Lezioni di pediatria – 2011 Appunti di Pediatria “I bambini non studiano sui libri di pediatria…” – prof.ssa Oderda Facoltà di Medicina e Chirurgia 1 Lezioni di pediatria – 2011 2 Lezioni di pediatria – 2011 Fisiologia dell’accrescimento La pediatria si occupa del periodo dell’età evolutiva, caratterizzato dalla trasformazione degli organi e dell’aspetto. La carta dei diritti del bambino stabilisce all’articolo 1 che ogni soggetto fino a 18 anni deve essere seguito da personale adeguato (OMS, 1989). I periodi di vita del bambino e dell’adolescente vengono suddivisi in: o Pre-natale: a sua volta si divide in periodo embrionario (0-3 mesi di gestazione) dove si strutturano gli organi e in un periodo fetale (3-9 mesi) dove si forma la placenta e maturano gli organi. o Neonato: dalla nascita al 10° giorno (o secondo altri 30° giorno). Si parlava di 10° giorno perché in quell’epoca viene perso peso, fino al 10% del peso alla nascita, anche se è una condizione che si realizza sempre meno frequentemente. Questo perché si ha la perdita della vernice caseosa, il neonato si disidrata per la perpiratio insensibilis, si ha la mummificazione del cordone ombelicale, si ha l’espulsione del meconio che inizia a 24 ore e prosegue nei giorni successivi (il meconio è una sostanza verdastra o verde-nerastra che è poi biliverdina frammista da cellule di sfaldamento ed eventuali peli deglutiti con il liquido amniotico, di consistenza vischiosa, sterile; un ritardo nell’espulsione dopo le 24 ore può essere segno di fibrosi cistica o di megacolon agangliare [rispettivamente ileo da meconio e malattia di Hishprung]) ma soprattutto perché il neonato nei primi giorni non viene alimentato. Infatti si deve aspettare la montata lattea nella madre, condizione che si verifica dopo minimo 48-72 ore. Ricorda che il feto non elimina meconio durante la gestazione e se questo avviene è sintomo di grave sofferenza fetale ipossica con rilasciamento degli sfinteri. Il problema di queste prime ore di vita è l’ipoglicemia neonatale che comporta convulsioni e possibile danno al SNC, per cui si somministra ai neonati acqua e zucchero (ma non la glucosata in quanto, per avere concentrazioni adeguate di glucosio sarebbe necessario raggiungere un’osmolarità troppo alta e il neonato vomiterebbe subito mentre se si tiene una concentrazione osmolare simile a quella del plasma la quantità di glucosio sarebbe troppo bassa). Per le ragioni appena dette si utilizza il saccarosio (a parità di calorie l’osmolarità è la metà visto che i due monosaccaridi sono uniti tra loro). Questa condizione di ipoglicemia neonatale è particolarmente frequente nei figli di madre diabetica (tipicamente macrosomi >4Kg perché cresciuti in ambiente iperinsulinemico) che, per iperplasia delle isole di Langerhans, sono più suscettibili al digiuno prolungato. Una volta si utilizzava la “giunta” (latte formulato) ma oggi non lo si fa più per l’alto rischio di sviluppare intolleranza alle proteine del latte vaccino. Per questo motivo si considerava neonato fino a 10 giorni, ma ora si preferisce considerarlo fino al 30°. Un neonato deve essere ricoverato in neonatologia e non in pediatria perché l’evoluzione di ogni malattia (in particolare quelle infettive) è drammatica e soprattutto vengono utilizzati dosaggi di farmaci molto diversi; tipicamente gli antibiotici si utilizzano a dosaggi doppi perché il neonato ha bassa immunità. Secondo il prof. Bona una volta la pediatria neonatale si occupava dei primi 7 giorni di vita perché 7 è il tempo massimo per dare un nome al neonato e quindi stabilirne il sesso, cosa non facile in alcune situazioni come la sindrome androgeni tale molto vivace in cui una femmina ha una deviazione del fenotipo in maschio per l’alta concentrazione di DHEA-S e di Д4-epiadrosterone. o Prima infanzia: dal 10° (o 30°) giorno ai 2 anni. A sua volta si divide in: 9 periodo del lattante: da 1 mese ad 1 anno. “Lattante” è dovuto al fatto che il bambino potrebbe nutrirsi esclusivamente di latte perché ha una quota intestinale di lattasi molto elevata (che mantiene fino a 4 anni circa) rendendolo capace di tollerare 180mL/Kg/die di latte (che in un individuo adulto di 75 Kg vorrebbero dire 13,5 Litri di latte!) 9 periodo del divezzo: da 1 a 2 anni, quando inizia il divezzamento (questo sarebbe improprio visto che comunque il divezzamento inizia verso i 4-6 mesi). o Seconda infanzia: dai 2 anni ai 6 anni. Questo periodo pre-scolare è caratterizzato da molte malattie infettive contratte in comunità (scuole materne) in cui il bambino è spesso ammalato; è però comunque meglio che il bambino perda ore di asilo piuttosto che ore di scuola elementare che invece potrebbero portare ad una difficoltà di apprendimento ma anche ad un odio del bambino verso la scuola. È questo un periodo importantissimo nell’acquisizione della vita di relazione. o Terza infanzia: dai 6 anni ai 9-12 anni circa, cioè all’inizio della pubertà. L’inizio della pubertà nella donna coincide la comparsa del bottone mammario (cosa peraltro difficile da distinguere dalla lipoma stia nelle 3 Lezioni di pediatria – 2011 bambine obese) che precede di qualche settimana la comparsa di peli pubici. Nel maschio invece si considera pubere quando aumenta il volume testicolare, in genere se >4mL. o Adolescenza: dai 9-12 anni ai 18 (secondo gli americani 20), ovvero il periodo in cui viene completato il processo di accrescimento. Dopo la pubertà si ha l’adolescenza ed è questo un periodo della vita in cui ci si ammala meno; sicuramente gli adolescenti tendono a non dire le loro problematiche ma è vero anche che in questo periodo le malattie croniche (come la RCU) si “spengono temporaneamente” regalando al paziente un periodo di relativo benessere. L’adolescenza viene ulteriormente suddivisa in due momenti: il periodo della pubertà (che dura circa due anni) e quello dell’adolescenza propriamente detta, in cui è completato lo sviluppo genitale (teoricamente il soggetto è in grado di riprodursi) ma in cui c’è ancora un’esigua possibilità di crescita (massimo 1cm all’anno per 3 anni circa, tutti legati all’aumento della distanza intervertebrale). Questa suddivisione è molto importante perché in queste fasce d’età diverse i bambini vengono colpiti da malattie molto diverse (in età pre-scolare prevalgono le forme virali, in età scolare quelle batteriche,…) ma è importate anche per fare gli studi epidemiologici. Per tasso di mortalità infantile si intende il numero annuale di morti in bambini di età inferiore a 2 anni su 1000 nati vivi nello stesso anno. Per tasso di mortalità perinatale invece si intende il numero annuale di nati morti (≥ 28 sett.) e dei morti nella prima settimana di vita ogni 1000 nati (vivi e nati morti) nello stesso anno. In Italia è dello 0,36%, uno dei più bassi al mondo (negli USA è 0,4%), grazie soprattutto alla miglior assistenza in sala parto e all’assistenza ai bambini di basso peso e prematuri (oggi si arriva a salvare bambini di 600g!). Le caratteristiche della pubertà sono ovviamente diverse nei due sessi: o Pubertà femminile: è in anticipo di 1-2 anni rispetto a quella maschile e a Novara si è visto cadere mediamente a 10,4 anni (3° centile 8,1 anni, 97° centile 12,5). Il bottone compare prima in una mammella e dopo qualche settimana anche nella contro laterale, assieme alla comparsa dei primi peli pubici. Questi cambiamenti morfologici però sono la conseguenza di un’attivazione ormonale iniziata ben 1-1,5 anni prima. Contestualmente alla comparsa del bottone mammario inizia la crescita del piede (che segna l’inizio dello scatto puberale) e qui inizia anche la fase di crescita rapida di 6cm ogni 6 mesi, fondamentale per l’acquisizione di una statura adulta; nel mentre l’utero acquisisce una conformazione adulta (rapporto collo/corpo si modifica a favore del secondo). Il processo termina dopo circa 2 anni con il menarca e quindi la capacità del soggetto di riprodursi. o Pubertà maschile: sempre a Novara si è visto essere mediamente a 11,5 anni (3° centile 9,1 anni e 97° centile a 13,5). Compaiono i primi peli pubici e inizia il graduale aumento dei testicoli. Poi compaiono i cambiamenti dei caratteri secondari: l’azione degli androgeni porta ad un tono di voce più grave, compare la barba e compaiono i peli nelle aree non genitali. Questo processo termina con la completa spermatogenesi e la capacità di riprodursi. Tutti questi caratteri sono codificati attraverso le tavole di Tanner. Tutti i soggetti con pubertà che compare prima del 3° centile per sesso sono da considerare pubertà precoce e questa situazione può portare ad una crescita in statura insufficiente nella vita adulta. Fondamentale è conoscere cosa succede in sala parto. Occorre: o Recidere il cordone ombelicale dopo clampaggio ad alcuni centimetri con pinza apposita. o Disostruire le prime vie aeree (naso, bocca) con un aspiratore. o Calcolare l’indice di Apgar al 1° e al 5° minuto considerando 5 parametri: 9 Battito cardiaco: assente 0, <100bpm 1 e >100bpm 2. 9 Respirazione: assente 0, pianto debole 1, pianto vigoroso 2. 9 Tono muscolare: assente 0, lieve ipotonia 1, arti ben flessi 2. 9 Riflesso di irritabilità: assente 0, lieve reazione con pianto 1, retrazione 2. 9 Colorito della cute: cianotico o pallido 0, estremità cianotiche 1, roseo 2. Si fa la somma delle precedenti valutazioni e si ottiene un punteggio. Se al 5° minuto l’Apgar è <8 si procede alla rianimazione con ossigeno, massaggio cardiaco e farmaci. o Profilassi oculare con colliri attivi verso Gonococco e Clamydia. 4 Lezioni di pediatria – 2011 Pofilassi della malattia emorragica con 1mg di Vitamina K (per OS o i.m.) Bagno in acqua a 37°C per eliminare la vernice caseosa (sostanza prodotta dalle ghiandole sebacee per evitare la macerazione della pelle nel liquido amniotico con l’olio. Il peso: alla nascita peso medio di un neonato maschio italiano è notevolmente aumentato rispetto agli anni passati, essendo l’anno scorso di 3,5-3,7 Kg mentre la femmina è 3,2-3,4 Kg (secondo le casistiche del prof. Bona è 3200g, 3150g per le femmine e 3250g per i maschi, 3° centile 2500g e 97° centile 4000g), raddoppia il peso neonatale a 3-4 mesi, triplica il peso neonatale all’anno; poi cresce di circa 2 Kg all’anno. Peso = (numero degli anni x 2) + 10 (peso all’anno) Si può considerare normale una crescita di 200g a settimana nel primo trimestre, 150g nel secondo, 100g nel terzo e 70g a settimana nel quarto trimestre del primo anno; questo porta a 10 Kg all’anno di vita. Una volta il bimbo raddoppiava il peso a circa 6 mesi, ora a 3-4; questo però mette a rischio di obesità negli anni successivi e sono più a rischio i bambini allattati con latti formulati per i motivi che verranno detti poi. Possiamo quindi dire che raddoppiare a 3-4 mesi è la norma, ma non è normale! Fortunatamente anche quelli che crescono subito e tanto, rallentano dopo e all’anno tutti i lattanti triplicano il peso. Il neonato che pesa meno di 2500g viene detto di basso peso, quello che pesa più di 4000g macrosoma. La statura: alla nascita la statura media è di 50 cm (3° centile 45cm, 97° centile 55cm); all’anno la statura media è 70-80 cm (dipende dal target genetico) e poi il bambino cresce di circa 5cm all’anno. In questo senso però stiamo assistendo all’aumento progressivo della statura nella popolazione. Questo è dovuto a molti fattori: o Aumento del contenuto di proteine nella dieta o Commercializzazione degli alimenti freschi e dei frigoriferi (e quindi di alimenti più sani) o Introduzione di numerose leggi sull’igiene degli alimenti (e quindi di alimenti più controllati) o Utilizzo di antibiotici negli allevamenti (che è un farmaco per nulla tossico) e mangiamo quindi carne sana. È sconsigliabile comprare uova di galline allevate a terra perché, tutti quelli che le hanno, sanno che in gruppi maggiori di 10-15 iniziano a beccarsi tra loro e mangiamo uova di galline nervose. Inoltre sconsigliabile l’andare a comprare il latte fresco nei distributori visto che poi si consiglia di farlo bollire; meglio a quel punto comprare il latte pastorizzato della centrale. Statura = (numero degli anni x 5) + 80 (statura all’anno) Non bisogna però dimenticare che la statura è legata fortemente alla componente genetica e per questo bisogna calcolare il target genetico, ovvero la statura attesa in relazione alla statura misurata dei genitori. Target genetico = [Statura Padre + Statura Madre + 13 (se maschio) o - 13 (se femmina)] / 2. Oggi si utilizzano le curve di Tanner (del 1978) anche se ne sono uscite di nuovissime, ma non sono ancora state validate. Il ritardo di accrescimento è quello che ci dice se un bambino è malato: se ha bassa altezza e basso peso ha un’alta probabilità di avere una malattia endocrinologica, se ha basso peso ed altezza normale ha un’alta probabilità di malati gastro-intestinale. Un bambino che cresce difficilmente ha una malattia seria. Inoltre gli obesi sono al 98% alti e le obesità secondarie (endocrinologiche) sono quasi sempre accompagnate a bassa statura. La sorgente più importante per perdere peso è il figeting (muoversi continuamente come lei…). Va inoltre sottolineato come il grosso della crescita nel primo anno avviene per allungamento di tibia e femore. La circonferenza cranica alla nascita è 35 cm (3° centile 32cm, 97° centile 38cm; bambini con CC bassa o elevata denotano un problema neurologico, e questa è una delle poche “armi” del NPI nei primi mesi per scoprire una malattia del SNC. Secondo il prof. Bona alla nascita peso medio di un neonato maschio italiano è 3200g, 3150g per le femmine e 3250g per i maschi, 3° centile 2500g e 97° centile 4000g, raddoppia il peso neonatale a 5-6 mesi, triplica il peso neonatale all’anno; poi cresce di circa 2 Kg all’anno. Il neonato che pesa meno di 2500g viene detto di basso peso, quello che pesa più di 4000g macrosoma. Poi esiste un’ulteriore valutazione del peso in relazione alla settimana di gestazione in cui è avveuto il parto; prima della 38° settimana (ovvero 37° settimana + 6 giorni) il neonato sarà pretermine, dalla la 38° settimana viene considerato a termine e dopo la 42° settimana postermine (termine obsoleto perché viene sempre fatto il parto cesareo in questi casi; quelli che si ricorda il prof. Bona erano neonati con l’aspetto vecchieggiante e sofferente perché perdono peso e si asciugano visto che la placenta è ormai invecchiata). Considerando il peso neonatale, vengono suddivisi in: o o 5 Lezioni di pediatria – 2011 o Macrosomi: peso alla nascita >4000g. o LBW (low birth weight, basso peso alla nascita): <2500g. o VLBW (very low birth weight, peso alla nascita molto basso): <1500g. o ELBW (extremely low birth weight, peso alla nascita estremamente basso): <1000g. Considerando peso ed età gestazionale si possono suddividere i neonati in: o SGA (small for gestational age, piccolo per l’età gestazionale): i bambini SGA sono più a rischio per malattie dell’adulto e questi studi sono stati fatti su bambini nati nel 1943-44 ad Amsterdam (Olanda) durante l’invasione tedesca, quando le madri avevano poco da mangiare e quindi nascevano figli SGA. o AGA (peso appropriato all’età gestazionale): tra 3° e 97° centile per quell’età gestazionale. o LGA (large for gestational age, grande per l’età gestazionale): sia gli LGA che i macrosomi (>4000g) possono essere condizioni “familiari” nelle quali molti dei componenti della famiglia nascono così, ma a volte il peso eccessivo è dovuto ad alterato metabolismo glicidico (o meglio diabete gestazionale); queste sono le mamme con DM prima della gravidanza ma soprattutto mamme che slatentizzano la loro intolleranza glicidica durante questo periodo di stress. Il feto cresce così in un ambiente ad alte concentrazioni di glucosio e tende all’iperplasia delle cellule beta della isole pancreatiche, che così compensano in parte la carenza insulinica della madre. Il fatto è che, nel periodo fetale, il feto cresce sotto lo stimolo di molti ormoni (tiroidei, ormone lattogeno-placentare,…) ma anche dell’insulina e delle IGF (in particolare IGF-II); a queste madri va fatta terapia insulinica! Alla nascita i macrosomi hanno spesso parto distocico, con rischio di frattura alla clavicola o asfissia da parto, e sono a rischio nelle prime ore di ipoglicemia neonatale (<40mg/dL di glucosio il SNC ha dei danni irreversibili) e bisogna somministrare immediatamente zuccheri: secondo prof.ssa Oderda come acqua e saccarosio e secondo il prof. Bona come soluzione glucosata ipertonica quando il bambino mostra segno di ipoglicemia (tremori, cianosi periorale o anche solo acidosi all’EGA). Vengono definiti questi bambini “giganti dai piedi d’argilla”. Si considera prematurità estrema un peso alla nascita <800g e un’età gestazionale <28 settimane. Diabete in gravidanza: alla prima visita in gravidanza (al 3° mese) va valutata la glicemia, che se è ≥126mg/dL in più di due misurazioni a digiuno configura un quadro di diabete manifesto (e non di diabete gestazionale!). Fondamentale è che se il valore di glicemia è compreso tra 92 e 125 a digiuno, la donna è affetta da diabete gestazionale (senza più effettuare alcun esame con minicarico). Tutte le gestanti con glicemia <92mg/dL devono eseguire OGTT con 75g di glucosio tra la 24° e la 28° settimana; si considera normale un valore di glicemia <180 ad un’ora e <153 a due ore; se è superiore a questi valori rientra nel gruppo del diabete gestazionale. Siccome questo diabete gestazionale potrebbe essere solo la “slatentizzazione” di un DM tipo 2, a tutte le donne con diabete gestazionale si fa la OGTT 12 settimane dopo il parto. o Glicemia a digiuno ≥126mg/dL in due occasioni (o altri criteri*): Diabete Mellito tipo II. o Glicemia a digiuno tra 92 e 125mg/dL oppure glicemia <92mg/dL ma OGTT con glicemia >180 ad un’ora o >153 a due ore: Diabete Gestazionale. o Glicemia <92mg/dL e un valore di glicemia ll’OGTT <180 ad un’ora e <153mg/dL a due ore: normale. Aspetto del neonato: l’atteggiamento è simile a quello della vita intrauterina con flessione degli arti sul tronco per ipertonia fisiologica dei muscoli flessori, che prevalgono sugli estensori. I muscoli del collo anteriori sono ipotonici (tanto che il neonato non riesce a sollevare il capo dalla posizione supina) mentre i posteriori sono meno ipotonici (riesce a sollevare il collo per pochi secondi in posizione prona). Questo insieme di ipertonia di alcuni muscoli e di ipotonia di altri è legato all’incompleta mielinizzazione delle vie piramidali. Questa situazione del collo ha portato al’uso di lasciare i bambini in posizione prona nella culla perché così il bambino ha meno possibilità di rigurgitare (svuota meglio lo stomaco) ed inoltre se vomita lo fa sul cuscino e non rischia di aspirare nelle vie aeree; però si è visto che lasciarlo in posizione prona aumenta il rischio di morte bianca in culla. Dopo i 4 mesi però, quando il lattante è in grado di girarsi, si mette autonomamente in posizione prona verosimilmente perché la preferisce (visto anche che digerisce meglio). La facies è amimica, con occhi chiusi che, quando vengono aperti, non riescono a fissare gli oggetti; il colore dell’iride è grigio-azzurro (“Sentite le nonne dire: oh che begli occhi azzurri, come la mamma… cretina devi aspettare 4-6 mesi!). Il neonato è un “brachitipo megalosplancnico” (cioè “corto” in lunghezza e con “addome grande”: un mostro), con relativa prevalenza dei diametri trasversi su quelli longitudinali e maggior lunghezza del tronco rispetto agli 6 Lezioni di pediatria – 2011 arti: il capo rappresenta circa ¼ della lunghezza totale (cioè è molto più grande che nell’adulto rispetto alla statura), il collo è corto, il torace è cilindrico e svasato alle basi, con coste orizzontali (questo in parte potrebbe spiegare l’alta incidenza di patologie del tratto respiratorio inferiore visto che il neonato non ventila adeguatamente se non con il solo muscolo diaframma), l’addome è globoso con evidente fisiologica epatomegalia (il fegato deborda di 2-3 cm dall’arcata costale: nel bambino si valuta la consistenza, non il volume) e gli arti sono corti e tozzi. Il neonato ha testone e pancione perché il cervello ed il fegato sono due organi che crescono prevalentemente per ipertrofia e non per iperplasia. Apparato cardiovascolare: prima della nascita il sangue viene ossigenato nella placenta e solo una piccolissima frazione circola nei polmoni. Appena il neonato comincia a respirare, invece, questa situazione cambia radicalmente: il flusso proveniente dalla placenta cessa di colpo e tutto il sangue per essere ossigenato deve passare attraverso i polmoni. Questa transizione avviene in modo rapido ed efficace perché richiede soltanto la chiusura di tre dotti ch hanno un ruolo determinante nella circolazione fetale; essi permettono di cortocircuitare il sangue a diversi livelli, nelle vene, nel cuore e nelle arterie, e sono rispettivamente il dotto venoso di Aranzio, il forame ovale del Pacchioni e il dotto arterioso di Botallo. Il sangue ossigenato proveniente dalla placenta ritorna al feto attraverso la vena ombelicale sinistra. All’ingresso del fegato, la maggior parte di questo sangue è cortocircuitato direttamente nella vena cava inferiore attraverso il dotto venoso di Aranzio. Il resto entra nel fegato e passa nella circolazione epatica, dove si mescola al sangue deossigenato che proviene dalla vena porta. Dal fegato, il sangue deossigenato è immerso dalle vene sovra epatiche nella cava inferiore dove si unisce al sangue altamente ossigenato proveniente dal dotto di Aranzio. Dalla cava inferiore, il sangue (meno ossigenato ma ancora molto ricco di ossigeno) giunge all’atrio destro dove viene cortocircuitato direttamente nell’atrio sinistro attraverso il forame ovale di Pacchioni e da qui passa al ventricolo sinistro, all’aorta ascendente e quindi alla circolazione generale. Dall’aorta ascendente, una parte del sangue ossigenato viene portata verso la testa e le braccia dalle arterie dell’arco aortico, mentre il resto viene portato al tronco e alle gambe dall’aorta discendente: così c’è maggior ossigenazione della parte cefalica, guarda caso dove c’è il SNC che deve crescere rapidamente. Il sangue venoso che proviene dalla testa e dalle braccia ritorna al cuore attraverso la vena cava superiore, entra nell’atrio destro e da qui passa quasi tutto nel ventricolo destro, invece di entrare nel forame ovale come fa il sangue venoso che arriva dalla cava inferiore. La diversa direzione presa dai due flussi venosi è dovuta soprattutto al fatto architettonico che la vena cava inferiore ha davanti a sé il forame ovale mentre la cava superiore ha di fronte l’orifizio del ventricolo destro, per cui i due flussi emodinamici in pratica si mescolano pochissimo, anche se passano entrambi attraverso lo stesso atrio. Dal ventricolo destro il sangue venoso proveniente dalla testa e dalle braccia viene spinto nelle arterie polmonari, ma solo una frazione molto piccola raggiunge i polmoni; la maggior parte è cortocircuitata attraverso il dotto arterioso di Botallo nell’aorta ascendente, e da qui si unisce al sangue che viene trasportato al tronco e alle gambe. All’estremità inferiore dell’aorta discendente, infine, il sangue entra nelle arterie ombelicali e da queste viene riportato alla placenta per essere ossigenato. Tutto questo sistema funziona perché il feto si adatta a crescere in condizioni di relativa ipossia e soprattutto sfruttando un’emoglobina ad alta affinità per l’ossigeno: l’HbF. 7 Lezioni di pediatria – 2011 Appena il neonato comincia a respirare, gli alveoli si riempiono d’aria e i vasi sanguigni dei polmoni si dilatano offrendo una resistenza molto più bassa alla circolazione con un aumento drastico del flusso polmonare. Questo porta ad un aumento importante del flusso di sangue che ritorna al cuore dalle vene polmonari e di conseguenza sale la pressione nell’atrio sinistro; nello stesso tempo il flusso di sangue proveniente dalla placenta viene interrotto e ciò abbassa di colpo la pressione dell’atrio destro, che scende a valori inferiori di quello sinistro. Il risultato di questa inversione di pressione è che il sangue dell’atrio sinistro spinge con forza il septum primum contro il septum secundum, e l’accollamento dei due setti determina la chiusura completa del forame ovale. Per diverse settimane questa chiusura è solo meccanica ma a circa 3 mesi dopo la nascita avviene una vera propria fusione dei setti con chiusura permanente e fisiologica. La chiusura del dotto arterioso di Botallo avviene di solito dopo 10-15 ore dalla nascita e sembra essere indotta dai diversi livelli di ossigeno che si vengono a formare alle due estremità del dotto causa della respirazione. La chiusura del dotto venoso di Aranzio non è un processo urgente poiché non c’è più sangue in arrivo dalla placenta, ma avviene rapidamente. Il dotto di Botallo però può rimanere minimamente pervio e riaprirsi per aumenti della pressione polmonare (come nella ventilazione meccanica); per favorire la chiusura si può tentare con i FANS ma se non si riesce si fa la chirurgia (anche eco-guidata al letto del malato). La forma del cuore è globosa alla nascita con maggior sviluppo del ventricolo destro che permane per alcuni mesi. La frequenza cardiaca alla nascita è molto elevata (120-160bpm) e non di rado nel bambino si sentono soffi funzionali (sistolici) che poi scompaiono con l’età. Apparato respiratorio: il tessuto polmonare è completamente sviluppato a partire dalla 34° settimana, ma non è ovviamente ventilato e gli alveoli sono ripieni di un velo di liquido che viene rapidamente assorbito alla nascita per questioni pressorie. Dalla 34° settimana inizia la produzione del surfactante, sostanza tensioattiva che mantiene aperti gli alveoli durante l’espirazione evitando che collabiscono: se il parto avviene prima della 34° settimana è molto difficile l’adattamento alla respirazione esterna, con rischio di malattia delle membrane ialine (insufficienza respiratoria da deficit di surfactante). In questi casi si da il surfactante alla mamma se c’è elevata probabilità di un parto pretermine <34° settimana e ovviamente al neonato per via inalatoria tramite l’intubzione tracheale. Cosa avvia la respirazione? Un fattore molto importante è l’ipossia che si verifica nei secondi dopo la nascita, che porta a riduzione del pH e ipercapnia: questo attiva i centri del respiro nel ponte e inizia così a ventilare. Somministrare subito ossigeno è sbagliato perché vengono inibiti i centri del respiro; alla nascita ci si limita ad aspirare il muco dalle cavità nasali e dalla bocca. Apparato uropoietico: la funzione renale è presente precocissimamente prima da parte del pronefrio, poi dal mesonefrio e infine dal metanefrio; già a 9 settimane di gestazione si accumula urina nella cloaca che aumenta di volume fino ad un massimo di 2L a fine della gravidanza (dato che il feto deglutisce grandi quantità di liquido amniotico). L’urina inoltre è uno stimolo alla produzione ulteriore di altro liquido amniotico tanto che se il feto produce poca urina, spesso si viene a creare quella condizione detta oligoidramnios. Questo alto volume di urina permette di vedere malformazioni ostruttive delle vie urinarie già in epoca fetale con un’ecografia perché ci sarà idronefrosi pre-natale (e qui interviene lo screening). In epoca pre-ecografia si sospettavano malformazioni urinarie o dell’apparato digerente nell’oligoidramnios. 8 Lezioni di pediatria – 2011 Il neonato già in sala parto spesso urina e se non lo fa entro le 6 ore c’è qualcosa che non va perché il feto edematoso si “sgonfia” nelle prime ore (e produce urina molto diluita e non ammoniacata, senza traccia di NH3 e con perdita di molto potassio). Apparato scheletrico: alla nascita il cranio non è completamente ossificato e le ossa della teca sono unite da tessuto fibroso che forma le suture e le fontanelle; l’accrescimento delle strutture cerebrali è massimo nei primi anni di vita. Questa struttura è molto elastica e ha elevata capacità di modellarsi durante il parto, ma pone anche i presupposti ad una crescita enorme (35cm alla nascita, 47cm ad 1 anno e “solo” 55-57cm a 18 anni). Si distinguono: o Fontanella bregmatica: a forma di losanga, misura in media 3 x 2 cm (parietali-frontale); si chiude verso il 12°-14° mese. Viene spesso valutata nel neonato perché è specchio della pressione intracranica del liquor (nelle meningiti neonatali, per lo scarso controllo del SNC e della mielinizzazione del SNP, il bambino ha la fontanella bombata ma non rigor; nella disidratazione invece è depressa). Se la fontanella si chiude precocemente (craniostenosi) si può avere impedimento allo sviluppo del SNC; va differenziata dalla microcefalia secondaria ad un SNC che non cresce perché c’è stato un problema anossico. o Fontanella lambdoidea: triangolare, misura circa 0,5 cm (parietali-occipitale); si chiude versi il 5°-6° mese o Fontanelle pteriche e asteriche: già chiuse alla nascita nei nati a termine. La circonferenza cranica è 35 cm alla nascita, diventa 47 cm ad 1 anno (cresce di 2 cm/mese fino a 3 mesi, poi più lentamente). La funzione di sostegno nel neonato non esiste e le ossa lunghe sono quasi tutte cartilagini che devono ancora ossificare. I nuclei di ossificazione delle epifisi delle ossa lunghe compaiono tutti dopo la nascita, eccetto l’epifisi distale del femore (nucleo di Béclard) che compare all’8° mese ed è un indice di maturazione fetale (ci diceva quanto era maturo il neonato nel dubbio sull’età gestazionale); nell’ipotiroidismo congenito il nucleo di Béclard è assente. I nuclei di ossificazione delle epifisi delle ossa del carpo compaiono circa 1 ogni anno (fino a 7 a 7 anni) e sono importanti nella determinazione dell’età scheletrica; si pensi solo che nei mesi e anni successivi alla nascita compaiono circa 400 nuclei di ossificazione. Lo sviluppo osseo è controllato da GH (ipofisi), ormoni tiroidei e ormoni sessuali; i ritardi di ossificazione sono dovuti a deficit di GH, non di calcio! L’età ossea (o età scheletrica) è un parametro molto importante, valutato mediante RX, in auxologia poiché serve ad attribuire un’epoca di sviluppo osseo (confrontata ovviamente ad atlanti come il Greulic-Pail) per compararla con l’età anagrafica. Se viene scoperto un ritardo di età ossea nelle basse stature può esserci un deficit di accrescimento a qualsiasi livello mentre nelle basse stature con età ossea normale occorre sospettare forme genetiche di patologia ossea o condrale (es. acondroplasie). Questa valutazione viene fatta con RX del ginocchio nel neonato (per valutare il nucleo epifisario distale del femore, assente nell’ipotiroidismo congenito), nel lattante da 1 mese ad 1 anno si fa l’RX piede e nel bimbo con più di 1 anno si fa l’RX mano sinistra perché, abitualmente del destrimane, è meno sollecitata. I denti decidui (denti da latte) sono 20: 2 incisivi, 1 canino e 2 molari per ogni lato. Primi a comparire (6° mese) gli incisivi inferiori centrali (6 mesi), poi gli incisivi superiori centrali (7 mesi), incisivi laterali inferiori e poi quelli superiori (8 e 9 mesi), i primi molari (10 mesi), i canini (14 mesi) ed i secondi molari (18 mesi). La dentizione decidua termina verso i 3 anni. Ci si preoccupa quando il bambino è edentulo ad 1 anno; molto conta l’ereditarietà (es. il padre o la madre hanno messo il primo dente a 1 anno in molti casi) e il fluoro non centra nulla con l’epoca di eruzione. La formazione dei denti decidui avviene nel periodo fetale (occorre dar fluoro alla mamma in gravidanza) e quando erompe il primo deciduo inizia la formazione dei permanenti, per cui devo dare il fluoro al bambino da 1 a 6 anni. I denti permanenti sono 32: 2 incisivi, 1 canino, 2 premolari e 3 molari per ogni lato. Sostituiscono quelli decidui a partire dal 6° anno fino al 20°-25°. Primo a comparire il primo molare, verso i 6-8 anni, poi incisivi, premolari, canini, e infine gli ultimi 2 molari. Sistema nervoso: tutti gli altri mammiferi hanno una grande autonomia da neonati mentre per l’uomo non è così (il vitello cammina subito verso la mamma e cerca il latte); nel neonato di uomo le funzioni basilari sono molto immature, come star seduto e cercarsi il cibo, ed è privo di qualsiasi capacità di auto sostentamento. Per questo il neonato va accudito da altre persone, e questa condizione si è mantenuta anche nell’evoluzione. A fronte di una gran massa del SNC, non ci sono ancora connessioni e quelle che ci sono non sono mielinizzate adeguatamente per ottenere performance raffinate, se non appunto dopo mesi o anni. Il neonato quindi ha 9 Lezioni di pediatria – 2011 incompleta mielinizzazione delle vie piramidali (con ipertonia in flessione degli arti, ipotonia del collo) e si dice sia un sottocorticale con riflessi primari arcaici (ovvero che scompaiono con l’evoluzione maturativa: l’ontogenesi ripete la filogenesi) che ci hanno salvati quando vivevamo nella giungla: o Riflesso di suzione: si stimola la parte mediale delle labbra e il bambino inizia la suzione; scompare circa all’anno. È alla base della sopravvivenza perché rende capace di alimentarsi; non è presente nei feti e nei neonati sotto le 30 settimane (o meglio è difficilmente evocabile e facilmente esauribile) ma anche nel bambino gravemente asfittico, e questo è indicatore di danno molto grave al SNC. o Riflesso dei punti cardinali: si stimola la guancia o l’angolo bocca di un lato e il bambino ruota il capo da quel lato; scompare circa al 6° mese. o Riflesso di Moro: si stimola lasciando cadere sul dorso il bambino seduto e il bambino allarga braccia e dita a ventaglio, poi le flette e le adduce (abbracciamento); scompare circa al 4° mese. o Riflesso tonico del collo (schermidore): si stimola girando il capo da un lato e il bambino estende gli arti verso il lato da cui la testa è ruotata e flette gli arti controlaterali; scompare circa al 3° mese. o Riflesso di prensione (“grasping” mani e piedi): si stimola palmo della mano o pianta del piede e il bambino chiude le dita; scompare circa al 3° mese. o Riflesso della marcia automatica: si stimola la pianta del piede con il contatto con un piano d’appoggio e i piedi simulano la deambulazione. Questo riflesso va evocato solo dal medico perché se i genitori vedono la scena, a casa provano anche loro e questo rovina le anche al lattante (il bambino non deve essere tenuto in piedi fino a quando non sta in piedi da solo); inoltre scomparendo i genitori si allarmano e portano poi il bimbo dal pediatra che dirà loro semplicemente che il figlio sta crescendo bene. o Riflesso di raddrizzamento degli arti inferiori e del tronco: si stimolano le piante dei piedi appoggiandole sul lettino (bambino in piedi) ed il bambino si raddrizza e sostiene il peso del corpo; scompare circa all’8° mese. o Riflesso dell’inciampo (superamento dell’ostacolo): si stimola il dorso del piede con il bordo del letto e il bambino lo alza e supera il bordo; scompare circa al 6° mese. o Riflesso del paracadute: si stimola con una spinta laterale il bambino seduto ed estende il braccio di quel lato per proteggersi dalla caduta; compare verso il 6° mese. o Riflesso del tuffo: si stimola flettendo in avanti il bambino sollevato da terra ed estende capo e arti superiori e flette arti inferiori; compare verso il 9° mese. I riflessi arcaici scompaiono tutti entro i 6 mesi-1 anno; se così non fosse bisogna pensare ad una problematica neurologica. Inoltre la ricomparsa di questi riflessi dopo che erano scomparsi deve farci pensare a situazioni irritative del SNC, come ad esempio una meningite. I riflessi permanenti invece non scompaiono: o Riflesso cutaneo-plantare: risposta estensoria (Babinski) fisiologica fino al 18° mese (per immaturità dei centri corticali) poi risposta flessoria. o Riflesso fotomotore: si stimola l’occhio con la pila e si osserva miosi pupillare o Riflesso corneale: si stimola con il tatto la cornea e l’occhio si chiude. Sorprendentemente, nel primo anno, l’encefalo del bambino cresce di 1 grammo al giorno! Tappe evolutive dello sviluppo: Queste tappe evolutive sono molto importanti perché vengono considerate come “pietre miliari” dello sviluppo, hanno una progressione non evitabile e sono spia precoce di qualcosa che non va qualora non ci siano. o 1 mese: segue un oggetto luminoso con lo sguardo per brevi istanti (è miope con un visus di solo 1/10, ode e reagisce agli stimoli acustici o 3 mesi: solleva bene il capo e lo ruota verso sorgente sonora; riconoscerla madre se allattato al seno (per via degli odori) e sorride a tutti (esperimento con il cartone con disegnato un volto, anche se sorride tendenzialmente alla persona che più l’ha accudito); in questa fase la vista è in una sola dimensione, ovvero se la mamma si mette di profilo il bimbo non sorride più. Un ritardo anche di 15 giorni di queste tappe deve farci subito allarmare. o 4 mesi: segue gli oggetti con gli occhi e impara a girarsi nella culla, scopre il proprio corpo distinto dall’ambiente (si guarda mani e piedi, li porta alla bocca) o 5 mesi: inizia a stare seduto con appoggio. 