MARKETING E COMUNICAZIONE D’IMPRESA
CAPITOLO PRIMO
CONCETTI INTRODUTTIVI
Tutte le scienze economiche prendono le mosse dal concetto di BISOGNO. Come disse Adam Smith il
bisogno è la molla per l’agire umano. Il bisogno si manifesta quando una necessità di base per la vita umana
non è stata soddisfatta; è uno stato di tensione tra stato attuale e stato ideale. I bisogni hanno due
caratteristiche principali, sono illimitati, perché man mano che andiamo a soddisfarli se ne creano di nuovi,
ed hanno un intensità decrescente (es. bicchiere d’acqua). I bisogni possono essere classificati in:



Individuali/collettivi (che provengono dall’uomo in quanto tale o in quanto parte di un gruppo)
Primari/secondari (i primi sono essenziali, e sono comuni a tutti gli individui, come ad es. la fame, la
sete ecc; per definire i secondi si va per esclusione)
Presenti/futuri (si distinguono tra di loro a seconda del momento in cui si manifestano)
Possiamo analizzare anche un’altra classificazione dei bisogni, quella di Maslow, che è rappresentata da una
piramide, partendo dalla base vediamo:





Bisogni fisiologici, connessi all’esistenza dell’uomo (fame, sete), essi sono avvertiti da tutti gli
individui
Bisogni di sicurezza, esigenza di protezione
Bisogni sociali, esigenza di relazionarsi
Bisogni di stima, esigenza di essere apprezzati dalle altre persone
Bisogni di autorealizzazione, soddisfacimento del proprio essere
I DESIDERI sono costituiti dall’individuazione di qualche cosa di specifico, ritenuta in grado di soddisfare i
bisogni più profondi. (es. ho fame, desidero la torta). Il bisogno è a monte, il desiderio è quel qualcosa che
noi riteniamo possa soddisfare il bisogno. È importante sottolineare che le imprese non creano bisogni, i
quali preesistono, ma influenzano i desideri.
La DOMANDA è costituita dai desideri per specifici prodotti, fondati sulla capacità e sulla volontà di
acquistarli. Possiamo dire che l’insieme dei desideri rappresenta la domanda; tuttavia non sempre il desiderio
si traduce in domanda; infatti perché il desiderio si traduca in domanda è necessario che vi sia oltre alla
volontà di acquistare quel determinato prodotto ritenuto in grado di soddisfare il bisogno anche la capacità di
acquistarlo.
I PRODOTTI sono tutto ciò che può essere offerto a qualcuno per soddisfare un bisogno o un desiderio. Il
prodotto può essere sia un bene che un servizio, può essere un’idea, un pensiero, un’ideologia; sono prodotti
anche le persone, le città e ancora le esperienze.
Generalmente, un bisogno può essere soddisfatto da prodotti diversi. Per questo motivo il consumatore
procede nella scelta del prodotto prendendo in considerazione: il costo e il valore. Il COSTO è il sacrificio
che occorre sopportare per procurarsi il prodotto. Il VALORE è la stima che il consumatore effettua
relativamente alla capacità di un prodotto di soddisfare una serie di obiettivi. Ogni prodotto ha una differente
capacità (quali-quantitativa) di soddisfare il bisogno. Nel momento in cui il consumatore individua il
prodotto che riesce meglio a soddisfare il suo bisogno deve procurarselo. Le modalità di procacciamento dei
prodotti sono:
 Autoproduzione, quando il prodotto è realizzato da chi lo consuma
 Coercizione, quando si ottiene il prodotto, oggetto del desiderio, con la forza
 Mendicità, quando si cerca qualcuno che possa regalare il prodotto

Scambio, rappresenta la modalità più diffusa nelle nostre economie. Le condizioni affinché lo
scambio si realizzi:
o Che vi siano almeno due parti
o Che ciascuna parte abbia qualcosa che possa essere di valore per l’altra
o Che ciascuna parte sia in grado di comunicare e di trasferire valore all’altra
o Che ciascuna parte ritenga possibile o desiderabile trattare con l’altra
o
IL MARKETING: DA FUNZIONE AZIENDALE A FILOSOFIA DI GESTIONE
Il termine “marketing” deriva dal verbo “to market” che significa commercializzare, introdurre sul mercato.
L’attuale concetto di marketing è frutto di un lungo processo evolutivo. Tuttavia è difficile dare una risposta
al quesito riguardo la data di nascita del marketing. Secondo alcuni studiosi la nascita del marketing risale
alla rivoluzione industriale, secondo altri
essa risale al secondo decennio del ‘900. La difficoltà di individuare una data certa deriva dal diverso
significato che si attribuisce al termine “marketing”. Il termine “marketing” viene generalmente utilizzato
per indicare una particolare funzione aziendale. La funzione aziendale rappresenta l’insieme di una serie di
attività che hanno la medesima natura, riunite tra loro perché riguardanti il medesimo oggetto operativo e
finalizzate alla realizzazione degli obbiettivi d’impresa. È utile richiamare ad alcuni concetti dell’economia
aziendale che riguardano l’articolazione delle combinazioni economiche:





Operazione, costituita da un insieme di accadimenti (o azioni elementari) non utilmente
distinguibili tra di loro
Processo, costituito un insieme di operazioni della stessa specie
Coordinazione parziale, costituita da aggregati di processi per affinità di specie delle operazioni che
li compongono
Combinazione parziale, costituita da aggregati di processi composti da operazioni di specie
diversa, relative ad un medesimo oggetto
Combinazione generale, costituita dall’insieme di tutte le operazioni
Il marketing sotto il profilo dell’articolazione delle combinazioni economiche, è quindi una coordinazione
parziale (o funzione aziendale). Il marketing è la funzione di raccordo e interscambio tra l’azienda ed il
mercato. L’attività che un’impresa svolge di raccordo ed interscambio fra essa e il mercato tende a
modificarsi a seconda delle situazioni ambientali; questo perché il modo di operare dell’ impresa è
fortemente condizionato dall’ambiente che la circonda. Per cogliere l’essenza del marketing dobbiamo
analizzare il contesto ambientale nel quale le imprese operano, perché cambiano il contesto ambientale
cambiano gli orientamenti dell’impresa nei confronti del mercato e di conseguenza cambiano le attività di
marketing. Per cogliere quindi il contenuto del marketing dobbiamo fare riferimento a questi orientamenti.
L’ORIENTAMENTO ALLA PRODUZIONE si verifica ad esempio nei casi di mercato del venditore, cioè
quando vi è un sostanziale squilibrio tra domanda e offerta. Domanda > offerta. Per meglio dire il mercato
del venditore si ha quando vi è un divario tra domanda potenziale ed offerta. La domanda potenziale è
rappresentata da tutti quei soggetti che desiderano un prodotto ma non hanno le potenzialità economiche per
acquistarlo. Quando in un mercato la domanda potenziale non si traduce in offerta, le imprese che hanno
interesse nei confronti di quel determinato mercato devono cercare di concentrarsi sulla riduzione dei prezzi.
In questa situazione ambientale il fattore critico è il prezzo. Occorre migliorare l’efficienza aziendale. In
questo contesto ambientale le imprese focalizzano la loro attenzione sulla attività produttiva (orientamento
alla produzione). In altri termini si vuole innescare quello che viene chiamato paradigma tecnologico
riduzione costi > riduzione prezzi (migliorando l’efficienza, operando senza sprechi) > aumento vendite >
aumento produzione > riduzione costi > … CASO FORD. Nell’orientamento alla produzione il marketing
assume un ruolo marginale rispetto alle altre
funzioni aziendali. Orientamento alla produzione:
produzione > marketing > consumatore
Nell’orientamento alla produzione il consumatore viene completamente ignorato.
“Produciamo auto di qualunque colore voglia il consumatore purché siano nere!” (Henry Ford)
L’orientamento alla produzione è quello tipico delle fasi di primo sviluppo. Questo meccanismo viene però
ad incepparsi nel momento in cui il prezzo non è più unico fattore critico di successo; e allora le imprese
cominciano ad assumere un orientamento al prodotto o alle vendite.
Con L’ORIENTAMENTO AL PRODOTTO le imprese si concentrano più su prodotti che offrono maggiore
qualità,prestazioni più elevate o funzionalità innovative. In questo tipo di contesto la “funzione guida” è
quella di Ricerca & Sviluppo, attraverso cui si cerca di presentare dei prodotti sempre più innovativi.
Orientamento al prodotto: r & s > produzione > marketing > consumatore. Anche qui la funzione di
marketing è marginale, poiché si limita a collocare il prodotto, poiché il prodotto ottimale si pubblicizza da
solo. In questa situazione si corre il rischio della c.d. trappola per topi, cioè si rischia di innamorarsi troppo
del proprio prodotto, e così perdere di vista i reali desideri dei consumatori.
L’ORIENTAMENTO ALLE VENDITE rappresenta una c.d. forzature del mercato. «Vendere ciò che
possiamo produrre»; a differenza dell’orientamento alla produzione, il prodotto a causa della concorrenza e
di altri fattori, non viene automaticamente acquistato, ma bisogna forzare il mercato con un’attività di
marketing molto più intensa: si forza il mercato per fare acquistare quel determinato prodotto.
Nell’orientamento alle vendite il marketing assume maggiore rilevanza ma è sempre subordinato alle altre
funzioni aziendali.
Orientamento alle vendite: produzione > marketing > consumatore
Tuttavia, il modello di forzatura del mercato si dimostra inadeguato, e si sviluppa L’ORIENTAMENTO AL
MERCATO, secondo il quale le imprese studiano il consumatore al fine di individuare i suoi desideri.
“Produrre e vendere ciò che il cliente desidera”. Nell’orientamento al mercato le attività di marketing si
pongono a monte ed a valle del processo
produttivo. Orientamento al mercato: marketing > ricerca & sviluppo > produzione > marketing >
consumatore. Spesso i consumatori non sono in grado di esprimere i propri bisogni e desideri in maniera
adeguata. L’apporto del consumatore può risultare limitato poiché:
 le percezioni che i consumatori hanno dei propri bisogni sono ristrette al già conosciuto e ai
prodotti a cui essi possono riferirsi;
 i consumatori hanno una limitata capacità di esprimere i bisogni e desideri;
 i bisogni espressi dai consumatori possono modificarsi già nei tempi intercorrenti fra la
progettazione del prodotto e la sua commercializzazione.
Tuttavia anche questo tipo di orientamento entra in crisi a causa della c.d. Marketing Myopia, a causa della
quale le imprese guardano solo al breve periodo senza preoccuparsi del lungo periodo. Le imprese che
soffrono di questa miopia guardano il desiderio del consumatore, non vanno a guardare a monte e capire e
capire quali sono i reali bisogni dei consumatori; infatti se le imprese si concentrano sui bisogni del
consumatore riescono ad essere più efficaci e a battere la concorrenza. In questo senso l’idea che si fa strada
è quella di un ulteriore orientamento: L’ORIENTAMENTO AL CLIENTE, «Produrre ciò di cui ha bisogno
il cliente». L’orientamento al cliente consiste nel scoprire quali sono i bisogni del consumatore e nel fornire i
prodotti in grado di soddisfarli. Questo tipo di orientamento è quello che attualmente si sta diffondendo, esso
comporta una diversa interpretazione del cliente, non più visto come soggetto esterno all’organizzazione. Il
marketing in questo tipo di organizzazione non è posto né a monte, né a valle, è un anello di collegamento,
un cuscinetto che si pone tra il cliente e tutte le altre funzioni aziendali, il marketing quindi non si deve
occupare semplicemente si vendere il prodotto ma si deve raccordare al mercato, ai clienti in modo da creare
un legame tra questi e l’impresa. Ormai l’idea forte che si è sviluppata è che il consumatore è il c.d. Re
Mida; è il consumatore che valorizza la produzione. L’idea alla base del marketing: solo se l’organizzazione
soddisfa i clienti riesce a sopravvivere, quindi si potrebbe dire che la soddisfazione è alla base della
sopravvivenza. L’adozione dell’orientamento al cliente determina un cambiamento nella natura del
marketing: da semplice funzione aziendale a filosofia di gestione. Il marketing come filosofia di gestione
trova nel soddisfacimento dei bisogni del consumatore la ragione economica e sociale che giustifica
l’esistenza di un’azienda.
Fino a questo momento parlando di mercato abbiamo sempre fatto riferimento a quello di collocamento,
tuttavia esistono molti mercati diversi; l’dea che inizia a svilupparsi è che la filosofia di marketing venga
applicata anche in tutti gli altri mercati in cui opera la nostra organizzazione (es. mercato del lavoro, del
capitale ecc.). Ed ecco che si affaccia un nuovo orientamento > ORIENTAMENTO AGLI
STAKEHOLDERS, idea secondo la quale solo se vengono soddisfatte le attese di tutti gli interlocutori
dell’organizzazione, essa sopravvive e si sviluppa. Ogni impresa opera contemporaneamente su più mercati!
Perché non applicare questa filosofia
anche nei riguardi degli altri interlocutori sociali (stakeholders)?
Il marketing come filosofia di gestione complessiva conduce a considerare tutti gli interlocutori
come “clienti” e, quindi, a ritenere che il soddisfacimento dei loro interessi sia il presupposto del
mantenimento in vita dell’impresa. Dobbiamo tuttavia limitare il nostro campo di studio al mercato di
collocamento dell’offerta aziendale, ed è cosi che si fa strada l’idea di MARKETING MANAGEMENT,
intesa come gestione della domanda; si deve, infatti, rimuovere l’dea sbagliata che l’operatore di marketing
abbia il solo compito di aumentare la vendita dei prodotti. Gestione della domanda significa influenzare il
livello, il tempo di manifestazione e la composizione della domanda in modo da facilitare all’impresa il
raggiungimento dei propri obiettivi. La domanda infatti si può:
 creare
 sviluppare
 sincronizzare > domanda irregolare
 rivitalizzare > domanda declinante
 mantenere
 ridurre
 distruggere
Il marketing management può essere interpretato come un meta-processo, cioè costituito da una serie di
diversi processi:
 marketing analitico (analisi della domanda, del settore, della concorrenza ecc.)
 marketing strategico (segmentazione, targeting, attività di posizionamento e differenziazione)
 marketing gestionale (si tratta di tradurre le decisioni strategiche in operative, le famose 4P:
prodotto, prezzo, promozione e distribuzione)
 controllo e pianificazione (controllare per programmare, pianificare ecc.)
Nel corso del tempo si è verificata una vera e propria rivoluzione nel modo di interpretare il marketing, per
questo si usa l’espressione rivoluzione copernicana, poiché il Sole al quale ci riferiamo è il cliente. Il
concetto che si fonda sull’idea che il cliente è al centro di tutto prende il nome di CUSTOMER BASED
VIEW, cioè la previsione in ottica del cliente, che ha apportato delle modifiche profonde nel marketing. (ad
es. cambiamento da 4p a 4c)
CUSTOMER SATISFACTION E VALORE PER IL CLIENTE
Il marketing come filosofia di gestione si fonda sul presupposto che solo se si crea la soddisfazione del
cliente la nostra impresa può sopravvivere e svilupparsi. Sono varie le ragioni che possono indurre
un’impresa a ricercare la soddisfazione del cliente, considerata strumentale per la sopravvivenza; infatti, un
cliente soddisfatto:


Acquista di nuovo
Esprime un giudizio favorevole nei confronti dell’organizzazione


Presta meno attenzione ai prodotti della concorrenza
Acquista gli altri prodotti dell’organizzazione
A questo punto occorre domandarsi, cosa si intende per soddisfazione del cliente? L’idea che
immediatamente si collega al concetto di soddisfazione è quella di qualità. Per meglio cogliere quest’ultimo
concetto dobbiamo partire da un impostazione di carattere filosofica. Infatti Aristotele e Parmenide si sono
soffermati ad analizzare la qualità:


Aristotele: “La qualità è propria dell’oggetto
Parmenide: “La qualità è propria del soggetto
Volendo semplificare Aristotele parla di una bellezza oggettiva, mentre Parmenide di una bellezza
soggettiva. In realtà entrambe le tesi hanno un fondamento di realtà. Possiamo anche ricorrere ad un altro
filosofo: “Il bello non è una proprietà delle cose, ma nasce dal rapporto fra le cose e noi, e precisamente dal
rapporto fra la loro immagine e il nostro sentimento” (Kant, Critica del giudizio). Per cui un prodotto può
avere delle qualità che oggettivamente gli vengono riconosciute ma è necessario che queste caratteristiche
siano oggetto di apprezzamento. Un prodotto può avere delle caratteristiche ottime ma può succedere che tali
caratteristiche non vengano apprezzate da un soggetto. Quindi possiamo dire che la QUALITA’ di un
prodotto non viene data in assoluto, ma è la capacità di alcuni prodotti di soddisfare i nostri bisogni. La
qualità dipende dal valore d’uso cioè dall’utilità che quel prodotto può fornire, dalla capacità di soddisfare
alcuni nostri bisogni. Norma UNI ISO 8402: "La qualità è l'insieme delle proprietà e caratteristiche di un
prodotto o servizio che gli conferiscono l’attitudine a soddisfare bisogni espressi o impliciti". Quando si
parla di buona o cattiva qualità si usano dei termini inadeguati. Sarebbe molto più corretto parlare di qualità
giusta e di qualità sbagliata. Quando parliamo di qualità possiamo dire che è un anello di collegamento fra il
soggetto e l’oggetto, tra l’oggetto con una serie di attributi, di caratteristiche e il soggetto con una serie di
bisogni. Si può parlare di collegamento fra qualità e quantità; infatti la quantità è un aspetto della qualità. La
quantità non è un aspetto irrilevante, ma semplicemente interviene dopo la qualità, perché un prodotto prima
deve avere determinate caratteristiche che siano in grado di soddisfare il bisogno e solo dopo si prende in
considerazione la quantità, cioè l’intensità con cui esso viene soddisfatto.
Nell’ottica del marketing si distinguono cinque dimensioni della qualità:




La qualità desiderata è l’insieme delle caratteristiche del prodotto ricercate dal cliente poiché
ritenute in grado di soddisfare alcune sue attese; rappresenta l’insieme degli attributi che il
consumatore desidera in relazione a quel determinato prodotto, cioè quali caratteristiche ideali
dovrebbe possedere il prodotto.
La qualità pianificata è l’insieme delle attese che l’impresa ritiene opportuno e conveniente
soddisfare; le imprese di fronte alle richieste dei consumatori devono fare delle scelte a livello di
convenienza. Si dice che questa qualità è quella che viene progettata da chi gestisce al vertice
dell’impresa. Le attese che si intendono soddisfare vengono convertite in un elenco di caratteristiche
strutturali che vengono definite “specifiche” o “standards”. Una volta definiti gli standards ha inizio
il processo produttivo al termine del quale si ottiene il prodotto finito.
La qualità recepita è l’insieme delle caratteristiche strutturali espresse sottoforma di standards. Una
volta definiti gli standards ha inizio il processo produttivo al termine del quale si ottiene il prodotto
finito. Questa qualità è quella che deve essere recepita dal personale, da coloro che devono
concretamente realizzare il prodotto, e si ottiene applicando gli standards qualitativi, cioè traducendo
le caratteristiche della qualità pianificata in standars qualitativi.
La qualità offerta è l’insieme di attributi che possiede il prodotto. È quell’insieme di caratteristiche
che concretamente il prodotto possiede; è possibile che alla fine si creino delle divergenze tra quello
che l’impresa aveva pianificato e quello che poi concretamente viene realizzato.

La qualità percepita è l’insieme di caratteristiche che sono apprezzate dal cliente. Rappresenta
quell’insieme di caratteristiche che il consumatore riesce a percepire e ad apprezzare.
La soddisfazione del cliente è lo stato psicologico (valutazione) post-acquisto, che scaturisce da un
raffronto tra le aspettative (qualità desiderata/attesa) sul prodotto ed i benefici (qualità percepita)
sperimentati con il suo utilizzo.
QUALITA’ PIANFICATA
QUALITA’ DESIDERATA
QUALITA’ OFFERTA
QUALITA’ RECEPITA
QUALITA’ PERCEPITA
Le dimensioni della qualità poste sul lato destro attengono al consumatore, mentre sul lato opposto vi sono le
due dimensioni che sono intrinseche all’impresa. Vi è quindi da un lato il soggetto con i suoi bisogni a
dall’altro l’oggetto con le sue caratteristiche. Possiamo dire che la soddisfazione nasce da un confronto tra la
qualità percepita e quella desiderata.
Soddisfazione del cliente = Livello di prestazione percepito - Livello di prestazione atteso
Più è ampio questo divario maggiore è la soddisfazione. Il GAP DI VALORE è il differenziale che si viene a
creare tra queste due dimensioni, questo è uno soltanto dei gap che si vengono a creare tra le varie
dimensioni della qualità, e questi sono la causa dell’insoddisfazione degli individui, perché in una situazione
ideale ci dovrebbe essere coincidenza tra tutte queste dimensioni, sarebbe una situazione ottimale in cui non
ci sarebbe spreco delle risorse, perché il prodotto in questione presenta delle caratteristiche che soddisfano
perfettamente i bisogni del consumatore. La soddisfazione del cliente si può misurare attraverso le indagini,
le interviste, i questionari; strumenti diretti o indiretti che accertano il grado di soddisfazione del cliente.
Vengono svolte queste indagini affinchè le imprese migliorino sempre di più il livello di soddisfazione dei
clienti.
La soddisfazione presenta una serie di legami con i concetti di fedeltà e fiducia. La FEDELTA’ del cliente è
un elemento estremamente importante per l’impresa, perché è scientificamente provato che Acquisire nuovi
clienti costa mediamente 5 volte di più che mantenere i vecchi clienti. Essa è una fondamentale risorsa
immateriale per l’impresa, e si articola in due componenti:
 Fedeltà comportamentale, fa riferimento al riacquisto, cioè al comportamento del consumatore
 Fedeltà cognitiva/mentale attiene alla dimensione celebrale
La FEDELTÀ COMPORTAMENTALE viene accertata attraverso l’osservazione dei comportamenti del
consumatore in relazione agli acquisti che si effettuano nel corso del tempo. Esistono diversi livelli di
fedeltà:
Tipologie di clienti Sequenze acquisti
I fedelissimi A – A – A - A – A – A
I fedeli tiepidi A – A – B – B - A – A
I fedeli mutevoli A – A – A – B – B – B
Gli incostanti A – C – E –B – D – A
I clienti fedelissimi sono quelli che presentano il massimo livello di fedeltà perché acquistano sempre la
stessa marca di prodotto. Quando il livello di fedeltà è pari a zero, è il caso degli incostanti che hanno un
comportamento che manifesta un elevatissima irregolarità nei propri acquisti. I tiepidi hanno una preferenza
di fondo verso una certa marca, ma magari per certi periodi brevi hanno avuto una preferenza verso altri
prodotti. I fedeli mutevoli hanno una fedeltà limitata temporalmente, perché quando si stancano iniziano ad
acquistare un altro prodotto. I livelli di fedeltà diversi vengono accertati attraverso il comportamento di
acquisto. La fedeltà del cliente non deve essere valutata con riferimento alla singola transazione, ma
valutando il Customer lifetime value (valore del ciclo di vita del cliente).
La FEDLTA’ COGNITIVA è un concetto molto vicino alla soddisfazione; può succedere che ad un
comportamento di un dato individuo che si manifesta esteriormente con un elevato livello di fedeltà
comportamentale, può non corrispondere dal punto di vista mentale un elevato livello di fedeltà cognitiva.
Infatti un cliente fedele da un punto di vista comportamentale non necessariamente è fedele da un punto di
vista cognitivo; ciò si verifica a causa delle c.d. barriere di passaggio (swicthing cost): ostacoli di carattere
economico, tecnologico e giuridico che impediscono o rendono non conveniente il cambio del fornitore.
Tuttavia, si può verificare anche la situazione inversa, cioè che un cliente soddisfatto non sia fedele; questo è
possibile perché molte volte nella nostra natura umana vi è una componente che ricerca sempre la novità.
Accertato che fedeltà cognitiva e fedeltà comportamentale possono non coesistere, è stata realizzata una
matrice dalla Xerox nella quale vengono classificati i propri clienti in relazione a queste due dimensioni.
Livello di
customer loyalty
(fedeltà
comportamentale)
Alto
Basso
Ostaggi
Terroristi
Apostoli
Mercenari
Insoddisfatti Soddisfatti
Livello di customer satisfaction
(fedeltà cognitiva)
Dall’incrocio di queste variabili si possono individuare quattro differenti situazioni:

Mercenari o clienti potenzialmente fedeli, sono clienti soddisfatti che presentano alto grado di
fedeltà cognitiva, ma un basso grado di fedeltà comportamentale. Sono clienti che vanno dove più gli
conviene. L’impresa potrebbe stabilizzare questi clienti, cioè renderli fedeli, conquistarli da un punto
di vista della regolarità degli acquisti
 Terroristi, presentano un basso livello di soddisfazione a livello di fedeltà cognitiva, ed un altrettanto
basso livello di fedeltà dal punto di vista comportamentale. La dizione più corretta è: clienti della
concorrenza. Sono dei soggetti che bisogna in qualche modo conquistare. Vengono chiamati
terroristi perché parlano male dei nostri prodotti dal momento che sono rimasti insoddisfatti e quindi
possono condizionare i nostri clienti
 Ostaggi, sono costretti a ripetere gli acquisti, quindi ad essere fedeli da un punto di vista
comportamentale, pur essendo insoddisfatti. Vengono chiamati anche clienti pigri, perché rimangono
clienti dell’impresa a causa delle barriere di passaggio
 Apostoli, sono clienti fedeli, e tale tipo di fedeltà viene intesa in senso pieno, sia da un punto di vista
comportamentale che cognitivo. Vengono chiamati apostoli perché devono fare opera di
proselitismo, cercare di parlare bene del prodotto e attirare altri clienti
La matrice Xerox è uno strumento di analisi per le aziende attraverso la quale possono capire sia la tipologia
di clientela che compone il portafoglio clienti, sia per decidere gli interventi da effettuare.
VEDI APPUNTI
Fino ad ora abbiamo parlato di fedeltà, ma è anche importante dare la definizione di FIDUCIA: la capacità
dell’impresa di mantenere le promesse e di far fronte agli impegni. Il percorso ideale del comportamento di
acquisto in un consumatore è:
SODDISFAZIONE > FIDUCIA > FEDELTA’ COMPORTAMENTALE > FEDELTA’ COGNITIVA >
LEALTA’
Se prendiamo in considerazione la singola transazione essa scaturisce la soddisfazione, che a sua volta può
determinare una fedeltà comportamentale. Se facciamo riferimento ad una relazione, cioè non più una
singola transazione ma un rapporto duraturo, scaturisce la fiducia che alimenta la fedeltà comportamentale e
la fedeltà cognitiva e alla fine viene generata la LEALTA’, che rappresenta un rispetto di regole da parte
dell’organizzazione.
IL MERCATO: CONCETTI INTRODUTTIVI
Il MARKETING MANAGEMENT è un meta processo (cioè un insieme di processi ordinati) che si articola
in quattro diversi processi:




PROCESSI ANALITICI, presuppongono l’analisi di differenti dimensioni ambientali: analisi del
macro-ambiente, della concorrenza, della domanda finale e della domanda intermedia
PROCESSI STRATEGICI, prevedono le fondamentali decisioni di segmentazione della domanda e
posizionamento dell’offerta. In questa fase si identificano essenzialmente i segmenti a cui rivolgere
l’offerta aziendale (i c.d. target di domanda) e il posizionamento dell’offerta da ottenere presso i
clienti target
PROCESSI OPERATIVI, vengono sintetizzati nel concetto di marketing mix (4ps). Quest’ultimo si
compone delle politiche di prodotto (product), di prezzo (price), di comunicazione (promotion) e di
distribuzione (place). Il momento operativo si occupa pertanto di definire gli elementi fondamentali
del prodotto, il suo prezzo, le modalità con cui viene comunicato all’esterno e le più idonee politiche
di distribuzione per raggiungere i clienti finali
PROCESSI DI CONTROLLO, volti a valutare i risultati e verificare l’effettivo raggiungimento degli
obbiettivi quantitativi (es. quantità vendute, quota di mercato ecc.) e qualitativi (es. profilo di
immagine del prodotto, livello di fiducia, custode loyalty ecc.)
Adesso dobbiamo analizzare questi singoli processi, partendo da quelli analitici, che presuppongono a loro
volta un’analisi che attiene a quattro differenti dimensioni ambientali:




