Cambiare il mondo
Un’espressione troppo abusata che sta perdendo il suo significato
La scomparsa di Steve Jobs, oltre che suscitare giustamente tristezza e infelicità, ha dato inizio a una
serie di sproloqui ingiustificati di cui pochi si sono accorti. Steve Jobs ha di sicuro fatto qualcosa di
incredibile creando dal nulla una società (la Apple) e facendola diventare una delle più importanti e
conosciute al mondo. Sicuramente è stato eccezionale imprenditore, incredibile informatico e una delle
persone più in vista degli ultimi decenni. Quando però alcuni hanno cominciato a dire che aveva
“cambiato il mondo” hanno esagerato, forse nel tentativo di ingigantire la cosa e mitizzare la figura
dell’inventore per poi riuscire magari a far ingigantire il giro d’interesse e di soldi che c’era e c’è,
anche ora che è morto, intorno a alla sua persona. L’articolo non vuole certo andare contro Steve Jobs
e cercare di sminuirne la figura, ma analizzare cosa si intende oggi con l’espressione “cambiare il
modo” e se questa sia davvero appropriata in alcune circostanze.
Molte volte si è sentito dire “Bill Gates ha cambiato il mondo”,”Mark Zuckenberg ha cambiato il
mondo” , “Steve Jobs ha cambiato il mondo” e altri ancora. Ma costoro hanno davvero “cambiato il
mondo”? Certo hanno avuto un loro ruolo nei forti cambiamenti che l’informatica e la comunicazione
hanno portato negli ultimi periodi. Ma dire “cambiare il mondo” vuol dire usare parole grosse, forse
troppo per chi non sa come usarle. Quando il sottoscritto pensa alle persone che hanno cambiato il
mondo si riferisce a poche persone che nella storia dell’umanità hanno influito pesantemente sul modo
di pensare dell’uomo e non hanno cambiato (visto dalla prospettiva del lungo periodo o della storia o
di ciò che “il mondo” è) una semplice routine o poco più. Quelli che sono riusciti a cambiare il mondo
e in un certo senso il modo di pensare (e quindi di sentire, di vivere…) degli uomini sono stati
veramente pochi. Per citarne alcuni esempi si possono menzionare: Buddha, Gesù, alcuni illuministi,
coloro che hanno contribuito alle grandi scoperte scientifiche e al miglioramento delle condizioni di
vita umane e all’allungamento di essa. E poi Gandhi e pochi altri.
Buddha era un ricco principe che ebbe il coraggio di lasciare il lusso della sua corte per creare una
filosofia di vita ancora oggi molto conosciuta e seguita (il Buddismo). Gesù lo conoscono tutti,
credenti e non, ma quel che più mi preme sottolineare è il suo pensiero rivoluzionario per l’epoca (ad
esempio la celebre frase “chi è senza peccato scagli la prima pietra” racchiude in sé un significato
quasi sconosciuto all’epoca: quello di guardare prima ai propri peccati che a quelli degli altri e a non
giudicare se non si è prima posto sotto giudizio se stessi). Gli illuministi sono coloro i quali più di tutti
gli altri, nei tempi moderni, sono riusciti a pensare in modo innovativo. Basti pensare a quanti erano
contro la pena di morte e la tortura; su tutti mi pare Beccaria, Montesquieu, Voltaire e Rousseau. Gli
uomini di scienza che hanno permesso all’uomo una migliore e più lunga vita sono innumerevoli, e tra
questi quelli che hanno rivoluzionato la medicina come Wilson Greatbatch , inventore del pacemaker,
e Christiaan Barnard, autore del primo trapianto di cuore. Vi è poi la Grande Anima, Gandhi, e coloro
come lui che si sono fatti promotori della non violenza (Martin Luther King, Tolstoj e altri), una linea
di pensiero assolutamente innovativa e rivoluzionaria, in un mondo in cui i mezzi dell’odio e la prassi
della guerra hanno fatto la storia umana.
Tutti i personaggi sopra citati hanno sì cambiato il mondo, ovvero sono riusciti a mutare con la loro
opera un’idea nell’uomo sino allora radicata, apparentemente inscalfibile, e mutando il modo di
pensare e di essere dell’uomo (dandogli una vita migliore o più sana, altri mezzi, pensieri…) hanno
cambiato il mondo.
L’espressione “cambiare il mondo” poteva una volta essere ricondotta alla religione o alla filosofia,
poi si è passati ad associarla al progresso scientifico e alla tecnologia e quindi alla medicina,
all’alimentazione, all’igiene… Cioè a tutto ciò che portava a un mutamento significativo e positivo
nella vita dell’uomo. Ma c’è da chiederci se questa espressione non occorre anche, soprattutto oggi in
questo tempo così veloce nei mutamenti e nel consumarsi delle cose, non la si debba applicare anche a
cambiamenti meno nobili e positivi e che sono andati e vanno a determinare piuttosto la commercialità
delle cose e il desiderio degli uomini di possederle. C’è da chiedersi se un pubblicitario o un venditore
non possa incidere più che un pensatore o un politico in questo nostro mondo consumistico e
omologato.
La Apple (e altre società) hanno certo creato tecnologia, ma soprattutto hanno creato un marchio e
hanno saputo venderlo. Ma mi viene veramente difficile pensare che relativamente ai veri
cambiamenti del mondo
i suoi computer e cellulari si possano comparare alle idee degli illuministi, alle filosofie di vita di
grandi pensatori o alle invenzioni che hanno dato più tempo e nuovo senso alla vita. E in definitiva più
libertà all’uomo.
Le invenzioni di Steve Jobs sostanzialmente non cambiano i modi di pensare, di essere, di vivere, non
danno più libertà all’uomo, ma contribuiscono semmai all’omologazione delle persone.
Un telefonino non può cambiare il mondo più del concetto di libertà. Un Ipod non cambia il mondo
più di quanto abbia fatto l’abolizione della pena di morte. Un nuovo Ipad non cambia la vita dell’uomo
più di quanto abbia fatto il pacemaker. Una tavoletta computer non riuscirà a cambiare il mondo più
dell’ideale di uguaglianza tra le persone. Un Iphone non cambierà la vita delle persone più della cura
alla malaria o ad altri mali.
Il 27 settembre è morto Wilson Greatbatch, il 5 ottobre è morto Steve Jobs. La morte del secondo è
stata annunciata e diffusa giustamente in tutto il mondo, la morte del primo è stata appena citata da
qualche telegiornale. Eppure tante persone al mondo devono la propria vita a Wilson Greatbatch e al
suo pacemaker. E l’ingegneria e la medicina gli devono nuove frontiere e nuove prospettive. E nuove
prospettive gli devono l’uomo e il mondo.
Eppure la stragrande maggioranza di noi ignorava il nome e il volto di quest’uomo. Egli non ha
operato in vita per vendere i propri prodotti e se stesso, egli ha operato per l’uomo. E in morte i media
non lo hanno certo celebrato come Steve Jobs. È dura la vita di chi opera con fatica a formulare
concetti ed opere che cambino i modi di pensare degli uomini del proprio tempo e aprano nuove e
grandi prospettive alle generazioni future. E non parlo certo di cambiamenti relativi a modi di fare o
piccoli marchingegni, parlo piuttosto di cambiamenti nel modo di pensare e di concepire che sappiano
far evolvere la natura dell’uomo e a migliorarla in meglio, nel suo modo di essere e nelle sue
possibilità.