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Rivista scientifica pubblicata con l’egida di SIPMO
Dental Clinics
P ERIODICO D I O D O N T O I AT R I A G E N E R A L E
Anno VII - settembre 2013
n° 3
L’ABBONAMENTO ALLA RIVISTA CONSENTE DI OTTENERE
ECM
15 crediti nel 2013 online
EDUCAZIONE CONTINUA
IN MEDICINA
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Direttore Scientifico
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Direttore Responsabile
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Sommario
Direttore Editoriale
Claudio Palerma
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Stefano Daniele, Federica Demarosi,
Pietro Di Natale, Alberto Fonzar, Gabriele Fani,
Carla Frigieri, Giovanni Lodi, Mauro Merli,
Lucio Montebugnoli, Antonio Pelliccia,
Adriano Piattelli, Carmelo Pulella, Lia
Rimondini, Francesco Riva, Eugenio Romeo,
Roberto Rosso, Roberto Santopadre,
Andrea Sardella, Antonio Scarano,
Chiarella Sforza, Enzo Soresi, Tonino Traini,
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Anno VII - n°3 - settembre 2013
3
5
Editoriale
Prevenzione
La salute dei tessuti molli perimplantari:
igiene e mantenimento
Antonio Carrassi, Antonio Achilli
13
Studio clinico
Innovazione e ricerca nella diagnostica
della patologia orale
Francesco Carinci, Ambra Girardi, Francesca Cura et al.
21
Ricerca
Periodontal medicine: la salute del futuro
inizia dalla prevenzione
Giulio C. Leghissa, Federica Demarosi, Bruno Briata
27
Normativa
L’igienista dentale può aprire uno studio
professionale autonomo
Pietro Ruggi
30
Arredare con creatività
Arte: terapia dello spirito
a cura di Claudio Palerma
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
periodico trimestrale
Reg. Trib. Milano: n. 86 del 20/02/2007 - Iscrizione al
Registro degli Operatori di Comunicazione n.15339
31
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Lettere al direttore
Derva la buca, foeura parol
a cura di Antonio Carrassi
33
Intervista
Intervista a Emilio Bianchi,
Direttore Generale di SENAF
a cura di Claudio Palerma
In collaborazione con il Centro Studi PMI – Italia Impresa
EDITORIALE
Ma dove vai se l’igienista non ce l’hai?
G
li impianti rappresentano oggi la soluzione per numerose situazioni cliniche
nelle quali, precedentemente, il paziente era condannato a protesi
rimovibili o a protesi fisse che richiedevano la fresatura e la copertura di altri
elementi dentali sani.
Per questo motivo gli impianti si sono rapidamente imposti nella pratica clinica
mondiale ed è andato crescendo, in modo vertiginoso, il numero degli
odontoiatri che eseguono implantologia nei loro studi.
Attualmente però, con questo grande numero di impianti posizionati nelle
bocche di pazienti di tutto il mondo, cominciano a essere segnalati problemi via
via più impegnativi: dalle mucositi alle perimplantiti.
Le perimplantiti viaggiano ormai con un’incidenza che si aggira intorno al 30%: secondo uno
studio la percentuale è del 26,2% e del 30,4% a seconda del tipo di impianto utilizzato, (1),
mentre secondo un’altra ricerca l’incidenza risulta del 31,2% (2), per salire fino al 36,3% nei
fumatori (3) .
Ci rendiamo conto della dimensione e della gravità del problema?
Dopo qualche anno dall’inserimento, un impianto su tre manifesta problemi di tipo infettivo
infiammatorio che richiedono, per la loro soluzione, il ricorso alla chirurgia. E non sempre
ci si riesce.
Se questo problema è già di per sé grave nelle aree posteriori della bocca, diventa drammatico
nelle zone anteriori, dove l’estetica fa parte della globalità del trattamento, poiché la chirurgia può
esitare nell’esposizione di parte di metallo dell’impianto.
Mir- Mari ci dice però che tale incidenza scende al 18% quando i pazienti sono seguiti con un
programma di mantenimento parodontale (4). E tale percentuale può scendere al 7,5% secondo
quanto riportato in un lavoro presentato al Congresso nazionale del Cenacolo a Bologna (aprile
2013) da Federica Demarosi, condotto su più di 450 pazienti operati nel nostro studio con
impianti, e seguiti per un periodo di 12-18 anni.
Morale della storia?
Se si vogliono posizionare impianti bisogna poi mantenere i pazienti in un buono stato di salute
parodontale.
Ciò vuol dire: igiene, igiene, igiene. E chi la fa?
Smettiamo di fare impianti, endodonzia, protesi, per pulire gli impianti che abbiamo messo?
O abbiamo l’igienista che segue con attenzione i pazienti e fa sistematicamente questo lavoro? Ma
l’igienista, contrariamente a quanto qualcuno sembra pensare, non è “la donna delle pulizie”.
E non è neppure un’assistente che di tanto in tanto viene adibita a tale compito.
È una persona preparata, che ha frequentato tre anni di università e che si dedica specificamente
alla prevenzione. Per fare prevenzione è necessario raggiungere, per dirla con Guastamacchia,
«uno stato di alleanza terapeutica con il paziente»; è cioè necessario coinvolgere e rendere
partecipe il paziente dell’importanza del mantenimento della propria salute.
Anno VII - n°3 - settembre 2013
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DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
La prevenzione richiede un reparto appositamente attrezzato per la prevenzione, un locale dove si fa solo
prevenzione, riconosciuto da tutti i pazienti come momento fondamentale dell’attività dello studio.
La prevenzione si fa se tutta la squadra odontoiatrica è motivata e motiva i pazienti, verifica il livello di igiene,
aiuta il paziente a comprendere dove non ha pulito abbastanza.
Ma la squadra va motivata e rimotivata affinché la prevenzione sia costantemente tenuta al primo posto. È un
lavoro continuo, è il lavoro dello studio, coordinato e rimotivato dall’igienista. Ecco perché senza igienista non si
fa prevenzione.
E se non si fa la prevenzione, perché si fanno gli impianti?
Giulio C. Leghissa
L ibero professionista Milano – Past President C O I A IO G
Marialice Boldi
Presidente Nazionale A IDI
BIBLIOGRAFIA
1. Renvert S, Lindhal C, Rutger Persson G. The incidence of peri-implantitis for two different implant systems over a period of
thirteen years. J Clin Periodontol 2012;39:1191-7.
2. Costa FO, Takenaka-Martinez S, Cota LO, Ferreira SD, Silva GL, Costa JE. Peri-implant disease in subjects with and without
preventive maintenance: a 5-year follow-up. J Clin Periodontol 2012;39:173-81.
3. Atieh MA, Alsabeeha NH, Faggion CM Jr, Duncan WJ. The frequency of peri-implant diseases: a systematic review and metaanalysis. J Periodontol 2012; Dec 13 (Epub ahead of print).
4. Mir-Mari J, Mir-Orfila P, Figueiredo R, Valmaseda-Castellon E, Gay-Escoda C. Prevalence of peri-implant diseases. A crosssectional study based on a private practice environment. J Clin Periodontol 2012;39:490-4.
4
Anno VII - n°3 - settembre 2013
PREVENZIONE
introduzione
Nel 1977 Branemark pubblicò uno studio
dal titolo «Osseointegrated implants in the treatment of the edentulous jaw: Experience from a 10year period» (1): si trattava di un lavoro di
grande importanza che avrebbe dato l’avvio a quella che si sarebbe poi rivelata la
maggior rivoluzione clinico-terapeutica
dell’odontoiatria nello scorso secolo. Fatta
questa premessa, crediamo sia comunque
interessante ricordare che l’osservazione
“madre” che diede origine anche ai lavori
di Branemark venne originariamente proposta più di vent’anni prima da Leventahl
in uno studio pubblicato su Journal of Bone
Joint Surgery (2). In quel lavoro Leventhal
anticipava le ricerche di Branemark sull’osteointegrazione: «Bone reaction was studied by
the insertion of 80 screws into the femora of rats
[…]. At the end of six weeks the screws were tighter
than when originally put in; at twelve weeks the
screws were more difficult to remove and at the end
of sixteen weeks the screws were so tight that in one
specimen the femour was fractured when an
attempt to remove the screw was made […]».
Come potremmo aggettivare questa frase
se non con “avvenuta osteointegrazione”?
Gli anni sono trascorsi e l’implantologia ha
conosciuto uno sviluppo di cui sembra non
vedersi la fine: negli Stati Uniti 3 milioni di
persone utilizzano impianti dentari e questa percentuale si ritiene possa aumentare
nei prossimi anni al ritmo di 500.000 in più
ogni anno (annualmente vengono inseriti
1.300.000-2.000.000 di nuovi impianti).
Anche in Europa, con l’eccezione dei Paesi
che al momento accusano una difficile
situazione economica, il mercato dell’implantoprotesi mostra previsioni di crescita;
si ritiene che il fatturato delle aziende che
producono impianti possa raggiungere
circa 2 miliardi di dollari.
Molti studi hanno dimostrato l’elevata percentuale di successi a lungo termine che le
La salute
dei tessuti molli
perimplantari: igiene
e mantenimento
Antonio Carrassi, Antonio Achilli
Unità di Odontostomatologia II, Ospedale San Paolo, Milano
n Riassunto: Scopo di questo articolo è di evidenziare l’importanza delle
manovre di igiene orale domiciliare e professionale per il mantenimento in
buona salute dell’unità implantoprotesica. L’evidenza scientifica dimostra che
l’elemento critico più importante per la conservazione nel tempo degli
impianti è proprio un’insufficiente igiene orale con conseguente degenerazione verso mucositi e perimplantiti. A maggior ragione questo problema è
importante oggi che gli impianti vengono inseriti in bocche non edentule,
con la possibilità di presenza di lesioni parodontali e di patogeni che possono migrare e colonizzare i siti perimplantari.
terapie implantoprotesiche, se correttamente condotte, possono esprimere. Più
recentemente, tuttavia, l’osservazione crescente che una percentuale di terapie
implantari, in particolar modo in pazienti
suscettibili, possa associarsi a quadri
infiammatori spesso ingravescenti e tali da
poter anche portare al fallimento della
terapia, ha richiamato una sempre maggiore attenzione da parte della comunità
scientifica. Una situazione non piacevole
per il paziente e tantomeno per il dentista
che può dover poi gestire casi complessi e
problematici. Come vedremo in questo
lavoro, nonostante la ricerca abbia notevolmente migliorato il nostro livello di
Anno VII - n°3 - settembre 2013
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DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Punto chiave
La salute e l’igiene
dei tessuti
perimplantari sono
importanti per
il successo
della terapia
implantoprotesica.
conoscenze, resta in parte poco chiaro il
concatenarsi dei processi che conducono
al fallimento implantare.
