Dalla schizofrenia ``si può guarire`

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Dalla schizofrenia ''si può guarire''
Parla Giuseppe Tibaldi, psichiatra dell’Asl Torino Nord: ‘’ Il 40% dei pazienti guarisce completamente, il 25%
migliora, i casi considerati di difficile guarigione o inguaribili sono attorno al 35%”
TORINO - La schizofrenia arriva piano piano, è un’ipotesi interpretativa della realtà. Un giorno senti delle
voci e cambia la percezione del tuo mondo, pensi che qualcuno ti voglia rovinare, che ci sia un nemico
esterno da cui ti devi difendere. Schizofrenia deriva da scindere: due aree della realtà vengono scisse, si
assumono due identità, una fragile e positiva, l’altra molto potente e ostile. Il paziente schizofrenico è
estremamente debole ed esposto al potere negativo degli altri. Sente voci che lo invitano al suicidio; si
sente perseguitato. E allora fugge. Ma chi soffre di schizofrenia può guarire? Giuseppe Tibaldi psichiatra Asl
Torino Nord e direttore scientifico del concorso "Storie di guarigione” ne è convinto, e contrariamente ai
presupposti tradizionali, sottolinea proprio l’importanza di una prospettiva futura positiva nei confronti di
un percorso terapeutico.
Quali sono le percentuali di guarigione per i pazienti schizofrenici?
“Il 40% dei pazienti guarisce completamente, il 25% migliora, i casi considerati inguaribili o di difficile
guarigione sono attorno al 35%. Il tema del concorso 'Storie di guarigione' è che le fasi psicotiche non sono
per forza destinate a durare, questo è un presupposto sbagliato. È un paradigma che non ha fondamento
scientifico, è una visione pessimistica; è un difetto di percezione per cui vediamo solo i pazienti che non
guariscono. Bisogna ragionare sulla parte sana che sopravvive e investire su questa. C’è una parte sana
della persona cha aiutiamo a riemergere, contrastando la parte psicotica.
Perché riguardo al concorso si parla soprattutto di schizofrenia?
La schizofrenia è una patologia che assorbe di più questa idea d’inguaribilità. Mentre per esempio la
depressione è un’esperienza transitoria per definizione, la schizofrenia è una patologia più enigmatica nella
lettura interpersonale e sociale. A tutti noi tocca di vivere episodi di depressione minore, quindi c’è un
continuum con chi soffre di depressione più grave. Nella schizofrenia questa linea non si riesce a costruire:
lo schizofrenico sente le voci, dice che ci sono delle microspie, è una declinazione del malessere difficile da
condividere.
I manicomi come trattavano questa patologia?
Come uno scompenso, destinato a rimanere immutato nel resto della vita, ed è il difetto di tutte le letture
pessimistiche. Il manicomio è il luogo del pessimismo dove il paziente non guarirà mai. Il concorso nasce da
questa idea di pessimismo prognostico, che contribuisce ad una scarsa motivazione a investire sulle
persone con questo tipo di disturbo.
Esiste una predisposizione alla schizofrenia?
La componente genetica è secondaria, esistono fattori personali e culturali, c’è un punto di fragilità per cui,
di fronte a catastrofi psicologiche, si può reagire con un’opzione paranoide (“le cose non vanno bene
perché c’è qualcuno che ce l’ha con me). Questa vulnerabilità è diffusa: nel corso della vita, 1 persona ogni
100 ha un episodio di questo tipo. Ci sono persone più fragili, che in determinate circostanze presentano
episodi di questo tipo. Ogni anno, 1 ogni 2.000 ha un episodio acuto di crisi. Inoltre, alcune droghe, per
esempio la cannabis e altre sostanze anticipano la manifestazione di queste vulnerabilità.
La scrittura è terapeutica?
Più che la scrittura, l’arte. Va bene però per chi è molto vicino alla guarigione o è guarito. La psicosi è anche
una de-simbolizzazione. Quando si è in guerra, c’è un nemico, bisogna sopravvivere. Nello scenario
psicotico tutto è molto concreto, c’è poco spazio per i simboli.
Durante le guerre gli ospedali psichiatrici si svuotano.
La guerra è il tipico scenario persecutorio. Un nemico alle porte vuole distruggerci. La schizofrenia, lo
scenario persecutorio diventato realtà.
Depressione, nella forma più grave è la quarta condizione disabilitante
La schizofrenia: colpisce il 3-4 per mille degli italiani nel corso della vita. Picardi (Iss): ''Da noi il privato è più
presente nella salute mentale che nelle altre branche della cura''
ROMA – E´ una panoramica sui dati "affidabili" relativi alla salute mentale, necessari per definire i contorni
del problema e anche "per programmare e allocare risorse", quella che ha fornito oggi al convegno "La
psichiatria del nuovo millennio: progressi e innovazioni" Angelo Picardi dell´Istituto superiore di sanità. Dati
epidemiologici sull´incidenza dei disturbi, rilevati da diversi studi, e anche numeri sui servizi preposti al loro
trattamento.
