2001: sintesi di un anno 2001: SINTESI DI UN ANNO Il rallentamento economico avviato nel 2000 negli Stati Uniti si è trasformato in una progressiva riduzione dell’attività a livello mondiale. Le previsioni relative all’andamento internazionale sono state costantemente riviste al ribasso per tutto il Duemilauno: le stime sull’anno parlano di +2% come variazione del Pil e addirittura +0,7% per quanto riguarda il Commercio Internazionale. Tale ridimensionamento del trend economico mondiale, come si evince dal grafico, emerge con evidenza dal confronto con gli analoghi indicatori rilevati nel 2000, anno peraltro eccezionale: +4,7 per il Pil e +13% per gli scambi commerciali. L’attacco terroristico dell’11 settembre ha acuito quindi una situazione congiunturale già negativa, introducendo plurimi effetti shock e colpendo in particolare alcuni settori economici. Passata l’ondata psicologica della cosiddetta “economia della paura” le caratteristiche della fase congiunturale mondiale di I 2001: sintesi di un anno fine anno sono apparse più simili agli episodi di rallentamento osservati nel corso degli ultimi anni, che ad una recessione vera e propria. Se per gli Usa si è potuto parlare di una lieve fase di crisi economica, ancora più seria è apparsa la situazione del Giappone, mentre per l’Uem la crisi internazionale si è tradotta in un rallentamento più sensibile del previsto. La simultaneità della recessione negli Stati Uniti e nel Giappone e della minor crescita in Europa ha trasmesso tuttavia forti impulsi negativi verso i paesi emergenti e in via di sviluppo, in particolare verso quelli fortemente legati alla domanda statunitense. Il tanto atteso rallentamento fisiologico americano si è, in effetti, concretizzato nei primi mesi del 2001 in un soft landing con il sorgere di molteplici elementi di debolezza che hanno influenzato la crescita economica per tutto il corso dell’anno. Già a partire dal primo trimestre si sono registrate vere e proprie avvisaglie di una frenata: bassi livelli del clima di fiducia di famiglie e imprese si sono accompagnati a segnali di diminuzione dei ritmi produttivi. Il periodo estivo ha fatto intravedere i primi indicatori contrastanti con una possibile stabilizzazione nell’industria che si contrapponeva ad una sempre maggiore debolezza della domanda interna. L’attacco terroristico si è dunque collocato in un contesto economico di grande incertezza trascinando verso i livelli cosiddetti di “recessione” tutti gli indicatori. La fase più grave dell’economia americana è durata pochi mesi e già a fine anno gli occhi del mondo intero erano puntati verso l’economia americana attendendo la sua preannunciata guarigione. Infatti gli esperti hanno annunciato che i primi germogli della ripresa si sono già intravisti in dicembre e che, passata la fase di riaccumulo delle scorte, si registrerà una inversione di tendenza: la risalita, anche se all’inizio non sarà travolgente, riuscirà a trascinare le altre economie tra cui quella europea anche se proprio quest’ultima manterrà un ritmo leggermente più lento. La debolezza di crescita dell’economia nel terzo trimestre dell’anno ha influenzato l’andamento del Pil annuale che, dopo un incremento nel duemila pari ad oltre 4 punti percentuali si è attestata intorno ad un timido 1%. Nelle previsioni per il 2002 non si intravedono sostanziali accelerazioni: stima di crescita prevista +0,9%. Per tutto l’anno non è emerso alcun segnale positivo nella congiuntura economica giapponese che chiude un anno in recessione: duemilauno, variazione del Prodotto interno lordo pari a –0,5%, domanda interna +0,4%, esportazioni nette –0,8%. Come si evince dagli indicatori la crisi è legata II 2001: sintesi di un anno fondamentalmente al debole andamento della domanda interna ed alla congiuntura internazionale negativa che non ha permesso all’export di fornire un contributo in grado di compensare il crollo generale dei consumi. La produzione industriale è risultata quasi sempre in calo con una accelerazione della contrazione a partire dai mesi primaverili. Il tasso di disoccupazione è ancora salito attestandosi a quota 5,1%, valore, per gli standard nipponici, particolarmente alto. Gli indicatori qualitativi confermano per il 2001 uno scenario di debolezza per l’economia europea. La variazione tendenziale è stata pari al +1,5%, di quasi due punti percentuali in meno rispetto a quella registrata nel 2000 (+3,3%), e tra i valori più bassi dalla recessione del 1993. Con lo scorrere dei mesi si è decelerato il ritmo di crescita dei consumi, conseguenza del peggioramento del clima di fiducia delle famiglie; in quasi tutti i paesi dell’Uem sono contemporaneamente sfumati gli effetti espansivi degli sgravi fiscali. Si sono contratti gli investimenti e le esportazioni sono peggiorate a seguito della difficile situazione internazionale. ANNO 2001: ANDAMENTO DEI PRINCIPALI PAESI Stati Uniti Regno Unito Pil reale (var. %) Inflazione 1,2 2,9 Pil reale (var. %) Inflazione 2,4 1,2 Giappone Pil reale (var. %) -0,5 Spagna Pil reale (var. %) 2,8 Inflazione Germania -1,5 Inflazione Italia 3,7 Pil reale (var. %) Inflazione 0,8 2,4 Pil reale (var. %) Inflazione 1,8 2,8 Francia Pil reale (var. %) Inflazione 2,0 1,8 U.E.M. (12 paesi) Pil reale (var. %) Inflazione 1,5 2,7 Fonte: PROMETEIA, Rapporto di previsione, Aprile 2002 La cattiva performance dell’industria emerge dal continuo calo dell’indice della produzione industriale con un incremento medio tendenziale annuo neanche del 2% circa (+5,5% nella media del 2000). La reazione alla crisi statunitense si è rivelata più forte di quanto atteso facendo emergere con forza che il ciclo europeo non è svincolato da quello statunitense ma anzi più inerte e III 2001: sintesi di un anno caratterizzato da un certo ritardo temporale. E’ verosimile che la ripresa si avvii con maggior sicurezza solo nella seconda metà del 2002 quando lo scenario mondiale vedrà consolidati segni di miglioramento; sotto questi auspici rimangono ottimistiche le prospettive di ripresa nel biennio 2003-2004. La fase di rallentamento, pur coinvolgendo in misura diversa i paesi dell’Unione Europea, implica una riduzione della dispersione dei tassi di crescita, confermando un comportamento che tende a caratterizzare le fasi di rallentamento dello sviluppo negli anni novanta. Nell’anno, come documentato dagli indicatori, la Germania si è confermata il fanalino di coda tra le economie europee a causa di molteplici problemi: la specializzazione produttiva, la composizione geografica delle sue esportazioni, che la rendono più esposta al rallentamento dell’economia statunitense, la particolare sensibilità alle variazioni dell’euro e l’andamento dei consumi privati inferiore rispetto agli altri paesi europei. L’industria manifatturiera tedesca sta ancora soffrendo e negli ultimi sei mesi i consumi hanno registrato ancora un’ulteriore contrazione sul trimestre precedente. A livello prospettico, non pare ancora che i tempi siano in grado di rendere imminente la ripresa dell’economia. La maggior dipendenza dell’attività economica dal settore industriale rende più gravoso l’attuale rallentamento del ciclo economico internazionale, particolarmente accentuato per il settore dei beni strumentali. Il 2001 si è chiuso con una variazione della crescita economica tedesca dello 0,7%, la stessa percentuale si prevede per il 2002. Nonostante gli effetti di rallentamento subiti anche dall’economia francese, l’antica Gallia chiude con una crescita del Prodotto interno lordo pari al +2% annuo. La voce più dinamica riguarda i consumi delle famiglie che hanno beneficiato degli interventi espansivi della politica di bilancio in vigore da luglio. Non sono migliorate invece nell’anno le condizioni del mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione negli ultimi mesi dell’anno è rimasto stabile per circa il 9%. Dopo alcuni anni di forte espansione, nel 2001 gli indicatori dell’economia spagnola segnalano che a spingere il rallentamento dell’attività economica hanno contribuito le principali componenti della domanda interna accanto ad un contributo leggermente negativo delle esportazioni nette. Dai dati tendenziali si osserva infatti che i consumi privati, con un andamento tendenziale del 2,6% e un valore medio per il 2001 dell’1,7% confermano la forte decelerazione intrapresa dalla fine del 2000. L’indice della produzione industriale ha fatto registrare negli ultimi mesi dell’anno una variazione sempre negativa. La IV 2001: sintesi di un anno dinamica del Pil nell’anno 2001 è stata comunque al di sopra della media Uem: +2,8%. Anche nel Regno Unito trova evidenza il rallentamento internazionale con una crescita addirittura nulla del Pil nel quarto trimestre. Nella media del 2001 il Pil ha registrato un tasso di variazione pari al +2,4%. La domanda interna per beni e servizi si mantiene sostenuta e si conferma la componente trainante dell’economia britannica, in particolare la parte proveniente dalle famiglie risulta in costante aumento in termini congiunturali. Nell’anno sono migliorate le condizioni del mercato del lavoro, mentre le informazioni congiunturali relative agli ultimi mesi del 2001 indicano una flessione della produzione industriale. Le aree emergenti hanno continuato a risentire della debolezza dei paesi maggiormente industrializzati. Sono soprattutto le componenti di domanda estera a pesare nella contrazione delle economie dei paesi in via di sviluppo. Se si escludono la Cina e l’India, nelle quali la domanda interna conferma ritmi di crescita sostenuti, i paesi del Sud-est asiatico e quelli dell’America Latina stanno sperimentando un periodo di crescita contenuta e, in alcuni casi, di vera e propria recessione. In modo più o meno accentuato, i paesi del Sud-est asiatico stanno sperimentando una fase di contrazione del Pil, accompagnata da un aumento della