[email protected] ilnuovoCAD DELLE 2 www.corrierecomunicazioni.it n°3. 21 febbraio 2011 class action elettronica. I l nuovo codice permette ai cittadini di fare ricorso contro le PA non digitalizzate anche via Pec Il Codice digitale ci riprova Sarà davvero la volta buona? Brunetta. Cosa accadrà a queste PA? Saranno destinate a rimanere indietro sulla via dell’innovazione? Si creerà un’amministrazione di serie A, più efficiente perché più digitalizzata, e una di serie B, magari concentrata nelle aree più svantaggiate del Paese?” La provocazione lanciata dal sindacato pare non preoccupare Palazzo Vidoni che ha già fatto i conti - è proprio il caso di dirlo - con il nodo finanziario. “Le pubbliche amministrazioni già oggi hanno in bilancio fondi per sviluppare l’innovazione - annunciano dal ministero - Spesso si tratta di fondi non saturati ovvero di risorse che FEDERICAMETA Governare l’innovazione. Inserirla in un quadro do regole certe al passo con le novità della tecnologia. Sono i due ambiziosi - ma non per questo irraggiungibili, come dice il ministro Brunetta - obiettivi della nuovo Codice dell’amministrazione digitale (Cad) che aggiorna la versione del 2005. Un testo che batte la strada della semplificazione non solo per l’accelerazione che darà allo switch off progressivo della carta negli uffici pubblici - le norme prevedono una precisa roadmap per le messa in regola delle PA - ma soprattutto per il tentativo di A sospendere il giudizio sul Cad 2011 gli esperti del settore che, prima di esprimere una valutazione complessiva, attendono le regole attuative che non verranno emanate non prima di 12 mesi. Secondo Greta Nasi, assistant professor del dipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pubblico della Bocconi “il testo rappresenta una preziosa opportunità per il recupero di competitività dei sistema pubblico, ma senza regole tecniche non è possibile valutare quale effettivamente sarà l’impatto sulla riorganizzazione del back office e dei servizi di front office”. Soprattutto nel caso degli enti più piccoli che se - come stabilito - à à Il nodo Il personale Solo tra12 mesi l’emanazione di regole tecniche realizzare un innovazione a costo zero. Come? Tramite il meccanismo premio-sanzione previsto dalla riforma Brunetta della PA (legge 150/2009): verranno multati gli enti inadempienti e premiati quelli che hanno rispettato quanto previsto dalle regole con risorse, sotto forma di bonus, da destinare a ulteriori progetti di Ict, in particolar modo riguardanti la Posta elettronica certificata, la strutturazione di sistemi di disaster recovery e di uffici unici dell’Ict in ogni PA. Ma proprio il meccanismo che ricalca quello della riforma Brunetta non convince i sindacati. In particolar modo la Funzione Pubblica-Cgil che lamenta una mancanza di strategia globale dietro al varo del nuovo Cad. “Così come è già accaduto con la legge 150/2009 il ministro ha optato per una decisione unilaterale per quel che L’intervento riguarda il tema strategico dell’innovazione, non ascoltando i rilievi delle rappresentanze sindacali - sottolinea Fabrizio Fratini, segretario generale della Fp-Cgil - Le nuove regole non tengono conto della situazione di carenza di risorse in cui versano gli enti, soprattutto quelli più piccoli, per i quali sarà difficile rispettare la roadmap di restano inutilizzate, ma che ora con il Cad tutti gli enti saranno costretti ad investire. E non solo per timore di venire sanzionati”. Il rischio che corrono le PA resistenti all’innovazione è quello di diventare destinatarie di una class action, inoltrata da cittadini che non sono stati messi nelle condizioni di fruire dei “nuovi diritti digitali”. E perché siano anche gli utenti (e non solo le sanzioni) a pungolare le amministrazioni, la versione bis del codice sburocratizza le modalità della class action, disponendo che questa possa essere effettuata anche via Posta elettronica certificata. Un freno il blocco delle assunzioni voluto dal governo dovranno dotarsi di un responsabile della conservazione sostitutiva e di un ufficio unico dell’Ict potrebbero incappare in ostacoli di tipo organizzativo. Il blocco del turn over deciso dal governo obbliga le PA ad assumere un solo dipendente per 5 che lasciano. E i piccolissimi enti, che spesso hanno meno di dieci dipendenti, come se la caveranno se dovranno spostare, formare (ma non assumere) personale per gestire i progetti innovativi? Alle regole tecniche l’ardua sentenza. «Demagogia e poca concretezza Qual è il termine per lo switch off?» di LINDALANZILLOTTA* Il