Cinghiali e peste suina africana alle porte
Molte città situate lungo la via Emilia, nella loro parte orientale hanno una località denominata San
Lazzaro: è il lontano ricordo del lazzaretto e posto di controllo sanitario per i pellegrini che venivano
dall’Oriente, perché da quelle regioni arrivavano le pesti umane e del bestiame. Una paura che
sembra essere rimasta fino ai giorni nostri, come dimostrano i timori per le influenze umane e
aviarie e, nel 2002 e 2003 la SARS, malattie sorte in lontani paesi orientali e di cui si è temuto
l’arrivo in Italia. Oggi una grave peste degli animali è alle porte e minaccia all’Italia, particolarmente
esposta all’infezione per la presenza nel suo territorio di una densa popolazione di cinghiali. É la
Peste Suina Africana o PSA, causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus (da ASF,
sigla della denominazione della malattia in inglese: African Swine Fever) in continua diffusione nei
paesi dell’Europa Orientale.
La PSA, conosciuta fin dal 1921 nel Kenia, negli anni sessanta del secolo scorso si diffonde in molti
paesi del mondo, con il passaggio dai suini selvatici in quelli domestici. In Europa arriva in Spagna e
Portogallo e la sua permanenza è facilitata dalla presenza di cinghiali e di una zecca dello stesso
genere presente in Africa, Ornitodoros, che contribuisce a mantenere e trasmettere l’infezione. Il
virus poi si diffonde in vari paesi d’Europa e anche a Cuba, Brasile, Repubblica Dominicana e Haiti.
In Italia la malattia giunge nel 1967 introdotta non dagli scarti alimentari degli aerei nell’aeroporto
di Roma, secondo una prima ipotesi poi divenuta la spiegazione ufficiale, ma dall’uso nei maiali di un
medicinale infetto importato clandestinamente dalla Spagna. La malattia sull’Italia continentale è
stata eliminata, ma tuttora perdura in alcune parti della Sardegna, dove l’endemicità è facilitata da
diversi fattori…
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oise – Camille Pissarro