In più occasioni è stata richiamata la
necessità di sviluppare protocolli di ricerca
maggiormente adeguati e con ampi campioni di pazienti studiati per un lungo
intervallo di tempo. Questa raccomandazione è ovviamente più che condivisibile,
ma non semplice da attuare dal momento
che la perdita dell’impianto rappresenta un
evento poco frequente. È tuttavia evidente
che, al di là di alcuni documentati e ben
noti fattori di rischio (diabete, storia di una
pregressa periodontite, soprattutto se
aggressiva, fumo, profilo genetico, pregressa perdita di impianti nello stesso paziente), gioca un ruolo chiave per il successo a
lungo termine della terapia implantoprotesica il livello di salute dei tessuti perimplantari e, conseguentemente, il livello di igiene
orale che il paziente riesce a mantenere in
questa delicata e complessa area biologica.
In questo lavoro desideriamo richiamare
alcune problematiche relative alle malattie
Figura 1 Il grafico mostra il numero di pubblicazioni, reperibili su PubMed, attinenti la malattia perimplantare nel periodo 1999-2012. Risulta evidente il
vistoso incremento numerico.
6
implantari: la mucosite perimplantare e la
perimplantite. Si tratta di condizioni complesse, legate a diversi fattori di rischio e
nelle quali giocano un ruolo di primo
Anno VII - n°3 - settembre 2013
piano i biofilm orali. La pianificazione di
una costante e attenta fase di mantenimento, associata a misure di promozione
dell’igiene orale e riduzione dei fattori di
rischio, riveste verosimilmente un’importanza strategica nel prevenire le problematiche sopra richiamate.
Definizioni e prevalenza
Il settore degli studi delle malattie perimplantari è ancora relativamente poco sviluppato sebbene, come indicato nella premessa, in evoluzione. La Figura 1 mostra la curva
di crescita degli studi attinenti le malattie
perimplantari pubblicati su riviste peerreviewed recensite sulla banca dati PubMed .
Le malattie perimplantari sono entità
nosologiche caratterizzate da uno stato
infiammatorio dei tessuti molli perimplantari che si sviluppano in soggetti suscettibili sulla base di un’infezione da biofilm
orali. Durante il primo Workshop Europeo
di Parodontologia, tenutosi nel 1994, vennero proposte all’interno delle malattie
perimplantari due diverse, benchè correlate, entità nosologiche:
n la mucosite perimplantare, definita come
una flogosi reversibile dei tessuti molli
perimplantari senza perdita di supporto
osseo;
n la perimplantite, definita come un processo infiammatorio dei tessuti molli
perimplantari con associata perdita di supporto osseo.
Se in salute, i tessuti molli perimplantari
presentano le medesime caratteristiche
macroscopiche dei tessuti molli che circondano l’elemento dentario: la gengiva è
rosea, mostra un aspetto a buccia d’arancia, non sanguina al sondaggio circonferenziale delicato e l’impegno di una sonda
parodontale non consente di evidenziare la
migrazione dei tessuti molli in senso corono-apicale.
PREVENZIONE
Va ricordato che già nel 1994 Roberto
Pontoriero e i suoi collaboratori avevano
evidenziato il rapporto esistente tra igiene
orale, accumulo di biofilm orali e flogosi
dei tessuti molli perimplantari (3). È prevedibile che il protrarsi, in assenza di trattamento specifico, di questo stato di flogosi
porti a un aggravamento clinico dello stato
fisiopatologico dei tessuti perimplantari e
conduca a una perimplantite con perdita di
supporto osseo.
Nel caso invece di mucosite perimplantare,
alla quale non si associa invece una perdita dei volumi ossei, è possibile proporre
un’analogia ai rapporti tra gengivite e parodontite: si tratta fondamentalmente di una
condizione placca-correlata che si realizza
in circa l’80% dei soggetti avviati a terapia
implantoprotesica e nel 50% degli impianti
(4). In questi casi la gengiva perimplantare
mostra aspetti flogistici e nel 90% dei casi
valori positivi al test del sanguinamento al
sondaggio.
A nostro avviso, va sottolineato che nel
corso degli anni le aziende del settore
hanno sviluppato sistemi implantari con
superfici sempre più atte a favorire i processi di osteointegrazione, in particolare
operando modifiche morfologiche delle
microsuperfici implantari. L’impianto a
oggi maggiormente utilizzato, e per il quale
sono disponibili i maggiori risultati a lunga
distanza, è quello prodotto da Nobel.
Originariamente questo impianto era
“macchinato”, cioè prodotto utilizzando
macchine che ne rendevano liscia la superficie tra le varie spire (Figura 2).
In seguito, anche in questo caso sulla base
di un’osservazione datata e prodotta da
Alan Boyde, l’allora Direttore dell’Hard
Tissue Center del Dipartimento di
Anatomia dell’University College of
London, vennero sviluppate superfici con
accresciuti livelli di rugosità e di distanza
picco-valle, rilevabili con tecniche microrugosimetriche, che consentivano di aumen-
Figura 2 L’immagine mostra la superficie di un tipico
impianto macchinato Nobel. La superficie compresa tra
le varie spire è di tipo liscio.
tare e accelerare in modo significativo i
livelli di osteointegrazione. Per la sua originaria dimostrazione sul comportamento
degli osteoblasti su superfici lisce e non
lisce, Alan Boyde utilizzò dei preparati di
dentina di vitello sui quali produsse delle
incisioni di dimensioni prestabilite. I preparati vennero successivamente immersi in
una soluzione ricca di osteoblasti. Si veniva così a creare un campione biologico che
alternava porzioni lisce a piccoli canali.
Considerando che l’area della superficie
piana rappresentava il 75% del preparato
rispetto a quella delimitata dai solchi
(25%), i risultati indicarono una concentrazione di osteoblasti del 2% sulla superficie
piana e del 98% su quella concava (5). In
seguito a questa e altre scoperte, le superfici degli impianti vennero rese, con tecniche diverse, aggiuntive o sottrattive, maggiormente rugose. Nelle Figure 3, 4 e 5 viene
mostrata, a titolo d’esempio, la superficie
degli impianti Astra: è possibile notarne la
morfologia macro e micro strutturale.
Sfortunatamente, l’aumento di rugosità
media di una superficie favorisce non solo
l’adesione degli osteoblasti, ma anche
Punto chiave
Nel corso degli anni
le superfici degli
impianti sono state
rese più rugose con
tecniche aggiuntive
o sottrattive.
Anno VII - n°3 - settembre 2013
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DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Figure 3, 4, 5 Le tre immagini mostrano a diversi livelli d’ingrandimento la macro e la microstruttura di un impianto
Astra.
Punto chiave
Le superfici
implantari
maggiormente
rugose si associano
a una più rapida
colonizzazione
dei batteri.
8
quella dei batteri. Nelle situazioni in cui la
porzione rugosa di un impianto viene
esposta al medium intraorale, può essere
favorita la colonizzazione batterica e quanto ne consegue.
Sono presenti nella letteratura accurati
studi sulla colonizzazione batterica su
superfici con diversi valori di rugosità
media, ed è stato più volte sottolineato il
fatto che le superfici implantari, rese maggiormente rugose da processi di tipo sia
sommativo sia ablativo, si associno a una
più rapida colonizzazione dei batteri e a un
incremento della loro massa (6,7). Questo
concetto è ben reso dall’immagine al
microscopio elettronico a scansione (Figura
6) nella quale è evidente la differenza di
colonizzazione batterica all’aumentare
della rugosità del campione studiato.
Figura 6 Da sinistra a destra si mostra come una
superficie di titanio liscia si associ a una minore adesione batterica rispetto a una superficie ruvida.
Anno VII - n°3 - settembre 2013
Stante la diversa situazione anatomica, in
particolar modo vascolare, che differenzia i
tessuti parodontali da quelli perimplantari,
la presentazione e la gestione clinica della
classica gengivite da placca rispetto alla
mucosite perimplantare non appaiono perfettamente sovrapponibili. Un recente
lavoro prospettico (8) ha studiato le conseguenze dell’induzione di una flogosi da
sospensione delle misure di igiene nei tessuti perimplantari utilizzando il classico
schema della “gengivite sperimentale”
come proposto da Harold Loe negli anni
’60. Il disegno originario di Loe prevedeva
di portare un gruppo di studenti volontari
del corso di laurea in odontoiatria
dell’Università di Aahrus in condizioni di
perfetta igiene orale e assenza di placca. A
questo “punto zero”, seguiva una fase di
sospensione di 3 settimane delle pratiche
di igiene orale, periodo durante il quale
venivano registrati gli indici parodontali e
veniva studiata la composizione della placca batterica. Dopo la fase di sospensione
venivano ristabilite le corrette procedure di
igiene orale e venivano rivalutati gli indici
parodontali e la tipologia di composizione
della placca batterica.
I risultati di questa storica sperimentazione mostrarono che l’accumulo di placca si
associava alla comparsa di gengivite e che
alla ripresa dell’igiene orale la gengivite
regrediva e veniva ripristinato lo stato di
salute gengivale con normalizzazione degli
PREVENZIONE
indici parodontali. Da un punto di vista
microbiologico lo stato di salute era caratterizzato da una popolazione batterica di
tipo prevalentemente aerobio Gram-positivo e quella di gengivite da una popolazione prevalentemente anaerobia Gram-negativa. Nella recente sperimentazione (8)
sulle modificazioni dei tessuti molli perimplantari successive alla sospensione dell’igiene orale sono stati studiati 15 volontari
in condizioni di buona salute parodontale,
che erano stati riabilitati con impianti dentali. Anche in questa ricerca i volontari
sono stati sottoposti a sospensione dell’igiene orale per 3 settimane, durante le
quali venivano studiati da un punto di
vista microbiologico. Al termine di questo
periodo le pratiche di igiene orale sono
state riprese ed è stata rivalutata la tipologia microbiologica associata ai siti implantari. Le conclusioni di questo interessante
lavoro sono state che i tessuti molli perimplantari mostrano una risposta infiammatoria più marcata rispetto alla controparte
gengivale e clinicamente, alla ripresa dell’igiene orale, non avviene una totale regressione della lesione infiammatoria. In generale si può dire che la flora batterica che
colonizza gli impianti dentali nei soggetti
parzialmente edentuli presenta caratteristiche simili a quelle dei siti dentari nello
stesso paziente e che la flora batterica contenente i noti patogeni, eventualmente
presente nelle tasche parodontali di un
determinato paziente, possa rappresentare, per quello stesso paziente, un reservoir
dei batteri in grado di promuovere la colonizzazione su altri elementi dentari o su
impianti e di indurre una perimplantite.