10 Lezioni di pediatria – 2011 6-8 mesi: sta seduto senza appoggio per controllo dei muscoli dorsali, dice monosillabi (lallazione: mamma, pappa, cacca) e si interessa agli oggetti, li tocca, li muove, li sbatte ripetutamente. o 8 mesi: riconosce la madre e le sorride, piange di fronte ad estranei; afferra con le mani il cibo e lo mette in bocca (inizia un tentativo di alimentazione autonoma). o 10 mesi: sta in piedi da solo e senza aiuto (questo è influenzato da due condizioni: il peso del lattante e lo stimolo dei genitori) e si sposta da solo a quattro gambe; è importante che il bambino cammini a 4 gambe (gattoni) perché questo fa maturare meglio le anche. Mai far usare il girello! o 12-15 mesi: inizia a camminare (età di inizio deambulazione in relazione al peso: più il bimbo è magro e prima cammina perché deve sorreggere un peso inferiore) e dice parole bisillabe con senso (mediamente dicono 6 parole); inizia ad utilizzare qualche posata per mangiare. o 18 mesi: sa predisporre le proprie azioni per ottenere uno scopo, conosce la propria identità e si chiama per nome, dice 6-8 parole di seguito riunite in una struttura elementare. o 24-36 mesi: accetta la separazione dalla madre, ha imparato a camminare (a volte a correre: ci vogliono uindi 2 anni affinché il bambino sia simile ai cuccioli di altri mammiferi), dice circa 20 parole con una costruzione minima e riesce a controllare gli sfinteri (prima urinario poi anale). Il controllo sfinterico è più facile d’estate (si sente bagnare le gambe dalla pipì quando gira senza pannolino) e comunque non va mai sforzato perché potrebbero succedere 3 cose: 9 Guarda il vasino e lo butta via (e ci sta anche); 9 Il bambino inizia a rifiutare e antagonizzare il vasino e trattiene le feci, con stipsi ritentiva perché non vuole darla vinta alla mamma. Questo però porta alla formazione di feci dure e grandi che saranno dolorose alla defecazione e aumenta nel bambino la stipsi ritentiva (prima non vuole darla vinta, poi fa male); 9 Il bambino si sforza di accontentare la madre e contrae i glutei, con esito di gambe ad X. In questo periodo parla di se in 3° persona e non ha identità spaziale (se Marco è in una camera e lo si accompagna in un’altra, gli si dice di andare a vedere dov’è Marco lui torna dov’era prima). 3 anni: formula un discorso completo. Se questo non avvenisse, occorre portare subito il bimbo dal NPI. Va comunque aggiunto che il numero di lingue da imparare “rallenta” questa tappa evolutiva: se un bambino ha solo una lingua da imparare, parla correttamente a 3 anni mentre se ha 5 lingue parlerà correttamente tutte e 5 le lingue ma a 6 anni. o 4 anni: sa comporre una frase completa, segue una conversazione, distingue bene i colori. Il neonato ascolta e anche “sovrastima” i toni alti ed è infastidito dal tono della voce, e quindi piange. Per fortuna oggi esiste lo screening delle ipoacusie con le otoemissioni acustiche (se positivo si passa ai potenziali evocati uditivi) per cogliere in tempo le varie ipoacusie e trattarle, così da evitare che i bambini sordi diventino muti. Il bambino, anche pretermine, prova dolore. Avverte il dolore e aumenta la frequenza cardiaca e respiratoria, e aumenta la pressione arteriosa. Non è in grado però di localizzarlo. Un ospedale senza dolore è necessario anche per il bambino di 500g! Queste tappe così ben codificate sono valide per un bimbo nato a termine ma possono essere applicate anche ai pretermine considerando l’età “corretta”, ovvero l’età anagrafica meno la differenza di settimane di gestazione (ovvero il tempo che il bambino compirebbe la maturazione fetale se non fosse nato pretermine). Dopo queste considerazioni è importante quindi ricordare come la separazione dalla madre deve avvenire o prima degli 8 mesi (dove per il bambino è facile accettare un’altra persona, come la maestra, facente parte della sua famiglia) o dopo i 24 mesi, quando accetta la separazione dalla madre. Il gioco del “cu cu” serve a far capire al bambino che ci si può allontanare per poi ricomparire e che la separazione non è definitiva. Apparato emolinfopoietico: il feto vive in condizioni di relativa ipossia e ha bisogno per crescere di tanti globuli rossi (GR), che alla nascita sono 5-5,5 milioni/mm3 (poliglobulia da ipossia fetale), grandi (MCV 105fL/μ3) e pieni di emoglobina ad alta affinità: Hb 18-20 g/dL (per massima parte HbF); l’ematocrito è normalmente >50%. Dopo 4-8 giorni si ha emolisi (ittero fisiologico del neonato): i GR scendono a 4,5-5 M/mm3 ed inizia lostituzione dell’HbF da parte dell’HbA che si completa verso il 4° mese (quindi l’Hbelettroforesi per diagnosi di talassemia si esegue solo dopo il 4°-6° mese). o 11 Lezioni di pediatria – 2011 Per differenziare un ittero fisiologico da quello patologico si guarda l’ora di comparsa (quello fisiologico non compare mai prima delle 24 ore) ed i livelli di bilirubina: per gli itteri fisiologici occorre la fototerapia che rende la bilirubina più idrosolubile e quindi eliminabile dal rene perché il fegato fa ancora fatica, mentre per l’ittero patologico si deve fare l’esanguotrasfusione (alto rischio di kernicterus, con interessamento dei gangli della base e paralisi). La malattia emolitica del neonato (MEN) si manifesta alla nascita ed è dovuta alla formazione di anticorpi materni specifici verso antigeni dei GR del figlio e non presenti nella madre. Il momento principale dell’immunizzazione della madre Rh negativa da parte di cellule del bambino Rh positive è rappresentato dal parto, soprattutto nella fase di distacco della placenta quando una quota significante di sangue fetale passa nei vasi beanti della madre (rischio maggiore nel parto cesareo). Il rischio per una primipara è del 3-22% e dipende soprattutto dal quantitativo di sangue immesso in circolo. Questo rischio scende molto se c’è anche un’incompatibilità AB0 perché i GR incompatibili vengono rapidamente lisati nel circolo materno dalle agglutinine naturalmente presenti. La risposta immune della madre è costituita da IgM (che non attraversano la placenta), per cui la MEN non si sviluppa alla prima gravidanza. In una successiva gravidanza sono sufficienti piccolissime quantità di sangue (0,003mL) per innescare una risposta immunologica di tipo IgG e la MEN può manifestarsi quindi già a livello fetale; le gravidanze a rischio di questa patologia devono essere monitorizzate con il test di Coombs. Si può ricorrere alla trasfusione di emazie in utero e alla somministrazione di Ig ad alto dosaggio alla madre, ma a volte l’evoluzione in idrope fetale e morte è inarrestabile. Nella maggioranza dei casi, però, la MEN si manifesta alla nascita con un quadro variabile: anemia, ittero a bilirubina indiretta ingravescente che compare già poche ore dopo il parto (in utero la bilirubina è metabolizzata dal fegato materno) con livelli anche di 20mg/100mL, soglia a rischio di kernicteurs. La diagnosi è confermata con il test di Coombs diretto positivo nel neonato e indiretto positivo nella madre. Il trattamento mira a correggere l’anemia (trasfusioni), a ridurre la bilirubina per evitare il kernicterus (exanguotrasfusione) e ridurre la lisi dei GR circolanti (Ig vena). Da molti anni si esegue una profilassi della MEN somministrando entro 72 ore dal parto o dall’IVG, in donne Rh negative, gamma-globuline anti-Rh, riducendo l’immunizzazione materna (<1%) e di fatto facendo scomparire la MEN da Rh che si vede solo in donne immigrate. Oggi la forma più frequente (ma rara!) di immunizzazione è da AB0 (madre 0 e figlio A o B) e si può già osservare alla prima gravidanza; la clinica ed il trattamento sono simili a quelli della MAN da Rh. I globuli bianchi (GB) alla nascita sono 15-20.000/mm3 e dalla prima settimana il numero dei GB si riduce a circa la metà; il neonato nasce con una neutrofilia ma progressivamente il numero di neutrofili diminuisce e quello di linfociti aumenta a fino all’inversione della formula (30-40% N; 60-65% L). A 6-7 anni la formula arriva in pareggio per poi diventare negli anni successivi verso la neutrofilia (come nell’adulto) Il midollo osseo alla nascita è iperfunzionante (attività prevalente è quella eritropoietica; rapporto leuco/eritroblastico <1) ma dalle prime 2-3 settimane l’attività eritropoietica si riduce (rapporto 3:1 come nell’adulto). Il tessuto linfatico alla nascita è ipoplasico (linfonodi superficiali non palpabili, tonsille palatine non visibili, milza all’arcata costale) per poi andare incontro ad un intenso sviluppo nei primi anni di vita (specie all’ingresso in comunità infantili) e andare, dopo la pubertà, in regressione. In quest’ambito va detto come la maggior parte delle tonsilliti del bambino sono autolimitanti (in uno studio a due braccia si è data claritromicina verso placebo e si è visto che le percentuali di risoluzione erano rispettivamente del 60% e del 55%); l’unica indicazione a togliere le tonsille può darla il pediatra, quando il bambino fa più di 6-8 tonsilliti all’anno (ma attenzione che non sia semplicemente una tonsillite mal curata da un numero di giorni di antibiotico troppo breve!) che interferiscono con la crescita del bambino. In gravidanza gli anticorpi materni (IgG) passano al feto attraverso la placenta (immunità umorale specifica passiva) e il patrimonio immunitario del neonato corrisponde a quello materno: la madre trasmette al figlio solo gli anticorpi contro le malattie che ha superato. Il titolo anticorpale IgG scende progressivamente perché il neonato e il lattante degradano queste IgG e si esaurisce dopo il 6° mese (il lattante diventa più suscettibile ad ammalarsi) ma va ricordato comunque come il lattante era protetto solo dalle malattie che aveva fatto la madre! Con l’introduzione delle vaccinazioni non sappiamo quello che sta succedendo, ovvero s l’immunità acquisita con il vaccino possa coprire con un titolo anticorpale sufficiente anche l’età adulta, tanto da passare una quantità di IgG al feto sufficiente, ma anche una quantità adeguata a coprire dall’infezione: stanno emergendo casi di 12 Lezioni di pediatria – 2011 malattie dell’infanzia che colpiscono gli adulti e sono più gravi che nei bambini, oltre al fatto che il medico di base non le conosce e non ci pensa (prof. Oderda ha fatto in inverno la pertosse). Questo in relazione al fatto che, quando circolavano le malattie, i bambini già immunizzati venivano quasi annualmente a contatto con il microrganismo e quindi annualmente stimolavano il loro sistema immunitario verso lo stesso. Le IgA sono dimeri, non passano la placenta ma passano nel colostro e nel latte materno e sono deputate alla difesa delle mucose. Non sono degradate e assorbite a livello intestinale ma si stratificano lungo tutto l’intestino con funzione protettiva locale contro le diarree acute infettive ma anche contro le allergie. Questo denota l’importanza dell’allattamento materno rispetto a quello artificiale (l’unica controindicazione veramente pesantein Africa all’allattamento è l’HIV, ma se poi questi bambini “salvati” dal contagio via latte muoiono di enterite, che senso ha?!). Le IgA sono specifiche contro la flora fecale della madre (identica alla flora che colonizza il neonato se a stretto contatto con la madre sin nascita) e per questo è molto utile il roaming-in e non la separazione del neonato che così si prende i batteri della OS invece di quelli della madre verso i quali ha IgA che lo proteggeranno. Non solo però il rooming-in riduce le infezioni intestinali, ma anche quelle prepuziali rendendo inutile la circoncisione. Le IgM il neonato non le ha (sono pentameri e non passano la placenta) e se le fa quando risponde alle infezioni (immunità umorale specifica attiva. Il dosaggio su siero neonatale delle IgM totali (se superiori a 20-30 mg/100mL) e delle IgM specifiche per un determinato agente patogeno sono fondamentali nella diagnosi di infezioni fetali o neonatali. Le IgM sono la principale difesa contro i batteri Gram-negativi e poiché il neonato è fisiologicamente carente di IgM, questo spiega l’alto numero di infezioni da parte di questi patogeni nelle prime settimane (es. la meningite neonatale da E. Coli). Screening nel neonato Gli screening neonatali sono la strada vincente per fare prevenzione. Molto importanti sono gli screening endocrino-metabolici fatti su cartina bibula (assorbente) bagnata con una goccia di sangue presa dal tallone del bambino. È importante perché ci permette di vedere patologie presenti prima che generino conseguenze non più governabili, semplicemente con la terapia o con la dieta. Sono potenzialmente tantissime le patologie genetiche endocrino-metaboliche ma noi facciamo screening su quelle per le quali riusciamo ad impedirne l’evoluzione: investiamo molto sui sani per trovare il malato. Concetto importante è che devono essere applicati questi screening su malattie rare ma non rarissime (es. 1:4000). Oggi sono state sviluppate metodiche di screening utilizzando la spettrometria di massa, sempre su goccia di sangue (come in regione Toscana) dove possono essere riconosciute oltre 400 malattie metaboliche, molte delle quali estremamente rare; di queste 400però solo 4 o 5 sono curabili, e le altre? Ci troviamo poi con neonati e bambini per ora sani, che sappiamo svilupperanno la malattia, ma senza possibilità di terapia o dieta. Unica parziale eccezione a questo è la fibrosi cistica per la quale anche in Piemonte si fa lo screening ma della quale non abbiamo una terapia specifica: però in questo caso sono stati fatti degli studi che ci dicono come la vita media dei positivi allo screening sia migliore e più lunga rispetto ai negativi. Gli screening endocrino-mtabolici in Piemonte sono 6: 1. Fenilchetonuria (PKU). È una malattia del metabolismo amminoacidico in cui si h un deficit della trasformazione delle fenilalanina (Phe) in tirosina, con accumulo di fenilalanina che porta a grave danno del SNC. L’accumulo della Phe inibisce il trasporto di altri amminoacidi necessari per la sinstesi di proteine e neurotrasmettitori, riduce la sintesi ad aumenta la degradazione della mielina e causa una formazione inadeguata di serotonina e noradrenalina; la Phe è inoltre un inibitore competitivo dell’enzima tirosinasi, cruciale per la formazione di melanina responsabile dell’ipopigmentazione di capelli e cute di questi pazienti. La fenilalanina è presente nel latte materno, quindi è indispensabile ridurre al minimo l’introito della stessa per garantire comunque un minimo di funzionalità cellulare senza però determinare accumulo. Poiché i livelli di fenilalanina (normali fino a 2mg/100mL) si elevano quando il neonato inizia a mangiare è essenziale che lo screening sia fatto quando il bimbo si sia già alimentato, ovvero in terza giornata (e visto che con le dimissioni precoci viene dimessa la mamma e il bimbo già al secondo giorno, occorre richiamare il neonato in ospedale!). Se lo screening è positivo non si deve alimentare il neonato con latte materno ma occorre sostituirlo con uno speciale. Si tratta di una malattia rara (1 ogni 7000 nati) ma molto invalidante e 13 Lezioni di pediatria – 2011 per la quale vale la pena fare lo screening: la cosa bella della fenilchetonuria è che se vista in tempo non da nessun segno! La malattia non diagnosticata comporta vomito precoce e successivamente ipertonia, iperreflessia, iperattività, grave ritardo mentale, convulsioni, microcefalia e alterazioni dei denti; il fenotipo classico di questi bimbi con FKU è capelli biondi ed occhi azzurri. Il devastante quadro clinico è accompagnato da un odore particolare (“di topo”) della cute, dei capelli e delle urine causato dall’accumulo di felinacetato; ovviamente questo non succede ai bambini sottoposti a dieta poverissima di Phe. 2. Ipotiroidismo congenito: è una condizione frequente (1:2800) e molto severa se non diagnosticata. Come già detto gli ormoni tiroidei sono fondamentali per lo sviluppo del SNC, la mielinizzazione dell’assone, l’arborizzazione dendritica e più in generale per la polimerizzazione della tubulina nel neurone. La carenza di ormoni tiroidei comporta una condizione di grave deficit mentale paragonabile al cretinismo endemico da carenza iodica. Lo screening in Piemonte valuta l’aumento del TSH in terza giornata (perché prima il rialzo è fisiologico; valori normali fino a 10-20 mcU/mL a seconda del laboratorio); il sospetto va poi confermato con dosaggio su siero di TSH ed fT4. Ci sono molte cause di ipotiroidismo congenito ma si possono riassumere in ectopia (40%), agenesia (ma oggi è meglio dire atireosi perché si è visto che qualche cellula esiste comunque, 30%) e difetti dell’ormonogenesi (20%); per quando riguarda la discesa della tiroide dal forame cieco sono implicati i geni TTF-1, TTF-2 e Paks-8. Fino alla nascita la carenza fetale di ormoni tiroidei è vicariata da quelli materni e alla nascita il quantitativo degli ormoni presenti nel latte è assolutamente insufficiente così da portare a deficit di ormoni. Occorre fare diagnosi per iniziare la terapia sostitutiva con eutero quod vitam. 3. Galattosemia: malattia da carenza di galattosio-1-fosfato-uridiltranferasi che porta ad accumulo di galattosio-1-fosfato nel sangue con danno cerebrale irreversibile, cataratta, epatomegalia con ittero neonatale persistente, ipoglicemia, vomito, arresto della crescita.. È molto rara (1 ogni 20-50.000) ma con conseguenze gravissime se il neonato viene allattato con latte materno o vaccino, per cui vale la pena fare lo screening (si dosano galattosio e galattosio-1-fosfato che non devono essere presenti nel sangue). Si previene semplicemente usando latti non umani senza lattosio (e ovviamente, assieme alla fenilchetonuria, è una indicazione al non allattamento). 4. Sindrome adreno-genitale (o iperplasia congenita surrenale, SAG, 1:8000): il surrene fisiologicamente produce androgeni (Д4-epiandrosterone e DHEA-S) responsabili della crescita del pelo ascellare e del pelo pubico; una loro secrezione elevata porta nel maschio a pubertà precoce e nella femmina può essere molto grave se avviene nel periodo fetale. La causa della SAG è un deficit di un enzima importante nella sintesi di ormoni corticosteroidi e mineralcorticoidi, la 21-idrossilasi (nell’85% dei casi), con mancato metabolismo e quindi accumulo del 17-idrossiprogesterone (che è quello che dosiamo con lo screening, valori normali fino a 20ng/mL), ma questo blocco non vale per la sintesi degli androgeni. Su questa base si osserverà nella SAG una perdita di sali cronica (con sintomi aspecifici nel lattante come nausea e vomito) ma può precipitare in condizioni di stress fino ad arrivare a shock e morte da iponatriemia e ipercaliemia. Inoltre gli androgeni in gravidanza agiscono sui genitali femminili portando a trasformazione verso un fenotipo maschile con pseudo-ermafroditismo (genotipo XX con fenotipo mascolino: iperclitoridia e fusione delle grandi labbra), condizione quindi di genitali esterni ambigui. Gli androgeni aumentano perché aumenta l’ACTH visto che viene meno lo stimolo di feedback negativo del cortisolo. La terapia è volta a correggere il deficit di minerlcorticoidi e corticosteroidi con l’idrocortisone, che è il più “fisiologico” dei farmaci, ma può essere comprato solo in Svizzera o nella città del Vaticano (ma comunque costa pochissimo), con però ovviamente tutti gli effetti collaterali di una terapia con steroidi cronica (ipertensione, alterazioni ossee e quindi bassa statura). Esistono delle forme omozigoti di SAG (1 ogni 7000, che sono quelle che valutiamo con lo screening visto che sono le uniche che elevano il 17-OH-progesterone) e delle forme eterozigoti in cui uno solo dei geni è mutato (in Italia si stima 1 ogni 200 nati). Queste forme eterozigoti le riconosciamo per l’iperandrogenismo che si vede nelle adolescenti quando si sviluppa la triade: acne, irsutismo e ovaio policistico; in questo caso possiamo parlare di SAG ad esordio tardivo. Se non riconosciuta la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è causa di infertilità femminile ed andrebbe sempre dosato in una donna con PCOS il 17OHprogesterone, 14 Lezioni di pediatria – 2011 perché la cura di una SAG ad esordio tardivo è il cortisone a basse dosi mentre quella di una PCOS senza SAG è la pillola a volte associata ad ipoglicemizzanti orali. 5. Fibrosi cistica: ce ne parlerà la prof.ssa Oderda della malattia. Per quanto riguarda lo screening si fa il dosaggio della chimo tripsina prodotta dal pancreas ma che nella fibrosi cistica passa nel sangue perché è difficoltosa la normale escrezione esocrina. Viene anche questo effettuato in 3° giornata e se positivo si ricerca la mutazione genetica. Non esiste terapia specifica ma c’è un enorme vantaggio in termini di sopravvivenza e qualità di vita (con minori complicanze polmonari e più lento peggioramento). 6. Deficit di biotinidasi: è uno screening che viene fatto solo in Piemonte. La biotina è una vitamina ubiquitaria legata a numerosi enzimi; il normale ricambio di questi enzimi è accompagnato dal distacco, provocato dall’azione della biotinidasi, della biotina per essere riutilizzata. Pertanto i soggetti affetti hanno un’enorme aumento della domanda di biotina e possono entrare in regime di carenza pur seguendo una dieta normale. Le manifestazioni cliniche possono comparire nella prima infanzia con acidosi lattica, ritardo della crescita, alopecia, atassia, deficit immunitario T o B, ritardo mentale e cecità. Il trattamento di questi pazienti consiste nell’assunzione di biotina per via orale. Vengono però effettuati anche altri screening non metabolici nel neonato: 1. Ipoacusia congenita: è importante perché molto frequente (3-4%). Se un bambino è ipoacusico grave non parla e diventerà un sordomuto. Lo screening si fa a tutti i neonati alla nascita con le otoemissioni acustiche (si “ascolta” la risposta dell’orecchio in risposta allo stimolo con il diapason). Se positivo lo screening si invia il neonato dall’otorino che lo valuterà con i Potenziali Evocti Uditivi. Tutto questo perché è relativamente facile correggere un’ipoacusia con un impianto cocleare prima che il bimbo diventi sordomuto. Le ipoacusie gravi bilaterali sono quelle che devono essere trattate, e si parla di sordità. Vengono classificate in: o Ereditarie (le più frequenti), a loro volta suddivise in non sindromiche (67% dei casi) e sindromiche rappresentano il 33% dei casi: sindrome di Waandeburg (AD, con telecanto), sindrome di Usher (con retinite pigmentosa che porta a cecità), sindrome di Alport (con nefrite, retinite pigmentosa e cataratta, causata dal deficit del collagene di tipo IV), sindrome di Pendred (con patologia tiroidea). o Non ereditarie: TORCH (prenatale), ittero (perinatale) e malattie esantematiche (post-natale, come morbillo e parotite). 2. Displasia congenita dell’anca: condizione di pre-lussazione per alterata maturazione della testa del femore e dell’acetabolo; colpisce circa il 5% dei neonati. È una malattia ereditaria ma multi genica. Con l’ecografia entro il 3° mese di vita si visualizza la displasia e si interviene prima che avvenga la lussazione: se c’è ipoplasia o alterazione dell’angolo aceta bolare si mantengono divaricate le anche con un doppio pannolino per mesi, favorendo la maturazione in posizione normale ed evitando la lussazione (e si integra la dieta del bambino con calcio e vitamina D). 3. Malformazioni delle vie urinarie: ormai questa valutazione viene effettuata sul feto nel terzo trimestre di gravidanza perché si è visto che si vedono meglio in utero che nel neonato. Alla nascita si fanno esami (in genere ecografia) solo nei sospetti, che spesso confermano questa situazione e consentono al medico di iniziare la profilassi antibiotica ogni qualvolta il piccolo paziente debba fare delle manovre invasive. Le malformazioni delle vie urinarie hanno incidenza pari al 5% dei nuovi nati. Le vaccinazioni I vaccini sono antigeni di microrganismi (virus o batteri) verso dei quali l’organismo monta una risposta immunitaria; in realtà si sta andando sempre più verso la selezione di alcuni antigeni con anche modalità sempre più nuove di produzione. Esempio recente è il vaccino anti-meningococco B basato su una tecnica di “reverse vaccinology” esattamente opposto a quello fatto da Jenner nel lontano 1798 sull’emulsione di croste di vacca con vaiolo (e da qui il nome di vaccino): si è isolato il meningococco B ed è stato mappato tutto il suo DNA dal quale sono state fatte esprimere circa 700 proteine e se ne sono isolate 70 antigeniche e ancora di queste 35 con effetto protettivo. Di tutte queste si sono tenute solo 4 che hanno parti strategiche per proteggere dall’infezione. 15 Lezioni di pediatria – 2011 Oggi abbiamo circa 15 vaccini che vengono utilizzati soprattutto in epoca pediatrica ma anche proposti nell’adulto, e soprattutto nell’anziano (es. l’anti-pneumococco nel paziente anziano per prevenire la polmonite). Esistono due tipologie di vaccinazione: quelli obbligatori per legge e quelli non obbligatori (e di questi si fa ancora distinzione in raccomandati e non). In Italia quelli obbligatori sono 4: l’anti-tetano, anti-difterite, antiepatite B e anti-poliomielite. Quelli raccomandati però sono gratis (pagati dall’ASL) e vengono abitualmente effettuati con gli altri 4 obbligatori, per cui si fanno di fatto di routine. Negli USA non ci sono vaccinazioni obbligatorie ma i bambini vaccinati non possono andare a scuola per cui si tratta di un obbligo mascherato, visto che una protezione individuale diventa questione di sicurezza per la comunità (immunità di gregge). Durante la gravidanza anticorpi materni di tipo IgG passano al feto attraverso la placenta, pertanto il neonato ed il piccolo lattante sono protetti dalle malattie infettive (quelle superate dalla madre e anche quelle nei confronti delle quali la mamma è vaccinata): il problema delle vaccinazioni si pone dunque a partire dal 3-4° mese di vita. Quanto detto vale per tutte le malattie prevenibili con vaccinazione ad eccezione della pertosse che, non fornendo immunità permanente, espone già il neonato a contrarla nelle prime settimane; d’altro canto nelle prime settimane il sistema immunitario non è in grado di montare una risposta anticorpale adeguata dopo somministrazione di un vaccino. Sulla base di queste considerazioni si è ormai universalmente scelto il 3° mese (inteso dal 61° giorno di vita) come limite minimo per iniziare a vaccinare i nostri neonati. Il primo gruppo di vaccinazioni, che si fa con una sola iniezione i.m. nella quale sono presenti 6 diversi antigeni, è la cosiddetta “esavalente” che viene oggi in Italia effettuata nel 99% dei bambini. Si tratta di un vaccino combinato, ovvero sperimentato per un uso contemporaneo, che contiene le quattro obbligatorie (l’anti-tetano, anti-difterite, anti-epatite B e anti-poliomielite) con l’aggiunta dell’anti-pertosse e dell’anti-Haemophilus Influentia tipo B. 1. Anti-poliomielite: si tratta di virus Sabin attenuato ed è molto efficace ma non bisogna abbassare la guardia perché in Albania, dove per via della guerra civile non si sono più vaccinati i bambini, c’è stata un incremento di casi di polio paralitica. In Italia attualmente vengono segnalati 3 casi circa all’anno. Il virus polio è un’enterovirus della famiglia dei picornavirus (piccoli virus a RNA senza capside) che colpisce solo gli umani ed il modo più comune è la diffusione diretta o indiretta oro-fecale nel periodo estate-autunno; dopo l’infezione il virus viene eliminato con le feci per anche 4 mesi. Dopo l’infezione delle cellule epiteliali delle prime vie aeree e dell’apparato gastro-intestinale si ha una diffusione ai linfonodi ragionali (es. placche di Peyer, le tonsille, i linfonodi mesenterici) e al 3° giorno una fase viremica a tutto l’organismo e l’organo bersaglio è diverso a seconda del ceppo, ma in particolar modo al SNC. Ma se nel lattante il virus polio determina più un’infezione in apparente, è nel ragazzo e nell’adolescente che evolve più facilmente in polio paralitica. Questa forma paralitica è legata alla distruzione dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo o nel tronco mentre i neuroni sensitivi sono risparmiati (ovvero si avrà paralisi flaccida costantemente asimmetrica soprattutto degli arti inferiori con atrofia muscolare e se viene colpito il bulbo ci sarà insufficienza respiratoria con ipossia ed ipercapnia). Tipicamente l’infezione primaria induce una forte risposta IgM dopo 7-10 giorni (utile alla diagnosi) che dopo 2 settimane diventa una risposta IgG ed IgA persistente per tutta la vita; la diagnosi differenziale si fa con la sindrome di Guillain-Barré, il botulismo e la paralisi familiare periodica. La chiave di volta nella diagnosi è la ricerca del virus polio nelle feci mentre non esiste alcuna terapia se non l’isolamento del paziente e la riduzione dell’attività fisica. Questa malattia era già presente in Egitto 4000 anni fa perché nei bassorilievi si vedono persone con una gamba atrofica con le stampelle. 