Dati epidemiologici. La schizofrenia: colpisce il 3-4 per mille degli italiani nel corso della vita. Disturbo
bipolare: ne soffre l´1% di italiani. Depressione unipolare: prevalenza dell´1,5% nell´ultimo mese. Il rapporto
tra donne e uomini è di 2 a 1. Disturbi d´ansia: 2,2% ha per lo più fobie specifiche. Quattro volte maggiore la
prevalenza nelle donne.
Disturbi da alimentazione (dati del 2006): 1,2%. Di questi, 0,4% anoressia nervosa, 0,3% bulimia nervosa,
0,3% Bed (disordini alimentari). Dieci volte maggiore l´incidenza nel sesso femminile. "Sembra poco rispetto
ai dati che vanno in giro su queste patologie – ha detto Picardi – ma sono quelli affidabili. Forse
sottostimano nel senso che possiamo arrivare all´8% se si considerano disturbi lievi".
Oltre che fattore di rischio per il suicidio (vedi lancio delle 13.21), i disturbi mentali si associano a disabilità
e compromettono la qualità della vita.
La depressione maggiore (il tipo più grave) è la quarta condizione più disabilitante nel mondo (compresi i
Paesi poveri del Sud del mondo), quella cioè che dà in sorte più anni di disabilità: il 12% di tutti gli anni
vissuti con disabilità nel mondo (la fonte del dato riportato da Picardi è uno studio del 1997 di Murray e
Lopez, pubblicato su Lancet, una delle più accreditate riviste scientifiche).
I numeri dei servizi. Sappiamo come è organizzata la psichiatria oggi in Italia, dopo la riforma del 1978:
piccoli reparti in ospedali generici e la rete territoriale che ruota intorno ai Centri di salute mentale; inoltre,
le strutture e le residenze pubbliche e private.
Ad oggi i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) sono 266, con 3.498 posti letto. Le cliniche universitarie
sono 23, con 399 posti letto.
Le
Chi ha una malattia mentale rischia il suicidio 10 volte di più
In Italia, tra i 15 e i 25 anni, il suicidio è la seconda causa di morte. Sotto accusa abuso di sostanze e il
troppo tempo che trascorre prima di arrivare alla cura. Chi ha disturbi psichici vive comunque di meno
Un recente rapporto della Commissione europea parla chiaro: 58mila persone l´anno muoiono nell´Ue
volontariamente. Più dei morti per incidente stradale (51mila) e più dei morti per Aids. Il suicidio è un
portato molto frequente dei disturbi mentali: chi ha una malattia psichica (come schizofrenia, distimia e
depressione maggiore, disturbo bipolare, anoressia mentale) rischia il suicidio oltre 10 volte di più del resto
della popolazione. Focalizzando sulla schizofrenia in particolare, il rischio di suicidio nell´arco della vita è
stimato al 10%.
I dati sono stati riferiti da Angelo Picardi del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione
della salute dell´Istituto superiore di sanità, al convegno in corso in queste ore alla Biblioteca Spadolini del
Senato "La psichiatria del nuovo millennio: progressi e innovazioni", con il patrocinio di Federsanità Anci.
"Le persone si sono ammazzate sempre, i dati sono costanti, con il tempo cambiano semmai le categorie"
dice al proposito il professor Siracusano, presidente dalla Società italiana di psichiatria e docente
universitario di Psichiatria. "Oggi si ammazzano di pigli anziani. E poi i giovani". Tra i 15 ai 25 anni il suicidio
è la seconda causa di morte in Italia dopo gli incidenti stradali (la prima causa in Paesi limitrofi come la
Francia). L´attenzione va puntata anche sull´abuso di sostanze e sulla Dup, Duration of. untreated psychosis,
cioè sulla durata della psicosi non trattata: prima di arrivare alla cura passano in media 2 anni.
"In ogni caso, al di là del suicidio – spiega ancora Angelo Picardi – nelle persone con sofferenza psichica è
comunque più alta l´incidenza di morte": la causa sono gli stili di vita meno salutari, i comportamenti a
rischio, i farmaci e i deficit cognitivi che riducono la cura di sé; e anche gi effetti psico-somatici: ad esempio
una persona che ha avuto un infarto e, dopo, è stata colpita da depressione maggiore, rischia un secondo
infarto entro i primi sei mesi dal precedente.
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