Tra vero e falso c'è un segreto. A
Fatima
Massimo Introvigne - Mar, 12/02/2013
Da Malachia a Nostradamus scatta l'effetto profezia. Ma fu Benedetto XVI in
pellegrinaggio a rivelare che...
Attenti alle bufale. Stanno già spuntando come funghi su Internet quelli che
«Io l'avevo previsto» legioni di piccoli falsi profeti che cercano di sfruttare il
grande avvenimento.
Molti parlano delle Profezie di Malachia, un testo pubblicato nel 1595 a Venezia
dal benedettino Arnoldo di Wyon (1554-?) come parte della sua opera «Lignum
Vitae» e attribuito al santo vescovo irlandese Malachia di Armagh (1094-1148).
Gli storici sono certi che il testo sia un falso rinascimentale: e qualcuno pensa
che sotto il nome di Malachia si celi il famoso astrologo Nostradamus (15031566), che ha lasciato anch'egli allusioni oscure a Papi che si dimettono.
Il testo attribuito a Malachia riporta un breve motto corrispondente a ciascun
Papa a partire da Celestino II, Pontefice per sei mesi tra il 1143 e il 1144. Nella
versione che circolava prima della pubblicazione veneziana, e sembra sia stata
diffusa al conclave del 1590 per influenzarlo, i Papi - Celestino II compreso erano 111, e dunque Benedetto XVI sarebbe l'ultimo. Nell'edizione di Venezia
del 1595 si aggiunge il Papa numero 112, che sarebbe dunque il successore di
Benedetto XVI: l'ultimo Pontefice, un Petrus Romanus che vivrebbe in una
situazione di «persecuzione estrema» della Chiesa, che si concluderà con la
distruzione di Roma e il giudizio universale. Ma il problema di tutte queste
profezie è che diventano chiare solo post factum. Di rado aiutano a prevedere
l'esito dei conclavi. Dopo che il Papa è eletto, qualcosa nella sua vita che
giustifichi il criptico riferimento del falso Malachia si trova sempre. E lo stesso
vale per Nostradamus e per altri.
Dalle bufale e dai testi nati nel clima, così interessato alla magia, del
Rinascimento vanno distinti complessi profetici che la Chiesa prende
estremamente sul serio e che indicano il tempo presente come tecnicamente
«apocalittico». Questa parola non contiene nessuna predizione cronologica
quanto alla fine del mondo, ma indica un tempo di estrema difficoltà per la
Chiesa e per la società. Nella sua enciclica del 2007 «Spe salvi» Benedetto XVI
ha mostrato precisamente come siamo in fondo a un processo che ci ha
progressivamente allontanato dalla sintesi di fede e ragione faticosamente
costruita dall'Europa cristiana, attraverso le tappe del fideismo protestante che
nega il ruolo della ragione, del laicismo illuminista che elimina la fede, delle
ideologie del XX secolo che si propongono come nuove religioni secolari e
anticristiane, e infine del nichilismo contemporaneo caratterizzato da un
relativismo aggressivo che attacca i santuari della vita e della famiglia.
Il Papa ha ritrovato questa sua analisi della storia nel messaggio della Madonna
a Fatima, che ha riassunto così durante il suo pellegrinaggio in Portogallo del
2010: «L'uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non
riesce ad interromperlo». Nella stessa occasione Benedetto XVI è tornato sul
terzo segreto di Fatima, da lui stesso pubblicato quando era Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2000. Qui la Madonna mostra un
Papa su un monte che «prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce
venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da
fuoco e frecce». Le profezie hanno sempre più di un significato e nel viaggio a
Fatima Benedetto XVI spiegò che la «prima istanza» interpretativa del segreto
- da lui stesso proposta nel 2000 e riferita all'attentato del 1981 a Giovanni
Paolo II - non ne esclude altre. Nel segreto sono pure «indicate realtà del
futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano», attacchi a Papi
futuri, compreso lo stesso Benedetto XVI. E il Papa accennò al fatto che anche
il tradimento dei preti pedofili e le relative persecuzioni mediatiche contro la
Chiesa fanno parte dei «colpi d'arma da fuoco e frecce» del segreto.
Anzi, disse allora il Papa, tra le conferme del messaggio di Fatima «vi è anche
il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le
sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato
che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo
in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa
non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». Da questo
punto di vista l'interesse di Benedetto XVI per Fatima è parallelo a quello da lui
mostrato per santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), una monaca tedesca del
Medioevo che ha voluto proclamare dottore della Chiesa con una lettera
apostolica del 2012 e ha citato in diversi discorsi.
Anche santa Ildegarda ha profetizzato eventi apocalittici che avrebbero
coinvolto i Papi, e una gravissima crisi nella Chiesa in cui - secondo parole,
citate da Papa Ratzinger, che Gesù rivolge alla suora tedesca - i sacerdoti
«stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e
del loro dovere sacerdotale». Certamente Benedetto XVI non ha mai dato peso
allo pseudo-Malachia o a Nostradamus. Ma Fatima e Ildegarda di Bingen sono
sempre stati presenti nelle sue meditazioni, e in un giudizio sulla qualità
apocalittica del tempo presente che forse ha fatto da sfondo anche all'ultima
decisione.