CREA, VINO: TRASFORMARE DITTATURA CLIMA IN
OPPORTUNITÀ. DIEGO TOMASI, AL VINITALY
A cura dell’Ufficio Stampa
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VINO, SCIENZA (UN. MILANO):
TRASFORMARE DITTATURA CLIMA IN
OPPORTUNITÀ. TOMASI, (CREA): TERROIR
PIU’ A RISCHIO CON CAMBIAMENTI
CLIMATICI
"Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe alzarsi di 1,5-2,5°C, un aumento
che risulta sempre più critico per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno 'plastiche'
nell’adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della loro elevata specificità ambientale. I
terroir rischiano invece di perdere le loro peculiarità climatiche e di conseguenza gli effetti specifici
dell'interazione clima-mesoclima/vitigno”. Lo ha detto Diego Tomasi, direttore del Crea di
Conegliano Veneto, intervenuto oggi a Vinitaly al convegno sui cambiamenti climatici organizzato
da L’Informatore Agrario in collaborazione con il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) per
analizzare gli effetti del riscaldamento globale in viticoltura. Per il professore dell’Università di
Milano, Attilio Scienza: “Oggi nella Heathcote australiana al posto dei vitigni provenienti dalle
regioni continentali europee si stanno introducendo varietà dell’Italia Centro-meridionale, quali il
Montepulciano, il Nero d’Avola, il Sagrantino, l’Aglianico. Così come in Champagne durante la
‘piccola glaciazione’ (dal XIV al XVIII secolo) al posto del Pinot nero e di altre varietà originarie
sono stati introdotti lo Chardonnay e il Gouais. Siamo di fronte a una rivoluzione culturale della
viticoltura europea che interroga la ricerca ma anche, e soprattutto, i produttori. Non possiamo –
ha concluso Scienza – basare il futuro sulla nostalgia, dobbiamo, insieme, scommettere
sull’innovazione, a partire dal miglioramento genetico e dall’applicazione della space economy”.
Indagare, comprendere e innovare, quindi, per combattere la “dittatura del clima” trasformando le
sfide poste dai cambiamenti climatici in opportunità.
Per Andrea Olivero, viceministro del Ministero delle Politiche agricole: “Il cambiamento climatico è
una tematica che va affrontata oggi e su cui non possiamo più permetterci di perdere tempo.
Abbiamo bisogno di confrontarci e di analisi puntuali, precise, basate sulla realtà, e abbiamo
bisogno soprattutto che questo diventi patrimonio collettivo dei decisori, politici e imprenditoriali.
Dobbiamo migliorare la collaborazione tra i diversi mondi e dobbiamo fare in modo che, a partire
dai Psr, ci siano concreti processi di accompagnamento per le nostre imprese – ha concluso
Olivero –. In questa direzione sta lavorando il ministero, attraverso il Crea in primis, ma anche con
gli altri strumenti per la rete rurale”.
Tra gli studi a cura del Crea presentati, quello sugli effetti dell’aumento delle temperature nella
maturazione del Glera, che ha evidenziato come i siti più freschi di bassa collina potrebbero nel
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tempo beneficiare dell’incremento termico e riclassificarsi all’interno delle fasce climaticamente più
vocate per la coltivazione di questa varietà. Al contrario, nei siti di media collina, un ulteriore
aumento delle temperature potrebbe portare a processi di maturazione troppo rapidi per
raggiungere un’ottimale espressione fisiologica e metabolica della pianta. Ancora, temperature
notturne più calde potrebbero vanificare il positivo effetto che le basse temperature hanno sulla
sintesi dei composti coloranti.
“Lo studio dei fenomeni legati al clima e ancor più il trasferimento di questa conoscenza ai
vitivinicoltori è fondamentale – ha affermato Antonio Boschetti, direttore responsabile de
L’Informatore Agrario – perché sempre di più la sfida del cambiamento climatico e dei mercati
verrà vinta attraverso l’innovazione. Per questo la Casa Editrice – ha continuato Boschetti – a
partire dal Vinitaly ha lanciato la nuova pubblicazione Vite&Vino incentrata su viticoltura ed
enologia con l’obiettivo di diventare il mezzo di aggiornamento tecnico dei vitivinicoltori”.