Tra i batteri associati alle infezioni perimplantari vanno annoverati i bastoncini
anaerobi Gram-negativi, le spirochete,
Bacteroides forsytus, Fusobacterium nucleatum,
Camphylobacter, Peptostreptococcus micros e
Prevotella intermedia (9).
Dal punto di vista della prevalenza, per le
Figura 7 Nella perimplantite, contraddistinta dalla perdita di supporto osseo valutabile con sonda, è comune
il sanguinamento al sondaggio.
Figura 8 Il riassorbimento osseo può necessitare di procedure chirurgiche correttive che normalizzino i rapporti impianto/tessuti molli e che cerchino di rendere
liscia la superficie di impianti rugosi non più in contatto con tessuto osseo.
perimplantiti sono pubblicati dati che indicano percentuali molto diverse, variabili
dal 12% al 56%. Evidentemente valori così
diversi non possono trovar spiegazione
solo nella tipologia, liscia o più o meno
rugosa, degli impianti esaminati, ma
saranno piuttosto dovuti alla metodologia
dell’esame, all’entità del campione di
Anno VII - n°3 - settembre 2013
9
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
pazienti esaminato e agli indici e ai valori
utilizzati per definire il quadro clinico.
Da un punto di vista diagnostico la perimplantite è caratterizzata da:
n valori di sondaggio superiori ai 5 mm;
n sanguinamento al sondaggio delicato,
eventuale suppurazione (Figura 7);
n evidenza radiografica di perdita di supporto osseo.
Punto chiave
I principali fattori di
rischio per le malattie
perimplantari sono
una pregressa malattia parodontale, il
fumo e il diabete.
10
Anno VII - n°3 - settembre 2013
il trattamento delle malattie
perimplantari
Le informazioni attualmente disponibili
circa il trattamento di queste patologie
sono piuttosto scarse e non necessariamente di buona qualità.
Il fattore primario nel mantenimento in
stato di salute dei tessuti molli perimplantari è rappresentato da un adeguato protocollo di igiene orale e da periodici controlli
dello stato perimplantare del paziente. A
queste irrinunciabili misure vanno associati,
per quanto possibile, interventi di contrasto
ai fattori di rischio. Il soggetto avviato a una
terapia implantoprotesica che sia affetto da
malattia parodontale deve essere preliminarmente trattato per la sua parodontite
prima di passare a una fase di riabilitazione
impiantare. Un secondo importante fattore
di rischio è rappresentato dal fumo e dal
diabete: ai fumatori andranno proposti percorsi di counselling per la cessazione dell’abitudine al fumo, mentre i pazienti diabetici, dei quali sono noti i problemi di tipo
infettivo e infiammatorio, andranno incoraggiati a mantenere un adeguato controllo
glicemico. I profili d’emergenza e gli spazi
interimplantari andranno disegnati per consentire l’azione di strumenti per l’igiene
orale interdentale, che deve essere scrupolosamente attuata. Non ci sono dati scientifici che consentano di definire con precisione le modalità tecniche che il paziente deve
adottare per un’igiene orale quanto più
appropriata: sembrerebbe infatti che l’uso
di strumenti manuali o elettrici per la rimozione dei biofilm orali dia risultati sovrapponibili. Può essere suggerito, anche se le
prove a sostegno di quest’intervento sono
deboli, l’uso quotidiano di un collutorio agli
olii essenziali o alla clorexidina. Per quanto
riguarda invece l’igiene professionale, sono
stati registrati risultati sovrapponibili per il
debriment ottenuto utilizzando strumenti a
ultrasuoni, curettes di plastica o laser.
Nei casi di suppurazione è naturalmente
indicato l’uso di antibiotici e antinfiammatori. La gestione delle perimplantiti con formazione di crateri ossei può essere invece
trattata con procedure di chirurgia correttiva, associata o meno a tecniche rigenerative, e a una modificazione della superficie
dell’impianto volta a renderne più liscia la
porzione che abbia perso il contatto con il
tessuto osseo (Figura 8).
Bibliografia
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Lindström J, Hallén O, Ohman A.
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the edentulous jaw. Experience from a 10-year
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2. Leventhal GS. Titanium, a metal for surgery. J
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3. Pontoriero R, Tonelli MP et al. Experimentally
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6. Rimondini L, Fare S et al. The effect of surface
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PREVENZIONE
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9. Klinge B, Hultin M, Berglundh T. Peri-implanti-tis.
Dent Clin North Am 2005;49(3):661-76.
Questionario
1 La prima dimostrazione del fenomeno biologico di “osteointegrazione” viene fatta risalire a
Gottlieb Leventhal. L’esperimento venne condotto:
q a-nel cane
q b-nel coniglio
q c-nel topo
q d-in nessuno di questi animali
2 Quanti si ritiene siano negli Stati uniti i
soggetti che siano stati sottoposti a terapie
implantoprotesiche?
q a-300.000
q b-800.000
q c-1.500.000
q d-3.000.000
3 Nel periodo 1999-2012 la produzione di
letteratura scientifica in tema di perimplantiti
è cresciuta:
q a-del 100%
q b-del 300%
q c-del 500%
q d-oltre il 500%
4 Quali tra le seguenti sono caratteristiche
della gengiva perimplantare sana?
q a-colorito roseo
q b-aspetto a buccia d’arancia
q c-assenza di sanguinamento
al sondaggio
q d-tutte le risposte sono corrette
5 In un campione di soggetti trattati con
tecniche implantoprotesiche quanti potrebbero andare incontro a una mucosite perimplantare?
q a-tra il 10 ed il 15%
q b-l’80%
q c-il 100%
q d-nessuna risposta è corretta
6 Nel lavoro pubblicato da Alan Boyde, volto
a definire le modalità di colonizzazione di una
superficie biologica da parte di osteoblasti, la
percentuale di osteoblasti che si deposita sulle
porzioni lisce è:
q a-il 10%
q b-il 40%
q c-oltre il 50%
q d-meno del 10%
7 Nella ricerca di Harold Loe condotta inducendo una gengivite in un gruppo di studenti
volontari, la flora associata allo stato di salute
gengivale era composta da:
q a-in parte eguale da miceti e da
gram-positivi
q b-da gram-positivi anaerobi
q c-da gram-positivi aerobi
q d-da gram-negativi anaerobi
Anno VII - n°3 - settembre 2013
11
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
8 Nella gengivite sperimentale indotta in un
gruppo di pazienti trattati con terapia implantare, la risposta infiammatoria dei tessuti molli
perimplantari risultava:
q a-variabile da soggetto soggetto
q b-aumentata rispetto a quella
rilevabile nei tessuti molli
perimplantari
q c-facilmente controllabile
dal paziente
q d-simile a quella evidente nei
tessuti molli peridentali
9 Quali tra i seguenti microorganismi si
associano alle infezioni perimplantari?
q a-Spirochete
q b-Bacteroides forsytus
q c-Prevotella intermedia
q d-tutte le risposte sono
corrette
12
Anno VII - n°3 - settembre 2013
10 La prevalenza delle periodontiti è:
q a-non è mai stata rilevata
q b-si ritengono verosimili valori
compresi tra il 12 ed il 57%
q c-probabilmente superiore al 60%
q d-tutte le risposte sono sbagliate
11 Quale tra i seguenti non è segno costante
delle perimplantiti?
q a-sanguinamento al sondaggio
q b-tasca parodontale superiore ai
cinque millimetri
q c-mobilità dell’impianto
q d-evidenza radiografica di perdita
di supporto osseo
12 Quale tra i seguenti non è attualmente
considerato un fattore di rischio di perimplantite?
a-sovrappeso
b-fumo
c-diabete
d-pregressa parodontite
STUDIO CLINICO
Introduzione
La malattia parodontale è una patologia a
carico del parodonto, ovvero delle strutture
di sostegno del dente, dovuta a una serie
di fattori che agiscono sinergicamente.
Colpisce il 60% della popolazione adulta,
con un’incidenza delle forme più gravi e
avanzate nella fascia d’età compresa tra i
35 e i 44 anni (1). La causa scatenante di
tale patologia può essere riconducibile a
un sensibile aumento della flora batterica,
in presenza di specie microbiche particolarmente aggressive, promosso dallo stile
di vita, dalla scarsa igiene orale e da fattori
aggravanti quali il fumo. Altri fattori di
rischio noti, in grado di influenzare il
decorso e la gravità della malattia, sono il
diabete, le modificazioni ormonali e l’uso
di alcuni farmaci quali anti-ipertensivi, cortisonici, antidepressivi e antiepilettici.
Rilevante è la variabilità genetica individuale, in grado di modulare la risposta
immunitaria all’infezione e l’intensità dell’infiammazione.
Da un punto di vista patologico, la malattia
può essere definita come un’infiammazione che determina la distruzione delle fibre
collagene e la migrazione apicale dell'epitelio giunzionale (1).
I batteri, presenti normalmente nel cavo
orale, si depositano nel solco gengivale e,
se non rimossi, possono portare a un’infiammazione marginale della gengiva, definita gengivite.
La gengivite, al suo esordio, è una condizione reversibile, clinicamente caratterizzata da edema, arrossamento delle mucose e
sanguinamento. Tuttavia, se trascurato,
questo processo infiammatorio cronicizza,
evolvendo lentamente in parodontite.
Microbiologia della malattia parodontale
Gli organismi che causano la malattia
parodontale risiedono nelle biopellicole
che si formano sul dente o sulle superfici
Innovazione
e ricerca nella
diagnostica della
patologia orale
Francesco Carinci*, Ambra Girardi**, Francesca Cura**,
Dorina Lauritano***, Annalisa Palmieri**
*Dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale, Università di Ferrara, Italia
**Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale Università di Bologna, Italia
***Dipartimento di Medicina e Chirurgia Interdisciplinari, Università degli Studi di Milano-Bicocca,
Milano, Italia
n AbstrAct: La parodontite è una malattia che colpisce e distrugge i
tessuti di sostegno degli elementi dentari. La distruzione dei tessuti è l’esito di una risposta infiammatoria prolungata a un cambiamento ecologico
nella composizione dei biofilm sottogengivale. Le tre specie batteriche che
costituiscono il red complex (Porphyromonas gingivalis, Tannerella forsythia
e Treponema denticola) sono considerate i principali patogeni coinvolti
nella parodontite.
