Il pensiero politico rinascimentale il pensiero politico rinascimentale

Il pensiero politico rinascimentale
il pensiero politico rinascimentale si caratterizza per due tendenze opposte: realismo e
utopia.
In realtà i due approcci sono alimentati dallo stesso humus: entrambe le tendenze
nascono in una società in rapida trasformazione che sta modificando le strutture sociali e i
rapporti di potere. Mentre il realismo politico studia questi processei cercando di farne
un'analisi scieentifica, i trattati utopistici (da quello di Tommaso Moro che dà nome al
genere) alla Città Del Sole di Tommaso Campanella, descrivono luoghi immaginari per
contestare vecchi privilegi e disuguaglianze sociali.
Niccolò Machiavelli
nasce a Firenze nel 1469. la prima notizia certa su Machiavelli risale al 1498, quando
viene nominato Segretario di Cancelleria, incarico non particolarmente importante, ma che
gli permette di entrare nella vita politica attiva.
Per le sue qualita d'ingegno, viene inviato fuori Firenze in missioni all'estero: si reca più
volte in Francia, alla corte di Luigi XII; è inviato presso Cesare Borgia e presso
l'imperatore Massimiliano. Grazie a queste missioni diplomatiche, alabora delle analisi
politiche approfondite, insieme ad alcuni consigli che rivolge al governo di Firenze.
Nel 1512, espulsi i francesi, alleati della Repubblica fiorentina, a Firenze rientarno i Medici.
Questo ritorno segna la fine della carriera politica di Machiavelli. Egli viene confinato per
un anno nella villa dell'Albergaccio, presso San Casciano. Alla scoperta di una congiura
contro i Medici, M. viene arrestato e torturato perchè sospettato di complicità.
Tra il 1512 e il 1525 M. compone quasi tutte le sue opere più importanti:
– IL PRINCIPE
– DISCORSI SOPRA LA PRIMA DECA DI TITO LIVIO
– ISTORIE FIORENTINE
Negli stessi anni si colloca anche l'attività più propriamente letteraria di Machiavelli:
– L'ASINO D'ORO poemetto satirico
– LA MANDRAGOLA commedia.
Nel 1527, dopo la cacciata dei Medici da Firenze, in seguito al sacco di Roma da parte
delle truppe di Carlo , M. cerca invano di mettersi al servizio della restaurata repubblica.
Nello stesso anno M. muore.
Pensiero politico
La politica deve essere indipendente dalla religione e dalla morale. Si basa sulla:
natura umana:
bisogna studiare gli uomini per quello
che sono e non per quello che
dovrebbero essere. E com'è l'uomo?
Per M. non è né buono né cattivo, ma di
fatto propende ad essere cattivo.
Di conseguenza, il politico deve prendere
atto di questo e agire di conseguenza
e
verità effettuale:
situazione di fatto! Solo
conoscendola il Principe potrà
Costituire uno Stato e
conservarlo. Conoscere
la verità effettuale è uno
stumento d'azione politica.
L'uomo conduce la sua vita tra fortuna e virtù.
Fortuna: concezione laica, è l'insieme di forze casuali che arbitra metà delle vicende
umane (l'altrà metà dipende dall'uomo stesso).
Virtù: non ha nessuna connotazione religiosa o morale; è la capacità dell'uomo in grado di
contrastare la fortuna. È l'insieme di tre qualita:
– perfetta conoscenza delle leggi generali dell'agire politico ricavate dall'esperienza
diretta e dalla lezione passata;
– capacità di applicare le leggi ai casi concreti e particolari;
– energia, coraggio per mettere in pratica ciò che si è stabilito in teoria.
M. si chiede: qual è la virtù del principe? Consiste nell'adattare la propria azione alla
realtà, tenendo conto della natura umana e dgli individui particolari coinvolti nei suoi
piani, della situazione interna e internazionale e delle forze in campo.
