nervoso centrale. La parotite e la rosolia, benchè non altrettanto gravi, comportano il rischio di gravi complicazioni. Infatti la rosolia contratta durante la gravidanza è stata correlata a danni cerebrali e deficit sensoriali nel feto, che sono stati associati a condizioni di tipo autistico. L’introduzione di una politica sanitaria delle vaccinazioni ha comportato una drastica riduzione dell’incidenza di queste malattie in tutti i paesi in cui la sanità pubblica ha implementato l’iniziativa. Malgrado i rari episodi di effetti collaterali, è necessario che questa politica che ha dato risultati così soddisfacenti sia sostenuta ed estesa ovunque a livello mondiale per prevenire sofferenze e disabilità. Negli ultimi anni, tuttavia, una minoranza di genitori ha ritenuto che la vaccinazione anti Morbillo, Parotite e Rosolia, detta MPR, sia un fattore scatenante lo sviluppo di disturbi dello spettro 165 autistico. Benchè non ci sia alcuna evidenza scientifica a sostegno di un legame fra qualsivoglia vaccino e l’autismo nella popolazione generale, gli studi attuali non sono in grado di escludere la possibilità di rare risposte anomale all’esposizione al vaccino MPR, perché non hanno una precisione sufficiente a scoprire eventi molto rari a livello di popolazione. Il legame fra vaccino trivalente MPR e autismo , sebbene ben lungi dall’essere provato, non è stato tuttavia del tutto smentito. Autismo Italia chiede che vengano sviluppate ulteriori ricerche per escludere questa eventualità al di là di ogni dubbio, e per accelerare la messa a punto e la produzione di vaccini sintetici in sostituzione dei vaccini contenenti agenti patogeni attenuati . Nel frattempo, Autismo Italia raccomanda ai genitori di discutere le loro preoccupazioni con i pediatri e i medici di famiglia e con gli operatori sanitari preposti alle vaccinazioni, e condivide la posizione delle più autorevoli organizzazioni e istituzioni sanitarie internazionali che non raccomandano una revisione dell’attuale politica delle vaccinazioni e ne sostengono l’attuale programma di somministrazione. Approvata dal Consiglio Direttivo di Autismo Italia nell’ottobre 2002. ALLEGATO AL DOCUMENTO DI POSIZIONE DI AUTISMO ITALIA – ONLUS SU AUTISMO E VACCINAZIONE TRIVALENTE Rischi derivanti dalle malattie vs. rischi derivanti dal vaccino trivalente MPR Centro per il Controllo delle Malattie (Atlanta) RISCHI DERIVANTI DA: 166 Morbillo: Polmonite: 1 / 20 Encefalite: 1 / 2.000 Morte: nei paesi industrializzati 1 / 3.000 nei paesi in via di sviluppo 1/5 Parotite Encefalite: 1 / 3 00 Rosolia Sindrome da rosolia congenita: 1/4 RISCHI DERIVANTI DA: VACCINAZIONE TRIVALENTE MPR Encefalite e reazioni allergiche gravi 1/1.000.000 167 Istruisci un Insegnate di sostegno e otterrai un Esperto Istruisci un Bambino con autismo e non ci sarà più l’Autismo di Jacopo da Selva, XXX sec. B.C PERCHÈ COMPATIRE UN’ISTITUZIONE? di Patrizia & Tiziano Gabrielli Genitori in Prima Linea Autismo Italia [email protected] Tel. 0461706500 Gli anni ’70 li ricordiamo tutti come anni degli ideali concreti, gli anni della critica alle “istituzioni totalizzanti”. Si parlava un po’ ovunque, un pò tutti, di scuola, di medicina, di corporazioni professionali, del sistema e dei meccanismi di controllo e di creazione di cittadini “dipendenti” e assoggettati al potere, secondo noi allora, ben individuabile. La critica alle “istituzioni totalizzanti”, originava in quanto distruttive della spontaneità, dell’individualità, di un personale modo di intendere ciò che avevamo attorno e che stavamo per riconfigurare e conquistare. “Istituzionalizzare” significava, circoscrivere, definire dei prototipi a cui si doveva aderire per appartenere e per accedere. Ogni cosa, sentimento, situazione veniva incorporata dalla società, secondo i codici dell’istituzione che se ne doveva occupare mentre, per contro si tentava di individuarne l’antitesi. Nello stesso dibattito si inseriva il concetto di ammalato, di corpo fisico e psiche, di malattia e terapia. L’istituzionalizzazione della società la si pensava come un fenomeno già avvenuto, che costituiva il passato, la tradizione, mentre la “personalizzazione”, costituiva e rappresentava una radicale inversione di tendenza, un’innovazione da realizzare e diveniva sinonimo di “liberazione”. La dimensione individuale, spontanea, anarchica esterna all’istituzione era una conquista dell’epoca. Adattare tale dimensione, per noi allora “rivoluzionaria”, ad esigui spazi interni all’istituzione, fu il compromesso dei decenni 168 successivi. Entrambi questi processi sono tuttora presenti e ancora in divenire ma, come faglie tettoniche in movimento, sono in attrito fra loro e fortunatamente non si può tornare indietro. Ciò che ancor oggi nettamente prevale è l’apparato sull’individuo. La istituzionalizzazione della società è dunque preponderante e riconoscibile anche nel particolare come ad esempio nella gestione odierna dell’autismo, il quale si concretizza dal punto di vista epidemiologico, diagnostico, terapeutico, sociale, solo se rientra in un prototipo definito. Prototipo che però costringe la sua gestione in luoghi e tempi deputati, in mani specializzate e legittimate, in procedure regolate di integrazione e di gestione sociale del problema come davanti ad un “unicum” facilmente regimentato . L’istituzionalizzazione dell’ammalato, ha in sé grandi valori perché dovrebbe consentire un approccio comune, legittimato, più rigoroso, articolato, continuo, controllabile, economico, ma ha in sé anche aspetti negativi. E’ questo un processo fagocitante i singoli ruoli, che rimuove definitivamente il coinvolgimento diretto, la scelta personale, la responsabilità di ciascuno; promuove la passività e si esprime per delega. La istituzione può dunque diventare una macchina spaventosa di dipendenze e controlli, praticamente inamovibile, poco duttile, statica, sorda a qualsiasi varianza, sempre più scarna nelle erogazioni anziché variegata. L’ambiguità, la dinamica, la specificità del singolo caso e la sua rapida evoluzione invece mettono in crisi l’idea di un rapporto “esclusivo” con l’istituzione, con le sue risposte aspecifiche e normate da un'etica che è sempre "totalizzante" dove il "tutti" è l’unica scelta possibile, criminalizzando con leggi precise qualsiasi ingerenza dell’uno che vi si oppone. La società dell’omologazione, dei “tutti” si fa carico “formale” del problema di ciascuno, sostenendo chi soffre ma contemporaneamente ne decreta collocazione, iter procedurale e così implicitamente l’esaurimento della domanda. Ogni forma spontanea di compassione (nel senso nobile del 169 termine: “farsi carico”), di condivisione, qualsiasi scelta individuale di “amore”, persino l’associazionismo e il volontariato, sono sottoposti a regolarizzazione, a normativa. La compassione è descritta nell'Esodo, con il termine ebraico "rahum", un sentimento struggente che esprime la sensazione di una donna-madre quando il suo grembo è eccitato dall'amore. Gli ellenisti tradussero questo atteggiamento con la parola "eleomosyne," da cui viene il nostro termine "elemosina”, che rimuove il suo connotato carnale, appassionato, intimo. Così la "rahum", da esperienza soggettiva, diventa pietà, misericordia collettiva, istituzionalizzata, qualcosa che Platone e Aristotele consideravano un difetto morale”. Lo sguardo, l’amore e la conoscenza, possibili prima in orizzonti completamente personali, sono ora gestiti, assicurati e garantiti da questo “amore, scienza di stato”, che sottomette ogni emozione e volontà personale a una legislazione, ai sacerdoti del tempio. E se i sacerdoti non celebrassero riti propizi? L’istituzionalizzazione dell’autismo non è stata edificata sulla specificità della malattia ma fatta aderire forzosamente a ciò che già esisteva o aggiustando le prospettive di ciò che stava per nascere (l’integrazione). La sua gestione, visti i risultati, si potrebbe (“graziosamente”, n.d.a.) definire “formale”…eppure coinvolge strutture diffuse, convenzioni esterne, schiere di professionisti che si è obbligati ad onorare; occupate ad esaudire contemporaneamente mille altre richieste. Le sensibilità per una questione di numeri e di forza contrattuale, spostano l’attenzione, gioco forza, dall’individuo con autismo verso altre dimensioni, legittimando sempre più l’affermarsi di nuovi bisogni dei numerosi e già nominati “tutti”, oltre l’“ammalato”. Con la gestione attuale dell’autismo, la situazione di caio o sempronio, può essere grottescamente definita “risolta”, in un modo o nell’altro, ma tali conclusioni sottendono nuove mostruosità, il mascheramento del vero problema perché “futuro” del problema, quello che non viene mai affrontato: ciò che non si fa e ciò che si tollera nel trattamento dell’autismo del bambino. Questo richiamo suona particolarmente disorientante per coloro che si sono abituati a guardare il presente senza fare i conti con il 170 passato, perché questo significherebbe cogliere il vuoto procedurale di allora e l’allarmante e disumana sua attualità. La natura di questa alienazione sta nel fatto che affrontare realmente l’abilitazione del “bambino autistico” è una impresa che dovrà andare “oltre l’istituzione” e che realizzare questo intervento, articolato e complesso,. renderebbe superfluo gran parte del mondo che l’istituzione sta costruendo e che così com’è, al bambino con autismo non serve a niente. Il tradimento dell’abilitazione è lo scandalo, l’iniquio che affligge l’autismo. Dal riscontro concreto, sotto gli occhi di tutti, di fallimento, in una prospettiva nazionale, discende invece un costante, innarrestabile potenziamento ulteriore del lugubre apparato che si ostinano a costruire per contenere, tacitare, disperdere l’autismo. C’è però un tipo nuovo di sentire. Non si tratta di tomare ad un tipo di abilitazione individuale, spontanea, opposta al protocollo aspecifico e stereotipato dell’istituzione; non il ritorno ad una sorta di intervento terapeutico incidentale, tipico di una società comunitaria, pre-moderna, anche se forse più giusta e con un senso profondo dell’integrazione, delle proporzioni e delle conseguenze. Ma sarebbe bene non dimenticare che le poche reali normalizzazioni “definitive” dell’autismo provengono da esperienze individuali, locali, familiari divenute solo poi universali e capaci di spazzare via il mondo delle formule preconfezionate tradizionali e istituzionali. Il messaggio che non si vuol riconoscere in queste esperienze singolari, é di una forza straordinaria perchè scaturisce dalla “responsabilità individuale” e non dall’istituzione: è la “madre”, o il genitore, che sceglie l’adozione, che decide di rifiutare la delega in bianco ma sceglie di utilizzarla con saggezza, con misura, liberandosi da attese esorbitanti, dalla lotteria dei comportamenti preconfezionati, i soli autorizzati e “quasi” obbligatori. E’ la madre che sceglie se accetterà, e fino a che punto, quanto già determinato, per lei e per quel figlio, dal sociale legiferato. 171 “Sto di fronte a un problema medico, l’autismo, che più studio e più mi appare difficile, ma anche gestito confusamente, incomprensibilmente e inadeguatamente. Credetemi non ha paragoni con nessuna altra patologia, e vedo declamare “assiomi” che io non trovo in nessuna altra branca medica”. “Noi vogliamo, come i nostri figli, apprendere per “imitazione” e non legittimare nostro malgrado l’escatologia di un fasullo sistema sanitario e scolastico per il disabile”. L’inumano (il "mysterium iniquitatis”), l’iniquo, la degradazione non sta nei piccoli con autismo ma in quello che ad essi si impone, fondando le certezze di un intero apparato sull’immagine di adolescenti e di adulti autistici, mai abilitati, sui “fallimenti viventi” di coloro che ora sono i responsabili di questo apparato. Delegando ogni responsabilità e non solo per il passato, ora parlano di “scolarizzazione”, meglio se precoce, come unico momento terapeutico-abilitativo, forniscono nessuna preparazione al personale specifico, guidano un’integrazione ad orologeria, si armano per risolvere con sedativi sperimentali i sintomi dei loro pregiudizi inscalfibili e prescrivono cicli aspecifici ovviamente per delega di logopedia e psicomotricità, scadenziati (fra non molto semestrali), impegnati strenuamente nella configurazione dello “stereotipo”, utile appunto alla logica istituzionale, anziché alla soluzione del problema. Istituzionalizzazione greve seppur senza mura; un silenzioso e perdurante tradimento. Vuoti culturali da parte della società che fagocita la famiglia inebetita dalle ordinanze dei “corsari”, in questo caso dell’autismo, e che pertanto spesso non avvia nemmeno la più banale critica alla gestione “per delega” dei propri figli. Deleghe a cascata per dilavare le responsabilità del nulla e di fiumi di denaro per soddisfare i dotti del tempio e per farci tacere. E infine queste madri e padri, per evitare lo scontro con chi rinnova loro l’obbligo di essere “solo genitori” e non terapeuti, smettono di 172 sperare nelle “soluzioni per delega” e in modo eroico e solitario, dimenticati e isolati come ciurma appestata e reietta, riprendono, privi di conoscenze specialistiche di terapia e riabilitazione, ad accudire i loro figli in quella maniera amorevole la cui forza misteriosa è la antitesi dell’autismo di stato di cui siamo testimoni e che di quella abilitazione si sarebbe dovuto occupare. Bisogna de-istituzionalizzare l’autismo. Bisogna farlo specialmente per quei giovani genitori che si affidano speranzosi ai Servizi, a quelli che credono per legge nelle figure professionali deputate. Bisogna che il nuovo sociale divenga “preferenziale” e non obbligato e sappia consigliarli, formarli, ridando loro la competenza per tornare ad essere buoni ed informati genitori. Serve autorevolezza e non autorità. Bisogna riconsegnare “ruolo abilitativo” alle famiglie, rispettare quanto di immenso potrebbero fare ed allearsi in un confronto quotidiano in parallelo, in continuità, in reciprocità. Bisogna che l’istituzione si faccia