2. Anti-tetanica: si somministra l’anatossina (ovvero la tossina detossificata). Il tetano è una malattia causata dal Clostridium tetani (gram positivo, anaerobio, sporigeno) che penetra nell’organismo attraverso una ferita e porta a manifestazioni sistemiche attraverso un’esotossina. Il C. Tetani è ospite abituale delle vie digerenti degli erbivori (in particolare dei cavalli) e le spore, eliminate con gli escrementi nel suolo, nelle acque e nel pulviscolo atmosferico, penetrano nell’organismo attraverso soluzioni di continuo della cute o delle mucose (es. puntura con una spina). Il bacillo rimane localizzato nel sito di ingresso mal la sua tossina raggiunge il SNC attraverso i cilindrassi e, nelle placche motorie, induce una paralisi spastica anche mortale. Uno dei segni tipici del tetano è il trisma (contrattura dei masseteri) che è spesso il primo sintomo, seguito poi da 16 Lezioni di pediatria – 2011 disfagia, contratture dolorose che dalle estremità si estendono verso il centro con muscoli rigidi “come il legno”. Si ha atteggiamento in iperestensione (opistotono), espressione facciale caratteristica (riso sardonico: sopracciglia verso l’alto, labbro superiore premuto contro i denti e angoli labiali tirati verso il basso) fino alle crisi respiratorie. Gli spasmi sono accompagnati da sudorazione profusa, tachicardia ed ipertensione; possono durare settimane. La diagnosi è facile nella fase conclamata ma difficile nelle fasi iniziali. La terapia si basa sull’assistenza in reparti specialistici, la cura della ferita, la terapia farmacologica (metronidazolo), la neutralizzazione della tossina con Ig specifiche (5000UI i.m.) e l’uso delle benzodiazepine per ridurre gli spasmi. Ancora oggi nel mondo muoiono migliaia di bambini per tetano neonatale da taglio del cordone ombelicale con coltelli non adeguatamente puliti. 3. Anti-difterica: il concetto è simile al tetano, e si somministra la tossina prodotta dal battere. La difterite è una malattia acuta causata dal Corynebacterium Diphtheriae (gram positivo, asporigeno) che produce una tossina molto potente che causa in loco necrosi tissutale (faringe, laringe) e, passando in circolo, lesioni degenerativo-necrotiche in vari tessuti (miocardio, SNC, rene). Il quadro esordisce tipicamente con l’angina difterica con intenso essudato bianco-grigiastro disposto a formare pseudo-membrane che si staccano con difficoltà, si estendono oltre i confini tonsillari invadendo pilastri, ugola e parete posteriore del faringe; è sempre presente febbre, dolore, adenopatia importante che conferisce il “collo taurino” e alito fetido. L’esordio con laringite difterica è più raro (mentre è frequente l’estensione dal faringe); prevalgono così disfonia, tosse abbaiante (croup) e dispnea inspiratoria. Le manifestazioni sistemiche colpiscono il cuore con miocardite (febbre, ipotensione, aritmia, scompenso cardiaco) ed il SN con paralisi precoci (che colpiscono il IX n.c. con paralisi del palato molle) o paralisi tardive (dopo 2-3 settimane con paralisi di tipo flaccido tipicamente dei nervi oculomotori). La terapia consiste in benzil-penicillina per 7 giorni ed eventualmente l’anti-tossina specifica. C’è stata un’epidemia nell’ex URSS con migliaia di casi. In dialetto: “mal dal grup” 4. Anti-pertosse: si utilizza un vaccino acellulare fatto di frazioni purificato di batterio. La pertosse (in dialetto “tus asnina”) è una malattia causata dal battere gram-negativo Bordetella Pertussis che predilige l’età infantile scolare ma può colpire anche i neonati e gli anziani; il contagio è per contatto diretto da un soggetto affetto. La patologia è causata dal rilascio locale di tossine da parte del battere. Dopo un periodo di incubazione di 7-14 giorni si hanno tre fasi della durata di 2 settimane ciascuno: 9 Periodo catarrale: quadro di flogosi delle alte vie aeree ed è il periodo di massima contagiosità. Già presente la tosse se ben indagata, con insorgenza notturna e resistente ai sedativi. 9 Periodo parossistico: tipico, con accessi di tosse spasmodici che inizialmente sono catarrali ma diventano presto stizzosi, secchi e a colpi ravvicinati (questo è fondamentale nella DD perché nelle affezioni aspecifiche la tosse da secca diventa catarrale, non il contrario). L’accesso è costituito da 5-10 colpi di tosse in espirazione accompagnati da protrusione della lingua, congestione del volto e seguiti da una inspirazione violenta a glottide chiusa che provoca il caratteristico urlo, a cui segue l’emissione di muco denso e talvolta con vomito alimentare. Nel lattante questo urlo può sostituirsi con crisi di apnea e cianosi, lasciando il paziente prostrato ma anche con rischio di emorragie cerebrali da ipertensione endocranica da accesso di tosse. Nelle forme lievi gli episodi avvengono 4-5 volte al giorno ma in quelle gravi anche 40-50 volte con facies pertussoide (volto tumido, edema palpebrale, emorragie congiuntivali). Negli intervalli tra i parossismi il paziente sta bene e non ha febbre. 9 Periodo di risoluzione: riduzione dei parossismi e ricomparsa della tosse catarrale Il farmaco di scelta è l’eritromicina (50mg/Kg/die) ed il paziente va isolato per 7 giorni se fa terapia, 3 settimane se non è effettuata alcuna terapia. 5. Anti-HBV: l’HBV è una malattia cronica con possibilità di trasmissione verticale nel periodo neonatale. Di solito la trasmissione avviene, a tutte le età, per contatto tra un liquido biologico infetto e cute/mucose del soggetto non infetto; tipiche vie sono il contatto con un oggetto infetto (basta ricordare le dizioni “ittero da siringa”) o l’attività sessuale nelle sue diverse forme, considerato anche che il virus HBV sopravvive anche 1 mese fuori dall’organismo. Il contagio neonatale avviene solo nel 5-10% dei casi in utero e la grande maggioranza durante il passaggio nel canale del parto mentre l’allattamento non sembra essere un fattore di rischio; è comunque importante dire come l’HBV neonatale ha un tasso di cronicizzazione del 90% e oltre! Per questo motivo se la madre non è sieropositiva si segue la scheda vaccinale ma se la madre è sieropositiva 17 Lezioni di pediatria – 2011 per HBV si fa subito (entro 24 ore) il vaccino (che avrebbe un effetto terapeutico di evitare la localizzazione epatica del virus) e le Ig specifiche anti-HBsAg. 6. Anti-Haemophylus Influenzae tipo B: questo battere gram-negativo deve il suo nome all’essere stato considerato erroneamente l’agente etiologico dell’influenza, ed è un germe che colonizza solo gli umani. Può dare otite (H. Influenzae coinvolto nel 30% dei casi), polmonite (sia lobare che broncopolmonite, ed è coinvolto nel 2-4% dei casi soprattutto tra 4 mesi 4 anni), epiglottidite acuta o meningite, anche se non tutte le forme sono invasive. In queste forme più aggressive la terapia è con cefrtiaxone (Rocefin, 100mg/Kg/die e.v.); come profilassi nei bambini se c’è stato un caso di meningite può essere valida la rifampicina (Rifadin sciroppo 2%, 20mg/Kg/die 1 volta al giorno per 4 giorni) Il vaccino esavalente si fa al 3° mese, dopo due mesi (al 5° mese) e un terzo richiamo al 10-11° mese. Si effettuano poi richiami solo per difterite/tetano/pertosse a 5 anni e poi a 15 anni. Dopo i 15 anni è consigliato ogni 10 anni effettuare un richiamo per l’anti-tetanica. Esistono poi due vaccini raccomandati: l’anti-pneumococco e l’anti-meningococco: 1. Anti-pneuomococco: lo pneumococco (Streptococcus pneumoniae) è un gram-positivo del quale sono stati descritti più di 23 sierotipi, ed è un abituale abitante delle vie aeree soprattutto nei mesi invernali, quando se cercati sono presenti nella metà della popolazione. La maggior incidenza di infezioni pneumococciche si h nei bambini tra 6 mesi e 4 anni, con quadri di polmonite (per lo più lobare) nei soggetti con una riduzione delle difese in seguito ad eventi stressanti (come un’infezione virale), tipica dei lobi inferiori o del lobo medio di destra, ma anche con quadri di batteriemia occulta (febbre elevata del lattante senza segni di localizzazione e senza quadro di sepsi), meningite purulenta a acuta e di otite acuta (circa 1/3 dei casi). Il vaccino precedentemente non era attivo sotto i 2 anni di vita perché in quell’età difficilmente si produce immunità nei comfronti dei polisaccaridi mentre oggi è stato coniugato con la tossina difterica (come carrier) ed è attivo fin dai 2 mesi di vita; si fa contemporaneamente (ma con iniezione a parte) all’esavalente. Attualmente copre 7 sierotipi su 23 ma ne uscirà uno a breve che ne copre 13 su 23 (il 90% dei casi). 2. Anti-meningococco: nel bambino la Neisseria Meningitidis causa due entità distinte, la meningite meningococcica (ex meningite cerebro spinale epidemica) e la sepsi meningococcica. Si tratta di un gramnegativo a “chicco di caffè” e sono stati identificati 13 sierogruppi ma la maggior parte delle malattie è causata da 5 di questi: A, B, C, W135 e Y; questi sierotipi sono distribuiti diversamente nel mondo: in Europa prevalgono B e C, in Africa l’A e negli USA il W135. L’habitat del meningococco è il naso-faringe degli umani poiché non esistono altri vettori, e la trasmissione avviene attraverso goccioline di Pflugge. Le fasce d’età più colpite sono i bambini <4 anni e i giovani adulti tra 18 e 25 anni (colpiva le caserme ai tempi della leva obbligatoria e colpiva i college americani). Il 40-50% dei soggetti che sviluppano meningococcemia ha una forma di sepsi senza meningite, che porta allo shock settico e colpisce prevalentemente bambini al di sotto del primo anno di vita, ma non solo; non si tratta però di un’aggressione diretta del microrganismo ma dalla liberazione di un’endotossina che agisce sull’endotelio ed è responsabile di coagulazione intravascolare disseminata (CID). In questo caso si hanno lesioni cutanee a diffusione centripeta con componente emorragica, febbre, tachicardia, tachipnea ed ipotensione. Questo quadro può essere così grave da portare a sindrome di Watherhouse-Fredriecsen con apoplessia surrenalica. Esistono poi invece le meningiti da meningococco, che si distingue dalle altre forme batteriche per avere meno segni focali e più raramente convulsioni. La sintomatologia è comunque comune, con cefalea, rigidità nucale e segni di irritazione meningea, sofferenza a piegare gli arti (segno di Brudzinsky), tensione della fontanella nel lattante e astenia; bisogna sempre fare la puntura lombare per cercare il battere, i leucociti nel liquor, la proteinorrachia e l’ipoglicorrachia. Le complicanze neurologiche sono quelle delle altre forme: epilessia, sordità, paralisi dei nervi cranici, idrocefalo e trombosi dei seni venosi della dura. La terapia è con cefalosporine di III generazione come ceftriaxone (Rocefin 100mg/Kg/die) e corticosteroidi per prevenire lo shock (desametasone) mentre l’uso dell’eparina nella CID è controverso. Oggi si vaccina dopo gli 11 anni con un vaccino tetravalente (A, C, W135 e Y) soprattutto per i soggetti che fanno numerosi viaggi all’estero, come nell’area sub-sahariana dove si ha un’incidenza di 1000 casi ogni 100.000 persone/anno. Nel bambino è invece proposto, indipendentemente dagli altri vaccini, sotto l’anno 18 Lezioni di pediatria – 2011 con due dosi più un richiamo a 2 anni (mentre nel bambino che la fa a 2 anni non si fanno richiami); si tratta sempre di un vaccino coniugato con tossina difterica. Recentemente è finita la sperimentazione per il vaccino anche contro il sierotipo B che è il responsabile principale dei casi in Italia. Si completa questo ciclo primario di vaccinazioni (quelle del primo anno di vita) con la vaccinazione contro il rotavirus, causa più importante e frequente di diarrea acuta, molto aggressivo perché si trasmette con facilità e sopravvive benissimo su mani e indumenti non correttamente igienizzati. Esistono due vaccini per il rotavirus (bivalente e tetravalente) ma si utilizzano poco per una ragione storica: nei primi anni ’90 era stato ritirato dal commercio un vaccino anti-rotavirus perché predisponeva alla intussuscezione (invaginazione intestinale) messa in rapporto con l’iperperistaltismo nei soggetti predisposti con meso più lasso. Siccome poi è un vaccino raccomandato solo a certe categorie a rischio (quindi non è dentro i LEA, a differenza di tutti gli altri che abbiamo detto e che diremo), va pagato e di conseguenza è poco usato. In Piemonte è gratuito per i prematuri e per i bambini con malattia cronica se vengono inseriti in comunità. Va fatto entro 6 mesi, epoca dalla quale diventa concreta la possibilità di ammalarsi di rotavirus, ed in particolare al 3°, 5° ed eventualmente al 6° (solo in uno dei due tipi di vaccino). Nonostante i costi del vaccino, si è visto che un solo episodio di diarrea acuta nel bambino costa molto di più (pannolini, giornate perse dalla mamma) che la vaccinazione; poi non è detto che il bambino faccia più di una diarrea acuta da rotavirus! Il secondo gruppo di vaccinazioni è quello che si fa dopo i 12 mesi, e che oggi si riassume in un'unica somministrazione di vaccino tetravalente (MPR: morbillo, parotite, rosolia + da poco la varicella) ch viene fatto a 13-15 mesi di vita e viene fatta una seconda somministrazione (impropriamente detta richiamo) a 5-6 anni; forse per la varicella si arriverà a fare un vero richiamo ad 1 anno dalla prima dose (23-25 mesi) in quanto il titolo a volte rimane basso, con qualche fallimento descritto negli USA. Il vaccino è così composto: 1. Anti-morbillo: si utilizza virus vivo attenuato, per cui questo vaccino non può essere fatto nella donna gravida. È importante sapere che il morbillo, estremamente grave, oggi non è scomparso: solo in Piemonte nel 2008 sono stati registrati 8000 casi, e quasi tutti i soggetti giovani-adulti della fascia 16-24 anni che fanno vita di comunità (es. discoteca al Cele). La copertura del vaccino è buonissima, >90%. 2. Anti-parotite: si fa con virus ucciso. La parotite era molto frequente in passato e comportava pochi rischi per il bambino ma gravi rischi per il soggetto giovane-adulto ed è un buon motivo per essere vaccinati. 3. Anti-rosolia: grave se fatta in epoca adolescenziale e soprattutto durante la gravidanza per l’alto rischio di teratogenesi nel prodotto del concepimento. Il vaccino è fatto di virus vivo attenuato, che non può essere somministrato alla gestante (minimo rischio) e quindi tutte le donne che vorrebbero intraprendere una gravidanza dovrebbero controllare il loro titolo anticorpale nei confronti della rosolia. 4. Anti-varicella: è l’ultimo arrivato e approvato da poco nei LEA ma è importante perché anche la varicella, come la parotite, è molto grave se fatta da grandi. Ultimo vaccino che è stato introdotto nel 2006 senza tanta presa è l’anti-papillomavirus: si fa a 12 anni solo nelle bambine e purtroppo la copertura è ancora molto bassa (55% in Piemonte) perché non è stato ben spiegato. L’HPV è la causa del carcinoma del collo dell’utero (portio uterina) ed è sessualmente trasmesso nei primi rapporti sessuali; il vaccino è quindi un aspetto preventivo vero (non come il Pap-test) ma ha anche effetto terapeutico in chi ha già l’infezione perché induce la formazione di altri anticorpi che bloccano la progressione. Esistono due tipi di vaccino: bivalente (HPV16 e 18) e tetravalente (HPV6, 11, 16, 18) e si fanno in due dosi. Oggi negli USA si sta sperimentando di darlo anche nel maschio. Malattie esantematiche ed infettive dell’infanzia Morbillo Il morbillo è tra le patologie infettive a più alta contagiosità (>97%) ed è causato da un paramixovirus (virus a RNA) che induce la formazione di cellule giganti multinucleate nei tessuti (linfatici ed epiteli). L’età più colpita è tra 2 e 10 anni e la trasmissione avviene per via aerea. Clinicamente si distinguono 4 periodi: Incubazione: dura circa 12-14 giorni. 19 Lezioni di pediatria – 2011 Prodromico o dell’enantema: è caratterizzto da fotofobia, lacrimazione per la congiuntivite, arrossamento congiuntivale, comparsa di piccole papule simile a quelle di Köplik (segno di De Toni-Caramazza), secrezione sierosa e forte starnutazione (sembra un paziente molto raffreddato) e con tosse secca e stizzosa da interessamento laringo-tracheo-bronchiale. La mucosa orale e quella faringea appaiono arrossate e ricoperte di muco e l’arrossamento si diffonde poi al palato con la comparsa di piccole macchie irregolari di colorito rosso cupo, grosse come una lenticchia (macchie di Comby); patognomonica poi la comparsa di macchie a capocchia di spillo con centro biancastro e alone rosso (macchie di Köplik a “spruzzo di calce”) al fornice gengivale, di solito vicino allo sbocco del dotto di Stenone. La possibile estensione iperemica alle mucose urologiche e del tratto digerente rende conto della sintomatologia cistitica, del vomito e della diarrea. La durata della fase dell’enantema è di circa 4 giorni. Esantema: dopo una lieve non costante remissione della sintomatologia con diminuzione della febbre, incomincia al 5° circa il periodo esantematico con esantema maculo-papulare dapprima localizzato in regione mastoidea (retro-auricolare) di tipo rosso acceso, confluente, non pruriginoso; dalla iniziale comparsa dell’esantema a livello retroauricolare si ha poi diffusione craniocaudale “a nevicata” e l’eruzione si completa a poussées giornaliere in 3 giorni circa, accompagnato da adenopatia (sottoangolomandibolare, laterocervicale e nucale) e febbre. Desquamazione: in 4° giornata dalla comparsa dell’esantema si ha caduta della febbre con ripresa delle condizioni generali e graduale scomparsa dell’esantema in senso cranio-caudale seguito da desquamazione furfuracea. Complicanze del morbillo sono molte: o Otite media acuta o Laringite con pseudo-croup nel paziente predisposto. o Bronchite, broncopolmonite, polmonite a comparsa in 5° giornata dall’esantema ed è la più frequente complicanza (interstiziale da virus del morbillo o con sovra infezione batterica): si avranno ricomparsa della febbre e dispnea. o Meningoencefalite: 1-2 casi ogni 1000 pazienti (assolutamente molto frequente) e nel 30-40% dei casi lascia segni neurologici permanenti o addirittura porta a morte. o Panencefalite sclerosante subacuta (PESS), rara (1:100.000) dopo 58 anni dal morbillo con convulsioni, disturbi del comportamento e mioclonie; è una malattia degenerativa tipo sclerosi multipla che porta a morte in 1-3 anni. La diagnosi si basa inizialmente sulla presenza di tosse stizzosa associata a rino-congiuntivite e alla presenza dell’enantema (macchie di Köplik) e, se necessario, la conferma può essere fatta attraverso l’osservazione di cellule giganti multinucleate nel secreto nasale, nell’espettorato o nelle urine. La DD va posta con la scarlattina (nel morbillo non si ha lingua a fragola, angina ed adenopatia cervicale), la rosolia (dove invece c’è micropolinodulia e l’esantema è più rapido e fugace), la sesta malattia (scompare la febbre quando inizia l’esantema) e le allergie (in anamnesi c’è l’assunzione del farmaco) La terapia è antipiretica con paracetamolo ed eventualmente antibiotica quando c’è 20lastiche20nefri batterica, otite media, broncopolmonite. 20 Lezioni di pediatria – 2011 Varicella La varicella è una malattia esantematica infettiva causata dal virus Varicella-zoster (VZV), un DNA-virus (famiglia degli Herpesviridae). È ubiquitaria, ha elevata contagiosità (90%) dalla fine dell’incubazione fino al 5° giorno dopo l’ultima poussée di vescicole, ha incidenza più elevata nei bambini tra 5 e 9 anni e la trasmissione avviene per via aerea e tramite vescicole cutanee. Dopo un periodo di incubazione di circa 14 giorni, con eventualmente un periodo prodromico (non sempre presente) con febbre, malessere generale, rash fugace scarlattiniforme della durata di 24-48 ore, si ha il periodo di stato con comparsa in ondate successive di macule rosse, pruriginose, che diventano poi maculo-papule e ancora vescicole a contenuto liquido (prima ad “acqua di roccia”, poi torbido), pustole (contenuto lattescente) ed infine croste. Caratteristicamente l’esantema inizia al tronco, prosegue in senso centrifugo (volto, cuoio capelluto, estremità) ma risparmia le regioni palmo-plantari e la cute tra le lesioni normale. Gli elementi possono essere diffusi anche alle mucose, in particolare alla cavità orale e che possono evolvere in afte; sono più presenti nelle pieghe cutanee e si ha classica evoluzione degli elementi a gittate (aspetto “a cielo stellato”). La durata dell’esantema è di 8-12 giorni. Esiste un’ampia varietà individuale: in alcuni pazienti si hanno forme con pochi elementi ad evoluzione rapida ed in altri con parecchie centinaia di elementi e con febbre molto alta (40°C); le forme più devastanti (gangrenose, bollose od emorragiche) si osservano negli immunocompromessi e sono spesso mortali. Tra tutte le malattie esantematiche è l’unica che può comparire nel neonato per diffusione trans-placentare da madre varicellosa, causando una forma grave e disseminata se l’infezione materna si verifica nel periodo compreso tra 5 giorni prima e 2 dopo il parto. Un cenno a parte merita la sindrome da varicella congenita, che ha esiti diversi a seconda del trimestre: nel primo trimestre di gravidanza si possono avere malformazioni oculari, cerebrali, cutanee e degli arti (5% dei feti), mentre nel secondo/terzo trimestre di gravidanza l’infezione fetale risulta essere 21lastiche21ne con solo un rischio di herpes zoster nei primi anni di vita Le complicanze della varicella sono molteplici e sono l’impetiginizzazione delle vescicole (stafilococco o streptococco) e conseguente esito cicatriziale, soprattutto nell’ambito delle lesioni da grattamento; poi le manifestazioni neurologiche (cerebellite in assoluto la più frequente, encefalite, meningoencefalite), sindrome di Reye (mai aspirina come antipiretico!) e polmonite. La terapia è sintomatica con antistaminici (Tinset) e antipiretici (paracetamolo), ma può essere fatta anche terapia anti-virale con Aciclovir (dose 20 mg/Kg/dose x 4/die per os) in pazienti immunodepressi o con patologie croniche, lattanti, casi secondari o in caso di complicanze (polmonite, encefalite). Attenua la sintomatologia e il decorso della malattia, ma va iniziata precocemente. La terapia non va fatta a tutti perché è costosa e non scevra da effetti collaterali. Può essere fatta profilassi passiva con gammaglobuline iper-immuni (VZIG) entro 48 ore dall’esposizione (neonati, gravide). Rosolia La rosolia (o rubeola) è causata da un toga virus (virus a RNA) ed è caratterizzata da lieve sintomatologia generale, esantema maculo-papuloso e adenite (retro auricolare, cervicale posteriore e retronucale). Il contagio è diretto, da una settimana prima della comparsa dell’esantema fino a 1-2 settimane dopo la remissione con trasmissione da secrezioni rinofaringee a mucose respiratorie o congiuntive (sono necessari stretti e prolungati contatti con il soggetto affetto); il neonato affetto da rosolia congenita elimina il virus per 5-14 mesi, costituendo pertanto una fonte di contagio. 21 Lezioni di pediatria – 2011 L’incubazione dura 14-21 giorni a cui segue un breve periodo prodromico con febbricola, modica splenomegalia, rinite, congiuntivite, artralgia, adenite retroauricolare, cervicale posteriore, retronucale (patognomonica!); dopo 24 ore inizia il periodo di stato con esantema maculo-papuloso non confluente o modestamente confluente, diffuso su tutto il corpo, leggero (meno intenso di quello del morbillo), che si estende in senso cranio-caudale (parte dal volto e dalla nuca e in 24 ore interessa tutto il corpo). L’esantema scompare in3-4 giorni i senso cranio-caudale. Il virus penetra attraverso le mucose congiuntivali e delle vie aeree e va a moltiplicarsi a livello di mucosa orofaringea e dei linfonodi cervicali; dopo 7-8 giorni di incubazione si ha una fase di viremia a cui segue esantema e possibili complicanze (neurassite molto rara ma grave, artralgie, manifestazioni emorragiche) ma se la donna è incinta, nel 40-60% dei casi il virus passa la barriera placentare e arriva al feto, dove può dare sindrome da rosolia congenita. L’infezione materna da rosolia ha gravità diversa a seconda del trimestre considerato: nel primo trimestre di gravidanza si ha sindrome nel 70% dei casi, nel secondo trimestre di gravidanza sindrome nel 15% dei casi e nel terzo trimestre di gravidanza sindrome in una percentuale trascurabile. Il quadro clinico della sindrome da rosolia congenita si identifica con la triade di Gregg: cardiopatia congenita (stenosi arteria e valvola polmonare, pervietà dotto arterioso di Botallo, difetti settali), cataratta e sordità. Alla nascita può essere presente un quadro settico: ittero, porpora 22lastiche22nefri, epatosplenomegalia. La diagnosi di rosolia si basa sul quadro clinico mentre le indagini di laboratorio possono documentare leucopenia, plasmacellule e cellule di Turk (stato irritativo delle plasmacellule). Soprattutto in ambito ostetrico utile è la ricerca degli anticorpi specifici (Rub-test): IgM specifiche cercando di valutare l’aumento del titolo e per l’infezione congenita la ricerca di IgM specifiche nel liquido amniotico, sangue cordonale o dei villi coriali. La terapia è sintomatica mentre la profilassi può essere attiva con vaccino o passiva con γ-globuline specifiche. Scarlattina È una malattia esantematica causata da ceppi di Streptococcus β-emolitico (22lastic) gruppo A produttore di tossina eritrogenica. La frequenza della malattia è in progressiva diminuzione in tutto il mondo per la ridotta circolazione di questi ceppi batterici e per l’utilizzo tempestivo di antibiotici (e questo porta a forme blande di scarlattina, definite come quarta malattia). Ha contagiosità media (quando gli Streptococchi sono presenti in faringe), stagionalità (autunno, inverno) e picco di incidenza più elevata tra 3 e 10 anni; la trasmissione è per via aerea. L’incubazione è di 2-5 giorni (breve) a cui segue un periodo prodromico che incomincia in maniera brusca con febbre elevata, brividi scuotenti, cefalea, faringodinia, tachicardia sproporzionata per la febbre e talvolta nausea e vomito. Inizia quindi il periodo dell’enantema con lingua a “fragola bianca” o a “fragola rossa” (per la desquamazione della mucosa chef a emergere le papille); faringe fortemente iperemico, petecchie sull’ugola e sul palato molle; delimitazione netta, a colpo d’unghia tra palato duro e molle (colpo d’unghia o fenomeno di Schultz), essudato muco-purulento a livello tonsillare. I linfonodi cervicali sono tumefatti e dolenti. Dopo 12-48 ore dall’esordio della malattia si passa al periodo di stato o dell’esantema, di tipo eritemato-papuloso puntiforme, di colore rosso vivo (donde il nome della malattia), intervallato da cute eritematosa e 22lastiche22ne (segno della “mano gialla”: si mette la mano sulla cute e la si risolleva rapidamente, è segno patognomonico). L’esantema compare alla radice degli arti con successiva estensione centrifuga al tronco e risparmio zona periorale, naso e mento che risultano pallidi (“maschera scarlattinosa di Filatow”). L’esantema dura 3-4 giorni e poi si ha la cessazione dei sintomi generali con caduta della febbre per lisi ed impallidimento dell’esantema. Si passa così al periodo desquamativo con desquamazione furfuracea al tronco e lamellare alle mani e ai piedi. La diagnosi è clinica ma si avvale ovviamente del tampone faringeo. I comuni esami di laboratorio mostrano leucocitosi neutrofila, aumento di VES e PCR, aumento del titolo anti-streptolisinico (ASLO) e della bilirubina 22 Lezioni di pediatria – 2011 indiretta da iperemolisi. La DD va posta con la rosolia (dove però l’eruzione svanisce rapidamente, i sintomi faringei sono lievi e la desquamazione rara) e con gli esantemi allergici (forte prurito). Le complicanze sono di 3 tipi: o Immunologiche: malattia reumatica e glomerulonefrite acuta; per questo sempre fare un controllo esame urine a distanza di 7-10 giorni dalla fine della terapia. o Tossiche: cardite e nefrite interstiziale o Settiche: otite media acuta, ascesso tonsillare, linfadenite, sinusite, mastoidite. La terapia è antibiotica con penicillina i.m. (unica somministrazione di benzil-penicillina 600.000U se <25Kg o 1.200.000 se >25Kg) o amoxicillina per os (50mg/Kg/die per 10 giorni). Quinta malattia (megaloeritema epidemico) La quinta malattia, detta anche megaloeritema epidemico o eritema infettivo, è una malattia causata dal Parvovirus B19 (virus a RNA) che colpisce soprattutto soggetti nelle prime due decadi di vita. Il contagio è diretto da una settimana prima della comparsa dell’esantema fino a 1-2 settimane dopo la remissione, la trasmissione avviene per via aerea (ematica molto rara) con limitati episodi epidemici in inverno e primavera. È spesso asintomatica (50% adulti ha Ab) e il Parvovirus ha tropismo selettivo per il tessuto emopoietico. Dopo un’incubazione di 7-14 giorni (lieve malessere e febbricola) si manifesta un tipico esantema rosso vivo a grosse chiazze confluenti che interessa le guance (“guance schiaffeggiate”), che passa a farfalla sulla radice del naso e risparmia la zona perorale, il mento e la fronte. A distanza di 1-3 giorni si ha la comparsa di piccole maculo-papule rosso vivo agli arti e qualche elemento al tronco, con distribuzione simmetrica (tranne palmo mani e pianta piedi) e aspetto figurato a “ghirlanda” con parte centrale roseopallida e periferica più accesa che può durare da pochi giorni a 23 settimane. Caratteristica tipica è l’accentuarsi o riattivarsi delle lesioni maculo-papulose in seguito a stimoli fisici (bagno caldo, sole, traumi, sforzo fisico…); può esserci prurito ma in genere non vi è febbre. Per fare diagnosi è sufficiente il quadro clinico, ma a volte si può eseguire un emocromo per valutare l’anemia o fare la ricerca degli anticorpi specifici (IgM) in soggetti selezionati. Il megaloeritema si differenzia dall’erisipela per la mancanza dei sintomi generali (febbre, linfadenite sottomandibolare), dalla rosolia per la mancanza di adenopatia cervico-occipitale, dalla scarlattina per la mancanza di faringite e dalle allergie per la mancanza di lesioni pomfoidi di tipo orticarioide. Complicanze possibili sono le crisi aplastiche in soggetti con anemia emolitica cronica (infezione persistente) e artralgie o artriti distali simmetriche (donne). Non necessaria alcuna terapia, ad eccezione di emotrasfusioni o Ig ev in soggetti con crisi aplasia. Sesta malattia (exanthema subitum) La sesta malattia, detta anche exanthema subitum (rapido), roseola infantum o febbre esantematica dei tre giorni è causata dall’herpes virus 6 (virus a DNA), raramente dall’herpes virus 7. Ha trasmissione per via aerea e l’età più colpita è da 6 mesi a 3 anni in forma spesso sporadica, a volte epidemica soprattutto in autunno. È caratterizzata da un’incubazione di 7-15 giorni dopo dei quali compare febbre elevata (39-41°C) per 3 giorni, in genere buone condizioni generali senza nulla che la giustifichi (ma talvolta malessere e irritabilità, faringodinia) 23 Lezioni di pediatria – 2011 dopo i quali si ha scomparsa della febbre per “crisi” e comparsa di esantema maculoso o maculo-papuloso al tronco, con estensione al collo e agli arti (e frequente esclusione del viso) che scompare dopo 1-2 giorni con lieve desquamazione. A volte può esserci linfadenite laterocervicale o retronucale che però è meno marcata della rosolia. La diagnosi si basa sul quadro clinico (tipica successione dei sintomi: febbre per 3 giorni, poi esantema in apiressia) ma se viene fatto un emocromo si osserverà anche leucopenia con linfocitosi relativa. La terapia è solo sintomatica con paracetamolo (dosaggio bambini è 15mg/Kg massimo ogni 6 ore). Non ci sono complicanze eccetto le crisi convulsive da iperpiressia nei soggetti predisposti. Mononucleosi È una malattia contagiosa a decorso acuto, causata dal virus di Epstein Barr (EBV), DNA-virus che infetta le cellule epiteliali dell’orofaringe e linfociti B. La trasmissione avviene per via orofaringea (contatti stretti o indiretti, veniva detta “malattia del bacio”) o attraverso emotrasfusioni. L’età più colpita è quella adolescenziale (però comparsa oggi non rara in età precoce già a 3-6 anni). Nel mondo il 90% della popolazione ha anticorpi IgG anti-EBV e si è osservato come, nella maggiorparte dei casi, l’infezione sia spesso asintomatica. Dopo una lunga incubazione di 4-7 settimane, nei casi conclamati compaiono astenia, cefalea, malessere e poi febbre, faringotonsillite con angina pseudo membranosa, esantema petecchiale al palato molle, tumefazione linfoghiandolare (linfonodi cervicali anteriori e posteriori), epato-splenomegalia, sub-ittero ed edema palpebrale (segno di Hölzer). Nel 5-10% casi si associa ad esantema cutaneo maculo-papuloso poco confluente, fugace, morbilliforme o scarlattiniforme, spesso scatenato dall’assunzione di penicilline semisintetiche in quanto inizialmente la malattia viene considerata batterica. Nei casi tipici, dopo 2-4 settimane la malattia evolve quasi sempre verso una graduale guarigione attraverso un periodo di astenia più o meno intensa. Correlati ad EBV nel mondo sono il carcinoma della rinofaringe in Asia (linfoepitelioma) e il linfoma di Burkitt nell’Africa sub-Sahariana. La diagnosi non è semplice e si basa sul quadro clinico ma anche sugli esami di laboratorio che mostrano leucocitosi con linfo-monocitosi relativa (aumento dei linfociti atipici) e modesto aumento delle transaminasi. Può essere utile la ricerca di Ab specifici tipo IgM (EA o antigeni precoci, VCA o antigeni del capside, EBNA o antigeni nucleari). La DD è da fare con ma mononucleosi da Cytomegalovirus (nella quale sono rare la faringotonsillite essudativa e la linfadenopatia cervicale), la leucemia linfatica acuta, il morbo di Hodgkin, le angine batteriche, la rosolia (non c’è splenomegalia ma adenopatia retronucale) e la toxoplasmosi. Le complicanze possono essere respiratorie (broncopolmonite interstiziale), ematologiche (piastrinopenia, anemia emolitica, rottura di milza), cardiache (miocarditi) e neurologiche (meningo-encefaliti, sindrome di Guillain-Barrè). In soggetti immunodepressi si possono avere sovrainfezioni gravi e sviluppo di tumori. Malattia di Kawasaki La malattia di Kawasaki, o sindrome linfo-muco-cutanea, è una malattia ad eziologia ignota e patogenesi immunomediata, caratterizzata da febbre elevata per almeno 5 giorni, associata ad almeno 4 delle seguenti condizioni: 1. Congiuntivite, è presente nel 90% dei casi ed è bilaterale, non essudativa. 