nuovo Codice delle amministrazioni digitali, contiene, oltre all’ opportuno aggiornamento di una serie regolazioni tecniche (firma digitale, Pec, dematerializzazione e conservazione dei documenti), un esorbitante numero di disposizioni di carattere programmatico ed organizzativo prive di effettiva valenza giuridica. Norme di legge non corredate di meccanismi in grado di farle valere con l’ulteriore difetto di legificare aree la cui definizione dovrebbe essere lasciata a strumenti di intervento più flessibili della legge. Il nuovo Codice afferma in modo solenne il diritto dei cittadini e delle imprese alla fruizione dei servizi informatizzati da parte della pubblica amministrazione: tali roboanti affermazioni sembrano però coprire soprattutto un vuoto di azione da parte del governo, giunto ormai al suo terzo anno di legislatura con risultati assai scarsi sul fronte della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche: qualcuno ha più sentito parlare dei 1200 miliardi di euro del piano E-gov 2012? Qualcuno ha più visto gli 800 milioni di euro destinati a modesti interventi per la banda larga? E allora: come potranno i cittadini e le imprese far valere questi nuovi diritti telematici se intanto è loro negato l’accesso ad una rete veloce? Come potranno ottenere un servizio online se non si innova sull’organizzazione dei processi organizzativi? Ciò non significa che non si debba affermare il diritto a fruire di servizi amministrativi digitalizzati, ma che questo deve essere il punto di arrivo di una potente azione di modernizzazione di tutti i livelli e di tutte le aree della nostra complessa governance amministrativa oltre che di massicci investimenti nel settore. Un’operazione che avrebbe peraltro un triplice effetto: sulla qualità dei servizi, sulla crescita economica, sulla trasparenza e, di conseguenza, sulla lotta alla corruzione. Sarà forse anche per questo che persiste nel nostro Paese un ritardo drammatico nell’imboccare con decisione la via dell’amministrazione digitale. E che l’affermazione giuridica di tali diritti sia del tutto aleatoria è dimostrato dal fatto che non sono previste sanzioni a carico delle amministrazioni che non consentano a un cittadino di avere una certificazione o effettuare un pagamento online; né è prevista l’entità di un risarcimento a fronte del diritto negato. Ma i diritti o sono azionabili e giustiziabili o non sono: e nel caso di specie, appunto, alle dichiarazioni di principio non corrisponde alcuno strumento giuridico efficace. Nei confronti delle amministrazioni permane poi il limite tante volte denunciato con riferimento al vecchio Codice delle amministrazioni digitali: infatti, se è vero che vengono indicati dei termini per la transizione all’uso generalizzato della Pec e della firma digitale, è però altrettanto vero che non è fissato in modo drastico e irreversibile lo switch off , ovvero il momento del definitivo irreversibile passaggio all’operatività digitale. E il problema è ancora quello di sempre: il permanere del doppio sistema, quello tradizionale accanto a quello informatico e digitale fa sì che non accada ciò che l’informatizzazione deve comportare, ovvero la reingegnerizzazione di tutti i processi interni e quindi l’impatto dell’Ict in termini di efficienza e produttività. Il salto culturale di cui ha bisogno l’Amministrazione e, attraverso di essa, l’intero Paese. Ma ci sono altri due punti chiave su cui il nuovo Codice non interviene o interviene in modo assai parziale: il primo riguarda la governance dell’intero sistema amministrativo, la sua effettiva interoperabilità, semplicità e non iperduplicazione di informazioni, servizi, siti. Va contrastata l’idea che ogni amministrazione o, peggio, ogni segmento di amministrazione stia sulla Rete a suo modo e la usi come mera vetrina e non come servizio che deve garantire, da una parte, il massimo della facilità d’uso e della comprensibilità da parte degli utenti e, dall’altra parte sul versante interno delle amministrazioni, essere la piattaforma unica su cui far dialogare, coordinare, monitorare un sistema federalista che esige standardizzazione, comparabilità, trasparenza. Il secondo è quello dell’uso dei dati in possesso delle pubbliche amministrazioni per la produzione di servizi. Nelle amministrazioni pubbliche ci sono miniere inutilizzate: il Codice inizia ad accennare al tema che tuttavia è molto, molto più vasto e carico di potenzialità. Insomma, anche con il nuovo Cad molta demagogia e poca concretezza. *deputato Api ed ex ministro per gli Affari Regionali