Scienza e vita IL BIOPOTERE NON È MAI INNOCENTE Riflessioni a margine del film di Oskar Roehler “Le particelle elementari” dall’omonimo romanzo di Michel Houellebecq. Il fallimento della natura e la riprogrammazione del progetto-uomo aprono ad un futuro mostruoso nelle spire del sonno della ragione e della civiltà? ****** di Stefano Docimo Non c'è poi troppa differenza tra lo scrittore e lo scienziato, ambedue produttori di linguaggî simbolici, maggiormente astratti e quindi più agili quelli del secondo, più coinvolti col mondo della carne quelli del primo; come anche tra cinema e letteratura, o tra filosofia e musica, pittura e matematica. Ma la scienza, più di tutto il resto ha a che fare col general intellect che condiziona il processo vitale stesso della società, rimodellandolo "in conformità ad esso" (Marx). E' il sapere simbolico dominante, altamente formalizzato che con i suoi calcoli arriva ad isolare la più elementare particella vitale, a carpirne il segreto attraverso una formula matematica, allo scopo di riprodurne il principio vitale attraverso la clonazione. Lo stesso volto inespressivo della burocrazia che protocolla l'atto di riproducibilità della vita stessa, il fallimento della natura che non prevedeva il rovesciamento del progetto-uomo-natura fino al punto di un non ritorno. Il biopotere è così avviato col sorriso un po' ebete e un po' sorpreso di fronte al primo dei fallimenti incontrati sul suo cammino scientifico: la morte improvvisa del pappagallino, dopo che inutilmente l'aveva lui stesso rifornito di mangime. La natura fallisce e la vita va riformulata. Questa la tesi di fondo del film. L'allarme per ciò che si va sperimentando sulla natura, a colpi di brevetto contro la mostruosità generata dalla natura, la sua carica di violenza e di sessualità che spinge il fratellastro, l'altro protagonista, alla schizofrenia e la sua amante al suicidio, in una folle rincorsa verso ciò che la sessualità nasconde, sono due facce della stessa medaglia. Altre categorie del dominio come la politica e l'economia aggiungono astrazione ad una comunità scientifica di cui fanno parte anche la medicina e la chirurgia, con il trapianto di organi e la chirurgia estetica per la costruzione della postumanità; la psichiatria e il potere sulla mente, sui comportamenti, l'industria farmacologica sempre più diffusa. Mentre le guerre per il petrolio ed altre materie prime segnano l'espansione d'un progetto di globalizzazione sempre più spinta, in un mondo che esprime anche la volontà d'una riterritorializzazione urgente. Per un dominio globale del pianeta sono l'informazione e l'industria dello spettacolo, la cultura e l'industria del libro: tutto ciò fa parte del mondo civilizzato; le istituzioni come la scuola e l'università, quelle militari e di controllo, infine i cimiteri in cui veniamo sepolti e periodicamente dissotterati; la religione coi suoi simboli arcani di sottomissione alla natura, finanche le comunità alternative degli anni settanta, tutto esprime dominio, tutto è dominio. Ed è di tutto questo che si parla nel film, in una produzione che vuol esprimere tutto il malessere e la sofferenza, le contraddizioni tra potere reale e comportamenti sessuali, in una biosfera il cui emblema diviene sempre più quello della tortura. In questa irreale realtà non esiste più nessuno che sia innocente. Inutilmente si cercherebbero nella moltitudine i vessilli d'una crociata futura contro il potere, perché il dominio ha pervaso l'intero pianeta, anche dove apparentemente si muove o resiste la maggior parte dei popoli ai margini di questa "civiltà": lo spettacolo ha invaso la Terra e non esiste più da nessuna parte una moltitudine innocente, che non sappia rispecchiarsi in se stessa. Questo ed altro il "messaggio" d'un film coraggioso, che è una 1 denuncia ed insieme un elenco di tutte quelle manifestazioni brutali di fronte alle quali lo spettatore distoglie lo sguardo sdegnato; ma che altre ne lascia intuire sullo sfondo d'una società, dove persino i gatti domestici sono colpevoli. Lasciamoli così, davanti al personal nell'atto di scrivere il lavoro più recente, lo scienziato-scrittore o lo scrittore-scienziato, con l'attenzione a non farsi coivolgere a pieno dalla vita, dai loro parenti più prossimi, che osservano come fossero la verifica del loro immaginario scientifico-letterario, dai loro fratellastri, dalla donna ritrovata nel passato a cui verrà asportato l'utero in gravidanza, mentre soavi e in fondo benevoli osservano la vita dei singoli della loro stessa specie, o di speci diverse. Portatori d'un nuovo tipo di carattere che guarda al proprio interno con estroversione e all'immediato fuori come in un sogno cartesiano, imparentati come sono ai segni, da cui sanno anche astrarsi, per osservare una vita travolta dall'insensatezza, dalla mancanza di segno, il loro sentimento non può che essere ambiguo, di attrazione e repulsione a un tempo, come alla vista d'un cadavere in avanzato stato di decomposizione, o del rigor mortis che s'impadronisce d'un corpo animale fino a qualche attimo prima allegro e cinguettante. Una mediazione infinita, a cui fa riscontro la crudeltà della vita stessa nel suo immediato farsi. Vite parallele d'un universo incurvato che si confondono per pochi imperscrutabili attimi, come la visita lampo con il fratello incompiuto, rientrato in una clinica psichiatrica e portato per una breve gita al mare e al sole; con una coppia ritrovata che si presenta come asessuata, come l'emblema d'un nuovo tipo d'essere umano, lontano dagli abissi della sessualità, anche se ancora in prossimità d'una macchina desiderante. Il giovane scienziato che alla vista della madre appena morta e a quella del quasi fratello in preda ad una disperazione primordiale e ubriaco in modo oramai incontenibile, mentre inscena una sorta di danza tribale davanti a quello che lui crede il corpo ancora moribondo e in passato attraente della madre, semplicemente ne dichiara l'avvenuto decesso: "E' morta. Voleva solo essere giovane", protocollando con questa frase il definitivo reale trapasso. Mostruosità per mostruosità, dunque, quella del sonno della ragione e quella, forse ancora più mostruosa, perché subdolamente intrigata col dominio, della scienza, di cui oggi si celebrano i fasti. 2