IV Mediterraneo - IX Sessione TEV (Prof. Ciaramitaro, Prof. Borghi, Prof. Agnelli) Epidemiologia e clinica della fibrillazione striale L’incremento della prevalenza della fibrillazione atriale (FA) è probabilmente correlato al prolungamento della durata della vita. Generalmente ritenuta un’aritmia abbastanza “innocua” se si esclude il rischio embolico, in realtà la FA può determinare conseguenze cliniche multiformi e potenzialmente severe, anche in termini di tasso di mortalità. Come per la prevalenza anche l’incidenza è aumentata significativamente a livello mondiale dal 1990 al 2010, con le conseguenti implicazioni in termini di salute pubblica e costi sanitari (Chugh et al., 2014). Da un punto di vista clinico, i pazienti con FA hanno un rischio embolico 5 volte superiore, un rischio 3 volte superiore di sviluppare insufficienza cardiaca (patologie tra loro strettamente connesse), e i 2/3 degli accessi in PS con diagnosi primaria di FA esitano in un’ospedalizzazione (Guidelines for the management of atrial fibrillation, 2010). L’eziopatologia è complessa; in figura sono riassunti i fattori (cardiaci ed extracardiaci) che rivestono un ruolo fondamentale come, per esempio, le anomalie strutturali ed elettriche che contribuiscono a formare il substrato della malattia. Etiopatogenesi 2014 AHA/ACC/HRS Atrial Fibrillation Guideline Laboratorio di Cardiostimolazione ed Elettrofisiologia A.O.U.P.ŅPaolo GiacconeÓ Palermo Le caratteristiche elettrofisiologiche si riflettono nella clinica; infatti, esiste l’ipotesi della “massa critica” dell’atrio, ossia del rientro multiplo a cui concorrono fattori determinanti come la presenza di aree del miocardio atriale con velocità di conduzione rallentata, dispersione e accorciamento dei periodi di refrattarietà, con aumento dei circuiti, e presenza della “zona critica”, ossia un focus ad elevata frequenza di scarica. I processi fisiopatologici possono comportare complicanze tromboemboliche e scompenso cardiaco. 1 La fisiopatologia spiega la clinica Fibrillazione Atriale Alta frequenza ventricolare + irregolarità ciclo R-R Perdita sistole atriale Disfunzione ventricolare e riduzione portata cardiaca Complicanze tromboemboliche SCOMPENSO CARDIACO Laboratorio di Cardiostimolazione ed Elettrofisiologia A.O.U.P.ŅPaolo GiacconeÓ Palermo Quindi, gli effetti fisiopatologici della FA sono alterazioni emodinamiche dovute a: -perdita del contributo atriale (critica nel paziente con miocardio ipertrofico) -irregolarità della risposta ventricolare (riduzione della gittata cardiaca) -alterato flusso coronarico (aumento delle resistenze vascolari) -elevata frequenza cardiaca, inappropriatamente rapida e alterazioni elettrofisiologiche dovute ad elevata frequenza cardiaca, persistentemente elevata (effetti di vario tipo sul miocardio ventricolare). Tutto questo porta ad un meccanismo di automantenimento definito come “Atrial fibrillation begets atrial fibrillation”, quindi la FA deve essere cardiovertita il prima possibile, come dimostra l’evidenza clinica, per mantenere il ritmo sinusale. A riprova di ciò: Probabilità di successo della cardioversione in funzione della durata dell’ dell’aritmia e dell’ dell’età del paziente Previous duration (months) 120 CardioversionRates: Atrial Flutter Atrial Fibrillation 100 80 60 40 90% 20 90% 0 20 25 30 35 80% 40 45 50 55 60 70% 65 70 75 80 85 90 Age (years) Van Gelder 2001 Laboratorio di Cardiostimolazione ed Elettrofisiologia A.O.U.P.