STEVE JOBS
di Danny Boyle
(Steve Jobs) REGIA: Danny Boyle. SCENEGGIATURA: Aaron Sorkin. INTERPRETI: Michael Fassbender,
Kate Winslet, Seth Rogen, Jeff Daniels, Michael Stuhlbarg, Katherine Waterston. FOTOGRAFIA: Alwin
Küchler (Formato: Cinemascope/Colore). MUSICA: Daniel Pemberton. PRODUZIONE: Scott Rudin
Productions, Entertainment 360, Mark Gordon Company, Decibel Films, Cloud Eight Films.
DISTRIBUZIONE: Universal. GENERE: Drammatico. ORIGINE: USA. ANNO: 2016. DURATA: 122’.
Una figura particolare come quella di Steve Jobs non poteva avere un biopic
classico o banale. Ci hanno provato già una volta con Jobs (quello con Ashton
Kutcher) e il risultato è stato fallimentare, e solo Aaron Sorkin poteva condensare
la vita di un complesso, eccentrico e geniale uomo quale il fondatore della
Apple Computer. Quello che è ritenuto uno dei migliori sceneggiatori di
sempre, già premio Oscar con il bellissimo “The Social Network”, ha preso la
lunga biografia ufficiale scritta da Walter Isaacson, e l’ha trasformata in un
tesissimo dramma composto da tre atti. Quaranta minuti ciascuno, ambientati
rispettivamente nel 1984, 1988 e 1998 prima dei keynote di presentazione di tre
prodotti: Apple Macintosh, NeXT e l’iMac. Narrati in tempo reale, raccontano di
eventi veri o verosimili accaduti nella vita di Steve Jobs in altri momenti e
riescono a riassumere rapporti decennali, anche molto complessi, tra Jobs e alcune e figure chiave
della sua vita. Ci bastano tre scene con Jeff Daniels per comprendere in modo eccellente e per
nulla riduttivo il rapporto tra Jobs e John Sculley, l’uomo che licenziandolo dalla Apple dopo averla
creata, gli ha permesso effettivamente di maturare e trasformarsi nel genio completo che ha
rivoluzionato diversi ambiti del mondo della tecnologia e dell’intrattenimento. Stesso discorso per
le sequenze con Seth Rogen (Steve Wozniak), che riassumono con poche taglienti battute, sguardi e
pause una lunga relazione complessa, burrascosa e di rispetto reciproco: quella tra Jobs e il cofondatore della Apple, così simili e diversi allo stesso tempo. Kate Winslet interpreta invece Joanna
Hoffman, la responsabile marketing della Macintosh e unica delle poche persone ad aver saputo
tener testa a Jobs per anni senza finire in manicomio, mentre Michael Stuhlbarg è Andy Hertzfeld,
uno degli sviluppatori originali della Apple. La vera perfezione si raggiunge però riuscendo a
mostrare al pubblico il rapporto con la figlia Lisa nelle fasi della sua crescita, una bambina rifiutata
per molti anni e divenuta fonte di ispirazione mai ammessa in modo esplicito per Jobs. Ma chi era
Jobs? Era davvero così geniale pur non avendo mai creato effettivamente nulla con le proprie mani,
come molti detrattori gli contestano? La risposta è “certo”. Steve Jobs era un grande regista, con
una mente, una personalità e un modo di ragionare che gli hanno permesso di concentrarsi sul
presente mentre teneva due occhi puntati sul futuro: qualcosa di normalmente impossibile, ma con
la “distorsione della realtà” riusciva a farlo fare anche agli altri. Selezionando le giuste figure, e
focalizzando le proprie energie in battaglie solo apparentemente inutili (in particolare nell’ambito
di sistema operativo e design), ha portato alla luce prodotti innovativi che sono andati incontro a
quello che effettivamente i consumatori volevano in modo fino ad allora inconsapevole (“La gente
non sa cosa vuole finché non glielo mostri” era uno dei suoi motti). Un ruolo molto simile a quello
del regista cinematografico, proprio come quello che ha avuto in questo film Danny Boyle, già
premiato agli Academy con il suo “The Millionaire”. Avere a disposizione i migliori attori al mondo,
una sceneggiatura da Oscar e un reparto artistico e tecnico impeccabile non sono necessariamente
sufficienti alla realizzazione di un gran film. È il regista, con la sua sensibilità e la sua visione, a
dirigere e imporre sugli altri il proprio pensiero, a volte ascoltando consigli e a volte respingendoli
con fermezza, per creare il miglior prodotto possibile.
* Due ore di film che riescono realmente a darci un’idea completa di Steve Jobs, del suo carattere
difficile (se non impossibile), del suo modo di ragionare, delle sue ossessioni e di tutto quello che
gli ha permesso di entrare ufficialmente nell’olimpo di geni indimenticabili che hanno lasciato la
propria impronta indelebile nel nostro mondo. Il merito è ovviamente anche di Michael
Fassbender, impressionante nel ruolo di Jobs e solo all’apparenza così diverso nell’aspetto fisico.