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Monti, la tecnica della falsificazione
di Guglielmo Forges Davanzati
Il Presidente Monti ci dice che, nel novembre 2011, nei giorni
dell’insediamento del Governo “tecnico”, l’Italia era a rischio di fallimento e
che si rischiava di non poter pagare i dipendenti pubblici. Ci dice anche che
l’aumento del debito pubblico nel corso del 2012 è imputabile agli aiuti forniti
dal nostro Paese a Grecia e Portogallo. Come è possibile tenere insieme queste
due affermazioni? E’ ragionevole pensare che uno Stato a rischio di fallimento
si adoperi per aumentare questo rischio (o accetti di farlo) per destinare
proprie risorse al salvataggio di altri Stati?
Per quanto è possibile sapere, la prima affermazione è tutta da dimostrare, e
fin qui non dimostrata da fonti ufficiali: su fonte Ragioneria Generale dello
Stato, al 2011, il bilancio dello Stato italiano presentava un consistente avanzo
primario [http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti
/controllo/sezioni_riunite/sezioni_riunite_in_sede_di_controllo
/2012/volume_II.pdf], presumibilmente di importo tale da scongiurare
l’eventualità di non poter sostenere le spese correnti della pubblica
amministrazione. Su queste basi, si può affermare – in attesa di smentita –
che lo “stato di emergenza” (premessa delle politiche di austerità messe in
atto, con la massima accelerazione, dal Governo “tecnico”) non sussisteva e,
dunque, che le politiche realizzate lo scorso anno rispondevano a obiettivi
diversi da quello dichiarato (evitare il rischio di default).
In più, l’impegno assunto dal Governo italiano di destinare ingenti risorse al
“salvataggio” delle banche spagnole sta semmai a dimostrare che, fra i Paesi
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europei e ancor più fra i PIIGS, l’Italia è un Paese con una dinamica del
bilancio pubblico già relativamente virtuosa. Non a caso, nella c.d. Agenda
Monti, si fa ora correttamente riferimento al fatto che l’Italia è un
“contributore netto” [http://www.agenda-monti.it/wp-content/uploads
/2012/12/UnAgenda-per-un-impegno-comune-di-Mario-Monti.pdf] del
bilancio europeo. Ma, mentre nell’Agenda Monti, non è dato sapere se lo era
già prima dell’insediamento del Governo “tecnico” o se lo è diventato nel corso
del 2012, risulta evidente – su fonte MEF – che, almeno dal 2010, l’Italia ha
versato all’Unione Europea più di quanto ha ricevuto
[http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit--i/Rapportif/Le-Pubblic/Situazione/Archivio-T/STFF2011-ITRIM.pdf].
Si tratta di una questione, quest’ultima, che merita di essere chiarita. Mentre
negli anni ottanta e novanta, l’Italia oggettivamente costituiva un’anomalia
nell’ambito dei Paesi OCSE per il suo elevato debito pubblico, negli ultimi anni
l’indebitamento italiano è stato sostanzialmente in linea con quello dei
principali Paesi industrializzati e, in alcuni casi (Giappone in primo luogo),
notevolmente inferiore. Se, dunque, nel 2011, l’Italia non era prossima a una
condizione di fallimento, e se il suo indebitamento è stato sostanzialmente in
linea con quello degli altri Paesi dell’Unione Europea, non si capisce – se non
adducendo motivazioni che hanno a che vedere con le imminenti elezioni – per
quale ragione il 2012 è stato caratterizzato dalla più alta pressione fiscale della
storia del nostro Paese e per quale ragione ora Monti scriva, nella sua Agenda
(p.5), che “ridurre le tasse si rende possibile”.
Il Governo Monti si insediò dichiarando che avrebbe perseguito tre obiettivi: il
rigore, lo sviluppo, l’equità. Non solo nessuno dei tre obiettivi è stato
raggiunto, ma da questi ci si è allontanati. Per quanto riguarda il rigore nella
gestione delle finanze pubbliche, può essere sufficiente ricordare che il
rapporto debito pubblico/PIL è aumentato, in un anno, di 6 punti percentuali.
Il modesto calo degli interessi pagati sui titoli del debito pubblico (nell’ordine
dello 0.5% in un anno) è imputabile, come rilevato da molti osservatori, non
alla presunta “credibilità” del prof. Monti, ma agli interventi della Banca
Centrale Europea nei mercati finanziari. Al netto degli acquisiti di titoli
pubblici da parte della BCE, la dinamica dei differenziali di rendimento fra
titoli italiani e bund tedeschi è stata, nel 2012, in linea con quella
determinatasi l’anno precedente. In più, come recentemente attestato dal
Fondo Monetario Internazionale, l’aumento del rapporto debito pubblico/PIL
[http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2012/02/pdf/text.pdf] è
avvenuto proprio per effetto delle politiche di austerità. L’obiettivo dello
sviluppo è stato clamorosamente mancato: la riduzione della spesa pubblica e
l’aumento della pressione fiscale hanno prodotto un calo della domanda
aggregata interna tale da generare un tasso di crescita negativo nell’ordine del
-2,4% nel 2012 (fonte Banca d’Italia). L’Italia degli ultimi anni è diventato, fra
i Paesi OCSE, uno dei Paesi (con Gran Bretagna e Stati Uniti) con la maggiore
immobilità sociale e con la più diseguale distribuzione del reddito: dunque, un
Paese sempre meno equo.
E’ anche difficile comprendere la tesi di Monti secondo la quale, a fronte di
“sacrifici” necessari nel breve periodo, si attiverà – più o meno
spontaneamente – un percorso di crescita in un futuro più o meno prossimo.
La c.d. Agenda Monti è troppo vaga per capire quali meccanismi di ripresa
della crescita Monti abbia in mente. Gli unici punti fermi sono la preclusione
ideologica al ricorso a politiche keynesiane e una sostanziale ambiguità
riguardo alle politiche per l’istruzione e la sanità.
A p.9 della sua Agenda, si legge: “La scuola e l’Università sono le chiavi per far
ripartire il Paese e renderlo più capace di affrontare le sfide globali”. Il prof.
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Monti pensa che questo risultato venga raggiunto attraverso il taglio di 300
milioni di euro alle Università statali che proprio il suo Governo ha decretato
nell’ultima Legge di Stabilità? O pensa che scuola e Università sono “le chiavi
per far ripartire il Paese” a condizione che siano private? Lo stanziamento di
fondi aggiuntivi alla Bocconi deciso dal Governo da lui presieduto fa
propendere per questa seconda ipotesi. C’è molto da dubitare sul fatto che la
privatizzazione dell’istruzione sia una strategia efficace per generare crescita,
e ci sono, per contro, ottime ragioni per ritenere che, come si sta
sperimentando nei Paesi anglosassoni, ciò non abbia altri effetti se non
accrescere l’indebitamento [http://www.roars.it/online/prestiti-donore-negliusa-luniversita-e-una-rovina/] degli studenti e delle loro famiglie.
A ciò Monti aggiunge: “Il servizio sanitario nazionale resta una conquista da
difendere”. Lo scrive ora; ma non è forse vero che la sua spending review ha
sottratto al servizio sanitario nazionale quasi 2mila miliardi di euro per il
biennio 2012-2013?
(10 gennaio 2013)
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