Al termine delle relazioni la degustazione “Annate, altitudini e portinnesti a confronto”, realizzata in
collaborazione con il Consorzio per la tutela vini Soave e Recioto di Soave e Vivai cooperativi
Rauscedo e condotta dall’enologo Luigino Bertolazzi e da Francesco Anaclerio di Vivai cooperativi
Rauscedo, ha concluso la giornata di approfondimento testando al naso e al palato le
conseguenze degli agenti climatici e ambientali sul prodotto. L’influenza del clima legata alle
diverse altitudini è stata apprezzata degustando due Pinot neri di pianura e di alta collina, mentre
l’effetto sulle caratteristiche organolettiche del vino di un diverso microclima del grappolo è stato
evidenziato degustando 4 diversi Soave ottenuti dalle forme di allevamento pergola e Guyot. In
fine grazie a microvinificazioni di Corvina veronese e Cabertnet sauvignon è stato possibile
valutare la qualità del vino ottenuto da portinnesti (41B; 1103P; M1; M2; M3; M4) caratterizzati da
diversi livelli di tolleranza alla siccità e a condizioni pedologiche avverse. Sono intervenuti alla
giornata di approfondimento, oltre a Attilio Scienza e Diego Tomasi, Luigi Mariani (Università di
Milano), Andrea Pitacco (Università di Padova), Riccardo Bugiani e Alda Butturini (Servizio
fitosanitario Emilia-Romagna), Maurizio Petrozziello e Enrico Vaudano (Crea - Asti), Eugenio
Pomarici (Università di Padova); Maurizio Bottura (Fondazione E. Mach); Riccardo Castaldi
(Cevico); Riccardo Cotarella (Assoenologi); Nicola Di Ciano (Cotevi); Andrea Faustini (Cavit);
Francesco Miceli (Duca di Salaparuta).
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VINO: TERROIR STORICI A RISCHIO
CON CAMBIAMENTI CLIMATICI
A Vinitaly l'incontro dedicato al tema
Terroir, area specifica in cui le condizioni naturali, la
posizione geografica e il clima permettono di produrre vini dalle
caratteristiche uniche: Champagne, Franciacorta, Borgogna,
Chianti, cosa sarebbero senza le tipicità dell'area in cui vengono
prodotti? Domanda non proprio retorica perché con i cambiamenti
climatici ad essere a rischio sono anche queste produzioni.
"Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe
alzarsi di 1,5-2,5°C, un aumento che risulta sempre più critico
per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno 'plastiche'
nell'adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della
loro elevata specificità ambientale. I terroir rischiano invece di
perdere le loro peculiarità climatiche e di conseguenza gli
effetti specifici dell'interazione clima-mesoclima/vitigno'',
spiega Diego Tomasi, direttore del Crea di Conegliano Veneto,
intervenuto a Vinitaly in occasione del convegno sui cambiamenti
climatici. Cambiamenti che potrebbero ridisegnare la 'geografia
del vino', come già accaduto in passato.(segue)
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VINO: TERROIR STORICI A RISCHIO
CON CAMBIAMENTI CLIMATICI (2)
La geografia del vino, cosa è cambiato e cosa cambierà
E' successo nello Champagne durante la 'piccola glaciazione' (dal
XIV al XVIII secolo) quando "al posto del Pinot nero
e di altre varietà originarie sono stati introdotti lo Chardonnay
e il Gouais", ricorda Attilio Scienza dell'Università di Milano. E
succede oggi: "nella Heathcote australiana al posto dei vitigni
provenienti dalle regioni continentali europee si stanno
introducendo varietà dell'Italia Centro-meridionale, quali il
Montepulciano, il Nero d'Avola, il Sagrantino, l'Aglianico",
aggiunge.