carico realmente del problema, alleggerendosi dai fardelli, e cominci ad affrontarlo in maniera diretta, forte, imponenete con un intervento abilitativo subito. Bisogna entrare fisicamente nella scuola, nelle case, nell’intera giornata con esperti che fanno e che siano in grado di smettere di parlare. Bisogna essere esempio di un recupero non semplicemente l’altare della sua definizione. Bisogna che sia riscritto e sia concretizzato il momento “medico” dell’autismo, oltre la diagnosi, oltre la scuola, verso la migliore normalizzazione possibile della condizione disfunzionale che il medico ha ricevuto in carico. Bisogna battere l’autismo quando si è in tempo per un futuro non-istituzionalizzato. AUTISMO: COSA SI RICHIEDE ALLA SCUOLA T. Gabrielli 173 Alla SCUOLA si richiede QUALITA’ e non quantità. Noi veniamo a ritirare Jacopo anche dopo solo un’ora di lezione, non ci sono problemi, né ci sentiamo per questo in difficoltà o contrariati, ma è essenziale che il permanere di Jacopo a scuola sia produttivo e di alto livello qualitativo. QUALITA’ Qualità significa: NON AVERE PREGIUDIZI CALMA, DISPONIBILITA’, TRANQUILLITA’, SAPERE BENE COSA “FARE” e soprattutto SAPERE COSA “NON-FARE” COSA E’ L’AUTISMO È un disturbo cerebrale complesso, le cui cause sono ancora poco chiare, che condiziona ed altera profondamente l’utilizzazione corretta delle informazioni che giungono al sistema sensoriale nella sua globalità. Conseguentemente il bambino non è in grado di comprendere, distinguere, codificare ed utilizzare le informazioni visive, uditive, tattili ed olfattive, che gli giungono dall’esterno. E’ confuso e invaso da un intricato e spesso intollerabile insieme di sensazioni difficilmente gestibili. Questo suo vivere in un caos sensoriale gli impedisce di partecipare, relazionarsi, capire, apprendere ed elaborare come succede normalmente agli altri bambini. Questa enorme difficoltà di ricevere adeguatamente e di utilizzare informazioni diventa vuoto di informazioni. Vuoto che si esprime in mancanza di interessi, di linguaggio, in solitudine, agitazione, ritardo, ritualità, incapacità di relazione ma questo non significa che Jacopo e i bambini come lui, non desiderino liberarsene, né che non lo si possa insegnare loro. Lo sforzo di tutti è di rendere chiaro ciò che viene proposto e di condurre progressivamente questi bambini verso una selezione, un ordine nell’apprendere e una normalizzazione del vivere con gli altri, eliminando ciò che è di disturbo in questo cammino sia che 174 venga dall’esterno, sia che dipenda dal problema biologico condizionante. SAPERE COSA “FARE” Accogliere un bambino con autismo o malattie correlate significa adottare le dovute strategie: Sapere cosa “fare” significa sapere: COSA RICHIEDERE ALL’AMBIENTE LUOGHI, TEMPI E ATTIVITA’ DA EFFETTUARE DEBBONO ESSERE SEMPRE PROGETTATI PRIMA 1 - STRUTTURAZIONE DEL LUOGO Significa organizzare e definire stabilmente alcuni spazi “protetti” all’interno della scuola, Luoghi specifici, utili ad una ottimale realizzazione delle attività da svolgere, identificati secondo le caratteristiche del bambino e gli obiettivi educativi per lui individuati. “Protetto” significa: configurato, adeguato, tranquillo. Significa anche OCCASIONALMENTE organizzare e definire rapidamente ulteriori spazi “protetti” per adeguarsi ad attività diverse, nuove. 2 - STRUTTURAZIONE DEL TEMPO Sulla base delle caratteristiche del bambino e degli obiettivi educativi per lui individuati si debbono progettare, condividere, valutare gli insegnamenti da proporre. Questo significa organizzare e definire prima, in generale e nel quotidiano, i tempi, le attività da proporre e eseguire; come effettuare la loro misurazione, registrazione, nonchè le valutazioni periodiche da effettuare sugli apprendimenti per elaborare nuove pianificazioni e strategie. NB. L’organizzazione dello spazio e del tempo dovrà essere pianificabile, comprensibile e visibile anche per il bambino. 3 - STRUTTURAZIONE DELLE ATTIVITA’ (es. Costruire e seguire il Tabellone calendario-attività). COSA RICHIEDERE ALLE PERSONE 1 - COSA E’ RICHIESTO ALLE INSEGNANTI 175 FIDUCIA in sé stesse e nel bambino DEDIZIONE, DETERMINAZIONE & CONTINUITA’ PREPARAZIONE, FORMAZONE e AFFRANCAMENTO DAI PREGIUDIZI (Es. di pregiudizi radicati quanto falsi: handicap irreversibile; ritardo mentale; averbalità: aggressività; asocialità; autolesionismo, bambini pericolosi, difficili, ecc). I pregiudizi confondono e impediscono il riconoscimento che l’autismo è una disfunzione e non un male senza soluzione. Avere nella scuola un bambino con autismo è come avere un bambino con diabete. Come una classe intera è informata e si ferma di fronte ad un malore di un bambino con diabete per soccorrerlo, per la stessa ragione dovrebbe fermarsi se Jacopo con autismo, non riesce a comprendere quanto gli è richiesto. 2 - ELIMINARE il “NO” e la frase “QUESTO NON SI FA” La negazione e basta non serve a questi bambini. Non possono riempire un vuoto con un vuoto. Ma vale per essi la sostituzione, l’alternativa. Una azione negata va giustificata e subito sostituita con un’altra azione o proposta, giustificata, guidata, facilitata, premiata. Va spiegato il perché non si fa l’azione negata. Lo si può fare verbalmente oppure disegnando delle vignette che spieghino visivamente quanto non va fatto e quanto invece va fatto in alternativa e vanno spiegati gli effetti di queste due contrapposte scelte, sia sul bambino, sia su chi gli sta attorno (es. Non gridare perché tutti scappano mentre quando parli tutti tornano felici e sorridenti). In certe situazioni la negazione può trovare accoglienza se la sua formulazione viene opportunamente anticipata con una spiegazione (ad es. non ci fermiamo perché il negozio oggi è chiuso). COSA SI CHIEDE AL BAMBINO. QUALSIASI COMPETENZA BAMBINO CON AUTISMO. E’ ACQUISIBILE DA UN MEGLIO SE E’ UNA ABILITA’ o UNA COMPETENZA 176 SPENDIBILE, FUNZIONALE, UTILE A MIGLIORARE LA PROPRIA INTEGRAZIONE PIUTTOSTO CHE DI RARA UTILIZZAZIONE. CERTAMENTE CI VUOLE TEMPO E IMPEGNO MA TUTTO PUO’ ESSERE INSEGNATO. “SE UN BAMBINO FALLISCE, NON E’ SBAGLIATO IL BAMBINO, MA LA RICHIESTA CHE GLI E’ STATA FATTA”. SE C’E’ INSUCCESSO OCCORRE SEMPLIFICARE, SCOMPORRE MODIFICARE LA RICHIESTA PER RENDERLA ESEGUIBILE. RENDERE ESEGUIBILE CONSENTE AL BAMBINO DI DIVERTIRSI E DI OTTENERE GRATIFICAZIONE DA CHI GLI E’ ATTORNO E DALLE COSE CHE FA. RENDERE ESEGUIBILE NON SIGNIFICA TRASFORMARE LA VITA IN QUALCOSA DI STUPIDO, MA CONSENTIRE AL BAMBINO DI NON DIVENTARE UNO STUPIDO. SE IL BAMBINO HA SUCCESSO OCCORRE ANDARE OLTRE con: 1) ALLENAMENTO, 2) ACCELERAZIONE, 3) GENERALIZZAZIONE e 4) IMPLEMENTARE NB. In molte situazioni accade che se un compito è svolto molto bene dal bambino, che risulta interessato e tranquillo per un discreto intervallo di tempo, l’identico compito (es. un puzzle) viene proposto di routine al bambino, e persino di continuo. Uno dei problemi di cui soffrono questi bambini è la ritualizzazione e la adesività, modalità che consentono loro di comprendere apparentemente meglio quanto accade nel mondo caotico che ruota attorno a loro, ma che li lega ad una routine devastante. Attenzione 177 La propensione al ripetersi e al permanere eccessivamente non li trasforma in geni (es. il personaggio fumetto del film “Rain man”) e non va spronata, né tollerata ma va invece usata come strumento per far lavorare meglio il bambino ( es. ti lascio fare il puzzle un minuto, poi lo sospendiamo, lasciandolo lì in bella vista, per disegnare o per dire la filastrocca…e dopo tutte queste attività, lo riprendiamo per altri due minuti). Possiamo usare il SE-POI, cioè se farai questo (attività desiderata dall'insegnante), poi potrai fare quest’altro (attività desiderata da Jacopo) La flessibilità e l’armonia nelle competenze (e non l’eccesso) è un obiettivo importantissimo nella soluzione dell’autismo. PREREQUISITI Il prerequisito di ogni richiesta al bambino, da parte delle insegnati o dei compagni, deve essere la sua ATTENZIONE che inizia con lo “sguardo reciproco” (occhi negli occhi e si conta sino a cinque, mantenendo una corretta distanza), e qualsiasi azione o richiesta va rispettivamente accompagnata o formulata “verbalmente” (es. “Guardami Jacopo…Consegna i quaderni alle tue compagne”). Durante lo sguardo reciproco (attentività ottenuta), si fanno verbalmente le richieste in modo chiaro, semplice, diretto, senza ambiguità o doppi sensi, con modalità e velocità di voce normali e moderate. Solo se necessario, oppure solo inizialmente, utilizzare ulteriori supporti alla richiesta verbale, quali l’indicazione con l’indice, con lo sguardo, con la direzione della testa, con l’uso di un’immagine fotografica di quanto richiesto – aiuti che vanno progressivamente ridotti –. Nello stesso modo oltre ai suggerimenti si possono utilizzare rinforzi (“bravo”… “campione”… ecc; quelli che si usano anche per i coetanei) e premi (specialmente gettoni di ricompensa, per acquisire il diritto a una merendina, che potrebbe poi coincidere con quella che viene data a giusto orario a tutti). Questo per abituare il bambino ad essere “attento” a ciò che gli si propone, 178 alle richieste, o a ciò che succede attorno a lui e che l’attenzione premia. NB. In senso più generale non si premia l’azione effettuata ma l’attentività e un altro importante obiettivo è prolungarne i tempi progressivamente. Abituare il bambino a mantenersi attento significa consentirgli di partecipare, osservare e apprendere qualsiasi competenza sino alla normalizzazione. VERBALIZZAZIONE Ogni richiesta spontanea fatta da Jacopo se formulata in forma verbale corretta, intelleggibile, va prontamente esaudita anche se esula dalla situazione in cui ci si trova o su cui ci si applica (es. sta disegnando e chiede di andare in bagno. Si interrompe e lo si porta subito in bagno). Questo per consentire a lui la comprensione dell’utilità del linguaggio verbale Qualsiasi richiesta fatta da Jacopo, se scarsamente o solo parzialmente verbalizzata, oppure addirittura non verbale, seppur comprensibile, va sempre trasformata in richiesta verbale intelleggibile; va espressa dall’operatore con voce chiara e in modo semplice; va suggerita; va richiesta in imitazione e solo poi eseguita. Meglio rinforzare il linguaggio verbale con il linguaggio del corpo, dei segni, delle convenzioni ecc (es. rispondo sì, muovendo la testa; chiedo “perché?” usando il segno con la mano; ecc.). Secondo gli esperti oltre l’80% del linguaggio tra gli uomini non è verbale e pertanto questa dimensione della comunicazione va attentamente insegnata ai bambini, persino quelli autistici. Ogni apparente distrazione di Jacopo, per seguire un accadimento attorno a lui (attennzione ad un fenomeno inatteso), con interruzione delle attività in essere, (es. passaggio di un aereo nel cielo; il girarsi al richiamo di un amico, ecc.) dovrà essere gratificata per far comprendere a Jacopo che l’attenzione va prestata anche al mondo attorno, o anche contemporaneamente a ciò che si sta facendo. 179 Jacopo deve formulare VERBALMENTE descrizioni di ciò che sta vedendo o facendo o che sta per fare ovvero dare risposte a ciò che gli viene chiesto. Se la verbalizzazione è troppo tardiva, si procede ugualmente all’azione, sfruttando la sua esecuzione come momento per fargli riformulare, facilitandolo, la richiesta nel modo verbale e gestuale dovuto. (Successivamente quando le richieste e la comprensione saranno raggiunte…e ci si rivolge al bambino per esaudire una sua richiesta, si potrebbero introdurre due opzioni-risposta affinchè lui scelga, facendo attenzione a porre la richiesta meno allettante per ultima: “vuoi una caramella o un mestolo?” Il bambino ‘non molto attento’ seppur in grado di comprendere il linguaggio tende a recuperare e ripetere l’ultima parte dell’offerta ma il disappunto di non ottenere quanto realmente desiderato aumenterà la sua attenzione alla successiva formulazione della richiesta. Quindi non gli si offre solo la possibilità di effettuare una scelta autonoma ma lo si abitua ad elevare ad un livello attentivo più adeguato la verbalizzazione) Qualsiasi richiesta fatta a Jacopo, dovrà essere formulata dapprima verbalmente e se possibile associata con il linguaggio del corpo (es. “Ci sediamo per la lezione” e se intendo con ciò fermarmi in una stanza, mi siedo); poi con suggerimenti fisici (es. indicare con lo sgardo; avvicinargli l’oggetto in questione) che saranno progressivamente eliminati. MA COMUNQUE se il bambino, al terzo tentativo, non esegue quanto gli si richiede, LO SI FACILITA E SI COMPLETA SEMPRE L’ESECUZIONE DI QUANTO RICHIESTO. Questo per comprendere il legame fra richiesta verbale e azione e per impedirgli la frustrazione nell’esecuzione fallita di un compito (cosa diversa dalla frustrazione prodotta dal corretto rifiuto di un capriccio…Frustrazione questa che non gli fa male se prontamente diluita con una nuova proposta). Usate aiuti meno intrusivi possibile e diluite in molti gettoni ricompensa le azioni per ottenere un premio. ADEGUATEZZA E COMPORTAMENTI PROBLEMA Favorire qualsiasi partecipazione o relazione con altri purchè 180 “adeguata”, “consona” alla situazione. Guidare verso comportamenti corretti, adeguati, circostanziati, convenzionali. NB. Ricordare che il comportamento adeguato va richiesto e preteso non solo da Jacopo ma anche da chi sta attorno a lui, adulto o coetaneo. Da comportamenti inadeguati di un coetaneo o di un adulto (anche se in generale non appaiono così gravi perché noi siamo abituati a pensare come normodotati capaci di una valutazione di merito) possono originare per imitazione o per lo stimolo sensoriale che li ha accompagnati, i comportamenti problema o inadeguati che, una volta appresi, sono poi di difficile rimozione. Favorire l’attenzione a ciò che fanno gli altri bambini (Es.: ”-coinvolgerlo con frasi del tipo: - “Guarda che stanno facendo. Vuoi fare anche tu il girotondo?” - “Chiedi che si fermino”. “Chiedi: Fermatevi per cortesia, voglio giocare”. - “Chiedi ora a Francesca e Michela che