Macro-ambiente
Concorrenza
Mercato o domanda finale
Domanda intermedia
Il MACRO-AMBIENTE è tutto l’ambiente che circonda l’impresa, quando parliamo di macro-ambiente ci
riferiamo all’ambiente nel suo complesso, composto da: ambiente economico, ambiente demografico,
ambiente tecnologico, ambiente socio-culturale, ambiente fisico, ambiente politico-istituzionale. Questo
macro-ambiente viene condizionato ad es. dalla politica normativa, dalla composizione demografica; ogni
cambiamento di questi aspetti non hanno degli effetti riconducibili al breve termine ma al medio e al lungo
termine. Le imprese in base alla grandezza della loro organizzazione e alla loro forza contrattuale possono
incidere con un intensità diversa sul macro-ambiente. Il macro-ambiente origina forze e tendenze (mode,
trend e mega-trend) che offrono alle imprese nuove opportunità ma che, al contempo, pongono costanti
minacce. Esso si caratterizza per una scarsa controllabilità, che dipende soprattutto come già abbiamo detto
dalle dimensioni e dal peso dell’organizzazione, un’impresa di grandi dimensioni ha una maggiore
possibilità di incedere rispetto ad una piccola o media impresa.
Con riferimento a questo ambiente generale, è possibile analizzare al suo interno un ambiente più ristretto: il
MICRO-AMBIENTE. L’impresa, infatti si trova ad intessere relazioni con soggetti più vicini. Il microambiente è quindi quell’ambiente più circoscritto nel quale l’impresa viene ad operare con stakeholders
finanziari, concorrenti, clienti ecc.
Per effettuare l’analisi del micro-ambiente competitivo è fondamentale svolgere innanzitutto un approfondito
studio del settore in cui opera l’impresa e della concorrenza. L’analisi della concorrenza generalmente si
realizza attraverso lo studio del modello STRUTTURA-CONDOTTA-PERFORMANCE, modello
anglosassone, che rappresenta uno fra i primi tentativi di collegare i comportamenti delle imprese e , di
conseguenza, le loro performance economiche e competitive, alla struttura settoriale in cui queste agiscono.
Comprendere gli elementi essenziali della struttura settoriale costituisce uno degli aspetti essenziali per
dedurre i comportamenti delle imprese e, dunque, le loro performance. Vengono considerati elementi
essenziali della struttura settoriale, grazie ai quali deduciamo i comportamenti e le performance delle
imprese:
 Il livello di concentrazione settoriale, per la cui misurazione si fa riferimento alla sommatoria delle
quote delle prime n imprese del mercato, considerando generalmente la fetta del mercato detenuta
dalle prime quattro imprese del settore
 Le barriere all’entrata, la cui presenza possono eventualmente rendere difficoltoso l’ingresso nel
settore
 La differenziazione del prodotto, opportunità di differenziazione dell’offerta rispetto a quella dei
concorrenti
Analizzare i fondamentali elementi della struttura settoriale che incidono sui comportamenti delle imprese e
sulle loro politiche commerciali, assume un rilievo non trascurabile ai fini dell’analisi della concorrenza. La
struttura settoriale, infatti, incide sui risultati aziendali in termini economici (es. redditività) e competitivi
(quota di mercato).
STRUTTURA
-concentrazione
-integrazione
-accessibilità
-differenziazione
CONDOTTA
strategie delle
singole imprese
PERFORMANCE
-volumi di vendita
-redditività
-livello dei prezzi
Tuttavia il concetto di settore (imprese che producono prodotti simili) tende a modificarsi perché si stanno
presentando una serie di fenomeni, come ad es. la convergenza. Il fenomeno della CONVERGENZA, è
quello a causa del quale settori che prima erano considerati molto distanti fra loro, ora tendono a sovrapporsi.
Lo sviluppo di questi nuovi fenomeni e la conseguente modifica del concetto di settore introduce il
MODELLO DELLA CONCORRENZA ALLARGATA: modello che amplia l’ambito della sua analisi
inserendo anche altri soggetti che potenzialmente possono influire sulle performance dell’impresa. La
concorrenza all’interno di un settore non dipende, quindi, solo dai comportamenti dei concorrenti diretti, che
producono gli stessi beni o beni simili, ma, anche da altri quattro vettori (le c.d. forze competitive)
 potenziali concorrenti, imprese che oggi non producono quel prodotto ma che hanno le competenze e
le conoscenze un domani di realizzare un prodotto simile al nostro
 produttori di beni sostitutivi, imprese che non appartengono tradizionalmente al nostro settore, ma
producono beni simili in relazione alla capacità di soddisfacimento
 i clienti, possono diventare concorrenti, perché prima acquistavano i nostri prodotti e poi possono
mettersi anche loro a realizzarli
 i fornitori, anziché vendere a noi essere loro stessi a vendere al consumatore finale
Al giorno d’oggi non esistono, però, dei confini settoriali ben definiti, come la tradizione degli studi di
settore facevano intendere, ed in questo modo il concetto di settore tradizionale perde la sua forza
interpretativa. Per questo motivo diviene fondamentale analizzare la concorrenza in una prospettiva
customer-based, che è quella certamente più rilevante per un marketing manager. L’ANALISI DELLA
CONCORRENZA in una prospettiva CUSTOMER-BASED (nell’ottica del cliente) si fonda sull’idea di
PERCEZIONE, cioè come i consumatori percepiscono i nostri prodotti; questo perché alle volte può
verificarsi che due prodotti sono molto simili o perfettamente identici, ma in realtà secondo l’ottica del
consumatore sono molto distanti l’uno dall’altro ( bacio perugina- moncheri ferrero- fiori), e, viceversa,
prodotti molto distanti tra di loro secondo l’analisi tradizionale di mercato in ottica dell’impresa possono
essere vicinissimi dal punto di vista del consumatore. L’analisi della concorrenza dal punto di vista del
consumatore si basa sulla PERCEZIONE, come il consumatore percepisce i vari tipi di prodotto. Due
prodotti sono considerati in concorrenza tra di loro in relazione a come il consumatore percepisce le relazioni
esistenti tra questi due prodotti.
L’analisi della concorrenza in ottica Customer Based View si fonda sulla percezione, cioè come i clienti
percepiscono le diverse alternative d’offerta presenti sul mercato; per calcolare tale percezione è possibile
adottare diversi modelli:
 modello à la Fishbein
 analisi fattoriale
 modello lessicografico
 analisi discriminante
Il MODELLO À LA FISHBEIN è quello che generalmente viene chiamato anche modello basato sugli
attributi; esso si articola in tre momenti fondamentali:
 scomporre il prodotto o più in generale l’offerta, in un insieme di attributi elementari (ad es. per un
telefono cellulare, la durata della batteria, l’ampiezza dello schermo ecc.)
 comprendere, mediante opportune ricerche di marcato, quali sono gli attributi più importanti per i
clienti
 valutare come i vari concorrenti presenti sul mercato sono percepiti dalla domanda rispetto a questi
attributi
Successivamente si procede al calcolo delle utilità parziali, moltiplicando la valutazione del singolo
attributo (voto) per l’importanza che il cliente associa ad esso (peso). Sommando le utilità parziali di
ciascun attributo si può stabilire un utilità totale del singolo prodotto nella prospettiva del cliente.
Rapportando tra di loro le utilità totali di ciascun prodotto è possibile calcolare un indice di competitività
del prodotto, dato cioè dal rapporto fra l’utilità generata dal prodotto oggetto di analisi e quello del diretto
concorrente. Se tale indice è superiore ad uno vi è una situazione di vantaggio competitivo, che risulta tanto
maggiore quanto più elevato è il valore dell’indice. Nel caso di indici inferiori ad uno la situazione si
configura come negativa sul piano competitivo. Un valore uguale ad uno segnala una situazione di
completo allineamento competitivo.
ANALISI DEI FATTORI (factor analysis) è una tecnica che viene utilizzata nel campo statistico per
semplificare la realtà,attraverso cui si cerca di ridurre quelle che sono le variabili m da un certo numero ad
un numero più basso di variabili n, dove m è maggiore di n (m>n). Tende a semplificare la realtà andando a
ridurre le variabili che incidono sulla percezione, sulla scelta del prodotto e quindi sulla concorrenza. Alle
volte se noi prendiamo un prodotto potremmo trovare decine, centinaia di attributi, e quindi nasce
l’esigenza di sintetizzare questi attributi; possiamo prendere come esempio la frutta, che presenta una
numerosissima quantità di attributi: freschezza, piacevolezza, contenuto di vitamine, dolcezza ecc.
Attraverso l’analisi dei fattori riconduciamo tutti questi attributi ad un numero più basso, e in questo caso
possiamo ricondurli alla piacevolezza e alla salubrità. La piacevolezza si riconduce al gusto alla facilità
nello sbucciarla ecc. mentre la salubrità si riconduce al contenuto di vitamine, alla digeribilità alla
leggerezza ecc.; così si individuano due fattori latenti. Questo tipo di analisi conduce alla costruzione delle
MAPPE PERCETTIVE, poiché con essa riconduco un elevato numero di attributi a due sole variabili
latenti che si rappresentano facilmente nel sistema di assi cartesiani. Nella costruzione delle mappe
percettive più i prodotti si trovano vicini nella stessa area più sono in concorrenza fra di loro.
MODELLO LESSICOGRAFICO, è quello in cui il consumatore va a preferire il prodotto in base alla
percezione dell’attributo principale. Alle volte noi andiamo a scegliere il prodotto non andando a considerare
l’indice di Fishbein, ma andando a scegliere l’attributo più importante che ad es. potrebbe essere il prezzo. Il
consumatore in base all’attributo che ritiene più importante sceglie il prodotto che presenta la migliore
performance, in altre parole va a scegliere fra i vari prodotti quello che presenta la migliore performance
nell’attributo ritenuto più importante.
ANALISI DISCRIMINANTE, attraverso cui si analizza la concorrenza non più sui valori assoluti ma sul
differenziale, sulla discriminazione del singolo attributo, e tali differenze vengono analizzate attributo per
attributo. Con il modello discriminante il consumatore sceglie il prodotto che presenta il differenziale più
elevato fra tutti gli attributi considerati. Anche in questo modello vengono utilizzate le mappe percettive,
perché in fondo calcoliamo la distanza che c’è tra un punto ed un altro, poi la scelta secondo l’analisi
discriminante viene effettuata sul prodotto che presenta il maggior differenziale in termini di prestazioni. Il
consumatore secondo questo modello non va considerare la media o l’attributo più elevato, ma va a
considerare il differenziale. Da ciò si evince che modelli diversi portano a risultati diversi.
Nell’ambito dell’analisi del micro-ambiente diventa importante analizzare, oltre la concorrenza, anche
un’altra dimensione ambientale: IL MERCATO. Diviene importante perché il marketing è la funzione di
raccordo e di interscambio tra l’azienda ed il mercato. Il concetto di mercato ha subito una profonda
evoluzione:
 in passato veniva considerato come il luogo fisico dove acquirenti e venditori si incontravano per dar
vita allo scambio (idea di mercato superata)
 in economia politica lo abbiamo studiato come l’incontro della domanda e dell’offerta
 In economia aziendale abbiamo detto che il mercato è un complesso dinamico di negoziazioni, atti di
scambio, che si manifestano con continuità, omogeneità ed elevata interazione reciproca. Per
configurare un mercato devono presentare questi tre caratteri: continuità, nel senso che lo scambio
perché si configuri un mercato deve essere continuo; omogeneità, nel senso che devono essere
operazioni di scambio abbastanza simili (se io penso ad un operazione che attiene allo scambio del
pane e di un autovettura, non possono fare parte di uno stesso mercato, perché non sono simili), le
negoziazioni devono avere un’elevata interazione reciproca, devono influenzarsi a vicenda.
In marketing si ha un concetto di mercato che è diverso da quello dell’economia politica e aziendale, perché
in relazione al concetto di mercato si va a considerare il lato della domanda, per il marketing il mercato è
visto dal lato della domanda; e quindi per analisi di mercato si tratta di analizzare la domanda all’interno del
mercato che proviene da parte dei consumatori. I consumatori per poter far parte di uno stesso mercato
devono avere certe caratteristiche:



Devono avvertire uno stesso bisogno e ritenere che un certo prodotto possa essere in grado di
soddisfarlo
Devono avere del denaro da spendere
Devono avere la propensione all’acquisto, cioè la disponibilità a spenderlo
Per cui si configura il mercato quando ricorrono queste tre condizioni. Abbiamo detto che quando parliamo
di mercato in ottica di cliente analizziamo la domanda, la natura di questo cliente è diversa; infatti vi
possono essere i consumatori finali, come altre organizzazioni. Ecco quindi che distinguiamo due tipi di
DOMANDA:


Domanda finale, consumatori finali
Domanda intermedia, distributori, si dice che la domanda intermedia è una domanda derivata
La domanda, inoltre, può essere analizzata sotto due differenti profili: quantitativo e qualitativo.
Analisi quantitativa della domanda: si misura il grado di diffusione del prodotto in relazione alla domanda
complessiva potenziale. Analisi qualitativa della domanda: mira a descrivere ed interpretare il
comportamento del consumatore (pre e post acquisto).
CAPITOLO SECONDO
L’ANALISI QUANTITATIVA DELLA DOMANDA
L’analisi della domanda rappresenta il principale elemento conoscitivo su cui devono fondarsi le
decisioni strategiche e operative del marketing. L’analisi quantitativa della domanda si fonda sulla
misurazione e sull’approfondimento di tre concetti fondamentali:



Mercato potenziale
Domanda primaria
Domanda secondaria
Il MERCATO POTENZIALE rappresenta la massima quantità vendibile di un determinato prodotto,
in un certo ambito geografico e in un definito arco temporale; esso rappresenta un dato ipotetico.
La DOMANDA PRIMARIA (o domanda di mercato) esprime la quantità effettivamente venduta di
una certa categoria di prodotto, in una determinata area geografica e in un definito arco
temporale.
La DOMANDA SECONDARIA (o domanda dell’impresa) si riferisce alle vendite della singola
impresa, sempre in relazione ad una determinata categoria di prodotto, posti determinati confini
spazio-temporali.
Il divario fra il mercato potenziale, di solito raffigurato come un asintoto, e la domanda primaria
esprime il c.d. GAP DI POTENZIALE.
La differenza fra la domanda primaria e quella secondaria delinea il c.d. GAP CONCORRENZIALE, il
quale esprime la capacità di tale impresa di controllare il proprio mercato di riferimento.
IL MERCATO POTENZIALE
Il mercato potenziale di una definita categoria di prodotto è una quantità limite ipotetica; poiché si
realizza solo ed esclusivamente allorché ricorrono queste condizioni:



Ogni soggetto che ragionevolmente potrebbe utilizzare un determinato prodotto lo
impiega effettivamente
Ciascun utilizzatore si avvale del prodotto in ogni occasione d’uso
Ogni volta che il prodotto viene utilizzato, lo è nella quantità ottimale (ossia, al dosaggio
ottimale)
Di conseguenza, la domanda effettivamente espressa dal mercato per tale categoria (domanda
primaria) tende generalmente in modo asintotico al potenziale, senza mai raggiungerlo.
Per il calcolo della quota di mercato dobbiamo distinguere a seconda che si tratti di un prodotto
(bene o servizio) indirizzato ad un mercato di consumo o ad un mercato industriale. Nel primo
caso la domanda proviene dai singoli individui o dalle famiglie; nel secondo caso, invece, la
domanda trae origine da operatori economici (imprese, enti, organizzazioni ecc.).
Per quanto riguarda i prodotti di consumo è necessario distinguere fra la domanda di beni
destinati ad un consumo immediato ( a fecondità semplice) e la domanda di beni durevoli (a
fecondità ripetuta). Nel caso dei beni e servizi non durevoli, la stima del mercato potenziale può
avvenire utilizzando la seguente formula:
MktPot t = (N t * P t * O t * DP t)
N t = l’entità della popolazione che vive nell’area geografica di cui si vuole stimare il potenziale
P t = la percentuale della popolazione che non presenta impedimenti oggettivi all’acquisto del
prodotto
O t = numero massimo di utilizzazioni del prodotto nell’unità di tempo
DP t = “dose piena”, ossia la quantità ottimale di prodotto utilizzabile per ogni occasione d’uso
Nel caso di beni e servizi durevoli, l’intervallo temporale fra l’atto di acquisto e il consumo può
essere notevole; si tratta, infatti, di prodotti la cui utilizzazione può protrarsi per lunghi periodi di
tempo, talvolta addirittura misurabili in anni (es. automobili, computer ecc.). In questo caso il
potenziale di mercato è dato dalla somma della domanda potenziale di primo acquisto (composta
da soggetti che acquistano per la prima volta quel determinato bene) e dalla domanda potenziale
di sostituzione (composta da soggetti che già hanno quel prodotto e che intendono sostituirlo).
Potenziale di mercato = Potenziale di sostituzione + Potenziale di primo acquisto
Il potenziale di sostituzione è dato dal rapporto tra unità già in uso nel mercato (quanti telefonini
sono presenti in ogni casa) e la vita media del prodotto (es. 2 anni). Attraverso il potenziale di
sostituzione viene stimato il numero dei prodotti che ogni anno vengono sostituiti.
Potenziale di sostituzione = Unità già in uso nel mercato / Vita media del prodotto (anni)
Il potenziale di primo acquisto, composto da soggetti che acquistano per la prima volta quel
prodotto, è dato da due tipologie di potenziali acquirenti, da coloro che sono più restii ad
acquistare, cioè i non utilizzatori storici (es. persone anziane che non utilizzavano il cellulare) e
accanto a queste vi sono le unità che possiamo vendere a nuovi potenziali utilizzatori, cioè
soggetti che prima non venivano considerati parte del mercato (es. bambini di 3 anni e cellulare).
Potenziale di primo acquisto = Unità vendibili a nuovi potenziali acquirenti + Unità vendibili ai non utilizzatori storici
In entrambi i casi (potenziale di sostituzione e potenziale di primo acquisto), è necessario stimare
un tasso di conversione, ossia la percentuale di tali due gruppi di soggetti che potranno acquistare
il bene in questione.
Nel caso dei mercati industriali, è necessario distinguere fra:



Prodotti industriali di consumo
Prodotti intermedi
Prodotti strumentali
I prodotti industriali di consumo sono quelli che il cliente-azienda utilizza nella sua attività
produttiva e che non si ritrovano in un prodotto finito. La stima del mercato potenziale si avvicina
alla logica seguita per i prodotti di consumo. Il mercato potenziale di tali beni si ottiene dalla
moltiplicazione del numero delle imprese per la percentuale di imprese che non hanno
impedimenti oggettivi all’acquisto per il livello di attività per impresa utilizzatrice effettiva per il
tasso d’impiego unitario per unità di attività (coefficiente tecnico):
Mercato potenziale = numero delle imprese * percentuale di imprese che non hanno impedimenti
oggettivi all’acquisto * livello di attività per impresa utilizzatrice effettiva * tasso d’impiego
unitario per unità di attività (coefficiente tecnico)
Nel caso dei prodotti intermedi, ossia quelli utilizzati o incorporati nel prodotto fabbricato dal
cliente industriale, la domanda dipende in via diretta dalla quantità prodotta dall’impresa-cliente.
La formula per calcolare il mercato potenziale è la seguente:
Mercato potenziale = numero delle imprese * percentuale delle imprese interessate al prodotto *
quantità prodotta per impresa incorporatrice effettiva * tasso d’impiego unitario per unità di
attività (coefficiente tecnico)
Nel caso dei prodotti strumentali necessari all’attività produttiva, la stima del mercato potenziale
deve considerare che si tratta di beni durevoli; quindi so ottengono dalla somma della domanda di
primo acquisto, dalla domanda di sostituzione e dalla domanda aggiuntiva:
Mercato potenziale = domanda di primo acquisto + domanda di sostituzione + domanda aggiuntiva
IL GAP DI POTENZIALE
Il divario fra il livello del mercato potenziale e quello raggiunto dalla domanda primaria in un
determinato periodo rappresenta la parte del mercato potenziale non soddisfatta da alcuna
impresa. Tale divario viene indicato con il termine gap di potenziale, e viene espresso con la
seguente formula:
GapPot t = MercatoPot t – Domanda primaria t
Le cause del gap di potenziale sono:



Gap di non utilizzatori (non user gap), dovuto all’esistenza di un certo numero di soggetti,
che, pur potendo utilizzare il prodotto, di fatto non lo impiegano
Gap di occasioni (light user gap), connesso al fatto che quanti adottano il prodotto non lo
utilizzano in tutte le possibili occasioni d’impiego
Gap di uso leggero (light usage gap), derivante dalla circostanza che la quantità
effettivamente utilizzata di prodotto è inferiore a quella individuata come ottimale
IL GAP CONCORRENZIALE E LA QUOTA DI MERCATO
Nella prospettiva della singola impresa, assume rilevanza non solo il gap di potenziale, ma anche il
gap concorrenziale, inteso quale divario fra l’ammontare delle vendite da essa effettuate
(domanda secondaria) e quello complessivamente realizzato da tutte le imprese operanti nel suo
stesso mercato di riferimento (domanda primaria):
GapConc t = Domanda primaria t – Domanda secondaria
Le cause del gap concorrenziale per l’impresa sono:
• Gap di prodotto, quando l’offerta delle imprese non risulta idonea a soddisfare al meglio le
esigenze della domanda
• Gap di comunicazione, conseguente alla mancata consapevolezza del prodotto da parte degli
utilizzatori potenziali. Ciò deve intendersi non solo in riferimento all’esistenza del prodotto, ma
anche sul piano dell’incompleta comprensione dei benefici da esso ottenibili in funzione degli
attributi che lo compongono
• Gap distributivo, in questo caso l’esistenza del prodotto è nota alla domanda, che è interessata
allo stesso, ma il prodotto non è presente nell’area geografica in cui si è formata tale domanda
• Gap di prezzo, quando, pur apprezzando i benefici offerti dal prodotto, questo risulta troppo
costoso per una parte degli acquirenti potenziali, e quindi l’interesse da essi manifestato non può
tradursi in domanda effettiva
Nella prassi aziendale al concetto di gap concorrenziale si riconduce quello di quota di mercato
(market share)*, definita come l’ammontare delle vendite realizzato dall’impresa (Q i) espresse in
* Si crea questo collegamento perché, il gap concorrenziale è la differenza tra domanda
secondaria e domanda primaria; mentre la quota di mercato è il rapporto di questi due valori.
percentuale sulle vendite complessive rilevate nel suo mercato di riferimento (Q):
QM i = Q i / Q
La quota di mercato assoluta può essere espressa sia in volume (unit market share) che in valore
(revenue market share); dal confronto di queste due quote di mercato si traggono utili indicazioni
in merito alla politica dei prezzi praticata dal’impresa.
Se la QMvalore> QMvolume si è in presenza di un’impresa che applica prezzi superiori rispetto alla
media del mercato di riferimento.
Se la QMvalore< QMvolume si è in presenza di un’impresa che applica prezzi inferiori rispetto alla
media del mercato di riferimento.
Se la QMvalore = Qmvolume l’impresa prezzi aziendali in linea con quelli medi vigenti sul mercato.
Fin qui abbiamo parlato della quota di mercato, poiché l’abbiamo sempre calcolata in riferimento
a tutti i rivali presenti nel mercato di riferimento dell’impresa. Oltre alla quota assoluta, è possibile
fare riferimento anche alla QUOTA DI MERCATO RELATIVA, calcolata quale rapporto fra la quota
controllata dall’impresa in esame e quella dei principali concorrenti. In funzione degli scopi
conoscitivi, il denominatore del rapporto può essere costituito da:



La quota della maggiore impresa operante sul mercato (leader dominante)
La somma delle quote dei primi due o tre rivali (i leader di mercato)
La quota del concorrente che detiene la posizione più prossima a quella occupata
dall’impresa
La quota così calcolata offre utili indicazioni in merito alla distanza competitiva esistente rispetto
ai rivali individuati. La quota di mercato però non ci fornisce solo informazioni in riferimento alla
distanza competitiva della nostra impresa rispetto alle altre, ma anche al grado di fedeltà della
clientela. Infatti è possibile determinare per ciascuna impresa:


Il tasso di fedeltà, inteso quale percentuale di acquirenti che, avendo in precedenza (t-1)
acquistato l’offerta dell’impresa, continuano ad acquistarla anche al tempo t
Il tasso di attrazione, definito come la percentuale di acquirenti che, avendo in precedenza
(t-1) acquistato da un’altra impresa, al tempo t diventano clienti dell’impresa che abbiamo
preso in considerazione
Se indichiamo con α il tasso di fedeltà e con β quello di attrazione, la quota di mercato
dell’impresa in analisi nel corso del periodo futuro t+1 sarà:
QM i t+1 = α(Qm i t) + β (1- Qm i t)
Dalla formula emerge quindi che, in ogni periodo futuro (t+1), la quota di mercato è data dalla
somma fra la percentuale dei riacquisti α e quella dei nuovi acquisti β, che necessariamente
provengono dai concorrenti.
La rilevazione della quota di mercato può essere realizzata a due diversi livelli:


il livello retail (che riguarda la distribuzione, ossia gli intermediari)
il livello del consumatore
La quota di mercato a livello retail può essere calcolata a livello di sell-in o sell-out. Le aziende
producono e non vendono direttamente al consumatore finale, ma agli intermediari (sogg. che si
interpongono fra il produttore e il consumatore). Vi sono quindi tre livelli: quello del produttore,
dell’intermediario e del consumatore. Si pone il problema di dove andare a calcolare la quota di
mercato, si può calcolare a livello di retail oppure posso rilevarla a livello di consumatore. Modi
diversi di calcolare la quota di mercato portano a risultati che non coincidono. Le aziende
producono beni o servizi, dopo di che li vendono agli intermediari; produzione e vendita non
coincidono, poiché non è detto che tutto ciò che viene prodotto poi viene venduto, quindi si
possono generare all’interno delle aziende delle rimanenze. Quello che viene venduto coincide
con il sell-in, ossia la quantità di prodotti che viene venduta dal produttore e immessa nella
distribuzione, gli acquisti del distributore, coincidono perché quello che il produttore vende
coincide con quello che acquista il distributore. Il distributore vende e quindi abbiamo il sell-out,
ossia le vendite del distributore, in questo caso sell-in e sell-out non coincidono perché vi sono le
merci in stock, rimanenze. L’intermediario vende e i prodotti vengono acquistati dal consumatore,
quindi sell-out e acquisti coincidono. Il consumatore acquista per poi consumare, acquisti e
consumi non coincidono perché vi saranno i prodotti in scorta. La quota di mercato si può
calcolare a livello di sell-in, le vendite della mia azienda in confronto alle vendite delle altre, a
livello si sell-out quanto vende il distributore dei prodotti dell’azienda in questione rispetto a
quanto vende dei concorrenti; potrei calcolarla anche a livello di consumi, viene calcolata la
quantità dei consumi dei prodotti dell’azienda in questione rispetto ai consumi dei prodotti di
un’altra marca. Quindi non c’è coincidenza tra sell-in, sell-out e consumi perché vi sono le
rimanenze, gli stock e le scorte. Quindi modi diversi di calcolare la quota di mercato porta a
risultati completamente differenti.
PRODUZIONE ≠ VENDITE = SELL-IN ≠ SELL-OUT = ACQUISTI ≠ CONSUMI
RIMANENZE
STOCK
SCORTA
LA SCOMPOSIZIONE DELLA QUOTA DI MERCATO
La quota di mercato (QM i) può essere definita anche come il prodotto di due indici:

il grado di penetrazione, denominato anche quota trattanti

il grado di copertura ponderata
Tali indici permettono di comprendere la struttura della distribuzione (punti di vendita), di cui
l’azienda si avvale per far pervenire la propria offerta ai consumatori finali, e la struttura dei
consumi. Per ottenere gli indici è sufficiente scomporre la quota di mercato mediante
l’introduzione di un ulteriore fattore denominato ACS i, corrispondente agli acquisti totali della
categoria di prodotto effettuati dalla clientela servita dall’impresa i-esima. Quindi, si procede con
la moltiplicazione della quota di mercato (Q i/Q) per il rapporto ACS i/ ACS i (che essendo una
quantità pari ad 1 non modifica il valore della quota di mercato):
QM i = (Q i/Q) * (ACS i/ACS i)
Si invertono poi i denominatori dei due prodotti e si avrà:
(Q i/ACS i) * (ACS i/Q)
Il primo fattore del prodotto (Q i/ ACS i), esprime il grado di penetrazione, mentre l’altro (ACS i/Q) individua
il grado di copertura ponderata.
Il grado di penetrazione misura l’incidenza delle vendite aziendali sugli acquisti complessivi della categoria
di prodotto effettuati dai clienti serviti dall’impresa (distributori o clienti finali).
Il grado di copertura ponderata esprime invece il peso dei clienti (intermedi o finali) serviti dall’impresa
rispetto al mercato totale della categoria di prodotto considerata. Questo rapporto può essere quindi
considerato un indicatore della rilevanza dei clienti serviti.
È possibile approfondire l’analisi scomponendo il grado di copertura ponderata, grazie all’introduzione di
due nuovi fattori:


n i, che rappresenta il numero dei clienti serviti dall’impresa i-esima
N, che indica invece il numero totale di soggetti che acquistano la categoria di prodotto in esame
Grado di copertura ponderata: (ACS i/Q) -----> (ACS i/n i) * (n i/N) * (N/Q)
I tre indici rappresentano in ordine:



L’acquisto medio dei clienti serviti (ACS i/n i), in riferimento alla categoria di prodotto
considerata può essere reputato indicativo della loro dimensione media
Il grado di copertura numerica (n i/N), rapporto fra il numero dei clienti serviti rispetto a
quello dei clienti potenziali
Il grado di dispersione (N/Q), rappresenta il reciproco della dimensione media della
clientela ed esprime l’inverso della concentrazione dei clienti
Ponendo a confronto la dimensione media dei clienti serviti (ACS i/n i) con quella dei clienti
presenti sul mercato (VT/N) << VT = vendite totali>> si ottiene il c.d. indice di selezione, ossia un
indicatore della qualità del portafoglio-clienti.
Un altro indice ottenibile dalla scomposizione della quota di mercato, che può risultare utile al
fine di valutare le performance commerciali dell’impresa è l’indice di assortimento dell’impresa.
Esso viene calcolato come rapporto fra la sommatoria degli indici di copertura ponderata relativi
alle diverse varianti (modelli,colori,formati ecc) proposti dalla medesima marca e il suo grado di
copertura ponderata complessiva.
CAPITOLO TERZO
L’ANALISI QUALITATIVA DELLA DOMANDA
Nell’ambito dei processi analitici è importante non solo analizzare la “quantità” della domanda,
ma anche la sua “qualità”. L’analisi qualitativa della domanda è di fondamentale importanza per
capire che caratteristiche dovrà avere il prodotto (bene o servizio) per soddisfare al meglio le
esigenze dei consumatori potenziali ed indurli ad acquistarlo a scapito dei prodotti concorrenti.
L’analisi qualitativa si occupa, quindi, di analizzare il comportamento (la soddisfazione, la fedeltà
dal punto di vista comportamentale e cognitiva) che il consumatore assume nella fase pre
acquisto, sia nella fase di acquisto che in quella post acquisto. Per l’analisi del comportamento del
consumatore in queste tre fasi ci si avvale di un approccio comportamentistico; in quanto cambia il
comportamento da consumatore a consumatore in relazione ad uno o più tipologie di prodotto.
Per l’analisi di tale comportamento l’analisi qualitativa si avvale del processo decisionale di
acquisto che abbiamo detto cambia da soggetto a soggetto, e in relazione ad uno stesso soggetto
cambia da prodotto a prodotto.
IL PROCESSO DECISIONALE DI ACQUISTO
Il processo decisionale di acquisto è quello che induce il consumatore a decidere come, dove,
quando e se comprare un determinato prodotto. Tale processo si articola in una serie di fasi che
comportano sia attività di natura comportamentale che mentale o cognitiva. Le fasi che
caratterizzano il processo decisionale sono:



Percezione del bisogno, in questa fase si innesca l’intero processo; poiché rappresenta il
momento in cui viene percepita l’esistenza di un bisogno e l’esigenza di ricercare dei
prodotti (beni o servizi) che siano in grado di soddisfarlo. Il bisogno, quindi, viene percepito
nel momento in cui si verifica un gap (ovvero un differenziale) tra lo stato attuale e lo stato
desiderato (o ideale); a causa di questo scostamento si verifica la percezione del bisogno
Ricerca di informazioni, una volta percepita l’esistenza di un bisogno si attiva
immediatamente l’esigenza di ricercare opportune modalità per soddisfarlo. Per questo
motivo si attiva immediatamente un processo di ricerca delle informazioni con l’obbiettivo
di individuare le migliori soluzioni al soddisfacimento del bisogno. In questa fase vengono
consultate varie fonti informative: istituzionali, personali, commerciali ecc.
Valutazione delle alternative pre-acquisto, una volta ricercate le informazioni il cliente
procede ad una loro valutazione




Acquisto del prodotto, il cliente acquisterà quel prodotto che ha identificato come il più
idoneo a soddisfare il suo bisogno nella fase precedente di valutazione delle alternative
Utilizzo del prodotto, successivamente all’acquisto il consumatore attiva il processo di
consumo del bene
Valutazione post-acquisto, questa fase dagli studiosi del marketing è stata denominata
come “momento della verità”. Dopo il consumo del prodotto il cliente opera una
comparazione tra le sue aspettative pre-acquisto e la valutazione che consegue al
momento del consumo. Qualora quest’ultima sia uguale o superiore alle aspettative si
realizzerà un livello di soddisfazione della clientela; qualora sia inferiore alle aspettative si
realizzerà una situazione di insoddisfazione della clientela e un gap di valore, che può
determinare conseguenze non positive per l’impresa
Fedeltà, dalla soddisfazione della clientela scaturisce nel tempo la fiducia nei confronti
della marca, che si traduce in un comportamento d’acquisto ripetuto. La presenza di fiducia
e riacquisto produce un elevato livello di customer loyalty, obbiettivo ultimo di tutte le
imprese, in quanto consente di stabilizzare la base clienti e di rendere più certi e costanti
nel tempo i flussi di ricavi derivanti dalla vendita del prodotto
Sono attività di tipo cognitivo: la percezione del bisogno, la valutazione pre-acquisto, la
valutazione post-acquisto ; sono, invece, attività di tipo comportamentali: la ricerca delle
informazioni, l’acquisto e l’uso.
IL COINVOLGIMENTO PSICOLOGICO
Il processo decisionale di acquisto varia a seconda del diverso coinvolgimento psicologico. Al
variare del livello di coinvolgimento psicologico che il cliente sperimenta si verifica un
cambiamento significativo dell’intensità delle attività cognitive. Nei casi in cui il coinvolgimento è
ridotto, i processi cognitivi del cliente si configurano in modo molto semplificato, in quanto so
ricorre alla sperimentazione diretta del bene, per cui vengono saltate tutte le attività di ricerca
dell’ informazioni e di valutazione pre-acquisto. Per le situazioni ad elevato coinvolgimento
psicologico, invece, lo sforzo che il consumatore è disposto a sostenere per l’acquisto si accresce,
soprattutto con riferimento alla ricerca delle informazioni e alla valutazione pre-acquisto. L’alto e il
basso coinvolgimento dipendono da:




La rilevanza che l’individuo attribuisce alla categoria, che dipende soprattutto da elementi
soggettivi
La visibilità sociale dei processi di acquisto e di consumo(es. a me interessano poco i
computer ma è importante la visibilità del consumo del prodotto stesso, il fatto che io devo
mostrare socialmente ad altri individui il tipo di prodotto che utilizzo mi determina un
coinvolgimento)
Il contesto di utilizzo del prodotto, cioè l’ambito nel quale viene utilizzato il prodotto
Il grado di rischio percepito è direttamente connesso all’incertezza sull’esito della decisione
di acquisto e alla rilevanza di eventuali conseguenze negative sul piano dell’integrità fisica,
economica, psicologica e sociale del consumatore . Esistono, infatti, diverse tipologie di
rischio:
o Rischio funzionale, connesso al timore di una performance inadeguata del prodotto,
connesso quindi alla funzionalità del prodotto
o Rischio fisico, relativo all’eventualità che l’uso del prodotto possa determinare
eventuali minacce per l’incolumità o la salute del consumatore
o Rischio economico-finanziario, correlato alle conseguenze che un’errata scelta può
comportare sul piano patrimoniale e/o reddituale
o Rischio psicosociale, quando un prodotto non risponde a quell’immagine per il
quale è stato acquistato
LE MOTIVAZIONI D’ACQUISTO
Lo studio da parte delle imprese della qualità della domanda, del consumatore, del processo
decisionale di acquisto ha il fine di identificare le modalità attraverso le quali l’impresa può
concretamente influenzare le scelte dei consumatori. Per conseguire tale obbiettivo innanzitutto è
necessario comprendere le motivazioni all’acquisto, da cui dipende l’avvio dell’iter decisionale che
si tradurrà nella scelta e nell’utilizzo di una data alternativa di offerta. Lo studio della motivazione
d’acquisto si è concentrato nel:


Definire il contenuto e la natura delle motivazioni che determinano la decisione d’acquisto
Segmentare la domanda: ovvero classificare gli acquirenti, che sono generalmente
caratterizzati da esigenze differenti, in base alle varie motivazioni d’acquisto
La motivazione da cui dipende l’avvio dell’iter decisionale di acquisto è strettamente collegata al
bisogno; il bisogno abbiamo già detto nasce da un gap, da un differenziale tra stato attuale e stato
desiderato. La motivazione è la spinta in base alla quale il consumatore riconosciuto un bisogno
non adeguatamente soddisfatto si comporta in modo da soddisfarlo. Si pone un legame tra
bisogno e motivazione, e quest’ultima rappresenta la spinta che spinge il consumatore a muoversi,
a comportarsi in maniera diversa, in modo, quindi, da soddisfare il suo bisogno. La scelta del
prodotto è differente a seconda della motivazione d’acquisto. Questa molla determina risultati
differenti, comportamenti differenti a seconda della forza, dell’intensità che la motivazione ha ed
a seconda della direzione che si intende perseguire. Le principali motivazioni di acquisto sono:




bisogno di identificazione, essere riconosciuti a livello individuale, assumere un
determinato status o ruolo sociale
bisogno di affiliazione, es. combattere la solitudine, condividere i propri interessi con altri o
appartenere ad una comunità
bisogno di affermazione, acquisire uno stato di superiorità rispetto agli altri
bisogno di rinvenire nuovi stimoli, uscire dalla monotonia e dalla routine di ogni giorno
Alle volte con riferimento ad uno stesso bisogno abbiamo più motivazioni, queste motivazioni
talvolta generano dei conflitti motivazionali che possono essere:

positivo-positivo


positivo-negativo
negativo-negativo
Quindi, con riferimento allo stesso bisogno siamo spinti da motivazioni diverse che possono essere
convergenti, divergenti o compensative. Es. posso avvertire il bisogno della fame, spinto dalla
golosità cerco di soddisfarlo con la cioccolata ma questa spinta, questa motivazione è in conflitto
con un’altra divergente, poiché la cioccolata fa ingrassare, da qui nascono i conflitti motivazionali
che si vengono a creare nella sfera dell’individuo perché uno stesso bisogno può essere
soddisfatto in maniera diversa e allora le motivazioni che mi indirizzano nella decisione da
prendere possono essere conflittuali. Lo studio delle motivazioni ci può condurre a segmentare la
domanda dei consumatori, classificando le motivazioni:




motivazioni esplicite, quelle che spingono il consumatore a comportarsi in una certa
maniera, sono quelle di cui il consumatore è consapevole, sono quelle che il consumatore
tende ad esternare
motivazioni implicite, quelle delle quali il consumatore non ha la consapevolezza quelle
inconsce
motivazioni di tipo funzionali, attengono alla performance, alle caratteristiche del prodotto
motivazioni socio psicologici
Combinando queste dimensioni si potrebbe fare una prima segmentazione, una divisione dei
consumatori che appartengono ad un certo mercato effettuata proprio sulla base di queste
motivazioni.
LA RICERCA DELLE INFORMAZIONI: IL SISTEMA PERCETTIVO
In situazioni di elevato coinvolgimento, l’attivazione delle motivazioni all’acquisto innesca la
ricerca delle informazioni utili a orientare le attività di comparazione e di scelta. Tale ricerca è
regolata da alcuni fondamentali filtri selettivi:






esposizione selettiva, il consumatore viene raggiunto solo da alcuni degli stimoli inviati
dall’impresa, in quanto generalmente non è esposto a tutti i media utilizzati dall’impresa
per comunicare con il mercato
sensazione, la risposta immediata dei sensi
attenzione selettiva, il consumatore non presta attenzione a tutti gli stimoli che lo
raggiungono, ma seleziona soltanto quelli di suo interesse
percezione selettiva, processo mentale che porta ad elaborare, ad interpretare il
messaggio che riceviamo dall’esterno; anche se il consumatore presta la propria attenzione
ad uno stimolo informativo non è detto che questo venga percepito correttamente
ritenzione selettiva, riguarda la fase della memorizzazione degli stimoli; la nostra memoria
di breve termine non ci consente di ricordare e trattenere tutti i contenuti informativi degli
stimoli a cui siamo esposti
richiamo selettivo, gli stimoli memorizzati dal cliente vengono richiamati dalla memoria di
lungo periodo quando sono utili
LA PERCEZIONE
Abbiamo definito la percezione come il processo con cui un individuo raccoglie, elaborare
interpreta le informazioni che provengono dall’ambiente. La dimensione percettiva è quella fase
durante la quale il consumatore ricerca le varie alternative disponibili, capta le caratteristiche
distintive di ciascuna di esse per sottoporle successivamente ad un processo di comparazione, che
si concluderà con la scelta dell’alternativa giudicata ottimale dal cliente. La ricerca delle
informazioni può essere condotta secondo due tipologie di modelli:


modello economico-razionale
modello orientato alla comprensione dei meccanismi percettivi del cliente
I modelli economici-razionali muovono dall’assunto che l’informazione produce, da un lato, dei
benefici per il cliente, ma dall’altro determina dei costi, connessi prevalentemente all’attività di
reperimento dell’informazione. Secondo questo modello il consumatore consulterà le varie fonti
informative, e poi sospenderà la ricerca nel momento in cui constata che i costi marginali per
ottenere nuove informazioni sono superiori ai possibili vantaggi da esse derivanti. Secondo gli
studiosi del marketing, però, la ricerca avviene non del tutto conforme a quanto prospettato dai
modelli razionali. Infatti il tipico consumatore, secondo questa diversa corrente, non va di negozio
in negozio per ottenere informazioni e confrontare prodotti e prezzi; anche perché ormai la
maggior parte dei punti di vendita sono multi - prodotto, per cui determinano una riduzione dello
sforzo. Secondo il modello orientato alla comprensione dei meccanismi percettivi del cliente, il
consumatore durante una spedizione completa il processo di acquisto per un certo numero di
prodotti, e ottiene informazioni su altri beni per eventuali futuri acquisti. Il modello economicorazionale da un punto di vista teorico è quello più logico, ed è quello che viene più spesso
applicato per l’acquisto di prodotti di elevato valore; il secondo modello è quello utilizzato
prevalentemente per l’acquisto di prodotti di uso frequente.
LA TIPOLOGIA DI BENE
La scelta del modello dipende molto dalla tipologia di bene che si intende acquistare; infatti nel
caso di prodotti connotati da scarso coinvolgimento la fase di ricerca esterna è quasi
completamente assente. È stata, quindi, compiuta una classificazione dei prodotti:


shopping goods, prodotti nei confronti dei quali il consumatore non ha ancora sviluppato
un proprio schema di preferenza, e che pertanto necessitano di ulteriori informazioni per
giungere ad una scelta definitiva
non shopping goods, sono quei beni nei confronti dei quali il consumatore ha già
sviluppato una propria mappa delle preferenze e perciò non richiedono ulteriori ricerche
informative. Essi a loro volta si possono distinguere in:
o speciality goods, beni ad elevato coinvolgimento verso i quali i clienti hanno già
sviluppato una forte convinzione ed una chiara preferenza
o convenience goods, beni a scarso coinvolgimento che vengono preferiti sulla base
di una facilità di reperimento e di accesso più che in base alle caratteristiche
specifiche del prodotto; il termine convenience sta ad indicare una facilità e
comodità di reperimento del prodotto
LE FONTI INFORMATIVE
Per il reperimento di informazioni, il consumatore deve rivolgersi ad una serie di fonti informative,
ossia fonti alle quali il soggetto attinge per poi effettuare una scelta. Le diverse fonti cui il
consumatore può rivolgersi per ricercare le informazioni sulle alternative di offerta esistenti, sono
riconducibili a quattro fondamentali tipologie:




fonti commerciali, promosse e controllate direttamente dall’impresa, es. pubblicità
fonti istituzionali, informazioni che vengono da enti terzi, caratterizzate da connotati quali
l’imparzialità e la competenza
fonti interpersonali, riconducibili a soggetti che hanno già avuto il prodotto di cui il
consumatore sta ricercando le informazioni, o più in generale le persone con cui il
consumatore intrattiene rapporti sociali
fonti empiriche, rappresentate dalla “prova”, ovvero la sperimentazione diretta dei
prodotti fra i quali si deve effettuare la scelta
Il consumatore dopo essersi consultato con queste fonti, procede alla definizione di una sorta di
“gerarchia informativa”, ordinandole in base alla loro attendibilità. Infatti è chiaro che la fonte
commerciale è sicuramente una fonte che presenta un grado di attendibilità piuttosto contenuto
perché è una fonte di parte; è una fonte che ha un certo interesse ad inviare quella determinata
informazione. La fonte istituzionale non dovrebbe avere questo tipo di interesse; tipicamente sono
delle fonti più neutrali. Le fonti interpersonali sono quelli che rispetto alle precedenti dovrebbero
essere considerate più attendibili perché le persone non dovrebbero avere degli interessi. Le fonti
empiriche sono quelle che hanno il maggiore grado di attendibilità.
LA VALUTAZIONE PRE-ACQUISTO
Procedendo con l’analisi qualitativa della domanda, è necessario soffermarci sulla valutazione
delle regole decisionali utilizzate dal consumatore per scegliere l’offerta che lui considera possa
meglio soddisfare il suo bisogno. Il processo valutativo comprende tutte quella attività intraprese
dal consumatore per raffrontare le sue aspettative e le caratteristiche dei prodotti candidati
all’acquisto; esso può essere compiuto attraverso due tipologie di modelli:


i modelli multi - attributo
i modelli choice-set
I MODELLI MULTI-ATTRIBUTO
Il presupposto teorico per i modelli multi – attributo consiste nell’ipotesi che il consumatore,
attraverso la scelta di un prodotto, non ricerca un solo beneficio ma una serie. L’attenzione di tale
modello si concentra su vari attributi che devono essere valutati contemporaneamente. Proprio
per questo i modelli multi - attributo pongono due tipi di problemi:


l’individuazione degli attributi sui quali il consumatore effettua la scelta
le strategie di scelta
Per quanto riguarda l’individuazione degli attributi, ci si avvale di ricerche di tipo qualitativo (es.
compilazione di questionari, sondaggi ecc.). In merito al secondo punto, le possibili strategie
attuabili dal consumatore per giudicare le varie alternative possono essere classificate in:


strategie valutative, sono frutto di un processo algoritmico probabilistico
strategie non valutative, sono frutto di un approccio euristico, si riferiscono all’uso di una
semplice regola decisionale per evitare un analitico processo valutativo tra più alternative.
Sono strategie che prevedono semplici regole “scorciatoie” mentali che permettono di
ridurre lo sforzo cognitivo. Ad es. nella scelta del supermercato si sceglie quello più vicino o
quello che viene di strada; o ancora nella scelta della marca di un prodotto si sceglie quella
preferita da un soggetto che conta per la persona che deve effettuarla
La strategia valutativa attraverso l’organizzazione e la valutazione delle informazioni dovrebbero
portarci alla scelta più razionale. Le strategie valutative possono poi dividersi in:


procedure sintetiche, che si riferiscono alla valutazione del prodotto nella sua totalità
procedure analitiche, che prevedono il confronto tra le varie alternative sulla base dei
singoli attributi
Con riferimento alle procedure analitiche il consumatore può optare per due diversi modelli:


modelli compensativi, che prevedono una valutazione simultanea di tutti gli attributi da
parte del consumatore. Nel caso in cui vi sia una valutazione negativa su un attributo, essa
viene bilanciata dalla valutazione positiva su un altro, in altri termini le debolezze vengono
compensate dalle forze di ciascuna alternativa d’offerta. Ne fanno parte:
o il modello di atteggiamento multi - attributo o del valore atteso, è il modello
secondo il quale l’atteggiamento del consumatore nei confronti del prodotto in
questione è dato dalla sommatoria della valutazione degli attributi del prodotto,
ognuno moltiplicato per il peso (importanza) assegnato dal consumatore per
ciascun attributo
o il modello del prodotto ideale, è il modello secondo il quale il consumatore
definisce il profilo del prodotto ideale rispetto al quale confronta le alternative
reali: quanto più una marca si avvicina all’ideale tanto maggiore è la probabilità di
essere scelto
modelli non compensativi, il soggetto individua uno specifico attributo e confronta
ciascuna alternativa sulla base di tale attributo. Non è prevista alcuna compensazione e
pertanto una valutazione sfavorevole su una variabile influenzerà negativamente la
valutazione globale, indipendentemente dai giudizi espressi sui restanti attributi. Ne fanno
parte:
o il modello congiuntivo, è il modello secondo il quale il consumatore stabilisce dei
livelli “soglia” minimi che il prodotto deve possedere, scegliendo solo quei prodotti
che presentano contemporaneamente i diversi attributi a livelli superiori rispetto a
quella soglia
o il modello disgiuntivo, è simile a quello precedente, con la differenza che si
analizzano un numero più ridotto di attributi. Si prendono in considerazione solo
quelle alternative che presentano una o più caratteristiche (quelle ritenute dal
consumatore) con punteggi superiori ai livelli soglia,senza curarsi degli altri attributi
o il modello lessicografico, consiste nell’andare a scegliere la marca che presenta il
valore più elevato sull’attributo ritenuto più importante. Se ci troviamo di fronte
due prodotti che presentano lo stesso livello di apprezzamento sull’attributo più
importante si scenderà al secondo attributo più importante e cosi via fino a quando
si troverà una differenza tra i prodotti sottoposti a confronto
I MODELLI CHOICE-SET
Nei modelli choice-set il processo di valutazione e di scelta da parte dell’acquirente è
rappresentabile attraverso una serie di “insiemi”, progressivamente di dimensioni più ridotte. La
scelta finale è il risultato di un procedimento “a tappe” durante il quale l’acquirente seleziona
l’intera offerta ripartendo poi le varie alternative disponibili in diversi “insiemi”, sulla base del
superamento o meno di alcune “soglie”, ad es. la conoscenza del brand. Si parte dall’intera offerta
(total set), da qui il modello comincia a distinguere tra l’insieme di marche di cui il consumatore è
consapevole (awareness set), da quello sconosciuto (unawareness set). L’awareness set a sua volta
si scinde in tre gruppi, in base al tipo di valutazione (positiva, negativa o neutrale) che il
consumatore effettua in riferimento alle alternative di cui aveva consapevolezza. L’insieme
evocato (evoked set) include i prodotti che vengono valutati positivamente, quelli che il
consumatore ritiene possano soddisfare il suo bisogno; l’insieme inerte (inert set) e quello inetto
(inept set) sono, invece, costituiti dai prodotti che seppure conosciuti dall’acquirente, vengono
valutati rispettivamente in maniera neutrale e negativa. Il passaggio agli stadi successivi costituisce
un momento fondamentale in quanto si supera la fase cognitiva, per entrare in quella
comportamentale. Nel passo successivo il consumatore sceglie al’interno dell’insieme evocato
quei brand nei confronti dei quali è disposto a sostenere uno sforzo per approfondirne la
conoscenza (action set), rispetto a quelli che malgrado la loro valutazione positiva non vengono
valutati in profondità (inaction set). Nell’ambito dell’action set si distinguono quei brand nei
confronti dei quali il consumatore evita di approfondire con il personale di vendita per non essere
costretto all’acquisto (quiet set), da quelli in cui il cliente accetta di contattare e interagire con il
personale di vendita (interaction set). Quest’ultimo gruppo ha maggiori possibilità di essere scelto
(product chosen), poiché il contatto diretto tra le parti facilita l’opera di persuasione all’acquisto
da parte degli addetti alle vendite. Tale modello fornisce utili suggerimenti anche alle imprese, in
merito alle azioni che possono intraprendere per un impiego più efficiente delle risorse. Se, ad
esempio, parte del mercato non è a conoscenza della marca, l’impresa è indotta ad investire le
proprie risorse in comunicazione.
L’ACQUISTO
Dopo aver valutato le alternative in concorrenza e aver sezionato il prodotto, il consumatore
procede al reperimento di tale prodotto. In questa fase avviene la scelta del punto vendita presso
il quale acquistare il prodotto, anche se, in alcune circostanze tale scelta può precedere quella del
prodotto. Nella fase di acquisto è necessario analizzare:


i ruoli di acquisto
le interazioni fra il processo di scelta dei prodotti e dei servizi commerciali
I RUOLI D’ACQUISTO
La decisione di acquisto spesso scaturisce dall’interazione fra numerosi soggetti, che assumono
rilevanza nel processo di scelta e di utilizzo del prodotto. Tali soggetti compongono il c.d. gruppo
decisionale di acquisto, al cui interno è possibile identificare alcuni ruoli fondamentali:





l’iniziatore, colui che rende manifesta la necessità di soddisfare una determinata esigenza,
cioè porta in evidenza il bisogno, avviando cosi il processo d’acquisto
l’influenzatore, colui che interviene nel processo decisionale di acquisto influenzando la
decisione
il decisore, colui al quale spetta la decisione, la scelta finale
l’acquirente, colui che effettua l’acquisto
il consumatore, colui che consuma il prodotto acquistato
In merito a questi ruoli d’acquisto è importante sottolineare che uno stesso individuo può agire in
più ruoli, e il medesimo ruolo può essere svolto da più soggetti.
LE INTERAZIONI FRA I PROCESSI DI SCELTA DEL PRODOTTO E DEI SERVIZI COMMERCIALI
Per comprendere l’entità dei condizionamenti reciproci esistenti tra la scelta della marca e del
punto vendita, è opportuno analizzare le principali interazioni tra i processi di acquisto del
prodotto e dei servizi commerciali. Gli studi sul comportamento del consumatore si sono sempre
concentrati ad analizzare il processo decisionale di acquisto del prodotto; sono meno numerosi gli
studi che considerano la scelta del prodotto congiuntamente alla decisione relativa al punto
vendita in cui si assumono informazioni e si procede all’acquisto. In realtà il consumatore acquista
un sistema di offerta costituito da merce e servizi, tra cui quelli erogati dall’impresa commerciale.
Ai fini dell’analisi della domanda, non è, perciò, sufficiente limitarsi allo studio del consumatore,
ma è opportuno anche considerare la figura dell’acquirente (shopper), intendendo il primo quale
compratore dei prodotto, mentre il secondo come compratore dei servizi commerciali. È stato
definito un modello che distingue il processo di scelta del prodotto da quello che riguarda la
selezione del punto vendita, e che poi pone in risalto le numerose interrelazioni che si verificano
tra i due processi, tra le quali:

il bisogno relativo ai servizi commerciali rappresenta una conseguenza del bisogno riferito
al prodotto. In seguito all’attività di browsing si verifica sempre più spesso la relazione
contraria, la nascita all’interno dei punti vendita di nuovi bisogni



la scelta del punto vendita, e in particolare del suo assortimento condiziona l’insieme
evocato del consumatore, che, in base ai prodotti facenti parte dell’assortimento, definisce
le alternative tra le quali viene scelta quella da acquistare
il gradimento post-acquisto registrato con riferimento al prodotto, determina una
soddisfazione del consumatore relativamente all’offerta dell’impresa commerciale
la fedeltà acquisita dall’impresa industriale e commerciale condiziona le scelte
dell’acquirente con riferimento sia ai prodotti che ai servizi commerciali. Nello specifico,
una consistente fedeltà alla marca influenza oltre che la scelta relativa alla marca, anche
quella riferita al punto vendita, inducendo il consumatore ad eliminare dal proprio set
evocato tutti quei distributori che non offrono, nell’ambito del proprio assortimento, la
marca preferita. La medesima tipologia di interdipendenza si verifica con riferimento alla
store loyalty che oltre a determinare la scelta del punto vendita, condiziona la scelta della
marca, limitando la scelta della marca a quelle incluse nell’assortimento offerto.
Il comportamento del consumatore come già abbiamo visto muta in funzione del grado
coinvolgimento psicologico nell’acquisto e variano, di conseguenza, la numerosità e la tipologia
delle interrelazioni tra il processo di acquisto delle merci e quello relativo ai servizi commerciali.
Nelle situazioni di ridotto coinvolgimento il processo di acquisto si presenta molto semplificato, in
quanto il consumatore ricorre alla sperimentazione diretta del bene; e in questi casi la scelta del
punto di vendita precede la scelta della marca. Per i prodotti ad alto coinvolgimento aumenta lo
sforzo che il consumatore è disposto a sostenere per l’acquisto; in questi casi è ipotizzabile che il
consumatore ricerchi nelle imprese commerciali prima di tutto un servizio di tipo informativo, che
consenta di ridurre l’incertezza insita nel processo di scelta.
IL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE IN-SHOP
Fino a questo momento gli studi di marketing hanno trascurato il comportamento d’acquisto del
consumatore all’interno del punto vendita. Ormai è diventato importante ai fine dell’analisi della
domanda analizzare anche l’in-store marketing, cioè l’insieme di attività che le imprese di
distribuzione compiono e che possono incidere sulla scelta del prodotto da parte dei consumatori.
Le imprese di distribuzione per influire sulla scelta del consumatore sfruttano le leve del retailing
mix, che sono:



Display, è lo studio inerente a come collocare i prodotti sugli scaffali e tramite questo
studio si rileva come la localizzazione fisica dei prodotti incide in maniera rilevante sulle
vendite. Infatti i display costituiscono uno dei più rilevanti strumenti di comunicazione a
disposizione dell’impresa commerciale
Spazio espositivo, è uno spazio in cui si concentrano tutti i prodotti di una stessa marca; è
stato ipotizzato che all’aumentare dello spazio destinato ad una marca le vednite
aumentano; in quanto il cliente è più stimolato a compiere l’acquisto di un prodotto
esposto in maniera consistente
Assortimento, riguarda la varietà della gamma di prodotti di una stessa marca, esso può
essere più o meno esteso. Le conseguenze derivanti da uno scarso assortimento e quindi


dalla mancanza dei prodotti possono comportare una riduzione dell’ammontare della
spesa effettuata, in seguito ad un rinvio dell’acquisto o alla sostituzione del punto vendita
Promozioni, sono le attività che riguardano gli sconti, gli omaggi le raccolte punti. È stato
dimostrato un uso sempre più intenso di questa leva da parte delle imprese. I risultati delle
ricerche hanno concluso che le promozioni producono un duplice effetto:
o La sostituzione delle marche (brand switching) e la sostituzione dei punti vendita
(store switching)
o Incentivano l’acquisto dei prodotti complementari non in promozione
Prezzo, le ricerche effettuate hanno concluso che la maggioranza degli acquirenti possiede
soltanto un’idea approssimativa del prezzo effettivamente pagato
L’UTILIZZO DEL PRODOTTO
Mentre il processo di acquisto comprende le attività finalizzate alla raccolta delle informazioni, alla
valutazione delle alternative, al reperimento del prodotto selezionato; il processo di consumo si
riferisce a tutte le attività di utilizzo finalizzate alla produzione di valore. È possibile identificare
alcune attività di utilizzo tipiche, la cui successione configura, nella prospettiva del consumatore,
una catena del valore articolata in tre stadi fondamentali:
1. Attività di predisposizione (sensing), il consumatore genera le informazioni rilevanti per
comprendere il funzionamento del prodotto, attraverso la raccolta dei dati necessari
(scanning) e l’attribuzione di un senso ad essi (enacting)
2. Attività di interazione (sharing), il consumatore interagisce con il contesto di consumo per
condividere esperienze e apprendere le fondamentali regole sociali di utilizzo. Le attività di
sharing possono ricondursi a due tipologie fondamentali: la condivisione (communing o
socializing) con altri individui delle informazioni e l’assimilazione (assimilating) di regole
sociali
3. Attività di realizzazione (performing), il consumatore mette in pratica le attività che gli
permettono di estrarre valore dal consumo; in particolare queste possono essere distinte
in attività di produzione in senso stretto (producing), di personalizzazione (personalizing) e
di apprezzamento (appreciating)
La classificazione delle attività consente di evidenziare le molteplici opzioni che l’impresa può
attivare per ampliare la value proposition offerta al consumatore, servendo in modo più efficace
ed efficiente rispetto ai concorrenti una porzione sempre più estesa della catena del valore.
CAPITOLO QUARTO
LA DOMANDA INTERMEDIA: LE IMPRESE DI DISTRIBUZIONE E IL SETTORE
COMMERCIALE
Il settore commerciale è dato dall’insieme delle imprese distributrici, quelle aziende che svolgono
la funzione di raccordo tra produzione e consumo, agevolando le relazioni di scambio tra
produttori ed utilizzatori dei beni. In passato i distributori si limitavano a svolgere attività di tipo
logistico, connesse al trasporto dei beni e alla capacità di renderli disponibili all’interno dei punti
vendita. Oggi lo scenario è radicalmente mutato. Si è verificato, infatti, un forte sviluppo delle
imprese distributrici che ha determinato un notevole aumento del loro potere di mercato nei
confronti dei fornitori, rispetto al passato. Al contempo, si è verificato anche un accrescimento
della capacità dei distributori di condizionare le preferenze dei consumatori finali, sviluppando
delle strategie di marketing proprie; le imprese distributrici hanno, quindi, sviluppato una
autonoma capacità progettuale nell’ambito del marketing management. L’analisi della struttura
del settore commerciale e delle principali attività svolte dalle aziende che lo compongono, è
fondamentale per le imprese industriali che vogliono approcciare la domanda intermedia e,
conseguentemente, raggiungere la clientela finale.
IL SETTORE COMMERCIALE: ARTICOLAZIONE E STRUTTURA
Abbiamo già detto che la gestione della domanda intermedia da parte delle imprese industriali è
fondamentale per il raggiungimento della clientela finale. Per analizzare la gestione della domanda
intermedia è indispensabile attuare una classificazione dei punti vendita. Ad un livello macro è
possibile distinguere tra:



Punti vendita fissi
Punti vendita ambulanti
Forme speciali di vendita, es. vendita a domicilio e distributori automatici
Nella nostra analisi ci soffermeremo sui punti vendita fissi che rappresentano la maggioranza
all’interno del settore commerciale. Questi a loro volta possono essere distinti sulla base di alcune
caratteristiche:




La dimensione, la normativa prevede classi dimensionali differenti per le quali variano le
modalità secondo cui sono assegnati i permessi per le nuove aperture
La tipologia di prodotti venduti che possono riguardare il genere:
o Alimentare, si riferisce a tutti i prodotti alimentari e di largo consumo (es. detersivi)
o Non alimentare, comprende una pluralità di settori (es. abbigliamento, elettronica,
arredamento ecc.)
o Prodotti soggetti ad un regime speciale (es. tabacchi, benzina, prodotti farmaceutici
ecc.)
La clientela cui si rivolgono, facendo riferimento alla clientela è possibile separare:
o I punti vendita al dettaglio, diretti alla clientela privata
o I punti vendita all’ingrosso, indirizzati ad un pubblico professionale (grossisti: sono
soggetti che acquisiscono la proprietà e rivendono piccole quantità al dettaglio)
La modalità di vendita adottata, che contrappone:
o I punti vendita self-service, in cui il cliente effettua in modo autonomo i propri
acquisti prima di recarsi alla cassa

o I negozi a vendita assistita, in cui la clientela è seguita e consigliata dal personale
addetto alla vendita
La modernità, in base a questa caratteristica possiamo ripartire i punti vendita:
o Moderni, negozi che sono emersi in tempi recenti
o Tradizionali, solitamente sono esercizi a vendita assistita, il cui personale è
composto dal proprietario-imprenditore e dal suo nucleo familiare, generalmente di
ridotte dimensioni.
I punti vendita moderni si sono sviluppati seguendo delle “regole”che permettono di distinguerli in
formati o format distributivi, che sono dati da un mix delle caratteristiche principali dei punti
vendita (es. dimensione, genere, modalità di vendita ecc.). I principali format distributivi sono:




I convenience store o negozio di prossimità, punto vendita di ridotte dimensioni (poche
decine di mq), che offre un assortimento alimentare e non. Caratteristiche: posizionato in
zone ad elevato passaggio come le aree residenziali, le stazioni di servizio; si ditingue agli
occhi della clientela per la comodità dovuta alla vicinanza e agli orari estesi; i clienti sono
per lo più di passaggio e gli acquisti sono d’emergenza
Il punto vendita a libero servizio, esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo
alimentare, organizzato a self-service, che dispone di una superficie di vendita compresa
tra 100 e 400 mq. All’interno di questo format si distinguono:
o Superette, esercizio di vendita al dettaglio operante nell’alimentare, organizzato a
self-service, che dispone di una superficie di vendita compresa tra 200 e 400 mq.
o Minimarket, esercizio di vendita al dettaglio operante nell’alimentare, organizzato
a libero servizio, con una dimensione compresa tra 120 e 200 mq.
Caratteristiche: generalmente di proprietà di piccoli imprenditori, ubicati in quartieri
residenziali dei centri abitati, all’interno di edifici preesistenti la loro apertura per cui la
loro struttura deve adattarsi alle caratteristiche dell’edificio in cui si inseriscono. Assenza di
un parcheggio; attraggono le persone che abitano nelle vicinanze e che considerano la
comodità uno degli elementi prioritari per la scelta del punto vendita o che vi si recano per
l’acquisto di prodotti di cui hanno un bisogno immediato.
Il supermercato, punto di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare, organizzato
a self-service e con pagamento all’uscita, che dispone di una superficie di vendita compresa
tra 400 e 2500 mq. Caratteristiche: vasto assortimento di prodotti alimentari di largo
consumo, localizzato generalmente nelle aree urbane delle città o in vicinanza degli
agglomerati di minori dimensioni
Il superstore, punto di vendita al dettaglio, organizzato a self-service, che tratta
merceologie alimentari e non, con una superficie superiore ai 2000 ma che non supera i
3000 mq; è più grande di un normale supermercato ma non cos’ grande da essere
considerato un ipermercato. Caratteristiche: localizzato in zone periferiche, però non così
extraurbane come quelle in cui si trovano gli ipermercati, dotati di propri parcheggi, ha
orari di apertura simili a quelli dei supermercati ma con numerose estensioni nei giorni
festivi; l’assortimento è simile a quello del supermercato, con l’ampliamento dell’offerta di
alcune categorie merceologiche del non alimentare

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


L’ipermercato, esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo Alimentare e Non,
organizzato prevalentemente a self-service e con pagamento all’uscita, che dispone di una
superficie di vendita maggiore a 2500 mq. Caratteristiche: presenza, insieme ai prodotti
alimentari, di un ampio assortimento di beni appartenenti al comparto Non Alimentare;
dislocazione extraurbana, ampio parcheggio, numero elevato di casse, estesi orari di
apertura, presenza di laboratori interni per la preparazione dei cibi, presenza dei banchi
per i prodotti freschi a vendita assistita (macelleria, pescheria ecc.), grande quantità e
varietà di prodotti di marca, prezzi competitivi ed elevato utilizzo delle promozioni di
prezzo.
Il discount, punto di vendita al dettaglio, a libero servizio (Sistema di acquisto del cliente
che, da solo, sceglie e prende il prodotto senza assistenza del personale addetto alle
vendite portando, poi, le merci all’uscita e pagandole alla barriera delle casse), operante
nel comparto Alimentare caratterizzato da: assortimento composto da prodotti non di
marca, allestimento spartano. Caratteristiche: può essere considerato come un
supermercato orientato alla convenienza, grazie all’offerta di prodotti, alimentari e non, di
media qualità e al prezzo più basso possibile: tale convenienza è il risultato dell’offerta dei
soli servizi essenziali, dell’allestimento spartano e dell’inserimento di poche varianti di
prodotto, tutte non di marca.
Il cash and carry, “paga e porta via”, rappresenta l’applicazione del libero servizio ad un
magazzino all’ingrosso. Caratteristiche: di grandi dimensioni, dotati di ampio parcheggio; il
pagamento è di solito in contanti e i clienti provvedono autonomamente al trasporto della
merce presso i propri esercizi.
Il grande magazzino, esercizio per il commercio al dettaglio, operante nel campo Non
Alimentare, che dispone di una superficie di vendita superiore ai 400 mq e di almeno 5
reparti, ciascuno dei quali destinato alla vendita di articoli appartenenti a settori
merceologici diversi. Caratteristiche: offre prodotti di qualità medio-alta con vendita
assistita; l’abbigliamento è il reparto portante, seguito da reparti con articoli pe la casa e il
tempo libero; localizzati nelle aree di maggior pregio, all’interno di edifici importanti, e per
lo più sprovvisti di parcheggio
La grande superficie specializzata (Gss), esercizio commerciale operante nel comparto Non
Alimentare che fa capo ad un impresa che gestisce almeno 10 punti vendita e che ha una
superficie di vendita superiore a 250 mq. Caratteristiche: forte specializzazione in una
determinata categoria, con un offerta molto dettagliata e a prezzi contenuti, la vendita è
generalmente a libero servizio, possono essere localizzati sia nei centri cittadini che in
periferia o anche nei centri commerciali. Es. Decathlon, Zara, Bricocenter ecc.
Il centro commerciale, complesso concepito, realizzato e gestito con criteri unitari da una
società che concede a terzi l’utilizzo di parte degli spazi per esercitare l’attività di vendita,
al suo interno sono presenti almeno 10 negozi al dettaglio, dispone di un ampio
parcheggio; l’offerta è integrata con attività paracommerciali (bar, ristoranti ecc.) e
eventualmente extracommerciali (cinema, teatro ecc.). Caratteristiche: ogni centro è
gestito da un organismo che ne coordina le attività generali e quelle di marketing tese a
promuovere il centro stesso, la superficie varia da 1.000 a 100.000 mq; all’interno si


trovano punti vendita appartenenti a formati differenti sia Alimentari che Non (piccoli
punti vendita, Gss ecc.).
I Factory Outlet Center (Foc), strutture simili a centri commerciali, al cui interno sono
presenti punti vendita che fanno capo a imprese produttrici nel campo dell’abbigliamento
e degli accessori. Caratteristiche: generalmente sono localizzati in aree extraurbane,
coprono una superficie molto vasta superiore ai 10.000 mq; la clientela è attratta dalla
presenza di griffe di alta moda ed elevata qualità a prezzi accessibili.
I flagship store, negozi monomarca con funzione istituzionale, gestiti dalla casa madre, per
comunicare il brand value
L’OFFERTA DELL’IMPRESA COMMERCIALE: I SERVIZI COMMERCIALI
La clientela all’interno dei punti vendita acquista un binomio: beni (prodotti dall’impresa
industriale) e servizi commerciali (prodotti dell’impresa distributiva). L’impresa
distributiva/commerciale è un impresa che produce servizi commerciali. Il servizio commerciale
può essere definito come un mix di attributi o servizi elementari combinati in modo da appagare i
bisogni; è possibile effettuare una distinzione tra:


Servizi centrali, soddisfano direttamente il bisogno per cui viene richiesto il servizio
Servizi periferici, fungono da supporto ai servizi centrali, permettendo l’accesso al servizio
stesso (servizi periferici necessari) o rendendo più confortevole la fruizione (servizi
periferici accessori). I servizi periferici accessori sono molto importanti perché permettono
all’impresa distributrice di differenziare la propria offerta agli occhi della clientela.
Secondo questa classificazione il servizio centrale è costituito da quello logistico; tuttavia è
possibile effettuare un’altra classificazione dei servizi commerciale che li distingue in:

Servizi commerciali in senso stretto, costituiti da una serie di attributi elementari:
o Logistici, che si articolano nei seguenti elementi:
 Servizio di prossimità, portare il prodotto il più vicino possibile
all’acquirente
 Servizio di stoccaggio, grazie alla loro vicinanza, si evita alla clientela lo
stoccaggio (sistemazione e conservazione dei prodotti)
 Estensione dell’orario di apertura
 Ampiezza dell’assortimento, definita dal numero di categorie
merceologiche presenti nel punto vendita
o Informativi, che si compongono dei seguenti servizi:
 Preselezione, l’impresa selezione un set di prodotti limitato che va a
comporre la propria offerta, per evitare la ricerca di informazioni
 Profondità dell’assortimento, definita dalla quantità di alternative, in
termini di marche, offerte dall’impresa con riferimento ad una singola
categoria merceologica. Consente al cliente di ottenere un maggior numero
di informazioni utili nel proprio processo di scelta


Informazione diretta, supporti informativi ottenuti dal personale o da altri
strumenti presenti nel punto vendita (es. display)
o Altri servizi, che comprendono:
 Assistenza postvendita
 Velocità di servizio
 Comfort, elementi che rendono più gradevole la visita all’interno del punto
vendita (es. la climatizzazione, la musica ecc.)
Servizi aggiuntivi
Questo tipo di classificazione permette di cogliere l’importanza oltre che dei servizi logistici, anche
di quelli informativi e aggiuntivi.
L’EVOLUZIONE STRUTTURALE DEL SETTORE COMMERCIALE
Il settore commerciale come già abbiamo evidenziato ha vissuto un periodo di intenso
cambiamento, che è stato identificato con il termine di rivoluzione commerciale e che ha
determinato una radicale modifica dell’organizzazione delle aziende e delle formule distributive
prevalenti nel mercato.
IL MARKETING DELLE IMPRESE COMMERCIALI
Le imprese commerciali, quindi, in seguito alla rivoluzione commerciale hanno acquisito una
crescente autonomia in termini di marketing; in questo senso le imprese distributrici hanno
avviato la progettazione e la realizzazione di politiche di marketing proprie finalizzate soprattutto
alla valorizzazione dell’offerta. Essi hanno addirittura sviluppato linee di prodotti propri: le marche
commerciali (o private label). Si definiscono marche commerciali o private label tutti quei prodotti
che hanno il marchio del supermercato in cui vengono venduti. Esistono diverse tipologie di marca
commerciale:



Generic private label e copycat brand, che competono sul prezzo; i generic private label
sono prodotti con un packaging poco curato e spesso con un brand name come primo
prezzo, sono proposti al cliente come l’alternativa più conveniente; i copycat brand sono
imitazioni di prodotti proposti con altri brand, di cui riproducono la qualità ma non il prezzo
che risulta essere inferiore
Premium store brand, che competono sulla qualità
Value innovators own label, che competono sulla razionalità; l’obbiettivo è quello di
offrire il miglior prodotto performance-prezzo
La gestione più evoluta della marca commerciale ha portato le imprese distributive a progettare
un articolato brand system in grado di coprire tutte le fasce dell’assortimento, dal premium price
(con prodotti di nicchia) al primo prezzo. La diversificazione dei prodotti della marca commerciale
è indice della capacità delle imprese distributrici di utilizzare tale elemento in modo strategico. La
capacità di marketing della distribuzione, oggi, si estende, anche, alla possibilità di gestire in modo
personalizzato la relazione con il cliente, grazie allo sviluppo delle carte fedeltà, che permettono
alla distribuzione di ottenere informazioni sulle abitudini di acquisto della clientela. Le imprese
hanno, quindi, la possibilità di gestire una autonoma relazione con i cliente. Alla luce di questi fatti,
risulta opportuno approfondire le caratteristiche del marketing management delle imprese
distributrici/commerciali, poiché si trovano ad affrontare problematiche diverse da quelle delle
imprese industriali. Anche in questo caso è opportuno seguire un processo decisionale composto:



Momento analitico, che prevede l’analisi della domanda e della concorrenza
Momento strategico, che prevede la definizione delle scelte di segmentazione della
domanda e di posizionamento dell’offerta. Questo momento comprende anche la scelta
del format distributivo, cioè la scelta del servizio commerciale più coerente con le esigenze
del segmento di mercato a cui l’impresa intende rivolgersi
Momento operativo, si concretizza nella definizione del retailing mix, che si articola nelle
scelte relative alle seguenti aree decisionali: assortimento, comunicazione e politica dei
prezzi
LE POLITICHE DI ASSORTIMENTO
L’assortimento rappresenta l’insieme dei prodotti offerti da un’impresa commerciale al mercato
ed è uno degli elementi fondamentali del retailing mix; esso è infatti l’aspetto che più incide
sull’immagine e di conseguenza sul posizionamento dell’impresa di distribuzione. L’assortimento
viene analizzato prendendo in considerazione due dimensioni: ampiezza e profondità. L’ampiezza
misura la quantità di categorie merceologiche commercializzate; la profondità, invece, misura la
quantità di alternative, in termini di marche, offerte dall’impresa con riferimento ad una singola
categoria merceologica. Le decisioni relative all’assortimento sono strettamente interconnesse
con le scelte operative e strategiche; è quindi rilevante comprendere le modalità attraverso cui si
prendono tali decisioni, che hanno un impatto non indifferente sull’attività delle imprese
industriali. La formazione degli assortimenti avviene secondo una successione gerarchica di scelte,
che parte da quelle relative all’assortimento complessivo fino a giungere ad aspetti più operativi,
riguardanti la scelta delle singole marche e referenze. Il processo di formazione è il seguente:
1. Scelta delle famiglie merceologiche e delle categorie da commercializzare, tali scelte
configurano il tipo di offerta con cui l’impresa commerciale si presenta sul mercato
2. Scelta delle tipologie di prodotti per ciascuna categoria, in sostanza, v definita la struttura
dell’assortimento in termini di marche leader, marche premium, primi prezzi, marche
commerciali ecc.
3. Scelta delle e delle referenze per ciascuna tipologia di prodotto,
4. Allocazione dello spazio espositivo per ciascuna referenza, questa decisione è assunta in
base alla valutazione di alcuni elementi:
 Quantità di spazio espositivo disponibile
 Redditività lorda (margine lordo/vendite)
 Tasso di rotazione (vendite/scorte medie)
 La frequenza con cui intende rifornire le strutture espositive
Una volta definito l’assortimento, si deve provvedere alla sua manutenzione nel tempo, che
consiste nell’eliminazione di referenze obsolete, nell’inserimento di nuovi prodotti ecc. Per le
imprese industriali è fondamentale comprendere tale processo per proporre un offerta che non
risponda solo alle esigenze dei consumatori finale, ma anche a quelle delle imprese commerciali.
Sempre in riferimento alle imprese industriali, è importante valutare quali sono le caratteristiche
che le imprese commerciali prendono in considerazione nel momento in cui valutano
l’inserimento di un prodotto all’interno del loro assortimento:






Condizioni economiche, prezzi d’acquisto dei prodotti, politiche di sconto, premi di fine
anno, condizioni di pagamento ecc.
Servizio logistico, la frequenza e la puntualità delle consegne ecc.
Politiche promozionali connesse al lancio
Potenziale di vendita, riguarda le ipotesi formulate relativamente al potenziale di vendita
del prodotto, al suo tasso di rotazione, al margine lordo e alla redditività
Valore del prodotto per il consumatore
Caratteristiche del produttore, che riguarda anche il rapporto tra fornitore e distributore
LA COMUNICAZIONE
Le aree di comunicazione che assumono maggiore criticità per le imprese commerciali sono:


La comunicazione esterna, destinata al consumatore, ad essa è destinata la maggior parte
dell’investimento delle imprese
La comunicazione interna, destinata per lo più al personale di vendita
È importante analizzare maggiormente la comunicazione esterna proprio perché ad essa è
destinata una parte considerevole degli investimenti dell’impresa distributrice. Le modalità a
disposizione dell’impresa commerciale per comunicare al proprio mercato sono molteplici, e in
particolare, i principali mezzi sono:



La pubblicità
La promozione delle vendite, molto rilevanti ai fini della comunicazione, tali promozioni
possono dividersi in due principali categorie:
o Promozioni di prezzo, sono riconducibili a quelle attività promozionali che offrono
uno sconto pari almeno ad un 10%
o Iniziative promozionali in-store, raccolte punti, coupon (buono sconto) ecc.
Il punto vendita, la diffusione di informazioni sul punto vendita rappresenta un mezzo di
comunicazione molto efficace, poiché si attua proprio nel momento in cui il consumatore
sta raccogliendo le informazioni. Le modalità utilizzate per comunicare a questo livello
sono:
o L’atmosfera del punto vendita
o Il layout delle attrezzature e delle merci, che riguarda la ricerca dei migliori criteri
espositivi per stimolare l’acquisto dei prodotti
o Il display
o Il personale di vendita
o Ecc.



L’assortimento e la marca commerciale
La distribuzione dei volantini porta a porta
Il direct marketing, invio di newsletter ai consumatori, l’attivazione di un numero verde
per creare un contato diretto con la clientela
IL PRICING COMMERCIALE
Con riferimento alle politiche di prezzo, le imprese devono prendere delle scelte in merito alla
dimensione strategica e alla dimensione operativa del prezzo.
Per ciò che attiene alla dimensione strategica l’impresa commerciale può creare un’immagine del
proprio punto vendita che sia orientato alla convenienza o al prestigio. Qualora l’impresa scelga un
immagine di convenienza adotterà tutte una serie di strategie che possano attrarre la clientela più
sensibile al prezzo (es. decidere di abbassare il prezzo di un prodotto con un elevato potere
segnaletico, per indurre la clientela a recarsi nel punto vendita e, quindi, acquistare altri prodotti).
La dimensione operativa del prezzo, invece, riguarda le modalità con cui le imprese commerciali
determinano i prezzi dei singoli prodotti. La maggior parte delle imprese ricorre al mark-up come
metodo di determinazione dei prezzi. Il mark-up rappresenta quel quantum da aggiungere al costo
del prodotto, che comprende la copertura dei costi di acquisto e il raggiungimento di un margine
di profitto prefissato. Tale margine si può calcolare in funzione del costo d’acquisto, e in questo
caso prende il nome di margine di ricarico:
PREZZO DI VENDITA – COSTO DI ACQUISTO/ COSTO D’ACQUISTO = %
O si può calcolare in funzione del prezzo di vendita, e prende il nome di margine commerciale:
PREZZO DI VENDITA- COSTO D’ACQUISTO/ PREZZO DI VENDITA = %
CAPITOLO QUINTO
SEGMENTAZIONE, TARGETING E POSIZIONAMENTO
I tre momenti chiave del marketing strategico sono:


Segmentazione, processo che consiste nel ripartire una popolazione di potenziale
acquirenti, in uno o più gruppi, definiti segmenti. La finalità è quella di ottenere gruppi
omogenei per tipo di caratteristiche, bisogni o comportamenti
Targeting, processo che consiste nell’analizzare l’informazione derivante dalla
segmentazione, e nel compiere una scelta strategica, di selezione del segmento o dei
segmenti valutati come più attrattivi. Verso questo o questi segmenti si indirizzerà l’azione
di marketing, configurando una value proposition coerente rispetto ai bisogni di ciascun
segmento

Posizionamento, è il risultato dell’azione di marketing sul segmento target, e consiste nella
collocazione che la value proposition ha nello spazio percettivo dell’acquirente del
segmento, rispetto alle alternative offerte dalla concorrenza
IL CONCETTO DI SEGMENTAZIONE
La segmentazione del mercato consiste nel ripartire l’eterogeneo mercato in un insieme
relativamente omogeneo di consumatori. Il concetto di segmentazione ha una dimensione tecnica
ed una strategica. Da un punto di vista puramente tecnico è un processo disaggregante e
aggregante, poiché è un’operazione che porta a dividere in sottogruppi un dato insieme di soggetti
osservati sulla base di uno o più parametri di analisi, in modo da massimizzare l’omogeneità tra
soggetti all’interno di ciascun gruppo. La segmentazione è, dunque, una tecnica che consente di
ridurre la complessità del mercato. Il criterio chiave utilizzato nella segmentazione di un mercato è
il sistema di preferenze degli individui, che porta a delineare tre situazioni fondamentali:



Preferenze omogenee, che ricorrono nei mercati in cui i consumatori non presentano
significative differenze tra loro
Preferenze diffuse, che mostrano una dispersione elevata, senza significative
concentrazioni di clienti in alcuno spazio di mercato
Preferenze agglomerate, che configurano segmenti naturali di mercato
Da un punto di vista strategico l’operazione di segmentare il mercato è estremamente importante
per l’impresa, poiché essa fornisce il presupposto informativo per capire come il marketing
manager possa costruire un offerta dedicata a soddisfare i bisogni specifici di un gruppo di
acquirenti. Attraverso la segmentazione è possibile organizzare i dati di marketing ai fini di offrire
sul mercato una value proposition coerente con le aspettative del cliente.
IL PROCESSO DI SEGMENTAZIONE
Il processo di segmentazione è composto da una sequenza di attività che consiste nell’organizzare
e selezionare le informazioni disponibili su un dato mercato, al fine di ottenerne una ripartizione in
cluster o segmenti, ciascuno composto da acquirenti con preferenze omogenee. Tale sequenza si
sviluppa in 5 fasi:





Selezione dei requisiti per una segmentazione efficace
Definizione del mercato da segmentare
Selezione della base (parametro, variabile) di segmentazione
Analisi di attrattività
Scelta di targeting
STABILIRE I REQUISITI
Delineare una segmentazione efficace è molto problematico, poiché le preferenze degli individui
dipendono da un numero molto ampio di fattori. Tuttavia gli studi di marketing definiscono alcuni
requisiti chiave che possono valutare la bontà di un processo di segmentazione; essi sono:





Misurabilità, nel senso che una segmentazione deve condurre ad identificare dei gruppi di
clienti misurabili, cioè delimitabili e quantificabili in modo preciso in termini di dimensioni
Rilevanza, la segmentazione deve condurre a stabilire la rilevanza del segmento per
l’impresa
Differenziabilità, la segmentazione dovrebbe consentire la possibilità di differenziare
l’offerta
Stabilità, la segmentazione deve avere come output segmenti con preferenze durature
Accessibilità, la segmentazione deve consentire la possibilità per l’impresa di raggiungere e
servire il segmento in condizioni di economicità
DEFINIRE IL MERCATO
Ovviamente l’oggetto di analisi del processo di segmentazione è il mercato. È possibile segmentare
il mercato a tre livelli diversi:



A livello di bisogno (soft - drink)
A livello di tipo di prodotto (Cole)
A livello di variante di prodotto (Cole dietetiche)
In seguito ad una definizione più ristretta del mercato è possibile effettuare una segmentazione
più accurata.
SELEZIONARE LA BASE
La base della segmentazione è costituita dai criteri (o parametri o variabili) utilizzati per decidere
l’attribuzione del soggetto osservato al segmento di riferimento. Esistono diverse tipologie di
criteri usati nella prassi per segmentare, e la scelta di tali criteri dà luogo a tre tipi di basi:



Base di segmentazione semplice, la base è costituita da un unico criterio
Base di segmentazione gerarchica, la base è costituita da due o più criteri, applicati in
modo sequenziale
Base di segmentazione multipla, la base è costituita da due o più criteri che vengono, però,
applicati in modo congiunto
Esistono due approcci per selezionare la base per segmentare nei mercati di consumo (B2C):


Segmentazione a priori, prevede l’impatto degli stimoli di marketing. Si sceglie appunto a
priori, una base, e poi si analizza com’è segmentato il mercato secondo quella specifica
base, e si decide a quale o a quali segmenti rivolgersi. I parametri utilizzati a tal fine sono
molteplici e includono la variabile geografica, demografica, socio grafica e psicografica
talvolta combinate tra loro
Segmentazione a posteriori, studia direttamente le reazioni agli stimoli di marketing. Il
mercato viene segmentato solo successivamente alla fase in cui sono analizzate le
informazioni raccolte ad hoc sui consumatori. In questo caso si utilizzano i dati primari
derivanti da ricerche di mercato condotte dall’azienda. I parametri utilizzati nella
segmentazione a posteriori sono:
o I benefici ricercati; con la segmentazione sui benefici ricercati, il marketing manager
raccoglie esplicitamente i dati che esprimono le preferenze dei consumatori e può
usare queste informazioni ai fini di configurare direttamente la value proposition
che meglio approssima ciò che l’acquirente richiede all’offerta. Il vantaggio di
questo approccio consiste nella precisione.
o Il tipo di utilizzo; la scelta di questo parametro fa riferimento all’intensità. Questo
criterio può avere una funzione strategica, perché spesso l’intensità di utilizzo è
correlata con la redditività del cliente per l’impresa. Distingue il light user dal heavy
user
o Il comportamento post-acquisto; la categoria di segmentazione con variabili postacquisto include tutte le tecniche che prendono in considerazione gli atteggiamenti,
le percezioni e le motivazioni degli individui a seguito dell’acquisto e dell’utilizzo del
prodotto. Vengono usate variabili quali la soddisfazione, la fedeltà alla marca o al
punto vendita. L’ipotesi sottostante questo tipo di criterio risiede nell’essere in
grado di prevedere il comportamento di acquisto futuro aggregando i consumatori
sulla base del comportamento d’acquisto e di consumo pregresso.
La scelta della base per segmentare nei marcati business (B2B) è nella maggior parte dei casi
operata secondo un approccio gerarchico, che include le fasi di macrosegmentazione e di micro
segmentazione.
I criteri della macrosegmentazione si basano su caratteristiche generali come le demografiche
industriali, le demografiche tecnologiche e quelle operative. Le variabili demografiche industriali
includono il settore di appartenenza, la classe dimensionale, la numerosità ecc. Le variabili
tecnologiche fanno riferimento ai parametri quali le tecnologie di prodotto e di processo. Le
variabili operative sono infine utilizzate per far emergere differenze di bisogni e preferenze legate
alle capacità manageriali delle imprese, nell’ambito delle operazioni e delle attività di supporto
(R&S, finanza ecc.). Per attuare la macrosegmentazione, quindi, si considerano tre dimensioni:



Funzioni d’uso (il cosa)
Gruppi di acquirenti (il chi)
Tecnologie (il come)
I criteri della microsegmentazione si basano su caratteristiche specifiche, osservabili dall’interno
dell’acquirente.
LE TECNICHE PER LA SEGMENTAZIONE
La statistica fornisce strumenti efficaci per estrarre dai propri dati aziendali informazioni utili
nell’analizzare il proprio contesto di mercato e prendere decisioni strategiche. Le due tecniche
statistiche più utilizzate ai fini della segmentazione sono:

La tecnica di segmentazione univariata e bivariata

La tecnica di segmentazione multivariata
Se nell’analisi statistica di segmentazione vengono considerate una o due variabili alla volta si
parla di analisi statistiche di tipo univariato o bivariato. La tecnica più utilizzata per questo tipo di
analisi è quella delle tabulazioni. Attraverso le tabulazioni semplici, l’identificazione dei segmenti
viene definitiva con l’ausilio di una sola variabile, che viene assunta come principale descrittore di
un determinato segmento. Solitamente si associa ad ogni classe di misura il numero di
osservazioni che appartengono a quella classe, quest’ultima è chiamata frequenza assoluta o
numerosità della classe. Complessivamente, l’insieme delle classi di misura e le relative frequenze
viene chiamato distribuzione delle frequenze. Lo svantaggio di questa tecnica è l’ignorare effetti
che più variabili potrebbero esercitare congiuntamente nel processo d’acquisto. Con le crosstabulation, invece, è possibile ottenere indicazioni specifiche sugli incroci di potenziali variabili.
Questa metodologia presenta dei limiti che spingono a favore della segmentazione multivariata,
poiché maggiore è il numero delle variabili considerate come potenziali descrittori maggiore sarà il
numero di incroci che viene generato.
La tecnica di segmentazione multivariata viene utilizzata principalmente per l’identificazione di
relazione tra dati, e la riduzione di notevoli volumi di dati in un numero inferiore. La tecnica più
utilizzata per la segmentazione multivariata è la cluster analysis. Attraverso questa tecnica
statistica vengono identificati gruppi di acquirenti omogenei rispetto ad un set di variabili
congiuntamente impiegate. I cluster ottenuti presenteranno elevata omogeneità degli
appartenenti allo stesso cluster, che condividono specifiche caratteristiche ed una elevata
eterogeneità rispetto ai componenti degli altri cluster. Vanno specificati i criteri che definiscono i
segmenti, ed una volta identificati i gruppi attraverso la cluster analysis, vanno specificate le
caratteristiche comuni che li contraddistinguono.
LA SCELTA DEL TARGET
Il risultato del processo di segmentazione consiste nell’organizzazione per gruppi dell’informazione
disponibile relativamente al mercato. A questi gruppi (segmenti) è associata una descrizione degli
individui o delle imprese appartenenti al segmento, e l’interpretazione delle risposte agli stimoli di
marketing che si sono ottenute attraverso dai primari o che si sono stimate attraverso dati
secondari. L’output del processo di segmentazione rappresenta l’input del targeting, ovvero del
processo di valutazione dell’attrattività dei segmenti e di selezione dei segmenti obbiettivo, su cui
si costruisce la value proposition.
LA VALUTAZIONE DELL’ATTRATTIVITA’ DEI SEGMENTI
I criteri per la valutazione dell’attrattività dei segmenti seguono una logica di tipo Swot analysis,
che è uno strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza, di debolezza, le
opportunità e le minacce di un progetto in un impresa in cui un organizzazione o un individuo deve
prendere una decisione per raggiungere un obbiettivo. La Swot analysis comprende:



L’analisi esterna, consiste nell’esame della concorrenza e della domanda; essa ha una
dimensione statica e dinamica, perché valuta a livello statico la pressione competitiva
attuale e a livello dinamico la concorrenza potenziale
L’analisi interna, si tratta di stimare in quale misura il segmento analizzato può essere
efficacemente servito con la dotazione di risorse e competenze disponibili all’interno
dell’impresa
L’analisi reddituale, in questa fase il marketing manager provvede a tradurre l’analisi
competitiva e della domanda in dati economici, costruendo una stima dei ricavi, dei costi e
del margine di contribuzione che il segmento può generare nell’orizzonte temporale di
riferimento
LA SELEZIONE DEL SEGMENTO OBBIETTIVO
Una volta incrociati i dati sulle preferenze che emergono dalla segmentazione con i dati
sull’attrattività che emergono dalla valutazione dei segmenti, il marketing manager è in condizioni
di selezionare uno o più segmenti obbiettivo. La selezione del mercato obbiettivo e il conseguente
posizionamento rappresentano le azioni con cui il marketing manager mira a costruire la proposta
di valore meglio rispondente al sistema di preferenze espresse dall’acquirente. Vengono distinti 5
modelli di targeting:





Il targeting concentrato, viene scelto da quelle imprese che intendono massimizzare la
conoscenza sul segmento obbiettivo e ottimizzare le risorse disponibili
Il targeting per specializzazione selettiva, è utilizzato dai marketing manager che intendono
diversificare il rischio e cogliere le opportunità di crescita presenti nel mercato
Il targeting per specializzazione di prodotto, consente la copertura di più di un segmento
con la stessa linea di prodotto
Il targeting per specializzazione di segmento, costituisce la strategia opposta rispetto alla
precedente; poiché si predilige lo sfruttamento della conoscenza sul segmento, rispetto
allo sfruttamento delle tecnologie di produzione
La copertura completa, caratterizza quelle imprese che dispongono della scala necessaria
per aggredire tutto il mercato, con offerte personalizzate in funzione delle preferenze dei
singoli segmenti. In questo caso l’impresa sviluppa tante value proposition quanti sono i
segmenti presenti sul mercato
IL POSIZIONAMENTO
Se la segmentazione si riferisce al come un impresa interpreta le differenze esistenti nel mercato,
e il targeting si riferisce al dove un’impresa decide di indirizzare le proprie azioni di marketing, il
posizionamento si riferisce al cosa l’impresa propone al mercato target. Il posizionamento consiste
nel definire l’offerta e l’immagine di un impresa in modo tale da consentire di occupare una
posizione distinta e apprezzata nel mercato obbiettivo.
LE STRATEGIE PER POSIZIONARE LA VALUE PROPOSITION
Le strategie di posizionamento, che mirano a costruire l’identità della value proposition, si
articolano su due momenti:


Scelta delle caratteristiche idiosincratiche, tali caratteristiche sono di 6 tipi:
o Gli attributi; un impresa si posiziona sugli attributi quando stimola l’attenzione del
mercato su specifici elementi tangibili o intangibili della propria offerta
o I vantaggi o benefici: l’impresa indirizza l’attenzione all’incremento di benefici o alla
riduzione di sacrificio che l’utilizzatore può derivare dalla fruizione del bene o
servizio
o Le applicazioni; l’impresa enfatizza la validità del prodotto per un’applicazione
specifica
o Le categorie di utilizzatori; strategia che mira a trasmettere la sintonia tra tipo di
prodotto e tipo di utente
o Le categorie di prodotti;
o I livelli di qualita/prezzo; strategia che punta sulla convenienza dell’offerta
Scelta dei punti di riferimento, concorre a determinare la distintività del posizionamento.
Vi sono due alternative a questo livello:
o La scelta per distinzione; consiste nel non considerare la concorrenza esistente
posizionandosi per distinzione ad essa, l’obbiettivo è quello di aprire un nuovo
spazio di mercato per definire la propria identità
o La scelta in relazione; consiste nell’utilizzare la concorrenza esistente, per
posizionarsi in relazione ad essa. Vi sono tre strategie per posizionarsi in relazione
alla concorrenza:
 Il posizionamento contro, si utilizza il concorrente diretto come parametro,
e si mettono in luce i tratti distintivi del proprio prodotto
 Il posizionamento per associazione, si utilizza il gruppo strategico di
concorrenti di riferimento per posizionare la propria offerta al suo interno,
secondo una logica me-too
 Il posizionamento per dissociazione, segue una logica opposta al
precedente, si utilizza un gruppo strategico di concorrenti per posizionare la
propria offerta al suo esterno
L’ANALISI DI POSIZIONAMENTO
L’analisi di posizionamento ha come finalità la valutazione dell’efficacia della strategia che
l’impresa ha seguito per collocare la propria value proposition nello spazio percettivo dei clienti
target. La logica con cui si analizza l’efficacia della strategia di posizionamento è semplice: il
posizionamento è tanto più efficace quanto la value proposition viene percepita come in assoluto
più vicina ai livelli di prestazioni ideali ricercai dal target. Esistono quattro criteri di analisi
dell’efficacia:

Chiarezza, quando il target associa con precisione alla value proposition le relative
caratteristiche idiosincratiche chiave



Rilevanza, quando le caratteristiche idiosincratiche identificano la risposta ad un bisogno
che il target percepisce come prioritario
Positività, quando il target ritiene che la value proposition si avvicina al livello ideale di
prestazioni richieste dal prodotto
Distintività, quando il target percepisce distanza, cioè dofferenza, rispetto alla value
proposition della concorrenza
Uno degli strumenti utili per misurare con precisione il posizionamento di una value proposition
nelle percezioni del mercato obbiettivo, e quindi per valutare l’efficacia è il multidimensional
scaling (Mds), che si sviluppa attraverso un processo in tre fasi:



I fase, ha come obbiettivo la rilevazione delle percezioni del mercato rispetto ad un insieme
di prodotti concorrenti
II fase, consiste nella rilevazione delle preferenze del mercato
III fase, consiste nella riconduzione delle preferenze e delle percezioni di sintesi a
caratteristiche idiosincratiche unidimensionali
Attraverso un algoritmo, è possibile ottenere tre output grafici dall’analisi Mds:



Mappa delle percezioni, che rappresenta su un piano cartesiano il posto occupato da
ciascun prodotto indagato
Mappa delle preferenze, che rappresenta sul medesimo piano la distribuzione di
preferenze del mercato, e rileva l’eventuale agglomerazione del mercato in segmenti,
identificando lo spazio occupato dai rispettivi livelli ideali di prestazione
Mappa di posizionamento, si costruisce con la sovrapposizione della mappa delle
percezioni e della mappa delle preferenze, essa consente di rilevare la posizione di ciascuna
value proposition rispetto alle preferenze della domanda e alla collocazione della concorrenza
CAPITOLO SESTO
LA DEFINIZIONE DELLA VALUE SELLING PROPOSITION: LE POLITICHE DI
PRODOTTO
La competizione non si manifesta sui prodotti fabbricati dalle imprese, ma tra ciò che le imprese
aggiungono ai prodotti in termini di confezione, servizi, comunicazione, assistenza al cliente e altri elementi
che hanno un valore per il cliente. Due prodotti anche se sono identici nelle loro componenti fisiche,
possono essere apprezzati in maniera molto diversa dagli individui che li acquistano perché
l’apprezzamento non considera soltanto gli attributi immediatamente tangibili di un prodotto, ma
coinvolge una pluralità di fattori tangibili, e soprattutto intangibili. Per un concorrente è senza dubbio più
facile imitare le caratteristiche fisiche di un qualsiasi prodotto, piuttosto che il suo valore complessivo,
inteso come la risultante del combinarsi di elementi fisici e di elementi intangibili. La capacità dell’impresa è
dunque, quella di pensare e di progettare il prodotto non come un bene fisico, ma come un insieme di
opportunità di relazione con il cliente orientate alla creazione di valore. Le scelte che definiscono la politica
di prodotto attengono a:





I livelli di prodotto
La composizione e l’articolazione della gamma
Il nome e la marca
La confezione
L’architettura della marca
LE SCELTE DI DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO: DAL VANTAGGIO ESSENZIALE AL
PRODOTTO POTENZIALE
La ricerca di differenziazione non deve, quindi, limitarsi agli attributi fisici di un prodotto, ma deve
individuare tutti gli elementi a cui i clienti sono interessati e a cui attribuiscono valore. Qualsiasi prodotto o
servizio può essere configurato a cinque livelli:





Il vantaggio essenziale, è il punto di partenza, e costituisce il beneficio fondamentale che il cliente
realmente riceve.
Il prodotto generico, il vantaggio essenziale deve essere incorporato in un prodotto generico in
grado veicolarlo
Il prodotto atteso, quando un soggetto acquista un determinato prodotto, si aspetta che esso
presenti determinate caratteristiche, che definiscono il prodotto atteso
Il prodotto ampliato, comprende i vantaggi aggiuntivi che distinguono l’offerta di un’impresa da
quella di un’altra
Il prodotto potenziale, identifica tutti i possibili ampliamenti e le trasformazioni di cui il prodotto
potrebbe essere oggetto per rispondere in modo unico, originale, e irripetibile alle esigenze dei
clienti, arrivando persino a sorprenderli
Partendo dal vantaggio essenziale, l’offerta dell’impresa amplia via via la sua portata, cercando di seguire
l’evoluzione del bisogno del cliente per soddisfarlo nella sua totalità e addirittura per anticiparlo.
COMPOSIZIONE E ARTICOLAZIONE DELLA GAMMA
Tutte le imprese, industriali e commerciali, hanno individuato nell’espansione della varietà di prodotti una
strategia competitiva efficace ed efficiente. Poiché da un lato ogni variante aggiuntiva genera un aumento
delle vendite e dei profitti, dall’altro non necessariamente crea costi aggiuntivi, ma può, anzi, essere fonte
di risparmi perché sfrutta risorse e competenze già acquisite e potenzia le sinergie e i sincronismi che si
creano in una collezioni di varianti. Per qui le imprese hanno ricercato soluzioni adatte per governare in
modo efficiente ed efficace il portafoglio prodotti. Quest’ultimo rappresenta l’insieme dei prodotti offerti
sul mercato da un impresa. Il problema sta proprio nel mettere il cliente al centro della progettazione del
portafoglio prodotti, in modo che quest’ultimo sia sempre in sintonia con il cliente e che questi vi trovi
senza fatica una soluzione adatta a soddisfare le sue esigenze. La gamma è la combinazione di prodotti
offerti da un’impresa, che può includere una sola o numerose marche, è strutturata gerarchicamente in
almeno tre livelli:


Al livello più elementare ci sono le varianti di prodotto
Le varianti sono raggruppate in linee di prodotto, queste accumunano un insieme di varianti
presenti in un portafoglio secondo i seguenti criteri:
o Soddisfano una stessa classe di bisogni
o Sono complementari per l’uso

o Sono venduti allo stesso segmento di clienti
o Sfruttano gli stessi canali di distribuzione
o Appartengono alla stessa classe di prezzo
L’insieme delle linee costituisce la gamma
Per valutare la dimensione di una gamma di prodotti si utilizzano tre misure:




L’ampiezza, si riferisce al numero delle linee offerte
La profondità, si riferisce al numero di varianti di ciascuna linea
La lunghezza, si riferisce al numero totale di varianti della gamma
La coerenza, rappresenta una misura qualitativa che si riferisce a quanto strettamente sono
correlate le diverse linee di prodotti
LE POLITICHE DI LINE EXTENSION, DI FLANKERING, DI FACE LIFTING E DI RESTYLING
Le caratteristiche di una gamma sono definite dalle coordinate scelte dall’azienda nel posizionarsi rispetto
all’ampiezza, alla profondità, alla lunghezza e alla coerenza.
Rispetto all’ampiezza possiamo adottare delle politiche di ampliamento della gamma, con l’aggiunta di
nuove linee di prodotto. Rispetto alla profondità possiamo effettuare diverse azioni che distinguiamo in:



Azioni di tipo quantitativo, che a loro volta si distinguono in:
o Line extension, che indica un generico approfondimento della linea di prodotti in
qualunque direzione
o Flankering, che è un tipo di line extension motivata non tanto dalla volontà di appagare
preferenze e gusti meramente soggettivi o di raggiungere clienti appartenenti a diversi
segmenti, quanto dall’esigenza di soddisfare bisogni specifici eterogenei e di consentire
molteplici modalità di utilizzazione dei beni. Il flankering, quindi, consiste nell’aggiunta ad
una linea di prodotti di nuove varianti rivolte a specifiche occasioni d’uso
Azioni di tipo qualitativo, che a loro volta si distinguono in:
o Face lifting, che rappresenta una modifica di attributi estetici
o Restyling, che implica una modifica sostanziale degli attributi fondamentali dei prodotti
Azioni di tipo quali-quantitativo, che a loro volta si distinguono in:
o Trading-up, consiste nell’aggiungere ai prodotti già in assortimento un articolo di prezzo
più elevato e prestigioso
o Trading-down, consiste nell’aggiungere ai prodotti già in assortimento un articolo di prezzo
più basso e meno pregiato
Rispetto alla lunghezza non è possibile effettuare particolari azioni, poiché questa dimensione risulta
modificata dalle scelte rispetto all’ampiezza e alla profondità. Invece, a seconda del grado di coerenza fra
nuovi prodotti introdotti nel portafoglio ed i precedenti, è possibile distinguere la diversificazione
dall’integrazione (es. virgin e barilla).
L’IMPATTO DELLA VARIETA’ SULLA GESTIONE DEL PORTAFOGLIO PRODOTTI: SINERGIE O
CANNIBALIZZAZIONE?
Una nuova variante di gamma può avere sia effetti positivi, e quindi far aumentare le vendite della linea di
prodotti, sia effetti negativi, cioè sottrarre vendite ad un’altra variante. Quest’ultimo fenomeno, prende il
nome di cannibalizzazione, secondo cui un prodotto lanciato sul mercato sottrae vendite ad un prodotto
presente nel portafoglio della stessa azienda, perché i due prodotti sono molto simili fra di loro. Possono
esserci diversi tipi di cannibalizzazione:




Cannibalizzazione totale, il nuovo prodotto sottrae il 100% delle sue vendite al prodotto già
esistente
Cannibalizzazione parziale e aumento della domanda, il nuovo prodotto sottrae vendite al
prodotto già esistente ma espande la domanda primaria
Cannibalizzazione parziale, aumento della domanda e diminuzione della quota del concorrente, il
nuovo prodotto sottrae vendite al prodotto già esistente e al prodotto concorrente, ma espande la
domanda primaria
Assenza di cannibalizzazione, situazione ideale, poiché il nuovo prodotto sottrae vendite al
prodotto concorrente ed espande la domanda primaria
Il marketing manager dovrebbe analizzare una serie di elementi prima del lancio, quali:



Valutare il potenziale di cannibalizzazione (che si determina attraverso ricerche e test di mercato)
studiando la sostitutività tra marche e varianti dal lato della domanda
Stimare gli effetti economici-finanziari della cannibalizzazione
Stimare l’incremento delle vendite necessario per neutralizzare l’effetto di cannibalizzazione
La cannibalizzazione genera effetti economico finanziari rilevanti, di cui è opportuno tenere conto nella
decisione di ampliare la gamma di prodotti. Considerare gli effetti economico-finaziari della
cannibalizzazione significa predisporre un prospetto che contabilizza i ricavi, i costi, e gli investimenti
incrementali. Per costruire il prospetto bisogna raccogliere informazioni sulle vendite generate
dall’espansione della domanda primaria, vendite sottratte alla concorrenza ecc. con questi dati è possibile
calcolare l’incremento delle vendite necessario per mantenere invariati i margini e quindi per neutralizzare
l’effetto di cannibalizzazione:
Volume incrementale per neutralizzare la cannibalizzazione = Volume cannibalizzato x (Margine vecchio
prodotto/margine nuova variante)
LA MARCA
La marca rappresenta una promessa riguardante l’esperienza che i clienti possono attendersi dall’offerta di
mercato dell’impresa e dalla loro relazione con il fornitore. Per marca si intende un nome, una parola, un
simbolo, un disegno o una combinazione di questi aventi lo scopo di identificare un prodotto o un servizio
di un venditore o di un gruppo di venditori e di renderli differenti da quelli concorrenti. Origini del termine
“brand”: il moderno brand deriva dall’inglese “marchiare”. Il termine ricorreva, già nel XVI secolo,
all’interno dell’espressione fire brand per indicare l’operazione di marchiatura.
Alcune precisazioni terminologiche:





Nome di marca (brand name) es. Chanel
Effigie di marca (brand mark) es. le due C
Marchio di fabbrica (trademark) es. ™
Ragione sociale (trade name) es. Ford Motor Company
Marca integrale es. Alitalia
Il marchio, inteso come trademark, viene protetto dall’art. 2569 del Codice Civile, secondo cui “Chi ha
registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo marchio idoneo a distinguere prodotti o servizi ha
diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato”.
Bisogna cercare di tutelare la marca contro il rischio che essa diventi un termine generico, come ad
esempio è successo per: Scotch, Biro e Aspirin.
Le funzioni della marca, vantaggi per l’impresa:
 Funzione di protezione, l’inventore di un nuovo marchio può registrarlo per una o più categorie di
prodotti in base ad una classificazione internazionale
 Funzione di posizionamento, la marca dà all’impresa la possibilità di posizionarsi rispetto alla
concorrenza e di far conoscere al mercato le caratteristiche distintive della propria offerta
 Funzione d’investimento, sull’immagine della marca si ripercuote il “capitale” di soddisfazione che
la marca ha prodotto
Classificazione tipi di marca:
 Marca del produttore
 Marca commerciale (del rivenditore, del distributore o del punto vendita)
 Marca su licenza
 Co-branding
Le funzioni della marca, vantaggi per gli acquirenti:
 Funzione di identificazione: capacità di sintetizzare una serie di attributi che il prodotto possiede e
che permettono al consumatore di individuarli.
 Funzione di orientamento: capacità informativa che agevola il consumatore nelle proprie scelte.
 Funzione di garanzia: consiste nell’assicurare il consumatore circa il mantenimento di un livello
specifico e costante di qualità.
 Funzione di praticità: capacità, negli acquisiti ripetuti, di far adottare dei comportamenti routinari
che riducono il tempo ed i costi.
 Funzione ludica: capacità generare piacere attraverso un processo di scoperta e di selezione fra più
marche.
 Funzione di personalizzazione: capacità di esprimere la propria personalità, soddisfacendo
l’esigenza di diversità.
La brand equity è la sintesi della forza di una marca sul mercato di riferimento. Essa rappresenta insieme
delle risorse (o dei costi) legati al nome e al simbolo della marca che si aggiungono (o si sottraggono) al
valore che un bene o servizio fornisce ad un’impresa e/o ai clienti di quell’impresa. La brand equità può
essere definita anche come il valore monetario (attuale e/o potenziale) degli effetti differenziali che
conoscenza (brand awareness), immagine (brand image) e fedeltà alla marca (brand loyalty) producono
sulla risposta dei consumatori verso le politiche di marketing dell’impresa. Un indicatore di brand equity è
la misura in cui i clienti sono disposti a spendere per la marca.
Le principale decisioni relative alla creazione di marche forti sono:
 Posizionamento di marca, che dipende da:
o Gli attributi del prodotto
o I benefici
o I valori e le credenze
 Scelta del nome di marca (naming), al fine di svolgere le sue funzioni la marca deve essere:
o Appropriata
o Breve e facile
o Convincente
o Distintiva
o Si deve, inoltre, evitare il più possibile di fare errori di naming
 Sponsorizzazione della marca
 Sviluppo della marca
Politiche di marca delle imprese multi-prodotto:
 uso di una sola marca; es. Cartier
 uso di marche differenti (marca individuale); es. Procter & Gamble
 uso di marche diverse per linee; es. Barilla
 uso di marche miste (marca individuale con richiamo); es. Ferrero
Il re-branding è il fenomeno secondo il quale si sostituisce il nome di una marca con un altro, mantenendo
invariato il portafoglio prodotti della marca; le situazioni più ricorrenti di re-branding sono due:
 La marca acquisita ha un posizionamento praticamente identico alla marca già in portafoglio. La
ragione principale dell’acquisizione è la forza della marca acquisita nel suo mercato d’origine, forza
che rende difficoltosa, lunga, dispendiosa e comunque incerta la conquista di una pari quota di
mercato
 La marca acquisita ha un posizionamento distinto rispetto alla marca in portafoglio, ed è questa la
ragione dell’acquisizione, tuttavia alcuni prodotti della gamma sono fortemente sovrapposti
IL PACKAGING
Per confezionamento (packaging) si intende l’insieme delle scelte relative a ciò che contiene e avvolge il
prodotto. Quando un impresa progetta il packaging di un prodotto deve considerare sette funzioni
fondamentali che esso svolge:
 Proteggere, la confezione ha, quindi, lo scopo di proteggere il prodotto nel corso dei suoi
trasferimenti dai vari rischi:
o Rischi statici, causati dalla permanenza nei luoghi di stoccaggio
o Rischi dinamici, causati da urti e vibrazioni nella fase di trasporto
o Rischi climatici, alterazioni che possono essere provocate da cambiamenti di natura e di
umidità
o Rischi biologici, modificazioni derivabili dal contatto con microrganismi dannosi
 Conservare, lo stato del prodotto nelle sue caratteristiche di integrità, funzionalità, fragranza,
freschezza e igiene
 Identificare, un prodotto, cioè definire la categoria merceologica, alla quale esso appartiene e la
funzione d’uso principale cui è destinato
 Differenziare, il prodotto dai concorrenti
 Esporre, il prodotto, funzione essenziale nelle forme di vendita a libero servizio
 Economizzare, sia i costi di logistica che quelli di produzione
 Comunicare, la capacità comunicativa del packaging si esprime a due livelli:
o Verbale, le informazioni riportate sulla confezione (stampa o etichetta), allo scopo di
illustrare il prodotto e di fornire istruzioni e suggerimenti per l’uso
o Simbolico-visivo, entrano in gioco capacità meta comunicative riconducibili ad un più ampio
universo culturale ed emotivo del consumatore-individuo
Le funzioni del package si possono ulteriormente classificare in:
 Primaria, contenitore che salvaguarda le qualità intrinseche del prodotto


Secondaria, contenitore che rende fruibile il prodotto nelle diverse occasioni d’uso,
differenziandolo sotto il profilo funzionale
Terziaria, contenitore che comunica al cliente in termini razionali ed emotivi
CAPITOLO SETTIMO
LA DEFINIZIONE E LA GESTIONE DEL PREZZO
IL PREZZO TRA COSTI, CONCORRENZA E VALORE PER IL CLIENTE
La determinazione del prezzo di vendita è un operazione non semplice, perché sulla
determinazione del prezzo agiscono numerosissimi fattori. L’impresa, infatti, può fissare il prezzo
di vendita al livello che ritiene più opportuno. Un modello manageriale utile per facilitare le
decisioni di definizione e gestione del prezzo è quello che si fonda su tre orientamenti:



Costi, rappresentano il limite minimo, una determinazione del prezzo al di sotto di tale
valore non conviene per l’impresa dal momento che non è un’organizzazione di
beneficienza
Concorrenza, orientamento secondo il quale si deve scegliere un livello di prezzo che faccia
riferimento all’esistenza di imprese che producono beni simili
Clienti, rappresentano il limite massimo, dato dalla percezione del valore da parte della
clientela, una determinazione del prezzo al di sopra di tale valore non conviene perché
nessuno acquista
Proprio in relazione a questi orientamenti la determinazione del prezzo può essere effettuata
seguendo tre metodi:



In base al costo
In base ai concorrenti
In base ai consumatori
I METODI DI DETERMINAZIONE DEL PREZZO COST BASED
I principali metodi per la determinazione del prezzo sulla base dei costi sono:

Il mark up pricing. Il mark up pricing viene utilizzato quando l’impresa adotta un sistema
contabile a costi diretti. I costi diretti sono i costi direttamente imputabili al prodotto, i
costi indiretti, invece, sono i costi imputabili solo indirettamente al prodotto, tramite
opportune basi di ripartizione. Nel mark up pricing, al costo diretto di prodotto viene
aggiunto un ricarico percentuale idoneo a coprire una quota di costi indiretti e generare
parte del reddito atteso. Secondo il Mark-up pricing, quindi, il prezzo viene determinato
considerando i costi diretti, cioè imputati direttamente al nostro prodotto (es. materie
prime) più una quantità che noi chiamiamo ricarico che deve avere il compito di coprire i
costi indiretti o una parte dei costi indiretti e assicurare un margine di utile. In questa
configurazione il mark-up (ricarico) è dato da i costi indiretti più il margine di utile. Il mark
up (ricarico) non è, quindi, l’utile che l’impresa consegue, perché esso comprende non solo
l’utile ma anche la quota di costi indiretti.
Prezzo = Cd + Ricarico (costi indiretti + margine di utile)

Il cost plus pricing. Il cost plus pricing viene utilizzato quando l’impresa adotta un sistema
di contabilità analitica di full costing, ossia in grado di determinare sia i costi diretti di
prodotto sia la quota dei costi indiretti. Secondo il metodo del cost plus pricing il prezzo
sarà dato dai costi diretti che si sostengono per quel prodotto più i costi indiretti più il
profitto. Il costo indiretto si viene a determinare mediante quei metodi di ripartizione su
base unica o su base multipla; quindi, si sommano i costi diretti e i costi indiretti e si
aggiunge il profitto. Il prezzo di vendita è dato dal costo pieno full-costing più il margine di
utile, in questo caso il termine mark up assume un significato diverso rispetto al
precedente (che includeva non solo il profitto sperato ma anche quella quota di costi che
non erano direttamente imputati all’oggetto), perché coincide con il margine di utile.
Prezzo = (cd + ci)/Q + π/Q