Le sfide poste dai cambiamenti climatici potrebbero però
trasformarsi in opportunità. Secondo uno studio del Crea sugli
effetti dell'aumento delle temperature nella maturazione del
Glera, i siti più freschi di bassa collina potrebbero nel tempo
beneficiare dell'incremento termico e candidarsi ad essere le aree
più vocate per la coltivazione di questa varietà.(segue)
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VINO: TERROIR STORICI A RISCHIO
CON CAMBIAMENTI CLIMATICI (3)
Un 'sorso' di cambiamento tra Pinot di pianura, soave a
'pergola'
Al contrario, nei siti di media collina, un ulteriore
aumento delle temperature potrebbe portare a processi di
maturazione troppo rapidi per raggiungere un'ottimale espressione
fisiologica e metabolica della pianta. Ancora, temperature
notturne più calde potrebbero vanificare il positivo effetto che
le basse temperature hanno sulla sintesi dei composti coloranti.
Per toccare con mano, anzi gustare, possibili scenari futuri, la
giornata di approfondimento sul tema è passata per un 'assaggio'
delle conseguenze degli agenti climatici e ambientali sul
prodotto: Pinot neri di pianura e di alta collina, Soave ottenuti
dalle forme di allevamento pergola e Guyot, mentre grazie a
microvinificazioni di Corvina veronese e Cabernet sauvignon è
stato possibile valutare la qualità del vino ottenuto da
portinnesti caratterizzati da diversi livelli di tolleranza alla
siccità e a condizioni pedologiche avverse.
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Vinitaly, Crea Conegliano Veneto:
cambiamenti climatici una sfida
Tomasi, innalzamento temperature sempre più critico
“Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe alzarsi di 1,5-2,5°C, un aumento che
risulta sempre più critico per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno ‘plastiche’
nell’adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della loro elevata specificità ambientale. I
terroir rischiano invece di perdere le loro peculiarità climatiche e di conseguenza gli effetti specifici
dell’interazione clima-mesoclima/vitigno”. Lo ha detto Diego Tomasi, direttore del Crea di
Conegliano Veneto, intervenuto oggi a Vinitaly al convegno sui cambiamenti climatici organizzato
da L’Informatore Agrario in collaborazione con il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) per
analizzare gli effetti del riscaldamento globale in viticoltura.
Per il professore dell’Università di Milano, Attilio Scienza: “Oggi nella Heathcote australiana al
posto dei vitigni provenienti dalle regioni continentali europee si stanno introducendo varietà
dell’Italia Centro-meridionale, quali il Montepulciano, il Nero d’Avola, il Sagrantino, l’Aglianico.
Così come in Champagne durante la ‘piccola glaciazione’ (dal XIV al XVIII secolo) al posto del
Pinot nero e di altre varietà originarie sono stati introdotti lo Chardonnay e il Gouais. Siamo di
fronte a una rivoluzione culturale della viticoltura europea che interroga la ricerca ma anche, e
soprattutto, i produttori. Non possiamo – ha concluso Scienza – basare il futuro sulla nostalgia,
dobbiamo, insieme, scommettere sull’innovazione, a partire dal miglioramento genetico e
dall’applicazione della space economy”. Indagare, comprendere e innovare, quindi, per combattere
la dittatura del clima trasformando le sfide poste dai cambiamenti climatici in opportunità.
Per Andrea Olivero, viceministro del Ministero delle Politiche agricole: “Il cambiamento climatico
è una tematica che va affrontata oggi e su cui non possiamo più permetterci di perdere tempo.
Abbiamo bisogno di confrontarci e di analisi puntuali, precise, basate sulla realtà, e abbiamo
bisogno soprattutto che questo diventi patrimonio collettivo dei decisori, politici e imprenditoriali.
Dobbiamo migliorare la collaborazione tra i diversi mondi e dobbiamo fare in modo che, a partire
dai Psr, ci siano concreti processi di accompagnamento per le nostre imprese – ha concluso Olivero
-. In questa direzione sta lavorando il ministero, attraverso il Crea in primis, ma anche con gli altri
strumenti per la rete rurale”.