disoccupazione e da prezzi in crescita generalmente contenuta e comunque inferiore alle attese. Questo ha consentito politiche fiscali e monetarie generalmente espansive accompagnate però da un rallentamento preoccupante per il medio periodo delle riforme strutturali necessarie al consolidamento, specialmente finanziario, di queste economie. Le prospettive economiche dell’America Latina per l’anno in corso risentono, in modo particolare, della debolezza dell’economia mondiale e statunitense. In particolare la situazione finanziaria dell’Argentina si sta aggravando; il Messico ha fatto registrare una caduta del Pil e sarà il paese latino-americano che risentirà maggiormente dell’aggravarsi dello scenario mondiale. Lo sviluppo dell’attività economica sembra più favorevole nei paesi dell’Europa Centrale e orientale rispetto a quanto sperimentato in altre aree emergenti. Anche per l’economia italiana per l’anno 2001 la previsione iniziale di tutti gli indicatori è stata rivista al ribasso a cominciare dal Pil anche se gli eventi di settembre hanno costretto a ridimensionare le aspettative, peraltro in modo meno drastico di quanto si potesse temere inizialmente e con un contraccolpo minore rispetto ad altri paesi dell’area euro. Secondo le stime formulate la crescita del Pil si attesterà, nel 2001, all’1,8%, oltre un punto percentuale in meno rispetto all’andamento registrato nel 2000 e V 2001: sintesi di un anno la previsione per l’anno 2002 è pari addirittura all’1,3%. L'economia italiana ha quindi subìto conseguenze esterne che sono andate ad incidere su di una situazione congiunturale già in decelerazione, come testimoniato dalla progressiva frenata del Pil rilevata nel secondo e terzo trimestre dell’anno. Come negli altri paesi, il clima di fiducia dei consumatori in autunno è stato contraddistinto da una sorta di spartiacque rappresentato dall'inizio delle operazione belliche in Afghanistan. Le informazioni congiunturali riguardanti l’andamento della domanda interna negli ultimi mesi dell’anno, infatti, sono state principalmente di natura qualitativa. La fase di rallentamento sembra essersi attenuata se non arrestata per gli ordini interni di beni di investimento mentre prosegue per gli altri tipi di beni e per gli ordini dall’estero. Le interviste effettuate dopo l'attacco hanno registrato una sensibile caduta del clima di fiducia, apparsa più ampia di quanto non fosse avvenuto all'indomani dell'attacco alle torri gemelle. Gli effetti del rallentamento delle economie mondiali si sono inoltre fatte sentire sulle esportazioni italiane che hanno subìto una flessione in termini tendenziali del 2,5%. Gli esperti confermano che nell’aria c’è la previsione di una ripresa veloce nella seconda parte dell’anno prossimo, favorita dalle politiche economiche, anche se quantitativamente la vera ripresa si avrà solo a partire dal 2003. Passiamo ora in rapida rassegna i principali fenomeni economici biellesi, più diffusamente trattati nei capitoli successivi. Dopo un 2000 all’insegna di indicatori con valori positivi da record, nel 2001 l’industria provinciale, specie nella seconda parte dell’anno, ha raggiunto i livelli del 1999, i più bassi in serie storica degli ultimi cinque anni. In contrasto con l’andamento generale il settore artigiano biellese ha archiviato ancora un anno all’insegna di indicatori positivi: i dati emersi dalla ormai consolidata indagine svolta in collaborazione con CNA e Confartigianato hanno mostrato, per entrambi i semestri, saldi ampiamente positivi con una previsione di crescita ancora rispondente all’ottimismo. Rispetto al quadro nazionale sopra delineato, il settore commerciale della provincia di Biella segnala una condizione di maggiore difficoltà: l’indice di andamento delle vendite, pur mantenendo il consueto andamento altalenante, non è mai salito nei quattro trimestri 2001 al di sopra dello zero. L’andamento meteoclimatico del 2001 è stato complessivamente poco propizio per lo sviluppo delle attività agricole della provincia: forte siccità ad inizio anno e nei mesi autunnali ed invernali, grandinate nel periodo estivo nelle zone della VI 2001: sintesi di un anno vite e dei frutteti hanno fatto archiviare un’annata complessivamente al di sotto degli standard medi. L’industria turistica è senza ombra di dubbio uno dei settori che hanno assunto nel corso del tempo un importante posto all’interno dell’economia biellese. Si registra in continuo aumento l’insieme delle strutture ricettive (che raggiungono quota 100 unità), mentre si è registrato nell’anno un lieve calo delle presenze. Nel corso del 2001 l’attività di intermediazione del credito in Provincia di Biella ha fatto rilevare un incremento degli indicatori di prestazione, proseguendo nei fatti una tendenza alla crescita già rilevata nei due anni precedenti. Per una più approfondita disamina, si rimanda ai testi, tabelle e grafici contenuti nei singoli capitoli. VII