24 Lezioni di pediatria – 2011 2. mucosite cavo orale: iperemia e/o fissurazione labiale, lingua a fragola, faringite. 3. alterazioni delle estremità: edema del dorso delle mani e dei piedi, desquamazione dita. 4. esantema polimorfo al tronco; il rush cutaneo è presente in oltre il 90% dei casi e compare solitamente nei primi 5 giorni di malattia (maculo papuloso, interessa tronco, arti e perineo). 5. adenite latero-cervicale, generalmente monolaterale (50-70% dei casi) Colpisce prevalentemente bambini sotto i 5 anni di età. Non esistono esami specifici (leucocitosi neutrofila, piastrinosi, VES elevata, iper-IgE) e la DD va posta con gli altri esantemi e le altre malattie virali. Si parla poi di forma incompleta quando è presente febbre ma non più di 3 criteri in presenza di aneurismi alle coronarie. La terapia si avvale di Ig ev 2 g/Kg in 12 ore ed acido acetilsalicilico 80-100 mg/Kg/die fino a 48-72 h dallo sfebbramento, poi a dose antiaggregante (3-5 mg/Kg/die) Fondamentali la diagnosi e il trattamento precoci poiché la diagnosi tardiva è associata ad aumentato rischio di sviluppare aneurismi coronarici. Parotite epidemica È una malattia infettiva virale sistemica caratterizzata da tumefazione e dolorabilità alle ghiandole salivari (prevalentemente la parotide) ed alle altre ghiandole sierose, causata da un Paramyxovirus. Il virus penetra all’interno delle mucose delle vie aeree, si moltiplica nei linfonodi regionali e da qui passa in circolo andando nelle cellule bersaglio. La malattia ha carattere endemico con ricorrenze epidemiche e l’85% dei casi si manifesta prima della pubertà mentre è infrequente nei lattanti fino a 10 mesi. Più colpisce da grande e più ha evoluzione brusca e cattiva. Il periodo di incubazione è di solito di 21 giorni a cui segue un periodo prodromico (1-2 giorni con febbre, cefalea, mialgie e soprattutto faringite eritematosa con otalgia riflessa); a questo segue l’interessamento della parotide (75% casi bilaterale) con tumefazione visibile così marcata da spingere in avanti o in fuori il lobo dell’orecchio in modo che i padiglioni auricolari appaiano più grandi (da qui orecchioni o gattoni). È importante ricordare che la tumefazione parte dal di sotto dell’angolo della mandibola e risale dietro la branca montante di quest’ultima, riempiendo il solco che vi è normalmente tra il margine posteriore della mandibola e la mastoide, onde la non palpabilità di questa regione; si deve sempre cercare l’arrossamento della papilla del dotto di Stenone. La tumefazione raggiunge l’acme in 1-3 giorni e poi recede lentamente in 5-6 giorni. Nel corso della viremia però il virus può localizzarsi anche al SNC con meningoencefalite (soprattutto se il paziente ha più di 15 anni), allo stomaco con gastrite, al testicolo con orchite (nell’adulto è 20% dei casi con dolore ed arrossamento del testicolo dopo una settimana dalla sintomatologia parotidea) e al pancreas con pancreatite acuta (poco frequente). La diagnosi è clinica e la terapia si basa sull’uso di farmaci sintomatici: antipiretici ed antinfiammatori. Nell’orchite e nella meningoencefalite è consigliato l’uso di cortisonici. Il paziente affetto da parotite deve essere isolato per tutta la durata della malattia anche se la contagiosità è massima 2-3 giorni prima della comparsa della tumefazione parotidea. Infezioni respiratorie ricorrenti nel bambino piccolo Con questa definizione intendiamo le infezioni alle vie aeree superiori (faringiti, riniti, laringiti) ed inferiori (bronchiti, polmoniti) nel bambino con meno di 4 anni. Nel 70% dei casi si tratta di patologie at etiologia virale per cui non bisogna dare sempre l’antibiotico. Sono frequenti perché in autunno ci sono diverse forme virali che circolano (adenovirus, parainfluenze, rinovirus, ecc…) e si definiscono ricorrenti quando il bambino ha 3 o più episodi nella stagione invernale (novembre-marzo) o 6 o più episodi in tutto l’anno. Quel che va saputo è che questi bambini non hanno alcun difetto immunologico, anche se la mamma vi telefona sconsolata e senza dire buongiorno vi dirà: “Ci risiamo”. 25 Lezioni di pediatria – 2011 Gastro-enterologia pediatrica L’apparato digerente L’addome del lattante e del neonato è globoso per ipotonia dei muscoli addominali, ipertrofia dei visceri addominali e meteorismo fisiologico (perché non tutto il lattosio viene digerito ed assorbito e arriva nel colon dove viene fermentato dai batteri, con produzione di CO2 e di acido lattico che ha azione pre-biotica rendendo l’ambiente modicamente acido, adatto alla crescita dei Lactobacilli e inadatto a quella dei Coliformi; il saccarosio invece questo non lo fa perché viene digerito ed assorbito tutto). Da ricordare poi che cieco e appendice sono spostati verso l’alto (sotto al margine inferiore del fegato), e quindi occhio alle appendiciti acute! L’intestino alla nascita è sterile per alcune ore e questo può condurre ad un deficit di vitamina K per mancata sintesi da parte della flora batterica (malattia emorragica del neonato: ematemesi, melena e cefalo ematoma esterno); per questo motivo si supplementa il neonato nei primi 2 giorni con Vitamina K. Suzione e deglutizione: la suzione compare a 24 settimane di gestazione, la deglutizione a 11 settimane. Questo spiega anche il fatto che il feto beva alte quantità di liquido amniotico e soprattutto era conosciuto dalle vecchie ostetriche che ben sapevano come un prematuro potesse non essere in grado di succhiare ma già in grado di deglutire, per cui gli spingevano il latte in bocca. Suzione e deglutizione si svolgono attraverso 3 fasi (prime 2 sotto controllo volontario). o Fase orale: inizia con introduzione di succhiotto o capezzolo. Il latte viene aspirato nel cavo orale per compressione delle labbra sulla base del capezzolo e contrazione fibrocellule dotti galattofori, con formazione di una pressione negativa nel cavo orale. L’ipertrofia della muscolatura della lingua e delle labbra e la presenza di una piega della mucosa delle labbra (plica di Magitot) determinao la perfetta aderenza al capezzolo e il cuscinetto adiposo delle guance (bolla di Bicaht) impedisce l’introflessione durante la suzione. Succhiare dal seno materno è molto più facile che dal biberon tanto che i bimbi allattati al seno difficilmente passano dopo mesi al biberon. o Fase faringea: abbassamento del palato molle, innalzamento della lingua (con chiusura epiglottide) e rilasciamento dello sfintere esofageo superiore o Fase esofagea: partenza onde peristaltiche primarie che originano nel faringe (da deglutizione) e di eventuali onde peristaltiche secondarie che si formano per distensione della parete da mancato svuotamento (questo è vero anche per il reflusso che stimola onde secondarie, ma non nei malati di MRGE); contemporaneamente si ha rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore. Fattori che stimolano deglutizione e suzione sono: accarezzamento della guancia, introduzione del succhiotto, tipo di alimento che viene offerto e suo gusto (più attiva per il gusto più dolce) e stimoli visivi (si accentua se si pone davanti agli occhi del lattante una figura in movimento). Lo stomaco ha capacità nel neonato di 50mL, 150mL a 3 mesi e 300mL ad un anno (proporzionale alla superficie corporea), però è un dato che ci interessa poco perché il bambino che beve latte si svuota fin da subito e quindi può mangiare più latte della sua capacità gastrica. Il fattore intrinseco compare a 11 settimane di gestazione ma raggiunge il valore dell’adulto a 2 anni di vita. Le cellule parietali compaiono a 10 settimane e secernono HCl a 19 settimane di gestazione; l’acidità gastrica è bassa nelle prime ore di vita (liquido amniotico ingerito durante il parto), aumenta nel primo giorno di vita (per alta gastrinemia materna) e a 2 anni raggiunge il 50% di quella dell’adulto. Alla nascita la parete gastrica sottile con numero di cellule parietali maggiore dell’adulto (2-3 volte) e si può avere la formazione di ulcere gastriche in alcuni neonati perché la gastrina materna, che si eleva durante il parto, passa la barriera placentare e può stimolare nelle prime ore di vita l’acidità gastrica (ematemesi nei parti distocici). La secrezione di pepsinogeno è più tardiva (34 settimana di gestazione), rimane bassa nel 1° mese di vita e raggiunge a 6 mesi il 50 % di quella dell’adulto. L’attivazione pepsinogeno in pepsina è bassa nel lattante (3-6 mesi) per la bassa secrezione HCl. Infatti nei primi 2 anni di vita la digestione del latte avviene ad opera della chimotripsina, enzima proteolitico secreto dallo stomaco, che si attiva ad un pH meno acido ed è attiva sulla caseina denaturata con formazione di paracaseina e paracaseinato di Ca, che precipita con lipidi e Sali. Nel latte sono presenti due gruppi di proteine: le caseine (del caseum, ovvero del formaggio, che precipitano in grossi fiocchi) e le sieroproteine che invece rimangono sospese. Il siero di latte contiene molta lattoalbumina, e il siero 26 Lezioni di pediatria – 2011 rapidamente viene svuotato dallo stomaco al duodeno; contiene: lattoglobuline (responsabili delle intolleranze), lattosio, pochi lipidi, pochi sali. Il volume di latte offerto ad ogni pasto al lattante non può essere superiore alla capacità gastrica. La lipasi linguale compare a 30-34 settimane di vita intrauterina (valori dell’adulto a 17 giorni) ed è stimolata dalla suzione e dal pasto ricco di lipidi. È attiva a pH acido ed agisce senza l’intervento dei sali biliari; idrolizza i trigliceridi in acidi grassi liberi e glicerolo (emulsione). La produzione della lipasi linguale aumenta nell’insufficienza di lipasi pancreatica sia fisiologica (prematuro) sia patologica (insufficienza del pancreas esocrino). C’è una lipasi anche nel latte materno. La motilità gastrica è molto particolare: il fondo non ha peristalsi ma solo una contrazione tonica che spinge i liquidi verso il corpo. Corpo e antro hanno onde peristaltiche (frequenza di 3/min) prodotte da un pace-maker nel corpo gastrico. Quando il chimo viene spinto in duodeno lo sfintere pilorico si contrae, spinge all’indietro il contenuto alimentare e l’antro funge da pompa e da miscelatore. I liquidi scivolano lungo le rughe gastriche (però il latte nello stomaco non fa così perché coagula) mentre i solidi sbattono e vanno avanti e indietro, venendo rimescolati con il succo gastrico che viene continuamente prodotto sotto lo stimolo della gastrina liberata dalla distensione dell’antro. La motilità gastrica è scarsa e nei primi giorni di vita è assente a digiuno ed è attivata dal pasto. Nei primi mesi di vita lo svuotamento gastrico è più veloce rispetto alle età successive. Gli osmocettori, già presenti alla nascita, regolano i tempi di svuotamento gastrico in base all’osmolarità dell’alimento: il latte materno ha osmolarità minore del latte vaccino e lo svuotamento gastrico è così accelerato. Le posizioni obliqua, prona o sul fianco destro facilitano lo svuotamento gastrico: per questo si consiglia alla mamma di allattare prima dal seno sinistro (bimbo posto sul fianco destro che così svuota rapidamente) e poi dal seno destro (nella seconda parte del pasto il bambino non svuota più perché il duodeno è pieno e così il fondo gastrico schiaccia il LES favorendo il contenimento del bolo e quindi riducendo il rischio di reflusso). Il duodeno non riceve alimenti con osmolarità troppo alta; se l’alimento ha osmolarità alta induce il vomito (ricorda il discorso del glucosio alla nascita come prevenzione dell’ipoglicemia neonatale) mentre nell’adulto lascia la sensazione di “peso sullo stomaco” perché ci mette molto tempo a transitare nel duodeno. Alla fine dello svuotamento (che dura 3-4 ore nell’adulto) si ha il cosiddetto “svuotamento post-pranzo” per eliminare le fibre, che verranno poi usate come pre-biotico e producono poi massa fecale. Intestino tenue: i villi intestinali compaiono a 8 settimane di vita intrauterina nel duodeno e a 10 settimane nel digiuno e a 14 nell’ileo distale. Alla nascita gli enterociti verso il lume intestinale sono provvisti di orletto a spazzola. Alla nascita il tenue è anatomicamente completo e nel neonato è lungo in media 250 cm; i villi aumentano di 30 volte la superficie di assorbimento; i microvilli di 600 volte. Funzioni del tenue sono: o Assicurare la progressione del bolo o Digerire ed assorbire gli alimenti o Sintetizzare ormoni o Difendere l’organismo dagli insulti esterni (immunologica) Ogni metro di intestino contiene 10 miliardi di linfociti e produce 800 mg di IgA secretorie al giorno. Il 70-80% delle plasmacellule dell'intero organismo risiede nell'intestino e sono isolati o aggregati in noduli linfatici e placche del Peyer). I linfociti delle placche del Peyer, stimolati dall'antigene che penetra dal lume intestinale, si moltiplicano e migrano nei linfonodi mesenterici, poi nel dotto toracico e arrivano al sangue periferico per poi ritornare nella lamina propria dell'intestino dove si differenziano in plasmacellule che producono IgA di secrezione verso antigeni specifici. Il transito nel tenue è di circa 10 ore (variazioni nel neonato: con latte materno è più rapido, con latte vaccino supera 10 ore). La progressione è garantita dai movimenti segmentari (contrazioni muscolatura circolare utili al rimescolamento bolo con enzimi pancreatici) e dai movimenti peristaltici (propulsivi in senso oro-aborale). Digestione ed assorbimento: la digestione di protidi, lipidi e carboidrati complessi è funzione degli enzimi del pancreas esocrino, con la partecipazione dei sali biliari. Gli enzimi dell’enterocita (sull’orletto a spazzola) sono importanti nella digestione di disaccaridi: lattosio, maltosio e saccarosio. 27 Lezioni di pediatria – 2011 L’assorbimento dei derivati della digestione avviene negli enterociti grazie a proteine di trasporto. Prodotti della digestione di carboidrati, proteine e lipidi sono assorbiti nel tenue prossimale mentre i sali biliari nel tenue distale (circolo entero-epatico della bile) assieme alla vitamina B12. L’attività ormonale del tratto GI è espletata da: o ormoni circolanti J veicolati nel sangue, agiscono su organi bersaglio a distanza (gastrina, grelina, secretina, colecistochinina, motilina, GIP, enteroglucagone, polipeptide pancreatico, ecc…) o ormoni paracrini J emivita più breve, ampio spettro di azione su vari tessuti (somatostatina, peptide vasoattivo intestinale, sostanza P). o neuro-trasmettitori: peptidi localizzati all’interno delle cellule del sistema autonomo intestinale, dove agiscono da neuro-modulatori (cellule APUD). I componenti della dieta e la digestione Le proteine dovrebbero rappresentare massimo il 10-15% delle calorie introdotte (però noi ne mangiamo il 30% e ci scassano i reni). Il neonato può assorbire proteine non completamente idrolisate (di circa 20 amminoacidi, ovvero 2KDa) che possono provocare allergie alimentari, e questo vale per le proteine non umane (se ad esempio do un po’ di latte vaccino in attesa della montata lattea della madre per poi passare al latte materno, si induce la formazione di Ig verso alcune proteine animali che, quando il lattante verrà svezzato con proteine bovine della carne, potrà sviluppare anche gravi forme di anafilassi; questo perché nel neonato la tolleranza viene data dalla lunga assunzione dell’alimento). Infatti la digestione intragastrica è bassa nei primi 4 mesi di vita data la scarsa secrezione del pepsinogeno (50% dell’adulto), con scarsa attivazione a pepsina (relativa ipocloridria). L’idrolisi proteica avviene nel duodeno ad opera degli enzimi pancreatici: Il tripsinogeno secreto dal pancreas associato ad un suo “protettore” viene attivato dall’enterochinasi (presente sull’orletto a spazzola) in presenza di sali biliari a tripsina che autocataliticamente attiva altro tripsinogeno a pepsina e attiva gli altri precursori inattivi in forme attive (chimo tripsina, elastasi, carbossipeptidasi. Le endopeptidasi agiscono sui siti interni delle catene polipeptidiche della proteina: tripsina sui peptidi con Cterminale basico, chimotripsina sui peptidi con C terminale aromatico e le elastasi sui peptidi con C terminale alifatico. Poi gli AA terminali vengono rimossi dalle esopeptidasi: carbossipeptidasi A per gli AA alifatici e aromatici, B per AA basici. Gli AA vengono assorbiti per meccanismo attivo dalle proteine di trasporto. Le protasi pancreatiche liberano il 30% di AA e il 70% di oligopeptidi, che vengono poi idrolizzati dalle peptidasi dell’orletto a spazzola oppure assorbiti come di-tripeptidi da sistemi di trasporto specifici nell’ileo terminale e metabolizzati poi a livello endocelulare. Il neonato può assorbire proteine non idrolizzate in quantità sufficienti ad indurre allergie alimentari Inoltre le proteine hanno un NPU (capacità di essere utilizzate) che è molto alto per quelle di origine animale e basso per quelle di origine vegetale: latte materno 90%, latte vaccino 75%, uovo 100%, carne vitello 80%, pesce 83%, riso 57%, grano 50% e patata:71%. Da questo si evince come l’uovo debba essere il primo alimento dello svezzamento visto che è ricco di albumina (proteina piccola e digeribile) e alcuni studi hanno dimostrato come i bambini che mangiano più uova sono anche più intelligenti. Inoltre la consistenza dell’uovo è semi-liquida e questo facilita le cose rendendolo il primo omogeneizzato da dare! “Quante uova posso dare al mio bambino alla settimana? Quindici, due al giorno!”. Il nostro organismo è in grado di prodursi da se molti amminoacidi ma non tutti, che vengono detti essenziali; il valore biologico delle proteine risiede proprio nel contenuto di questi amminoacidi essenziali. ) Il grano ed il riso sono carenti di Lisina, i legumi sono carenti di Triptofano mentre il latte è ricco di entrambi. Ma siccome il costo delle proteine animali è di 20 volte quello delle vegetali (e sono la maggior causa dell’inquinamento da CO2 dell’atmosfera), per vincere la fame nel mondo bisogna utilizzare cereali e legumi insieme: pasta e fagioli, riso e soia, fagioli e mais, ecc… Diete povere in proteine della carne però, portano a carenza di AA non-essenziali con trasformazione degli AA essenziali in non-essenziali (e quindi a deficit plastici muscolari) e il carenza di apporto calorico induce il 28 Lezioni di pediatria – 2011 catabolismo di AA residui. Una dieta corretta prevede quindi frazioni di proteine vegetali ed animali il quote bilanciate. I popoli più longevi mangiano legumi, e non la carne! Infatti quasi tutti i vegetali sono collegati ad un aumento della longevità e ad una riduzione dell’incidenza di cancro, che però non è da mettere in relazione alla presenza di vitamine perché avviene anche per verdure cotte; poi alcuni studi già nel 2000 avevano documentato come la supplementazione di vitamine sia cancerogena. Quindi non conosciamo il motivo, anche se forse si tratta di un aumentato apporto di potassio. I lipidi costituiscono il 28 - 30% delle calorie introdotte ogni giorno e si dividono in trigliceridi (Tg), colesterolo, fosfolipidi e vitamine liposolubili. I trigliceridi sono composti da 3 molecole di acido grasso (AC) più una molecola di glicerolo. Gli AC sono a catena lunga (16-18 C) o a catena media (MCT formati da 6-12 C). Si dividono inoltre in saturi o insaturi per la presenza di doppi legami tra gli atomi di carbonio; quelli animali sono tendenzialmente saturi (e questi sono aterogeni) mentre quelli vegetali (oli che derivano dai semi) sono ricchi in doppi legami e quindi insaturi. Es. monoinsaturi oleico e linoleico (18 C) in prevalenza; polinsaturi linoleico e arachidonico (acidi grassi essenziali) e saturi acido palmitico (16 C) stearico (18 C). Gli acidi grassi a catena corta (4-6 C come acetico, proprionico, butirrico) sono prodotti della fermentazione microbica dei carboidrati e sono importanti per il trofismo della mucosa del colon (sono usati nella RCU). La digestione dei lipidi inizia come endoluminale ad opera di colipasi e lipasi pancreatica che attaccano il trigliceride staccando gli acidi grassi in posizione 1 e 3 e formando un monogliceride (in posizione 2). Diverso è il destino dei trigliceridi del latte materno che vengono aggrediti dalla lipasi linguale e dalla lipasi del latte materno e distrutti completamente in 3 acidi grassi e una molecola di glicerolo. I prodotti di questa idrolisi sono ancora molto liposolubili e per essere assorbiti vengono inclusi in micelle ad opera dei sali biliari. Nel duodeno digiuno le micelle di acidi grassi superano le resistenze dello strato acquoso dell’enterocita abbandonano i sali biliari, e sono assorbiti nel circolo linfatico. I sali biliari proseguono nell’intestino tenue distale (riassorbiti nel circolo entero-epatico). Nell’enterocita gli acidi grassi vengono legati a una proteina e trasportati nella parte mediale della cellula dove vengono risintetizzati a trigliceridi e trasformati in chilomicroni, che poi sono trasportati alla membrana laterale della cellula dove escono verso la lamina propria (interruzioni tra giunzioni cellulari). Questi chilomicroni hanno un nucleo centrale formato da trigliceridi lipidi e colesterolo con rivestimento esterno di apoproteine. I MCT (basso peso molecolare) sono più idrosolubili e vengono assorbiti senza sali biliari come alcoli: penetrano nell'enterocita e subiscono l'idrolisi della lipasi endocellulare per essere trasformati in glicerolo e AG catena media e assorbiti nel circolo portale legati all'albumina. Per questo motivo i bambini con fibrosi cistica, deficit dei chilomicroni, deficit del pancreas esocrino o semplicemente prematuri, dato che hanno poche lipasi possono essere supplementari di acidi grassi a catena media (ma sono molto costosi e fanno schifo vista la loro tremenda “puzza di feci”). Il coefficiente di assorbimento dei lipidi dipende dall’età e dall’alimento introdotto: o Prematuro elimina con le feci più del 30% dei lipidi introdotti (coefficiente di assorbimento di 54-88%) o Neonato a termine: coefficiente di assorbimento di 72-90% o Coefficiente dell’adulto (>95%) a 2 anni di vita I glicidi (o zuccheri) devono essere il 55-60% delle calorie introdotte ogni giorno nella dieta dell’adulto sottoforma di amido (60%), saccarosio (massimo 30%) e 10% di altri zuccheri come lattosio, fruttosio, oligosaccaridi (trealosio nei funghi, stachioso nei legumi) L’amido è composto da amilosio (20%) e amilopectina (80%). L’amilosio sono catene di glucosio con legame 1-4 alfa-glicosidici mentre l’amilopectina sono catene di glucosio legami 1-4 e 1-6. La digestione dell’amido inizia nel cavo orale ad opera dell’amilasi salivare e continua nello stomaco nell'interno del bolo sino a che il pH non diviene acido. Prosegue poi nel duodeno per opera dell’amilasi pancreatica. L’amilasi pancreatica scinde i legami 1-4 e libera il 30% di alfa destrine (G5-G9) che contengono legami 1-4 e 1-6 e sono detti isomaltosio, scisso dalle isomaltasi in glucosio e per il 70% di malto-oligosaccaridi. Sull’orletto a spazzola 5% degli oligosaccaridi (G4-G9) viene idrolizzato dalla glico-amilasi, 40% del maltosio idrolizzato in glucosio dalla maltasi e il 25% del maltotrioso (G3) idrolizzato in glucosio dall’isomaltasi. 29 Lezioni di pediatria – 2011 L'amilasi salivare compare nelle la seconda metà della vita fetale. Il latte materno contiene un'amilasi. L’amilasi pancreatica compare a 4-6 mesi di vita ed è un enzima inducibile: si possono stimolare con creme di riso i lattanti a 2-3 mesi per indurre l’amilasi. Nell’orletto a spazzola degli enterociti della mucosa duodeno-digiunale troviamo: o una beta-galattosidasi o lattasi che idrolizza il lattosio in glucosio e galattosio. o tre alfa-glicosidasi che sono: 9 saccarasi: idrolizza saccarosio in glucosio e fruttosio, e maltosio e maltotriosio in glucosio e glucosio 9 isomaltasi: idrolizza oligosaccaridi con legame 1-4 ed 1-6 in glucosio e glucosio 9 glicoamilasi: idrolizza gli oligosaccaridi (G4-G9) con legami 1-4 e l'amido in glucosio o trealasi che idrolizza il trealosio La lattasi ha un ruolo di controllo: limita l’assorbimento massivo del galattosio e del glucosio consentendo la loro fosforilazione ed evitando il loro accumulo in circolo (che potrebbe portare a cataratta). Compare al 6° mese di vita fetale ed aumenta fino alla nascita, diminuisce dopo il 4° anno di vita ai valori inferiori dell'adolescente e nell'adulto. Non è un enzima inducibile nell’uomo. Saccarasi e maltasi compaiono al 3° mese di vita fetale; sono quantitativamente maggiori della lattasi. Non si deve fare diluizione del latte dopo enterite per reintrodurre il lattosio; le lattasi si ritrovano dopo 7 giorni dall’episodio di diarrea sull’orletto a spazzola e basta aspettare questo lasso di tempo! Alimentazione del neonato e del lattante Il neonato deve mangiare il latte di sua mamma (e non quello di un’altra donna come per le banche del latte): questo perché il latte cambia ed è adatto a seconda del momento della crescita e soprattutto, essendoci passaggio diretto produttore-consumatore, non c’è problema di conservazione e contaminazione. I vantaggi dell’alimentazione del neonato e del lattante al seno sono molteplici: o Psicologico: il contatto fisico ravvicinato comporta un migliore legame affettivo, e questo è alla base della marsupio terapia (i prematuri che vengono tenuti per alcune ore al giorno attaccati al torace della madre hanno una miglior sopravvivenza rispetto agli altri). o Immunologico: nel latte materno ci sono IgA di secrezione (specifiche per la flora batterica intestinale della madre) che non vengono digerite nei primi giorni ma passano nell’intestino andandosi a depositare lungo la parete e questo comporta una ridotta incidenza di enteriti, ma anche aumentano la tolleranza immunologica per gli alimenti (il neonato tende a fare anticorpi contro tutte le proteine non umane introdotte nei primi giorni, e questo viene “ridotto” dalle IgA materne). o Nutrizionale: sicuro microbiologicamente (questo è più un problema del III mondo in cui il latte in polvere viene miscelato con acqua contaminata e ha portato a morte migliaia di bambini, anche perché le istruzioni erano in inglese e invece di dare 1 misurino ogni 30g di acqua mettevano 1 misurino ogni litro!), bilanciato nutrizionalmente (il latte materno è per definizione bilanciato, in quanto è quello adatto e selezionato da milioni di anni per essere l’elemento ideale per il neonato), economico (ovviamente a costo zero) e specie-specifico (ma bisogna ricordare che in alcuni neonati allattati al seno ci può essere intolleranza alle proteine del latte vaccino perché assunte dalla madre passano nel latte scatenando fenomeni di intolleranza; in questi casi si consiglia la dieta povera di proteine del latte vaccino ma per contro un allattamento più lungo). Il latte materno è sufficiente fino al 120° giorno (4 mese) ma diventa non sufficiente oltre il 180° (sei mesi). Infatti compare dopo il sesto mese l’anemia sideropenia fisiologica del II semestre, ma non va mai comunque addizionato il latte di ferro (latte fortificato) in quanto non verrebbe assorbito ma creerebbe solo problemi; si deve invece introdurre nella dieta omogeneizzato di carne ricca di ferro assorbibile (emoglobina), e non comunque omogeneizzati di frutta! Alcuni studi hanno certificato che il quoziente intellettivo di bambini allatati più di 6 mesi è maggiore di quelli allattati per meno di tre; questo pone un freno allo svezzamento precoce! Il latte materno viene suddiviso in: colostro (primi giorni), latte di transizione (prime settimane) e latte definitivo. Il contenuto proteico del latte è funzione della velocità di crescita del mammifero in considerazione: per questo motivo il latte vaccino ha un contenuto medio di proteine di 3g/100mL rispetto a quello umano che è di 1g/100mL; l’eccessivo carico proteico viene eliminato col rene dato che non viene utilizzato per la crescita e 30 Lezioni di pediatria – 2011 quindi il latte vaccino pone alcuni rischi nefrologici. Però il colostro ha una quantità alta di proteine (2,3g/100mL) ma sono in gran parte IgA secretorie che vanno a tappezzare la mucosa intestinale; inoltre il colostro ha anche funzione lassativa che favorisce la peristalsi e la espulsione del meconio. Sempre riguardo alle proteine, il latte materno è ricco siero proteine mentre quello vaccino di caseina (che è difficile da digerire perché nello stomaco forma ricotta). Ancora il latte umano è ricco di lattosio (che induce meteorismo fisiologico ed è un pro-biotico, ovvero una sostanza che favorisce lo sviluppo della flora intestinale, in particolare crea un ambiente acido che favorisce la colonizzazione da parte dei Lactobacilli e non da parte dei batteri putrefattivi); quindi le calorie del lattosio in quello materno sono il 37% rispetto al 29% di quello vaccino (circa 70g/L nel LM, 45g/L nel LV). Poi il latte umano è più grasso del latte intero vaccino (4,5g/100mL rispetto ai 3) ed è necessaria una dieta ricca di lipidi per favorire la crescita del SNC. La composizione di questi grassi è altresì diversa: nel latte materno sono presenti acidi grassi mono-polinsaturi in percentuale maggiore rispetto al latte vaccino (in particolare Ω3 ed Ω6), rendendolo più digeribile (anche per la presenza nel latte di una lipasi materna che supplisce al deficit relativo di quella del neonato) mentre nel latte vaccino ci sono più acidi grassi saturi (prof. Bona: “Con il latte vaccino si fa il burro, con quello materno al massimo l’olio”). Poi il neonato ha bisogno di molto colesterolo: i bambini che vengono privati di colesterolo nei primi mesi e anni sono quelli più a rischio di ipercolesterolemia perché non sviluppano un adeguato apparato del catabolismo epatico del colesterolo; quindi mi dare il latte parzialmente scremato al bambino! Nel latte materno c’è la lattoferrina che serve a sequestrare il ferro non assorbito evitando di renderlo disponibile ai batteri putrefattivi (come il Coli). Quindi il ferro non causa la diarrea, ma diventa un minerale essenziale per la crescita di batteri che causano la diarrea. Poi il ferro in entrambi i latti è uguale, ma quello materno è più biodisponibile e quindi più utile. Il rapporto Calcio/Fosforo (C/P) nel latte materno è 2:1 mentre esattamente opposto è per quello vaccino; per questo motivo mai dare i formaggini al lattante che li rende rachitici (o i vecchi li rende osteoporotici) visto che sono a lunga conservazione e contengono alte quantità di pirofosfati che