ŅPaolo GiacconeÓ Palermo La probabilità di mantenimento del ritmo sinusale è in funzione della durata dell’aritmia. Inoltre, la frequenza cardiaca rapida (FC ≤ 80 bpm a riposo e ≤ 110 bpm durante sforzo) normalizzata comporta il miglioramento rilevante (25-52%) della funzione ventricolare. Altri fenomeni correlati all’elevata frequenza sono l’incremento del rigurgito mitralico e le turbe della conduzione intraventricolare. In Figura è riportata la sintesi dell’evoluzione articolata degli eventi elettrofisiologici e le conseguenze cliniche a cui corrispondono. 2 La sintesi M.Rienstra M.Rienstra et al. Circulation. Circulation. 2012;125:2933-2943 Laboratorio di Cardiostimolazione ed Elettrofisiologia A.O.U.P.ŅPaolo GiacconeÓ Palermo Gli obiettivi del trattamento della FA consistono nel proteggere adeguatamente il paziente dal rischio tromboembolico e, se possibile, mantenere il paziente in ritmo sinusale, con trattamenti farmacologici e non farmacologici. Una recentissima metanalisi riporta le evidenze di vantaggi dell’ablazione rispetto ai farmaci ma occorre tener conto della necessità di eseguire due procedure; inoltre, i farmaci che controlllano il rate and rhythm control nei pazienti anziani con sintomi di FA lieve sono efficaci (Ann Intern Med. 2014). Classificazione e fattori di rischio dell’ictus ischemico E’ noto che la classificazione nosografica dello ictus ischemico si basa su una patologia dei grossi vasi (aterotrombotica) o dei piccoli vasi (infarto lacunare), cardioembolismo o altre cause o un meccanismo indeterminato (Classificazione TOAST, 1993). Data l’alta incidenza della malattia, superiore anche alla cardiomiopatia ischemica soprattutto in alcune classi d’età, in termini di prevenzione occorre stabilire su quali fattori di rischio cardiovascolare sia opportuno agire e stabilire i determinanti di classificazione. Tra i principali fattori di rischio, oltre al fumo, l’ipertensione risulta il più importante in termini d’incidenza di eventi cerebrovascolari. E’ noto che la mortalità è linearmente correlata a stroke e CHD rispetto ai valori di pressione diastolica e sistolica e per tutte le classi d’età. Inoltre è noto che una riduzione efficace di 10 mmHg della SBP o di 5 mmHg della DBP comporta una riduzione imponente del tasso di CHD e di stroke (30-40%)(Law et al., 2009). Anche la riduzione del numero degli eventi cerebrovascolari è lineare rispetto alla riduzione della SBP o DBP, e questo è stato notato soprattutto per lo stroke, più che con le altre complicanze. 3 Associations of Blood Pressure Differences betw een Groups w ith Risks of Major Vascular Outcomes and Death A B C D EF G A 1.50 Relative risk of outcome event B C D EF G A 1.50 Stroke 1.25 1.25 1.00 1.00 1.00 0.75 0.75 0.75 0.50 0.50 0.50 0.25 0.25 0.25 1.50 1.25 1.00 1.00 1.00 0.75 0.75 0.75 0.50 0.50 -6 -4 -2 0 2 4 A: B: C: D: E: F: G: Total mortality 1.25 -8 EF G 1.50 Heart failure CV death 1.25 0.25 -10 D CHD 1.25 1.50 B C 1.50 Major CVD CA v s P ACEI v s P More v s less ARB vs C ACEI v s CA CA v s D ACEI v s D 0.50 0.25 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 0.25 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 SBP difference between randomised groups (mmHg) Lancet 2003; 362: 1527 Oggi l’epidemiologia clinica tende a orientarsi - per la genesi dell’ictus - come stima del danno d’organo, non solo verso la pressione arteriosa (brachiale) ma anche quella centrale, la modulazione della pressione nelle ore notturne, la variabilità tra visita e vista (valutabile facilmente anche nella normale pratica clinica) e soprattutto verso il coinvolgimento vascolare precoce a livello periferico (modificazione della stiffness della parete arteriosa). L’ipercolesterolemia è un altro fattore di rischio