ti diano la mano”- ”Ok “Giro, giro tondo…” “Guarda cosa fa Giorgia, aiutala a raccogliere le foglie”. - “Guarda cosa scrive alla lavagna Michele” e, se particolarmente semplice e concreto quanto scritto, “scriviamo anche noi quello che ha scritto Michele”; oppure “disegnamo quello che ha scritto: es. APE” ecc.) IMITAZIONE Promuovete l'imitazione dei coetanei ogni volta che è possibile: La possibilità-capacità di imitazione è una caratteristica innata e sempre presente nella condizione autistica per cui il binomio ATTENZIONE - IMITAZIONE apre percorsi abilitativi immensi. Usate come modello i suoi coetanei sia per ottenere comportamenti adeguati, sia per insegnare. Dall’ingresso all’uscita della scuola potete creare una gara organizzata di esempi pratici. L’imitazione è uno strumento meraviglioso. Qualsiasi cosa gli volete insegnare affiancategli due sue amichette, una per parte, e fategli vedere come gli altri fanno 181 quella cosa. Es.: - Siediti come è seduta Simona. - Disegnate questa cosa sul foglio come la disegna… - Alzate tutti la mano quando volete rispondere alle mie domande. - Jacopo alza la mano come gli altri prima di dirmelo. - Questa è una… Correggetelo gentilmente ma puntualmente se infrange regole per le quali sarebbero corretti i suoi pari. Promuovete l'apprendimento del nome degli altri alunni e la competenza nel chiamarli per interagire in attività e relazione con i suoi pari. Es.: - Saluta i tuoi amici. Ciao… Consegna a Maria il quaderno…e dille che il voto del compito è… Richiedete che dialoghino fra loro a turno. Come ti chiami? Come stai? Che classe fai? Dove abiti? Hai visto che tempo fa oggi? Che bella maglietta hai? Che colore preferisci? Mi piacciono i tuoi pennarelli nuovi. Me ne dai uno? Daresti a Marisa quello verde. Hai capito cosa dobbiamo fare ora? Ecc. Lavorate sull'espansione delle formalità di relazione insegnado i "saluti", il sorridersi, lo sguardo nel dialogo, il modo di parlarsi, di mostrare gli oggetti, i compiti, facendo loro (e a Jacopo) apprendere cosa dire quando ci si incontra, quando si va a passeggio, quando si va a fare la spesa, quando si fa un compito, quando si risponde alla mestra, quando non si capisce o si vorrebbe risentire quanto è stato richiesto. Aiutatelo a chiedere sempre quello di cui ha o avrebbe bisogno. Es: Ora la maestra darà ad ogni bambino uno strumento musicale. Cosa farai quando ti darà il tuo strumento? Guarda cosa fa Amelia. 182 Si siede, mette lo strumento sul tavolino e aspetta il segnale della mestra. Aiutatelo a dire:- Starò seduto calmo e suonerò al segnale.Poi premiatelo: Bravissimo:la maestra ti dirà quando devi suonare. Incoraggiate la conversazione tra loro insegnadogli a chiedere a un bambino di sedersi accanto a lui per la colazione o nella pausa gioco. Premiatelo quando lui nomina classificandoli gli oggetti che vede e riconosce. Espandete la competenza con descrizione semplice di funzioni e caratteristiche minori. Premiatelo quando sempre spontaneamente fa richieste o avvia con qualcuno una conversazione spontanea usata nel gioco o negli apprendimenti e lavorate per espanderla. Aiutatelo mentre conversa con gli altri bambini: ha bisogno di suggerimenti nell'interazione con i pari. Coinvolgete gli altri bambini e complimentatevi con loro per un buon lavoro come vi complimentate con lui. Se si presenta l’occasione in cui sia naturale che un pari lo corregga, incoraggiare il pari a farlo. Es. Invece di dire “non spingere” dite “Bambini dovete toccarvi più piano”. Invece di “Non urlare,” direte “Parlate più piano” Es. Se bighellona fuori dalla fila,dite: -Anita dì a Jacopo di sbrigarsi e prendilo per mano. TRANQUILLITA’, PACATEZZA, TOLLERANZA, e poi ricordate Se qualcosa non va o si complica procedere con calma e ricominciare. CHI CONTROLLA CHI? Ricordare che il controllo della situazione, del progetto, degli obiettivi lo avete VOI e non il bambino. Serve autorità in serenità. L’autorevolezza sta nella chiarezza e nel valore di ciò che proponete. Lo scopo non è il controllo del bambino, il contenerlo, il far 183 passare il tempo ma bensì aprire il bambino ad esperienze utili, significative e produttive. COSA RICHIEDERE AGLI ALTRI BAMBINI DURANTE LE ORE DI SCUOLA RISPETTO A JACOPO Adeguatezza. Fare attenzione a non urtarlo, non abbracciarlo, tironarlo, sbatterlo , spingerlo, a non urlare, ecc., ma essere modelli di adeguatezza, adoperare modalità comportamentali corrette al fine di insegnare a Jacopo come ci si presenta, ci si guarda, ci si parla, come ci si saluta, come si progetta assieme un compito, come si esegue, ecc. Se la classe ride rumorosamente ad un suo comportamento improprio lui trasformerà tale azione in un premio, in una possibilità interessante di attirare l’attenzione divertita degli altri su di sé. Quindi informate la classe che mantenere un comportamento adeguato è un bene. Che essere indifferenti a capricci o comportamenti impropri è un bene per Jacopo mentre è un bene dirgli bravo quando si comporta bene. Spiegate prima, al bambino con autismo, cosa succederà e come dovrà comportarsi e se inadeguato aiutatelo con vignette, con gli esempi dei coetanei e la loro imitazione, con la riduzione esplicita dei gettoni premio, con l’indifferenza assoluta rispetto a quanto non va bene. I comportamenti problema non vanno mai trasformati in momenti di comunicazione attiva, transitiva oppure rinforzati con risposte che (anche se inavvertitamente) forniscono quanto desiderato dal bambino (es. il bambino grida e subito si esce, o si corre da lui, o ci si gira tutti verso di lui). Sappiate inoltre che molti comportamenti problema vengono eliminati semplicemente “appesantendoli” (es. se Jacopo si sfrega la testa o ha altre attività motorie inopportune ecco che gli si proporrà uno schema motorio più complesso da eseguire: fai questo, fai questo ecc. secondo una attività motoria grossolana, di una certa durata, ma preparata prima, così da essere competenti, veloci ed efficaci quando ci sarà da proporla. Esistono attività utili anche agli altri bambini e che si possono eseguire assieme: 184 mimare una poesia significativa). L’importante è non pensare che solo cose banali e di modesta rilevanza possano essere proposte perché così si anticipa e si amplifica la realizzazione del gap tra questi bambini e i coetanei. Ogni comportamento problema va interrotto prontamente. (Es. una ecolalia si interrompe introducendo questioni sulla stessa: due coniglietti; due coniglietti…Chiedete: Come fanno i coniglietti a scappare dal lupo? Dimmi come corrono i coniglietti? Di che colore sono i coniglietti?) Siate sempre presenti ma cercate di renderlo autonomo. Incoraggiatelo con complimenti quando si comporta adeguatamente (Es. appena sta seduto bene e in silenzio durante la lezione della maestra. Dopo un po’ di tempo). Premiatelo quando è opportuno ed adeguato e siate indifferenti quando non lo è. Quando il bambino realizza con successo qualcosa, andatene fieri e compiacetevi per un lavoro ben fatto da entrambi. Poi ,il giorno successivo, datevi un altro obiettivo, dimenticandovi del precedente successo. Compiacersi va bene ma si può ottenere di più. Fare bene non è così complesso come si è soliti pensare, né richiede un’enorme bagaglio formativo ma una speciale attenzione alle soluzioni pratiche, alle piccole strategie da adottare, un particolare riguardo ai principi secondo cui ci si deve muovere. Siate disponibili al confronto con gli altri operatori, con i genitori, senza paura di giudizi o critiche perché il lavoro da fare è molto e nessuno sa fare tutto da subito. Quello che invece non si dovrebbe dimenticare ma che non viene mai detto, è che ogni volta che non ci si impegna, che si lascia andare… si è perduta un’occasione, un’opportunità di aiutare un bambino e domani un uomo ad esistere oggi tra i bambini e domani tra gli uomini. 185 COSE DA NON FARE Non permettetegli di utilizzare le stesse cose, gli stessi materiali, sempre nello stesso ordine, ogni giorno. State attenti ad eliminare la sua rigidità e lavorate perché accetti meglio i cambiamenti. Non permettetegli di utilizzare comportamenti inappropriati per attirare la vostra attenzione. Non consentite anarchia, né confusione. Completate sempre i compiti prefissati magari riducendo i tempi di lavoro. Fate preparare e riordinare secondo modalità normali. Coinvolgete altri bambini nelle stesse competenze. Non permettetegli di stare o giocare da solo anche se lui lo vorrebbe. Attivatevi per ottenere un cambiamento verso l’interazione: non imparerà mai a giocare, a studiare o a condividere qualcosa con gli altri se li evita e se non glielo insegnate. Non cercate di evitare alcune situazioni solo perché ritenete che siano difficili per lui. Lavorate proprio sulle sue difficoltà, sfruttando la negatività per costruire positività, incoraggiando le sue capacità. Non confondete la calma con la lentezza o la noia. Lavorate e insegnate a velocità normale. Non costruite handicap sull’handicap. Non lo proteggete troppo. Lasciatelo diventare indipendente. Non permettete a voi stessi, come insegnanti di sostegno di rimane intrappolati nella routine della classe: i vostri obiettivi sono un po’ diversi da quelli degli altri docenti: le competenze e l’integrazione come occasione di normalizzazione con e attraverso coetanei. CONTINUITA’ Non dimenticate il confronto con i genitori. Serve anche a trasferire un ottimo lavoro in un ambiente in cui magari non si fa altrettanto, oppure per apprendere corrette modalità per effettuare e continuare un ottimo lavoro in una struttura che non lo sa ancora fare. Comunque vadano le cose da un confronto continuo è il 186 bambino che ci guadagna. FASE I INTERAZIONE - ADEGUATEZZA 1) Aiutate anche fisicamente il bambino a partecipare a tutte le attività Concentrate l'attenzione nel fargli imparare le prime regole essenziali (mettersi in fila, stare seduto; stare in silenzio). Non aiutatelo più quando è capace. 2) Aiutate il bambino nell’apprendimento in parallelo e in gruppo. Aiutate il bambino ad espandere la durata della attenzione e della relazione Aiutate il bambino ad agire tra gli altri bambini 3) Insistete sul "sapersi comportare"durante” la lezione Aiutatelo ad usare correttemente i materiali di lezione Aiutatelo ad usare correttamente i quaderni e i libri Aiutatelo a seguire la lezione alla lavagna. 4) Premiatelo molto per i comportamenti appropriati La lezione della maestra, quando tutti devono stare attenti, è un momento molto difficile per i nostri bambini. Inizialmente pretendete che il bambino sieda composto e in silenzio per poco tempo. Prefiggetevi un obiettivo alla sua portata. Rinforzate moltissimo se raggiunge questo obiettivo poi lasciatelo distrarsi e uscite ma scegliete voi il tempo di uscita anticipando il bambino possibilimente. Il giorno successivo pretendete l'attenzione per più tempo alla lezione da cui voi estrarrete (con una strategia comune e condivisa con la mestra) un elemento chiaro per disegnarlo, continuando questa procedura finchè il bambino è capace di sedersi appropriatamente per tutto il tempo deciso e di seguire parte della lezione. Se i capricci disturbano la classe potete tranquillamente allontanare il bambino dalla classe e andare fuori, ma solo per PROPORRE UN ALTRO LAVORO (magari più facile per lui) ma poi proponete in altra sede qualcosa di più complicato, meglio se 187 con un compagno presente, che funga da guida… ma mai "premiare" il suo comportamento negativo rinforzandolo, con il disimpegno o tollerando un comportamento inadeguato o solitario. FASE II VERBALIZZAZIONE 1) Promuovete l'uso del linguaggio Lavorate con il piccolo gruppo sui dialoghi formali e con la maestra e i compagni organizzate una brevissima lezione “finale” con domande e attività specifiche per Jacopo, a cui partecipino in modo corale tutti, ma in cui il protagonista sia lui. Richiedete il contatto oculare quando parla o gli viene rivolta la parola. Aiutatelo a rispondere correttamente alla maestra e agli altri bambini. A questo momento finale fate precedere e seguire un tempo breve di normali prestazioni molto adeguate al programma di alunni. Insegnategli il modo in cui può chiedere agli altri qualcosa 2) Prefiggetevi il raggiungimento di comportamenti appropriati nella classe. Seguire il lavoro di gruppo. Partecipare a progetti, competenze libere e strutturate, a quando si riordina la classe 3) Aiutate l’interazione L'insegnante di sostegno deve diventare amica degli altri bambini Gli altri bambini di conseguenza vorranno stere intorno a lei e quindi intorno al bambino in difficoltà. L'insegnante deve aiutare continuamente il bambino a partecipare, ascoltare e parlare con gli altri bambini in modo appropriato FASE III Perseguire: ADEGUATEZZA, PRECISIONE, COMPETENZA E DURATA. 1) Prefiggetevi piu indipendenza durante le attività 188 Richiedete al bambino si guardare il tabellone calendario delle attività e gli altri alunni nella lezione per sapere cosa succederà o farà dopo (non ditegli cosa deve fare ) Richiedete al bambino più verbalizzazione e iniziate a pretendere che entri nei discorsi, dapprima con semplici parole chiave, inerenti e facilitate nella formulazione e poi spontanee, alzando la mano per partecipare allediscussioni di classe Assicuratevi che il bambino canti tutte le canzoni, reciti le poesie, anche a turno, ecc. insieme alla classe 2) Aumentate la frequenza dell'interazione spontanea con gli altri bambini Incoraggiatelo a fare domande e a rispondere alle domande degli altri sempre piu elaborate Pretendete che attiri l'attenzione degli altri prima di parlargli toccandoli o chiamandoli per nome Incoraggiatelo a condividere Promuovete speciali amicizie anche fuori orario scolastico con i compagni di classe L'insegnante utilizzi il bambino come suo speciale aiutante in modo che gli altri lo ammirino per le sue qualità Riassunto delle regole generali 1. Discutere, Condividere, Preparare e Seguire un Progetto -Strutturare l’ambiente -Strutturare gli avvenimenti, modalità e tempi e i singoli esercizi -Informare su ruoli e attività, le altre persone o bambini coinvolti 2. Preparare e Predisporre gli strumenti; coinvolgere il bambino nella preparzione e nel riordino 3. Non consentire tempi morti 4. Tranquillità, Disponibilità, Comprensione, Calma e Buon umore, Lasciare i problemi a casa 5. Anticipare 6. Perseguire: Adeguatezza, Precisione, Competenza e Durata 7. Cercare e ottenere lo Sguardo; prolungare lo sguardo a 189 cinque secondi. 