Mari e Monti
di lanfranco caminiti
C’è un Monti noto e uno meno noto.
Quello noto: laureato alla Bocconi nel 1965, di cui è ora presidente, specializzato all'università di
Yale, a Bruxelles arriva e rimane grazie a un profilo tecnico al 100%, prima nominato dal governo
Berlusconi (18 gennaio 1995) poi confermato dal governo D'Alema nella Commissione europea
presieduta da Romano Prodi (dal 1999 al 2004). È a Bruxelles che si salda l’amicizia con
Napolitano: Napolitano fu europarlamentare dal 1999 al 2004, durante tutto il secondo mandato
di Monti. Come commissario, prima al mercato interno e poi alla concorrenza, Monti sfida la
Microsoft di Bill Gates.
Uomo per tutti i governi, da tempo, in editoriali e interventi, è uscito alla scoperto e va ripetendo
che “Il problema è la crescita”. Per mettere mano alla crescita bisogna però prima spegnere
l'incendio del debito pubblico e della speculazione, ricostruire una credibilità del “paese Italia”. Il
suo appello di settembre suonava così: «Bisogna attuare riforme impopolari mettendo insieme
pro tempore le parti più sensibili di ciascuna parte politica». Era un possibile candidato premier del
centro sinistra (il “papa straniero” di Veltroni), Berlusconi ha salutato la sua nomina come
senatore a vita e considera «ineludibile» il possibile incarico come premier, la Confindustria di
Marcegaglia lo sostiene con fervore. Per sintesi: scrive sul Corriere della Sera, ma è il “partito de la
Repubblica” che lo vuole.
Poi, c’è il Monti meno noto. Tra i partecipanti alla riunione del 2010 della Trilateral Commission
troviamo Mario Monti, che è anche presidente della direzione Trilateral dell’area europea.
La Trilaterale nasce nel 1973, su iniziativa di David Rockefeller. Il nome rimanda alle tre aree
all’epoca punto di riferimento dell’economia del libero mercato, Nord America, Europa e
Giappone. Nel tempo il gruppo si è allargato, e dai 180 membri iniziali si è arrivati oggi a circa 400,
suddivisi per Paese in base a un principio di rappresentanza stabilito sul doppio parametro
Pil/popolazione. La struttura è insomma quella di un Parlamento globale: si entra a farne parte su
invito, e vi si contano soprattutto banchieri (tutti i presidenti dei grandi istituti, compresi quelli
centrali delle varie nazioni, della Banca europea, della Banca mondiale e del Fondo monetario
internazionale, e gli amministratori delegati dei maggiori fondi speculativi); politici; industriali;
rappresentanti del mondo accademico, giornalisti e soprattutto editori. Si riunisce in seduta
plenaria una volta l’anno, a rotazione nei diversi Paesi membri, e la sua mission è favorire la
globalizzazione.
Il Gruppo Bilderberg è ancora più ristretto: un comitato esecutivo (di cui si conosce solo il nome
del presidente, l’ex commissario europeo V.E. Davignon, e non l’identità e il numero dei
componenti) e circa 120 persone – alcuni ospiti fissi ai meeting annuali, altri saltuari – tra politici,
banchieri, industriali, accademici e giornalisti appartenenti all’area del Nord America e
dell’Europa. La prima riunione data 1954. Rispetto alla Trilateral, è più chiuso e riservato: i suoi
ritrovi sono off-the-record (a ogni partecipante è imposto l’obbligo della segretezza), blindati alla
stampa e protetti da rigide misure di sicurezza (vedi Giovanna Cracco su Paginauno n. 21, febbraio
– marzo 2011).
Al meeting del 2010 hanno partecipato tre commissari europei, i soliti banchieri, gli italiani Conti
(Enel), Bernabè (Telecom), Elkann (Fiat) e Scaroni (Eni). E Mario Monti. C’era pure Bill Gates di
Microsoft. Non saprei dire se hanno parlato della questione antitrust europea.
Diciamo che non ci vuole la zingara per sapere quale sarà l’impegno di Monti se davvero sarà a
capo di un governo tecnico. Un po’ lo dice lui stesso, ed è noto, un po’ lo dice la sua storia meno
nota.
Nicotera, 10.11.2011