fondamentale correlato alla comparsa di eventi cardiovascolari. L’aumento dei livelli di colesterolo ematico risulta linearmente correlato con la comparsa di ictus ischemico più che con l’ictus emorragico (Ebrahim et al. BMJ 2006). Le metanalisi degli studi con le statine condotte negli ultimi anni hanno confermato che la riduzione dei livelli si associa in modo significativo alla riduzione di stroke ischemico, sia in prevenzione primaria sia secondaria in pazienti a rischio, mentre non si associa a un aumento del rischio di emorragia intracranica. Ulteriori studi hanno dimostrato che una riduzione di 2-3 mmHg determinata dall’impiego di statine può comportare il 10-14% di riduzione di stroke ischemico (Sever P et al., 2006). Quindi, l’impatto delle statine è risultato più rilevante in presenza di un concomitante trattamento antipertensivo. Di conseguenza, si può concludere che l’intervento con l’impiego di statine è più di tipo clinico che farmacologico. Il terzo fattore di rischio per lo sviluppo di stroke è la fibrillazione atriale, destinata ad aumentare nel tempo per l’aumento dell’età media della popolazione. Prevalence of AF predicted to more than double by 2050 People with AF in the USA (millions) 16 14 12 10 8 Projected incidence of AF assuming a continued increase in age-adjusted incidence as evident in 1980 Š2000 6 4 Projected incidence of AF assuming no further increase in age-adjusted incidence 2 0 2000 2010 2020 2030 2040 2050 Y ear Miyasaka Y et al. Circulation 2006;114:119 Š25 Il meccanismo sottostante alla relazione tra fibrillazione atriale e stroke è di natura tromboembolica ed è la causa di tipo trombembolico più importante per lo sviluppo di stroke. Tuttavia, la probabilità di tromboembolismo che si rifletta in un evento clinico cerebrovascolare (CHAD score) è condizionata dalla presenza di concomitanti fattori di rischio, gli stessi identificati anche per la 4 malattia cerebrovascolare. Data la natura tromboembotica è possibile la prevenzione basata su anticoagulanti. Tra i nuovi fattori di rischio per l’ictus ci può essere l’alterazione delle concentrazioni ematiche di acido urico (iperuricemia) correlata all’incidenza di eventi cerebrovascolari. In base ai dati ad oggi disponibili sembra che il meccanismo di condizionamento dell’acido urico sia indiretto per la genesi della malattia aterosclerotica. Inoltre, esistono alcune evidenze circa i disturbi psichiatrici (depressione) che possono influire sul rischio di eventi cardiovascolari, soprattutto in presenza di altri fattori di rischio. L’incidenza di stroke, soprattutto nella popolazione anziana, sembra essere condizionata da fattori ambientali come il rumore della strada oppure le tempeste geomagnetiche. Oltre a tutte le nuove possibilità terapeutiche come la trombolisi, sarà la capacità di conoscenza clinica globale a influire in modo sostanziale sull’evoluzione futura dello stroke, così come ha determinato la progressiva riduzione nel corso degli anni (Lackland et al., Stroke 2013). Cosa possiamo aspettarci in futuro dall’uso degli anticoagulanti Lo studio clinico randomizzato RE-LY è stato il primo su vasta scala riguardante una nuova terapia in confronto a warfarin. Il disegno sperimentale comprendeva lo studio di due dosi, e la valutazione di lungo termine ha confrontato il nuovo anticoagulante dabigratan (in due dosaggi) rispetto a warfarin (in tre dosaggi) su oltre 18.000 pazienti con fibrillazione atriale con almeno un fattore di rischio di rischio per stroke. L’endpoint primario era la prevenzione dell’ictus ischemico ed emorragico, oltre a una serie di