8. Formulare le richieste in maniera chiara, semplice, pacata, a moderato tono di voce 9. Verbalizzare ciò che si compie 10. Pretendere, invogliare, attendere verbalizzazione 11. Coinvolgere Individuare, visualizzare, definire gli esercizi 12. Facilitare i compiti. Avviarli e lasciarli compiere in autonomia Introdurre il ruolo del compagno, sfruttando l’imitazione, la turnazione, lo scambio. 13. Che ogni attività divenga un successo, un piacere 14. Richiedere cose secondo obiettivi pre-definiti Non produrre richieste esorbitanti le capacità e se irrosolte occorre semplificare 16. Ridurre progressivamente suggerimenti o premi 17. Favorire e premiare l’attenzione prestata a ciò che succede nell’ambiente, anche incidentalmente, al di fuori del compito. 18. Favorire e premiare qualsiasi richiesta (ad eccezione di premi organizzati secondo gettoni di economia) se formulata correttamente anche se extra situazione 19. Lateralizzare (favorire l’uso della sola mano destra – o sinistra, se mancino - nelle attività di rito) 20. Non creare esclusione dalle attività o rallentamento nell’ esecuzione di richieste. 21. Seguire l’ordine di scrittura (da sinistra a destra; dall’alto al basso) nelle attività grafiche e di lettura o interpretazione di immagini 22. Strutturare ma non ritualizzare 23. Premiare sempre i comportamenti corretti. Non considerarli mai ovvi e scontati. 24. MAI PREOCCUPARSI DI EVENTUALI COMPORTAMENTI PROBLEMA MAI PREMIARLI nemmeno inavvertitamente; né renderli comunicazione fruibile. Continuare a proporre il progetto della giornata o prodursi in proposte alternative o strategie opportune 190 25. Riferire sull’andamento e confrontarsi 191 YPOTHÈSE SUR "NATURALISTES" Paul Tréhin LES PEINTURES PRÉHISTORIQUES Résumé : De nombreuses questions viennent à l’esprit à propos des formes d'arts préhistoriques, en particulier les plus élaborées, telles que celles trouvées dans les grottes de Lascaux, Cosquer, Chauvet, Côa, Niaux, etc. , formes qu'on appelle "naturalistes" par opposition aux dessins plus schématiques et abstraits de type "symboliques" telles que celles de la Vallée des Merveilles ou de Val Camonica et bien d’autres du même style. • L'apparition de dessins et peintures semblant avoir été soudaine puisqu'on ne trouve pas de formes évolutives antérieures de ce style. Comment est apparu cette forme avancée d'art ? • Comment ces artistes ont ils appris ? • Comment est il possible que des artistes éloignés dans le temps (plus de 10000 ans) et dans l'espace (Europe du Sud Afrique du Sud) aient pu avoir des styles si semblables ? Une autre catégorie d'artistes, un sous groupe parmi les personnes autistes, exécute des œuvres d'art tout à fait remarquables. Cet art apparaît souvent dès leur plus jeune âge, et se perpétue généralement à l'âge adulte, sans qu'ils n'aient eu de formation au dessin. Par ailleurs, des personnes autistes n'ayant eu aucun contacts entre elles ont produit des œuvres d'un style étonnamment similaire. Ces artistes autistes étaient parfois appelés "Idiots savants", terme maintenant abandonné au profit du terme de "Savants Autistes". Ces personnes ont un "style cognitif" différent. L'hypothèse développée dans cet essai est qu'il se pourrait que les peintres et dessinateurs "naturaliste" de la préhistoire aient étés des personnes que l'on qualifierait aujourd'hui de "Savants Autistes". Cette hypothèse est étayée par d'autres remarques montrant de nombreux points de similitudes entre ces deux groupes d'artistes. Introduction Le titre de cet essai est déjà en lui même l'expression d'un choix, celui de distinguer deux grandes catégories dans l'art 192 préhistorique, une forme d'art que l'on peut appeler "naturaliste " et l'autre "symbolique". Par "naturaliste" j'entend parler de la forme d'art des peintures et gravures pariétales telles que celles de Lascaux, Roufignac, Cosquer, Chauvet, Côa, Niaux en France, Altamira en Espagne, Romito en Calabre, en Libye, en Afrique de Sud, etc. où la représentation des animaux, bien que stylisée, reste très fidèle aux modèles. La forme "symbolique", elle, s'éloigne de la représentation du modèle soit par un trait et une forme simplifiés, soit par des déformations voulues de certaines parties du modèle pour en accentuer un aspect particulier. Dessin "naturaliste" Grotte de Niaux Gravure "symbolique" Niger Il me semble en effet que ces deux formes d'art devaient avoir des auteurs très différents et que cette distinction de forme pourrait être propre à éclairer d'une manière originale la vision que nous avons de l'apparition de l'art pariétal. Qui étaient les artistes qui peignaient de si merveilleuses œuvres d'art "naturaliste" sur les parois des cavernes il y a entre trente cinq et dix mille ans ? Où et comment ont ils acquis leur superbe maîtrise du dessin ? Comment cet art s'est il répandu dans l'espace et dans le temps pendant plus de 25000 ans et sur des milliers de kilomètres ? Y avait il un sens à ces dessins et si oui, quel était il ? Le plus souvent, sans faire la distinction entre les deux grandes 193 catégories proposée ci-dessus (naturaliste symbolique), de nombreux historiens de la préhistoire ont proposé des hypothèses sur ces créateurs et sur le sens de leurs œuvres : L'interprétation magique et divinatoire du futur (Bronowski 1973). L'interprétation structuraliste et religieuse (Leroi-Gourhan 1972) perpétuée jusqu'à ce jour, reste très vivace. L'interprétation chamanistique (Clottes 2001) provoque des remous dans le monde de la paléontologie . L'interprétation fondée sur le plaisir de la création “même si bien peu croient encore à l’art pour l’art“. L'interprétation liée à la mutation génétique qui aurait engendré l’homme moderne (Klein 2000), entraînant une évolution cognitive (Mithen 1999) qui expliquerait l'apparition soudaine d’un art très riche il y a environ 40000 ans. Se pose alors la question d’expliquer pourquoi l’Homo Sapiens Sapiens, apparu il y a environ 100000 ans, aurait attendu si longtemps avant de devenir créatif, artistiquement parlant. Je propose ici une autre hypothèse, limitée à l'art que j'ai appelé "Naturaliste", étayée par quelques éléments d'analyse qui, bien que partiels, pourraient apporter quelques pistes de recherche. J'espère que d’autres chercheurs pourraient être suffisamment intéressés par cette analyse succincte pour entreprendre de tester cette hypothèse, au sens Popperien, et peut être ouvrir des pistes de recherches pluridisciplinaires plus approfondies dont je n'ai ni les compétences ni les moyens. Cette recherche se fonderait sur la fertilisation croisée de deux champs de recherche qui n'ont à priori rien à voir l'un avec l'autre : l'étude de l'art pariétal "Naturaliste" d'un côté et la compréhension du fonctionnement cognitif permettant l'expression des talents extraordinaires en particulier en dessin, de certaines personnes autistes appelées "Savants autistes", de l'autre. Il existe en effet un petit sous groupe de personnes atteintes d’autisme ayant des talents véritablement extraordinaires (Hermelin 2001), en calcul y compris le "don du calendrier", en musique, et pour ce qui nous intéresse, en dessin ou en sculpture. L’exemple ci-dessous a été réalisé par une jeune enfant autiste, Nadia, à l’âge de quatre ans (Selfe 1977). 194 Cheval de manège dessiné par Nadia à quatre ans Cette analyse s'appuyant sur un domaine de connaissances en dehors de l'étude de l'art préhistorique serait un essai d’approche "exogène", telle qu’elle avait été suggérée par l'éminent préhistorien Michel Lorblanchet "La connaissance précise des significations est hors du domaine de l'archéologie de l'art préhistorique", cité dans le numéro hors série de "La Recherche" sur "la Naissance de l'Art" (Lima 2000). L’hypothèse formulée est la suivante : Se pourrait il que ces artistes aient étés des "savants " comme on peut en trouver assez fréquemment parmi les personnes autistes (Edelson 1995), mais aussi dans quelques rares cas de traumatismes crâniens (Treffert 2001)? Cette hypothèse peut être reliée à deux des interprétations citées précédemment : L'interprétation de "l'art pour l'art", et celle de la "mutation génétique"(Klein 2000), mais dans ce cas appliquées uniquement à la forme d'art "Naturaliste" et non à l'art préhistorique en général. Les critiques faites à l’analyse de Klein (Appenzeller 1998) sont justifiées quand on englobe toutes les formes d’art préhistorique mais le sont moins dans le cadre de l’art "Naturaliste". Cette analyse rejoint aussi, en partie au moins, celle faite par Jean Clottes sur la naissance de l'art "A partir du moment 195 où le concept artistique existe, il suffit de quelques individus doués pour arriver très vite à d'excellentes représentations" (Langaney et al 1998, pp 69). Il semble bien en effet que les artistes "Naturaliste"de la préhistoire aient étés fort peu nombreux compte tenu de la rareté des œuvres retrouvées par rapport au plus grand nombre d’œuvres "symbolique" répertoriées. Dans cette perspective il n'est toutefois pas évident que les hommes préhistoriques aient effectivement perçu leurs propres dessins et peintures comme de l'art ni même comme une expression esthétique : les personnes autistes douées en dessin sont très surprises de voir que leurs œuvres, pourtant extraordinaires, émerveillent les autres personnes. L'art "symbolique", de son côté, semble avoir une évolution très différente et correspondant probablement mieux aux interprétations gradualistes de l'apparition de l'art., on trouve en effet des formes plus primitives de cet art datant de bien avant 50 000 ans (Balter 2002). Cette forme d'art se prête aussi mieux aux interprétations religieuses et ou chamanistiques et hallucinatoires, comme le montrent les études sur l'interprétation de ces formes d'arts préhistoriques par les Bushmen modernes (Saint-Blancat 1991). Il a été montré que les techniques de fabrication des produits servant à exécuter ces dessins et peintures auraient été développées bien avant l'apparition des peintures "naturalistes". Des bâtons d'ocres existaient en effet dès la fin du néandertalien et au début de l'homo sapiens (Nougier 1970), il y a 50000 à 40000 ans. Il serait imaginable que les peintres ayant produit les œuvres "naturalistes" aient été des artistes exceptionnels et qu’ils aient pu utiliser ces techniques mises à leur disposition par leurs aînés et les surpasser dans la réalisation artistique. C’est ce qu’on observe avec les jeunes enfants autistes doués utilisant les mêmes crayons que leurs camarades pour dessiner des œuvres incomparablement plus avancées que celles des autres enfants. L’art "symbolique" ne semble pas avoir été influencé par les capacités extraordinaires des artistes "naturalistes" et a continué 196 son évolution au cours des millénaires, affinant sa capacité communicative sans trop se préoccuper de la fidélité de la représentation, entre autre vis à vis de la perspective. Pour la compréhension de l'art préhistorique que j'ai appelé "Naturaliste", l’hypothèse " savants autistes " apporterait une nouvelle perspective. Pour les personnes autistes, cela montrerait, si nécessaire, la valeur de la diversité et le danger de toutes les formes d'eugénisme. Temple Grandin, disait dans une conférence : "Si par un moyen quelconque on était arrivé à éradiquer l'autisme dès les temps préhistoriques, les hommes seraient toujours entrain de socialiser autour d'un feux dans une caverne". Fallait il à l’évolution des civilisations humaines des personnalités hors du commun pour bousculer les schèmes traditionnels? Mais ne fallait il pas aussi des personnalités plus traditionnelles pour exploiter ces nouveautés ? James March, grand spécialiste de la Théorie des Organisations distingue les comportements d’exploration et les comportements d’exploitation dans les organisations. Les deux sont nécessaires au développement des organisations. Si nous considérons que les tribus préhistoriques étaient des organisations, nous avons le même besoin pour l’exploration et l’exploitation. Certaines personnes autistes auraient elles été indispensables à l’évolution de nos sociétés par leur comportements d’exploration? Nous étudierons successivement les points suivants : • Les merveilles et mystères de l'art pariétal "Naturaliste" • La comparaison entre oeuvres "Naturalistes" et "symboliques" • L’existence de formes innées de l'art chez certaines personnes atteintes d’autisme • La comparaison avec les dessins d'enfants du même âge non atteints d’autisme • La comparaison des dessins de personnes autistes et des dessins préhistoriques 197 • Au delà des similitudes de styles artistiques Bibliographie sommaire T. Appenzeller, “Evolution or Revolution?”, Science 1998 282: 1451. M. Balter, “Oldest Art, From a Modern Human Brow – or Doodling ?”, Science, Volume 295, Number 5553, Issue of 11 January 2002, pp 247-249 J. Bronowski, "The ascent of man", Little Brown Company, Boston 1973, pp 50-56 J. Clottes, "La grotte Chauvet, l'art des origines", Le Seuil, Paris 2001 S. Edelson, " Autistic Savant "Center for the Study of Autism, Salem, Oregon, http://www.autisme.com/ari/pubs., 1995 B. Hermelin, "Bright Splinters of the Mind. A personal story of research with Autistic Savants " , Jessica Kinsley Publishers, London 2001 R.G. Klein,"L'art est il né d'une mutation génétique", La Recherche Hors Série N°4, novembre 2000. A. Langaney, J. Clotte, J. Guilaine, D. Simonet, "La plus belle histoire de l'homme", Seuil, Paris 1998 A. Leroi-Gourhan,"Les hommes préhistoriques et la religion", La Recherche Spécial 30 ans, article initialement