Lezioni di Don Giordano Trapasso - Appunti
Il problema dell’uomo, oggi – Filosofia
Questi appunti provengono da una redazione personale sommaria e veloce, e spesso reinterpretata, affatto
esaustiva e con altissima probabilità di errore nella trascrizione. Per uno studio completo ed esaustivo è
necessario ascoltare la registrazione. Mi scuso con i lettori per l’incompletezza del documento.
21.02.2015
Antropologia filosofica
- - - - - -- - - Premesso che :
Il tempo che si vive è stato ormai definito come tempo di «crisi della ragione», di «crisi del soggetto», del
«pensiero debole», della «complessità», della «globalizzazione», del «frammento», della «precarietà» e così
via. Le radici di questa crisi erano state peraltro già individuate in maniera molto netta, tra gli altri, ad
esempio, da Simone Weil, quando nei primi anni '40, affermava che
……….. Ci si può chiedere se esista un àmbito della vita pubblica o privata dove le sorgenti stesse dell'attività
e della speranza non siano avvelenate dalle condizioni nelle quali viviamo. Il lavoro non viene più
eseguito con la coscienza orgogliosa di essere utili, ma con il sentimento umiliante e
angosciante di possedere un privilegio concesso da un favore passeggero della sorte, un
privilegio dal quale si escludono parecchi esseri umani per il fatto stesso di goderne, in breve
un posto. Gli stessi imprenditori hanno perso quella credenza ingenua in un progresso
economico illimitato che faceva loro supporre di avere una missione. Il progresso tecnico
sembra aver fatto fallimento, poiché ha apportato alle masse, in luogo del benessere, la
miseria fisica e morale in cui le vediamo dibattersi; del resto non sono più ammesse
innovazioni tecniche in nessun campo, o quasi, salvo nelle industrie belliche. Quanto al
progresso scientifico, non si vede bene a che cosa possa servire accatastare ulteriormente
conoscenze su un ammasso già fin troppo vasto per poter essere abbracciato dal pensiero
stesso degli specialisti; e l'esperienza mostra che i nostri antenati si sono ingannati credendo
nella diffusione dei lumi, poiché non si può divulgare fra le masse che una miserabile
caricatura della cultura scientifica moderna, caricatura che, lungi dal formarne la capacità di
giudizio, le abitua alla credulità. L'arte stessa subisce il contraccolpo dello smarrimento generale, che la
priva in parte del suo pubblico, e con ciò stesso lede l'ispirazione. Infine la vita familiare è diventata
solo ansietà, a partire dal momento in cui la società si è chiusa ai giovani. Proprio quella
generazione per la quale l'attesa febbrile dell'avvenire costituisce la vita intera vegeta in tutto
il mondo con la consapevolezza di non avere alcun avvenire, che per essa non c'è alcun posto
nel nostro universo. Del resto questo male, al giorno d'oggi, se è più acuto per i giovani, è comune a tutta
l'umanità. Viviamo un'epoca priva di avvenire. L'attesa di ciò che verrà non è più speranza, ma
angoscia.
L'aria predominante è segnata quindi, sia dal «perdurare inerte di vecchi costumi», sia da «aspetti culturali
che rendono difficile o quasi impossibile l'opera dell'evangelizzare», come afferma il card. Martini, il quale a
questo proposito elenca
il venir meno del senso cristiano della vita; lo smarrimento della fede con l'uscita della Chiesa di molti e
l'abbandono della pratica religiosa; un numero crescente di persone che si dichiarano atee o non cristiane; la
presenza di chi sembra faccia comodamente a meno della religione e di Gesù Cristo, avendo messo a
tacere quell'inquietudine religiosa capace di stimolare la ricerca di senso per la propria
esistenza.
Diciamo quindi che è in atto una crisi “Antropologica” è in discussione la “Questione dell’umano”
Come si relaziona l’uomo con se stesso, con gli altri e con il “trascendente”??
Quale è il senso del “nuovo umanesimo” dove il punto di riferimento costante è la riscoperta della concezione
dell’uomo e della sua “dignità” quale autore della propria storia.
Si parte allora con una breve sintesi della storia della filosofia (ovvero “desiderio di sapere”).
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Si pone al V/IV secolo l’inizio del concetto di pensiero filosofico in Grecia, prima si parla solo di “Miti”
vedi Omero ed altri scrittori…
Facciamo riferimento alla cultura ellenica, ove all’inizio il pensiero filosofico è attratto dallo stupore
e ammirazione che tutto ciò che ci circonda è “Ordine” ed “Armonia” (Kosmos) e non “Caos” disordine.
Si forma così il pensiero cosmologico che è un aspetto del sapere filosofico e scientifico che studia la struttura materiale e
le leggi che regolano l'universo concepito come un insieme ordinato.
Da qui la ricerca del “Principio generatore” (archè) la forza iniziale o generatrice che domina il mondo, da cui tutto
proviene e a cui tutto tornerà.
In questo periodo l’uomo si pone come “spettatore” e nel suo agire riproduce ciò che contempla.