Nel presente studio viene descritta una metodica basata sulla Real-time
PCR per rilevare e quantificare le tre specie del red complex. In particolare, questa tecnica è stata utilizzata per valutare le tasche parodontali di
146 soggetti, dei quali 66 con parodontite e 80 controlli. I risultati hanno
dimostrato una prevalenza significativamente maggiore di batteri del red
complex nelle tasche dei pazienti affetti da parodontite.
È ormai acclarato che i batteri parodontopatogeni sono la principale causa
di malattia parodontale. Nel nostro lavoro viene inoltre descritto un nuovo
test batterico, che permette di identificare i principali patogeni e la carica
batterica causa di malattia parodontale.
epiteliali. La biopellicola fornisce un
ambiente protettivo per i batteri e favorisce
il loro metabolismo (2).
Nell'ultima review del 2009 (1) sono stati
indicati i principali patogeni parodontali:
Anno VII - n°3 - settembre 2013
13
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Punto chiave
Per la progressione
della malattia parodontale l’ospite deve
essere suscettibile
sia a livello sistemico
sia localmente.
Actinobacillus actinomycetemcomitans
È un piccolo bastoncello Gram-negativo,
immobile, saccarolitico, capnofilico, arrotondato, formante piccole colonie. Questa
specie è in grado di produrre una quantità
di metaboliti potenzialmente patogeni, tra
cui la leucotossina e una tossina dilatante
citoletale, che provoca la malattia negli
animali da laboratorio; in vitro invade le
cellule epiteliali delle gengive umane portandole a morte cellulare per apoptosi.
n
Porphyromonas gingivalis
È considerato il secondo patogeno parodontale. È un bastoncello Gram-negativo asaccarolitico, anaerobio e non mobile, che di
solito ha una morfologia variabile, da quella
di un cocco a quella di un bastoncello.
Questo batterio è in grado di inibire la
migrazione dei polimorfonucleati attraverso
una membrana epiteliale; inoltre, influisce
sulla produzione e sulla degradazione delle
citochine da parte delle cellule. Questa specie batterica aumenta in siti parodontali
compromessi, diminuendo sensibilmente
nelle tasche parodontali trattate. Anche P.
gingivalis, come A. actinomycetemcomitans, è in
grado in vitro di invadere le cellule dell'epitelio gengivale umano.
n
Punto chiave
La presenza di una
flora microbica
commensale è
essenziale per
lo sviluppo
di un’immunità
a livello orale.
Tannerella forsythia
È il terzo patogeno parodontale; questa specie cresce a fatica essendo necessari da 7 a
14 giorni per lo sviluppo di piccole colonie. Il
microrganismo è un bastoncello Gram-negativo, anaerobio, affusolato e altamente pleomorfo (3).
n
Treponema denticola
È ormai noto che P. gingivalis e T. denticola,
agendo in maniera concomitante, determinano la distruzione dell’apparato dentoparodontale. Sembra che queste due specie
batteriche siano implicate nei meccanismi di
aggregazione del biofilm nella sede orale,
ove presenti.
n
14
Anno VII - n°3 - settembre 2013
La progressione della malattia parodontale
dipende da tanti fattori che si manifestano
simultaneamente. L'ospite deve essere
suscettibile sia a livello sistemico sia localmente; l'ambiente locale deve contenere
specie batteriche che incrementino l'infezione o che per lo meno non inibiscano l'attività del patogeno. L'ambiente deve anche
favorire l'espressione di fattori di virulenza
da parte del patogeno. Gli agenti patogeni in
causa devono essere in quantità tali da iniziare o causare la progressione dell'infezione
in quel particolare individuo e in quel dato
ambiente locale. Un esempio è quello del P.
gingivalis che si può riscontrare in diversi siti
parodontali, ma che è privo di geni che conferiscono patogenicità. È probabile che la
maggior parte delle specie residenti nel cavo
orale siano compatibili con l'ospite e in
alcuni casi esse possano essere attivamente
benefiche (4).
La presenza di una flora microbica commensale, inclusi i potenziali patogeni, è essenziale per lo sviluppo di un’immunità a livello
orale (5). Dati recenti stimano che la cavità
orale potrebbe contenere più di 19.000 specie batteriche (6), ma ogni singolo soggetto
presenta solo una percentuale del numero
totale di patogeni. In ogni caso, c’è una
sostanziale diversità nel contenuto di microflora tra i differenti individui (7) e tra differenti sedi del cavo orale nello stesso individuo (8). In passato sono apparse in commercio molteplici metodiche per valutare la
microflora orale nei soggetti parodontali (9),
tutte caratterizzate da uno scarso successo a
causa della bassa sensibilità o specificità dei
test, del costo eccessivo e della complessità
di utilizzo nella pratica clinica. Il nostro
gruppo di ricerca da tempo si occupa di problematiche cliniche correlate alla malattia
parodontale (10-12); pertanto grazie alla collaborazione del laboratorio LAB (LAB s.r.l.,
Ferrara, Italia), è stato sviluppato un test
rapido ed efficace per identificare e quantifi-
STUDIO CLINICO
care le tre specie batteriche maggiormente
implicate nello sviluppo della malattia parodontale, che costituiscono il cosiddetto red
complex group: P. gingivalis, T. forsythia, e T. denticola.
È ormai noto che P. gingivalis e T. denticola,
agendo in maniera concomitante, determinano la distruzione dell’apparato dentoparodontale (13). Comunque sia P. gingivalis e
T. denticola sia T. forsythia presentano una maggior prevalenza in soggetti affetti da malattia
parodontale rispetto ai soggetti sani.
Ciò suggerisce che queste specie batteriche
influenzino lo sviluppo locale della malattia
parodontale (8). La presenza e la quantità
di questi patogeni può essere effettivamente misurata tramite la Real-time
Polymerase Chain Reaction (RT-PCR) utilizzando primer e sonde batteriche speciespecifiche. Le nostre ricerche supportano
l’ipotesi che l’intercettamento e la quantificazione dei batteri del red complex nel fluido
crevicolare possa essere considerato uno
strumento adeguato a fini diagnostici e
prognostici.
Materiali e metodi
Un totale di 146 soggetti sono stati inclusi
nel nostro studio. Di questi, 66 erano affetti
da malattia parodontale cronica, mentre il
gruppo di controllo era costituito da 80
pazienti, dei quali 46 soggetti presentavano
buone condizioni di salute orale, mentre 34
manifestavano gengivite moderata. La Tabella
1 riassume le principali caratteristiche dei
due gruppi.
Un campione di batteri è stato prelevato
dalla tasca parodontale di un singolo sito
mediante l’introduzione di un cono di carta.
Il DNA è stato estratto e purificato utilizzando i protocolli standard che prevedono
due incubazioni consecutive con lisozima e
proteinasi K, seguite da una purificazione
su colonnina mediante kit.
Polimerase Chain Reaction
Le sequenze delle sonde e dei primer sono
state disegnate sulla base della sequenza
genica dell’rRNA 16S disponibile nel database Human Oral Microbiome (HOMD 16S
rRNA RefSeq Version 10.1). Tutte le sequenze
sono state allineate per trovare regioni consenso. Per ciascun campione si sono allestite due successive amplificazioni in RT-PCR.
La prima ha permesso di valutare la quantità
totale di batteri, utilizzando due primer
degenerati e un probe in grado di appaiare
una regione altamente conservata del gene
16S dell’rRNA. Con la seconda amplificazione siamo riusciti a rilevare e quantificare le
tre specie batteriche appartenenti al red complex (P. gingivalis, T. forsythia e T. denticola).
Questa reazione è stata condotta, in triplex,
utilizzando una miscela composta da 6 primer e 3 probe. Ciascuna coppia di primer,
con la relativa sonda, è altamente specifica
per una specie batterica. Le concentrazioni
degli oligonucleotidi e le condizioni di
amplificazione sono state messe a punto in
maniera ottimale per garantire sensibilità,
specificità e riproducibilità alla reazione di
amplificazione, prevenendo inoltre l’inibizione in presenza di quantità sbilanciate di target. La quantificazione assoluta è stata condotta utilizzando la strumentazione Applied
Biosystems 7500 e i relativi software
(Applied Biosystems, Foster City, CA, USA).
Il profilo di amplificazione impiegato prevedeva: attivazione della polimerasi a 95°C per
10 minuti, seguita da due step di riscaldamento a 95°C e successivamente a 57°C,
entrambi per 15 secondi e ripetuti 40 volte.
In ogni reazione di amplificazione è stato
incluso un controllo negativo, senza templato, per valutare l’assenza di contaminazione.
Per la creazione di curve standard si sono
impiegati dei plasmidi contenenti le sequenze target dei batteri (Eurofin MWG Operon,
Ebersberg Germany), il cui numero di copie
è stato stimato utilizzando lo spettrofotometro Thermo NanoDrop.
Punto chiave
Le tre specie
batteriche del
red complex sono
prevalenti nei
soggetti affetti da
malattia parodontale
rispetto a quelli sani.
Anno VII - n°3 - settembre 2013
15
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Punto chiave
Ognuna delle specie
batteriche era comune
nei soggetti sani,
mentre la prevalenza
era doppia in quelli
con parodontite.
Punto chiave
Tra i batteri del red
complex, il maggior
grado di associazione
con la parodontite è
stato evidenziato per
T. forsythia.
Le curve standard sono state allestite in triplex, per cui ciascun punto della curva conteneva tre plasmidi alla medesima concentrazione. Nello specifico abbiamo utilizzato
diluizioni seriali comprese fra 101 e 107
copie di plasmidi.
La quantificazione assoluta del numero di
copie batteriche totali ha permesso la determinazione della quantità relativa di ciascuna
specie appartenente al red complex .
Allo scopo di evitare contaminazioni, la purificazione e il maneggiamento dei plasmidi
sono state condotte in un laboratorio separato, utilizzando pipette dedicate.
Analisi statistica
La statistica descrittiva è stata eseguita sul
foglio di calcolo Microsoft Excel. Abbiamo
applicato l’estensione Freeman-Halton del
test esatto di Fisher per calcolare la probabilità (a due code) di ottenere una distribuzione di valori in una tabella di contingenza 2x,
dato il numero di osservazioni in ogni cella.
Il calcolo dell’odds ratio (OR), invece, è stato
condotto on line sul sito internet OpenEpi
(www.openepi.com).