publié dans la même revue en septembre 1972. P. Lima, "Un siècle d'interprétations, de l'art pour l'art au structuralisme, de la magie au chamanisme", La Recherche Hors Série N°4, novembre 2000 M. Lorblanchet, “LA NAISSANCE DE L’ART, Genèse de l’art préhistorique ”, Editions Errance 1999 Steven Mithen, “The Prehistory of the Mind: The Cognitive Origins of Art, Religion and Science”, Thames & Hudson; ISBN: 0500281009, 1999 L.R. Nougier, "L'économie préhistorique", Que Sais-je N° 1397, PUF 1970 J. Saint-Blancat, "Les Bushmen racontent leurs ancêtres", Science et Avenir, mai 1991 L. Selfe, "Nadia, a case of extraordinary drawing ability in an autistic child", Harcourt Brace 1977 S. Tiné, "Il Paléolitico", in E. Lattanzi, "Il Museo Nazionale di Reggio Calabria", Gangemi Editore, pp 19-21 D. A. Treffert," Is There A Little Rain Man In Each Of Us?", (2001) http://www.wismed.org/foundation/eachus.htm 198 IMAGINATION ET CREATIVITE DANS L'AUTISME. Chantal Tréhin Il est reconnu que le développement de l'imagination dans l'autisme présente des anomalies importantes. L'imagination est considérée comme l'une des trois composantes de la triade de difficultés rencontrée dans l'autisme: Socialisation Communication - Imagination Est-ce à dire que les personnes autistes sont dénuées d'imagination? Comme pour tout ce qui concerne les difficultés spécifiques à l'autisme, il est préférable de raisonner en termes qualitatifs plutôt que quantitatifs, de développement différent plutôt que retardé ou absent. Dans l'enfance, l'imagination se manifeste principalement à travers le jeu et les dessins. Parmi les fonctions de l'imagination, il y a: * pouvoir créer ou recréer un centre d'intérêt en son absence * pouvoir disposer d'une "version idéale" de la réalité. Développement de l'imagination chez l'enfant normal Au début l'enfant normal reproduit la réalité dans son jeu, imite les adultes. Il commence par reproduire des actions familières en dehors de leur contexte normal mais très vite il invente, il refait une réalité plus agréable, voire même un monde très éloigné de la réalité (fantastique, magique, monstres etc.) afin de rendre plus concret ses désirs ou ses peurs. Ses dessins sont codifiés. Il ne représente pas réellement ce qu'il voit "L'enfant ne dessine pas ce qu'il voit mais ce qu'il sait." (H Gombrich). Il utilise des conventions, par exemple pour représenter le soleil, les oiseaux, les maisons etc. A l'âge où il commence à être capable de faire plus que gribouiller, il dispose déjà d'un ensemble de représentations et de concepts. Avant 8 ans, l'enfant dessine ce qu'il sait. Ce n'est que vers cet âge qu'il commence à être conscient de la différence entre ce qu'il voit réellement (comme une table avec 3 pieds ou au mieux un 4ème incomplet) et ce qu'il sait être là. (E. Newson) Développement de l'imagination chez l'enfant autiste 199 Le jeu Chez les enfants avec autisme, lorsque le jeu symbolique se manifeste, c'est de façon plus concrète. On note alors une tendance soit à reproduire des séquences telles quelles ont été apprises dans le cadre d'interventions par des spécialistes (par exemple l'enfant reproduit la séquence de "dînette" comme il l'a pratiquée avec le psychologue), soit à s'inspirer de, voire à reproduire fidèlement, les histoires des livres ou des bandes dessinées qu'il a pu lire ou qu'on lui a lues, ou celles qu'il peut suivre sur des vidéos. Il reproduit alors parfois des dialogues entiers en écholalie. Il arrive qu'il attribue d'office des rôles aux personnes de son entourage, et parfois même aux objets. "Faire semblant d'être un personnage imaginaire" faisait partie des exemples donnés pour illustrer les critères du DSMIII-R. Lorsqu'ils font leur apparition, ces personnages imaginaires sont alors directement copiés, parfois avec très peu de modifications, sur les personnages de bandes dessinées ou de dessins animés. Il semble que l'enfant ait besoin des modèles que forment à la fois le contenu et le support pour rendre concret, grâce à eux, ces histoires qu'un enfant ordinaire est capable d'inventer, et se contente souvent d'imaginer ou de se raconter d'une façon plus abstraite. Le dessin On note un certain nombre de caractéristiques communes: • Au début, on trouve le plus souvent une reproduction assez fidèle d'un modèle. Ce modèle peut être un objet réel, souvent le genre d'objet qui n'inspire pas spécialement les enfants en général (l'enfant recopie la table, le lecteur de cassettes, le plateau de la cafétéria, les antennes de télévision sur les toits, les lampadaires…), souvent aussi, il s'agit déjà d'un dessin. Mais reproduction ne veut pas dire copie, l'enfant en général reproduit ce modèle de mémoire (sans la présence du modèle) Exemples Nadia et les pélicans, ou Stephen Wiltshire qui tourne le dos au bâtiment qu'il est en train de dessiner. • Le support lui même est souvent reproduit. Si le modèle vient 200 d'une bande dessinée, le dessin sera dans des vignettes de format comparable à celui du modèle. Certains enfants vont même "fabriquer" des livres en assemblant, ingénieusement parfois, des feuilles de papier pour former un livre. D'autres peuvent reproduire un support sous forme d'affiche, de boîte, de timbres etc. • L'utilisation de l'espace n'est pas dictée par le papier. Le cadrage n'est pas symbolique, selon l'endroit où le dessin est commencé, un objet peut être coupé, ou le dessin déborder du papier • On voit peu d'utilisation de conventions de représentation (par exemple le soleil avec ses rayons ou la maison avec le chemin qui arrive à la porte), sauf si le modèle est déjà un dessin, auquel cas la convention sera reproduite de façon invariable (même les débuts de la perspective sont des conventions). On voit plutôt une représentation exacte de la réalité perçue, même si elle est maladroite. • La technique: certains utilisent un moyen préférentiel, voire exclusif: Lors de sa première visite chez E. Newson, Nadia a utilisé les crayolas qu'on lui proposait et qui semblaient adaptés à une enfant de cet âge (6ans). Ce n'est que lorsqu'on lui a donné un stylo qu'elle s'est mise à dessiner de façon étonnante. Apprentissage Parfois le dessin commence par l'apprentissage de techniques élémentaires, ou plus complexes. Voici ce que rapporte la maman de Nicolas "A 11 ans il dessinait des bonshommes bâtonnets très élémentaires. Un jour j'ai emprunté à la bibliothèque une vidéo de Jim Henson (le créateur des 'muppets' qui s'appelait 'Tu es dessinateur'. Il l'a regardée et a immédiatement dessiné la plus belle 'Kermit la grenouille' que j'ai jamais vue. Certains commencent par la couleur, voire restent essentiellement attirés par cet aspect. Philippe est un adulte qui a passé une grande partie de sa jeunesse en milieu psychiatrique. Il n'a pas acquis de technique de dessin et se contente de lignes simples, mais il montre dans ses 201 productions une fascination pour la couleur qui le fait choisir celleci avec soin puis assembler ses feuilles d'une façon qui visiblement ne doit rien au hasard. Malheureusement, seul le processus de création semble l'intéresser. Lorsqu'il a terminé son assemblage, il se désintéresse du résultat et peut très bien empiler les feuilles peintes alors qu'elles ne sont pas encore sèches… Philippe ne semble pas intéressé par le regard des autres sur ses dessins. D'une manière générale, au début, les dessins ne sont pas destinés à être admirés. Ce n'est que plus tard, et seulement s'ils sont utilisés socialement et valorisés par l'entourage, que l'enfant est encouragé à les utiliser ainsi. Evolution Une caractéristique fréquemment retrouvée est une évolution par toutes petites étapes, faite de modifications légères, presque insensibles. Le même dessin est reproduit, mais avec des couleurs, ou des lignes, ou des positions, ou encore sous un angle légèrement différents. On retrouve le même phénomène dans les histoires racontées qui parfois varient uniquement sur certains détails, mais qui pour l'enfant ne sont pas les mêmes histoires. Conclusion Cette forme de symbolisme permet à la personne autiste qui y a accès de substituer en partie à l'objet réel sa représentation. Ceci la rend moins dépendante de l'environnement pour accéder au plaisir important que lui procurent ses intérêts particuliers et diminue l'étrangeté des comportements liés à cet intérêt. Comme c'est le cas de l'imagination en général, elle procure à la personne autiste un moyen de disposer d'une version plus parfaite de cette réalité, que le monde réel ne peut lui offrir, et donc peut être une grande source de plaisir. Exemple de support concret: les villes imaginaires Il s'agit là d'un thème fréquent, que l'on retrouve chez beaucoup de personnes autistes aimant et sachant dessiner (Stephen 202 Wiltshire, Damien Eschbach, Gilles Tréhin) voire chez certains n'ayant pas de capacités spéciales dans ce domaine (Nathanaël Mini). Les similitudes sont frappantes, et même dans les dessins maladroits de Nathanaël on retrouve nombres de points communs avec ceux des autres (intérêt pour les transports en commun, ligne de métro, gares). Uville, ville imaginaire de Gilles Tréhin, est une illustration complète de la richesse imaginative qui peut être atteinte grâce à ce support concret, aussi bien sur le plan du dessin que dans plusieurs dimensions de la créativité. 203 INTRODUCTION À URVILLE G. Trehin Artista Autistico Bonjour je m'appelles Gilles Tréhin je suis né en 1972. Je vis à Cagnes sur Mer, à coté de Nice, dans le Sud Est de la France. Je dessine depuis l'âge de 5 ans et j'ai toujours été passionné par les grandes villes et les avions. A partir de 1984, j'ai commencé à être intéressé par la conception d'une ville imaginaire, elle s'appelle Urville, le nom est venu de "Dumont d'Urville", le nom d'une base scientifique dans un territoire français de l'Antarctique. Depuis je dessine des vues de cette ville et j'écris actuellement une description historique, géographique, culturelle et économique d'Urville. Si vous voulez savoir plus d'informations sur Urville suivez moi Site Web d'Urville _ http://perso.libertysurf.fr/URVILLE/ Urville Web Site _ Hello, my name is Gilles Trehin, Born in 1972, I live in Cagnes sur Mer, near Nice, in south-east of France. I have been drawing since the age of 5., I have always been fascinated by big cities and aeroplanes. Since 1984, I started to be interested by the conception of an imaginary city, it's called Urville, the name came from "Dumont d'Urville", a scientific base, in a French territory of the Antarctic. Since then, I am doing some drawings on this city and I am 204 actually writing a historical, geographic, cultural and economic description of Urville. If you want to have more information follow me on my website. Gilles Tréhin 58 av de la Gare 06800 Cagnes sur Mer FRANCE [email protected] Introduction Générale Urville est une ville de 11 820 257 habitants (1999), elle est la plus grande ville de France et Europe en population. C’est la capitale de la région administrative Provence Insulaire comptant 14 275 960 habitants. La ville est divisée en 35 arrondissements. Urville dispose de Cour d’Appel, Cour d’Assise, Tribunal de Grande Instance, Université, Archevêché et d’autres services administratifs. Urville est la capitale économique de la France. Elle regroupe les sièges sociaux de grandes entreprises (banques, assurances, compagnie nucléaire, compagnie pétrolière, informatique, électronique, chimico-pharmaceutique). L’activité industrielle (chimicopharmaceutique, équipement, textile, agroalimentaire, produits de bien…) représente malgré son déclin depuis 1975 encore 28% de l’activité économique d’Urville. Urville est la capitale financière de la France, c’est la plus importante bourse du pays. Le secteur de la presse est très important, Urville abrite comme quartiers généraux, plus de 400 205 revues, 30 journaux nationaux et plus de 100 maisons d’édition. Urville est une capitale internationale culturelle et abrite d’importants musées et plus de 300 théâtres. De nombreuses manifestations culturelles comme des concerts, des expositions, des festivals et des foires traditionnelles y sont organisées. Urville fut fondé sous le nom de " Qart-Sous-Yam " (Carsouce) au 12ème siècle av. J.C. par les Phéniciens. Elle devient Urbis (Urville) au 1er S. av. J.C. sous les Romains. Urville était la 3ème ville de l’Empire romain jusqu’au 5ème S. ap. J.C., elle comptait au 3ème S. ap. J.C. près de 250 000 habitants. Vue sur la Tour An 2000. (décembre 1997) (1 X 2 X haut. 65/ larg. 50 cm) Au Moyen Age, Urville passe successivement sous dominations des Ostrogoths, des Francs, Maison d’Arles et Maison d’Anjou. Durant cette période, après les crises successives du 5ème au 10ème siècle, la ville s’est développé à cause de son commerce maritime florissant au 12ème siècle, et malgré les crises du 14ème siècle, elle redevint florissante alors de la 2ème moitié du 15ème siècle. En 1480, Urville passe sous domination de la Cour de France. En 1789, à la Révolution Française, Urville compte 2.8. millions d’habitants, mais le nombre de logements devient trop limité pour accueillir le fort accroissement populaire dut à la Révolution Industrielle. Pour faire face, le préfet d’Urville fait appel à l’Urbaniste Oscar Laballière (1803/ 1883) pour entreprendre de gigantesques travaux d’urbanisme qui dessine Urville encore aujourd’hui. Si la ville fut épargnée pendant la 1ère Guerre Mondiale, elle fut bombardée pendant la 2ème Guerre Mondiale. mais humainement, Urville fut touchée, près de 300 000 personnes furent tuées pendant la 1ère Guerre Mondiale et plus de 200 000 personnes à la 2ème Guerre Mondiale. Après la 2ème Guerre Mondiale la France connaît un fort exode rural vers les villes. Avec ce phénomène la population d’Urville passait de 7.9 millions d’habitants à 11.6 millions d’habitants, 40 ans plus tard, en 1990. Dans ce livre il n’était pas possible pour le moment de mettre 206 tous les principaux quartiers d’Urville parce que l’ensemble de la surface n’a toujours pas été dessinée. Les dessins du livre Urville Visite Guidée sont extraits des 5 principales vues générales de différents secteurs de la ville. D’autres sont en projet à l’avenir. Chaque dessins d'Urville est accompagné d'un texte expliquant le contexte historique, géographique, économique et culturel du quartier représenté sur la vue en question. Exemple : Ch. 1.25 Halles de Singirond. (novembre 2000) (long. 42 / larg. 29.7cm) (1er Arrondissement) Aujourd'hui la halle accueille tous les jeudis matins et dimanches toute la journée un marché où des artisans vendent leurs produits. Certains dimanches ce marché a parfois accueille parfois plus de 300 000 visiteurs. C'est la halle centrale du vieil Urville. Historiquement elle fut construite en 1402 par l'architecte Julbertin (1368/1412) qui a donné le nom du comte Singirond (1364/1432), Comte d'Urville de 1390 à 1432, à la construction de l'édifice. Il fut prévus pour y accueillir des marchés consacré à la vente de produits agricoles et bétail venus du comté pour y être vendus en ville contrôle par des négociants en agriculture et élevage. La Halle de Singirond fut le théâtre d'un incendie en 1554. Elle fut reconstruite en 1561 par l'architecte Alain Fégondrac (1517/ 1589). 