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Vino, terroir storici a rischio. La minaccia
dei cambiamenti climatici
a Vinitaly l’incontro dedicato al tema
Terroir, area specifica in cui le condizioni naturali, la posizione geografica e il clima permettono di
produrre vini dalle caratteristiche uniche: Champagne, Franciacorta, Borgogna, Chianti, cosa
sarebbero senza le tipicità dell’area in cui vengono prodotti? Domanda non proprio retorica
perché con i cambiamenti climatici ad essere a rischio sono anche queste produzioni.
“Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe alzarsi di 1,5-2,5°C, un aumento
che risulta sempre più critico per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno ‘plastiche’
nell’adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della loro elevata specificità ambientale.
I terroir rischiano invece di perdere le loro peculiarità climatiche e di conseguenza gli effetti
specifici dell’interazione clima-mesoclima/vitigno”, spiega Diego Tomasi, direttore del Crea di
Conegliano Veneto, intervenuto a Vinitaly in occasione del convegno sui cambiamenti climatici.
Cambiamenti che potrebbero ridisegnare la ‘geografia del vino’, come già accaduto in passato.
E’ successo nello Champagne durante la ‘piccola glaciazione’ (dal XIV al XVIII secolo) quando “al
posto del Pinot nero e di altre varietà originarie sono stati introdotti lo Chardonnay e il Gouais”,
ricorda Attilio Scienza dell’Università di Milano. E succede oggi: “nella Heathcote australiana al
posto dei vitigni provenienti dalle regioni continentali europee si stanno introducendo varietà
dell’Italia Centro-meridionale, quali il Montepulciano, il Nero d’Avola, il Sagrantino, l’Aglianico”,
aggiunge.
Le sfide poste dai cambiamenti climatici potrebbero però trasformarsi in opportunità. Secondo
uno studio del Crea sugli effetti dell’aumento delle temperature nella maturazione del Glera, i siti
più freschi di bassa collina potrebbero nel tempo beneficiare dell’incremento termico e candidarsi
ad essere le aree più vocate per la coltivazione di questa varietà.
Al contrario, nei siti di media collina, un ulteriore aumento delle temperature potrebbe portare a
processi di maturazione troppo rapidi per raggiungere un’ottimale espressione fisiologica e
metabolica della pianta. Ancora, temperature notturne più calde potrebbero vanificare il positivo
effetto che le basse temperature hanno sulla sintesi dei composti coloranti.
Per toccare con mano, anzi gustare, possibili scenari futuri, la giornata di approfondimento sul
tema è passata per un ‘assaggio’ delle conseguenze degli agenti climatici e ambientali sul
prodotto: Pinot neri di pianura e di alta collina, Soave ottenuti dalle forme di allevamento pergola
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e Guyot, mentre grazie a microvinificazioni di Corvina veronese e Cabernet sauvignon è stato
possibile valutare la qualità del vino ottenuto da portinnesti caratterizzati da diversi livelli di
tolleranza alla siccità e a condizioni pedologiche avverse.
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"Clima pazzo", temperature in costante aumento:
"A rischio i terroir storici"
"Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe alzarsi di 1,5-2,5°C, un aumento che
risulta sempre più critico per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno plastiche
nell’adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della loro elevata specificità ambientale. I
terroir rischiano invece di perdere le loro peculiarità climatiche e di conseguenza gli effetti specifici
dell'interazione clima-mesoclima/vitigno”.
Lo ha detto Diego Tomasi, direttore del Crea di Conegliano Veneto, intervenuto oggi a Vinitaly al
convegno sui cambiamenti climatici organizzato da L’Informatore Agrario in collaborazione con il
Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) per analizzare gli effetti del riscaldamento globale in
viticoltura. Per il professore dell’Università di Milano, Attilio Scienza: “Oggi nella Heathcote
australiana al posto dei vitigni provenienti dalle regioni continentali europee si stanno introducendo
varietà dell’Italia Centro-meridionale, quali il Montepulciano, il Nero d’Avola, il Sagrantino,
l’Aglianico. Così come in Champagne durante la piccola glaciazione (dal XIV al XVIII secolo) al
posto del Pinot nero e di altre varietà originarie sono stati introdotti lo Chardonnay e il Gouais.