La quantità assoluta di ciascun batterio è
stata normalizzata secondo la carica batterica totale, ottenendo la quantità batterica
relativa (RBA). L’analisi della varianza a una
via (ANOVA) è stata utilizzata per determinare se vi fosse alcuna differenza significativa
tra il valore medio RBA di tre gruppi di
pazienti (sani, affetti da parodontite e affetti
da gengivite).
risultati
La tipologia e la quantità dei batteri del red
complex ottenuti dal fluido crevicolare è
stata valutata in 146 soggetti. Da ogni
paziente è stata analizzata da un punto di
vista quantitativo, tramite la RT-PCR, ogni
singola specie, ottenendo misure di carica
batterica totale dei tre patogeni coinvolti
nella malattia parodontale (P. gingivalis, T.
forsythia e T. denticola). Nel nostro studio preliminare abbiamo focalizzato l’attenzione
principalmente sulla prevalenza di queste
tre specie tra gruppi di pazienti che presentavano diagnosi differenti, indipendentemente dagli aspetti clinici che descrivevano la severità della malattia, per capire se
la presenza delle specie del red complex e la
loro quantità potesse essere considerata
un fattore predittivo di malattia parodontale. Ogni specie era comune nei soggetti
sani, mentre la prevalenza era grossolanamente doppia nel gruppo degli affetti da
periodontite. Valori intermedi, ma più vicini agli individui sani, sono stati osservati
nei pazienti con gengivite. I dati ottenuti
sono descritti nella Tabella 2.
L’estensione Freeman-Halton del test esatto di Fisher indica che la prevalenza di ciascuna specie del red complex è diversa fra i
pazienti, in maniera altamente significativa
(P. gingivalis P value = 2x10-8, T. forsythia P
value = 1x10-8, e T. denticola P value = 2x104). Il maggiore grado di associazione con la
parodontite si è evidenziato per T. forsythia.
CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE DI STUDIO
gengivite
malattia parodontale
46
34
66
63
12
14
37
femmine
83
34
20
29
39,8±18,9
31,6±18,6
34,3±15,4
48,9±18,2
3,9±1,7
2,6±0,6
3,2±1,0
5,0±1,7
età (media ± SD)
Tabella 1
Anno VII - n°3 - settembre 2013
sani
146
maschi
profondità di tasca (mm ± SD)
16
totale
STUDIO CLINICO
ASSOCIAZIONE TRA I BATTERI DEL RED COMPLEX E LA MALATTIA PARODONTALE
sani [1] gengivite [2]
malattia
parodontale [3]
OR (IC95%)
[1] vs [3]
[1]+[2] vs [3]
P. gingivalis
negativo
positivo
32
38
48
32
32
34
5,1(1,8-4.3)
4,2(2,6-6,8)
T. forsythia
negativo
positivo
49
21
31
39
22
44
6,1(3,1-11,9)
4,6(2,6-7,9)
T. denticola
negativo
positivo
42
24
38
46
43
23
3,4(1,8-6,4)
2,4(1,5-3,9)
Tabella 2
Infatti, l’OR osservato è di 6,1 (IC95%=3,111,9) confrontando pazienti sani con
pazienti affetti da periodontite, e di 4,6
(IC95%=2,6-7,9) quando si uniscono tra
loro i sani e i pazienti affetti da gengivite e
li si confrontano ai pazienti affetti da periodontite.
Dall’analisi dei dati ottenuti, risulta evidente che la quantità di P. gingivalis normalizzata differisce significativamente tra i
gruppi di pazienti analizzati F(2, 304) =
7.77, P value = 0,001; così come per T. denticola F(2, 304) = 7,47, P value = 0,001.
Contrariamente, non si è rilevata alcuna
differenza per T. forsythia F (2, 304) = 1,41, P
value = 0,25. I valori medi calcolati, sono
riportati nei grafici in Figura 1.
Discussione
Punto chiave
La PCR è il metodo più sensibile e rapido
per individuare i patogeni causa di malattia
parodontale. In particolare, il valore diagnostico della PCR è significativamente più
grande quando specifici patogeni, che è difficile coltivare in vitro o che richiedono un
lungo periodo di coltivazione, come le specie anaerobiche, sono implicate nell’insorgenza della malattia parodontale. Un recente miglioramento di questa tecnica è la RTPCR, che permette la quantificazione del
DNA bersaglio utilizzando sonde marcate
con un fluoroforo. Oltre alla possibilità di
quantificare il DNA target, questo tipo di
saggio offre il vantaggio che, avvenendo in
La RT-PCR permette
la quantificazione
del DNA bersaglio
senza il pericolo di
contaminazioni e
falsi positivi.
Figura 1 Grafici che rappresentano la quantità relativa di ogni specie batterica del red complex nei differenti gruppi di pazienti.
Anno VII - n°3 - settembre 2013
17
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
nella diagnosi della malattia parodontale. Di
qui l’importanza di validare un test parodontale che identifichi e quantifichi i principali
batteri parodontopatogeni.
Figura 2 Kit per il test batterico del red complex (per gentile concessione della LAB s.r.l,
Ferrara, Italia).
Punto chiave
Il test parodontale è
uno strumento
fondamentale
per la diagnosi
e la pianificazione
terapeutica della
parodontite.
18
Anno VII - n°3 - settembre 2013
un sistema chiuso quale il tubo di reazione
(che non viene mai aperto dopo l’amplificazione), si prevengono contaminazioni di
laboratorio e falsi positivi. Nella nostra ricerca abbiamo disegnato e testato le performance di un saggio in RT-PCR per identificare e quantificare i batteri del red complex
implicati nella malattia parodontale. In particolare, abbiamo evidenziato che P. gingivalis,
T. forsythia e T. denticola sono fortemente associati all’evoluzione in malattia parodontale,
dato che la loro prevalenza è risultata essere
maggiore tra i pazienti affetti da tale patologia. La presenza di queste specie batteriche
può aumentare significativamente il rischio
di sviluppare la malattia parodontale, essendo l’OR compreso tra 6,1 (T .forsythia) e 3,4 (T.
denticola). I risultati dell’analisi indicano che
la quantità relativa di P. gingivalis e T. denticola
nelle tasche parodontali è sensibilmente più
alta nei pazienti con malattia parodontale.
Questo indica che sia la presenza sia la
quantità relativa di batteri del red complex
possano essere considerati dati rilevanti
Rilevanza clinica del test microbiologico
nella malattia parodontale
Il test parodontale è uno strumento fondamentale per la diagnosi e la pianificazione
terapeutica della malattia parodontale
(LAB®test. LAB s.r.l, Ferrara, Italia)
(Figura.2).
Il referto del test microbiologico consente di
valutare la carica batterica totale presente
nel prelievo ed esamina quantitativamente
le specie batteriche maggiormente coinvolte
nella malattia parodontale. Nello specifico
sono ricercati i ceppi P. gingivalis, T. forsythia e
T. denticola (Figura 1).
I vantaggi dell’utilizzo del test microbiologico sono i seguenti:
n consente l'identificazione e la quantificazione dei principali patogeni nella fase diagnostica della malattia parodontale e della
perimplantite;
n misura il fattore «presenza di batteri parodontopatogeni» al fine di redigere un profilo
di rischio accurato;
n favorisce un controllo oggettivo dell'intervento terapeutico e del protocollo di mantenimento sia parodontale sia parodontaleortodontico;
n migliora la compliance del paziente che, se
adeguatamente informato riguardo al suo
personale profilo microbiologico, aderirà in
maniera più consapevole al piano terapeutico;
n permette una diagnosi accurata nell'analisi di pazienti e/o siti recidivanti alla terapia;
n rappresenta uno strumento innovativo nell’ambito della ricerca in parodontologia.
La presenza/assenza dei diversi complessi di
batteri differentemente proporzionati e la
presenza di sottotipi ad alta patogenicità
definisce il livello di aggressività della malattia parodontale.
STUDIO CLINICO
Questi parametri sono fondamentali per:
n stabilire una sequenza terapeutica;
n programmare gli intervalli nel follow-up;
n pianificare il mantenimento o l'avulsione
di elementi dubbi;
n facilitare l'adesione da parte del paziente
al piano di trattamento;
n migliorare la compliance del paziente all'igiene orale domiciliare e professionale;
n certificare l'avvenuta guarigione o un’eventuale necessità di interventi a fine terapia;
n monitorare la stabilità dei risultati ottenuti
mediante analisi di controllo eseguita periodicamente.
conclusioni
L’analisi molecolare della microflora delle
tasche parodontali mediante RT-PCR rappresenta un metodo valido ed economico per
identificare e quantificare rapidamente le
specie batteriche del red complex nei pazienti
parodontali. Questo test è stato valutato su
un ampio campione di pazienti e i risultati
dimostrano che è uno strumento in grado di
migliorare la diagnostica della malattia
parodontale.
Ringraziamenti
Si ringrazia la LAB s.r.l, Ferrara, Italia per
aver supportato il lavoro di ricerca.
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Anno VII - n°3 - settembre 2013
19
DentalClinics
PE RIO D ICO D I O D O NT O IATR IA G E N E RA L E
Il magazine
che si rinnova
sulla Rete
www.dentalclinics.it
Dental Clinics approda in
Internet e lo fa in grande
stile. Quando ci si connette
al sito www.dentalclinics.it
si entra in un universo
completamente diverso da quello che si incontra, di solito, visitando
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di quantità dei contenuti.
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RICERCA
Introduzione
Negli anni ’90 ha cominciato a svilupparsi
un nuovo filone di ricerca che ha indagato la
presenza di una correlazione tra le malattie
parodontali e alcune patologie sistemiche.
Da allora si è giunti prima a sospettare, e ora
ad affermare, che in effetti esistono forti
indizi (e in alcuni casi certezze) di rapporti
significativi con:
n malattie cardiovascolari;
n malattia diabetica;
n parti prematuri, patologie della gravidanza
e nascite sottopeso;
n patologie respiratorie;
n patologie oggetto di nuovi campi di indagine.
Periodontal
medicine: la salute
del futuro inizia
dalla prevenzione
Giulio C. Leghissa, Federica Demarosi, Bruno Briata
Liberi professionisti - Milano
Malattie cardiovascolari
La relazione tra malattia parodontale e
malattia cardiovascolare è stata ipotizzata
per la prima volta negli anni ’80 (1) e, nel
giro di poco tempo, sono stati pubblicati
numerosi lavori scientifici che sostengono
che, in particolare nella popolazione adulta
svedese, la salute dentale, e soprattutto lo
stato di infiammazione gengivale, è associata a disturbi cardiovascolari (2). Tali disturbi
possono essere molto significativi, tanto da
associare le infezioni del cavo orale a un
aumento del rischio di morte (3), dal
momento che la malattia parodontale è
risultata correlata a un rischio di malattia
cardiovascolare maggiore del 19% (4).