207 La halle est construit sur la Place des Patriciens, celle ci fut construite en 1167 par l'architecte Fortouillin (1122/ 1180). La place accueille depuis 1954 chaque année en août la Fête Médiévale d'Urville, cette fête se déroule dans de nombreux lieux de la vieille ville. De gauche à droite nous apercevons l’Avenue Téguras et Rue de l’Apostrophe. Ch. 14.6 Gare de Bretagne. (novembre 1995/ § février 1999) (long. 42 / larg. 29.7cm) ème (8 Arrondissement) C'est le point de départ vers la banlieue nord ouest d'Urville, la haute Provence, le centre de la France, la Normandie et de la Bretagne. C'est une des moins importantes gares principales d'Urville, au niveau des quais mais son trafic reste très important. La gare a été inaugurée en 1857 après avoir été dessinée par l'architecte Adolphe Monginiesc (1821/1897). Le T.G.V. en direction de Saint Etienne et Clermont Ferrand puis Nantes et Rennes fut respectivement mise en service en 1989 puis 1990. Notez que Gilles a ainsi présenté plus de 200 dessins d'Urville. 208 “AUTISMO E ASSOCIAZIONISMO” Dott.ssa Gabriella Lo Casto Psicologa Psicoterapeuta Consulente A.G.S.A.S. onlus Ringrazio il dott. Aloisi per avermi dato la possibilità di intervenire a questa 2a edizione del convegno e nella fase conclusiva, in modo particolare, permettendomi così sia di parlare di ciò che l’A.G.S.A.S. sta portando avanti che condividere con voi le risonanze, le emozioni, le riflessioni che il confronto diretto, durante questo convegno, con le altre realtà associative, i professionisti del campo, gli autistici, i partecipanti intervenuti mi hanno “stimolato”. Ringrazio in particolar modo Lisa Perini per avermi concesso attraverso un dialogo autentico fatto di parole e, soprattutto di sguardi, di entrare nel suo mondo, di avermi avvolto nella sua dolcezza disarmante e di avermi impartito lezioni di vita vera così come ringrazio Tiziano Gabrielli che, nonostante la realtà dura dell’autismo, mi ha trasmesso tutta l’energia, la gioia e l’orgoglio di essere autenticamente genitore vero di un bambino vero che ti rende la vita speciale ed unica. Tutte le ricerche, le esperienze e le testimonianze che sono state riportate a questo convegno non devono andar perdute: il messaggio di fondo che questo evento ha cercato di trasmettere sin dalla sua ideazione e nel coinvolgimento di altre realtà associazionistiche, è quello di far cessare la dispersione delle forze e delle risorse e di impegnarsi nella creazione, nello sviluppo e nel potenziamento delle sinergie sia nel rapporto tra questi grandi mediatori sociali, le associazioni appunto, e le realtà istituzionali territoriali. L’isolamento, la chiusura comunicativa e relazionale, la mancanza di reciprocità che caratterizza le persone autistiche non deve riflettersi, rafforzarsi e perpetuarsi nella realtà delle associazioni e nella territorialità. L’autismo di per sé è già una realtà complessa ed enigmatica: la disinformazione, l’incomprensione sociale, lo scollamento tra i servizi e l’assenza di continuità educativa non si risolvono lavorando e combattendo da soli. È abbastanza evidente quali sono le ragioni che spingono la 209 nascita di gruppi e la costituzione in associazioni: le finalità e le prospettive sono comuni; dare risposta agli interminabili interrogativi che ogni genitore si pone da quando nota che c’è qualcosa che non va nel proprio bambino, alla drammatica comunicazione della diagnosi e lungo i pellegrinaggi “della speranza” alla ricerca di una soluzione. Le associazioni devono poter essere in grado di: - far fronte ai vissuti di confusione, disorientamento, solitudine e inadeguatezza che vanno caratterizzando il modus vivendi delle famiglie; - alleviare il carico di stress che incide nelle dinamiche relazionali, - orientare e supportare nelle scelte - personalizzare e professionalizzare negli interventi - stimolare le responsabilità sociali, garantire e tutelare il rispetto della dignità della persona. L’A.G.S.A.S. nasce così come tante altre realtà per sostenere le famiglie, per formare operatori e intervenire a “misura” di autismo nel rispetto dell’individualità della persona, per informare, per dialogare con le strutture sanitarie, scolastiche e amministrative, ma soprattutto per promuovere la ricerca medica e scientifica sulle cause dell’autismo attraverso l’organizzazione di convegni e la costituzione di un Fondazione nazionale per la ricerca sulle cause dell’autismo. Negli anni, l’associazione ha portato avanti e sta realizzando alcuni grandi progetti nell’area della ricerca, del sostegno, dell’informazione, del dialogo con i servizi: (SLIDE A.G.S.A.S. 1) 1) Il progetto “Semina” , rivolto ad adolescenti e adulti, centrato sull’inserimento di operatori formati che intervengono in sinergia con i genitori, coinvolti attivamente quali terapisti-partner, all’interno e all’esterno del nucleo familiare secondo un piano di trattamento individualizzato e coordinato da un’équipe specialistica col fine di rafforzare i risultati raggiunti in termini di competenze cognitive e sociali apprese e di favorire l’inserimento lavorativo e l’integrazione sociale; 2) “Una voce nel silenzio” è il progetto di formazione di operatori da destinare come tutor-mediatori della persona autistica con la realtà sociale; 210 • l’importazione e l’adattamento del progetto “DAMA” (Disable Advanced Medical Assistance) esposto nella relazione di ieri del prof. Mantovani, ossia la realizzazione di un’unità operativa dedicata ad interventi diagnostici e terapeutici urgenti su pazienti con grave disabilità della comunicazione; • l’attivazione di un progetto psicoeducativo di inserimento di bambini con autismo nelle ludoteche; • la realizzazione, presentazione e divulgazione di documentari scientifici che raccontano la vita e il mondo degli autistici e delle loro famiglie; • l’organizzazione di seminari di studio e convegni internazionali dal taglio medico scientifico; • la distribuzione di materiale informativo, come la fiaba “Calimero e l’amico speciale” e il bollettino dell’A.N.G.S.A.; • la gestione di uno “sportello di ascolto” per orientare nelle scelte e supportare familiari e operatori; • la costituzione di una biblioteca e di una videoteca specializzata sull’autismo; ma soprattutto, grazie alla disponibilità e alla collaborazione dello staff di Radio Mia, nella persona di Maurizio Tiziano e di Palermo Web nelle persone di Giorgia e Giorgio De Simone (SLIDE RADIO 2 solo titolo) • ho il piacere di presentare e, proprio attraverso questo convegno, inaugurare la nascita e l’avvio di un progetto di informazione e sensibilizzazione sulle persone con disabilità grave della comunicazione e dell’interazione sociale RADIO AUTISMO Questa radio si propone come spazio di comunicazione, informazione, sensibilizzazione e promozione sociale innovativo ed esclusivo, dal taglio specialistico ma facilmente fruibile alle diverse utenze, dedicato al tema dell’autismo, che mediante l’uso di un sistema di diffusione sia in F.M. parzialmente che su sito Web 24 ore su 24, permetterà la partecipazione e il confronto, seppur “mediati” dal mezzo radiofonico con le iniziative “in-formative” a livello regionale, nazionale ed internazionale. (SLIDE RADIO 2) Obiettivi La radio permetterebbe il raggiungimento di alcuni obiettivi fondamentali quali: • informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della 211 disabilità; • aggiornare gli operatori del settore e le famiglie; • diffondere le conoscenze culturali e scientifiche più aggiornate, fornire informazioni sullo stato attuale della ricerca scientifica, sui fabbisogni sociali e socio-sanitari, sulle strategie di intervento, sulle politiche di inserimento lavorativo e di integrazione sociale; • raggiungere una visione culturale e scientifica comune del problema e dello stato attuale della ricerca; • divulgare opportunità formative e in-formative (convegni, seminari, incontri-dibattito, interviste); • offrire occasioni di manifestazione di difficoltà, condivisione e sostegno; • migliorare lo scambio tra le associazioni di familiari, le istituzioni socio-sanitarie ed il mondo della ricerca scientifica; • stimolare iniziative nelle istituzioni pubbliche e private; • promuovere un modello di società più attenta ai bisogni di integrazione e al rispetto dell’individualità e della dignità umana. Fasi di realizzazione (SLIDE RADIO 3 START UP - SPOT) Lo spazio radiofonico, verrà organizzato secondo un palinsesto strutturato da un comitato scientifico e tecnico di redazione e di valutazione composto da professionisti appartenenti al mondo della ricerca scientifica ed esperti nell’intervento e familiari rappresentanti delle associazioni che vorranno aderire al progetto: il comitato si occuperà di selezionare, programmare, realizzare e monitorare gli interventi da trasmettere garantendo un linguaggio “scientifico” ma chiaro al fine di offrire informazioni e sensibilizzare gli utenti fruitori del servizio in modo continuativo e a diffusione mondiale. (SLIDE RADIO 4) La realizzazione della RADIO, pubblicizzata attraverso i media, comprenderà la messa in onda di un palinsesto centrato sulle occasioni in-formative (partecipazione e registrazioni di convegni, seminari, incontri-dibattito, interviste mezzo telefoniche e Internet, elaborazione e lettura di atti di convegni, contatti telefonici e interviste col pubblico) e sui collegamenti. (SLIDE RADIO 5) Questo sarà suscettibile di modifiche in funzione della valutazione dell’impatto e dei bisogni di volta in volta emergenti; sul sito web sarà possibile usufruire dell’ascolto della radio e della lettura di documenti pubblicati appositamente redatti per 212 agevolarne la fruizione; inoltre gli “internauti” potranno telefonare o inviare e-mail per richiedere informazioni, esprimere opinioni, diffondere documentazione, rispondere ad un apposito e breve questionario di “gradimento”. La logica della radio, seguendo un modello “di rete” è quello di facilitare la comunicazione tra familiari - operatori – medici e ricercatori. Principali risultati attesi (SLIDE RADIO 6) Ci aspettiamo di ottenere dei risultati quali: • accrescere consapevolezza e responsabilità “sociale” in tema di disabilità; • socializzare e condividere le conoscenze socio-culturali e scientifiche; • acquisire una visione comune superando gli scontri tra modelli divergenti di ricerca ed intervento; • facilitare le scelte dei familiari e l’accesso alle strutture specializzate e non, diminuendo il senso di solitudine ed inadeguatezza; • facilitare l’unione di intenti e la collaborazione per il raggiungimento di obiettivi comuni delle associazioni di familiari presenti nel territorio, agevolando così la scelta ai familiari ancora non associati; • censire il numero dei familiari che si trovano coinvolti nel pianeta autismo; • migliorare la qualità (in termini di efficacia ed efficienza) delle prestazioni erogate dai servizi socio-sanitari mediante la divulgazione delle informazioni più aggiornate relative a convegni, seminari, incontri-dibattito, ecc.; • mettere in comunicazione le associazioni col mondo della ricerca scientifica e dei servizi socio-sanitarie, agevolando il dialogo e promuovendo iniziative; • promuovere la cultura dell’autonomia, abbandonando quella dell’assistenzialismo, rendendo i familiari “operatori competenti” nell’intervento educativo, nell’utilizzo delle leggi e nell’accesso alle strutture; • far dialogare e collaborare strutture pubbliche e privato sociale nel raggiungimento di obiettivi comuni; • migliorare l’analisi e la valutazione dei bisogni per definire obiettivi e priorità nella ricerca scientifica e nell’intervento. 