inibiscono con l’assorbimento del calcio. Le vitamine del latte materno sono intatte mentre quelle del LV sono degradate dalla bollitura e così devono essere integrate. Ultima cosa che l’aumento della concentrazione degli acidi grassi che c’è nel latte a fine poppata rallenta lo svuotamento gastrico e induce uno stimolo di sazietà; i bimbi allattati al seno sono meno cicciottelli perché questo comporta la diminuzione della Ghrelina e del NPY! Due aspetti che vanno ricordati nel bimbo che viene allattato al seno materno sono la relativa carenza di vitamina D e K: per questo motivo è utile l’integrazione nel I trimestre di allattamento con 1-2 gtt la settimana di Vit K e di 400U/die di Vit D (dose che deve essere raddoppiata nei bimbi di carnagione scura, in quelli poco esposti al sole e nei figli di genitori provenienti da zone ad alta resistenza alla vitamina D). Controindicazioni all’allattamento sono di due tipi: o Materne: ipo-agalattia, malformazioni del capezzolo, TBC e assunzione di farmaci tossici che passano nel latte; mastiti, ragadi del capezzolo e galattofortiti non sono controindicazioni assolute. o Neonatali: cheilo-palatoschisi, prematuranza (manca il riflesso della suzione), gravi stomatiti. Svantaggi quindi del latte vaccino sono: o Elevato contenuto proteico. o Basso contenuto Acidi Grassi Essenziali. o Basso contenuto lattosio: diminuito assorbimento Calcio e ridotto apporto di galattosio. o Elevato contenuto di Sali minerali. o Squilibrio Ca/P. o Scarso contenuto Fe (meno assorbibile). Ma quando una donna non può allattare? Esistono i latti formulati in polvere (norme ESPGHAN) che si dividono in 3 gruppi: latte 1 (adattato), latte 2 (proseguimento) e latti per prematuri. Tutti gli altri sono spazzatura e non devono essere considerati. I latti 1 (adattati) si fanno modificando quello vaccino: si deve diluire (ad esempio 2/3 di latte e 1/3 di acqua) ma questo diminuisce ulteriormente il contenuto di lattosio che deve essere aggiunto nei latti 1 (il lattosio deve 31 Lezioni di pediatria – 2011 essere 80% zuccheri e siccome è molto costoso questo condiziona il prezzo) e devono essere aggiunti anche acidi grassi insaturi (olio); ci vuole un rapporto Ca/P di almeno 1:1, poco sodio (il neonato tende alla ritenzione idrica) e poco ferro che non verrebbe assorbito. Il prezzo del latte dipende dalla pubblicità perché sono tutti uguali, basta che dopo l’1 non ci sia null’altro. I latti di proseguimento (latte 2) sono molto meno rigorosi perché il bambino tollera meglio tutto (osmolarità più alte, più ferro, più proteine e più fosforo) e si tratta sostanzialmente di un latte vaccino con qualche aggiunta. Al latte 2 non vanno aggiunti biscotti perché è già contenuto amido e zuccheri! Conviene comunque comprarlo e non farlo in casa perché occorrerebbe aggiungere al latte fresco di giornata (pastorizzato e intero, non parzialmente scremato) zuccheri semplici (es. saccarosio o meglio il maltosio del miele in quota di 5%) e l’amido (che hanno colloidoproteine che favoriscono l’assorbimento della caseina e sono digeriti più lentamente; meglio se la crema di riso). Se c’è intolleranza all’amido si possono addizionare malto destrine o si fa “biscottare” la farina con il calore (nonne lo sanno). I latti dei prematuri sono più simili ai latti 2, ricchi in proteine perché il neonato deve crescere più velocemente, ma contengono più acidi grassi (acido linoleico); il fabbisogno è di Kcal di 120-150/Kg. Questi neonati vanno supplementari di Vitamina E visto l’aumento di apporto di acido linoleico (1U vit E/gr. ac. linoleico). La maturazione della ghiandola mammaria porta ad un aumento delle strutture sotto lo stimolo estroprogestinico fin dal 2° mese di gestazione ma lo stimolo essenziale alla produzione di latte è l’ormone PRL, secreto sotto lo stimolo del TRH, che avvia la montata lattea intorno al 3-4° giorno. Nei primi giorni c’è il colostro(ce n’è poco ma basta: circa 20mL/die), ricchissimo di IgA e proteine che hanno effetto lassativo favorendo l’espulsione del meconio e poi porta alla produzione di feci schiumose giallo-oro intenso e molto ridotte perché ci sono pochi residui non digeriti, con scarso odore perché fermentate e non putrefatte. Fattori limitanti sono: insufficiente riflesso della suzione, ridotta capacità gastrica, insufficiente capacità digestiva, ridotta capacità metabolizzante e carenza di acidi biliari e lipasi pancreatica (per questo motivo si danno MCT). Alla nascita il 92% delle mamme allatta esclusivamente al seno, a 3 mesi il 70%, a 6 mesi il 50% e ad 1 anno il 35% allatta esclusivamente al seno. In generale la quantità di alimento è quella che vuole il bambino: se è allattato al seno fino a fine poppata mentre se è allattato artificialmente si consiglia di lasciar avanzare un po’ di latte al bambino (che non va buttato visti i costi, ma lo si addiziona e riscalda al pasto successivo e lo si butta a fine giornata). Non bisogna mai intervenir, nemmeno con la doppia pesata, che fa venire ansia alla madre e induce ipogalattia (oltre al fatto che serve una bilancia analogica e non quella digitale). Sapere quanto deve mangiare è utile nella patologia: il bambino che vomita latte, nel 30% dei casi è da iperalimentazione (“come un’oca nel grasso”). Anche il numero di pasti deve essere deciso dal bambino: si inizia mediamente con un pasto ogni 3 ore (di notte si salta un pasto perché viene prodotto meno latte e la mammella si riposa) e si arriva mediamente al 7° mese con 4 pasti più uno spuntino serale fino a 12 mesi. Il lattante non deve mai bere acqua perché si ammala di più (no camomille, tisane e soprattutto succhi di frutta che contengono conservanti e coloranti e sono stati messi in relazione con la sindrome del bambino irrequieto. Poi tutto quello che il bambino assume come liquidi viene sottratto al volume di latte e quindi il bambino rischia di crescere poco perché beve tanta camomilla e di conseguenza poco latte. Lo svezzamento è un cambiamento di abitudine: passaggio dal Latte Materno al Latte Vaccino oppure comunemente si intende un passaggio da dieta lattea a dieta con altri alimenti (brodi e proteine della carne). Il bambino in questa fase va abituato all’acido ed al salato, non al dolce che conosce già (il latte è dolce, quindi in questo periodo omogeneizzati dolci alla frutta non servono ad un tubo) né all’amaro che deve rimanere un meccanismo di difesa verso i tossici. Perché? Perché il latte ha circa 700Kcal/L e la mamma difficilmente riesce a produrne più di un litro al giorno, così dopo i 6 mesi non riesce più a sopperire al fabbisogno calorico del lattante. Poi per inserire proteine diverse da quelle del latte (la carne è ricca di ferro facilmente assorbibile che evita l’anemia fisiologica del II semestre (tutti i lattanti scendono tra 8 e 11g/dL di Hb con bassa reticolocitosi); è meglio introdurre la carne bianca che per colore è più smile al latte e il bambino la mangia più volentieri) e per abituare a sapori diversi (brodi). Il bambino va abituato presto al sodio e alle consistenze diverse perché da grande mangerà più alimenti; poi la tendenza al dolce è geneticamente determinata (in fondo il latte è dolce!) mentre quella al salato è acquisita. La 32 Lezioni di pediatria – 2011 carne va diluita in brodi vegetali (no in brodo di carne che fa aumentare molto l’acidità gastrica) dopo averla frullata. Va introdotto con lo svezzamento l’olio dietetico (ovvero controllato al 100%); in Italia è quello di semi di mais perché quello di oliva può avere solo 14% di olio di oliva e tutto il resto di paraffina, derivata dal petrolio. Infatti il costo al produttore di un olio extra vergine di oliva è di minimo 10-15€ al litro. Quando? Intorno al 4° mese (se allattato con latti formulati) o intorno al 5°-6° mese (se allattato al seno); più semplicemente quando la mamma deve tornare a lavorare. o A 4 mesi 4 pasti: 3 pasti di latte di proseguimento (latte 2) e 1 pasto “salato”. Brodo Vegetale (BV) come supporto liquido + glicidi (Creme di riso) 5% + proteine come liofilizzati di carne (mezzo vasetto) + lipidi come l’olio di Mais (ac.linoneico) 10 mL. o A 6 mesi 4 pasti: 2 pasti di latte di proseguimento (latte 2) e 2 pasti “salati”. Brodo Vegetale (BV) come supporto liquido + glicidi amidi (pastina che contiene glutine) + proteine carne frullata (30-50 gr) + lipidi olio di Mais (ac.linoneico) 10 mL + eventualmente parmigiano, che è una miscela di peptidi altamente digeribili e di acidi grassi a catena media che derivano dalla stagionatura. Il parmigiano è ben digerito e sarebbe il primo formaggio d dare al bambino. o Dopo l’11-12° mese il lattante può essere avviato ad una alimentazione simile a quella dell’adulto, evitando però cibi piccanti, spezie, fritti, carni crude, insaccati, caffè e alcolici e limitando cioccolato, caramelle e dolci. È importante però che il bambino continui ad introdurre almeno 250mL7die di latte materno e fino all’anno di vita sarebbe opportuno non introdurre il LV. La pastina viene introdotta a 6 mesi perché contiene glutine; si è visto che la sintomatologia di una celiachia è molto più grave nei piccoli pazienti che introducono presto il glutine. Inoltre più il glutine viene introdotto tardi e più i sintomi compariranno tardivamente, magari dopo mesi o anni, quando il bambino è già “più forte”. Unic eccezione è nei bambini con famiglie che hanno gentilizio per celiachia: si è visto che l’introduzione del glutine mentre il neonato è allattato al seno riduce il rischio di sviluppo della malattia e questo si fa. Le calorie dovrebbero così essere distribuite nella giornata: o I colazione: 25% delle calorie totali o Pranzo: 35 - 40% delle calorie totali o Merenda: 10 - 15% delle calorie totali o Cena: 25 - 30% delle calorie totali Le calorie introdotte nella prima ½ della giornata vengono utilizzate per il fabbisogno energetico mentre le calorie introdotte nella seconda ½ della giornata vengono accumulate nel tessuto adiposo. Il bambino deve mangiare uovo e pancetta a colazione perché se no utilizza gli amminoacidi del muscolo per fare il cervello e fare energia e diventano grassi (perché mangiano la sera) e flaccidi. Alimenti da evitare in caso di vomito sono: o Perché aumentano l’acidità gastrica (ed il vomito è più lesivo): the, caffè, alcolici, brodi di carne e bevande gasate o Perché diminuiscono la ‘continenza’ dello sfintere esofageo inferiore: the, cioccolato, bevande gasate Migliorano e/o diminuiscono il vomito pasti piccoli e frequenti, alimenti freddi e ghiaccio (pestato con zucchero). Malattia da reflusso gastro-esofageo Per reflusso si intende il passaggio involontario del contenuto gastrico nell’esofago. Questo può essere: o Fisiologico: rigurgito saltuario nel 47% dei lattanti sino a 3-6 mesi. Questa è una condizione assolutamente normale e il bambino che ha rigurgito spesso non ha MRGE perché può essere la soluzione del problema visto che così il contenuto acido in esofago viene eliminato. o Patologico: malattia da reflusso (frequenza 1:500- 1-1000). La malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE) è una novità in pediatria, per i seguenti motivi: 1. È aumentata l’attenzione al problema perché prima, di fatto, non la si considerava. 33 Lezioni di pediatria – 2011 2. È dominuita l’incidenza della gastrite da Helicobacter Pylori (HP) nella popolazione che, essendo un grande produttore di ammoniaca (NH3), faceva da tamponante dell’acidità. 3. L’eccessiva igiene comporta l’introduzione con la dieta di un numero molto inferiore di batteri, che sono inibitori dell’acidità gastrica. 4. Siamo tutti più grassi ed il grasso addominale, spingendo verso l’alto, favorisce il reflusso anche nel bimbo. Normalmente esistono diverse strutture anatomo-funzionali che garantiscono la continenza tra stomaco ed esofago. Queste sono: o La forza di gravità: agisce favorendo la discesa del bolo nello stomaco e la permanenza in stomaco. o La muscolatura cardiale che forma il LES che ha una contrazione tonica interrotta dalle TRLES (vedi dopo); è questo però solo un fattore di continenza e non sicuramente il più importante. o L’angolo di Hiss, angolo tra porzione addominale dell’esofago e corpo gastrico: più è acuto e più è continente. I lattanti hanno un esofago molto breve e non hanno praticamente questo angolo. o Il legamento crurale del diaframma che strozza l’esofago durante la contrazione del muscolo stesso in inspirazione: durante l’aumento della pressione addominale si ha lo strozzamento dell’esofago che impedisce il reflusso in esofago. Molto importanti nella patogenesi della MRGE sono due condizioni, ovvero: o Aumentata frequenza di Rilasciamenti transitori dello Sfintere Esofageo Inferiore, >5 secondi non preceduti dalla deglutizione (TRLES: Transient Relaxation of Lower Esophageal Sphincter). Infatti le TRLES avvengono normalmente per permettere lo svuotamento dell’aria che distende la bolla gastrica (e favorendo l’eruttazione) ma diventano patologici se troppo frequenti e non direttamente legati alla deglutizione (infatti quando il cibo transita nel UES si ha attivazione della peristalsi primaria esofagea e l’apertura del LES). o Assenza dell’aumento reattivo del tono pressorio del LES in risposta all’aumento della pressione addominale. Questo peraltro spiega perché in gravidanza le donne hanno sempre reflusso visto che hanno una “massa occupante spazio”; questa condizione peraltro si sviluppa anche nell’obeso e fino a quando non viene curata l’obesità, non avrà risoluzione del reflusso. Co-fattori che favoriscono il reflusso e lo sviluppo di una MRGE sono: o Diminuita efficienza della peristalsi esofagea distale: normalmente il reflusso causa in esofago la partenza di onde peristaltiche secondarie che portano ad una chiarificazione rapida del lume. Soggetti con MRGE spesso hanno una ridotta peristalsi secondaria. o Effetto lesivo del materiale refluito sulla mucosa esofagea: questo dipende ovviamente dalla quantità, dall’acidità, dal tempo che permane in esofago e dall’eventuale presenza di bile. Infatti se ci sono anche Sali biliari, che derivano da un reflusso duodeno-gastrico, la condizione è ancora più grave perché la bile ha azione detergente togliendo il muco dall’esofago e permettendo la lesione dell’acido gastrico. o Rallentato svuotamento gastrico: i bambini che svuotano lentamente evolvono più spesso in malattia cronica. Infatti il cibo in stomaco stimola più a lungo la secrezione acida e lo stomaco diventa una sacca di acido cloridrico, con molte TRLES. o Diminuzione della secrezione salivare e della deglutizione (notturna). Esistono infatti due paradigmi di bimbi malati di MRGE, quelli che hanno reflusso di giorno con tanti sintomi e poche lesioni (l’effetto della saliva che tampona l’acidità limita i danni) e quelli con reflusso notturno, con pochi sintomi e molte lesioni (dorme e non sente, è coricato ed orizzontale, deglutisce poco e chiarifica pochissimo). Verso i 6 mesi aumenta la pressione a livello del LES, il bambino inizia a stare seduto, i pasti sono più viscosi e quindi la maggior parte dei lattanti guarisce dal reflusso (ovviamente quello fisiologico). Va detto peraltro che, nel 33% dei casi, la causa del reflusso è l’iperalimentazione: sono bambini che mangano più di quel che dovrebbero e quindi l’eccesso lo vomitano oppure svuotano lo stomaco molto lentamente e c’è reflusso. Secondo la prof. Oderda sono “figli di mamme che li vogliono vendere tanto al chilo, ingozzandoli come oche nel grasso”. Il bambino che rigurgita se ha MRGE è sottopeso (ricorda: il bambino che non cresce è il primo segno di malattia!) mentre quello che ha reflusso da sovralimentazione è ovviamente obeso! La diminuzione del rigurgito nel secondo semestre di vita è dovuta al fatto che migliora la competenza dello sfintere esofageo inferiore, aumenta il tempo in cui il busto è in posizione eretta e inizia lo svezzamento con 34 Lezioni di pediatria – 2011 aumenta la densità dei pasti (ma questo, a parità di calorie, significa un volume dei pasti inferiore perché se così non fosse non avrebbe alcun significato). Dal punto di vista clinico nel lattante si potranno avere rigurgito o vomito lontano dal pasto (non fa alcuna differenza nel lattante: quando è tranquillo rigurgita mentre quando piange, ride o si sforza vomita), interruzione della poppata o difficoltà di alimentazione, diminuzione dell’appetito o anoressia, risveglio con pianto notturno, singhiozzo, coliche gassose (però di solito queste sono tipiche dei primi mesi e scompaiono verso il 5-6° mese mentre la MRGE inizia verso il 6° mese con pianto notturno) e soprattutto accrescimento ponderale rallentato (il 55% dei ridotti accrescimenti da causa gastro-enterica è da riferirsi alla MRGE, il 20% alla malattia celiaca e il 15% alla gastrite da HP). Nella seconda infanzia (>2 anni) prevarranno come sintomi lo scarso appetito, molto raramente la pirosi (che nell’adulto è patognomonico), il dolore retrosternale (la localizzazione del dolore viscerale nel bambino è difficile fino a 8-10 anni e non sa riferire la provenienza ma indica frequentemente con la mano aperta la zona ombelicale; a volte invece indica una zona che vede “indicare” spesso dai genitori: potrebbe indicare la zona sovrapubica se la mamma è dismenorroica. In sostanza la localizzazione del dolore è l’ultima cosa che ci serve), nausea e vomito, alitosi, sensazione di acido in gola (o gola bruciante la mattina che si risolve in 1-2 ore) ma il più grave sintomo è l’ematemesi (o la melena) per sindrome di Mallory-Weiss o piccoli sanguinamenti (vale più fare un emocromo dopo 1 mese e non fare il SOF che cerca il ferro). Ci sono poi bambini con reflusso, esofago che “sta bene” ma ha sintomi extra-intestinali: asma o broncospasmo ricorrente (l’acido in esofago induce un broncospasmo riflesso, non è l’acido che arriva nei bronchi!), laringite cronica o ricorrente, otite media (alcuni ORL hanno dimostrato la presenza di pepsina nell’orecchio medio), anemia sideropenica, … A volte si considera la MRGE come implicata nelle crisi di apnea del neonato, fino ad arrivare ad ipotizzare il suo coinvolgimento in un terzo dei casi di morte in culla. Altri sintomi extra-intestinali sono la Sindrome di Sandifer (improvvise oscillazioni del capo in avanti, esofagite ed anemia sieropenica) e infezioni polmonari ricorrenti (in bambini cerebrolesi perché nel bimbo normale non si hanno mai queste manifestazioni così gravi per la MRGE). Fattori aggravanti infatti sono le cerebropatie (60% con rigurgito grave) e l’intervento chirurgico alla nascita per atresia esofagea (68% con rigurgito grave). Spesso queste condizioni necessitano di intervento chirurgico. La diagnosi si basa sull’anamnesi e su indagini invasive ma necessarie come la pH-metria 24 ore (e/o impedenzometria) per capire se i sintomi del bambino sono legati al reflusso e la gastroscopia con biopsia esofagea (EGDS che permette l’esame istologico e quindi la DD con l’esofagite eosinofila che non risponde assolutamente alla terapia, ma anche per escludere le altre due cause di ritardo di crescita: malattia celiaca e gastrite da HP) nel sospetto di esofagite. RX con transito con bario, scintigrafia con Tecnezio99m, ecotomografia e manometria esofagea sono esami con scarsa accuratezza diagnostica. La pH-metria è una tecnica che consiste nel posizionamento di un sondino in esofago (passando dal naso) che, collegato ad un registratore, valuta la variazione di pH nelle 24 ore; durante questo tempo la madre deve tenere un diario appuntando cosa fa il bambino (se mangia, dorme, beve, ecc…) per meglio interpretare le curve. Il sondino va posizionato prima del LES e questo veniva fatto sotto guida radioscopica, ma ora si utilizza la formula di Stabel: [(statura/4)*0,87]+5cm. Questa formula calcola la lunghezza dell’esofago (statura/4), la moltiplica per l’87% che è il valore di lunghezza al quale vogliamo mettere la sonda (prima del LES) e aggiunge 5cm che è la distanza naso-esofago in un lattante. Il pH-metro ci fornisce una curva e 4 parametri importanti: o Indice di reflusso: % di tempo in cui l’esofago ha un pH<di 4; in una persona normale questo valore è mediamente 3,7% mentre in un pz con MRGE è >5%. Se questo valore è <5% non devo guardare gli altri, semplicemente il bambino non ha MRGE. o N° di episodi totali di reflusso: il cut-off sopra il quale si parla di anormalità è >30 nelle 24 ore. o N° di episodi lunghi >5 minuti. Questo è un dato importante che, assieme al precedente, ci permette di capire se il bambino ha pochi ma lunghi reflussi (malattia più grave) oppure tanti ma brevi perché chiarifica prima (malattia meno grave). o N° di minuti del reflusso più lungo, che normalmente è <30. Bisogna tenere sotto controllo i bambini con RGE per la possibilità di complicanze, in particolare l’esofagite; la gravità del quadro dipende soprattutto dall’acidità del refluito e dal tempo di permanenza. Quando si sospetta 35 Lezioni di pediatria – 2011 un’esofagite è necessaria semprela conferma alla BX, che però non arriva nel bambino alla membrana basale. Criteri per la diagnosi istologica dell’esofagite sono: o Iperplasia dello strato basale dell’epitelio (range 10-50%), difficile da vedere perché spesso le BX non arrivano alla membrana basale. o Allungamento delle papille (range 50-75%) o Presenza di neutrofili e/o eosinofili nell’epitelio e/o nella lamina propria. Una certa quota di eosinofili è presente anche nella MRGE, ma se questo numero supera i 15-20 per campo ad altro ingrandimento (sul singolo campo però, non come media di più campi, perché gli eosinofili tendono a formare ascessi) si deve parlare di esofagite eosinofila, cosa completamente diversa dal RGE. o Presenza di Cells with Irregular Nuclear Contours (CINC), che sono CD3+, quindi linfotici T; questo valore correla molto con il grado di esofagite e per parlare di MRGE è necessario trovarne >6 per campo ad alto ingrandimento (400x). o Presenza di ulcera, per fortuna rara nel bambino. o Presenza di metaplasia colonnare (Barrett), eccezionale nel bambino perché presente su MRGE inveterate. La terapia è importantissima e si basa su due cardini fondamentali: la postura e la dieta (frazionamento dei pasti con eventuale ispessimento); questo sia nel neonato e lattante con rigurgito fisiologico che nel bimbo con MRGE. In seconda battuta nel bimbo con MRGE diagnosticata dopo esame invasivo la terapia farmacologica e solo, come ultima spiaggia, quella chirurgica. 1. Rassicurare i genitori: spesso il bambino “rigurgita l’ansia dei genitori”. 2. Postura: devo far mettere il bambino quando dorme con un’inclinazione del materasso di almeno 30° (ma anche 45°), alzando di ½ metro i piedi posteriori del lettino e mettendo due o tre cuscini sotto il materasso a livello della testa; non deve mettere cuscini tra il bambino ed il materasso perché questo porta ad una flessione dell’addome con aumento della pressione e incremento del reflusso. Se ben fatto però il bambino scivola verso il basso (“chiedo alla mamma se il bimbo scivola giù e dice di no: quella postura non serve a nulla!”) per cui è necessario fare un’imbracatura semplicemente con i boxer di papà legati all’alto. Questa postura consente al bambino di non essere orizzontale nel letto (e quindi di far agire la forza di gravità) ma anche gli permette di irrigidirsi nel momento del reflusso, cosa che porta a chiarificazione. Va fatta per anni! 3. Dieta: importante è il frazionamento dei pasti (anche 7-8 al giorno) mantenendo la stessa quantità, perché altrimenti si aggraverebbero solo le cose. Va detto che questa “terapia” abbiamo imparato a farla dai bambini stessi che soffrono di MRGE e hanno sazietà precoce proprio per introdurre meno cibo, dilatare meno lo stomaco ed evitare tutti quei meccanismi che portano al reflusso. Occhio però che così il bambino grande rischia di mangiare sempre solo il primo piatto nei pasti principali e poi si mangia le merendine come snack, e questo comporta una dieta ricca di glicidi e grassi ma povera in proteine; bisogna spiegare ai genitori che è meglio dargli come piatto unico il secondo ai pasti principali. Molte discussioni sono state fatte sull’ispessimento dei pasti (e dei latti). Se il pasto è ispessito il contenuto gastrico refluisce più lentamente in esofago, tampona più a lungo l’acidità gastrica e l’ispessimento permette l’introduzione di pasti isocalorici di minor volume. Tuttavia l’aumentata viscosità aumenta il tempo di svuotamento gastrico, aumenta il volume gastrico e la possibilità di reflusso nel tardo periodo postprandiale ed il reflusso chiarifica più lentamente e di conseguenza aumenta il tempo di contatto con la mucosa esofagea. Esistono dei latti AR (Anti Rigurgito), utili nel trattamento sintomatico dei rigurgiti del lattante sempre in associazione con la postura, che migliorano il problema del rigurgito fisiologico ma non il reflusso. Il problema di questi latti è che sono ispessiti con carruba (fibre) e non aumenta il contenuto di calorie, quindi per dare le stesse calorie devo dare almeno lo stesso volume di latte: che utilità ha allora? 4. Terapia farmacologica: Il neurotrasmettitore principale a livello del LES è l’ossido nitrico (NO) ma non possiamo dare donatori di NO come la trinitrina perché occorrerebbero dose così elevate che porterebbero ad importanti effetti collaterali (cefalea, vertigini, …). Per questo motivo i farmaci più utilizzati sono gli inibitori dell’acidità gastrica: 36 Lezioni di pediatria – 2011 o Antagonisti dei recettori H2 (Ranitidina, Famotidina, Nizatidina). Il più usato è la ranitidina 20mg/kg/die in unica somministrazione alla sera durante la cena; grosso vantaggio è che si trova come sciroppo ed è ben accettata dal bambino. La terapia va fatta per 3-6 mesi. o Inibitori della Pompa Protonica (PPI) (Omeprazolo e Lansoprazolo sono gli unici pediatrici). L’omeprazolo si da 1mg/Kg/die a digiuno (mezz’ora prima di colazione) ed è controindicato nei bambini con meno di un anno. Tutti gli altri si usano come farmaci off-lebel. o Antiacidi (Idrossido di alluminio e magnesio associati o no ad alginato); sono di dubbia utilità per il rigurgito, ma utili per il pianto notturno. Unico svantaggio è la loro brevità d’azione e quindi vanno assunti 4 o 5 volte al giorno: 5mL al lattante e 10mL nel divezzo 30 minuti dopo ogni pasto e al momento di coricarsi. Vanno evitati antiasmatici (teofillina o beta2-agonisti che diminuiscono il tono del LES), FANS e mucolitici (che diminuiscono il potenziale protettivo della barriera esofagea). I procinetici (Domperidone, Metoclopramide) hanno efficacia simile al placebo ed inoltre sono stati tolti dai farmaci pediatrici per la loro tossicità; i protettori della mucosa (Sucralfato, Alginato) sono di difficile somministrazione e dubbia efficacia. 5. Terapia chirurgica: l’intervento più effettuato è quello della fundoplicatio. Indicazioni alla chirurgia sono: o Esofagite peptica refrattaria alla terapia ben fatta (esclusa l’esofagite eosinofila) o Stenosi esofagea o Asma persistente o Crisi di apnea grave e recidivanti o Cerebropatia con ematemesi frequenti e/o anemizzazione ricorrente Linee guida per la MRGE: o MRGE non complicata (eccessivi rigurgiti): nessun test e terapia posturale con frazionamento dei pasti. o MRGE con sospetta esofagite (rifiuto dell’alimentazione, ritardo di accrescimento, sanguinamenti o anemia): EGDS, terapia posturale e terapia medica; se l’esofagite è di I grado con antiacidi, se di II-III grado con anti-H2 o IPP in seconda linea. o MRGE con sintomi extra-intestinali (es. respiratori): pH-metria; se anormale si fa terapia posturale, frazionamento dei pasti ed eventualmente farmaci, se normale occorre riconsiderare la diagnosi. La diarrea acuta La diarrea acuta, impropriamente definita gastro-enterite (visto che solo raramente c’è flogosi intestinale e mai flogosi gastrica) è una patologia molto importante visto che interessa ogni anno 3-5 miliardi di casi, causando nei paesi in via di sviluppo 2-3 milioni di morti. Solo negli USA è responsabile di 1,5 milioni di visite ambulatoriali con 220.000 ricoveri ospedalieri (10%) e fortunatamente solo 300 morti, con un costo di ben 1 miliardo di dollari. Si tratta di una malattia infettiva in cui la fanno da padrone i virus più dei batteri. Nei èaesi in via di sviluppo è una malattia pediatrica tra le più frequenti con circa 5 episodi/bambino/anno ed è tra le prime 2 cause di morte infantile; in America Latina addirittura si arriva a 8 episodi/bambino/anno <5 anni. Negli USA invece la media è di 2 episodi/bambino/anno <5 anni con 350 - 450 decessi/anno (10% “morti evitabili”) mentre in Italia è di 1 episodio/bambino/anno <3 anni con 20-30 decessi/anno. La mortalità è alta in due gruppi di bambini: quelli molto piccoli (3-6 mesi di vita) e/o quelli malnutriti. Le dimensioni del problema in Italia sono che la diarrea acuta può essere: o Ambulatoriale: < 3 annia 0,6 – 0,9 episodi di diarrea/bambino/anno, con 2 milioni di bambini colpiti (1.14 1.94 milioni di episodi/anno). Il costo medio di un singolo episodio di diarrea sono 110 euro per un totale di 125,4 - 213,4 milioni di euro. o Diarrea in ospedale: 41400 ricoveri con 6,1 giorni di degenza media e un totale di 252540 giorni di degenza complessiva, per un totale di 103,8 milioni di euro. Tra diarrea ambulatoriale e diarrea in ospedale il costo è di 229,2 – 317,2 milioni di euro; la spesa è ovviamente alta e incidono molto il costo dei pannolini ma soprattutto il costo dei giorni di lavoro persi dalla madre (90%). In quest’ottica diventano molto importanti anche alcuni pro-biotici che riducono la diarrea acuta di 18 ore, e questo permette di far stare a casa la mamma un giorno in meno, con un grande risparmio! 