(non si permette di modificare o variare quello che lo circonda ma si attiene a quello che vede.)
L’uomo nel pensiero filosofico passa in second’ordine. Prima è la natura e il cosmo.
Ma questo pensiero non soddisfa e pone dei limiti che vengono superati ed elaborati da una nuova corrente
I Sofisti (sapienti) che si concentrano maggiormente sui problemi dell’uomo. Protagora dice: “L’uomo è misura di tutte
le cose” ovvero, ciò che viene percepito dall'uomo è il solo criterio per giudicare la realtà (e la verità).
Con Socrate abbiamo per la prima volta il concetto di “anima” il filosofo afferma che: “L’uomo è personalità
cosciente e morale” - Ragionare è un prendersi cura della propria anima, avere coscienza di sé, conoscere sé ed i
propri limiti e dunque le proprie possibilità
Il Conoscere se stessi coincide con la scienza. La conoscenza conduce alla virtù. Solo così la virtù è insegnabile. Ma
non si insegna la virtù si insegna a “scoprire” la virtù.
Platone aggiunge alla “Ragione” la PASSIONE che deve essere controllata proprio dalla Ragione.
Per Aristotele l’uomo è: “è un animale Razionale, capace di ragionare e di comunicare” (logos- parola).
L’uomo è un “animale politico” cioè che per sua natura deve vivere in una città con altri uomini e relazionarsi con loro per
raggiungere la felicità e la pace. L’essere cittadino scaturisce dall’etica.
La felicità è rappresentata dall’autosufficienza.
Aristotele sostiene che la materia non può avere in se stessa la causa del proprio movimento. Dunque tutto ciò che si
muove, è necessariamente messo in moto da qualcos'altro.
Questo qualcos'altro, poi, se è anch'esso in movimento, è mosso da altro ancora (come la pietra è mossa dal bastone, che è
mosso dalla mano, che è mossa dall'uomo). Orbene, in questo processo di rimandi non si può procedere all'infinito perché
altrimenti rimarrebbe inspiegato il movimento iniziale, dalla cui constatazione siamo partiti. Non potendo così andare
all'infinito, vi devono essere dei principi, ovvero dei motori immobili a cui fanno capo i vari movimenti e, a maggior
ragione, vi deve essere un principio primo e immobile, un Primo Motore Immobile, a cui fa capo tutto il movimento. Per
Aristotele questo Motore Immobile è Dio stesso, a cui il filosofo attribuisce anche altre caratteristiche. Prima di tutto
Dio deve essere un atto puro, cioè un atto senza potenza, giacché la potenza è la possibilità di cambiamento mentre
Dio, se è Motore Immobile, non può essere sottoposto al mutamento. Inoltre Dio deve anche essere forma pura o
sostanza incorporea perché è appunto privo di materia. Alla domanda: come può il Primo Motore muovere
restando immobile? Aristotele dice che esso non muove come una causa efficiente, dando un
impulso, ma muove come causa finale, cioè come 'un oggetto d'amore'. In altre parole, il Primo
Motore muove come l'oggetto d'amore attrae l'amante, pur restando immobile. Dio è la Perfezione
che, come una calamita, attira e quindi muove il mondo.
Nella concezione aristotelica dell’amicizia l’altro, in realtà, è un altro me stesso nel bene e per questo è amabile.
In tal senso comprendiamo la differenza della (philia) amicizia aristotelica rispetto (l’agàpe) amore cristiano:
quest’ultimo è realmente inclusivo dell’altro come realmente diverso da me, anche rispetto l’opzione del bene. L’agàpe
/amore include l’altro in quanto tale, assolutamente diverso da me, anche il nemico, anche il malvagio a cui non opporsi
con una nuova scelta del male ma rispondere con il bene.
Con il Cristianesimo (la Rivelazione) si modifica la concezione dell’uomo aggiungendo all’animale politico
L’uomo “Immagine di Dio” – l’uomo immagine del suo Creatore.Si vede e concepisce l’uomo come mistero di comunione di tre persone nell’unica sostanza.L’uomo “trinitario” – nella Memoria, nell’Itelletto e nella Volontà.
Dio lo ha posto al vertice della sua creazione, come “Legittimo amministratore” – non padrone ma custode
Deve decidere ed agire non come “Servo” ma come buon amministratore, in sintonia con lo Spirito di chi lo ha mandato.
La Tradizione e la riflessione teologica hanno cercato di elaborare la Rivelazione biblico-cristiana applicando al rapporto
Dio-uomo l’analogia (immagine di Dio): se l’uomo è somigliante a Dio,
tanta è la somiglianza altrettanto e più grande è la dissomiglianza rispetto al suo Creatore.
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- L’UOMO IN COSA E’ SOMIGLIANZA A DIO??
- quindi TRASCENDENTE A DIO (salire verso…)
Se dunque in termini generali trascendente è tutto ciò che esiste al di fuori e al disopra di un’altra realtà, la
quale ne dipende, comunque, in forza della propria inferiorità, mentre l’altra non dipende da essa.
- E SOMIGLIANZA DELL’UOMO CON DIO.
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