IIS. “Arimondi- Eula” di Savigliano 4^D Amministrazione, finanza, marketing Maglio Alessia OSTRACISMO: ”In senso figurato, il comportamento con cui, nell’ambito di un gruppo sociale o politico omogeneo, le persone che esercitano il potere o dispongono di particolare influenza escludono o emarginano, spesso facendo leva su forme di coazione sociale chiunque abbia violato le regole del gruppo stesso; in particolare, il termine viene usato in antropologia sociale per indicare l’esclusione da una comunità di quegli individui che si siano resi colpevoli di determinate infrazioni; per estensione, può trovarsi riferito anche a comportamenti, pratiche, ideologie: dare l’ostracismo a qualcuno, perseguitarlo, ostacolarlo, emarginarlo in tutti i modi; dare l’ostracismo a qualcosa, condannarla, metterla al bando.” Dizionario italiano Treccani Tutti noi siamo vittime di ostracismo. C’è chi n’è stato colpito direttamente e chi ne subisce le conseguenze perché colpevole di essere nato in un momento sbagliato, nel luogo sbagliato, da famiglie di orientamento religioso sbagliato, di ideologia politica sbagliata. La diversità che colora il mondo è ritenuta sbagliata oggigiorno così come nel corso della storia. Esattamente settantuno anni fa, Gianfranco Maris entrava nel campo di concentramento di Mauthausen – Gusen perché i suoi ideali politici seguivano un filo logico conducente alla libertà, principi quindi contrastanti con la Repubblica Sociale Italiana e con le leggi naziste. Così come lui, milioni di persone videro, subirono e pagarono con la propria vita l’orrore dei campi di concentramento. I disabili furono i primi, seguiti dagli Schutzhiiftling: prigionieri politici, da criminali comuni di origine tedesca, dagli zingari, dalle prostitute, dagli immigrati, dagli studiosi delle sacre scritture, dagli omosessuali e dagli ebrei. Soprattutto dagli ebrei. Nessuno era escluso dalla sensazione di terrore che macchiò gli anni dal 1939 al 1945. Nessun luogo in cui sentirsi al sicuro, nessuna libertà espressiva, nessun diritto: nemmeno il diritto alla propria vita. Uomini destinati a lavorare fino all’estremo sfinimento, con l’unica colpa di essere unici, differenti. Secondo Hitler le loro erano “vite indegne di essere vissute”; esattamente tredici milioni di vite indegne, di cui la sorte fu gestita da un unico uomo. Che sia degno di essere chiamato uomo non vi è certezza, ma di certo però ci sono le testimonianze: le parole di terrore che sono uscite con voce flebile da uomini, donne, bambini. Uomini che probabilmente erano padri, donne che non sono riuscite a diventare nonne e bambini persi nell’oblio di loro stessi. Testimonianze tutte differenti ma tutte accomunate dal dolore dilaniante della fierezza dei militi tedeschi, dalla paura. Paura che però non ebbe fine nel 1945. Essa accompagnò le persone sopravvissute per anni. Sono la paura e la voglia di dimenticare questi terribili ricordi che portano Maris, autore di “Per ogni pidocchio cinque bastonate” a raccontare la sua storia all’età di 91 anni. Vivo per miracolo, vivo per questione di poche notti, incredulo anch’esso delle condizioni di vita che ha sostenuto per 265 giorni. Mucchi di ossa ricoperti di stracci usurati e costretti a lavorare, mucchi di ossa riconoscibili mediante un numero, senza più un volto identificabile, senza più alcuna speranza. Tutto ciò ci appare come una realtà ormai lontana, come un’ignoranza xenofoba ormai estinta. Ma la realtà nascosta è ben differente. Basta voltare il nostro sguardo verso l’oriente per sorprenderci che in Corea del Nord queste realtà sono all’ordine del giorno. I campi di lavoro inevasibili sono però stati clementi con Shin Dong- Hyuk che riuscì a sfuggire alle condizioni disumane in cui viveva nella più ignara consapevolezza che esistesse un mondo all’esterno di quei recinti elettrificati. Non fu facile nemmeno per egli riuscire a esternare la sua storia. Gli ci vollero anni prima di riuscire a fidarsi di qualcuno che potesse tradurre le sue parole su carta. Le condizioni disumane in cui è stato costretto a vivere per nascita l’hanno reso sterile alle emozioni ed alla fiducia, anche quella in se stesso. Tutti noi siamo indotti a credere erroneamente che l’umanità dopo certi orrori si sia evoluta ma in realtà viviamo in un mondo lasciato a se stesso, tutti abbindolati dai media e dalle notizie camuffate dei giornali o telegiornali. Non siamo poi così differenti dalla società del Novecento come riteniamo, anzi, continuiamo ad essere gestiti come marionette, ignari delle possibili sorti che ci attendono. Forse è proprio questo il vero grande problema dell’uomo, la scarsa attenzione alla propria storia, il lasciar correre degli avvenimenti finché essi non sfociano in qualcosa di estremamente irrimediabile. I colori del mondo devono però riuscire a saltar fuori: la calda e rosea sensazione di un sorriso deve tornare ad illuminare i cuori ghiacciati dei soldati ormai sordi ad ogni tipo di amore. Le differenze tra gli uomini sussisteranno sempre, nessuna legge potrà mai impedirne l’esistenza, ma bisognerebbe imparare ad amarle. Che differenza c’è tra una carnagione olivastra ed una più pallida? Alcuna. Proprio come non c’è nessuna diversità tra una pelle nera piuttosto che una bianca. La fisica definisce il bianco ed il nero come “non- colori” in quanto il primo riflette tutti i colori dello spettro del visibile, mentre il secondo invece li assorbe tutti. Tutti noi quindi apparteniamo alla categoria dei non- colori, purtroppo non solo per una questione di pelle, ma anche di anima. La nostra anima nera ci permette di dormire sogni tranquilli mentre in Siria piuttosto che in Egitto un numero illeggibile di persone vengono uccise a sangue freddo a causa di un fanatismo estremo; essa ci permette di continuare a consumare il nostro pasto abbondante senza pensare a chi invece di cibo come il nostro non ne ha mai nemmeno visto una fotografia. L’unica cosa che riesce ad accomunare l’uomo è la ferocia, la guerra. Questo è il motivo per il quale essa non cesserà mai e per il quale le diverse popolazioni non riusciranno mai ad integrarsi a meno che una non acquisisca la supremazia sull’altra. Questa è la triste realtà che ci circonda alla quale però non vogliamo credere. “Ciò che è accaduto può ancora succedere, perché ciò che accadde fu opera di uomini come noi.” PRIMO LEVI