37 Lezioni di pediatria – 2011 Si ricoverano comunque solo i bambini con meno di 6 mesi perché non esiste un motivo logico nei più grandi visto che la gravità e la mortalità scendono molto. Infezione acuta gastro-intestinale La diarrea acuta non è un aumento del numero di evacuazioni (che può succedere anche nel bambino stitico con feci caprine) ma è l’aumento della perdita fecale di liquidi per più di 7-14 giorni (ma di solito 3 giorni). Come valore limite si considera diarrea acuta se il volume di feci è > 20 ml/Kg/die (e la quasi totalità di feci è acqua); si accompagnano a questo un’aumentata frequenza e diminuita consistenza delle feci ed un numero di evacuazioni molli o semiliquide > di 3 al giorno. Tutte le forme di diarrea acuta sono autolimitanti nel giro di 7-14 gg. Ma se nel bimbo più grande è facile stimare un aumento del volume delle feci, nel bimbo piccolo occorre pesare i pannolini per far diagnosi. Ogni giorno nell’adulto entrano nel tubo digerente 9 litri di acqua: 2000mL circa di acqua con la dieta, 1500mL di saliva, 2500 di succo gastrico, 500mL di bile, 1500 di succo pancreatico e 1000 di secrezioni intestinali. Nonostante questo, vengono perse con le feci solo 100-200mL/die di acqua (circa 1%) perché viene assorbita nell’intestino tenue (7 litri) e nel colon (1900 mL). Nella diarrea acuta il vero problema è la riduzione del riassorbimento! L’acqua si muove accoppiata al cloruro di sodio, al glucosio ed agli amminoacidi principalmente all’apice del villo; anche nelle diarree acute non viene mai perso l’assorbimento di sodio (e quindi acqua) con glucosio ed amminoacidi e per questo motivo non occorrerebbe mai interrompere l’assunzione di cibi. Va detto però che il cloro è attivamente secreto dalle cripte mediante una via elettrogenica ed il risultato è una passiva diffusione di sodio e acqua ma poiché la capacità assorbitiva eccede di molto l’attività secretoria, il risultato netto, in condizioni di normalità, è l’assorbimento di acqua e elettroliti. La diarrea può essere solo osmotica o secretoria, ma nella maggioranza dei casi i due meccanismi coesistono. o Diarrea osmotica: i soluti non assorbiti o non digeriti esercitano forza osmotica che attira l’acqua attraverso le giunzioni serrate (es. la diarrea da lattosio quando non viene digerito dalla lattasi, non viene assorbito e arriva nel colon dove viene fermentato dai batteri con produzione di acido lattico ed altre piccole molecole che richiamano acqua per effetto osmotico) o Diarrea secretoria: stimolazione attiva della secrezione criptale da parte di tossine (es. tossina colerica). Per distinguere queste due forme sarebbe necessaria l’analisi dell’osmolarità e degli elettroliti fecali, cosa che il laboratorio non fa (“risponderebbero con grosse grasse risate a questa richiesta”) per cui si guarda cosa succede se interrompo l’alimentazione: la diarrea acuta cessa nelle forme osmotiche mentre continua in quelle secretorie (però spesso le forme sono miste perché il danno dell’epitelio mucoso porta alla morte delle cellule con sfaldamento e liberazione di piccole molecole osmoticamente attive). Quasi sempre la causa delle diarree acute è infettiva ma non sempre è noto il patogeno. Nei paesi industrializzati le diarree batteriche sono relativamente poche e quasi mai da E. Coli; la gran parte è invece di origine virale (40% rotavirus, poi 15% tra calicivirus, norovirus e astrovirus) ma circa il 40% dei casi sono ad eziologia sconosciuta. Sono queste delle forme probabilmente virali delle quali non abbiamo ancora individuato la causa: diciamo questo perché se fossero batteri crescerebbero alla coprocoltura e soprattutto si è visto che sono form che rispondono al pro-biotico Lactobacillus Caseus GG che riduce la durata delle diarree acute virali da agente sconosciuto e da rotavirus di 18 ore). Nei paesi in via di sviluppo ci si aspettava di trovare molte diarree batteriche e poche virali ma non è così: come da noi il rotavirus rappresenta il 40% dei casi, poi ci sono gli altri virus e il 20-25% dei casi sono batteriche da E. Coli; anche qui troviamo una fetta di 10-15% di casi in cui non è individuato il patogeno. L’epidemiologia e le varie cause sono importanti perché oggi vediamo sempre più bambini nati in Italia ma con genitori extracomunitari che vanno a trovare i nonni quando hanno 1 anno e portano a casa di tutto. Il calicivirus si riconosce perché colpisce tutta la famiglia, mentre il rotavirus solo i soggetti fino a 2-3 anni visto che poi più del 90% dei bambini sono immuni; infatti i calicivurus non danno immunità. Altro aspetto di queste forme di diarrea acuta è che predomina il vomito (“tutta la famiglia vomita”). Una forma che sta tornando è la diarrea acuta da Clostridium Difficile (CD): colpisce il bambino dopo i 12 mesi di vita perché prima l’intestino non ha i recettori per la tossina (“mi telefonano continuamente dalla patologia neonatale per dirmi che il neonato ha un CD: e che se lo tenga!”), ed è stato trovato nel 16% delle diarree nosocomiali. Tutti i casi con CD erano in terapia con antibiotici, l’età media era di 5,4 anni ed è più frequente in bambini trattati con più 38 Lezioni di pediatria – 2011 antibiotici che con singolo antibiotico (p< 0.05). La causa della diarrea è la produzione di una tossina (tossina A e B). Nonostante questo, la maggior parte delle diarree acute nosocomiali resta sempre il rotavirus e si è visto come il tempo medio per beccarsi in un reparto di pediatria il rotavirus è di 5 giorni. Nella diagnosi differenziale, quando si sospetta una diarrea acuta da C. Difficile (che è fulminante), va cercata la tossina in emergenza con risultato in un ora (e non si fa la copro coltura perché si perderebbe tempo e soprattutto non sempre è positiva visto che è difficile da coltivare: si chiama Batterica Virale difficile per quello!). Clinica In Europa ed in USA ogni anno il rotavirus Temperatura > 38,5°C si rara è responsabile di 500.000 visite mediche, Dolore addominale si raro 50.000 ricoveri e 20-40 decessi. Nei Paesi in Evacuazioni >8/die rare si via di Sviluppo è responsabile da solo di Vomito raro si 500.000 decessi. Durata >5 gg si raro Feci muco-emorragiche si no Caratteristiche dell’infezione: l’infezione da Epidemia da fonte unica si no Rotavirus è più comune in inverno e nei Epidemia stagionale rara si climi temperati. Il primo contatto col virus Stagione estate inverno avviene in bambini < di 3 anni, è sintomatico e può essere severo. La Laboratorio patologia è più grave tra i 3 e i 24 mesi di Leucociti nelle feci si no vita e quasi tutti i bambini tra i 4-5 anni sono VES elevata normale Leucocitosi si no positivi sierologicamente. Il periodo di incubazione è di 36-48 ore, la durata dei sintomi di 3-9 giorni, autolimitante. La sintomatologia è legata a febbre, vomito, diarrea acquosa. In alcuni casi è presente sintomatologia respiratoria (66% dei casi: può presentarsi prima dell’esordio dell’ enterite) e la complicanza principale è la disidratazione isotonica con acidosi. Sono stati sviluppati numerosi vaccini nei confronti del rotavirus che sono già in fase IV di sviluppo e che però hanno globalmente una risposta scarsa, intorno al 40%; uno di questi, il RotaShield, è stato anche ritirato dal commercio perché si diceva che la proteina VP7 verso la quale immunizzava il vaccino fosse simile al glutine e questo potesse causare un aumento dei casi di malattia celiaca. Ovviamente è stato tutto smentito dagli studi ma anche perché era stato sponsorizzato tutto da una ditta concorrente allo sviluppo di vaccini. Diagnosi differenziale: diarrea acuta ad eziologia batterica o virale? Nelle forme virali c’è febbricola ma non febbre alta come per il Campylobacter, e non c’è dolore (infatti il rota si localizza al tenue che è un organo muto che non fa male) mentre le forme batteriche interessano più il colon; poi il sanguinamento è tipico delle forme di colite da batteri e quando un bambino ha ematochezia va fatta la coprocoltura. Il rotavirus è comune in inverso (inteso come novembre-febbraio) ed è raro sotto i 3 mesi visto che esistono delle IgA nel latte materno che proteggono il bambino, ovviamente se la madre ha fatto una diarrea acuta da rotavirus da piccola. Questo virus si lega alla membrana degli enterociti maturi, li distrugge e ne provoca l’esfoliazione nel lume intestinale con accorciamento dei villi e infiltrazione infiammatoria. Il rotavirus è autolimitante e non si trova più l’antigene nelle feci dopo che è finita la diarrea. Nelle diarree acute è importante conoscere se si tratta di una forma virale o batterica per questioni epidemiologiche e non per questioni terapeutiche: se è virale, quando finisce la diarrea, posso mandare il bambino a scuola mentre se è batterica continua ad eliminare l’agente patogeno anche quando la diarrea è finita per cui è necessario fare delle copro colture ripetute e si può mandare a scuola il bambino in caso di Salmonellosi solo se tre copro colture consecutive sono risultate negative. Però se le epidemie di rotavirus sono frequenti in inverno e il rota d’estate praticamente non c’è e non lo si trova nei cibi e nell’ambiente, dove sta? In realtà qualche bambino continua ad essere portatore con basse cariche virali che non vengono viste al test classico ELISA ma invece visualizzabili con la PCR (si stima fino al 10-20% dei lattanti); quando si ha la riacutizzazione con piccole scariche diarroiche si può vedere perché aumentano le IgA specifiche. La terapia antibiotica nelle diarree acute non serve. Nelle forme virali è inutile mentre in quelle batteriche è addirittura controproducente. In uno studio condotto su veterani di guerra negli USA che si erano infettati con 39 Lezioni di pediatria – 2011 Salmonella in un loro incontro (visto che il cuoco aveva la Salmonella) si è visto come quelli trattati con antibiotici avevano una durata di malattia doppia ai loro coetanei che non avevano assunto antibiotici ed inoltre avevano un rischio di 3 volte di diventare portatori sani; quando si diventa portatore è difficilissimo eradicare il battere. Questa condizione di svantaggio nell’utilizzo degli antibiotici è in relazione con il fatto che le enterobatteriacee sono microrganismi molto resistenti e che si passano la resistenza molto velocemente ma soprattutto che la flora microbica normale del colon è molto sensibile e la terapia antibiotica andrebbe a distruggere questi batteri che competono per le sostanze e per il sito di legame con la mucosa, favorendo il patogeno. Unica eccezione è nella diarrea da Campylobacter in cui l’antibiotico è utile prima che si manifesti la sintomatologia, e quindi lo posso dare ai fratelli più piccoli del bimbo con diarrea acuta di questo tipo. “Se all’esame mi dite che nella diarrea acuta do l’antibiotico, se sono di buon umore vi prendo a schiaffi”. La desquamazione degli enterociti e la peristalsi allontanano l’agente infettivo dall’intestino attraverso le feci e la diarrea è di per se un meccanismo di difesa dell’organismo e non andrebbe bloccata con agenti farmacologici che, inibendo la peristalsi, potrebbero aggravare ed allungare lo stato settico. Linee guida per la gestione della diarrea acuta: 1. Individuare i fattori di rischio per la disidratazione: sono l’età (il lattante ha superficie corporea aumentata), la malnutrizione, il morbillo nel mese precedente (questo è vero nei paesi del terzo mondo, visto che c’è ancora il morbillo e ch lascia uno stato di grave immunodepressione dopo la guarigione), il vomito severo (>3-4 al giorno, non i due episodi di vomito al giorno), l’alto numero di scariche acquose (>8 al giorno), scarsa igiene della madre (non lavaggio delle mani prima della preparazione del cibo) ma soprattutto i seguenti due punti: non reidratazione orale e interruzione dell’allattamento materno; unico patogeno che cambia il rischio di disidratazione è il Vibrio Cholerae. 2. Diagnosi del grado di disidratazione: si stima in base alla perdita di peso (solo se il peso precedente è affidabile, perché “le madri hanno idee molto strane sulla perdita di peso”), secchezza delle mucose, pliche cutanee a ‘ritorno ritardato’ (ci dice il grado di disidratazione: si solleva una plica a livello addominale stando ben attenti a non sollevare il muscolo e si guarda quanto ci mette a tornare come prima), bulbi oculari infossati, depressione della fontanella nel lattante, tempo di riempimento capillare > o > di 2 secondi (a livello dell’unghia), stato neurologico-comportamentale alterato (con irritabilità fino al sopore e il coma), pianto senza lacrime, oliguria o anuria, ipotensione arteriosa e/o polso rapido (ma ricorda che in questi casi può esserci la febbre che di suo aumenta di 5bpm la frequenza). È importante stimare il grado di disidratazione perché se lieve (<5%) il bambino va mandato a casa, se moderato (5-15%) va tenuto in osservazione iniziando la ORS, se grave (>15%) va ricoverato per il rischio di morte; infatti la morte nelle diarree acute è legata unicamente alla disidratazione. 3. Modalità della reidratazione: il Lancet definì la ORS (terapia reidratante orale) come la più importante scoperta medica del secolo passato. Presupposto razionale della ORS è la dimostrazione che l’assorbimento di H2O, mediato da trasporto attivo-cotrasporto equimolare Na-glucosio, persiste anche nel colera. Soluzione (ORS) raccomandata ESPGHAN: Na 60 mmol/L, Glucosio 74-111 mmol/L (13-20 gr/l), Cl 60 mmol/L, K 20 mmol/L, Citrato 20 mmol/L e tutto con una osmolarità di 200 - 270 mOsm/L. Questa combinazione di Sali ha vinto le epidemie di colera nel mondo e si può fare facilmente a casa con 1 litro d’acqua, 2 cucchiai di zucchero, 1 cucchiaino di bicarbonato, uno di sale da cucina e la spremuta di un agrume (arancia o limone). Va peraltro detto che oggi si trovano in commercio bustine già pre-confezionate da far sciogliere in acqua, molto più comode e “precise”, come il Dicodral. Se gli do più zuccheri la soluzione reidratante perde progressivamente la capacità di far assorbire acqua e quindi non bisogna dolcificare le ORS! In Italia si usa molto Dicodral 60 (dove 60 è la concentrazione del sodio) mentre in Africa più Dicodral 90 (o la cosiddetta soluzione OMS) perché si deve spesso fronteggiare il problema della disidratazione ipernatriemica. 40 Lezioni di pediatria – 2011 È ovvio però che il bambino non deve bere altro che la ORS, cosa peraltro difficile visto che è disidratato per la diarrea acuta e avrà sete; infatti tutte le altre bevande hanno una osmolarità molto più alta dei 270mOsm/L e il bambino tendenzialmente le vomiterà. Poi molte hanno concentrazioni troppo elevate di glucosio (succhi di frutta), molto alte di sodio (brodi vari) oppure molte alte di glucosio e basse di sodio come la coca-cola (“che in USA si dice Koke perché sanno che contiene pochissimo sodio de molto potassio”). Il vomito non è una controindicazione alla ORS ma anzi, il bambino che vomita deve berne di più (ovvero deve bere in più la quantità che vomita); se volumi troppo grandi inducono il vomito è opportuno che la madre si metta con pazienza a dargliene un cucchiaino al minuto (che sono 5mL e alla fine della giornata glie ne ha dati 2L). Quando il vomito è davvero incoercibile (>8 volte al giorno) è più conveniente l’introduzione di un sondino naso-gastrico perché meno invasivo di un’endovena, visto che poi viene la tentazione di metterci su la fisiologica (il vantaggio dell’endovena è che si scarica il paziente, non lo si cura). In quasi tutti i pazienti è possibile la reidratazione orale; nei più gravemente disidratati con stato neurologico alterato può essere necessaria la reidratazione e.v. per 3-4 ore ma quando il bimbo si sveglia deve passare alla ORS (e se non si sveglia ho sbagliato io qualcosa). La ORS andrebbe somministrata come segue: nelle prime 3-4 ore ad libitum (sufficiente è l’autoregolazione della sete), poi dopo 4 ore si fanno 50mL/Kg/4 ore (se il bimbo è ben idratato) o 100mL/Kg/4 ore e poi, dopo 24 ore, si può fare 50mL/Kg/die. 4. Disidratazione ipernatremica (non è però un problema delle nostre aree e quindi non lo trattiamo). 5. Rialimentazione: è importante la non sospensione o la reintroduzione rapida dell’alimentazione, perché: o diminuisce permeabilità intestinale e sviluppo intolleranza PLV o migliora guarigione enterociti o diminuisce sviluppo intolleranza al lattosio La reintroduzione della dieta abituale dopo 4 ore di SRO migliora lo stato nutrizionale e non allunga la durata della diarrea. L’allattamento materno deve essere sempre continuato! Inutili le diete prive di lattosio nella maggioranza dei casi. Se la diarrea peggiora dopo introduzione di lattosio e aumentano le sostanze riducenti fecali bisogna evitare il lattosio per una o due settimane. Restrizioni dietetiche e inappetenza fase acuta (causata da INF-γ) portano ad un apporto calorico insufficiente con diarrea protratta ed insorgenza di complicanze. Si può alimentare perché permane l’assorbimento (80-90% carboidrati, 70% grassi, 75% azoto), gli alimenti non assorbiti non recano danno, dopo i 3 mesi di vita IPLV (intolleranza alle proteine del latte vaccino) secondaria non è provata e il peggioramento da deficit della lattasi è francamente raro (6%). Di deve alimentare perché c’è un effetto trofico dei nutrienti sulla mucosa (SCFA), il digiuno porta ad atrofia dei villi e lieve insufficienza del pancreas, la rialimentazione precoce riduce permeabilità intestinale e mantiene le disaccaridasi, il digiuno favorisce la traslocazione batterica, la carenza di lipidi comporta uno squilibrio di prostaglandine con alterata motilità (quindi mai le diete in bianco) e i substrati alimentari sono ricchi di amminoacidi che favoriscono l’assorbimento di acqua. 6. Agenti farmacologici vari. In uno studio europeo si sono somministrati Lactobacilli (pro-biotici perché di origine umana, mentre “tutti quelli di origine animali l’intestino non lo vedono nemmeno”) e si è visto che per uno di questi, il L. Caseus GG si ha la riduzione di 18 ore della diarrea acuta, oltre che il LGG (Dicoflor) stimola la risposta immune serica ed intestinale anti-Rotavirus, che può essere importante per la prevenzione della reinfezione. Tutti gli altri studi sulla somministrazione di fermenti lattici e pro-biotici hanno dimostrato un generale effetto nocivo. Un sistema a parte è quello delle encefaline endogene, neurotrasmettitori peptidici che si legano al recettore delta degli oppiacei sulla membrana degli enterociti e portano a inibizione cAMP e chiusura dei canali del Cloro. Hanno azione pro-assorbitiva e antisecretoria ma non influiscono sulla motilità intestinale. Unico farmaco utile in questo senso è il Racecadotril (Tiorfix, inibitore delle encefalinasi) 1,5mg/Kg 3 volte al giorno, che migliora enormemente la situazione ma sempre in associazione a ORS. Adsorbenti: cosmetici fecali e adsorbenti le entero-tossine. 41 Lezioni di pediatria – 2011 9 cosmetici fecali: caolino, pectina, attapulgite. Riducono l’assorbimento di nutrienti per interferenza con le attività enzimatiche. Il bismuto subsalicilato riduce l’effetto delle enterotossine e riduce la crescita di patogeni, ma il suo uso non è raccomandato. 9 adsorbenti entero-citotossine: colestiramina (colite pseudo membranosa) e diosmectite (neutralizza in vitro patogeni e rotavirus, favorisce la riparazione mucosale) Ci sono poi gli oppiacei, antiperistaltici: loperamide. Maschera le perdite idriche, aumenta il contatto con i patogeni, riduce il wash out ed il suo uso non è raccomandato. Ultima possibilità le immunoglobuline aspecifiche per os: utili in lattanti con diarrea protratta da rotavirus, hanno alto costo e non è provata la loro efficacia. Se di diarrea acuta si può morire per via della grave disidratazione, è vero anche che ci sono delle forme di diarrea che “cronicizzano”, ovvero forme post-enteritiche: o Intolleranza al lattosio: segue diarree da Rotavirus ed EIEC, interessa lattanti nei primi 3–6 mesi di vita e va sempre confermata con test di Kerry. Nonostante ciò le metanalisi sugli studi che cercavano di dimostrare come la dieta priva di lattosio fosse associata a una sintomatologia meno grave sono stati un fallimento. o Intolleranza alle Proteine del Latte Vaccino: segue infezioni da Rotavirus, EPEC e Campylobacter jejuni. Interessa sempre i primi 3 mesi di vita con un’incidenza fino 28% di IPLV nei lattantini con diarrea acuta. o Sindrome dell’Intestino Irritabile post-enteritico: se l’incidenza nella popolazione generale è del 3,5 ogni 1000 persone, nella coorte di pazienti post-diarrea acuta l’incidenza sale al 37% (RR 11,9). In uno studio con 94 pazienti ricoverati per gastroenterite è stato dato da compilare un questionario psicometrico (ansia, nevrosi, ipocondriasi, somatizzazione), è stata fatta una biopsia rettale ed è stati avviato un follow up di 3 mesi con ripetizione questionario e biopsia rettale. Ben 22 pazienti hanno sviluppato una forma di intestino irritabile (IBS+) pari al 23% del campione mentre 72 pazienti hanno avuto un ritorno alla norma (IBS –). Le differenze significative tra i du gruppi sono che l’IBS è più frequente negli ipocondriaci come ci aspettavamo, ma è vero anche che l’infiammazione rettale dopo 3 mesi è presente in questi pazienti; non c’è nessuna differenza per: tipo di patogeno, infiammazione rettale in condizioni basali, ansia o somatizzazioni. Un accenno rapido riguarda le diarree acute batteriche, rare da noi ma più frequenti nel terzo mondo: o Salmonella: le salmonelle maggiori sono responsabili della febbre tifoide (non presente da noi, causata da S. Typhi) mentre le altre “minori” sono responsabili della diarrea acuta del bambino. Le fonti più comuni di contaminazione sono carne, latte, uova fresche della nonna; è possibile anche il contagio interumano. Ha picco di incidenza a fine estate – inizio autunno. Il periodo di incubazione è di 6-72 ore con insorgenza brusca, nausea e vomito, dolori addominali crampi formi, diarrea con anche muco e sangue. Le salmonelle possono anche causare gravi batteriemie; la diagnosi si basa sulla copro coltura. o Campylobacter Jejuni: è abbastanza frequente anche nel nostro paese (terzo dopo rotavirus e salmonelle). Produce una tossina termolabile ma può anche agire con meccanismo invasivo nella mucosa del digiuno, dell’ileo e meno frequentemente nel colon. La trasmissione è oro-fecale e soo descritte epidemie legate all’acqua. La diarrea è più frequente in estate-autunno e colpisce più tra 2 e 4 anni. La terapia antibiotica con eritromicina non è indicata se non nelle prime 24ore dall’avvenuto contagio, e quindi utile nei fratellini. o Eschiericchia Coli: è una causa rarissima di diarrea nel nostro paese (<1%). Sono stati identificati 4 tipi: 9 E. Coli enterotossigeno (ETEC): principale causa della diarrea del viaggiatore nei paesi in via di sviluppo; agisce con la produzione di tossine. Caratteristica è l’assenza di alterazioni istologiche, febbre, muco, sangue e leucociti nelle feci. 9 E. Coli enteroinvasivi (EIEC): raro, si comportano come le shigelle colonizzando la mucosa del colon e dell’ileo terminale con morte degli enterociti e vivace risposta infiammatoria. 9 E. Coli enteropatogeni (EPEC): probabilmente inducono nel bambino diarrea persistente, non acuta. 9 E. Coli enteroemorragici (EHEC): producono una tossina simile a quella delle Shigelle che blocca la sintesi proteica. Provocano colite emorragica e sindrome emolitico uremica (con febbre, trombocitopenia, IRA ed encefalopatia che si sviluppa 2-14 giorni dall’esordio della diarrea in <10% casi). Gli animali ruminanti sono il reservoir più importante e la carne macinata viene spesso contaminata durante la lavorazione. A differenza degli altri E. Coli, questi causano più frequentemente patologie nei paesi industrializzati rispetto a quelli in via di sviluppo. 42 Lezioni di pediatria – 2011 o Vibrio Cholerae: solo il sierotipo O1 causa il colera, si trasmette attraverso l’acqua o cibi contaminati, in particolare crostacei. L’incubazione varia da 6 ore a 2 giorni; la diarrea è caratterizzata da moltissime feci liquide e ricche di bicarbonato, con conseguente disidratazione, acidosi e febbre. Solo in questo caso possono essere indicati gli antibiotici (bactrim 8mg/Kg/die ogni 12 ore oppure 1 dose singola di 6mg/Kg di doxicillina). Intolleranza al latte La diarrea alimentare nel lattante può avere solamente due cause: il latte e gli alimenti che contengono glutine. Nel neonato e nel lattante il latte gioca il ruolo principale, determinando due possibili quadri: o Allergia (intolleranza immuno-mediata) alle proteine del Latte Vaccino (IPLV o APLV) o Intolleranza al lattosio (post-enteritica, congenita e Late-Onset). Per quanto riguarda l’IPLV si parla anche di allergia pur sottolineando che si tratta di forme non sempre mediate da IgE e quindi non necessariamente tipiche del soggetto atopico. L’intolleranza al lattosio è dovuta alla carenza di lattasi sull’orletto a spazzola degli enterociti ed è responsabile di diarrea acida visto che il lattosio non viene digerito, arriva al colon e viene fermentato con produzione di acidi (che richiamano acqua e sono responsabili di diarrea) e CO2 che è responsabile del meteorismo, del dolore addominale da distensione colica e dei borborigmi intestinali. Nel sospetto non bisogna togliere il latte (e quindi causare malnutrizione o addirittura diarrea da fame) ma per effettuare la diagnosi è essenziale il test di Kerry (Clinitest) dopo l’introduzione di latte, che cerca le sostanze riducenti sulle feci; ovviamente deve essere fatto dopo l’assunzione di latte e non ha alcun significato predittivo (come credono alcuni pediatri che fanno fare il test di Kerry per sapere se il lattante ha l’intolleranza al lattosio). Il test è molto facile, sicuro e poco costoso. Ne esistono 3 forme: o Post-enteritica (solo nei primi 6 - 8 mesi di vita e comunque rara, colpendo <20% dei lattanti con diarrea acuta); non è necessario togliere il latte al lattante con diarrea e sicuramente questa forma post-enteritica è da escludere in tutti i lattanti con più di 1 anno. È una forma transitoria che ha durata di 7-8 giorni (tempo di rigenerazione della mucosa intestinale) per cui non è necessario fare diluizioni di latte per “reintrodurre” visto che le lattasi non sono inducibili: bisogna aspettare 10-15 giorni e poi si rida il latte. o Congenita: rarissima nel Mediterraneo e sempre mortale). o Late-Onset: molto frequente, con incidenze del 90% nei neri americani, 97% nei neri africani e 40% negli Italiani. È comune dopo 3-4 anni di vita, epoca in cui il “cucciolo umano” può essere paragonato agli altri mammiferi alla nascita. A qualcuno la lattasi rimane ma nella maggiorparte delle persone nel mondo scompare: perché? Perché tutti i mammiferi adulti non bevono il latte e bere il latte è una scemenza (“la mucca se bevesse il latte le verrebbe un mal di pancia della madonna”) e poi bisogna considerare come la popolazione che meno perde le lattasi siano scandinavi e anglosassoni, che hanno diffuso il consumo di latte e improntato con il loro modo di pensare questa malattia (per loro è strano che uno perda le lattasi, per un nero è strano averle). A riprova di questo imprinting anglosassone è che fu fatta una campagna per vincere l fame nel mondo con latte in polvere ma risultò una campagna killer perché si andava a dare a dei bambini denutriti lattosio, che induceva gravi diarree con morte del bimbo. Se ho fatto diagnosi di intolleranza al lattosio devo dare una dieta priva di lattosio. Nel lattante si possono dare latte privo di lattosio per 10-15 giorni: latti formulati senza lattosio sia 1 che 2, eventualmente latte di soia, ma non latti ad alta digeribilità (HD o Zymil) che sono fatti per vecchi, a lunga conservazione, senza vitamina D e con pochi grassi. Si può inoltre procedere a pasti di svezzamento (ma stando bene attenti a non utilizzare biscotti che contengono latte, mentre l’eccezione sono i pavesini) Nel bambino vanno esclusi latte, biscotti e prodotti contenenti latte ma sono permessi i derivati perché il lattosio rimane nel siero (formaggi, meglio se stagionati). Utile anche lo yogurt (contiene un 2% lattosio ma anche le lattasi batteriche). Posso altresì dare uova e prosciutto (colazione e merenda) per integrare l’apporto di proteine che viene a perdere senza bere più il latte, col rischio di “mangiarsi i muscoli”. Da ricordare che in ogni pasto il contenuto proteico deve essere 12 - 15% delle calorie totali, il contenuto lipidico 28 - 30% delle calorie totali. 43 Lezioni di pediatria – 2011 Intolleranza alle proteine del latte vaccino (IPLV). Si tratta di una sindrome clinica derivante dalla sensibilizzazione ad una o più proteine del latte vaccino che sono state assorbite intatte attraverso la mucosa dell’intestino tenue. Fattori predisponenti sono: o Storia familiare di malattia allergica (di qualunque tipo, ma ovviamente non si cerca l’IPLV visto che questa allergia alimentare guarisce spontaneamente entro l’anno nel >90% casi). o Introduzione di proteine del latte vaccino nei primi giorni di vita in neonati poi sottoposti ad allattamento materno (la cosiddetta “giunta”, che oggi è vietata per fortuna); oggi per aspettare la montata lattea si possono utilizzare latti idrolisati ma sarebbe comunque opportuno non dare nulla e lasciare il neonato al seno materno che così la suzione stimola la formazione di latte. o Diarrea acuta infettiva (che aumenta la permeabilità intestinale). Anche i lattanti allattati al seno possono sviluppare IPLV per via delle proteine del latte vaccino (LV) che la madre assume con la dieta (latte, biscotti, prosciutto cotto che viene bollito nel latte, ecc…) e che, assorbite come tali, passano nel latte materno e vengono passate al lattante. Evento fondamentale resta comunque la maggior permeabilità della barriera mucosa. La barriera mucosa è una struttura complessa cellulare e non cellulare che impedisce l’ingresso di antigeni. È formata da: o Enzimi proteolitici: idrolisi di proteine a piccoli dipeptidi o tripeptidi (peptidi <8-10 aa sono poco immunogeni) ed emulsione (sali biliari) o Glicoproteine muco: ricopre l’epitelio, intrappola gli antigeni, trattiene le IgA secretorie. o Epitelio intestinale contiene tight junctions (desmosomi) che impediscono il passaggio anche di dipeptidi e tripeptidi, ma questi giunzioni sono alterate nel periodo perinatale e negli stati infiammatori (motivo per cui non si deve dare la giunta lattea). Inoltre l’epitelio esprime molecole di superficie essendo un non professional APC in grado di reclutare i CD8. o Treg secernono Transforming Growth Factor beta (che stimola le cellule B a produrre IgA) e Interleuchina10 che è alla base delle citochine regolatorie e induce tolleranza alimentare. o sIgA: non legano il complemento (no infiammazione), inibiscono l’adesione batterica e virale all’epitelio intestinale, agglutinano antigeni e li intrappolano nel muco e infine sono protette dalle proteasi endoluminali, da glicoproteine (secrete dalle cellule caliciformi). L’immunità mucosale “prende” la decisione di rispondere o sopprimere una risposta dipende dalla via di accesso alla mucosa usata dall’antigene. Per patogeni invasivi che comportano la rottura della barriera c’è una risposta aggressiva mentre per antigeni luminali presenti su una barriera intatta si ha una risposta tollerante (ogni giorno introduciamo decine di grammi di proteine eterologhe, potenzialmente antigeniche, ma non rispondiamo). Alla nascita la colonizzazione della flora commensale (1012-1014 batteri/gr di tessuto colico) è importante perché occupa i siti di attacco sugli enterociti (difficile da cambiare anche con antibiotici), aiuta la digestione, stimola crescita e differenziazione epiteliale, produce vitamine, modula il repertorio immunologico e compete con la flora patogena (probioici). L’Intolleranza alle Proteine del Latte Vaccino (IPLV) vede due grandi fattori legati all’organismo: 1. Difetto di produzione di IgA secretorie o Diminuita produzione intestinale di IgA totali in bambini con IPLV o Diminuita secrezione IgA specifiche anti-beta-lattoglobuline nel latte delle madri di bambini con IPLV 2. Permeabilità intestinale aumentata (che resta il fattore più importante) o Nel lattante il LM accelera la maturazione dell’epitelio intestinale e in lattanti allattati al seno l’incidenza è <10% di IPLV o Dopo diarrea acuta (Rotavirus, EPEC, Campylobacter jejuni) nel 28% di IPLV dopo diarrea acuta ma solo nei bimbi >3m di vita e difficilmente dopo l’anno. Si sono cercate quali siano le proteine coinvolte nell’intolleranza e si è visto come la b-lattoglobulina era coinolta nell’82% dei casi, a-lattoglobulina nel 42%, caseina nel 42%, g-globuline nel 27% e la siero-albumina nel 18%. Questo era il quadro di 30 anni fa, quando la b-lattoglobulina la faceva da padrone e con essa i sintomi gastrointestinali come diarrea cronica e scarso accrescimento; oggi sembra invece che sia in rialzo la siero-albumina e che sia più responsabile di un quadro tipo eczema atopico. La siero-albumina è altresì importante perché contenuta anche nella carne di vitello e quindi, nei bambini con IPLV, è necessari dieta priva di latte e derivati, 44 Lezioni di pediatria – 2011 ma anche di carne bovina. Ultimo aspetto è che la siero-albumina determina una forma grave di IPLV con rettorragia, diarrea muco-emtica grave e shock, quadro una volta descritto solo nelle mamme che allattavano al seno ma oggi anche descritto nel bambino allattato con LV. La caseina invece è la proteina più abbondante nel latte vaccino ma tende a formare una struttura più aperta e facilmente aggredibile dagli enzimi ed è quindi la più digeribile, cosa che la rende meno allergizzante rispetto alle altre latto-globuline. Si è tentata la prova di prevenzione dell’IPLV allattando tutti i bambini con storia di familiare di primo grado atopico, dando un alimento anallergico sbagliato: il latte HA che hanno una quota di proteine immunogene. Questo fallimento ci ha insegnato che è inutile somministrare latti HA a scopo preventivo e che l’età di introduzione degli allergeni è irrilevante ai fini di sviluppare o meno l’allergia. La prevalenza della malattia è sconosciuta, ma potrebbe essere 2-3% nel nord Europa (dopo carico di latte). Da noi è verosimilmente inferiore perché i popoli mediterranei sono meno soggetti a malattie allergiche, diabete mellito tipo 1 e malattie autoimmuni, forse in relazione ad una maggior esposizione al sole (e quindi ad un maggior effetto immunomodulante della Vitamina D). Fattori che incidono sulla prevalenza sono ovviamente i criteri diagnostici, la difficoltà di valutare alcuni sintomi, l’età, il tipo di allattamento nei primi giorni di vita, la sensibilizzazione verso il problema (medico, infermieri, genitori) e la durata dell’osservazione. Esistono diverse manifestazioni di IPLV che possono essere schematizzate in base alla risposta al test da carico di latte e dipendenti da fattori legati all’organismo del lattante: 1. Iperproduzione di IgE Sistemiche (Atopia) o Intervallo breve (di solito pochi minuti) o Sintomi prevalentemente cutanei (orticaria acuta in paziente che aveva l’eczema atopico). In questi soggetti basta mettere una goccia di latte sulle labbra e vedere, se gonfia si può risparmiare benissimo il test da carico. o Test allergometrici positivi. 