Siamo di fronte a una rivoluzione culturale della viticoltura europea che interroga la ricerca ma
anche, e soprattutto, i produttori. Non possiamo basare il futuro sulla nostalgia, dobbiamo, insieme,
scommettere sull’innovazione, a partire dal miglioramento genetico e dall’applicazione della space
economy”. Indagare, comprendere e innovare, quindi, per combattere la “dittatura del clima”
trasformando le sfide poste dai cambiamenti climatici in opportunità.
Per Andrea Olivero, viceministro del Ministero delle Politiche agricole: “Il cambiamento climatico è
una tematica che va affrontata oggi e su cui non possiamo più permetterci di perdere tempo.
Abbiamo bisogno di confrontarci e di analisi puntuali, precise, basate sulla realtà, e abbiamo
bisogno soprattutto che questo diventi patrimonio collettivo dei decisori, politici e imprenditoriali.
Dobbiamo migliorare la collaborazione tra i diversi mondi e dobbiamo fare in modo che, a partire
dai Psr, ci siano concreti processi di accompagnamento per le nostre imprese. In questa direzione
sta lavorando il ministero, attraverso il Crea in primis, ma anche con gli altri strumenti per la rete
rurale”.
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Tra gli studi a cura del Crea presentati, quello sugli effetti dell’aumento delle temperature nella
maturazione del Glera, che ha evidenziato come i siti più freschi di bassa collina potrebbero nel
tempo beneficiare dell’incremento termico e riclassificarsi all’interno delle fasce climaticamente più
vocate per la coltivazione di questa varietà. Al contrario, nei siti di media collina, un ulteriore
aumento delle temperature potrebbe portare a processi di maturazione troppo rapidi per
raggiungere un’ottimale espressione fisiologica e metabolica della pianta. Ancora, temperature
notturne più calde potrebbero vanificare il positivo effetto che le basse temperature hanno sulla
sintesi dei composti coloranti.
“Lo studio dei fenomeni legati al clima e ancor più il trasferimento di questa conoscenza ai
vitivinicoltori è fondamentale – ha affermato Antonio Boschetti, direttore responsabile de
L’Informatore Agrario – perché sempre di più la sfida del cambiamento climatico e dei mercati
verrà vinta attraverso l’innovazione. Per questo la Casa Editrice – ha continuato Boschetti – a
partire dal Vinitaly ha lanciato la nuova pubblicazione Vite&Vino incentrata su viticoltura ed
enologia con l’obiettivo di diventare il mezzo di aggiornamento tecnico dei vitivinicoltori”. Al termine
delle relazioni la degustazione “Annate, altitudini e portinnesti a confronto”, realizzata in
collaborazione con il Consorzio per la tutela vini Soave e Recioto di Soave e Vivai cooperativi
Rauscedo e condotta dall’enologo Luigino Bertolazzi e da Francesco Anaclerio di Vivai cooperativi
Rauscedo, ha concluso la giornata di approfondimento testando al naso e al palato le
conseguenze degli agenti climatici e ambientali sul prodotto.
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Vino, terroir storici a rischio. La minaccia dei
cambiamenti climatici
Terroir, area specifica in cui le condizioni naturali, la posizione geografica e il clima
permettono di produrre vini dalle caratteristiche uniche: Champagne, Franciacorta,
Borgogna, Chianti, cosa sarebbero senza le tipicità dell’area in cui vengono prodotti?
Domanda non proprio retorica perché con i cambiamenti climatici ad essere a rischio sono
anche queste produzioni.
“Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe alzarsi di 1,5-2,5 C, un
aumento che risulta sempre più critico per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno
‘plastiche’ nell’adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della loro elevata
specificità ambientale. I terroir rischiano invece di perdere le loro peculiarità climatiche e
di conseguenza gli effetti specifici dell’interazione clima-mesoclima/vitigno – , spiega
Diego Tomasi, direttore del Crea di Conegliano Veneto, intervenuto a Vinitaly in occasione
del convegno sui cambiamenti climatici.
Cambiamenti che potrebbero ridisegnare la ‘geografia del vino’, come già accaduto in
passato.
E’ successo nello Champagne durante la piccola glaciazione’ (dal XIV al XVIII secolo)
quando “al posto del Pinot nero e di altre varietà originarie sono stati introdotti lo
Chardonnay e il Gouais”, ricorda Attilio Scienza dell’Università di Milano. E succede oggi:
“nella Heathcote australiana al posto dei vitigni provenienti dalle regioni continentali
europee si stanno introducendo varietà dell’Italia Centro-meridionale, quali il
Montepulciano, il Nero d’Avola, il Sagrantino, l’Aglianico”, aggiunge.
Le sfide poste dai cambiamenti climatici potrebbero però trasformarsi in opportunità.
Secondo uno studio del Crea sugli effetti dell’aumento delle temperature nella maturazione
del Glera, i siti più freschi di bassa collina potrebbero nel tempo beneficiare
dell’incremento termico e candidarsi ad essere le aree più vocate per la coltivazione di
questa varietà.
Al contrario, nei siti di media collina, un ulteriore aumento delle temperature potrebbe
portare a processi di maturazione troppo rapidi per raggiungere un’ottimale espressione
fisiologica e metabolica della pianta. Ancora, temperature notturne piu’ calde potrebbero
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vanificare il positivo effetto che le basse temperature hanno sulla sintesi dei composti
coloranti.
Per toccare con mano, anzi gustare, possibili scenari futuri, la giornata di approfondimento
sul tema è passata per un ‘assaggio’ delle conseguenze degli agenti climatici e ambientali
sul prodotto: Pinot neri di pianura e di alta collina, Soave ottenuti dalle forme di
allevamento pergola e Guyot, mentre grazie a microvinificazioni di Corvina veronese e
Cabernet sauvignon è stato possibile valutare la qualità del vino ottenuto da portinnesti
caratterizzati da diversi livelli di tolleranza alla siccità e a condizioni pedologiche avverse.
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Vinitaly, Crea Conegliano Veneto:
cambiamenti climatici una sfida
"Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe alzarsi di 1,5-2,5°C, un
aumento che risulta sempre più critico per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno
'plastiche' nell'adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della loro elevata specificità
ambientale. I terroir rischiano invece di perdere le loro peculiarità climatiche e di conseguenza
gli effetti specifici dell'interazione clima-mesoclima/vitigno". Lo ha detto Diego Tomasi,
direttore del Crea di Conegliano Veneto, intervenuto oggi a Vinitaly al convegno sui
cambiamenti climatici organizzato da L'Informatore Agrario in collaborazione con il Crea
(Consiglio per la ricerca in agricoltura) per analizzare gli effetti del riscaldamento globale in
viticoltura.
Per il professore dell'Università di Milano, Attilio Scienza: "Oggi nella Heathcote australiana al
posto dei vitigni provenienti dalle regioni continentali europee si stanno introducendo varietà
dell'Italia Centro-meridionale, quali il Montepulciano, il Nero d'Avola, il Sagrantino, l'Aglianico.
Così come in Champagne durante la 'piccola glaciazione' (dal XIV al XVIII secolo) al posto del
Pinot nero e di altre varietà originarie sono stati introdotti lo Chardonnay e il Gouais. Siamo di
fronte a una rivoluzione culturale della viticoltura europea che interroga la ricerca ma anche, e
soprattutto, i produttori. Non possiamo - ha concluso Scienza - basare il futuro sulla nostalgia,
dobbiamo, insieme, scommettere sull'innovazione, a partire dal miglioramento genetico e
dall'applicazione della space economy". Indagare, comprendere e innovare, quindi, per
combattere la dittatura del clima trasformando le sfide poste dai cambiamenti climatici in
opportunità.