Il prezzo-obiettivo. Questo metodo si fonda sulla logica della break even analysis. Per la
sua applicazione, ci si basa, infatti, sull’analisi dell’equilibrio economico, con l’obbiettivo di
determinare un livello di prezzo che sia prima di tutto in grado di coprire tutti i costi
sostenuti dall’impresa, e successivamente, di consentire il raggiungimento di un obbiettivo
di redditività. La determinazione del prezzo-obbiettivo avviene, quindi, adottando la
formula della break even analysis. Si parte, pertanto dall’uguaglianza tra costi e ricavi:
RT=CT
(p x Q) = (cv x Q) + CF
Il prezzo di break even risulta essere:
Prezzo = (cv + CF)/Q
il metodo del prezzo-obbiettivo, tuttavia, prevede che oltre alla copertura dei costi, il prezzo
consenta anche la produzione di reddito. Pertanto, è necessario aggiungere il profitto:
Prezzo = CF/Q + cv/Q + π/Q
Nella rappresentazione grafica del Break even point il prezzo è il coefficiente angolare, cioè
l’angolo che forma la curva dei ricavi totali.
Se noi variamo il prezzo di vendita la curva dei ricavi totali si alza e si abbassa; se il prezzo è più
elevato, il coefficiente angolare è più ampio e la curva sarà più vicina all’asse delle ordinate,
questo significa che incrocerà la curva dei costi totali ad un livello più basso, perché se io vendo un
prodotto ad un prezzo più alto mi basterà vendere un numero minore di quantità per raggiungere
il punto di equilibrio e raggiungere tutti i costi. Quindi attraverso il prezzo-obbiettivo si cerca di
determinare un prezzo di vendita che non solo copra i costi fissi e variabili ma consenta anche di
realizzare l’obbiettivo di profitto prefissato. L’espressione CF + CV = RT deve essere modificata
introducendo la variabile del profitto CF + CV + π = RT -------> CF + CV + π = (p x Q) -------> Prezzo =
(CF + CV)/Q + π/Q

Il costo differenziale o costo marginale. È un metodo di determinazione del prezzo a cui
l’impresa può ricorrere in contesti “straordinari”. Si tratta di determinare il prezzo sulla
base dei costi differenziali che la produzione genera. Questo metodo è tipico delle imprese
con capacità produttiva insatura, e quindi, con costi fissi sostenuti e coperti da una
produzione già venduta sul mercato. In tali casi, l’impresa può prendere in esame
l’opportunità di vendere produzioni aggiuntive utilizzando come riferimento minimo il
costo differenziale o marginale. Si tratta di una scelta rischiosa che necessita non solo di
particolari condizioni tecnico-produttive, come la capacità produttiva insatura, ma anche di
una netta separazione fra i mercati ai quali l’impresa si rivolge nella sua attività
commerciale ordinaria e a quello a cui si rivolge con un prezzo basato sui costi differenziali.
Il rischio di arbitraggi è, infatti, molto alto. In sintesi, il metodo di determinazione del
prezzo basato sul costo differenziale non considera tutti i costi, ma solo quelli per la
specifica produzione, ciò si verifica quando l’impresa ha già pienamente recuperato i costi
relativi alla struttura produttiva. Questo metodo viene praticato in circostanze particolari
che può dar vita agli arbitraggi, il rischio che sul mercato si vengono a trovare due prodotti
uguali con prezzi differenti.
I METODI DI DETERMINAZIONE DEL PREZZO COMPETITION BASED
Nella prospettiva competion based è possibile adottare uno dei seguenti metodi di definizione del
prezzo:

Il metodo della parità della concorrenza. Esso mira a raggiungere un prezzo che sia pari al
prezzo medio applicato dai concorrenti o al prezzo dei concorrenti considerati rilevanti
dall’impresa. Una variante molto diffusa è il metodo price taker-price maker o metodo del
differenziale costante, viene mantenuto uguale non il prezzo ma il differenziale di prezzo.
Io mantengo sempre costante la differenza tra il price maker e il price taker, con questo
procedimento mantengo costante la differenza tra me e i concorrenti, se lui l’aumenta di

10 io aumento di 10. Ad una o più imprese viene riconosciuto il ruolo di price maker e altre
sono le imprese taker, esse quindi aggiustano il proprio prezzo rispetto a quello del maker.
Il metodo del discount price e del premium price. Questi metodi prendono come
riferimento il prezzo della concorrenza, ma mentre il discount price opta per un prezzo al di
sotto di tale riferimento, il premium price opta per un prezzo al di sopra
I METODI DI DETERMINAZIONE DEL PREZZO CUSTOMER BASED
I metodi che abbiamo analizzato fino ad ora partono tutti dal prodotto, quantificano i costi per
determinare il prezzo di vendita. Con i metodi basati sul valore percepito dal consumatore la
situazione si ribalta. Attraverso questi metodi si cerca di capire quanto il cliente sarebbe disposto a
pagare per il prodotto, dopo di che si fissa quello che potrebbe essere il prezzo di vendita,
andandolo a confrontare con i costi che si sostengono. I modelli basati sul valore percepito dal
cliente ( metodi basati sul consumatore) sono tre:



Evc (economic value for the customer)
La tecnica à la Fishbein
Conjoint analysis
È opportuno comprendere meglio cosa è il valore per il cliente; esso può essere espresso
generalmente come il rapporto tra benefici ottenibili e costi. Più specificatamente è il rapporto tra
benefici e performance del prodotto per i costi e tutti gli altri oneri che si devono sostenere in
riferimento al prodotto (es. costi di gestione e smaltimento). Per misurare il valore per il cliente si
possono utilizzare procedimenti differenti: alcuni privilegiano la prospettiva dell’impresa (es. Evc),
altri quella del consumatore.
EVC E TOTAL COST OF OWNERSHIP
L’Evc, Economic value for the customer, misura il valore offerto ai clienti, a partire dal confronto
fra i costi e i benefici offerti rispetto alle alternative di riferimento; è una misurazione che si fonda
su caratteristiche tecniche osservabili dall’impresa. L’analisi dell’Evc viene condotta:



Identificando i benefici e i costi che sembrano avere maggiore rilevanza per il cliente
Individuando le caratteristiche che originano tali costi e benefici
Misurando tali caratteristiche
L’analisi del valore per il cliente si fonda uno o pochi attributi dell’offerta, per lo più attributi di
facile misurazione. Nel caso dei prodotti durevoli si ricorre alla prospettiva dinamica Total cost of
ownership, in questo caso il valore non è dato solo dal valore del prezzo iniziale, ma, anche da una
serie di valori che sono rappresentati dal valore residuo (valore che io penso di poter recuperare
nel momento in cui il prodotto esaudisce la sua utilità) i costi i manutenzione, di gestione, e di
sostituzione.
Evc = P – R + M + S + G
TECNICA A’ LA FISHBEIN E CONJOINT ANALYSIS
Il modello à la Fishbein si pone a metà tra la prospettiva management based e consumer based.
Secondo questa tecnica il valore atteso è dato dalla performance, dalla prestazione, che un certo
prodotto riesce a dare con riferimento ad un attributo per l’importanza di quell’attributo, si
sommano tutti gli attributi del prodotto e si determina il valore atteso. Quindi, il valore atteso è il
risultato della sommatoria dell’importanza relativa dei diversi attributi del prodotto (identificati
nella fase di indagine qualitativa) ponderata con le rispettive percezioni di performance. Per
determinare il prezzo si applica una semplice proporzione: il valore atteso del prodotto a sta al
prezzo del prodotto a come il valore del prodotto b sta al prezzo del prodotto b. Poi si esplicita il
prezzo del prodotto a che voglio calcolare e ottengo:
P (a) = V(a) P(b)/ V(b)
Questo valore non rappresenta il prezzo effettivamente praticabile, ma solo il c.d. prezzo di
indifferenza. Il prezzo da praticare, pertanto, dovrebbe essere un valore inferiore rispetto a quello
che emerge dalla misurazione alla Fishbein, in un intervallo compreso tra il prezzo del competitore
e quello di indifferenza.
La conjoint analysis è una tecnica di valutazione del valore percepito del cliente che viene calcolata
seguendo un procedimento logico diverso da quelli analizzati precedentemente. Nel modello à la
Fishbein si parte dalla valutazione delle singoli caratteristiche che il consumatore da dei singoli
elementi per giungere attraverso il calcolo ponderato a determinare il valore del prodotto nel suo
complesso, si va dal particolare al generare. Il procedimento della conjoint analysis è esattamente
l’opposto perché in questo caso si parte dalla valutazione nel suo complesso del prodotto, per poi
valutare la rilevanza dei singoli attributi.
Tecnica à la Fishbein
Importanza delle singole caratteristiche
Valutazione del prodotto nel suo complesso
COMPOSIZIONE
Conjoint analysis
Valutazione del prodotto nel suo complesso
Importanza delle singole caratteristiche
SCOMPOSIZIONE
La conjoint analysis è una tecnica di analisi multivariata,si basa sulla costruzione di prodotti
alternativi simulati, prodotti che vengono composti sulla base di ipotetiche caratteristiche che il
prodotto può possedere, poi viene chiesto al consumatore di esprimere un giudizio sul prodotto
nel suo complesso.
Con la conjoint analysis, quindi, si ipotizzano prodotti alternativi, con caratteristiche diverse, e
viene chiesto al consumatore quali preferisce tra queste alternative riguardo alle singole
caratteristiche. Il consumatore inizialmente esprime giudizi sui prodotto alternativi simulati e non
sui singoli attributi. Tuttavia, prima di analizzare le singole fasi, dobbiamo effettuare delle
precisazioni terminologiche:




Attributi, caratteristiche del prodotto, es. prezzo dimensione ecc.
Livelli, valori che può assumere l’attributo, es. in riferimento alla dimensione i livelli sono
grande piccolo o medio
Concept, profilo costituito dalla combinazione dei differenti attributi
Cartellino o card, scheda che presenta un concept
L’analisi congiunta (secondo la tecnica full profile) prevede lo svolgimento delle seguenti fasi:
1. Identificazione dei benefici, degli attributi e dei livelli di prestazione. si deve cercare di
capire quali sono i benefici che il consumatore ricerca in un certo prodotto e in relazione ai
benefici quali possono essere gli attributi più importanti per il consumatore. Per
identificare questo primo aspetto: i benefici, si utilizza quella che è la c.d. catena mezzi-fini
che è una struttura concettuale, un ragionamento in cui si cerca di capire quali sono gli
elementi che legano il prodotto costituito da una serie di attributi e il consumatore inteso
come portatore di valori. Il prodotto possiede degli attributi che dovrebbero andare a
soddisfare i benefici ricercati dal consumatore, benefici che a loro volta scaturiscono da
valori che il consumatore possiede. ATTRIBUTI -> BENEFICI -> VALORI
2. Combinazione dei livelli e selezione dei prodotti simulati da sottoporre a valutazione.
Configurazioni di prodotto ipotetiche (definite anche card) individuate dalla combinazione
dei livelli degli attributi precedentemente selezionati.
3. Rilevazione delle preferenze o delle priorità di scelta relative alle alternative di offerta. In
questa fase si raccolgono i giudizi di preferenza dei clienti in riferimento alle card di
prodotto che gli sono state presentate. Il processo consigliato è quello del full profile
conjoint, attraverso cui si chiede all’intervistato di suddividere le card in tre gruppi di
preferenze, e poi si raccolgono le valutazioni attraverso una scala ad ancoraggio semantico,
almeno pari ad 1-7.
4. Misurazione del contributo di ciascun livello di prestazione alla formazione del valore
globalmente percepito nel prodotto. Si tratta di sviluppare un sistema di regressioni
multiple; occorre, quindi, determinare per ogni attributo il peso di ciascun livello,
attraverso la ricodificazione della classificazione precedente, per fa si che alle card
maggiormente preferite corrispondano valori numerici maggiori, e poi si procede al calcolo
dell’utilità parziali come differenza del valore medio. Le utilità parziali rappresentano il
peso assegnato dal cliente a ciascun livello degli attributi nel processo di scelta. Più il ∆ , fra
il livello più elevato e il livello meno elevato, è maggiore, più il livello è importante per il
consumatore.
5. Misurazione dell’importanza relativa di ciascuna attributo. Questo coefficiente è dato
rapportando lo scarto di utilità parziale dei livelli massimo e minimo relativi a tale attributo
al totale degli scarti di utilità.
6. Misurazione del valore monetario dell’utilità. Il valore monetario dell’utilità unitaria si
calcola come rapporto tra lo scarto dei livelli di prezzo massimo e minimo e le relative
utilità.
LA GESTIONE DEL PREZZO
Le imprese nei contesti competitivi attuali giocano molto, possono competere sul mercato
attraverso due strategie:


Price competition, le imprese adottano strategie che competono sul prezzo, così si
vengono a creare delle c.d. guerre di prezzo
No price competition, manovre non di prezzo, che tendono ad evitare strategie di puro
confronto di prezzo
Le manovre di segnalazione fanno parte delle strategie di no price competition, esse sono:



Le scelte di everyday low pricing, che si caratterizzano per una costante offerta di prodotti
di uso quotidiano e a basso costo.La qualità ovviamente non è delle migliori, ma sono
prodotti accessibile a tutti.
L’utilizzo delle price matching guarantees offerte al cliente. Quando un’impresa esercita
una politica di questo tipo garantisce ai propri clienti che, qualora questi ultimi fossero in
grado di trovare un’altra impresa concorrente, offerente lo stesso prodotto ad un prezzo
più basso, verrebbe rimborsata la differenza esistente tra il prezzo corrente ed il prezzo più
basso riscontrato sul mercato.
La segnalazione della struttura dei propri costi, fa riferimento ad alcuni attributi del
prodotto che attribuiscono al prodotto un prezzo più elevato (es. parmigiano reggiano).
Le manovre tipiche in una guerra di prezzo, le c.d. manovre di price competition, sono:




Bundling/unbundiling
Discriminazione e differenziazione del prezzo; si basano sul fatto che i consumatori non
sono tutti uguali, nel senso che ciascuno ha una differente capacità reddituale, una
differente disponibilità, una diversa propensione a pagare per un certo prodotto. La
strategia connessa alla discriminazione fa leva sulla differente percezione dei clienti.
Promozioni di prezzo e sconti quantità
Fighting brands; brand che vengono creati dalle imprese per combattere la concorrenza di
prezzo.
Nell’ambito della gestione del prezzo assumono rilevanza prioritaria i temi della discriminazione
del prezzo, dello sconto e del prezzo promozionale, del price bundling e unbundling, del prezzo di
penetrazione e di scrematura.
LA DISCRIMINAZIONE DEL PREZZO
Si ha discriminazione del prezzo quando uno stesso prodotto o servizio viene venduto da una
stessa impresa a differenti livelli di prezzo. la discriminazione del prezzo, però, richiede un corretto
management della discriminazione; infatti, i mercati discriminati non devono possedere
caratteristiche di sovrapposizione, se no vi è il rischio di arbitraggi. Se non ricorrono le condizioni
per mantenere separata la domanda ci deve essere da parte dell’impresa una totale trasparenza
nella comunicazione della discriminazione del prezzo (es. tariffe family e business). Esistono
differenti tipologie di differenziali di prezzo:



Differenziali verticali. Si manifestano quando vengono praticati prezzi discriminati nelle
differenti fasi della filiera di commercializzazione di un prodotto (es. il prezzo di acquisto
sul sito dell’impresa è diverso da quello presso il distributore).
Differenziali geografici. Si manifestano quando vengono praticati prezzi discriminati in
funzione della localizzazione geografica, generalmente in relazione ai costi di trasporto.
Differenziali temporali. Si manifestano quando vengono praticati prezzi discriminati in
relazione a differenti condizioni di pagamento connesse con il tempo o a differenti periodi
temporali (es. prezzi di alta e bassa stagione).
Per quanto riguarda la politica degli sconti, esistono differenti tipologie di sconti:





Sconti funzionali. Es. quando si ritirano le merci direttamente al magazzino
Sconti per quantità
Sconti stagionali
Sconti promozionali
Abbuoni, riduzioni di prezzo ex post, dopo l’acquisto
IL PRICE BUNDLING E UNBUNDLING
Il price bundling consiste nella costruzione di un “pacchetto”di prodotti offerti al cliente e venduti
ad un unico prezzo. esistono due possibili tipologie di bundling:


Puro, o rigido, che prevede la vendita di due o più prodotti ad un unico prezzo, senza che
ne sia possibile l’acquisto singolarmente
Misto, o opzionale, per il quale è previsto l’acquisto combinato, ma è possibile l’acquisto
separato dei prodotti oggetto di bundle
Il price unbundling consiste nel frammentare l’offerta permettendo al cliente di “auto costruirsi” il
prodotto (es. Computer).
PREZZO DI SCREMATURA E PREZZO DI PENETRAZIONE
Le strategie più diffuse nel caso del lancio di un nuovo prodotto sono il prezzo di scrematura e il
prezzo di penetrazione.
La strategia del prezzo di penetrazione prevede la determinazione, per il nuovo prodotto, di un
prezzo molto basso. La motivazione principale è quella di ottenere, in breve tempo, ampi volumi.
Tale strategie viene prevista per quelle tipologie di prodotti in cui il tempo di imitazione è rapido.
La strategie del prezzo di scrematura prevede, invece, la determinazione di un prezzo iniziale
molto elevato. Viene prevista per le tipologie di prodotto difficilmente imitabile e percepito come
unico da parte del cliente.
LA COMUNICAZIONE AZIENDALE: CONCETTI INTRODUTTIVI
COMUNICARE VS INFORMARE
La comunicazione aziendale fa parte dei processi operativi (che attengono alla gestione della value
proposition, del prezzo e della comunicazione). Generalmente si ritiene che nel processo di
comunicazione avvenga il semplice trasferimento di un messaggio già dotato di determinati
significati. Tuttavia, è opportuno fare subito una distinzione fra comunicazione e informazione,
nonostante nel loro significato generico vengano utilizzati come sinonimi. L’informazione è
rappresentata dal trasferimento di un messaggio da un emittente ad un ricevente. Ha come unico
obbiettivo quello di modificare il livello di conoscenza del destinatario (es. telegiornale). Si tratta di
un processo ad una linea, cioè dall’emittente al destinatario. La comunicazione è qualcosa di
diverso, si coglie il vero significato del termine andando ad individuare l’etimologia del verbo
comunicare che significa “mettere in comune” qualche cosa. Con la comunicazione si vuole
condividere qualche cosa, condividere non significa essere d’accordo, ma significa mettere in
comune un certo pensiero. Si comunica per mezzo di un processo bidirezionale, che va
dall’emittente al destinatario ma che importa anche un feedback, un processo di retrazione dal
destinatario all’emittente. Con il processo comunicativo, quindi, non si ha un semplice
trasferimento delle informazioni, ma si ha un processo di condivisione. Informare = trasferire.
Processo ad 1 via; Comunicare = condividere, mettere in comune. Processo a 2 vie.
IL PROCESSO DI COMUNICAZIONE
Il processo comunicativo è circolare e coinvolge numerosi elementi:
1. La fonte emittente, è la persona o la struttura da cui ha origine la comunicazione, soggetto
che vuole condividere con un altro il proprio pensiero.
2. La codifica, è il processo attraverso il quale un determinato pensiero viene trasformata in
simboli, immagini, suoni, forme, e linguaggi, cioè in un messaggio comprensibile per il
ricevente. È il passaggio dal pensiero al messaggio.
3. Il messaggio, è l’insieme di segni che la fonte trasmette. È strettamente legato alla fase
della codifica, poiché è la concretizzazione del pensiero. Il messaggio può essere analizzato
considerando due aspetti:
 Il contenuto (cosa dire), si deve tenere conto di due profili:
o Quantitativo, il messaggio inviato deve avere un contenuto più o meno
ampio; alle volte quando si hanno troppe notizie troppe informazione, il
rischio è quello di confondersi, il rischio è rappresentato dalla ridondanza
informativa, cioè un overdose di notizie che alla fine rendono quel soggetto
incapace di comprendere il pensiero originario.
o Qualitativo, sotto il profilo qualitativo si adottano due approcci
comunicativi:
 Unidirezionale, un approccio con il quale si forniscono informazioni
solo di tipo positivo (es. gran parte delle pubblicità in tv hanno un
approccio unidirezionale, forniscono solo informazioni positive
relative al prodotto).


Bidirezionale, un approccio nel quale si forniscono elementi positivi e
negativi.
La struttura (come dirlo), riguarda le modalità attraverso le quali si realizza il
messaggio. Esso è costituito da un insieme di segni che possono distinguersi in due
tipologie:
o Artificiali, sono le parole che utilizziamo nel linguaggio, le note musicali;
sono frutto di convenzioni.
o Naturali, sono quelli in cui non vi è dubbia interpretazione. Es. l’impronta di
un animale.
Si dice che il segno è qualcosa che sta per qualcos’altro. Se noi pensiamo ad una
parola ( casa), è un segno che sta per qualcos’altro ( quell’abitazione in cui
viviamo). Nel segno distinguiamo due elementi fondamentali:
o Significato, è il concetto mentale.
o Significante, è la forma espressiva.
Prendiamo come esempio la parola cane, la forma espressiva è c-a-n-e; cui
sottende un concetto: animale a 4 zampe, amico dell’uomo.
Le relazione tra significato e significante possono essere invarianti, e in questo
caso si parla di denotazione, quando non vi sono dubbi tra significante e
significato; ma si possono avere anche delle connotazioni, che si hanno quando a
quel si legano ulteriori significati. La comprensione dei segni è rasa possibile dai
codici, che sono insieme di norme che regolano il rapporto tra significato e
significante. Se emittente e ricevente non utilizzano lo stesso codice non possono
comunicare. Tuttavia, l’utilizzo dello stesso codice è una condizione necessaria
per la comprensione ma non è sufficiente; poiché si deve tenere conto anche del
contesto in cui tale messaggio viene espresso.
4. Il canale, è il mezzo utilizzato per far si che il messaggio giunga al destinatario. es. telefono,
internet, aria.
5. La decodifica, è la fase attraverso cui il destinatario, dopo aver recepito il messaggio per
mezzo dei sensi, trasforma le parole in pensiero. Processo inverso a quello di codifica.
6. Il destinatario ricevente, è il destinatario del messaggio, il soggetto con il quale l’emittente
vuole condividere il proprio pensiero. Quando il messaggio arriva al ricevente si conclude la
prima parte del processo di comunicazione. La comunicazione tra emittente e ricevente
può essere:
 One to one, uno ad uno
 Uno a molti (es. professore-studenti)
 Molti ad uno, anche se più difficile
7. Il feedback (o retroazione), poiché la comunicazione è un processo circolare, essa non si
esaurisce nella trasmissione di un messaggio, ma richiede una risposta da parte del
destinatario ricevente. Il feedback è, quindi, la risposta che il ricevente, dopo essere stato
esposto al messaggio, rimanda alla fonte.
8. Il contesto, è l’ambiente nel quale il messaggio viene veicolato, all’interno del quale si
possono verificare i c.d. rumori, elementi distorsivi che determinano la perdita di tutto o
parte del messaggio. Responsabili delle distorsioni possono essere:
 Emittente, es. disturbi di pronuncia
 Ricevente, es. disturbi di ascolto
 Canale, es. disturbi telefonici
 Contesto, es. disturbi ambientali
LA COMUNICAZIONE D’IMPRESA
Emittente e ricevente possono essere persone fisiche o organizzazioni o animali. L’attività di
comunicazione è svolta da tutte le organizzazioni (profit e no-profit). Si parla di comunicazione
d’impresa quando l’attività comunicativa viene svolta dalle imprese, cioè dalle organizzazioni for
profit. La comunicazione d’impresa sta diventando un attività sempre più rilevante. Poiché
l’impresa nel suo normale operare entra in relazione con molti stakeholders, e l’attività
comunicativa si occupa di gestire le relazioni con questi pubblici di riferimento; al fine di ottenere
credibilità, fiducia, di essere sempre più rispondente alle attese dei suo interlocutori, di migliorare
la propria immagine e quindi, di ottenere il consenso degli stakeholders, soggetti fondamentali per
l’esercizio dell’attività d’impresa.
La comunicazione aziendale comprende due aree: l’area della comunicazione esterna e quella
della comunicazione interna. La distinzione fra comunicazione interna ed esterna si basa
esclusivamente sulla collocazione dei pubblici di riferimento. Es. la comunicazione interna è rivolta
ai lavoratori; mentre la comunicazione esterna è rivolta ai clienti. Spesso vi è una forma di
sovrapposizione tra comunicazione interna ed esterna, perché a volte vi sono degli interlocutori
ibridi. Alle volte certi soggetti possono assumere duplice veste, possono essere finanziatori e
clienti ad esempio. Questa distinzione tra comunicazione interna ed esterna può generare
confusione per la collocazione del pubblico. Proprio per questo, questa classificazione è stata
superata a favore di un’altra un po’ più dettagliata in cui si distinguono 4 aree di comunicazione:




Istituzionale, l’impresa, comunicando alla generalità dei pubblici la sua missione e la sua
identità, mira ad ottenere credibilità strategica.
Economico – finanziaria, ha l’obbiettivo di migliorare le relazioni con i portatori di risorse,
evidenzia gli aspetti patrimoniali, reddituali e finanziari dell’impresa. Es. è rivolta ai
finanziatori.
Commerciale, ha l’obbiettivo di migliorare le relazioni con il mercato dei clienti finali e
intermedi, evidenzia il valore dell’offerta aziendale, nonché la sua capacità di soddisfare i
bisogni della domanda
Gestionale, è rivolta a tutte quelle attività che hanno l’obbiettivo di assicurare il corretto
svolgimento dell’attività gestionale dell’impresa.
Generalmente ciascun tipo di comunicazione ricade sotto la responsabilità gestionale di un’area
funzionale diversa. Infatti, la comunicazione economico finanziaria viene gestita dall’area finanza;
la commerciale dall’area marketing; quella istituzionale dalla direzione, cioè dai vertici
dell’impresa; e, quella gestionale dalla funzione organizzazione e personale.
Tuttavia, l’ampliarsi degli stakeholders con cui relazionarsi, genera all’interno delle imprese un
contrasto tra specializzazione del messaggio e del canale, e integrazione della comunicazione.
(SPECIALIZZAZIONE VS. INTEGRAZIONE). Le ragioni della specializzazione sono riconducibili alla:
 Eterogeneità dei destinatari, soggetti che hanno un livello di comprensione diverso, hanno
dei codici differenti nella lettura dei messaggi che a loro vengono inviati.
 Eterogeneità degli strumenti, alcuni strumenti si prestano a certi tipi di comunicazione altri
strumenti ad altri tipi; es. televisione, giornale, bilancio d’esercizio.
 Elevata specializzazione fornitori
Le ragioni dell’integrazione, cioè le ragioni dell’ l’integrated marketing communication, sono
rivolte ad:
 Evitare messaggi contrastanti, si pone il rischio di inviare messaggi contrastanti. Es. alle
volte il cliente è contemporaneamente finanziatore e lavoratore, se si utilizzano dei canali
di comunicazione specializzate a questo soggetto potrebbero giungere dei messaggi che
contrastano l’uno con l’altro.
 Realizzare economie, accentrare la comunicazione consente di ottenere un risparmio dei
costi al’interno dell’organizzazione.
 Sfruttare le sinergie
Quest’idea della comunicazione integrata è quella attualmente prevalente, la specializzazione è
stata superata nel rispetto dell’idea di specializzazione, si vogliono integrare le varie forme di
comunicazione tenendo conto dell’esistenza di canali specialistici. La tendenza è quella di
integrare ma cercando di non disconoscere la specializzazione.
CAPITOLO OTTAVO
LE POLITICHE DI COMUNICAZIONE: LA PUBBLICITA’
IL PROCESSO DI PIANIFICAZIONE (IMC PLAN)
Precedentemente siamo arrivati alla conclusione che l’idea attualmente prevalente è quella che
riguarda la comunicazione integrata di marketing, che si sostanzia attraverso l’Integrated
Marketing Communication Plan. Il punto di partenza del Imc Plan è la definizione dell’oggetto della
campagna, da esso poi discendono gli obbiettivi della campagna, il budget, l’Imc strategy,
l’implementazione e il controllo dei risultati. Tutti gli stadi del Imc Plan hanno una loro sequenza
logica, e si condizionano reciprocamente. Abbiamo detto che il punto di partenza, lo starting point,
del Imc Plan è L’OGGETTO DELLA CAMPAGNA, in questo stadio si tratta di definire ciò su cui si focalizza la
comunicazione e per cui si intende promuovere la campagna di Imc, che può essere rappresentato
da:



Prodotto/servizio
Brand
Corporate (impresa)
Dopo aver stabilito l’oggetto è necessario stabilire quali sono gli OBBIETTIVI DELLA CAMPAGNA. Per
poter definire gli obbiettivi si deve rispondere a due interrogativi: Who e What? Grazie al
targeting, individuiamo nel target group il destinatario del Imc, evitando sprechi, poiché i messaggi
vengono indirizzati nel modo più preciso. Relativamente al secondo interrogativo, l’impresa si
pone il problema su cosa rivelare al destinatario; l’impresa, infatti, a seconda degli obbiettivi che si
pone può incidere:



sulla conoscenza dell’esistenza del prodotto e delle sue caratteristiche, fornendo
informazioni e fatti
sullo sviluppo di atteggiamenti favorevoli, influendo sugli atteggiamenti e le percezioni
sull’intenzione e la propensione all’ acquisto, stimolando il desiderio di acquisto
Il problema è proprio quello di individuare quale tra questi effetti si intende perseguire. Altro
aspetto della campagna da definire dopo gli obbiettivi è il BUDGET; esso risponde all’interrogativo
How much? In questo stadio dell’Imc Plan l’impresa deve stabilire quanto investire nella
campagna: poiché investire troppo poco non potrebbe consentire di raggiungere i potenziali
obbiettivi di vendita e di conseguenza di profitto, ma investire troppo vorrebbe dire affrontare
costi e investimenti non strettamente necessari che tenderebbero a ridurre il profitto. Per la
definizione del budget si possono impiegare:

Modelli di natura economica, il più noto è senza dubbio il “sales responde model”, che
prevede la rappresentazione di una curva ad “s” che si può ottenere rapportando gli
investimenti nella comunicazione sia alle vendite che ai contributi. Rapportando su un
sistema di assi cartesiani gli investimenti nella comunicazione con le vendite otteniamo
una curva che prima è quasi parallela all’asse delle ascisse poi aumenta, fino a che non
arriva ad un livello in cui rimane costante. Nella prima parte del grafico la curva non cresce
perché l’investimento in comunicazione è troppo basso, quindi non determina un aumento
delle vendite; poi la curva è quasi costante perché arriva ad un livello di saturazione. Il
problema è stabilire un budget che sia all’interno di questi limiti, cioè un budget che superi
quella soglia minima ma che non vada oltre il livello di saturazione, perché non si
determinano effetti convenienti. Rapportando, invece, gli investimenti nella
comunicazione con il contributo notiamo che la curva prima tende a decrescere, poi
aumenta e poi di nuovo diminuisce. Questa curva tende nella prima parte a diminuire
perché l’impresa deve cercare di effettuare un certo numero di comunicazione perché si
abbia un significativo ritorno economico; nella prima parte, quindi, il bilancio tra costi e
ricavi significativi tende a diminuire. Poi man mano che aumentano gli investimenti,
aumentano i profitti che l’impresa riesce a realizzare; fino ad un livello di spesa massima, è
vero che le vendite continuano ad aumentare ma aumentano ad un tasso sempre più
modesto ciò significa che all’impresa non conviene più investire, per questo si stabilisce un

livello di spesa massima. È nel range tra spesa minima e massima che deve posizionarsi
l’investimento in comunicazione.
Modelli di natura manageriale, secondo cui il budget viene fissato secondo modalità
diverse:
o Metodo della percentuale sulle vendite, secondo cui l’impresa stabilisce che
l’investimento in comunicazione deve essere pari ad una percentuale delle vendite
dell’anno precedente.
o Metodo degli obbiettivi da raggiungere, secondo cui l’impresa stabilisce
l’investimento in comunicazione in relazione all’entità di vendite che si vogliono
registrare nell’anno successivo.
o Metodo dell’importo disponibile, è un procedimento residuale, secondo cui
l’impresa prima copre tutti i costi aziendali, quello che rimane viene, poi, destinato
alla comunicazione.
o Metodo della parità competitiva, metodo abbastanza intuitivo, secondo cui
l’impresa effettua un livello di investimenti in comunicazione pari a quello
effettuato dalla concorrenza.
Tutti i procedimenti hanno pro e contro. Il pro del metodo della percentuale sulle vendite è che si
stabilisce l’importo dell’ investimento su dati precedenti, quindi, certi, però l’inconveniente è che
non tiene conto che la situazione si può anche migliorare. Il metodo degli obbiettivi da raggiungere
ha come inconveniente che si basa su dati aleatori. Altro procedimento è quello dell’importo
disponibile, che magari può essere più realistico perché assicura la copertura dei costi aziendali,
ma non tiene conto della concorrenza né degli obbiettivi che si vogliono raggiungere, quindi se
l’impresa è inefficiente destinerà molto poco alla comunicazione, mentre sappiamo che si più
investe maggiori sono i risultati. Il Metodo della parità competitiva guarda alle altre imprese non
focalizzandosi su se stessa, si fa una specie di inseguimento della concorrenza.
Successivamente alla definizione del budget è importante stabilire l’IMC STRATEGY, a tal proposito si
deve rispondere a due interrogativi: How e Where? Si tratta di definire come andare a costruire il
messaggio e dove, cioè quali strumenti comunicativi si vogliono impiegare. Per comunicare non
esiste solo la pubblicità, ma tantissimi altri mezzi comunicativi, perciò in questo stadio si cerca di
definire in che modo si vuole comunicare e quali strumenti utilizzare. L’IMPLEMENTAZIONE
rappresenta, invece, il momento operativo di effettiva messa in onda della strategia Imc definita.
Si richiede, poi, che vengano valutati i risultati attraverso l’ultima fase che riguarda il CONTROLLO DEI
RISULTATI e che risponde alla domanda How effective?
LA PUBBLICITA’
Il termine pubblicità nella lingua italiana, deriva da “pubblico” ed assume il significato di “rendere
noto” ciò che fino a quel momento non lo era; il corrispondente termine inglese “advertising”
deriva da “to advertise” = avvertire, privilegia il processo di natura commerciale finalizzato al
raggiungimento del destinatario del messaggio; mentre il suo corrispettivo nella lingua francese
“rèclame” = richiamo mette in evidenza l’aspetto di richiamo ad un’azione insita nel messaggio. In
realtà, mettendo insieme i tre significati è possibile raggiungere la seguente definizione di
pubblicità: “La pubblicità viene definita come la presentazione di un prodotto fatta da una fonte
ben identificata (o identificabile in tempi brevi) attraverso un canale non personale la cui
utilizzazione comporta il pagamento di un prezzo”. Possiamo, quindi, dire che perché si possa
parlare di pubblicità è necessario che ricorrano dei requisiti:
o La fonte deve essere identificata, o identificabile in tempi brevi, perché il destinatario del
messaggio deve capire chi sta pubblicizzando il prodotto.
o Il messaggio deve essere veicolato da un canale non personale, come ad es. la radio o la tv.
Non è considerata pubblicità ad esempio quella che compie un dipendente nel parlare
bene dell’impresa in cui opera.
o L’utilizzo del canale comporta il pagamento di un prezzo. È proprio su questo requisito che
si fonda la differenza tra pubblicità e sponsorizzazione.
Vi sono numerosi criteri che classificano la pubblicità in relazione a:
o Tempo: campagne annuali, estive, primaverili, autunnali, invernali ecc.
o Raggio d’azione: Local advertising vs International/Global advertising (es. Rtp vs Rai)
o Pubblico: Consumer advertising (rivolta ai consumatori finali) Trade advertising (rivolta agli
intermediari)
o Mezzi impiegati: campagna stampa, campagna televisiva o campagna multimediale
o Entità/Fonte su cui può potenzialmente ricadere il vantaggio dell’impiego di tale forma di
comunicazione; l’entità può quindi essere rappresentata da:
o L’azienda, ci si riferisce alla pubblicità istituzionale (corporate advertising) ha
l’obbiettivo di creare un’immagine favorevole dell’impresa e si pone a cavallo fra la
comunicazione commerciale e quella istituzionale.
o La marca, o una linea di prodotti di una certa marca (brand advertising)
o Il prodotto, ci si riferisce alla pubblicità di prodotto, che ha come l’obiettivo di
aumentare le vendite di un prodotto
o Un’associazione o un consorzio di produttori, ci si riferisce alla pubblicità collettiva
o Lo sforzo congiunto di più aziende o marche appartenenti a settori diversi (coopadvertising)
LA PIANIFICAZIONE DELLA CAMPAGNA PUBBLICITARIA
La pubblicità è un attività che generalmente viene dedicata all’esterno; infatti, la creazione del
messaggio viene generalmente delegata ad un’agenzia di pubblicità. Un momento molto
importante all’interno del rapporto tra azienda inserzionista e agenzia di pubblicità e il c.d.
BRIEFING, incontro che si viene a realizzare tra l’azienda inserzionista e l’agenzia di pubblicità,
attraverso il quale si deve capire cosa l’impresa inserzionista vuole pubblicizzare a quale target
vuole rivolgerlo ecc. Oltre all’agenzia di pubblicità nel settore della pubblicità operano anche altri
soggetti:
o Le CONCESSIONARIE DI PUBBLICITÀ, sono strutture preposte alla commercializzazione degli spazi
pubblicitari; imprese che acquistano e vendono gli spazi pubblicitari.
o I MEDIA sono i soggetti attraverso i quali i messaggi vengono veicolati che vendono spazi
pubblicitari alla concessionaria che si occupa di ricollocarli sul mercato.
o Le AGENZIA MEDIA che predispongo dei pacchetti di spazi pubblicitari di concessionarie
diverse alla fine di poter assicurare la copertura desiderata da parte del cliente.
o Vi sono poi soggetti che svolgono attività di supporto: I FORNITORI DI SERVIZI. Gli istituti di
ricerca, gli stampatori, le case di produzione, ecc.
In genere un impresa che decide di fare pubblicità non invia un solo messaggio, ma attua una vera
e propria CAMPAGNA PUBBLICITARIA, che è rappresentata da una serie di messaggi dal contenuto
identico o simile che appaiono su uno o più media in un determinato periodo di tempo con
riferimento a un certo prodotto.
GLI OBBIETTIVI
La definizione degli obbiettivi da raggiungere è di fondamentale importanza per la comunicazione
pubblicitaria, proprio perché da essi discendono programmazione e controllo della campagna. È
necessario, quindi, evidenziare quali finalità possano essere specificatamente assegnate alla
pubblicità, sempre nel rispetto degli obbiettivi attribuiti all’Integrated Marketing Communication.
Solitamente si suole distinguere tra:
o Obbiettivi cognitivi, volti a far conoscere meglio il prodotto;
o Obbiettivi affettivi e attitudinali, che mirano a suscitare emozioni e creare preferenze e
atteggiamenti favorevoli verso il prodotto, la marca o l’azienda;
o Obbiettivi comportamentali, tendono ad accrescere la fedeltà del cliente, agiscono sul
comportamento e inducono all’acquisto e al riacquisto.
Più specificatamente la pubblicità assolve a tre ruoli fondamentali:
o Informare
o Persuadere
o Ricordare
LA STRATEGIA CREATIVA
La strategia creativa consiste nell’individuare le modalità migliori per realizzare il contenuto dei
messaggi pubblicitari. Negli ultimi anni ha acquistato rilevanza la ricerca di un impatto
comunicativo in grado di colpire l’emotività dell’acquirente agendo su qualità o prestigio della
marca o del prodotto e affidandosi alla forza espressiva delle immagini. Spesso, infatti, per attirare
l’attenzione dell’audience si ricorre a contenuti che esprimano fascino, eleganza ed esclusività. Ciò
porta a considerare come l’impatto dell’annuncio pubblicitario non dipenda solo da ciò che si dice
o si racconta al suo interno, ma da come lo si racconta. Nella realizzazione creativa di una
campagna pubblicitaria si deve partire, infatti, da una COPY STRATEGY, un documento che racchiude
la strategia creativa e che risponde a tre interrogativi: a chi comunicare? Che cosa comunicare?
Come comunicare?
La pubblicità può fare ricorso a particolari CHIAVI COMUNICATIVE, che vengono selezionate in funzione
di ciò che meglio si addice al concetto da esprimere e alla natura del prodotto o della marca. Tra
queste ricordiamo:
o Confronto con la gente comune: si ricorre alla gente comune perché più attendibile
o Testimonial: il ricorso a persone famose per attirare l’attenzione del pubblico. Rischi
derivanti dall’uso della tecnica del testimonial:
o L’invecchiamento del testimonial può determinare l’invecchiamento del prodotto
o L’eccessiva notorietà o personale del testimonial possono offuscare il prodotto
o Le vicende del testimonial possono incidere negativamente sul prodotto
o Humor – Ironia: (es. Rocco Siffredi per Amica Chips)
o Stili di vita; il messaggio sottostante è che l’utilizzo di quel prodotto riproduce lo stile di vita
evidenziato nella pubblicità
o Confronto: pone a confronto due prodotti non nominando il prodotto concorrente
o Pubblicità comparativa:
o Musicale: si ricorre a particolari motivi musicali (es. parmigiano reggiano)
L’impatto di un messaggio dipende, in gran parte, dalla sua forza nella sintesi, dalla capacità, cioè,
di comunicare in modo immediato una pluralità di contenuti. Ogni messaggio può essere articolato
secondo un’impostazione a più livelli, l’impiego coordinato di tutti i livelli rinforza e arricchisce
l’impatto del messaggio. I livelli sono cosi suddivisi:
o PROMISE, la promessa di base o il beneficio principale che la marca o il prodotto intende
mettere in luce (punto centrale del messaggio); può essere di carattere:
o Funzionale, connesso alle prestazioni dello stesso (es. Svelto)
o Merceologico, costituito da attributi concreti
o Valoriale, che si rifà a dei valori (es. Bmw)
o REASON WHY, (perché è), ha il compito di sostenere la promessa e renderla credibile
attraverso argomenti a sostegno dei benefici proposti (es. Svelto)
o SUPPORTING EVIDENCE, utilizzata per rinforzare l’attendibilità della promessa o della reason
why
o TONE OF VOICE, rappresenta le modalità di presentazione dei benefici e degli argomenti di
sostegno in termini di linguaggio, stile e atmosfera; esso può essere estremamente
variegato: scientifico serio scherzoso ecc.
Per quanto riguarda gli elementi che caratterizzano la struttura del messaggio sono:
o Layout, come il messaggio viene disposto e illustrato attraverso l’insieme di parole e
immagini armonizzate tra di loro e organizzate per richiamare l’attenzione del pubblico
o Head line, titolo, messaggio d’apertura
o Body copy, parte argomentativa che spiega e sviluppa ciò che è stato dichiarato nella head
line
o Packshot, immagine del prodotto
o Logotipo, nome dell’azienda
o Trademark, simbolo del marchio aziendale
o Pay off, frase conclusiva e riassuntiva del messaggio
Organizzazione di un testo visivo
o Organizzazione topologica (spazio)
o Organizzazione eidetica (forme e linee)
o Organizzazione cromatica (colori)
LA STRATEGIA MEDIA
Per media si intendono i mezzi attraverso i quali il messaggio pubblicitario è portato a conoscenza
del target prescelto. La MEDIA STRATEGY concerne quindi la scelta dei mezzi di comunicazione su cui
veicolare la campagna, in un’ottica di ottimizzazione dell’investimento dell’azienda utente. Tale
strategia discende direttamente da quella pubblicitaria e si sviluppa coerentemente con la
strategia creativa, essa prevede:
o La scelta dei mezzi: stampa, tv, radio ecc.
o Selezione dei veicoli: es. se stampa quotidiana, la decisione potrebbe riguardare la scelta
tra “la Repubblica”o “Il corriere della Sera”
o Definizione delle modalità di distribuzione temporale e spaziale dei messaggi, facendo
riferimento agli indicatori di copertura e frequenza
Relativamente alla media strategy si deve tenere conto di:
o
o
o
o
o
Audience, numero di soggetti esposti ad uno specifico media
Target audience, i soggetti che si vogliono raggiungere per mezzo della media strategy
Share of voice, obbiettivo della strategia, in stretta relazione con il budget
Territorialità,ambito territoriale entro cui il messaggio deve essere diffuso
Soluzioni di concentrazione o dispersione, cioè si deve individuare un valore compreso tra
questi due estremi
Tra i fattori che maggiormente influenzano le scelte della media strategy, alcuni hanno assunto un
ruolo significativo, divenendo in alcuni casi indicatori di valutazione di efficacia, essi sono:
o La COPERTURA NETTA (reach), rappresenta l’estensione della campagna, indica quante
persone del target sono state esposte almeno una volta al messaggio in un determinato
periodo di tempo; la copertura dipende dalla combinazione di mezzi e veicoli, si deve
scegliere, infatti, un media che assicura una copertura netta più elevata. È data dal
rapporto tra il numero degli individui raggiunti dal messaggio appartenenti al target e il
target del mercato.
o La FREQUENZA (opportunity to see), rappresenta l’intensità della campagna, indica il numero
di volte in cui una persona viene esposta al messaggio in uno specifico periodo di tempo; in
altre parole, indica quante occasioni di contatto con il messaggio, in media, ha raggiunto
ciascun individuo. È data dal rapporto tra tra il volume complessivo dei contatti sviluppati
ed il numero degli individui raggiunti.
o Il GROSS RATING POINT (Grp), misura la pressione pubblicitaria; è un parametro
convenzionalmente impiegato come indicatore di efficacia per valutare la capacità della
combinazione tra i mezzi pubblicitari di raggiungere il proprio target group. Esso
rappresenta la sintesi tra copertura e frequenza:
Copertura Netta (Reach) x Frequenza Media (O.T.S.)
Può accadere che ci si trovi a dovere selezionare un piano con il medesimo Grp,
ovviamente proveniente da una differente combinazione tra frequenza e copertura:
o Piano media A
o Piano media B
I due piano pur raggiungendo il medesimo Grp sono molto diversi fra loro, poiché in un
piano si privilegia la possibilità di raggiungere una più ampia percentuale di pubblico
(INFORMARE); mentre nel’altro è superiore la volontà di CONVINCERE.
Un altro momento di fondamentale importanza nella pianificazione pubblicitaria è la
DISTRIBUZIONE TEMPORALE DELL’INVESTIMENTO, che può avvenire nell’arco dell’anno o su tempi
molto brevi. Si può scegliere ad esempio una terapia d’urto attraverso una forte
concentrazione dei messaggi, oppure impiegare una distribuzione più diluita nel tempo,
con un sequenza che, può presentarsi costante o intermittente. La concentrazione verrà
prescelta per marche nuove che abbiano necessità di una rapida memorizzazione di nome,
tipologia di prodotto; mentre una distribuzione non accentrata e più diluita sarà perseguita
nell’intento di tenere vivo il ricordo di marca e prodotto.
IL CONTROLLO DEI RISULTATI
L’efficacia della pubblicità misura la capacità dell’impresa di raggiungere gli obbiettivi
prefissati, data dal rapporto tra risultati e obbiettivi di una certa campagna pubblicitaria. La
misurazione di questo valore è molto difficile, per una serie di motivi connessi alla difficile
attribuzione alla pubblicità del risultato ottenuto. Ciò evidenzia la difficoltà di raggiungere
misure globali di efficacia, avvalendosi, invece, di misure parziali di efficacia, ottenibili per
mezzo di due tipologie principali di stima:
o EFFETTO VENDITA, considera e misura l’eventuale aumento delle vendite provocato
dalla pubblicità; viene misurato l’effetto delle vendite della pubblicità in relazione al
volume delle vendite, al valore delle vendite e alla quota di mercato. L’effetto delle
vendite è spesso di difficile o impossibile misurazione, poiché è difficile imputare
esclusivamente alla campagna pubblicitaria l’incremento delle vendite, che possono
derivare da una serie di fattori concomitanti; e inoltre gli effetti delle variazioni
delle vendite generate dalla pubblicità non sempre sono immediate.
o EFFETTO COMUNICAZIONE, considera i risultati non in relazione all’aumento delle
vendite ma in termini di persone contattate; prende in considerazione:
o I singoli mezzi, la stima dell’effetto comunicazione tende a valutare il
numero delle persone che effettivamente sono state raggiunte dal
messaggio pubblicitario (contatto), si ottiene, quindi, un numero medio che
se confrontato con il costo affrontato per la campagna consente di
determinare il costo per contatto, indicatore di efficienza( rapporto tra costi
e ricavi, modo attraverso cui sono stati raggiunti i risultati); impiegato per
valutare l’efficienza di un mezzo rispetto ad un altro.
o Il singolo messaggio, si fa riferimento a ricerche pre-test e post-test
o L’intera campagna, si fa riferimento al grado di notorietà della marca e del
prodotto, anche se non possono essere imputabili alla pubblicità, ma
possono dipendere da altri fattori come ad esempio la riduzione di prezzo.
È opportuno, però, fare una riflessione: la pubblicità di massa sta entrando in crisi. Le cause di
questa crisi sono:





Affollamento dei messaggi; giornalmente, infatti, siamo colpiti da migliaia di spot e da altre
forme di comunicazione; ciò sta determinando una sorta di antipatia nei confronti della tv
perché ad esempio si utilizzano le tecniche dell’interruption marketing, si interrompe il film
o il programma per mandare in onda la pubblicità
Proliferazione dei media; ormai si comunica tramite telefonino, internet ecc;
Frammentazione dell’audience su diversi media; prima vi era un solo canale, e tutti gli
spettatori guardavano un solo canale, oggi ci sono moltissimi canali, per questo è molto più
difficile raggiungere un numero elevato di consumatori
Distrazione per multitasking; contemporaneamente il soggetto utilizza più media
contemporaneamente
Diffusione di tecniche ad skipping; tecniche per evitare la pubblicità
Proprio per questa crisi della pubblicità, occorre ricercare maggiormente l’attenzione del
destinatario del messaggio, attraverso:





Mimetizzazione; si mandano dei messaggi mimetizzati, nel senso che lo spettatore è colpito
ma senza rendersi conto che è pubblicità
Inevitabilità; alcune emittenti non interrompono lo spettacolo , ma reclamizzano inserendo
la pubblicità in basso
Da spettatori a protagonisti; es. siti dove si può partecipare alla creazione del messaggio
Viralità; messaggi che vengono trasferiti da individui ad individuo, es. perché fanno ridere
“abbandona la Coca”
Ricerca di nuovi canali; la possibilità di sfruttare nuovi media che prima non venivano
utilizzati
CAPITOLO DODICESIMO
LO SVILUPPO E IL LANCIO DEI NUOVI PRODOTTI
L’impresa ha la necessità di svolgere un’attività di innovazione, di realizzazione di nuovi prodotti,
perché i prodotti presto o tardi sono destinati a morire, ed è quindi necessario che essi vengano
continuamente innovati. Secondo qualche studioso le funzioni dell’impresa sono sostanzialmente
due la funzione di marketing e la funzione di ricerca e sviluppo, poichè tutte le imprese oltre a
occuparsi di vendere i prodotti devono anche sviluppare l’attività di innovazione. Essa viene svolta
dalla funzione di ricerca e sviluppo, una funzione aziendale deputata a creare innovazione, cioè a
creare qualcosa di nuovo, innovazione che può essere di tre tipi:



Innovazione di prodotto, un’impresa realizza un nuovo prodotto utilizzando gli stessi
processi produttivi o comunque utilizzando dei processi produttivi in cui vi è una modifica
quasi irrilevante
Innovazione di processo, facciamo riferimento al fatto che l’impresa continua a realizzare
gli stessi prodotti ma li ottiene con modalità, con processi produttivi differenti, che
evidentemente comportino dei risparmi di costo; consento di realizzare lo stesso prodotto
con costi meno onerosi, il risparmio non necessariamente si ricollega ai costi di produzione,
ma può essere ricollegato anche ad una minore onerosità dei costi di smaltimento ad
esempio
Innovazione di prodotto e di processo, si realizzano nuovi prodotti modificando i processi
produttivi
In questo tipo di analisi dobbiamo riporre la nostra attenzione su innovazioni, che la maggior parte
delle volte riguardano sia il prodotto in sé che il processo produttivo.
LA DOMANDA COME VETTORE DELL’INNOVAZIONE
La realizzazione di nuovi prodotti può essere sviluppata facendo riferimento a due vettori di
innovazioni, ossia due diverse modalità attraverso le quali si attiva il processo di innovazione; i
vettori di innovazione sono:


La SPINTA TECNOLOGICA o TECHNOLOGY PULL: secondo questo primo vettore i concept, ossia le
idee di prodotto nascono all’interno dell’impresa non su sollecitazione dell’ambiente
esterno, vengono spinti dalla tecnologia. Questi vettori danno vita prevalentemente a
prodotti più innovativi, perché se l’impresa aspetta sollecitazioni dai consumatori questi
non hanno conoscenze e competenze, mentre le innovazioni che vengono create e
realizzate all’interno delle imprese da persone specializzate sono realmente innovativi,
perché il personale tecnico ha maggiori competenze, guardano maggiormente al lungo
termine; se invece sono i consumatori a dare questi input, l’innovazione si realizzerà ma
sarà leggera.
La TRAZIONE DELLA DOMANDA o DEMAND PULL: secondo questo vettore,invece, l’innovazione
viene tirata dalla domanda, si dice che il demand pull è un innovazione che fa riferimento
al mondo economico-finanziario, al mondo degli investitori, cioè persone che hanno i mezzi
finanziari e allora cercano delle imprese nelle quali investire, imprese che possano creare
prodotti innovativi. Altri autori, invece, quando parlano di demand pull fanno riferimento
alla domanda di mercato, cioè alla domanda dei consumatori.
Sia il vettore di innovazione di technology push che quello di demand pull ignorano il mercato,
ignorano il consumatore; perché uno fa riferimento alla spinta tecnologica, l’altro fa riferimento a
sollecitazioni che vengono dal mondo economico-finanziario. Il concetto di mercato è, invece, un
importante vettore di creazione delle innovazioni. È opportuno analizzare una classificazione delle
innovazioni, che fa ricorso ad una matrice, che classifica i tipi di innovazione a seconda del grado di
novità per l’impresa e del grado di novità per il mercato. Vi sono quattro tipo di innovazioni
particolarmente rilevanti:




NEW TO THE WORLD: sono prodotti nuovi sia per il mercato che per l’impresa. Tali prodotti
hanno richiesto all’impresa un importante sforzo in termini di investimento e il mercato li
ha vissuti come prodotti completamente nuovi rispetto all’offerta presente sul mercato.
RISEGMENTAZIONI: sono prodotti nuovi per il mercato ma non per l’impresa; rappresentano
un’importante forma di innovazione, poiché permettono ad un determinato segmento di
consumatori di beneficiare per la prima volta di un nuovo prodotto. Tali innovazioni di
mercato che lo ri-segmentano, si riferiscono a strategie di imprese che ad esempio
estendono l’utilizzo di un loro prodotto a nuovi segmenti di mercato.
IMITAZIONI: prodotti nuovi per l’impresa ma non per il mercato.
RIDUZIONI DI COSTO: presentano innovazioni limitate; poiché si tratta di prodotti che già erano
conosciuti sia dall’impresa che dal mercato ma che magari presentano una riduzione di
costo rispetto a quelli già esistenti.
PROCESSO DI INNOVAZIONE
Lo sviluppo dell’innovazione viene tradizionalmente interpretato come un processo da svolgersi
seguendo un insieme di fasi; tra cui le più rilevanti sono:





La creazione delle idee, che può essere collegata a nuovi servizi a nuove esigenze
La selezione delle idee, in cui le idee create nella fase precdente vengono ridotte in un
numero limitato, sulla base dei principi di economicità, di accettazione da parte del
mercato, di fattibilità tecnologica e di efficienza economica-finanziaria del progetto
Lo sviluppo del prototipo, relativo alla creazione fisica del prototipo di prodotto e servizio
in modo da poter concretamente valutare la fattibilità tecnica ed economica, e quindi
testare l’indice di gradimento
Lo sviluppo del prodotto, relativo alla creazione definitiva del prodotto, per poter verificare
il suo successo potenziale in seguito al lancio sul mercato
Il lancio del prodotto sul mercato
Questo processo che conduce alla realizzazione del prodotto può essere sviluppato secondo due
approcci:


Stage-gate: è un approccio basato sulla razionalità. In base ad esso il processo innovativo
viene ripartito in una serie di fasi relative alle principali attività da svolgere per trasformare
un’idea innovativa in un prodotto finito. Presenta una struttura completamente
organizzata, costruita intorno ad una serie di fasi separate. Quest’approccio parte
dall’osservazione dell’ambiente esterno per cercare di capire le esigenze del consumatore,
poi effettua un’analisi aziendale, seleziona l’idea, sviluppa il prototipo, effettua un test di
mercato e poi commercializza. Secondo questo approccio vi è una tecnica di
concatenazione molto rigida, poiché ogni processo inizia meccanicamente quando quello
precedente termina.
Concurrent engineering: questo approccio mira ad attivare l’ambiente esterno, anziché
mettere in campo processi di adattamento e presenta un processo di parallelizzazione che
porta alla creazione di nuovi prodotti. Si tratta di un procedimento proattivo e non
adattivo, attraverso cui l’impresa è protagonista del cambiamento, non guarda
esclusivamente l’esigenza del mercato. Ogni fase non è rigida come nel processo
precedente, proprio per la parallelizzazione che determina un processo circolare.
LA GENERAZIONE E LO SVILUPPO DELL’IDEA DI PRODOTTO
Recentemente è modificato il ruolo del consumatore all’interno dei processi innovativi, da
soggetto passivo è divenuto attivo; il cliente non è più semplicemente destinatario
dell’innovazione, ma viene considerato come partners o addirittura come protagonista
dell’innovazione; si va a ricercare un rapporto con il consumatore che possa dare all’impresa delle
indicazioni dei suggerimenti. Questo fenomeno di coinvolgimento del consumatore nel processo di
innovazione prevede l’assorbimento della conoscenza del cliente. La conoscenza del cliente si
fonda su queste quattro dimensioni:




TIPO DI CONOSCENZA, funzionale o simbolica, il consumatore può avere delle aspettative di
bisogni e desideri che sono connessi alle caratteristiche tecniche del prodotto ma anche ad
aspetti simbolici
Il LIVELLO DI CODIFICAZIONE, che può essere tacita o esplicita, il consumatore può esprimere
quelle che sono le proprie preferenze e allora la codificazione è esplicita, oppure può
essere tacita, ovviamente se tacita è più difficoltoso per l’azienda riuscire ad individuarla
Il LIVELLO DI ANALISI, l’impresa può conoscere il consumatore nei suoi comportamenti di
acquisto e di consumo individuali o nelle relazioni che lui insatura con altri soggetti
Il LOCUS DELL’INNOVAZIONE, il luogo dove si svolge l’innovazione, a seconda che riguardi le
caratteristiche “core”, centrali, base del prodotto oppure che riguardano degli aspetti
periferici del prodotto che non attengono alla funzione primaria del prodotto
Queste quattro dimensioni vengono rappresentate su un sistema di assi cartesiani, dal quale si
evince che il problema è che molto spesso l’attività di innovazione tende nello studio della
conoscenza del consumatore a concentrarsi sugli aspetti core del prodotto, sulle caratteristiche
funzionali, su quello che è il consumo individuale della persona, su quelle che sono le esplicitazioni
dei suoi bisogni e dei desideri. Non si va invece a scavare in profondità cercando di capire qual è la
conoscenza tacita, cioè quanto non esprime il consumatore, quali sono i rapporti con il sociale,
qual è la dimensione simbolica del prodotto, o ancora agli elementi periferici del prodotto. Questa
rappresentazione ci indica che l’innovazione combinata con il consumatore non deve essere
circoscritta, ma sempre più deve svilupparsi lungo queste 4 direttrici. Per sviluppare questa
migliore conoscenza del consumatore si possono attuare delle tecniche di generazione della
conoscenza di tipo diverso, vengono prese in considerazione relativamente a quelle variabili che
prima abbiamo analizzato il locus della conoscenza e il livello di esplicitazione della conoscenza.
Attraverso una rappresentazione che prevede come variabili il locus della conoscenza e il livello di
esplicitazione della conoscenza vengono classificate quattro tecniche che prevedono la
generazione di nuove idee di prodotto:


REVERSE ENGINEERING: l’ingegneria al contrario, l’impresa cerca di innovare concentrandosi
non tanto sul cliente quanto sul prodotto, e il livello dell’esplicitazione della conoscenza è
elevato. L’impresa analizza i prodotti della concorrenza, non sta prendendo in
considerazione il cliente, sta prendendo in considerazione i prodotti che i consumatori
stanno apprezzando per cercare di capire perché il consumatore apprezza quelle
caratteristiche. Non si pone l’attenzione sul consumatore ma sui prodotti che il
consumatore ha apprezzato; proprio per questo l’esplicitazione è elevata.
CREATIVITY TEMPLATES: il locus è il prodotto, e il livello di esplicitazione del prodotto è basso. Si
fa un prodotto e si vede come rispondono i consumatori e poi si analizza quel prodotto.
Nella tecnica precedente si analizzavano prodotti della concorrenza che già erano stati
apprezzati dai consumatori, ci si concentrava su prodotti per i quali era esplicitata la
conoscenza dei consumatori. In questa tecnica il livello di esplicitazione è basso perché
l’impresa realizza questo prototipo per vedere come rispondono i consumatori.
LEAD USER TECHNIQUE ed EMPATHIC DESIGN: prevedono come locus della conoscenza il consumatore ed
un livello di esplicitazione piuttosto modesto. Sono delle tecniche diverse che vengono sviluppate
a seconda del tipo di mercato nel quale ci si trova ad operare: mercati b2b (impresa to impresa) o
b2c (mercati di consumo). I lead user sono gli utilizzatori del prodotto, coloro che già sono clienti
dell’impresa, che tipicamente già utilizzano il prodotto e sono in grado di dare dei suggerimenti su
come migliorarlo, sono quei soggetti dai quali l’impresa si attende un maggior contributo
all’innovazione, perché loro utilizzando il prodotto possono essere in grado di sviluppare nuovi
utilizzi di segnalare in maniera tecnica le problematiche che il prodotto presenta, non tutti gli
utilizzatori sono lead users; sono lead users soltanto quelli che presentano la capacità di fornire un
contributo. Si realizzano delle tecniche di coinvolgimento del consumatore o dell’utilizzatore nei
processi di creazione, ma non in maniera esplicita come possono fare i focus group, che sono
gruppi di utilizzatori o consumatori che vengono riuniti in una stanza e dove discutono sul
prodotto sui modi per migliorarlo, sulle loro esigenze, ed esplicitano la loro conoscenza in
occasione di questi incontri che potrebbero essere anche delle interviste in profondità, interviste
ad uno ad uno. Nel caso delle lead user technique e delle empathic design si cerca di acquisire la
conoscenza dei clienti in maniera indiretta facendo emergere cose che in realtà non vogliono dire
coinvolgendoli magari in progetti comuni di sviluppo. Ci si concentra sul cliente acquisendo le
informazioni in maniera indiretta, analizzando le loro tendenze di acquisto. Un esempio di queste
tecniche è rappresentato dai c.d. innomediari, sono tecniche attuate per riuscire a capire il
pensiero dei consumatori, senza fare delle interviste al FOCUS GROUP. Le imprese attraverso questi
innomediari riescono a capire cosa pensano i consumatori dei propri prodotti, quali sono i giudizi.
L’impresa quindi acquisisce la conoscenza in maniera indiretta, quindi, non facendo un intervista
diretta, ma guardando i rapporti che loro intrattengono con questi innomediari, che sono siti in cui
i consumatori si scambiano giudizi e pareri.
LO SVILUPPO E IL LANCIO DEL NUOVO PRODOTTO SUL MERCATO
Una volta realizzata l’idea occorre passare alle fasi successive: lo sviluppo e il lancio del prodotto.
Affinché lo sviluppo e il lancio siano efficaci si deve agire su due variabili:


Integrazione fra le funzioni; integrazione significa che le funzioni devono dialogare le une
con le altre
Collaborazione con i clienti
Un esempio di Quality function deployment (processo di integrazione di competenze e conoscenze
fra le varie aree funzionali) è “la casa della qualità” che impiega una matrice sui cui assi sono
indicati gli attributi richiesti dal cliente e le specifiche produttive per realizzarli. La casa della
qualità fornisce un criterio razionale per scegliere quali attributi sviluppare e con quale intensità
renderli presenti nella messa a punto di un’innovazione di prodotto o servizio.
IL LANCIO DEL NUOVO PRODOTTO: LA CENTALITA’ DELLA COLLABORAZIONE CON I CLIENTI
Per quel che concerne il lancio del nuovo prodotto sul mercato un aspetto centrale nella logica
dell’innovazione basata sulla collaborazione di mercato consiste nell’identificazione dei segmenti
di clientela a cui indirizzare l’offerta in prima battuta. È possibile segmentare la popolazione in
cinque cluster di riferimento:





Pionieri, il segmento che acquista la tecnologia in netto anticipo rispetto al mercato di
riferimento, grazie all’interesse che manifesta nei confronti del prodotto (tra il 5 e il 10%)
I primi adottanti, coloro che acquistano il prodotto in seguito ai pionieri ma comunque
prima del mercato di massa (tra il 10 e il 15%)
La maggioranza anticipatrice, il mercato di massa che viene investito per primo
dall’innovazione (tra il 30 e il 35%)
La maggioranza ritardataria (tra il 30 e il 35%)
Gli ultimi arrivati, rappresentano la coda della distribuzione normale del mercato (il
rimanente 15-20%)
Questi segmenti di clientela mostrano una differente attitudine verso la sperimentazione del
nuovo prodotto e devono essere oggetto di attenzioni differenziali da parte dell’impresa. L’abilità
di riuscire a colpire pionieri e primi adottanti può favorire una più veloce diffusione del prodotto
nel mercato; sembrano inoltre meno sensibili al prezzo poiché più attratti dalle caratteristiche
intrinseche dell’innovazione.
CAPITOLO TREDICESIMO
IL MARKETING DIGITALE
Internet è il mezzo di comunicazione che ha generato una rivoluzione tecnologica che ha investito
tutti i settori dell’economia. Il web non cambia il principio secondo il quale il cliente svolge un
ruolo centrale nell’orientamento strategico dell’azienda e l’impresa deve sviluppare una value pro
position strutturata intorno alla capacità di soddisfazione del cliente stesso. La rivoluzione riguarda
il sostanziale potenziamento delle tecnologie di informazione e comunicazione che divengono
essenziali per competere nel mondo virtuale. In passato le aziende erano abituate a costruire il
loro marketing intorno al prodotto, oggi lo devono ripensare intorno all’informazione, poiché è
l’informazione è più in generale la conoscenza, a garantire il sostenimento del vantaggio
competitivo in ambienti virtuali. A parità di principi di marketing, le modalità analitiche,
strategiche e operative, con cui viene concretamente realizzata l’azione di marketing, necessitano
di essere adattate alla nuova realtà introdotta dal web di prima e, oggi, seconda generazione (il
c.d. Web 2.0). mentre, infatti, la teoria di marketing si adatta bene agli ambienti virtuali, i modelli
di marketing management richiedono un adattamento per poter essere impiegati in contesti
digitali. Nel Web di prima generazione, la rete è prevalentemente un ambiente informativo e
necessita di una produzione sistematica di contenuti. Nel Web di seconda generazione, che fa
perno sul concetto di user generated content (ovvero il contenuto è prodotto direttamente dagli
utenti), alla dimensione informativa si viene ad affiancare quella relazionale; infatti, le opportunità
di collaborazione, tanto fra impresa e clienti, quanto fra gli stessi clienti, si moltiplicano. In sintesi,
fare marketing sul web richiede un adeguamento dei modelli di riferimento tipici del marketing
classico: la teoria rimane immutata, i modelli invece, devono essere sensibilmente adattati ai
nuovi contesti digitali.
LE PROPRIETA’ DELLA RETE CHE POTENZIANO I PROCESSI DI MARKETING
Le proprietà della rete sono:


Apertura e ubiquità: Internet è una rete aperta e ubiqua, che consente interazioni a costi
ridotti. Internet è una rete aperta nella quale tutti possono accedere e iscrivere contenuti;
e ubiqua nel senso che si può accedere da qualsiasi luogo. Contribuisce a ridurre qualsiasi
distanza, ed è un ambiente democratico dove tutti hanno accesso alle medesime
informazioni e possono portare il proprio contributo.
Flessibilità: questa proprietà riguarda una maggiore flessibilità dell’azione strategica e
operativa, con riferimento alla capacità di raccogliere informazioni dal mercato e alla
capacità di trasferire informazioni al mercato stesso. Grazie alla flessibilità Internet ha il
vantaggio di adattare i messaggi e i contenuti a soggetti differenti, mediante:
o Il tracking, che riguarda la tracciabilità, attraverso cui si riesce a vedere quali siti il
consumatore utilizza maggiormente
o Il profiling, attraverso cui si definisce il profilo del consumatore
Prima dell’avvento delle tecnologie di informazione e comunicazione, le imprese si
potevano porre l’obbiettivo strategico di colpire l’intero mercato attraverso un prodotto
standard venduto a prezzi accessibili (marketing di massa), oppure di raggiungere solo un
gruppo di clienti, un segmento, disposti a pagare prezzi più alti per un prodotto adatto ai
loro bisogni (marketing differenziato). La flessibilità propria delle tecnologie digitali
permette oggi di colpire l’intero mercato con un sistema di offerta particolarmente
differenziato al punto da giungere al singolo cliente, attraverso ad esempio le strategie di
customerization. Per cui le imprese, oggi, possono compiere delle opzioni strategiche sulla
base della flessibilità sia tecnologica sia di marketing; esse sono:



o Marketing tradizionale, presenta bassi livelli di differenziazione tecnologica
e di marketing
o Mass customization, presenta un elevata differenziazione tecnologica, ma
al contrario una limitata differenziazione di marketing. È quella che ad
esempio si verifica con i computer fissi componibili; è infatti possibile
realizzare grandi differenze tecnologiche tra un prodotto e un altro, ma dal
punto di vista del marketing i prodotti si presentano senza grandi differenze
o Customerization, presenta un elevata differenziazione sia dal punto di vista
tecnologico che di marketing; il cliente viene considerato come co-creatore
dell’offerta sviluppata dall’impresa sia in termini di innovazioni sia con
riferimento alle scelte di marketing
o Marketing one-to-one, presenta un elevata differenziazione di marketing,
ed una limitata differenziazione tecnologica. I prodotti sono abbastanza
simili dal punto di vista tecnologico, ma dal punto di vista del marketing
vengono adattati alle richieste dei consumatori
Velocità e durata: gli ambienti virtuali incrementano sensibilmente la velocità e la durata
del coinvolgimento del cliente; si possono, infatti, avere interazioni con la clientela in
tempo reale, e tali interazioni possono essere sempre più frequenti e durevoli.
Accesso a conoscenza distribuita: gli ambienti virtuali consentono di incrementare la
capacità dell’azienda di accedere alla dimensione sociale della conoscenza dei clienti; essi
facilitano i processi di condivisione della conoscenza, dal momento che l’informazione può
essere trasferita e condivisa in maniera più efficace ed efficiente.
Reversibilità e plasticità: sotto il profilo delle interazioni sviluppate con i consumatori i
clienti possono presentare diversi livelli di coinvolgimento nel tempo e in diverse occasioni.
È opportuno evidenziare, inoltre, che le proprietà degli ambienti virtuali potenziano i processi di
marketing lungo tre direttrici:


La direzione della comunicazione, poiché il dialogo a due vie aiuta l’azienda a raccogliere
una conoscenza sempre più approfondita sui clienti.
L’intensità e la ricchezza dell’interazione, che aumenta in virtù dell’opportunità di
raccogliere informazioni sempre più analitiche.

La grandezza e il raggio d’azione del pubblico raggiunto, che possono aumentare, poiché
l’azienda ha la possibilità di prendere parte in rete a interazioni mediate da terze parti
indipendenti, i c.d. innomediari.
In sintesi, mentre la conoscenza di consumo assorbita dall’impresa nei contesti tradizionali
attraverso le classiche ricerche di mercato è prevalentemente di tipo funzionale ed esplicito, di
fonte individuale e di limitata ampiezza; nei contesti virtuali l’impresa ha per la prima volta la
possibilità di accedere in maniera sistematica e su ampia scala anche ad una conoscenza di
consumo di tipo simbolico, di natura sociale, ad un livello di codificazione tacito e con un ampiezza
rilevante.
L’IMPATTO DELLA RETE SUL MARKETING CONCEPT E SUL MARKETING MANAGEMENT
L’ambiente virtuale prodotto dalla rete, non fa altro che alimentare la complessità strategica dei
processi competitivi e accresce ulteriormente l’idea secondo cui la customer satisfaction è al
centro dell’impresa.
Se, quindi, i principi di fondo del marketing non mutano nei contesti digitali, ma semplicemente si
potenziano, la stessa affermazione non si può sostenere nei confronti del marketing management
in rete rispetto ala marketing management tradizionale. Infatti, l’ampliamento e il potenziamento
degli elementi di marketing rendono necessario un aggiornamento degli strumenti che possono
impiegarsi per fare marketing management attraverso la rete. Gli strumenti utilizzati nel marketing
tradizionale sono quelli del marketing mix basati sulle quattro P; con l’avvento del nuovo
marketing centrato su interazioni con l’utente e condivisione di esperienza tra gli utenti, il
marketing mix si realizza attraverso le tre C: content (comunicazione impresa-utente), community
(comunicazione tra utenti) e commerce (che prevede le 4P).
Il cliente rimane l’epicentro della strategia dell’impresa, tuttavia, a differenza delle tecnologie
passate che non ne permettevano l’effettivo coinvolgimento nei processi di definizione
dell’offerta, il web consente al cliente stesso di cooperare con l’impresa e con altri clienti nella
messa a punto. Si è affermata sempre più una logica pull (tirata dal cliente) anziché push (spinta
dall’impresa). Mentre prima l’impresa produceva, il cliente consumava e il mercato era il luogo
dove avveniva lo scambio. Oggi, l’impresa e il cliente collaborano per co-creare valore e il mercato
è il luogo in cui co-creare il prodotto.
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
LE RICERCHE DI MERCATO
IL SISTEMA INFORMATIVO DI MARKETING
Le ricerche di mercato rappresentano il fondamento di qualsiasi decisione di marketing. Tuttavia,
tenuto conto degli investimenti che le ricerche di marketing comportano, è legittimo valutare se
sia sempre necessario svolgere una ricerca di marketing per assumere una decisione o se,
piuttosto, i problemi da risolvere possano essere gestiti in altro modo. Le ricerche di mercato
fanno parte dei processi di pianificazione e controllo e rappresentano dei sottosistemi del sistema
informativo di marketing. Un SISTEMA INFORMATIVO DI MARKETING è un insieme strutturato di individui,
macchine, e procedure utilizzato per generare un flusso ordinato di informazioni, raccolte da fonti
sia interne sia esterne all’impresa, e destinate ad essere utilizzate come basi delle decisioni nelle
specifiche aree di competenza del marketing. Il sistema informativo di marketing si suddivide in
più sub sistemi a seconda che le informazioni vengano acquisite all’interno dell’impresa o
dall’ambiente esterno; o ancora a seconda che si tratti di dati primari, che vengono raccolti per un
determinato obbiettivo conoscitivo, sono quindi rilevazioni ad hoc , o di dati secondari se sono
stati raccolti dall’impresa non per specifiche ricerche di mercato; i sub sistemi sono:




Sub sistema di rilevazione interna, si occupa della raccolta, conservazione e trattamento
dei dati necessari alla gestione aziendale. I dati a cui si fa riferimento sono quelli
provenienti dai sistemi di rilevazione aziendali (es. i dati di vendita o i risultati di un’azione
di direct marketing)
Sub sistema informativo di mercato, comprende i dati riguardanti il macro e il micro
ambiente; si tratta di dati secondari che provengono da fonti istituzionali o comunque da
fonti esterne all’impresa
Sub sistema di ricerca di mercato, quando le ricerche vengono commissionate a soggetti
esterni, in questo caso vengono raccolti dati primari
Sub sistema dei modelli di marketing, quando l’impresa realizza delle indagini, cioè ricerca
delle informazioni ad hoc per definiti obbiettivi conoscitivi
LE FASI DI UNA RICERCA DI MARKETING E I DISEGNI DI RICERCA
Le fasi di una ricerca di marketing sono le seguenti:
1.
2.
3.
4.
5.
Definizione dell’obbiettivo di ricerca
Definizione del disegno di ricerca
Raccolta dei dati
Elaborazione dei dati
Presentazione di un report
La scelta del disegno di ricerca è strettamente correlata alla definizione dell’obbiettivo; può
essere selezionato un disegno esplorativo, descrittivo o causale a seconda dell’obbiettivo. È bene
precisare che le ricerche esplorative vengono anche dette qualitative, mentre quelle descrittive e
causali vengono dette quantitative. La RICERCA ESPLORATIVA è volta a chiarire la natura di un
problema, ad acquisire una migliore comprensione di una situazione di mercato, a fornire
indicazioni per eventuali indagini future. La RICERCA DESCRITTIVA, invece, si propone di determinare
le risposte alle seguenti domande: chi, che cosa, quando, dove e come (es. definire la struttura di
un mercato). Infine, la RICERCA CAUSALE si propone di determinare i rapporti causa-effetto.
LE TECNICHE DI RACCOLTA DEI DATI PER IL DISEGNO QUALITATIVO E QUANTITATIVO
La scelta del disegno di ricerca, a sua volta, condiziona la selezione della tecnica di raccolta dei
dati. Esistono tecniche di raccolta che rispondono ad obbiettivi di tipo qualitativo o di tipo
quantitativo. Sono tecniche di tipo qualitativo:



Le interviste in profondità, sono colloqui individuali gestiti da un ricercatore specializzato e
protratti per un periodo di tempo
Il focus group, può essere composto da 8-12 persone che, sotto lo stimolo e la guida di un
moderatore, si confrontano per circa due ore, su uno o più temi da questo introdotti. Il
ricercatore dispone di una traccia di discussione
L’osservazione partecipata, tecnica attraverso cui si osserva il comportamento del
consumatore mentre utilizza il prodotto
Sono tecniche di tipo quantitativo:


Il sondaggio, consiste nell’intervista strutturata (somministrazione di un questionario) ad
un campione opportunamente selezionato di soggetti. Il questionario prevede una serie di
domande aperte e chiuse. La somministrazione dello stesso avverrà personalmente,
oppure al telefono, via posta o e-mail. La scelta del metodo di somministrazione varia al
variare del budget a disposizione del ricercatore, dei tempi di raccolta dati a sua
disposizione, dalle caratteristiche del questionario, del target e cosi via.
L’osservazione strutturata, è un processo sistematico di registrazione degli schemi
comportamentali di persone, oggetti o avvenimenti senza che il ricercatore li interroghi o
comunichi con loro. La realizzazione di un’indagine di questo tipo presuppone la messa a
punto di una griglia di osservazione, strumento che il ricercatore utilizzerà per prendere
nota, in modo sistematico, dai comportamenti oggetto di studio. Tali comportamenti
potranno essere osservati direttamente o indirettamente.
CAPITOLO DICIOTTESIMO
IL PIANO DI MARKETING
Il piano di marketing si inserisce nell’ambito della pianificazione aziendale (business plan). Spesso,
infatti, le imprese operanti in ambienti competitivi e dinamici si trovano a dover gestire una
crescente complessità gestionale che richiede l’adozione di processi e strumenti decisionali
improntati alla pianificazione. La scelta dei processi e degli strumenti decisionali vengono poi
indicati nel piano di marketing. In funzione della dimensione dell’azienda e della numerosità delle
combinazioni prodotti/mercati, possono esistere più livelli gerarchici di pianificazione:



Piani di marketing con una valenza più strategica e aggregata per business unit
Piani di gruppo di prodotti, di categoria merceologica
Piani di prodotto o di marca
Queste gerarchie di pianificazione non hanno ragion d’essere nella aziende di piccole e medie
dimensioni, dove il tutto è più concentrato.
LA STRUTTURA E I CONTENUTI DEL PIANO DI MARKETING
Il piano di marketing può essere idealmente suddiviso in cinque parti sequenziali e tra loro
strettamente interconnesse:
1. Introduzione al Piano, non è altro che un introduzione sull’azienda, sui suoi macroobbiettivi; in cui vi è la presenza di una sintesi manageriale l’Executive Summary
2. Analisi della situazione di Marketing
3. Swot analysis, in cui sono razionalizzate le minacce e le opportunità, le forze e le debolezze
dell’impresa
4. Planning, si concentra sulla pianificazione vera e propria delle decisioni di marketing a
livello degli obbiettivi, del buffe, delle azioni e della struttura
5. Controlli di marketing
INTRODUZIONE
Prevede l’Executive Summary, cioè il riassunto manageriale del piano di marketing; apre il
documento per mettere in risalto i principali obbiettivi di marketing, le linee guida d’azione
pianificate e un breve estratto delle previsioni economiche finanziarie, costituisce un vero e
proprio biglietto da visita del documento. Poi l’Introduzione vera e propria si concentra sugli
obbiettivi di fondo che l’impresa intende raggiungere nel breve e/o nel medio-lungo periodo;
obbiettivi che possono avere sia natura economica (es. fatturato, margini, quote ecc.) che non
economica (es. immagine ecc.)
ANALISI DELLA SITUAZIONE DI MARKETING
Per definire degli obbiettivi di marketing mirati e raggiungibili, è necessario fare bene il punto della
situazione su quanto accade all’esterno e all’interno dell’impresa. L’analisi della situazione si
marketing è fondamentale perché racchiude in sé tutte le informazioni fondamentali per
supportare la pianificazione. Per realizzarla è necessario effettuare un audit di marketing:

Audit esterno, che è volto alla conoscenza dell’ambiente di marketing e delle forze che in
esso operano e contribuiscono a influenzare il comportamento dei clienti e dei concorrenti.
L’audit esterno, quindi, evidenzia e analizza quali sono e come si comportano queste forze,
in modo da identificare e valutare le minacce e le opportunità offerte:
o Forze economiche: fanno riferimento al reddito disponibile e spendibile da parte
delle famiglie, all’andamento dei risparmi, al livello di occupazione e di andamento
dei prezzi, al costo di indebitamento ecc.
o Forze socio demografiche: vengono messi in risalto tutti gli elementi legati alle
caratteristiche e ai cambiamenti del quadro socio demografico in grado di
evidenziare la presenza di opportunità o minacce per il business dell’impresa.
o Forze tecnologiche e politiche: nel primo caso si fa riferimento alla disponibilità di
nuove tecnologie, di materiali sostitutivi ecc. Nel secondo caso ci si riferisce, invece,
al ruolo giocato dalla politica (es. governi, partiti ecc.) e alla conseguenza di norme
che possano limitare o estendere il campo d’azione competitivo delle aziende.
o Forze competitive: l’impresa deve fare i conti con la qualità delle risorse aziendali a
disposizione e con le minacce provenienti dalla concorrenza. Le valutazioni del
quadro competitivo devono indicare e descrivere con chiarezza quali sono i
principali competitori diretti e indiretti (es. prodotti e tecnologie sostitutive
emergenti)
Tramite l’analisi di queste forze si determina l’esistenza o meno di opportunità non ancora
sfruttate a livello di mercato, ed eventualmente di minacce che al contrario potrebbero
ostacolarne il successo o lo sviluppo futuro del business del prodotto.
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L’audit interno, il cui obbiettivo è comprendere quali sono le risorse, le azioni e i risultati su
cui, rispetto all’ambiente di riferimento, l’azienda è confidente per il futuro. È opportuno
compiere un’analisi sulle aree dell’audit interno:
o L’offerta: è una valutazione che riguarda il valore offerto dall’impresa. L’analisi deve
concentrarsi sulle caratteristiche (tangibili e intangibili) più rilevanti dell’offerta.
o Le politiche di prezzo: è una riflessione critica sulle passate politiche di pricing; da
cui devono emergere in modo chiaro quali sono state le strategie e le tattiche di
pricing.
o La comunicazione: è una descrizione delle principali attività di comunicazione svolte
in passato, specificando il mix e l’intensità degli strumenti di comunicazione
utilizzati .
o La distribuzione e le vendite: è la mappa delle scelte a livello dei canali distributivi e
della forza vendita. Molto del successo del prodotto può dipendere, infatti, dalle
strategie di canale, dalla tipologia di intermediari selezionati, dalla capacità di
condividere con loro le strategie di marketing , di comunicazione e di prezzo.
S.W.O.T. ANALYSIS
Le informazioni e le valutazioni contenute nell’analisi della situazione di marketing sono utili se
aiutano concretamente ad assumere decisioni in merito agli obbiettivi da raggiungere e a quali
strategie e azioni implementare. La swot anlysis, acronimo inglese di opportunità, minacce, forze e
debolezze; prevede,quindi, un’identificazione delle opportunità, delle minacce. Essa risulta
largamente adottata nella pianificazione di marketing.
PLANNING
Con la formalizzazione della swot analysis, il piano di marketing entra in una fase cruciale in cui si
devono:
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Definire concretamente i traguardi (qualitativi e quantitativi) che si intendono raggiungere
Definire il programma d’azione
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Pianificare il sistema di controllo delle performance di marketing
Per semplicità, gli obbiettivi di marketing possono essere raggruppati in tre categorie:
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Obbiettivi economici, es. il fatturato
Obbiettivi competitivi, es. il livello di qualità del prodotto, il posizionamento competitivo in
termini di qualità/prezzo
Obbiettivi relazionali, relativi alla notorietà del prodotto e del marchio, alla customer
satisfaction, alla customer loyalty, al livello di fiducia riposta dal mercato nel brand ecc.
Per raggiungere gli obbiettivi di marketing è necessario pianificare un set di azioni efficaci ed
efficienti al tempo stesso. Si devono, quindi, prendere decisioni relativamente a:
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Prodotto e marca: cioè si tratta di definire l’offerta che caratterizzerà il piano in termini di
qualità, quindi, di benefici tangibili e intangibili che si generano rispetto alla concorrenza. È
opportuno mettere in evidenza, anche aspetti legati agli elementi accessori come ad es. il
servizio, le garanzie pre e post vendita.
Politiche di prezzo: si deve definire in che modo si andrà ad incidere sulle performance
economiche e competitive dell’azienda. Il prezzo rappresenterà, infatti, una variabile
fondamentale nel posizionamento sul mercato.
Canali distributivi e forza vendita: il piano deve contenere indicazioni sulle strategie
distributive che s’intendono perseguire per raggiungere gli obbiettivi di marketing. Una
volta stabiliti i canali e le tipologie di clienti intermedi da servire, è opportuno stabilire i
relativi obbiettivi di vendita e di penetrazione, le varianti dell’offerta e il prezzo. infine si
devono prendere decisioni relativamente alla forza vendita che deve ricoprire un ruolo
fondamentale nei processi di comunicazione, erogazione e cattura del valore per l’azienda.
Promozione e comunicazione: sono decisioni che riguardano la comunicazione e la
promozione. Si tratta di definire il communication mix che può essere composto in varia
misura da strumenti come ad es. la pubblicità, la sponsorizzazione ecc. si deve decidere
anche su quali di questi strumenti s’intende puntare in funzione del target, con quale costi
e a fronte di quali ritorni attesi.
SCELTE DI STRUTTURA
A conclusione del piano è possibile riportare schematicamente alcune indicazioni e linee guida
d’intervento per la struttura commerciale. Si fa riferimento alla possibilità di specializzare il
personale di marketing e vendite, in base alle aree geografiche servite, ai prodotti/linee prodotti,
ai segmenti di clienti serviti e alle attività di vendita svolte.
BUDGET E CONTROLLI DI MARKETING
All’interno del piano di marketing è presente uno spazio importante riservate alle previsioni
economiche-finanziarie: il budget, che fornisce un’indicazione del margine atteso, risultante dal
controllo dei ricavi obbiettivo con le spese di marketing e vendite pianificate. Questa fase della
pianificazione consente al management di valutare la reale fattibilità delle azioni di marketing
previste e la sostenibilità economica degli obbiettivi programmati.
Come conclusione possiamo dire che la stesura del piano di marketing rappresenta un momento
rilevante per riflettere sul futuro del business aziendale.