2. Iperproduzione di IgE mucosa intestinale o Intervallo intermedio (45 minuti - 20 ore) o Sintomi prevalentemente gastrointestinali (vomito, malassorbimento) o Test allergometrici negativi o Alterazioni istologiche della mucosa digiunale 3. Reazioni allergiche ritardate o Intervallo prolungato (>24 ore) o Sintomi multisistemici: gastrointestinali (RAST negativo perché IgG mediati), respiratori (RAST positivo) e cutanei (RAST positivo). I sintomi possono essere gastrointestinali con gastrite (5%, vomito biliare dopo 1 ora dal pasto in DD con la MRGE, collasso), malassorbimento (diarrea maleodorante, ritardo accrescimento e DD con la celiachia nel bimbo che ha già introdotto il glutine, per cui nel dubbio faccio una EGDS), ulcere del colon (sanguinamento rettale, anemizzazione progressiva), enteropatia proteino-disperdente (per fortuna molto rara da noi, con edemi), coliche del lattante (10% delle coliche) e stipsi (vedi dopo). I sintomi cutanei sono l’eczema atopico (non dermatite seborroica con la classica crosta lattea, e nel lattante questa DD è molto difficile1) e l’orticaria acuta (mai orticaria cronica); sintomi respiratori la rinite cronica e l’asma (2% dei casi di asma). Più grave di tutti, raro ma temibile lo shock allergico con pallore, sudorazione, lipotimia fino alla morte. Diagnosi di IPLV: possibili test diagnostici La dermatite atopica inizia dopo i 2-3 mesi di vita. Nel lattante le sedi più colpite sono il capillizio, il volto con risparmio periorfiziale (maschera del viso) e gli arti nella regione estensoria; la regione gluteo-perineale (se l’igiene è adeguata) viene risparmiata. La clinica consiste in un’associazione di eritema, essudazione e croste. In questa fase il prurito è presente, con esacerbazione notturna (il piccolo paziente si gratta anche di notte) ma nel lattante gli equivalenti del prurito sono la facile irritabilità e l’atteggiamento piagnucoloso. Nel bambino più grande si assiste al coinvolgimento di palpebre e collo, mentre l’eczema atopico coinvolge la piega anticubitale e poplitea e anche i polsi e le caviglie. La dermatite seborroica non prude e non presenta vescicole, e nei lattanti si localizza al cuoio capelluto, al viso e alle pieghe; spesso il vertice è colpito con un accumulo asintomatico di croste grasse (crosta lattea). 1 45 Lezioni di pediatria – 2011 Esame istologico della mucosa digiunale nei lattanti con IPLV con sintomi intestinali per documentare le alterazioni istologiche simili a MC. o Dosaggio dell'alfa-1-antitripsina nelle feci nelle forme di enteropatia proteino-disperdente (ma è un esame che il laboratorio non fa e per fortuna sono forme molto rare). o Test di assorbimento intestinale (xilosio e steatorrea) che documenta malassorbimento nelle forme di IPLV con sintomi intestinali (possono confermare la diagnosi se diventano patologici in terza giornata dopo il carico, sono ormai di scarso uso) o Test di permeabilità intestinale con due zuccheri, lattulosio e mannitolo, con raccolta delle urine a 5 h, dosaggio degli zuccheri urinari, e calcolo del rapporto lattulosio/mannitolo. Molto valido ma il grosso limite del test è che necessita della High-Performance Anion-Exchange Chromatography (HPAEC), che in Italia è presente solo ad Ancona e quando ti manda i risultati il bambino è già guarito; inoltre per prelevare l’urina a 5 ore è necessario cateterizzare il lattante con rischio di IVU. o Dosaggio IgE totali, dosaggio IgE specifiche (RAST), test cutanei (PRICK) e Patch test (ancora da validare in vari centri) per le forme mediate dalle IgE. Atopy Patch Test è utile per la diagnosi di risposta immune non-IgE mediata dove le cellule T hanno un ruolo predominante. L’allergene è contenuto in capsule di alluminio (Finn chambers) e viene posto a contatto con la pelle (sul dorso) per 48 ore; la lettura a 20 minuti e 24 ore dalla rimozione della capsula si basa sulla comparsa di eritema, indurimento e/o papule che compaiono a seguito di infiltrazione di citochine Th2 prima e di eosinofili e citochine Th1 in seguito. Può essere usato per qualunque alimento, più studiato per: latte, uovo farina di grano, soia. La diagnosi si esegue con il Test da Carico di Latte 1. Dieta completamente priva di proteine del latte (anche bovine) per 2-4 sett o più a lungo nel bambino ma soprattutto nella mamma che allatta (e qui è molto difficile). 2. Osservazione clinica della scomparsa della sintomatologia correlata a IPLV; se non scompare o la mamma non ha seguito una dieta rigorosa oppure ho sbagliato diagnosi. 3. Carico di latte in regime di ricovero ospedaliero di 24 ore per osservare reazioni rapide: orticaria acuta, shock, vomito biliare. 4. Conta degli eosinofili periferici (se c’è una riduzione >50% in un soggetto con ipereosinofilia pre-test può essere un sequestro periferico e una condizione di IPLV); oggi difficile fare lo striscio nasale e fecale prima e 6 e 24 h dopo il carico. Se il carico è positivo occorre proseguire la dieta e ripetere carico dopo 6 mesi, se tutto è negativo si mette a dieta libera con latte vaccino, con controllo dopo 7giorni per sintomi ‘lenti’ (respiratori) e dopo 30giorni per sintomi ‘ultra-lenti’ (intestinali). Da questo si evince come l’esame duri 2 mesi (1 mese di dieta e 1 mesi di controllo dopo il carico). È necessario eseguire questo esame solo in reparti dotati di rianimazione pediatrica (Alessandria, Novara e Torino in Piemonte) per l’alto rischio di gravi complicanze. Nei casi più critici (es. shock dopo l’introduzione del LV) è meglio mettere a dieta e rimandare il test dopo l’anno di vita quando è più “pronto” ad affrontare crisi gravi; in questo modo però potrebbe essere già guarito e così gli risparmio un’ulteriore dieta di 6 mesi ed introduco il latte! Questo test da carico è importante anche nel documentare l’avvenuta guarigione così da reintrodurre il latte nel bimbo il prima possibile! Terapia dell’IPLV: Alimenti alternativi. o Latte Materno: è la cosa migliore in assoluto, ma attenzione perché dobbiamo mettere a dieta la madre di latte, latticini, prodotti contenenti latte (es. biscotti, merendine) e prosciutto cotto che viene cotto nel latte. o Latte di Capra: si trova facilmente, anche in polvere, ma contiene pochissime quantità di ferro e si vedono spesso bambini con IPLV trattati che sviluppano anemia ferrocarenziale. Inoltre è possibile sviluppare anche IPL d’asina. o Latte di Asina: è un alimento eccellente ma non reperibile in commercio; si dovrebbe conoscere un contadino con un’asina che sta allattando (“e magari ci facciamo anche il bagno nel latte d’asina come Cleopatra”). o Latte di Soya: è un alimento alternativo valido, a basso costo e buono ma non dobbiamo giocarcelo subito dandolo nella fase acuta perché in questo momento di alta permeabilità potrebbe svilupparsi intolleranza o 46 Lezioni di pediatria – 2011 anche verso il latte di soya (quindi occorre darlo dopo 1 mese dalla scomparsa dei sintomi); inoltre non può essere dato nel lattante <6 mesi (soprattutto nel maschietto) perché contiene molti fitoestrogeni. o Idrolisati proteici: sarebbero il meglio perché contengono proteine <2kDa che non sono immunogene ma costano tantissimo (10 volte il latte formulato in polvere, ma li passa la mutua se prescritti in un centro specialistico) e fanno schifo: il lattantino non ci fa caso quando è piccolo (ma occhio alla mamma che se lo assaggia e le fa schifo, non lo darà più al bimbo) ma quando cresce anche il lattante lo rifiuta; sono quindi indicati nei primi mesi prima di passare al latte di soya. o Diete fatte in casa: dieta di Rezza (brodi vegetali, riso, olio e carni di agnello) ovvero diamo al lattante pasti di svezzamento e usiamo solo quello (attenzione a biscotti, formaggi e carni bovine) o Diete elementari: latti che contengono solo aminoacidi, glicidi semplici e oli vegetali (MCT); sono ancora più costosi dei latti formulati e fanno ancora più schifo, ma per fortuna è raro che sia necessaria una dieta di questo tipo (Neocate). Tutti i casi di IPLV nei lattanti con manifestazioni gastrointestinali evolvono verso la guarigione entro I anno di vita; lattanti con manifestazioni cliniche extraintestinali (cutanee o respiratorie) mediate da IgE specifiche invece tendono a rimanere clinicamente intolleranti fino a 2-3 anni. In pochi casi l’IPLV persiste dopo i cinque anni e le manifestazioni cliniche in questi casi possono essere: rinite persistente, sindrome tensione-fatica, colite, DAR, stipsi. Ricorda però come i lattanti con IPLV possono diventare allergici ad altri alimenti, per cui è utile ritardare l’introduzione di glutine ed evitare l’intolleranza al glutine (che però non è la malattia celiaca, ma si comporta come l’IPLV). L’IPLV è quindi un’intolleranza a termine, alla quale deve seguire una reintrodurre il latte vaccino nella dieta libera, il più presto possibile, poiché il latte contiene calcio e vitamina D. Il bambino deve vivere una vita normale senza restrizioni dietetiche inutili e il latte andrà introdotto intorno all’anno o al massimo a due anni a seconda dei casi e della sintomatologia iniziale (raramente è necessario attendere un’età maggiore). IPLV e stipsi. Si è visto come alcuni bambini con stipsi cronica e terapia ben condotta per la stipsi alla quale non rispondevano avessero una forma di IPLV (e quindi togliendo il latte i risolve la stipsi). A questa stipsi si associano sintomi associati come dolori addominali ricorrenti (50%), tosse cronica (30%), eczema atopico (1020%), ragadi anali e disturbi del sonno. Segni clinici utili alla diagnosi sono infiammazione ed infiltrato eosinofilo a livello rettale (ma non si deve fare BX rettale), RAST per il latte negativi (è una forma cellulo-mediata), storia di atopia e sintomi riconducibili all’IPLV da lattante (scarso accrescimento, diarrea cronica nel lattante, tosse, dermatite), nessuna risposta agli ammorbidenti fecali (ma a dosi farmacologiche!) e comportamento tipico: la stipsi si risolve togliendo le proteine del LV dalla dieta e ricompare alla reintroduzione del latte. Ipotesi patogenetiche sono: 1. Stretta relazione tra fibre nervose intestinali e cellule del sistema immunitario (mastociti – neuroni) 2. Molti mediatori immunologici sono neurotrasmettitori del SN Enterico (istamina, serotonina, interleukine) 3. Transito colico aumentato/diminuita secrezione di liquidi. Oppure Complessi Immuni Circolanti (CIC) si depositano a livello anale con anche una vasculite a CIC che comporta fissurazioni dello sfintere anale e defecazione dolorosa con sviluppo di ritenzione. Quando sospettarla? In bambini con stipsi precoce (iniziata nel primo anno di vita) visto che la stipsi ritentiva inizia a 2-3 anni quando c’è l’esperienza negativa della defecazione, oppure quando il bambino inizia la scuola (perché a casa ha fretta di andare scuola e non fa la cacca, poi arriva a scuola e gli fa schifo andare a farla lì e il bimbo non fa la cacca); ancora la si deve sospettare se non c’è risposta al trattamento medico adeguato con ammorbidenti e se c’è una storia familiare di atopia o altri sintomi di allergia (dermatite o sintomi respiratori). Che fare? Non eseguire test allergometrici (RAST o IgE) e non eseguire rettoscopia. Si inizia una dieta di eliminazione totale delle proteine del latte vaccino (e delle carni bovine) per 4 settimane e se c’è buona risposta si da un carico di latte. Linee guida per la diagnosi di IPLV in lattanti a Latte Materno: dal sospetto clinico (esame obiettivo e storia familiare) si deve poi procedere a seconda della gravità: o IPLV lieve-moderata: GI (rigurgiti frequenti, vomito, diarrea, iposideremia, sanguinamento rettale, stipsi), cutanei (dermatite atopica), generali (irritabilità, coliche) si deve continuare latte materno mettendo la madre a dieta senza PLV e uova per 2-4 settimane (ma attenzione a dare calcio alla madre perché altrimenti perde i 47 Lezioni di pediatria – 2011 denti: “ogni figlio un dente!”). Se c’è un miglioramento si reintroducono poi le PLV e si osserva: se ricompare la sintomatologia si deve mettere a dieta ancora la madre fino allo svezzamento, quando si utilizzeranno latti idrolisati; se non c’è ricomparsa di sintomi si continua il latte materno ma bisogna riconsiderare la diagnosi. o IPLV severa: GI (ritardo di accrescimento per diarrea, vomito severi, rifiuto dell’alimentazione, sanguinamento rettale profuso e/o anemia), cutanei (dermatite atopica severa e ritardo di accrescimento) riferire allo specialista per diagnosi e trattamento, ovviamente sempre mettendo a dieta senza PLV alla madre. Linee guida per la diagnosi di IPLV in lattanti a Latte Artificiale: dal sospetto clinico (esame obiettivo e storia familiare) si deve poi procedere a seconda della gravità, dopo aver considerato test cutanei (prick, patch) e test siero (IgE totali, RAST). o IPLV lieve-moderata: GI (rigurgiti frequenti, vomito, diarrea, iposideremia, sanguinamento rettale, stipsi), cutanei (dermatite atopica, edema palpebre o labbra), respiratori (rinite cronica, wheezing) e generali (irritabilità, coliche). Si deve dare una dieta al lattante priva di PLV per 4 settimane e poi: 9 se migliora si fa un carico di latte: se ricompaiono i sintomi si continua la dieta per 6 mesi e comunque fino all’anno e poi si rieffettua il test, se non ricompaiono i sintomi bisogna riconsiderare un’altra diagnosi. 9 se non migliora con la dieta, si può mettere il lattante in dieta con diete elementari e vedere cosa si fa, oppure mettere tranquillamente il bimbo in dieta libera. o IPLV severa: sintomi GI (ritardo di accrescimento per diarrea o vomito severi, rifiuto dell’alimentazione, sanguinamento rettale profuso, anemia, PLE, lesioni endoscopiche-istologiche), respiratori (larnigo-edema, ostruzione bronchiale e dispnea), sistemici (shock anafilattico) e cutanei (dermatite atopica essudativa severa con ritardo di accrescimento ed anemia). In questi casi si da sempre il latte idrolisato o il latte AA e occorre riferire al centro specialistico per diagnosi e carico sotto monitoraggio della dieta (idrolisato o formula aa). L’intolleranza dell’uovo è rarissima ma è IgE mediata, ed è più frequente nelle nonne. Altre intolleranze sempre IgE mediate del bambino sono noccioline e pesci, soya se in un bimbo con IPLV abbiamo dato latte di soya in fase acuta. La Malattia Celiaca La Malattia Celiaca (MC) è un’intolleranza permanente al glutine, componente proteica contenuta nelle farine di frumento, orzo, segale e forse dell’avena. Il glutine contenuto nel riso e nel mais non è tossico, ed è quindi ben tollerato (perché non contiene gliadina). Per ordinare le idee va detto come la macinazione dei cereali porta alla separazione della crusca e della farina; la farina è formata da amido (75%) e proteine (25%), che a loro volta vengono distinte in proteine solubili in acqua (albumine), in NaCl (globuline e glutenine) e proteine solubili in alcool (le gliadine). Le glutenine hanno ponti disolfuro e fanno da “spugna” dove si infiltrano le gliadine, che non hanno ponti disolfuro. A titolo informativo il grano duro è un “mostro genetico”, inventato dopo una bomba di Cobalto per mutare il grano tenero, dalla quale si è selezionata una pianta ricca di proteine e con un numero di chicchi maggiore; questo grano duro si è diffuso in tutto il mondo nel dopoguerra. “Forse i celiaci sono normali perché non riescono a digerire le porcherie create con il cobalto mentre noi siamo gli anormali che digeriamo anche le schifezze”. Bisogna innanzitutto chiarire come la MC non sia una allergia alimentare visto che, in linea di massima, tutte le allergie elementari (ma anche le altre) tendono a guarire spontaneamente; esistono peraltro rarissimi casi di intolleranza al glutine, ma non è la MC che è permanente. L’incidenza di MC è maggiore nel nord Europa e tende a diminuire verso i paesi del Mediterrano con un gradiente legato forse all’HLA (in Piemonte l’incidenza è di 0,5 casi ogni 1000 persone). La prevalenza è molto più alta dell’incidenza per il fenomeno di accumulo dei casi diagnosticati negli anni precdenti visto che non è una malattia mortale. Negli ultimi 20 anni si è modificata molto l’età in cui viene fatta la diagnosi: negli anni ’70 l’esordio clinico era verso i 10 mesi e l’età media di diagnosi era 15 mesi mentre oggi si è visto che l’età media di diagnosi è molto più tradiva. Questo può essere spiegato da diversi fattori: l’allattamento materno protratto fino a 6 mesi ritarda la comparsa dei sintomi (anche se non si sa bene quale sia il meccanismo), l’introduzione più tardiva del glutine nello svezzamento quando l’intestino è più maturo, dopo il 6° mese, ma anche la maggior capacità di ricollegare alla MC delle forme assolutamente atipiche o monosintomatiche. 48 Lezioni di pediatria – 2011 La MC ha una frequenza maggiore in bambini con sindrome di Down, diabete tipo I, sindrome di Turner ed epatite cronica; ciò che ha reso possibile sospettare l’associazione della MC è stato il diffondersi di esami poco invasivi usati come screening (AGA, TGA). L’alta accuratezza diagnostica degli AGA e dei TGA consente di sospettare la malattia celiaca anche in soggetti asintomatici, per lo più nei familiari di primo grado del bambino celiaco, ma anche di monitorare la dieta di questi pazienti dato che sono presenti nel 95% dei celiaci che introducono glutine e si negativizzano dopo 1-3 mesi di dieta per poi posivitizzarsi se viene reintrodotto glutine. Per la diagnosi di MC una volta si seguivano i criteri ESPGHAN del 1977 che prevedevano, nel bambino con sospetto, l’esecuzione di esami di laboratorio che documentassero un malassorbimento (steatorrea, test Dxilosio,…) e della BX digiunale; gli stessi esami dovevano essere ripetuti dopo 6 mesi o un anno di dieta senza glutine per dimostrare la remissione di malattia e, per una terza volta, dopo alcuni mesi in cui il bambino aveva reintrodotto glutine. Nel 1988 un gruppo napoletano ha osservato che nel 95% dei casi la diagnosi era corretta fin dalla prima serie di esami e quel 5% che non ricadeva dopo carico di glutine erano tutti bambini <2 anni con atrofia dei villi verosimilmente da IPLV. Il 95% dei pazienti con MC presenta l’allele HLA DQ2 mentre il restante 5% l’HLA DQ8. La positività per DQ2/DQ8 ha predittività positiva per MC molto bassa (25% della popolazione generale ha questi alleli) ma la negatività per DQ2/DQ8 ha predittività negativa per MC assoluta e ci permette di escludere la diagnosi. La concordanza per MC in fratelli HLA identici è del 30% mentre tra gemelli monozigoti è >80%: questo ci permette di dire come ci siano altri geni coinvolti nella malattia e recentemente è stato descritto un polimorfismo del gene CTLA-4 che avrebbe un ruolo favorente la malattia. Si tratta di una malattia autoimmune, la prima dove sia stato trovato l’auto-antigene, ovvero la trans-glutaminasi tissutale (tTG), che è presente in tutti gli epiteli ed è utile nel riparare il danno (oltre che nel deaminare la gliadina); questo spiegherebbe perché la MC è una malattia sistemica e non solo intestinale. In soggetti geneticamente predisposti DQ2/DQ8 la gliadina si lega alla trans-glutaminasi tissutale rendendola antigenica e si formano auto-anticorpi anti trans-glutaminasi (TGA). L’azione dei TGA si esplica attraverso il blocco della deaminazione della gliadina che così, non degradata, verrebbe processata dalle APC attivando i linfociti T con inibizione alla produzione di TGF beta e quindi con riduzione della maturazione delle cellule epiteliali intestinali. Della MC si è recentemente compreso come esistano diverse forme e che si possa semplificare paragonando tutto ad un iceberg dove le forme cliniche sono solo la punta che esce, ma che la maggiro parte siano la componente ancora nascosta: o Clinica: caratterizzata da sintomatologia e Forma lesioni mucose dell’intestino (una volta si clinica distingueva in forma tipica ed atipica, che ha una sua ragione didattica, ma verrà eliminata Forma silente nelle nuove linee guida). o Silente: tipica nei parenti di primo grado valutati allo screening, senza sintomi ma con Forma latente già danno alla mucosa intestinale. o Latente: molto rara, presenti in bambini con Forma potenziale sintomi tipici e mucosa normale (senza glutine iniziano a star bene e se faccio poi un carico vedo l’atrofia mucosa). o Potenziale: persone con alleli DQ2/DQ8 senza sintomi né atrofia ma che potranno diventare celiaci negli anni, ed è il motivo per cui nelle famiglie è necessario ripetere lo screening ogni 5-10 anni. Una volta le forme cliniche venivano suddivise in tipiche ed atipiche. Nella forma classica, quella ad esordio a 1-3 anni, la “triade classica celiaca” consiste in diarrea cronica con feci voluminose, untuose e maleodoranti, scarso accrescimento e addome espanso con meteorismo; a questi si aggiungono spesso anoressia (per questo motivo tutte le bambine anoressiche devono fare lo screening della celiachia), anemia ed alterazioni del carattere. Valutati per frequenza sono: scarso accrescimento (83%), diarrea (71%), distensione addominale (65%), anoressia (54%), stipsi alternata a diarrea (25%) ed alterazioni del carattere (22%) che compredono irritabilità, depressione e atteggiamento “malmostoso” che cambia in poche settimane di 49 Lezioni di pediatria – 2011 dieta ed è anche il primo sintomo che le madri attente vedono nel bambino che fa errori della dieta. All’esame obiettivo il bambino presenta un quadro di malnutrizione (ma la bolla del Bichat è sempre mantenuta), facies triste e timorosa, cute pallida, anelastica e scabra, perdita del tessuto adiposo sottocutaneo soprattutto a livello dei glutei. Raramente ormai il decorso clinico è interrotto dalla “crisi celiaca” scatenata da malattie intercorrenti, con scariche abbondanti, sierose e vomito intenso che necessita di reidratazione. Questa forma classica è sempre di più rara osservazione data la maggior attenzione dei pediatri a questa malattia che fa sì che ai primi accenni di ritardo di accrescimento si faccia il test di screening. La MC poi può avere una forma atipica, nella quale i sintomi prevalenti sono appunto “atipici”: artrite ed artralgie, stipsi, pseudo-ostruzione intestinale, polidipsia e poliuria, astenia e depressione. Nel 40% dei casi la MC è monosintomatica, e può esserci bassa statura (soprattutto in bambini maschi tra 5 e 10 anni), anemia sideropenica (ragazzine >12 anni con anemie importanti dopo la comparsa del menarca o in gravidanza, che addirittura hanno difficoltà ad iniziare la gravidanza), osteoporosi (nell’adolescente o comunque nella donna in epoca pre-menopusale), emorragie (da deficit di assorbimento della Vitamina K), anoressia, tetania (deficit di assorbimento di calcio e vitamina K), edemi ed ipo-proteinemia. Esistono numerose patologie associate alla MC nel bambino: la dermatite erpetiforme di Duhring-Brocq (guarisce con la dieta priva di glutine: inizia come una sensazione di bruciore alla quale seguono lesioni eritematose, papulose e pomfoidi con presentazione ad anello, e solo più tardi compaiono gli elementi vescicolosi; localizzazione preferenziale sono le spalle, la regione glutea e sacrale, la superficie estensoria degli arti ed in particolare i gomiti), la proctite ulcerosa (DD con il Morbo di Crohn), il diabete tipo I (condivide con la MC gli stessi HLA DQ2/DQ8), il lupus eritematodes e l’artrite reumatoide (altre malattie autoimmuni), il deficit congenito di IgA, l’iper-transaminasemia n.d.d., l’epilessia occipitale (con calcificazioni a livello occipitale, resistenti alla terapia medica ma che diventano responsive ai farmaci se il bimbo inizia la dieta priva di glutine). Alcune di queste forme sono glutine dipendenti (artrite, dermatite erpetiforme, iper-transaminasemia, proctite ulcerosa e pseudo-ostruzione) e rispondono alla dieta priva di glutine mentre le altre no. Se negli anni ’80 le forme classiche rappresentavano il 75% dei casi e quelle atipiche la restante parte, oggi le forme classiche sono <50% dei casi; altra notazione importante è che, mentre quelle classiche vengono diagnosticate mediamente a 2-3 anni, le forme atipiche sono diagnosticate sempre prima (mediamente 6-8 anni) e questo ha portato ad un aumento delle casistiche di MC nell’età pediatrica ed ad un crollo nelle casistiche dell’adulto, semplicemente per uno spostamento dell’età alla diagnosi. Per quanto riguarda l’associazione tra MC e diabete mellito tipo I va sottolineato come i diabetici celiaci siano più bassi e hanno esordio del diabete in epoca più precoce (mediamente 3 anni) contro la media dei non celiaci che è di 7 anni: i bambini con esordio precoce vanno seguiti con screening per la celiachia ogni 2 anni! Per fare lo screening si dosano gli auto-anticorpi della classe IgA nel siero del paziente, che sono: o Anticorpi anti-gliadina (AGA): si dosano nel siero e sono il primo anticorpo utilizzato nella MC. o Anticorpi anti-endomisio (EMA): si valutano in immunofluorescenza facendo reagire il siero del paziente su esofago di scimmia Rethius (che peraltro sono in via di estinzione) e sono operatore-dipendente. o Anticorpi anti-reticolina (ARA): si valutano in IF facendo reagire il siero del paziente sul cordone ombelicale, ma sono molto difficili da leggere. o Anticorpi anti-trans-glutaminasi (TGA): valutati con metodo ELISA, sono i più sicuri. Si è scoperto poi come TGA, EMA ed ARA sono diretti verso lo stesso antigene per cui è più semplice valutare con l’ELISA i TGA senza ammazzare troppe scimmie. Fino a qualche mese fa gli AGA non si facevano più come screening perché i TGA sono più sensibili e specifici (100% e 98% rispettivamente) ma recentemente sono stati introdotti dei metodi per valutare gli AGA sulla gliadina deaminata dalla tTG molto utili nel monitoraggio della dieta (infatti i pz con MC devono fare rivalutazione annuale per la riconnessione dell’autorizzazione all’acquisto gratis dei prodotti farmaceutici). Sono sempre e comunque tutti anticorpi della classe IgA e, data l’alta prevalenza di deficit selettivo delle IgA (che è anche statisticamente associato a MC), va sempre chiesto nello screening il dosaggio totale delle IgA sieriche; se c’è un deficit ovviamente lo screening risulterà negativo ma nel sospetto clinico si fa la EGDS. Gli EMA hanno un’utilità nei familiari di pazienti con MC: nei casi asintomatici infatti il cut-off per un familiare per i TGA è >100 ed un risultato debolmente positivo (es. 15) non ci direbbe nulla per cui si guarda la positività per gli EMA: se positivi si becca la BX. Normalmente, nel soggetto 50 Lezioni di pediatria – 2011 sintomatico, i TGA sono considerati positivi sopra i 7. Nel bambino molto piccolo invece si fanno AGA e TGA perché gli AGA positivizzano prima anche se sotto i 18 mesi ci sono moltissimi falsi negativi per cui, nei quadri sintomatici e negativi, si aspettano i 2 anni e si ripete lo screening. Nei familiari lo screening va fatto dopo i 3 anni (ovviamente stiamo parlando del fratellino piccolo). Il test diagnostico fondamentale è la biopsia duodeno-digiunale per analisi morfologica, morfometrica e immunoistochimica (anche se, forse, con le nuove linee guida sarebbe sufficiente l’HLA DQ2/DQ8 e i TGA>100 con sintomatologia compatibile). Come già detto, è sufficiente una sola biopsia se il soggetto introduce una quota sufficiente di glutine nella dieta, il quadro istologico mostra di atrofia dei villi (eventualmente con test sierologici, AGA ed EMA o TGA, positivi) e si ha la completa ed inequivocabile remissione dei sintomi dopo l’eliminazione del glutine dalla dieta. Si deve sempre eseguire biopsia dopo carico di glutine se permangono dei dubbi sulla diagnosi iniziale (IPLV, enterite cronica, giardiasi: condizioni più frequenti ad un’età >2anni) e la risposta clinica alla dieta senza glutine non è completa o soddisfacente. I vantaggi dell’esofago-gastro-duodeno-scopia (EGDS) con biopsie sono che il prelievo è più rapido rispetto alla capsula, non si utilizzano radiazioni ionizzanti per paziente ed operatore, è meno traumatizzante per il bambino (anche se chi ne ha vista fare una non lo direbbe…), il prelievo bioptico è mirato e soprattutto c’è la possibilità di diagnosi alternativa (MRGE, gastrite da HP, che sono le altre due cause di scarso accrescimento da malattia GE). Le modificazioni della mucosa digiunale hanno una comparsa a scalini, e sono: o Infiltrazione linfoide della mucosa (linfociti intra-epiteliali) che normalmente non sono presenti, e che permettono una DX certa se >40 ogni 100 cellule mucosali. o Ipertrofia delle cripte (con conseguente aumento delle mitosi: criterio Boldorini). o Appiattimento dei villi che vengono tappezzati da cellule cubiche. La MC è associata anche ad anemia sideropenica non ben spiegata. In uno studio con 110.973 donatori di sangue, l’1% è risultato essere anemico (F=1197, M=183) e su 483 sieri di anemici analizzati, 32 risultavano positivi per EMA (6.6%). La prevalenza di MC negli anemici era del 6%, la prevalenza di MC in non-anemici è risultata dello 0%. Si tratta comunque di anemie sideropeniche refrattarie alla terapia marziale ben fatta, e la MC (responsabile del 50% di queste anemie) si pone in DD in questi casi con la gastrite da HP. I bambini con MC vanno sottoposti a screening per osteoporosi. Bambini e adolescenti con MC hanno una BMD più bassa, e la dieta senza glutine provoca rapido miglioramento e guarigione totale. Diagnosi precoce e dieta sono utili per il raggiungimento di un picco di massa ossea adeguato alla fine della pubertà. L’osteoporosi nei bambini con più di 12 anni è sempre una complicanza (ovvero non regredisce con la dieta priva di glutine) mentre nel bambino piccolo è un sintomo, perché regredisce. Altra possibile complicanza è la tiroidite autoimmune, con aumento degli anticorpi anti-tiroide, ma in questi casi è quasi sempre presente un soggetto in famiglia (es. la madre) con tiroidite. La complicanza principale della MC è lo sviluppo di neoplasie dell’apparato digerente, specialmente il linfoma intestinale, ma anche l’adenocarcinoma dell’esofago e del grosso intestino. I linfomi non-Hodgkin hanno un’incidenza aumentata nei celiaci che introducono anche piccolissime quantità di glutine (40 volte rispetto alla popolazione generale non celiaca); la DD tra linfoma iniziale e MC non è così scontata nell’adulto. L’unica terapia possibile è la dieta con assoluta esclusione del glutine, cioè eliminando tutte le farine di frumento (pane, pasta, biscotti, grissini, merendine, ecc..), orzo (malto, orzoro, birra, ecc..), farro, segale ed avena (quest’ultima con un punto di domanda, ma siccome non siamo Irlandesi, la togliamo e basta!). Tuttavia, anche negli alimenti che non contengono derivati dei cereali, possono essere presenti tracce di glutine poiché l’amido di frumento è spesso utilizzato come conservante (scatolame, 51 Lezioni di pediatria – 2011 salumi, surgelati, gelati, ecc…) senza che ne sia segnalata la presenza sulla confezione ed è quindi utile suggerire la loro eliminazione dalla dieta. La dieta deve essere rigorosa e totale! Esistono alimenti confezionati senza glutine e gli unici sicuri hanno una particolare segno: la spiga sbarrata (quelli con la dicitura “alimento senza glutine” senza spina sbarrata sono scemenze). Fibrosi Cistica (Mucoviscidosi) E’ la più frequente malattia genetica nella razza caucasica trasmessa con carattere autosomico recessivo, sempre letale, che porta alla formazione di aree di polmone fibrotiche con bronchi ectasie (da qui fibrosi cistica, FC) e caratterizzata per un muco estremamente denso (appunto mucoviscidosi). Colpisce tutto l’organismo è causata da disfunzione delle ghiandole esocrine sierose con incidenza 1:200 1:3000 nati anno. In Italia si stimano 200 nuovi pazienti anno in Italia, con una frequenza dei portatori 1:20. Difetto del trasporto del Cl- attraverso la membrana cellulare delle cellule epiteliali della cute (sudore), del polmone (muco denso) e del pancreas (steatorrea). Criteri di Di Sant’Agnese: si può far diagnosi di FC quando siano presenti almeno 2 dei seguenti criteri: 1. Malattia Polmonare Cronica 2. Insufficienza Pancreatica esocrina 3. Test del sudore positivo 4. Famigliarità per FC Il test del sudore è quindi fondamentale per la diagnosi ma occorre ricordare come esistano 2 tipi di sudore: quello invernale (poca acqua e molti sali) e quello estivo (molta acqua e pochi sali) per cui nel periodo invernale si è più a rischio di risultati borderline; da ricordarsi come in primavera devono passare 2-3 settimane perché il sudore da invernale diventi estivo e questo è alla base della “spossatezza” della primavera. Ci sono tre tipi di sintomi nella FC: o Broncopolmonari: ostruzione di bronchi e bronchioli per muco molto denso che comporta zone di atelettasie e bronchiectasie sulle quali possono istaurarsi infezioni che evolvono verso la fibrosi e l’insufficienza respiratoria cronica. o Digestivi: insufficienza pancreas esocrino comporta maldigestione e malassorbimento secondario con ritardo di accrescimento e possibili complicazioni biliari ed epatiche; si può arrivare al diabete. o Anomalie sudorali: perdita eccessiva di Cloro e Sodio possono predisporre