Quali possono essere le cause di un’associazione così significativa?
Presumibilmente l’infezione batterica gioca
un ruolo molto importante nella patologia
coronarica arterosclerotica (5), rappresentando un potenziale fattore di rischio proprio come l’età, il fumo, il colesterolo, il
sovrappeso, l’ipertensione e il diabete.
L’odontoiatra dovrebbe sempre tenere presente il fatto che le ortopantomografie con-
n AbstrAct: Negli ultimi anni si è sviluppato progressivamente un
nuovo filone di indagine che riguarda la complessa interazione tra patologie parodontali e malattie sistemiche.
Questa interazione si è via via dimostrata sempre più ampia, implicando
rapporti con la malattia coronarica, con la morte improvvisa per infarto
miocardico, con alcune importanti patologie della gravidanza (in particolare la pre-eclampsia), con il diabete ecc.
Si è così iniziato un processo di approfondimento di grande interesse e
di grande rilevanza che, esaltando il ruolo decisivo della prevenzione e
del trattamento delle patologie parodontali, sottolinea l’importanza della
squadra odontoiatrica nel contribuire alla prevenzione di gravissime
patologie sistemiche.
venzionali, se osservate accuratamente, possono evidenziare la presenza di calcificazioni carotidee. Ed è particolarmente suggestivo il fatto che la grande maggioranza dei
soggetti positivi per calcificazione carotidea
presenta all’analisi con duplex ultrasonico
anche periodontite. La relazione tra l’estensione delle calcificazioni carotidee e la severità della periodontite dimostra una correlazione tra le due patologie (6).
Dunque, una possibile causa di associazione
fra le due malattie è la formazione di placche
Anno VII - n°3 - settembre 2013
21
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Punto chiave
Un’alterazione del
profilo lipidico,
provocata dalla
periodontite cronica,
causerebbe la
sindrome ischemica
acuta.
Punto chiave
La malattia
parodontale ha
un’influenza sulla
mortalità per malattie
ischemiche e per
nefropatie diabetiche
di tipo 2.
22
Anno VII - n°3 - settembre 2013
arterosclerotiche (1). Ancora una volta si
evidenzia quanto pericolosa, per la salute
generale, sia la malattia parodontale.
All’Helsinki University Central Hospital, nel
2007-2008, sono state esaminate sugli
stessi pazienti sia le condizioni di salute
parodontale e la perdita di osso evidenziate nelle radiografie panoramiche, sia le
angiografie coronariche. Le conclusioni
sono in sintonia con quanto precedentemente affermato: rispetto ai pazienti che
non hanno stenosi significative, quelli con
scarsa salute parodontale, perdita di denti,
infiammazione parodontale e perdita di
osso presentano anche angiografie coronariche che dimostrano un restringimento
delle arterie (7).
Una volta iniziata l’evidenziazione di questa correlazione, le ricerche si sono moltiplicate e, nel 2004, è apparso il primo lavoro che studia la possibile correlazione tra
parodontite e infarto: «Nel gruppo di
pazienti controllato in questo studio le
malattie delle arterie coronarie erano associate a una prevalenza maggiore del normale di parodontite estesa, da moderata a
severa. È stato inoltre evidenziato un rapporto tra infarto acuto del miocardio e gravità della malattia parodontale» (8). Nel
2005 compare poi un nuovo lavoro che
dichiara: «Vi è evidenza dell’associazione
fra malattia parodontale e infarto» (9). Più
recentemente due nuovi gruppi di ricercatori confermano queste ipotesi: i pazienti
con aggravamento dell’infezione sottogengivale, con incremento dei livelli di P.
Gingivalis e T. Forsythia, presentano un’incidenza maggiore di infarto del miocardio
(10); inoltre, prendendo in esame 548
pazienti che riportavano storie di infarto
del miocardio, comparati a 625 soggetti di
controllo selezionati random dalla stessa
coorte e paragonati in fasce di 5 anni, si è
potuto evidenziare un incremento di infarti
miocardici nei pazienti sottoposti a estrazioni dentali di denti infetti, rispetto a
pazienti sottoposti a estrazione per trauma
o altre cause (11).
Nel corso di questi ultimi 10 anni si sono
formulate anche nuove ipotesi su questa
correlazione tra malattia parodontale e
infarto del miocardio, arricchendo così la
tesi di un’influenza dei patogeni parodontali sulla formazione della placca ateromatosica: secondo alcuni studi, un’alterazione
del profilo lipidico, provocata da una
periodontite cronica, potrebbe infatti rappresentare una potenziale causa della sindrome ischemica acuta (12,13).
Malattia diabetica
In questo campo l’influenza delle due patologie potrebbe essere bidirezionale.
Già all’inizio degli anni ’90 si era compreso
come «nei bambini diabetici vi è una significativa maggior incidenza di infiammazione gengivale rispetto ai bambini non diabetici» (14). Tale osservazione, negli anni
successivi, è stata confermata con ulteriori
ricerche, arrivando alla conclusione che «lo
stato pre-diabetico e la iperlipidemia sono
fattori di rischio comuni alla malattia parodontale e a quella cardiovascolare» (15).
Ma ancora maggiori sono le evidenze di
un’influenza in senso contrario, cioè dell’aggravamento della condizione diabetica
in presenza di malattia parodontale: si è
compreso infatti che uno scarso livello di
igiene orale può avere un effetto negativo
sul controllo ematico del glucosio (16), e
che «la malattia parodontale ha un’elevata
influenza sulla mortalità per malattie
ischemiche e nefropatie diabetiche di tipo
2. La malattia parodontale è infatti un
rischio addizionale per le patologie diabetiche» (17). Infine, dall’analisi di 10 studi è
stato evidenziato un miglioramento nel
controllo metabolico nelle persone con
diabete dopo trattamento della malattia
parodontale. Tuttavia, per poter valutare
RICERCA
con precisione il potenziale positivo del
trattamento della malattia parodontale
sarà necessario condurre più ampi studi
(18).
Parti prematuri, neonati
sottopeso e patologie
della gravidanza
Anche in questo campo le prime ricerche
significative risalgono ai primi anni 2000,
con una serie di lavori che ipotizzano la possibile correlazione tra la nascita di bambini
sottopeso e la malattia parodontale della
madre (19,20), mentre venivano lanciati i
primi allarmi per la possibile influenza della
malattia parodontale sui parti prematuri
(21,22). Poco dopo un’analisi rigorosa della
letteratura, pubblicata da Evidence-Based
Dentistry, sembrava però raffreddare queste
segnalazioni, indicando come non vi fosse
sufficiente evidenza scientifica a supporto di
queste due ipotesi (23).
Passavano solo 4 anni e altri ricercatori tornavano sull’argomento affermando che:
«1.108 donne che hanno avuto parti prematuri e 1.094 che hanno condotto a termine la
loro gravidanza sono state seguite e controllate in 8 centri per la maternità in Francia. È
stata osservata una significativa associazione tra la presenza di periodontite generalizzata nella madre e un aumento di rischio di
parto pretermine indotto per pre-eclampsia»
(24). Sulla possibile correlazione tra casi di
pre-eclampsia (specifica sindrome della gravidanza di origine sconosciuta caratterizzata
dall’aumento della pressione sanguigna e
proteinuria con potenziali complicanze fatali) e malattia parodontale si era già concentrata l’attenzione dei ricercatori, che avevano
dimostrato come la presenza di più alti parametri clinici e immunologici nel gruppo di
pazienti con pre-eclampsia suggerisse un
possibile ruolo della malattia parodontale
nella sua patogenesi (25).
Questa correlazione è stata ripetutamente
riscontrata e riportata nel 2007 in un lavoro
nel quale si afferma: «la malattia parodontale grave è stata diagnosticata nell’82% delle
donne gravide con pre-eclampsia, contro il
37% di quelle che non hanno evidenziato
sintomi di pre-eclampsia» (26). Un altro studio ha invece valutato la presenza sottogengivale di batteri patogeni per la parodontopatia su un campione composto da 127
donne gravide in buona salute sistemica,
delle quali 18 soffrivano di pre-eclampsia: «i
risultati dello studio dimostrano che i livelli
materni
subgengivali
di
A.
Actinomycetemcomitans erano elevati nelle
donne affette da pre-eclampsia» (27).
Punto chiave
Alcuni studi
sostengono il possibile
ruolo della malattia
parodontale nella
patogenensi della
pre-eclampsia.
Patologie respiratorie
Esiste una qualche correlazione tra malattia parodontale e gravi patologie respiratorie? Pare di si, poiché i batteri aerobi che
colonizzano la placca dentale sono una
fonte di patogeni per polmonite in anziani
ospedalizzati (28). Inoltre, si è dimostrato
come la placca dentale rappresenti una
Anno VII - n°3 - settembre 2013
23
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Punto chiave
Il miglioramento
della salute
e dell’igiene
parodontale possono
prevenire
esacerbazioni
della COPD.
importante riserva di batteri che possono
infettare la faringe. Dovrebbe dunque essere data molta importanza al controllo della
placca dentale per la prevenzione della
polmonite (29). Ciò non riguarda solo i
pazienti ospedalizzati, ma anche quelli sofferenti per malattia cronica ostruttiva polmonare (COPD) perché è stato dimostrato
che la malattia parodontale, una scarsa
cura dei denti e della propria igiene orale è
significamente associata con un aumento
del rischio di COPD (30). E ancora, pochi
anni dopo, un altro studio conclude che
«un numero ridotto di denti rimasti, un
elevato indice di placca e un ridotto tempo
di spazzolamento dei denti sono significativamente correlati con esacerbazioni della
malattia polmonare cronico-ostruttiva,
suggerendo che il miglioramento delle
condizioni di salute parodontali e il livello
di igiene orale possono essere una potenziale strategia preventiva contro tali esacerbazioni» (31).