Per Andrea Olivero, viceministro del Ministero delle Politiche agricole: "Il cambiamento
climatico è una tematica che va affrontata oggi e su cui non possiamo più permetterci di
perdere tempo. Abbiamo bisogno di confrontarci e di analisi puntuali, precise, basate sulla
realtà, e abbiamo bisogno soprattutto che questo diventi patrimonio collettivo dei decisori,
politici e imprenditoriali. Dobbiamo migliorare la collaborazione tra i diversi mondi e dobbiamo
fare in modo che, a partire dai Psr, ci siano concreti processi di accompagnamento per le
nostre imprese - ha concluso Olivero -. In questa direzione sta lavorando il ministero,
attraverso il Crea in primis, ma anche con gli altri strumenti per la rete rurale".
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Vino, terroir storici a rischio. La minaccia dei
cambiamenti climatici
Terroir, area specifica in cui le condizioni naturali, la posizione geografica e il clima permettono di
produrre vini dalle caratteristiche uniche: Champagne, Franciacorta, Borgogna, Chianti, cosa
sarebbero senza le tipicità dell’area in cui vengono prodotti? Domanda non proprio retorica
perché con i cambiamenti climatici ad essere a rischio sono anche queste produzioni.
“Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe alzarsi di 1,5-2,5°C, un aumento
che risulta sempre più critico per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno ‘plastiche’
nell’adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della loro elevata specificità ambientale.
I terroir rischiano invece di perdere le loro peculiarità climatiche e di conseguenza gli effetti
specifici dell’interazione clima-mesoclima/vitigno”, spiega Diego Tomasi, direttore del Crea di
Conegliano Veneto, intervenuto a Vinitaly in occasione del convegno sui cambiamenti climatici.
Cambiamenti che potrebbero ridisegnare la ‘geografia del vino’, come già accaduto in passato.
E’ successo nello Champagne durante la ‘piccola glaciazione’ (dal XIV al XVIII secolo) quando “al
posto del Pinot nero e di altre varietà originarie sono stati introdotti lo Chardonnay e il Gouais”,
ricorda Attilio Scienza dell’Università di Milano. E succede oggi: “nella Heathcote australiana al
posto dei vitigni provenienti dalle regioni continentali europee si stanno introducendo varietà
dell’Italia Centro-meridionale, quali il Montepulciano, il Nero d’Avola, il Sagrantino, l’Aglianico”,
aggiunge.
Le sfide poste dai cambiamenti climatici potrebbero però trasformarsi in opportunità. Secondo
uno studio del Crea sugli effetti dell’aumento delle temperature nella maturazione del Glera, i siti
più freschi di bassa collina potrebbero nel tempo beneficiare dell’incremento termico e candidarsi
ad essere le aree più vocate per la coltivazione di questa varietà.
Al contrario, nei siti di media collina, un ulteriore aumento delle temperature potrebbe portare a
processi di maturazione troppo rapidi per raggiungere un’ottimale espressione fisiologica e
metabolica della pianta. Ancora, temperature notturne più calde potrebbero vanificare il positivo
effetto che le basse temperature hanno sulla sintesi dei composti coloranti.
Per toccare con mano, anzi gustare, possibili scenari futuri, la giornata di approfondimento sul
tema è passata per un ‘assaggio’ delle conseguenze degli agenti climatici e ambientali sul
prodotto: Pinot neri di pianura e di alta collina, Soave ottenuti dalle forme di allevamento pergola
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e Guyot, mentre grazie a microvinificazioni di Corvina veronese e Cabernet sauvignon è stato
possibile valutare la qualità del vino ottenuto da portinnesti caratterizzati da diversi livelli di
tolleranza alla siccità e a condizioni pedologiche avverse.
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