endpoint secondari. Lo studio (di non inferiorità statistica) ha dimostrato un buon vantaggio in termini di praticità e questo è clinicamente rilevante. La dose maggiore di dabigratan si è rilevata migliore rispetto a warfarin in termini di efficacia (tasso di stroke). RATE OF STROKE OR SSE RR 0.65 (95% CI: 0.52 Š0.81) P<0.001 (superiority) RRR 35% RR 0.90 (95% CI: 0.74 Š1.10) P<0.001 (non-inferiority) 1.8 Rate per year (%) 1.5 1.54 1.2 1.71 0.9 0.6 1.11 0.3 0 Events/n: D150 mg BID D110 mg BID Warfarin 134 / 6,076 183 / 6,015 202 / 6,022 D = dabigatran; RR = relative risk; RRR = relative risk reduction; SSE = systemic embolism. Dabigatran etexilate is not approved for clinical use in stroke prevention in atrial fibrillation outside the US and Canada. Connolly SJ, et al. N Engl J Med 2010;363:1875-1876. v2 December 2010 8 Un altro vantaggio significativo è stato il profilo di sicurezza sull’ictus emorragico intracranica, così come per la mortalità vascolare, il tasso di complicanze emorragiche (sanguinamenti maggiori o non ma clinicamente rilevanti, i sanguinamenti che hanno messo in pericolo di vita il paziente), l’effetto dose-dipendente che avvalora la farmacologia del farmaco. Inoltre, la duttilità delle due dosi del farmaco è di supporto alla precisione della decisione clinica, anche se la popolazione in esame era quella selezionata per il trial. Analizzando il beneficio clinico netto emerso dallo studio RE-LY, ossia la somma algebrica tra efficacia e sanguinamento, emerge nuovamente il vantaggio 5 complessivo della nuova terapia. I risultati valgono sia per i pazienti naïve sia per quelli che avevano avuto warfarin in precedenza. Per quanto riguarda lo scenario nuovo che si sta configurando con questi nuovi anticoagulanti orali a livello dei trial di fase III occorre sottolineare l’incontrovertibile vantaggio per l’incidenza di emorragia intracranica in fibrillazione atriale. Questa incidenza si riscontra anche in pazienti con trombosi venosa profonda (van der Hulle et al., J Thromb Haemost 2014). In base all’esperienza diretta dell’autore si può affermare che queste complicanze non sono solo meno frequenti, ma sono anche meno gravi. Nella fase post clinical trial, ad oggi solo dabigratan è stato testato in modo continuativo, e i dati dello studio RE-LYable (estensione dello studio RE-LY) confermano i risultati anche nel mondo reale, ossia senza i criteri d’inclusione ed estensione tipici dei trial. Nella pratica clinica gli aspetti del paziente da considerare sono molti (età, funzione renale, sanguinamenti precedenti, etc.), e nella realtà di Perugia si riscontra un’alta percentuale di pazienti di età >90 anni in terapia anticoagulante, o ancor più di pazienti con età >75 anni (60% della popolazione), anche se a livello di registri internazionali della trombosi venosa profonda l’età media dei pazienti è minore. In base alle metanalisi le incidenze di eventi emorragici cerebrali aumentano con l’età in tutte gli studi ma c’è sempre un vantaggio derivante dai nuovi anticoagulanti orali. Nei prossimi anni si possono prevedere quattro nuove situazioni cliniche: 1) gestione dell’inizio della nuova terapia anticoagulante, che va pianificata con molta attenzione 6 2) necessità di misurare l’effetto anticoagulante 3) necessità di garantire un’adeguata compliance 4) gestione delle complicanze di sanguinamento Questi nuovi farmaci sono comunque anticoagulanti, quindi vanno impiegati secondo dosaggi validati, aumentando il tempo di contatto col paziente, stilando un piano che favorisca la compliance, e applicando un hospital policy condivisa. 7