Nuovi campi di indagine
Attualmente si stanno proponendo all’interno della periodontal medicine nuovi campi di
ricerca, dal momento che le correlazioni nell’organismo umano tra le differenti situazio-
24
Anno VII - n°3 - settembre 2013
ni patologiche sono molto più complesse di
quanto si pensasse solo 20 anni fa: nel 2011,
per esempio, uno studio ha ipotizzato una
relazione tra malattie parodontali e diverse
condizioni sistemiche, inclusa l’endometriosi (32). In seguito era stato ipotizzato un
possibile ruolo tra l’infezione dentale e l’infertilità maschile: sono stati considerati 75
maschi in lista d’attesa in una clinica per l’analisi dello sperma prima dell’inseminazione omologa. Nello stesso giorno i pazienti
hanno ricevuto anche un esame parodontale. La conclusione è stata che può esistere
un’associazione tra l’infertilità maschile, la
diminuzione della qualità dello sperma e le
infezioni parodontali (32). Nel 2012 viene
inoltre pubblicata una ricerca nella quale si
legge: «uno studio, condotto su 32.856
pazienti con disfunzione erettile e un selezionato gruppo di controllo randomizzato di
162.480 pazienti, ha dimostrato l’esistenza di
una evidente correlazione tra disfunzione
erettile e diagnosi pregressa di cronica
periodontite» (33). Questo studio è stato poi
ripreso nel 2013 sul Journal of Clinical
Periodontology, dove si afferma che: «i dati
suggeriscono che il trattamento parodontale
può produrre benefici addizionali con il
miglioramento delle condizioni nella disfunzione erettile; tuttavia, ulteriori studi sono
necessari per comprendere il meccanismo di
interazione tra le due terapie» (34).
La periodontal medicine si presenta perciò
come un enorme campo di ricerca, all’interno del quale si identificano continuamente
nuovi filoni e nuove ipotesi. Si rafforza progressivamente cioè l’idea che il corpo
umano sia una macchina molto complessa,
nella quale le interazioni sono numerosissime e l’esistenza di interferenze tra le più
complesse funzioni e i patogeni comunemente responsabili delle malattie parodontali sia ben più che suggestive ipotesi. Le
strade da percorrere per giungere a precise
definizioni sono ancora lunghe e complesse, ma ciò che emerge con sempre maggio-
RICERCA
re chiarezza è il fatto che la patologia parodontale si correla a ben più drammatiche
evenienze patologiche, e che la prevenzione
parodontale si connota come prevenzione
generale contro alcune delle più importanti
e fatali patologie. Si carica dunque il ruolo
dell’odontoiatra e dell’igienista di responsabilità ancora più gravi, facendo dei reparti di prevenzione degli studi odontoiatrici
l’anticamera della difesa contro alcune
delle patologie più gravi e significative.
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Anno VII - n°3 - settembre 2013
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DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
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Anno VII - n°3 - settembre 2013
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NORMATIVA
L’igienista dentaLe
può aprire uno studio
professionaLe autonomo
Pietro Ruggi
Avvocato e Magistrato Tributario - Matera
Alla luce della normativa vigente,
nonché di alcuni interventi giurisprudenziali, appare ormai definitivamente accertato come l’igienista dentale possa legittimamente
aprire e avviare un autonomo studio di igiene orale. Anzi, negli ultimi anni si stanno moltiplicando
dette iniziative professionali, con
enorme successo tra i pazienti.
L’igienista dentale rientra, infatti,
tra le professioni sanitarie “regolamentate“, ma non “ordinate”,
ossia tra quelle professioni per le
quali non sono stati ( ancora) istituiti, con legge dello Stato, un
albo e un relativo ordine professionale, ma per le quali è stata
comunque emanata una specifica
disposizione legislativa che ne
regolamenta il profilo professionale e lo svolgimento dell’attività.
Con Decreto del Ministero della
sanità n. 137 del 15/03/1999 (D.M.
137/99), infatti, è stato adottato il
«Regolamento recante norme
per l’individuazione della figura
e del relativo profilo professionale dell’igienista dentale».
L’art. 1, comma 3, del suddetto
decreto, recita testualmente:
«L’igienista dentale svolge la sua
attività professionale in strutture
sanitarie, pubbliche e private, in
regime di dipendenza o liberoprofessionale, su indicazione
degli odontoiatri e dei medici chirurghi legittimati all’esercizio
della odontoiatria».
Dunque, detta disposizione normativa legittima l’igienista dentale ad aprire e avviare un autonomo studio di igiene orale, in
quanto l’allocuzione «strutture
sanitarie» comprende il concetto
sia di struttura sanitaria vera e
propria, sia di studio medico,
nozioni che sono alternativamente previste, anche ai fini dell’esercizio dell’attività professionale.
Tale tesi è stata fatta propria dal
TAR Piemonte (n. 498 del
20/05/2011) che, pur sancendo il
diritto dei fisioterapisti di svolgere la loro attività in regime di
autonomia all’interno di propri
studi professionali, ha di fatto
espresso un principio che può
essere legittimamente esteso alle
altre professioni sanitarie non
mediche come quella degli igieni-
sti dentali. Non può assumere, di
contro, alcuna rilevanza il fatto
che il D.M. 137/99, nel disciplinare l’attività professionale degli
igienisti dentali, preveda che questi ultimi operino «su indicazione
degli odontoiatri e dei medici chirurghi legittimati all’esercizio
della odontoiatria».
L’introduzione del concetto di
«indicazione» è stato considerato
da alcuni come un limite imposto
dal legislatore all’autonomia
riconosciuta all’attività professionale degli igienisti dentali, con il
conseguente disconoscimento
del diritto per questi ultimi di
poter operare senza la presenza di
un «odontoiatria o di un medico
chirurgo legittimato all’esercizio
della odontoiatria».
Tale interpretazione è assolutamente priva di pregio giuridico e
l’individuazione del concetto di
«indicazione» non solo non costituisce un limite, di fatto e di diritto, alla piena autonomia professionale dell’igienista dentale, ma
non condiziona in alcun modo il
Anno VII - n°3 - settembre 2013
27
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
diritto di quest’ultimo a operare
in un autonomo studio di igiene
orale.
A ben vedere, infatti, con il termine «indicazione» si è voluto introdurre una semplice modalità di
svolgimento dell’attività professionale e non certo un vincolo
giuridico, altrimenti lo stesso
D.M. 137/99 avrebbe, come ha
fatto il legislatore per altre professioni sanitarie, utilizzato il termine «prescrizione».
L’indicazione è una diagnosi,
anche verbale e anche mediata
dal paziente, ricevuta dall’igienista dentale alla quale segue la
terapia individuata ed eseguita, in
piena autonomia professionale,
dallo stesso; l’igienista, pertanto,
non necessità della presenza di
un odontoiatra o di un medico
chirurgo autorizzato all’esercizio
dell’odontoiatria per poter legittimamente effettuare quelle competenze professionali che rientrano nel profilo individuato dal
D.M. 137/99.
28
Anno VII - n°3 - settembre 2013
La differenza tra il concetto di
«indicazione» e quello di «prescrizione» non può non avere un
valore giuridico: se lo stesso legislatore ha utilizzato per l’igienista
dentale l’allocuzione «su indicazione» e per altre figure professionali (come, per esempio, i fisioterapisti) quella «su prescrizione»,
ha voluto dare pregio giuridico
alla diversità dei due termini.
La prima differenza consiste sicuramente nella forma: mentre la
prescrizione è un atto scritto, l’indicazione può essere trasmessa
anche verbalmente.
E se l’indicazione non necessità
della forma scritta ad substantiam e
ad probationem, vuol dire che potrà
giungere all’igienista dentale
anche attraverso un rapporto
mediato dal paziente.
Tra l’altro, l’igienista dentale libero
professionista risponde a titolo
personale, sia penalmente sia
civilmente, per i danni eventualmente provocati al paziente, a prescindere dall’indicazione ricevuta.
La seconda differenza è da individuare nel contenuto, ovviamente
diverso: la prescrizione contiene
una diagnosi e una terapia, mentre l’indicazione contiene esclusivamente una diagnosi, rimanendo di esclusiva competenza dell’igienista dentale l’individuazione
e l’esecuzione della terapia.
A tale interpretazione si giunge
sia attraverso la valutazione, di
cui sopra, in tema di responsabilità personale dell’igienista dentale, sia attraverso la presa d’atto
dell’autonomia professionale
riconosciuta ex lege a detto professionista sanitario.
Ne consegue, quindi, che l’igienista dentale può operare legittimamente in un proprio studio di
igiene orale, in autonomia e
senza la necessaria presenza di
un odontoiatra o di un medico
chirurgo legittimato all’esercizio
dell’odontoiatria e che l’allocuzione «su indicazione» contenuta
nel D.M. 137/99 non limita assolutamente tale possibilità.
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11/09/13 16:54
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ARREDARE CON CREATIVITÀ
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
di Claudio Palerma
In questo numero presentiamo un’artista molto
interessante, Claudia Dalmastri. Nata a Milano nel
1985 e laureata in Arti visive all'Accademia di Belle
Arti di Brera nel 2007. Già durante il percorso di studi
partecipa ad alcune mostre esponendo le proprie
creazioni.
Arte: terapia dello spirito
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Acrilico e tempera su tela
30x35; 30x20; 30x60
Per contattare l’artista:
CLAUDIA DALMASTRI
mail: [email protected]
http://claudiadalmastri.wix.com/pittrice
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Anno VII - n°3 - settembre 2013
ome i nostri fedeli lettori sanno, tra le tematiche che per formazione e affinità elettive
ci sono sempre state a cuore, vi è la gestione extra-clinica del paziente. Abbiamo così
deciso di iniziare una nuova rubrica dal nome «Arredare con cretività» nella quale
verranno presi in esame i vari aspetti legati a questo ambiente, come la musica di sottofondo,
l'arredamento della sala, i profumi dell'ambiente.
Su queste colonne scriveremo degli stimoli sia visivi sia uditivi. Nelle
nostre Newsletter, poi, troveranno spazio anche recensioni e brani
musicali.
Iniziamo, in questo numero, parlando di stimoli visivi.
Nello studio odontoiatrico riveste grande importanza l’ambiente di prima
accoglienza: dalla reception, alla sala di attesa e agli spazi comuni di
relazione.
In queste aree l’illuminazione naturale e artificiale, i colori scelti per
soffitto e pareti, il profilo che si intende tenere come atmosfera (moderna,
classica, spartana, sontuosa ecc.) e i complementi d’arredo giocano un
ruolo chiave nella “conquista” del paziente da parte dello studio.
Non dobbiamo dimenticare che i nostri pazienti sono concentrati su ciò
che li attende, con la consapevolezza che probabilmente proveranno
dolore.
Sono persone in ansia, tese, preoccupate.
È fondamentale riuscire a fornire loro degli stimoli visivi e sonori utili a
distrarsi o, meglio ancora, a focalizzare altrove la loro attenzione.
Ciò detto, secondo chi scrive, sono i quadri e gli acquari gli strumenti
visivi con cui, meglio di ogni altra cosa, si riesce a entrare in sintonia, a
creare empatia con le persone.
E questo senza differenze di età o sesso: su tutti hanno la stessa efficacia.
