“ Ma la disgrazia dei nostri tempi è quella di aver fatto una

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“ Ma la disgrazia dei nostri tempi è quella di aver fatto una scorpacciata di sapere, è di aver dimenticato
cos’è l’esistere e cosa deve significare l’interiorità: perciò era importante che il peccato non fosse concepito
con determinazioni astratte, con le quali non lo si può afferrare, almeno in modo decisivo, perché esso sta
in un rapporto essenziale con l’esistere. … La categoria del peccato è la categoria del “singolo”. Il peccato
non si può pensare affatto speculativamente; perché il singolo uomo è al di sotto del concetto: non si può
pensare un singolo uomo, ma soltanto il concetto dell’uomo.” (Kierkegaard, Briciole di filosofia)
“Ma che cos'è allora questo Sconosciuto, contro il quale l'intelletto va a sbattere nella sua passione
paradossale e che confonde all'uomo la sua conoscenza di sé? È l'Ignoto. Esso però non è qualcosa di
umano, per quanto noi conosciamo l'uomo, e neppure qualche altra cosa che noi conosciamo. Questo
sconosciuto, chiamiamolo allora Dio. Questo attributo, che gli diamo, è soltanto un nome. Di dimostrare
che questo sconosciuto (Dio) esiste, l'intelligenza ci pensa appena. Se Dio non esiste, allora è certamente
impossibile dimostrarne l'esistenza; ma se esiste, è una vera scemenza volerlo dimostrare; poiché
precisamente nel momento in cui incomincio la dimostrazione, io l'ho già presupposto non come una cosa
dubbia - ciò che non potrebbe di certo essere un presupposto - ma come cosa già pacifica, perché
altrimenti non avrei incominciato a dimostrarlo, perché si comprende facilmente che tutto ciò sarebbe
impossibile se Dio non esistesse.” (Kierkegaard, Briciole di filosofia)
“… ciò di cui il nostro tempo ha bisogno – nel senso piú profondo – si può esaurientemente dire con una
sola parola, ha bisogno di eternità. La disgrazia del nostro tempo è che non è diventato altro che “tempo”,
temporalità, che, impaziente, non vorrebbe sentir parlare di eternità, che anzi, con buone condizioni o in
preda a frenesia, vorrebbe rendere del tutto superfluo l’eterno con una artificiosa imitazione; il che però
non gli riuscirà, in tutta l’eternità, perché quanto piú si crede di poter fare a meno dell’eterno, quanto piú ci
si irrigidisce nel pensare che si può fare a meno di lui, tanto piú, in fondo, si ha bisogno di lui.”
(Kierkegaard, Gli scritti su se stesso)
“Al pari del concetto di “fede” anche quello di “scandalo” è una categoria specificamente cristiana che si
riferisce alla fede. La possibilità dello scandalo è una specie di bivio, pone dinanzi a un bivio. Ci si allontana
da questa possibilità per andare o allo scandalo o alla fede; ma non si giunge mai alla fede senza passare
attraverso la possibilità dello scandalo. Lo scandalo si riferisce essenzialmente all’unione di Dio e
dell’uomo, o all’Uomo-Dio. La speculazione ha naturalmente creduto di poter “concepire” l’Uomo-Dio, e
s’intende, perché la speculazione lo spoglia delle determinazioni di temporalità, di contemporaneità, di
realtà. Insomma, e non si esagera a dire che ciò significa semplicemente abbandonarsi a delle buffonate e
farsi beffe della gente, è triste e terribile vedere che quest’atteggiamento ha ricevuto gli onori di una
profonda teoria. No, l’Uomo-Dio è legato anche alla situazione, quella situazione in cui l’individuo al tuo
fianco è l’Uomo-Dio. Questi non è l’unità di Dio e dell’uomo, una simile terminologia è una profonda
illusione ottica. L’Uomo-Dio è l’unità di Dio e di un individuo particolare. Che il genere umano sia o debba
essere imparentato con Dio, è paganesimo antico; ma che un uomo particolare sia Dio, è cristianesimo, e
quell’uomo particolare è l’Uomo-Dio. Né in cielo, né in terra, né all’inferno, né nei traviamenti del pensiero
piú fantastico si incontra la possibilità di un’associazione cosí folle per la nostra ragione. Lo si riconosce
quando si è nella situazione di contemporaneo, e non c’è possibilità di rapporto con l’Uomo-Dio senza
mettersi prima in questa situazione.” (Kierkegaard, Scuola di cristianesimo)
“La questione non è se il cristianesimo abbia ragione, ma cosa esso sia. La speculazione trascura questa
chiarificazione preliminare ed è per questo che le riesce il gioco della mediazione. Prima ch’essa si metta a
fare la mediazione in realtà l’ha già fatta, in quanto ha già trasformato il cristianesimo in una dottrina
filosofica. Se invece l’accordo preliminare stabilisce che il cristianesimo è l’antitesi della speculazione,
allora eo ipso la meditazione è impossibile, perché ogni mediazione avviene all’interno della speculazione.
Se il cristianesimo è l’antitesi della speculazione, è anche l’antitesi della mediazione, perché la mediazione è
l’essenza della speculazione: che senso può avere allora il "mediare" il cristianesimo? Ma cos’è l’antitesi
della mediazione? È il paradosso assoluto.” (Kierkegaard, Postilla conclusiva non scientifica)
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