Per costruire e mantenere lo Stato, il Principe non deve tener conto dei principi morali
affermati dalla religione o condivisi dai contemporanei. Dal punto di vita politico, è buono
tutto ciò che è efficace per conseguire il fine, “cattivo” tutto ciò che lo ostacola.
Non si tratta, però, di negare la morale in genere, ma solo quando si deve costruire e
conservare uno stato in un particolare momento storico. In questo contesto, gli strumenti
immorali (tradimento, assassinio ecc), ai quali il Principe può eventualmente far ricorso,
sono dei mali trascurabili.
IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI: è una frase che non trova riscontro né ne IL PRINCIPE, né
in altee opere di M., e tra l'altro non riflette il suo pensiero, anzi lo distorce (termine
machiavellico= spregiudicato, astuto, privo di scrupoli).
Ancora oggi M. è per i più un cinico, un maestro di malvagità. In realtà egli non applicò mai
alla propria vita la massima opportunistica che gli viene attribuita.
In realtà, il suo ideale politico non è il Principe da lui descritto (che è piuttosto una
necessità del momento storico), bensì quello della repubblica romana fondata sulla libertà
e sui buoni costumi.
Thomas More/Tommaso Moro
Nacque a Lonrda nel 1478. Studiò diritto a Oxford e a Londra, coltivando allo stesso
tempo studi di letteratura classica e filosofia.
Tommaso Moro fu avvocato di grande fama; ospitò a lungo nella propria casa Erasmo da
Rotterdam di cui fu grande amico; infine divenne cancelliere di Enrico VIII, da cui ottenne
molti incarichi. Entrò però in conflitto con il sovrano a proposito del divorzio da Caterina
d'Aragona e sulla questione della supremazia ecclesiastica pretesa dal re.
Tommaso Moro fu fatto imprigionare nella torre di Londra e fu decapitato il 6 luglio 1535.
Venne canonizzato nel 1935.
La fama di T. M. è legata al trattato UTOPIA, uscito nel 1516 in latino e tradotto in inglese
nel 1551.
UTOPIA si divide in due libri: Città reale e Città perfetta.
È un trattato molto singolare, che ha l'aspetto, soprattutto nel secondo libro, di un
romanzo- saggio, mentre nel primo prevale l'aspetto dialogico.
Il dialogo è fra l'io narrante (l'autore) e un portoghese. L'autore immagina infatti di aver
conosciuto ad Anversa un viaggiatore portoghese, Raffaele Itlodeo (la parola, che si può
collegare al termine greco “hitlos”, “frottola”, significa “chiacchierone”), che gli racconta di
aver viaggiato per anni nel Nuovo Mondo e di essere infine arrivato a Utopia, in cui
avrebbe vissuto 5 anni. In questa isola le istituzioni politiche e civili sarebbero superiori a
quelle europee.
Nel primo libro si sottolinea che la vita è il bene principale dell'uomo e quindi si condanna
la pena capitale, allora impiegata anche per i piccoli reati, come per i furti; inoltre ci si
pronuncia per l'uguaglianza e contro la proprietà privata.
Nel secondo libro, i costumi di Utopia sono descritti secondo gli schemi del libro di viaggi,
ma tenendo anche presente il modello della Repubblica di Platone (la repubblica
immaginata da Platone è divisa nelle tre classi dei filosofi, che contemplando le idee lo
dirigono razionalmente; dei soldati o “guardiani”, che hanno il compito di difenderlo; e dei
produttori, che ne assicurano l'esistenza dal punto di vista economico).
Il problema della felicità umana è risolto da T. M. facendo lavorare tutti gli abitanti sei ore al
giorno: tutti devono praticare l'agricoltura e almeno un mestiere. Inoltre viene perseguito
un uso moderato dei beni terreni e corporali. In materia religiosa, si professa una perfetta
tolleranza.
Come si vede, T. M proietta nella sua Utopia (il nome fu coniato con le parole greche ou
“non” e topos “luogo”, per indicare appunto un luogo che non esiste) i valori del mondo
umanistico. Vi aggiunge il motivo sociale, del tutto estraneo, invece, agli umanisti italiani.