Questa rubrica proporrà ai lettori una serie di giovani artisti, autori di
opere che, posizionate in sala d’attesa, invitano gli osservatori a
intrattenere una relazione visiva coinvolgente.
Iniziamo presentando un’opera dell’artista Claudia DALMASTRI: una pittrice i cui elementi
preponderanti sono i colori e l’armonia tra essi.
La composizione “Nello spazio” è un trittico che trasmette la tranquillità infinita del cielo, ma
che contiene, nella parte inferiore, elementi che catturano la concentrazione dell’osservatore.
Insomma … un “perdersi con attenzione”.
Chi guardando il cielo non si abbandona nel suo profondo azzurro e non viene
tranquillizzato da quella calma immateriale?
Chi in certe notti estive non è mai rimasto incantato nella ricerca dei pianeti luminosi che si
osservano nel blu profondo della notte?
Ciò che colpisce immediatamente l’osservatore è questo senso di serenità che viene esaltato
dal gioco di contrasti dato dalle linee, dalle forme e dai colori.
Guardando l’opera, si viene attratti dal cerchio del pianeta di un blu intenso che coinvolge e
cattura l’animo dell’osservatore e dal movimento creato dalle linee nella parte bassa che
richiamano la natura e che, come se attirate dalla forza del pianeta, lo avvolgono caldamente.
La tensione armoniosa che genera questo quadro crea un’assenza di temporalità in chi lo
guarda e lo rapisce dalla realtà.
DentalClinics
LETTERE AL DIRETTORE
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
a cura di Antonio Carrassi
Derva la buca, foeura parol
caro direttore,
è proprio vero che l’importante è parlare, parlare, parlare (o scrivere), non importa se senza
alcuna base di verità. a furia di dire delle cose, fossero anche completamente false,
qualcuno ci crede e poi, mano a mano, diventano verità. È un metodo ormai comune nella
politica italiana dove non si entra quasi mai nel merito dei fatti, delle cose che si stanno
realizzando, che si sono realizzate. Si parla, si esprimono opinioni che vengono cambiate o
smentite il giorno dopo. così si fa anche in odontoiatria.
Sul n. 27 (luglio 2013) de “Il Mondo” scopriamo che è «… in via di ampliamento Sanident
. . . nata nel 2009 come punto di riferimento della odontoiatria milanese…» leggo la
notizia e mi domando come ho fatto a cadere così in basso io che, abbonato a quasi tutte le
più prestigiose riviste internazionali, socio attivo di numerose società scientifiche,
frequentatore di molti congressi nazionali e internazionali, non sapevo nemmeno che
Sanident esistesse.
Ma come, non conosco «il punto di riferimento dell’odontoiatria milanese»? Io che pensavo
al centro per la patologia orale del San paolo, al centro di riferimento dell’oMS sempre
al San paolo, al reparto di implantologia del Galeazzi, a tutti i centri di eccellenza presenti
a Milano, non mi ero accorto dell’astro nascente, di Sanident? Sto proprio invecchiando.
poi vado avanti a leggere e un po’ mi consolo. chi sono i concorrenti con i quali «il punto
di riferimento della odontoiatria milanese» deve confrontarsi? vitaldent o Doctor Dentist.
e con questo mi sono tranquillizzato.
Non è che sono invecchiato improvvisamente e rimbambito, è che ho letto cose prive di
senso, o meglio, come si dice a Milano, «derva la buca, foeura parol» (apre la bocca e fuori
parole).
Dott. Giulio C. Leghissa
Libero professionista - Milano
Anno VII - n°3 - settembre 2013
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Dott. Giovanni Bona
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Le Cliniche Dentali Giovanni Bona sono a: Orbassano (TO), Pinerolo (TO), Rivoli (TO),
Catania, Casale Monferrato (AL), Cuneo, Rho (MI), Merate (LC), Mestre (VE), Monza, Forlì, Piacenza, Roma
E prossimamente a: Monza (MB)
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INTERVISTA
IntervIsta a emIlIo BIanchI,
Direttore Generale di senaF srl
a cura di Claudio Palerma
Direttore editoriale Dental Clinics
In collaborazione con il Centro Studi PMI – Italia Impresa
www.italiaimpresa.it
Il 27 Settembre al Palacassa di
Parma si terrà la Seconda Edizione
del Convegno Espositivo IL DENTISTA; quali sono stati gli esiti e
la risposta del pubblico alla prima
edizione?
In realtà il nostro impegno convegnistico
nel
settore
dell’Odontoiatria parte 3 anni fa;
dopo 2 anni su Milano, il nuovo
format Convegno Espositivo, ci
ha portati alla struttura Palacassa
di Fiere di Parma. I risultati dell’ultima edizione, segnano un
trend in crescita con il coinvolgimento di 13 aziende sponsor e
oltre 150 dentisti in sala.
n
In un momento economicamente
difficile come questo, cosa spinge
un’azienda ad organizzare un
evento di tale portata e con un
certo grado di rischio economico?
La presenza reale in un settore
merceologico deve essere sostenuta anche in momenti di difficoltà. L’impegno alla formazione
e alla divulgazione scientifica
sono alla base del nostro investimento; strumenti questi che
n
occorrono al coinvolgimento di
odontoiatri e loro fornitori, per
creare anche quel momento di
promozione commerciale necessario ad un mercato maturo.
n Quali saranno i temi e gli argomenti cardine su cui punterà il
Convegno questo anno?
Si può riassumere tutto in due
aspetti: il riposizionamento “al
centro” del Paziente e i Giovani
Dentisti. Con la fattiva collaborazione del Comitato Tecnico composto dai dottori Massimo
Gagliani, Luigi Paglia, Dino Re e
Sandro Siervo è stato impostato
un importante convegno plenario
dal titolo “L’odontoiatria orientata al Paziente” che vedrà la partecipazione in qualità di oratori di
Massimo Simion, Michele
Maglione, Fabio Gorni, Federico
Biglioli, Walter Devoto e Michele
Cassetta. Inoltre è stata riconfermata la premiazione per le 3
migliori tesi di laurea in
Odontoiatria e Protesi Dentaria
istituita dalla rivista il Dentista
Moderno.
Quali sono i plus che il vostro
convegno offre alle aziende sponsor?
Innanzi tutto un auditore profilato che, grazie ad una attenta
definizione della scaletta e dei
tempi, avrà oltre 4 ore per visitare le aziende sponsor. In un
momento in cui il mercato è
fermo e aumentano i costi di
mobilità per promuovere i propri
prodotti, la nostra formula
Convegno Espositivo offre un
costo contatto assolutamente
impareggiabile.
n
Quali sono i risultati che vi
aspettate da questa nuova edizione?
Con un programma di assoluto
rilievo e il rilascio di Crediti
Formativi, abbiamo iniziato da
tempo la promozione per gli
auditori. Stiamo raccogliendo
dati confortanti che ci fanno realisticamente pensare al raggiungimento di 300 partecipanti: praticamente, miriamo a raddoppiare i risultati della precedente edizione.
n
Anno VII - n°3 - settembre 2013
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progetto SCUOLA SICURA Rotary Club
Milano SUD
Il Rotary Club MILANO SUD ha attivato, nell’anno rotariano 2008‐2009 il progetto SCUOLA SICURA. scopo è quello di sensibilizzare i ragazzi maggiorenni delle scuole superiori della città di Milano (80 istituti) sui corretti stili di vita, sulla prevenzione dei rischi cardiovascolari e sulla gestione dell’evento drammatico: l’arresto cardiaco. Per raggiungere questo risultato si è pensato di:  coinvolgere da 3 a 5 insegnanti per ciascuna scuola in un processo di formazione qualificata condotta da istruttori certificati da AREU 118 Milano sulla rianimazione cardio‐polmonare e l’uso dei DEFIBRILLATORI  formare i ragazzi dell’ultimo anno con una lezione teorico‐pratica sull’importanza della prevenzione (corretti stili di vita, rischi legati all’abuso di alcool e droga) curata dagli esperti del Centro Cardiologico Monzino e sui fondamenti del Basic Life Support (BLS), rendendoli capaci di intervenire in caso di arresto cardio‐
circolatorio 
fornire a ogni istituto un MANICHINO per far esercitare insegnanti e ragazzi e un DEFIBRILLATORE semi‐automatico (DAE) 
realizzare un manuale operativo ed una serie di poster da distribuire in ogni scuola, assieme ad un breve filmato su come agire in caso di arresto cardiaco 
preparare il corpo docente delle scuole (con fornitura di materiale didattico) in modo che, allo scadere del progetto, il mantenimento della formazione degli allievi possa essere fornito direttamente dagli insegnanti. Ogni defibrillatore installato entra a far parte della rete civica del 118 Milano Il progetto si pone come obiettivo di intervenire su tutte le scuole superiori di Milano, 80 istituti, per il 2015, anno dell’eXpo. Ad oggi le scuole coinvolte sono 42, è possibile controllare gli sviluppi sul sito Web http://www.scuolasicura.it , e a fine campagna, i risultati attesi sono:  tra 450 e 500 insegnanti formati e abilitati all’uso del DAE e in grado, a loro volta, di formare i nuovi studenti  più di 4.500 studenti formati su BLS  oltre 5.450 ore di formazione erogate  dono di 80 manichini per le esercitazioni (1 per scuola)  dono di 80 DAE (1 per scuola)  oltre 5.000 manuali su “stili di vita e principi della RCP” SOSTIENI IL PROGETTO! o
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o
Per sostenere una scuola il costo è di € 3.500,00 La formazione di una classe costa € 1.000,00 Il corredo didattico di una classe (manuale+DVD) ha un costo di € 500,00 La tua donazione andrà fatta alla Fondazione Rotary Club Milano per Milano e sarai presente sul nostro sito come Partner sostenitore  IN BANCA indicando: “Progetto Scuola Sicura” o c/o Banca Prossima IBAN: IT07 U033 5901 6001 0000 0001 771  CON CARTA DI CREDITO sul sito www.fondazionerotarymilano.it
La Fondazione invierà regolare ricevuta scaricabile fiscalmente, essa è legalmente riconosciuta e può rilasciare regolare legale ricevuta delle donazioni con i conseguenti sgravi fiscali previsti dalla legge per le Onlus. “Ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 917/86 (Testo Unico) sono detraibili le erogazioni liberali fatte da persone fisiche a favore di persone giuridiche che perseguano finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, ricerca scientifica, attività culturali per un ammontare e con le modalità indicate nella norma citata (22% o quota fissa).” Ufficio Stampa progetto SCUOLA SICURA [email protected] Fax 0229526207 Prova la differenza di una
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