213 Attraverso questa iniziativa si vuole promuovere anche la creazione di una fondazione super partes che, operando in modo continuativo e stabile nel tempo, possa coordinare operativamente in modo sinergico ed in “rete” le associazioni, dislocate nel territorio e le istituzioni territoriali (università, scuole, centri di abilitazione, centri aggregativi, servizi sociali e socio-sanitari) permettendo la realizzazione di un progetto il cui valore risiede nei risultati concreti, nell’efficienza (come organizzazione strategica delle risorse) e nell’efficacia (come risposta ai bisogni) degli interventi, nelle risposte che si potrebbero finalmente dare ai tanti e struggenti, semplici e complessi interrogativi che un genitore si pone a partire dalla drammatica comunicazione della diagnosi, nel rendere la persona con autismo capace di realizzarsi nella sua “autenticità” e a viversi come cittadino(rif. L.328). Ci auguriamo tutti che un giorno si possa: • superare la cultura che fa uso di modelli caratterizzati da monopolio (unicità), autarchia (autoreferenzialità, solipsismo), delega (rinuncia ad interdipendenza e corresponsabilità), aiuto/assistenzialismo • costruire una comunità “educante” ed integrante che assuma le proprie responsabilità e favorisca continuità tra interventi, attraverso lavoro di rete tra servizi pubblici e del privato sociale • favorire il passaggio dalla linearità alla complessità circolare, dal singolo al contesto, dalla molecolarità alla molarità degli interventi, dall’autorefenzialità all’interistituzionalità. Concludo con una riflessione e la speranza di trovare una “voce nel silenzio” di un autistico che scrive: “Amo la parola sopra ogni cosa è un tramite fra gli uomini ci dà dignità e individualità senza non sono niente (26.6.92) Parlare fa bene disumani sono gli urli perché non riesco a smettere semplicemente dire in parole semplici Compongo solo adesso una poesia sulla gioia del parlare una poesia per autistici muti da cantare nei centri e nei manicomi canto la canzone dalla profondità dell’inferno e chiamo tutti i muti di questo mondo fate di questo canto la vostra canzone sciogliete i gelidi muri e rifiutate di essere emarginati vogliamo essere una nuova generazione di muti una schiera con canti quali i parlanti non hanno mai udito fra tutti i 214 poeti non ho mai trovato un muto così vogliamo essere i primi e percettibile ovunque è il nostro canto Compongo per le mie mute sorelle per i miei muti fratelli ci dovranno sentire e dare un posto dove possiamo vivere in mezzo a voi tutti in una vita in questa società. (21.9.92)” (Birger Sellin, “Prigioniero di me stesso”) 215 RELAZIONE Pippo Madè Volevo riagganciarmi alle parole finali di Paul Trehin a proposito dallo sciamano. Io non credo che gli artisti autistici sarebbero stati utilizzati dallo sciamano, in quanto essi stessi sono degli sciamani; e hanno un altra qualità! È una qualità che travalica certi limiti dovuti forse alla nostra civiltà. Io credo che chi ha la fortuna o la sfortuna di essere un artista, e dona agli altri la possibilità di vedere e toccare il mondo degli spiriti o un qualsiasi altro mondo trascendentale, egli stesso rimane isolato in una società come la nostra imprigionata e chiusa in rigidi schemi comportamentali. Se mi è permesso dire due parole sulla Lisa. Mentre il nostro Gill possiede questo gusto per l’ architettura, per la struttura, per il mondo, Lisa è poesia, Lisa è colore, Lisa è amore per un mondo che forse noi non ci meritiamo. 216 IO E LA MIA ESPERIENZA DI ARTISTA L. Perini Sono Lisa Perini, sono un’ artista. Ho accettato volentieri questo invito per mostrare il mio percorso artistico e perché penso che la mia esperienza personale possa essere utile a capire altre persone che, come me, hanno i problemi dell’autismo. Sarò contenta di parlarvi e di farvi vedere, con l’aiuto di Carlo Damiani che è il mio Tutor all’Accademia, i miei lavori di artista. La mamma mi racconta che quando ero piccola non parlavo, ripetevo gli stessi gesti, amavo fare sempre le stesse cose. Mi dice che io stavo per conto mio, magari a giocare con cose colorate e luccicanti. Veramente, secondo il mio ricordo, io amavo la presenza degli altri bambini, ma a modo mio, cioè quando non mi sentivo affaticata perché tutta presa dalle mie preoccupazioni o dai miei pensieri. Mi infastidiva anche la confusione che i bambini amano fare. La confusione mi infastidisce ancora adesso; infatti, ad esempio, dopo un po’ che sono alla festa di laurea di un’amica (è successo l’altro giorno alla laurea di Ancellì) sono frastornata. Mi affatico anche all’inaugurazione delle mie esposizioni: troppe persone da salutare, da fargli festa e da riconoscere tutte insieme. Dover cercare di comunicare con tanta gente contemporaneamente mi crea stress, anche perché mi da insoddisfazione non riuscire a salutare uno ad uno con calma tutti gli amici che sono venuti per me in quell’occasione. Non amo le domande in generale; qualche volta evito perfino di andare ad incontrare delle persone sapendo che mi faranno troppe domande, o magari domande personali, oppure su cose o esperienze di cui non gradisco parlare. Sin dalle scuole elementari ho avuto l’insegnante di sostegno . La maestra Vera, di cui sono rimasta amica, mi ha seguito per tutti e cinque gli anni. Il prof. Cevasco, negli ultimi due anni di Istituto d'Arte a Vittorio Veneto, con un programma personalizzato, mi ha introdotto ad esperienze concrete di lavoro, accompagnandomi a degli stages e 217 infine ha presentato i miei disegni ai prof. Viola e Nonveiller, con il risultato che oggi sto lavorando per la tesi di laurea all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Questo programma sarebbe stato irrealizzabile se la prof. Botteon, insegnante di sostegno, non mi avesse convinto a sostenere il regolare esame per il diploma del 3° anno di Istituto d’Arte. Io sono grata a queste persone e a tutti quelli che mi hanno sostenuto. Oggi ho un tutor che è Carlo Damiani, qui presente. Difatti io ho difficoltà ad organizzarmi: nel piano di studio, come pure mi è difficile relazionarmi con gli insegnanti e comprendere con chiarezza quali sono le richieste che mi vengono fatte. È per me difficoltoso relazionarmi con gli altri in generale. Ma mi piace avere degli amici e mi piace essere ben considerata e accettata con le mie qualità e i miei limiti: tutti ne abbiamo. Ho degli amici, sia vicino a me, sia altri con cui mi tengo in contatto telefonico o con lettera. Nel mio futuro desidero innanzi tutto consolidare la mia esperienza di questi anni in Accademia; amo la scultura e sicuramente vorrò sperimentarla, mi piacerebbe poter lavorare il vetro, anche se avrò bisogno di assistenza perché penso che la fornace possa essere pericolosa. Amo Venezia, con le sue isole, dove mi sento a mio agio e dove posso muovermi abbastanza in autonomia, dove conosco gente, le botteghe artigiane e dove ho degli amici. Per il mio futuro desidero sicuramente poter vivere del mio lavoro di artista. Il mio sogno è viaggiare e potermi permettere dei viaggi anche lontani. 218 ALCUNE RIFLESSIONI DELL' ANGSA G. Marino Presidente dell’ANGSA SITO WEB www.angsa.bbk.org via Casal Bruciato 13 00159 Roma - tel/fax: 06 43587666 Abbiamo condiviso con il dr Aloisi i temi di questo convegno e personalmente lo ringrazio per l'impegno di volere perseguire il sostegno alla ricerca scientifica che in questo settore deve coinvolgere gli studiosi del settore clinico, farmaceutico e riabilitativo. Praticamente tutte le discipline necessitano una rivisitazione rispetto alle prassi fino ad oggi praticate, infatti l’esperienza delle famiglie con un figlio autistico da crescere è molto singolare rispetto a tutte le altre situazioni di disabilità: la diagnosi che nella maggior parte dei casi non c’è; la responsabilità della sindrome che veniva (e ancor oggi viene) attribuita alla madre da parte di molti "specialisti"; l’impreparazione specifica di molti medici pediatri di base; la scarsità dei successi delle terapie farmacologiche. Queste sono soltanto le prime di una serie di difficoltà che con gli anni si presentano: dalla scelta della modalità di riabilitazione all’inserimento nella scuola, per poi affrontare i temi più generali del disabile adulto, prima e dopo di noi, a meno che non si riesca nel frattempo a trovare una cura causale ed efficace dell'autismo. Oggi siamo costretti a confrontarci con una popolazione di persone affette da spettro autistico (autismo ed altri disturbi generalizzati dello sviluppo) che sicuramente sfiora 2 casi per mille, ma che potrebbe salire anche a 3 per mille, se verranno confermate le più recenti rilevazioni statistico-epidemiologiche statunitensi. La stragrande maggioranza di questi soggetti è gravemente non autosufficiente. Gli adulti sono quasi tutti esclusi da ogni inserimento lavorativo reale. Gli interventi sistemici, dinamici e le terapie familiari, tanto in voga in Italia fino a qualche tempo addietro, non sono riusciti a valorizzare le potenzialità individuali, come invece è avvenuto laddove si sono seguiti interventi educativi speciali inquadrati in strategie complessive o interventi di tipo neocomportamentale. In questi casi si è visto invece che una grande percentuale di autistici acquista buoni livelli di autonomia e capacità di integrazione in un ambiente di lavoro normale. E’ perciò evidente una grave responsabilità dei servizi sanitari, che un tempo poteva essere in qualche 219 modo giustificata dalle scarse conoscenze scientifiche sull'autismo. Oggi non è più tollerabile che altri autistici ed altre famiglie continuino a pagare il prezzo dell'ignoranza e della cocciutaggine degli operatori. Le associazioni non possono più fare sconti su questa materia, ma devono esigere che gli operatori si assumano tutta le loro responsabilità. E’ necessario che si approvino linee guida valide su tutto il territorio nazionale, che comprendano tutte le fasi della vita, dalla diagnosi precoce alla riabilitazione alla presa in carico dell’adulto. Molti neuropsichiatri infantili hanno una grande responsabilità nel percorso degli autistici, che comprende anche la rassegnazione ad abbandonare i soggetti quando essi raggiungono la maggiore età. Ma quale maggiore età esiste per una persona autistica? Sarebbe invece opportuno, come avviene già all'estero, che gli stessi operatori si facciano carico della assistenza agli autistici, dalla diagnosi e per tutta la durata della loro vita. Oggi gli autistici che giungono alla maggior età perdono persino la qualifica della loro diagnosi e vengono mescolati a tutti gli altri disabili mentali ed anche agli anziani. Non esiste nell'organizzazione sanitaria una struttura adeguata per questo tipo di assistenza, che deve garantire la continuità della cura e il rispetto delle specificità. La scuola non è preparata all'accoglienza dei ragazzi con questa sindrome. Esistono leggi forse troppo belle e troppo buone per essere applicate, che creano molte illusioni. Gli insegnanti di sostegno, invece che formare una categoria professionale orgogliosa della propria specificità, diventano spesso una figura a mezzo tra un bidello ed un insegnante che aspetta soltanto il raggiungimento del punteggio che gli consente il salto ad insegnante curricolare. Sarebbe opportuno valorizzarne la professionalità e consentire loro una carriera in questa posizione. I genitori dovrebbero chiedere assistenza ed attenzione sul piano dell’integrazione e dell'aumento delle autonomie piuttosto che rincorrere l'erudimento nella matematica o nella geografia. Stavo quasi scrivendo letteratura, ma questo è un argomento che sta a cuore a coloro i quali si aspettano molto di più di quello che la Comunicazione Facilitata può dare. Ci avventuriamo in una materia che coinvolge la sfera emozionale, sociale, politica ed etica. La persona con autismo deve 220 essere vista come portatore di grandi bisogni di tipo socioassistenziale, ai quali la società deve dare una risposta. Non si deve dimenticare che la maggiore parte degli adulti sono diventati disabili in situazione di gravità non solo perché sono nati così, ma perchè non sono stati abilitati come avrebbero dovuto essere. Allo stato attuale delle leggi nazionali e più recentemente di quelle delle Regioni, cui compete il dovere di fornire assistenza, lo scenario è confuso e disomogeneo, salvo poche isole “felici”. Le associazioni dei disabili, quelle forti per aderenze politiche e per capacità organizzative, che non si riscontrano nelle associazioni di genitori come l'ANGSA, premono a che le risorse vengano distribuite attraverso una rete di servizi sul modello della legge 328/2000. Condivisibile approccio all'integrazione sociale dei portatori di disabilità. Per i nostri figli e per tutte le persone in grave situazione di disabilità noi chiediamo con forza e senza il timore di apparire venali che le risorse vadano assegnate alle famiglie, subito, non appena la diagnosi di gravità venga accertata. Quando poi i servizi territoriali saranno realizzati ed effettivamente fruibili, quelle stesse risorse saranno assorbite. L’ unico strumento applicativo rimane il fondo per la non autosufficienza, che già in qualche regione, Trentino Alto Adige, è stato coraggiosamente proposto dalle Giunte Provinciali. Sempre più centrale è il ruolo delle associazioni, che per le loro rivendicazioni hanno bisogno della forza dei numeri, oltre che la credibilità delle iniziative. Purtroppo la pesantezza del carico di lavoro assistenziale e un eccesso di riservatezza, quasi una vergogna di ammettere la disabilità, riducono di molto il numero dei genitori che aderiscono alle associazioni, ed ancor più il numero di quelli attivi per l'associazione.In questo scenario si registrano proliferazioni di piccole associazioni nonchè genitori che da volontari si trasformano in professiononisti certamente agevolati da una rendicontazione eccessivamente permissiva che finirà per danneggiare quelle sane iniziative che ancora si riesce a produrre. Chiediamo agli esperti di aiutarci a coagulare le scarse forze disponibili per raggiungere i migliori risultati per i nostri figli. AUTISMO: LA STRUTTURA NEUROBIOLOGICA Maurizio Elia Unità Operativa di Neurologia, Associazione Oasi Maria SS. 221 (IRCCS), Troina (EN) Il disturbo autistico (DA) è una sindrome comportamentale specifica dell’infanzia caratterizzata sostanzialmente, secondo i criteri del DSM IV –TR [1], da: a) compromissione qualitativa dell’interazione sociale; b) compromissione qualitativa della comunicazione; c) modalità di comportamento, interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipati. L’esordio è precoce, generalmente nei primi tre anni di vita. Nel tempo, la classificazione nosografica del DA ha subito continue revisioni e si è passati da un iniziale inquadramento, basato prevalentemente sull’osservazione clinica, all’applicazione di scale specifiche quali la CARS, l’ABC, la PEP-R. Molto recentemente, nuovi strumenti diagnostici (ADI, ADOS) sono state proposti, nel tentativo di uniformare a livello internazionale la diagnosi di DA e di fornire alla ricerca di base (ad es., genetica) un fenotipo sufficientemente omogeneo [2]. D’altra parte, dopo una prima fase, nella quale si è cercato di operare distinzioni più o meno nette tra categorie nosografiche diverse nell’ambito dei disturbi generalizzati dello sviluppo (DGS), si tende ora a riunire piuttosto il DA, la sindrome di Asperger, il disturbo disintegrativo dell’infanzia di Heller, l’autismo atipico (o i DGS non altrimenti specificati) sotto il grande ombrello dei disturbi dello “spettro autistico” [3]. Il DA ha una prevalenza di circa 5:10.000 [1], tuttavia gli studi epidemiologici più recenti hanno messo in evidenza in anni più recenti (1990-1997) tassi di prevalenza più alti, fino a circa 10: 10.000 [3]. Una possibile spiegazione di questo interessante dato potrebbe essere il notevole affinamento delle attuali capacità diagnostiche, piuttosto che un reale aumento della prevalenza sulla popolazione generale, determinato magari da fattori ambientali emergenti. Nonostante sia ormai oggi acquisito ed accettato universalmente che il DA è il risultato di tutta una serie di cause o fattori biologici agenti nella vita pre-, peri- o post-natale, le basi eziologiche del DA sono ancora poco comprese. Il DA costituisce un modello, paragonabile anche ad altre sindromi neuropsichiatriche (ad es., la schizofrenia), nel quale le interazioni tra cause ed 222 effetti possono essere compendiate nel triangolo genotipoambiente-fenotipo. In questa visione l’individuo con DA rappresenta un estremo della lunga catena che da esso discende a livello del sistema nervoso centrale (SNC), del tessuto nervoso, del neurone, della membrana e quindi della macromolecola (gene). Le comorbidità E’ molto importante sottolineare che il DA è spesso presente in concomitanza con altre condizioni patologiche o psicopatologiche, a costituire quella che gli autori anglosassoni definiscono una “double sindrome” (“doppia sindrome”). Il ritardo mentale (RM) è associato al DA in circa il 75% dei casi (autismo a “basso funzionamento”), l’epilessia si manifesta in circa un quarto dei casi di DA. Altri sottogruppi sono rappresentati da quei soggetti che presentano anche disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività, depressione, sindrome di Gilles de la Tourette, disturbi sensoriali (ipoacusia, disturbi visivi gravi, etc). Alcuni quadri elettroclinici specifici, rappresentati dallo stato di male elettrico durante il sonno (ESES) e dalla sindrome di LandauKleffner, sono in grado di determinare quadri di autismo atipico (anche per l’età di insorgenza più tardiva e per la transitorietà), per i quali si potrebbe a giusta ragione parlare di “autismo epilettico” vero e proprio. Inoltre, la lista delle condizioni mediche associate al DA si allunga ogni giorno di più, comprendendo quadri sindromici ben definiti quali ad es. la fenilchetonuria, l’embriopatia rubeolica, la sindrome da talidomide, la sindrome di Moebius, la sindrome di Williams, la sclerosi tuberosa, l’encefalite erpetica, etc. Molte aberrazioni sia autosomiche che dei cromosomi sessuali si associano al DA: esse interessano praticamente tutti i cromosomi. Un capitolo a parte rappresenta la sindrome di Rett, ora inserita tra i DGS del DSM-IV-TR [1] che colpisce le femmine (o i maschi, ma con un quadro pressoché letale nei primi mesi di vita) e si caratterizza, nella forma classica, per la presenza di uno sviluppo psicomotorio per lo più normale nei primi 6-18 mesi di vita, per una decelerazione successiva della circonferenza cranica, per una regressione grosso-motoria (con atassia od aprassia della 223 marcia), fine-motoria e del linguaggio verbale e per la presenza di tipiche stereotipie motorie (ad es., hand-washing). Le alterazioni morfologiche Gli studi originari di Bauman e Kemper [4] hanno messo in evidenza in soggetti con DA, post-mortem, una ridotta taglia ed un’aumentata densità dei neuroni nell’amigdala, nel nucleo del setto mediale, nelle aree Ca1-Ca4 dell’ippocampo; una ridotta complessità ed estensione delle arborizzazioni dendritiche; una riduzione delle cellule di Purkinje e dei granuli nel cervelletto. In seguito, è stata riscontrata anche una marcata riduzione dei neuroni nel nucleo del nervo facciale e nell’oliva superiore e un accorciamento del tronco cerebrale [5] Molto recentemente si è visto che esistono nel cervello “autistico” (a livello della corteccia del lobo frontale e del lobo temporale) importanti anomalie della configurazione dei neuroni all’interno di quelle unità definite “minicolonne”. Infatti, le cellule sono più piccole, più numerose, meno compatte, con ridotto spazio per il neuropilo nelle aree periferiche [6]. I risultati di molti studi condotti negli ultimi 15 anni, mediante studi morfometrici in vivo, sono risultati poco univoci, dimostrando variazioni di volume rispetto ai controlli normali sia in aumento che in riduzione a carico praticamente di tutte le strutture del SNC. In particolare, sono stati identificati due sottogruppi particolari, caratterizzati da ipoplasia ed iperplasia del verme cerebellare (lobuli VI-VII) [7]. Autismo e macrocefalia Una recente disamina di studi autoptici condotti su cervelli di soggetti con DA ha dimostrato la presenza di un sottogruppo con megalencefalia [8]. Clinicamente, è possibile riscontrare macrocefalia in circa il 17% dei soggetti con DA [9]. E’ possibile che uno o più geni implicati nello sviluppo del SNC giochino un ruolo rilevante nel determinismo di questo marker. La neurochimica I dati più forti, in letteratura, sembrerebbero indicare uno sbilanciamento della serotonina. E’ stato identificato un sottogruppo di 224 pazienti con iperserotoninemia, peraltro presente anche nei parenti di I grado; un aumentato uptake della serotonina e un ridotto legame ai recettori 5-HT2. Queste alterazioni neurotrasmettitoriali suggeriscono anche un legame eziopatogenetico tra DA e depressione (talvolta, come detto sopra, in comorbidità). Meno costantemente sono stati anche trovati alti livelli urinari di HVA (metabolica della dopamina) nelle urine o un aumento di adrenalina e noradrenalina nel sangue circolante [10]. La neurofisiologia Risultati molto interessanti sono stati ottenuti in casistiche limitate di soggetti con DA studiati mediante potenziali eventocorrelati che non richiedono particolare collaborazione od attenzione volontaria a stimoli somministrati. In particolare, è stato possibile osservare riduzione delle componenti N1, P3, PN, Nd; aumento dell’ampiezza della P3 occipitale a stimoli devianti alla mismatch negatività (MMN), aumento dell’ampiezza della P3 in risposta a stimoli nuovi visivi e somatosensoriali, componente N1 non aumentata all’aumentare dell’intensità degli stimoli uditivi, P3b di piccola ampiezza, difetto cognitivo nell’abilità di mantenere le associazioni cross-modali [10]. Un nostro studio, effettuato mediante poligrafia notturna in soggetti con DA e in controlli con sindrome del cromosoma X fragile e normali, ha permesso di dimostrare che i parametri tonici del sonno sono significativamente differenti nei soggetti con DA: la prima latenza REM (FRL) tende ad essere più corta; la percentuale di sonno REM (% SREM) è paragonabile a quella dei controlli; la densità dei twitches (TWs) è più alta. I suddetti dati chiamano in gioco i sistemi monoaminergici del tronco cerebrale (serotonina, dopamina); i pazienti con più scarse abilità percettive, di coordinazione, di comunicazione verbale sembrano avere un pattern di sonno più disturbato [11]. Relazione intestino cervello Circa 5 anni fa sono stati descritti 12 bambini con DGS ed enterocolite cronica (aspecifica). La correlazione temporale tra esordio della regressione psicomotoria e vaccinazioni ha fatto 225 ipotizzare che la patologia gastro-intestinale potesse essere correlata con una reazione autoimmunitaria e con l’entrata in circolo di sostanze “tossiche” (peptidi simili agli oppioidi) ad azione sul SNC [12]. Uno studio caso-controllo condotto in seguito in Gran Bretagna non ha confermato quella prima osservazione [13]. Sembra quindi che l’ipotesi “intestinale” sull’eziopatogenesi del DA, seppure molto suggestiva, necessiti di ulteriori più solide conferme. La genetica Già fin dal primo articolo pubblicato da Kanner nel 1943 appariva presumibile che l’autismo fosse da considerare un “disturbo innato del contatto affettivo”[14]. Successivamente, conferme all’ipotesi di una eziopatogenesi “genetica” del DA sono venute dalla presenza di comorbidità con aberrazioni cromosomiche (vd. sopra), dagli studi di citogenetica, dalle osservazioni cliniche sui gemelli e, più recentemente, dalle indagini di genetica molecolare. In particolare, si è visto che in gemelli monozigoti il rischio di ricorrenza del DA può arrivare al 90-100%. Il rischio di ricorrenza tra gemelli non identici (dizigotici) è uguale a quello che ha un fratello o sorella di un bambino autistico: 3% - 5%. Questo rischio è circa 500 volte più elevato di quello che ha qualunque bambino della popolazione generale di diventare autistico [3]. Gli studi di linkage hanno ristretto il numero di loci cromosomici nei quali è possibile che siano presenti geni implicati nel DA: regioni 2q, 3q, 7q, 15q [15, 16]. L’approccio del “linkage disequilibrium” applicato a molti geni candidati non ha dato risultati significativi fino ad oggi: HOXA1, HOXB1, reelina. tirosina idrossilasi, recettore del peptide vasointestinale (rVIP), WNT2, 5-HTTR, triptofano idrossilasi, EN1, EN2, mtDNA, recettori per il glutammato (GluR6 o GRIK), NF1, DOPA decarbossilasi, ATP10C, GABRB3, GABRA5, GABrG3, AVPR1A, HLA-DR4/HLA-DR13, 5-HT2A, PAI-1, FOXP2, recettori D2 and D5, monoaminoossidasi A and B, BDNF, molecole di adesione neuronale, etc. Sono stati anche sequenziati altri geni candidati (UBE3A, SCN1A, SCN2A, SCN3A, MECP2), ma non è stato possibile 226 evidenziare mutazioni. Qualche mese fa, tuttavia, è stata trovata evidenza di mutazioni dei geni NLGN3 and NLGN4 (cromosoma X) in pazienti con DA [17]. In conclusione, le evidenze fino ad oggi ottenute sembrano suggerire che il DA sia il risultato di una specifica combinazione di fattori genetici ed ambientali. In questa prospettiva multifattoriale, la ricerca genetica deve porsi lo scopo di continuare nella ricerca di altri geni candidati, nella speranza di trovare un gene o un numero di geni che si dimostrino coinvolti nel DA in popolazioni etnicamente diverse. Appare necessario, a questo scopo, uniformare il più possibile i criteri clinici e nosografici di definizione del DA, ancora troppo eterogenei e pervenire ad una migliore classificazione dei sottogruppi od endofenotipi (comportamentali, anatomici, biochimici, neurofisiologici, etc.). 227 REFERENZE [1] American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text Revision: DSM-IV-TR. Washington DC, American Psychiatric Association, 2000. [2] Muños-Yunta JA, Salvadò B, Ortiz-Alonso T, Arno C, Fernandez-Lucas A, Maestù F, Palau-Baduell M. Clinica de la epilepsia en los trastornos del espectro autista. Rev Neurol 2003; 36 (Suppl 1): S61-71. [3] Gillberg C, Coleman M. 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Nat Genet 2003; 34: 27-9. 229 La stesura degli atti è stata realizzata con il contributo della Provincia di Palermo Fotocomposizione e Stampa Sicilgrafica Palermo 230 INDICE L. Aloisi Presentazione e scopi del Convegno pag. F. Canziani Dalla psicopatologia alla disfunsione, dalla psicoterapia alla abilitazione globale pag. 12 J. D. Buxbaum Genetics of autism: evidence for an autisme gene on chromosome 2Q pag. 19 9 F. Gurrieri - G. Neri Autismo e alterazioni del cromosoma 15 pag. 21 V. Romano Basi genetiche del disturbo autistico in Sicilia: stato dell’arte sulla ricerca in corso pag. 25 C. Barthelemy Dalla valutazione all’abilitazione cognitiva, emozionale e sociale pag. 31 B. E. Lahuis Psychopharmacology and autism pag. 32 G. Gambino - P. Di Stefano Autismo e Celiachia. Follow-up e presa in carico pag. 34 G. Cannizzaro Neurobiologia e terapia dei disturbi della sfera affettiva nell’autismo: conoscenze attuali e prospettive pag. 39 M. Ciaccio - G. Bivona - M. D’Ancona - L. Vocca I neuromodulatori nell’autismo pag. 43 pag. 54 N. Pintus Progetto filippide: attività sportiva, attività abilitativa nell’autismo M. Agrò - V. Bonventre - G. Capezzi - V. Celestino - S. Messina Essere nello spazio, essere lo spazio: interazione tra idee, guide e necessità pag. 60 L. Cottini L’ integrazione scolastica del bambino autistico: aspetti metodologici e didattici pag. 68 A. M. Dalla Vecchia - V. Giuberti Il sistema curante: dalla diagnosi precoce alla presa in carico integrata pag. 87 E. Fréjaville L’assistenza all’autismo ed ai disordini pervasivi dello sviluppo in Emilia-Romagna pag. 102 231 V. Giuberti Screening e diagnosi precoce del disturbo autistico La collaborazione con i pediatri pag. 105 M. Martini Autismo: la scelta politica dell’AUSL di Reggio-Emilia pag. 111 P. Visconti - R. Truzzi - M. Peroni - F. Ciceri - G. Gobbi “Sindromi autistiche e ritardo mentale: quali correlazioni?” pag. 117 P. Vertucci - G. Scuccimarra Esperienza di un trattamento integrato nell’autismo infantile pag. 129 R. Blanc - J. L. Adrien - E. Thiebaut - C. Barthelemy “La valutazione psicopatologica dello sviluppo cognitivo e socioemozionale dei bambini con autismo e ritardo mentale” pag. 143 G. Ippolito “Calimero e l’amico speciale” Una favola per sensibilizzare e favorire l’integrazione dei bambini autistici pag. 145 D. Vivanti Le posizioni di Autisme Europe P. e T. Gabrielli Perchè compatire un’istituzione? pag. 149 pag. 168 pag. 174 T. Gabrielli Autismo: cosa si richiede alla scuola pag. 192 P. Tréhin Ypothèse sur les peintures préhistoriques “naturalistes” pag. 199 C. Tréhin Imagination et creativite dans l’autisme pag. 204 G. Tréhin Introduction à Urville pag. 209 G. Lo Casto “Autismo e associazionismo” pag. 216 P. Madè Relazione pag. 217 L. Perini Io e la mia esperienza di artista pag. 219 G. Marino Alcune riflessioni dell’Angsa pag. 222 M. Elia Autismo: la struttura neurobiologica 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253