al collasso in caso di esposizione al calore (colpo da calore). La sopravvivenza negli anni ’50 era scarsa, con morte nel 1° anno di vita nel 50% mentre negli ultimi 20 anni la sopravvivenza media è di 25 anni. L’aumento della durata della vita dovuto a diagnosi precoce, screening neonatali (ovviamente importanti per prevenire nuove nascite di fratelli con FC; i genitori non possono avere FC perché sono sterili), l’esistenza di centri specializzati in ogni regione, la sorveglianza nutrizionale, il trattamento polmonare precoce ed aggressivo e il trattamento precoce dell’insufficienza pancreatica. Hanno prognosi infausta i pazienti con ileo da meconio, i maschi ed i pazienti con sintomi alla diagnosi (deficit di peso, sintomi respiratori o sintomi intestinali). Per esempio la sopravvivenza ai 15 anni è del 73% se ci sono sintomi respiratori e del 100% se non ci sono, del 69% se ci sono sintomi intestinali alla diagnosi e del 93% se non ci sono. Oggi si fanno screening neonatali anche se la malattia non è curabile (es. non faccio lo screening della sindrome di Down perché non è curabile), ma perché migliora molto la prognosi come qualità di vita e anche durata (i primi studi effettuati tra Alsazia e Lorena, nelle quali una fa screening e l’altra no, dicevano che non c’era un miglioramento della prognosi ma negli studi tra Veneto e Lombardia si diceva il contrario; più recentemente una metanalisi ha confermato il dato che lo screening serva). Lo screening per la FC ha come obiettivi la prevenzione di nuove nascite (ovvero di altri fratelli con FC, che ha una possibilità del 25% nella famiglia), la diagnosi precoce pre-sintomatica (sempre per migliorare la qualità e la durata della vita), la terapia precoce e più in generale per migliorare la prognosi. Si utilizza per fare lo screening il test della Tripsina Immunoreattiva (tripsinogeno in una goccia di sangue su carta da filtro: bassa specificità) e sono in determinati casi si fa l’analisi delle mutazioni (solo su famiglie ‘informative’, non affidabile se negativo). Il test di screening produce un 10% di falsi positivi, per cui 52 Lezioni di pediatria – 2011 bisognerà fare a tutti i positivi in un secondo momento (a 6 mesi) il test del sudore (perché prima non è attendibile) e solo se è negativo per due volte dopo 6 mesi si può considerare il bambino non avente la FC (però sono 8 mesi di inferno per la famiglia!). Mutazioni CFTR, gene posto sul braccio lungo del cromosoma 7 (7q), più comuni causano >80% di FC in popolazioni caucasiche su un totale di mutazioni identificate ad oggi di circa 1200. o ДF 508: delezione della fenilalanina in posizione 508, esone 10 (47-53% in Italia). Inizialmente si pensava che questa forma fosse la più grave, ma in realtà non è così. o N1303K: transversazione pirimidina con purina in codone 1303, esone 21, sostituzione di asparagina con lisina (3,5-8% in Italia) o G452X: transversazione purina con pirimidina che comporta un segnale di fine trascrizione al codone 542, esone 11 (3-6% in Italia) o G551D: transizione pirimidina con pirimidina codone 551, esone 11 o 3272-26A>G → in Europa i pazienti con questa mutazione hanno una malattia meno grave degli omozigoti DF 508 Fibrosi Cistica: sintomi e manifestazioni cliniche. Questo difetto del canale del cloro sulle cellule delle ghiandole esocrine comporta un difetto di idratazione con conseguenti secrezioni dense e stagnanti perché aumenta la densità del muco e si riduce la motilità ciliare. Questo porta ad ostruzione bronchiale con conseguente enfisema ostruttivo (spesso primo segno radiologico che si vede nel lattante, con polmone che “esce” dalle coste) e atelectasie, ma anche diventa terreno di crescita dei microrganismi con colonizzazione batterica e conseguenti infezioni (bronchiti, polmoniti) che evolvono verso un’infezione cronica in cui c’è peraltro una risposta infiammatoria esaltata; l’infiltrazione di polimorfo nucleati che si mangiano i batteri e muoiono in sede, nel muco denso, porta alla liberazione di enzimi litici che non vengono eliminati e causano autoaggressione leucocitaria con lisi della membrana basale e formazione delle bronchiectasie, con destrutturazione del polmone e fibrosi (fibrosi cistica appunto) ma anche contribuiscono gli stessi PMN che muoiono a liberare DNA che ispessisce il muco. I sintomi si possono dividere in: o Digestivi 9 Ileo da meconio (addome acuto nei primi giorni di vita per occlusione meccanica da meconio troppo denso); in questi bambini la prognosi è pessima ma non si sa per quale motivo: perché è una forma più grave o perché il neonato viene operato? Non si sa ma si è visto che ogni anestesia generale comporta un peggioramento importante di questi bimbi con FC. 9 SOID (Sindrome di Ostruzione dell'Intestino Distale) con invaginazione ed infiammazione cronica, compare a 10-12 anni e non va trattata con chirurgia perché peggiora la prognosi; si fa terapia medica con clisteri di Piodol ricchi di enzimi (ma occhio a farlo vicino ad una sala chirurgica per l’alto rischio di perforazione) 9 Insufficienza Pancreatica (80% alla nascita): il pancreas secerne bicarbonato ed enzimi litici. Il bimbo perde inizialmente la capacità di secernere HCO3- e questo basta per non permettere l’attivazione nel duodeno degli enzimi che necessitano di un pH alcalino-neutro (infatti del ghiandole del Brunner non sono sufficienti da sole a contrastare l’acidità gastrica); in un primo tempo quindi saranno necessari ranitidina o IPP (mentre successivamente anche gli enzimi proteolitici). Questo deficit del pancreas esocrino comporta diarrea (feci cretacee e untuose), anoressia, addome espanso e meteorico e deficit di accrescimento (calo ponderale è raro). o Respiratori (100% dei casi): all’esordio tosse occasionale, ripetitiva, pertosse dubbia (difficile che un bambino faccia più volte la pertosse), bronchiolite/asma non allergica mentre successivamente broncorrea, tosse insistente e continua e infezioni: 9 Virus: VRS (che viene fatto da nell’80-90% dei casi in maniera subclinica nel bimbo normale), influenza, parainfluenza. 9 Batteri: rari nel bimbo altrimenti sano sono lo S. Aureus (polmonite con microascessi), H. influenzae, Pseudomonas Aeruginosa e P. Maltofilia, Burkholderia cepacea (che causa febbre 53 Lezioni di pediatria – 2011 alta, batteriemia, rapida progressione verso una polmonite necrotizzante e morte) ed altri enterobatteri (in tutti questi casi pensa sempre alla FC a meno di una storia di intubazione). 9 Miceti: aspergillosi con broncospasmo (ed aumnto degli eosinofili); l’aspergillo è quello che contamina le marmellate e queste vanno buttate perché sono ripiene di aflatossine altamente cancerogene (“mentre la mia nonna toglieva la muffa e mi diceva di mangiarla pure”). Successivamente compare l’emottisi (terapia iniziale con vaspressina, se non è sufficiente con tombizzazione arterie bronchiali) e pneumotorace (terapia con sclerosi con quinacrina ma è un segno terminale). Indicazioni al test del sudore: o Polmonari: tosse cronica ricorrente, polmonite croniche o ricorrenti, bronchiolite ricorrente, atelettasie, emottisi, polmonite stafilococcica, Pseudomonas Aeruginosa nel tratto respiratorio (in assenza di intubazione prolungata o tracheomalacia) o polmonite lobare superiore destra (una volta DD con TBC, e comunque questo è un lobo che non si ammala mai!) o Gastro-Intestinali: ileo da meconio, occlusione intestinale neonatale, steatorrea e/o mal digestione, cirrosi epatica giovanile, pancreatite, prolasso rettale e deficit di Vit. K. o Altri: ippocratismo digitale, ritardo di accrescimento, familiarità di fibrosi cistica, bacio salato, cristalli di sale dopo evaporazione del sudore, intolleranza al calore, alcalosi iponatremica, ipocloremica infantile, polipi nasali (¼ dei bimbi con FC ha polipi nasali e il ½ dei polipi nasali dell’età evolutiva sono FC) , pansinusite e azoospermia. Metodica di Gibson e Cooke: stimolazione della sudorazione su avambraccio con ionoforesi pilocarpinica con successiva raccolta del sudore su carta da filtro o capillare e dosaggio elettroliti Na+ e Cl- con micro metodo. Affidabile se viene raccolto almeno 100 mg di sudore ed i risultati sono riproducibili su almeno 2 prove. Interpretazione dei risultati: <40 mEq/l è normale, 40–70 mEq/l è bordeline (da ripetere) e >70 mEq/l è patologico (da ripetere). Il 3% dei pazienti con FC ha risultati borderline (gli adulti hanno maggiore variabilità dei livelli con possibili sani con valori 70 mEq/l). Sono possibili dei falsi positivi in fase acuta: polmonite acuta e bronchiolite acuta, ma anche in condizioni di malnutrizone severa, anoressia mentale, diabete insipido, alcune cerebropatie e Malattia di Von Recklingausen. Esami per completamento diagnosi sono: o Respiratori: spirometria, test di diffusione dei gas, test di iper-reattività bronchiale (metacolina) e l’RX torace (valutando precoce ispessimento della trama, aspetto cotonoso, atelettasia, ombre rotonde, infiltrati multipli e precoce enfisema. o Digestivi: oggi si fa solo il bilancio dei grassi, ovvero si valuta la percentuale dei grassi persi con le feci in rapporto ai grassi ingeriti (normale <7%). Occorre un laboratorio dedicato ed una equipe istruita: il dietologo che da la dieta, il dietista che traduce la dieta in quantità e un laboratorio analisi furbo. Il bambino mangia per 3-4 giorni questa dieta con un contenuto di grassi noto assieme ad un colorante (rosso carminio); dal momento in cui le feci diventano rosse le raccoglie e le mette in metanolo. Alla fine dei 3 giorni si raccolgono tutte le feci e le si portano al laboratorio dove vengono omogeneizzate e dosati i grassi fecali che sono <7% nel soggetto normale, ma nel bimbo con FC possono arrivare al 30-40%. I bambini con FC devono fare questo almeno 3 volte l’anno (ogni 4-5 mesi). (con dieta monitorata per 3 – 4 giorni con rosso carminio) Consulenza e diagnosi genetiche: è possibile presso i centri di riferimento l’informazione genetica alla coppia, soprattutto volta alla diagnosi genetica pre-concezionale e prenatale (evitare che nascano fratellini affetti da FC) e si fa con biopsia villi coriali (10° sett. gravidanza) ma la diagnosi è possibile solo in famiglie informative (ovvero in cui la mutazione è nota nei genitori e si può monitorare); secondo aspetto è la diagnosi genetica nei fratelli e nei parenti di primo grado con famiglie informative. La terapia: 54 Lezioni di pediatria – 2011 1. Trattamento digestivo-nutrizionale: se si ha perdita di peso (rara) o ritardo di accrescimento significa che l’introduzione calorica è inferiore a fabbisogno e/o c’è un elevato dispendio energetico. Nel paziente con FC la diminuzione dell’introduzione calorica accade per anoressia, reflusso gastro-esofageo e vomito, mal digestione e glicosuria (se c’è diabete) mentre l’aumento del dispendio energetico avviene per infiammazione polmonare e fisioterapia (aerobica), ma anche per diminuita funzionalità respiratoria (correlazione inversa con FEV1) con aumento del consumo di energia. L’apporto calorico dev’essere il 130-150% del normale con un’alimentazione che dev’essere la più libera possibile, non ridotta nel contenuto di grassi (una volta si faceva l’errore di togliere i grassi quando compariva steatorrea ed i bambini morivano), ricca di grassi essenziali (olio di Mais che contiene ac. linoleico) e supplementata di Vitamine liposolubili (in particolare Vit. E, contenuta nella lattuga che questi bambini non mangiano, altrimenti si ha la per ossidazione miocardica con ICC) Nella malattia respiratoria avanzata si ha aumento del dispendio energetico e inappetenza con debito calorico e dimagramento per cui si deve curare il valore calorico degli alimenti, aumentare a piacere il numero di pasti e spuntini e aggiungere supplementi calorici artificiali o naturali (panna e zucchero: costano meno e rendono più felici); esistono poi integratori liquidi (Nutridrink, Pulmocare, ecc…) o in polvere (Duocal, Meritene, ecc…) ma fanno schifo, costano tanto e sono meno efficaci della panna e zucchero. Nella grave malnutrizione le alternative sono la sonda naso-gastrica (alimentata da pompa, ma se si pensa ad una situazione temporanea o nel bimbo molto piccolo) o la gastrostomia (se per lungo termine ma anche ha il vantaggio che di notte il bimbo viene alimentato con una pompa per almeno il 50% delle calorie). Oggi la nutrizione parenterale con catetere venoso centrale o con agocannula periferica (bassa concentrazione calorica per osmolarità) non si fa più. La nutrizione invasiva non è indicata nei pazienti con malattia respiratoria avanzata per cui non è presumibile un recupero ponderale, né influenza positiva sul decorso della malattia L’insufficienza pancreatica inizia come deficit di bicarbonati (lume duodenale acido con mancata attivazione enzimi) e prosegue con deficit enzimatico: lipasi (vicariata da lipasi linguale attiva a pH acido), amilasi (vicariata da amilasi salivare e glicoamilasi intestinale) e deficit di Sali biliari con mancata formazione di micelle (dovuto a perdita con le feci o per la presenza di secrezioni dense stratificate sulla mucosa che impediscono l’assorbimento dei lipidi. Si fa la terapia pancreatica sostitutiva con estratti pancreatici, con capsule ad alto dosaggio (es. 25.000 U di lipasi; si “dosano” sulla lipasi ma contengono anche tutti gli altri enzimi proteolitici e amilasi), in formulazione in microsfere gastro-protette, anche se nei primi mesi di vita si devono aprire per dare l’estratto in polvere. Effetti collaterali sono le irritazioni muco cutanee (al labbro del bambino che usa la polvere, o alle dita della mamma che prepara la polvere), stipsi, iperuricemia e micro colon. Se l’estratto non funziona si deve pensare all’intestino corto (post chirurgia per ileo da meconio), all’elevata acidità duodenale (dare IPP) o al difetto del pool di acidi biliari. Cosa fare? Aumentare dose di estratto, usare H2-antagonisti o PPI, taurina e se tutto questo non funziona gli acidi grassi MCT (fanno schifo e constano moltissimo: 250mL costano 60€ e anche se li passa la mutua li paghiamo noi). 2. Trattamento respiratorio: 9 Fluidificazione dei secreti bronchiali con aereosol con mucolitici, nebbia acquosa (in casa), umidificazione ambientale e mucolitici ad alte dosi (nor-acetilcisteina ma soprattutto bromexina, sobrerolo, ecc…) 9 Fisioterapia respiratoria: gli obiettivi sono la rimozione dei secreti bronchiali (materiale mucoso purulento ed eliminazione di batteri e tossine + materiale endogeno derivato da leucociti, DNA ecc) e l’attivare meccanismi fisiologici di rimozione quali tosse produttiva, ventilazione profonda e sostenuta, attività fisica e posture nel riposo. 9 Profilassi delle infezioni respiratorie: programma completo di vaccinazioni il più precoce possibile 55 Lezioni di pediatria – 2011 (compreso anti-Hemophilus, anti-Pseudomonas e anti-Pneumococco), aciclovir nella varicella e antibiotico profilassi con cicli di antibiotici ad alto dosaggio per 2–3 settimane 3–4 volte l’anno (Ceftazidime + Aztreonam + Imipemen con dosaggio 50% maggiore per scarsa penetrazione) + Aminoglicoside per ritardare antibiotico-resistenza di pseudomonas. 9 Conrollo della bronco irritabilità: broncodilatatrori e cortisonici Quando si rende necessaria la terapia antibiotica nei bimbi con FC è necessario: dosaggio elevato, periodi protratti di trattamento, usare chemioterapici per infezioni virali, usare gli antibiotici mirati su antibiogramma dell’escreato profondo e fare culture periodiche 3. Terapia del diabete: si fa solo nell’intolleranza al glucosio, consigliando di limitare l’assunzione di zuccheri semplici; quando compare il diabete manifesto sono necessarie iniezioni di insulina (iniezioni multiple di rapida ai pasti e lenta alla sera) 4. Trattamento della malattia epato-biliare: quando c’è colestasi si ha aumento di gGT e ALP con secondarie sofferenza epatocellulare (aumento ALT e AST). Va iniziato il trattamento protratto con acido ursodesossicolico con diminuzione di marcatori sierici danno epatico per dare protezione sull’evoluzione cirrogena. Se compare l’insufficienza epatica, accanto alle terapie specifiche vi è indicazione al trapianto di fegato se possibile. 5. Nuove terapie: 9 Amiloride (per aerosol): inibisce il riassorbimento del Na e determina l’aumento di sodio e H2O sulla superficie epiteliale con aumenta fluidità dei secreti. 9 DNAse (per aerosol): enzima ricombinante che degrada DNA liberato da leucociti (aumentato DNA ha effetto addensante sull’escreato) 9 Antiproteasi (tipo a1 anti-tripsina per aerosol): neutralizzano effetto aggressivo delle proteasi leucocitarie (elastasi e mieloperossidasi) su tessuti del polmone. Infatti l’aumento dei metaboliti del collagene nelle urine comporta una prognosi infausta. Terapia genetica: sostituzione del gene alterato con il gene sano nelle cellule epiteliali bronchiali tramite vettori: o adenovirus (rischio di infezioni o attivazione di oncogeni) o liposomi (microstrutture sferiche formate dalla dispersione in H2O di una miscela di fosfolipidi) E sufficiente sostituite in gene in 20% delle cellule epiteliali bronchiali. Vie di somministrazione: per aerosol, spray o sondino endo-bronchiale. Il trattamento con aerosol ripetuti con gene regolatore della conduttanza trans-membrana (CFTR) associato ad Adenovirus (sierotipo 2: AAV2) per il trasferimento del CFTR nel polmone di pazienti con FC è stato fatto in 8 Centri per FC negli USA in 42 pazienti con malattia polmonare lieve (FEV1 > 60). Si è osservato: nessuna differenza nella morfologia polmonare alla TAC, distribuzione dell’AAV2 nello sputo sino a 90gg dopo il trattamento, aumento di 4 volte del livello di anticorpi anti-AAV2 nel siero e nel liquido bronchiale, lieve miglioramento (non significativo) della funzionalità polmonare e trasferimento (ma non espressione) del gene nel tessuto polmonare. Conclusioni: ripetute dosi di tgAAVCF sono ben tollerate e tendono a migliorare la funzione respiratoria. La dispepsia funzionale Per fare la diagnosi di dispepsia funzionale nel bambino sono sufficienti una storia suggestiva di dolore addominale alto, al di sopra dell’ombelico (ma questo ce lo può dire con sicurezza un bambino con più di 8-10 anni) per 12 settimane (nelle linee guida più recenti sono sufficienti 8 settimane) nei 12 mesi precedenti in assenza (anche endoscopica) di patologia organica in grado di spiegare la sintomatologica (es. MRGE, MC) e senza che questo dolore sia modificato dalla defecazione (o comunque che il paziente abbia alvo alterno), che ci farebbe pensare ad un IBS. Si riconoscono diverse forme di dispepsia: o Dispepsia simil-ulcerosa, con sintomo prevalente il dolore ai quadranti addominali alti. 56 Lezioni di pediatria – 2011 Dispepsia tipo dismotilità: la più difficile da diagnosticare, con assenza di sensazione dolorosa ma caratterizzata da sazietà precoce, nausea, digestione lenta e laborioso. o Dispepsia simil-reflusso: il sintomo prevalente è la pirosi (che in piemontese si traduce bene con brusacor) o Dispesia non meglio specificabile: non rientra in nessuna delle forme precedenti. Siccome è una patologia che vede per primo il medico curante, è a lui che compete valutare se i sintomi hanno la probabilità di essere causati da lesioni organiche (quali esofagite, gastrite, duodenite, ulcera); nella dispepsia funzionale lo stato generale e la crescita sono normali! Infatti le dispepsie possono essere anche di origine organica: o Reflusso Gastro-esofageo o Malattia peptica associata ad Helicobacter pylori (HP). o Morbo di Crohn: in ¼ dei casi si ha interessamento gastrico con nausea e vomito e dolore epigarstico. o Gastroparesi post-virale (transitoria): si ha un picco a marzo-aprile dopo le influenze virali del mese di febbraio (chiamato così appunto perché “mese della febbre”); sono transitorie perché durano circa 2 mesi e va sempre ricercata nel pz dispeptico una storia recente di malattia virale. o Da FANS, sono assolutamente rare nel bambino, virtualmente assenti Per fare DX di dispepsia occorre una storia clinica dettagliata (fattori psicogeni, dietetici, sociali), la ricerca di sintomi associati al dolore per escludere segni e sintomi associati a malattia organica: presenza di pirosi o rigurgito acido (MRGE), irradiazione del dolore alla schiena, scarso accrescimento o perdita di peso (malattia organica: HP, MC, MRGE), sangue nelle feci, vomito persistente, diarrea, disfagia (sempre sintomo grave e che ci deve far pensare nel paziente atopico alla esofagite eosinofila) e storia recente di malattia virale (gastroparesi). Se l’esame obiettivo è normale (crescita regolare) in assenza di sintomi di ‘allarme’ (sanguinamento o malassorbimento) si deve rassicurare la famiglia poiché la prognosi è buona (anche se il disturbo crea disagio l’evoluzione del disturbo è benigna). Il trattamento dietetico non serve: no alla dieta imposta! Questi bambini fanno spesso pasti piccoli e frequenti (ed è giusto così ma bisogna star attenti a due aspetti: che introducano proteine visto che quasi sempre mangiano il primo e non il secondo, e che i genitori non vietino loro di mangiare fuori pasto perché questo sì porterebbe ad un rallentamento della crescita “o mangi a tavola, o non mangi più dopo”); ovviamente evitare alimenti contenenti caffeina (caffè, the, coca-cola) che sono gastro-irritanti: “voi lo dareste un bicchiere di brandy ad un bambino con mal di stomaco? E allora perché gli date una tazza di thè?” I farmaci possono essere usati solo per un periodo di prova: in particolare antiacidi ad alte dosi (se il dolore a digiuno domina il quadro) e meglio evitare i procinetici (se la sazietà precoce o la nausea dominano il quadro: Domperidone, ma oggi lo si considera più un placebo) visto che funzionano ma ne hanno già ammazzati una settantina. Per sintomatologia persistente, severa o ricorrente all’interruzione della prima ‘prova terapeutica’ si devono fare esami specifici a seconda della sintomatologia: o Patologia esofago-gastro-duodenale: endoscopia con BX o Patologia epato-biliare: Ecografia addome + ALT, AST, Amilasi, Lipasi (ma sono rarissime nel bambino) Se tutto negativo allora possiamo dire che si tratta di patologia funzionale. Una causa di dolore addominale alto non rara nel bambino è la malattia peptica, ovvero il danno della mucosa del tratto Gastro-Intestinale alto da pepsina ed acido cloridrico, per aumento dei fattori aggressivi (acido cloridrico, pepsina, Helicobacter pylori e acidi biliari) e/o diminuzione dei fattori difensivi (secrezione di muco, bicarbonato, peristalsi, prostaglandine) Rimedio che funziona sempre: neutralizzare l’acido, attraverso il tamponamento dell’acidità con antiacidi o l’inibizione della secrezione acida con H2 antagonisti o Inibitori della Pompa Protonica (PPI), ma questi utlimi solo dopo un esame invasivo (pH-metria o EGDS). Il tamponamento dell’acidità con antiacidi (Maalox soluzione orale) funziona bene purché ad alte dosi: o nel lattante: 25 ml/dì (5 ml 30’- 60’ dopo 5 pasti) o 2 - 8 anni: 50 ml/dì (10 ml 30-60’ dopo i 4 pasti e 10 ml al momento di coricarsi) o 9-14 anni: 100 ml/dì (10 ml 1 e 3 ore dopo i 4 pasti e 20 ml al momento di coricarsi) Gli IPP non vanno mai dati <1 anno e comunque in età pediatrica gli unici approvati sono l’omeprazolo e il lansoprazolo; la dose è di 1mg/Kg/die da dare a stomaco vuoto (questo vuol dire che la mamma sveglia o 57 Lezioni di pediatria – 2011 mezz’ora prima il bambino che, essendo trascorsa la notte avrà lo stomaco vuoto da almeno 3 ore, gli da il farmaco e poi aspetta 30’ prima di dargli la colazione). Molto più comoda è invece la ranitidina (Ranidil), presente anche come sciroppo, alla dose di 15-20mg/Kg/die in unica somministrazione anche durante il pasto (poi costa meno e si usa da 30 anni quindi sappiamo che è un farmaco sicuro). L’Helicobacter Pylori L’HP è un batterio gram negativo presente solo e soltanto nella mucosa gastrica dell’uomo e non in altri animali o nell’ambiente; non è mai invasivo. È stato scoperto recentemente ma la prima rappresentazione (del Bizzozero) di germi spirillari simili all’Helicobacter nella mucosa ghiandolare gastrica del cane è del 1893. Vive nel muco e causa sempre gastrite (infiammazione della mucosa) ma raramente dolore e solo nei casi di ceppi più “cattivi”; nella maggior parte dei casi è asintomatico. È l’infezione più frequente al mondo ma nei paesi industrializzati la prevalenza nelle fasce d’età più giovani sta nettamente diminuendo (non perché ci si infetta da grandi, ma perché sono migliorate le condizioni socio-economiche e non c’è nessun effetto coorte). Non ci sono predisposizioni genetiche per avere l’HP e mediamente l’infezione si prende a 1-3 anni (a Novara circa a 2,5 anni). Fattori di rischio per la trasmissione di HP sono o Ambiente domestico: condivisione del letto con familiari (il bambino ha diritto al suo letto), sovraffollamento (< 1 persona/stanza e >4 fratelli), contatti ravvicinati con genitori infetti e ordine di nascita (i primogeniti hanno rischio più basso di avere HP per il minor affollamento della casa e, siccome lo prenderanno da più grandi, il rischio è l’ulcera; nel bambino ultimogenito invece l’infezione verrà acquisita prima e con un rischio più alto di evolvere verso il cancro). Il rischio principale è da madre infetta. o Stato socio-economico: lavoro manuale del padre, casa non di proprietà e famiglia di genitore singolo. o Scuola frequentata. Fattori favorenti la trasmissione dell’infezione da HP sono il transito intestinale rapido (e quindi la diarrea acuta con ancora HP vivi), l’ipo-acloridria e lo stato nutrizionale scarso. Non si sa ancora bene quale sia la via di trasmissione del microrganismo ma ci sono queste ipotesi: o Oro-orale: come l’EBV per gocce di saliva sputate, ma di contro sta il fatto che l’HP vitale raramente si trova nel cavo orale. Più frequente la trasmissione da mamme che premasticano il cibo o nelle popolazioni cinesi dove si mangia il riso da una ciotola in comune che viene portata alla bocca e con le bacchette si spinge il cibo in bocca. o Oro-fecale: sono nei bambini con diarrea acuta in scarse condizioni igieniche. o Gastro-orale: è verosimilmente la via di trasmissione per piccoli rigurgiti (“vomitino”) del bambino su un gioco che poi l’altro bambino tocca e si mette le mani in bocca. Sintomi associati all’infezione da Helicobacter pylori nel bambino sono l’ulcera gastrica e duodenale, l’orticaria cronica, l’anemia sideropenica refrattaria a terapia marziale e l’enteropatia proteino-disperdente (dimostrati attraverso studi di prevalenza e studi intervenzionali: se guarisce eradicando l’HP è vero). Altre condizioni sono state associate ma mai dimostrate: ritardo di accrescimento ponderale o perdita di peso, diarrea cronica e malnutrizione, diarrea acuta, bassa statura (il bambino ha HP ed è basso perché vive in condizioni disagiate), trombocitopenia auto-immune (dimostrata nell’adulto visto che regredisce con terapia per HP ma mai nel bambino) e anoressia grave. Esistono diversi metodi per la ricerca dell’HP, che si distinguono in invasivi e non invasivi: o Non invasivi: sono a basso costo, possono essere ripetuti più volte e non danno disagio al paziente. Lo svantaggio è che sono meno accurati e non forniscono valutazioni sul danno alla mucosa gastrica (ma anche UBT ha alto costo). 9 Dosaggio degli anticorpi anti-HP di tipo IgG: è l’unico caso di anticorpo IgG che ci dice come ci sia infiammazione attiva se positivo mentre scendono lentamente quando la si eradica. Possono essere utilizzati ma di solito negli studi epidemiologici. 9 Urea breath test (UBT): si somministra urea marcata con 13C che viene bevuta con il succo di arancia. Dopo 30’ si va a far espirare il paziente in un contenitore che viene mandato alla spettrofotometria; se c’è 13CO2 vuol dire che nello stomaco l’HP ha scisso l’urea marcata. 9 Ricerca dell’antigene fecale dell’HP (HpSA): non ancora validato nel bambino ma utile. 58 Lezioni di pediatria – 2011 Invasivi: prevedono l’endoscopia con BX della mucosa per valutare il grado di gastrite e anche avere la possibilità di DD (MC, MRGE) Endoscopia per valutare la presenza o meno dell’ulcera e BX per: 9 fare l’ esame istologico (tipo di gastrite: attiva, non-attiva, atrofica, displasica). 9 Fare il test rapido all’ureasi (RUT): si mette in una provetta contenete urea e il rosso fenolo, un colorante, la BX. Se c’è l’HP si produrrà ammoniaca a partire dall’urea con viraggio del colore da giallo a violetto perché il pH diventa alcalino. 9 Cultura per antibiotico-sensibilità fatta molto raramente; oggi si fa la FISH per cercare il gene della resistenza alla claritromicina. È necessario conoscere la lesione della mucosa del tratto gastro-intestinale alto? No per studi epidemiologici o per valutare l’eradicazione dopo terapia ma sì in bambini sintomatici e per somministrare la terapia adeguata. In pazienti dispeptici al di sotto dei 45 anni di età e senza sintomi di “allarme” (malassorbimento o sanguinamento) la diagnosi di H pylori si può eseguire con test non-invasivi, e nei casi positivi si può iniziare il trattamento; gli schemi di terapia dovrebbero essere semplici, ben tollerati e raggiungere una percentuale di eradicazione 90% (es. triple terapie con Inibitori di Pompa Protonica più 2 antibiotici per 7 giorni: sempre ampicillina più metronidazolo o claritromicina) ma… o I Raccomandazione: in età pediatrica non esiste un quadro clinico specifico associato all’infezione da H pylori che indichi la necessità di uno screening dell’infezione con test non-invasivi specie in bambini con sintomi dispeptici o II Raccomandazione: nei bambini la diagnosi dovrebbe essere fatta solo se i sintomi sono così gravi da giustificare i rischi degli effetti collaterali della terapia. Infatti fare terapia comporta sapere che c’è una minor efficacia della terapia in età pediatrica, c’è un minor numero di farmaci disponibili (nei bambini non sono approvati gli inibitori di pompa protonica, dei sali di bismuto e della tetraciclina) e per tutti i farmaci usabili c’è il rischio di effetti collaterali. Esiste il rischio di selezionare ceppi di H. pylori resistenti agli antibiotici usati, rendendo più difficile il trattamento a aumentando la frequenza di ceppi antibiotico-resistenti nella comunità ed esiste il rischio di selezionare ceppi antibiotico-resistenti di batteri causa di altre infezioni. Lo scopo dell’eradicazione è quello di guarire l’ulcera e forse di migliorare i sintomi, la prevenzione delle complicanze si può rimandare. o III Raccomandazione: la gastroscopia deve essere il metodo di scelta per la diagnosi in bambini con sintomi riferibili al tratto digestivo superiore e che siano suggestivi di malattia organica, dopo che siano state escluse altre patologie con metodi non-invasivi (es.: intolleranza al lattosio, reflusso gastro-esofageo, malattia celiaca, stipsi, intestino irritabile, malattie epatiche e biliari) o IV Raccomandazione: se la diagnosi di H pylori risulta dalla gastroscopia, la terapia eradicante l’infezione deve essere offerta al paziente o V Raccomandazione: i test sierologici (ELISA ed Immunoblot) e i test rapidi nel bambino non sono affidabili come nell’adulto o VI Raccomandazione: il test del respiro dopo pasto con Urea-C13 (UBT) è un test diagnostico non-invasivo affidabile nel bambino o VII Raccomandazione: in bambini trattati con terapia antibiotica la risposta alla terapia deve essere controllata con un test non-invasivo affidabile (di solito si fa UBT a 6 settimane e a 6 mesi se il primo UBT prima della terapia era positivo) La terapia dell’ulcera è curativa mentre la terapia dell’HP deve essere guaritiva, con l’obiettivo di eradicarlo dalla mucosa gastrica. L’inibizione della secrezione acida (che rende sfavorevole l’ambiente gastrico alla vita dell’HP) non è sufficiente ma deve essere associata a terapia antibiotica. Oggi si propongono due schemi: triplice terapia (90% eradicazione nell’adulto ma nel bambino 70%) e terapia sequenziale (nel bambino era 90% ma sta velocemente raggiungendo quella della triplice). o Triplice terapia: 1 settimana di IPP + amoxicillina + claritromicina/metronidazolo (da noi c’è meno resistenza al metronidazolo perché siamo al 40% di resistenza alla claritromicina) o 59 Lezioni di pediatria – 2011 Sequenziale: 5 giorni di IPP + amoxicillina (per abbattere la carica microbica) e altri 5 giorni di IPP con claritromicina + metronidazolo.2 L’eradicazione dell’HP dipende da due fattori: alto dosaggio dei farmaci e alta compliance del paziente che dipende a sua volta dalla severità dei sintomi, dalla durata del trattamento, dalla semplicità della posologia, dall’assenza di effetti collaterali e dall’attenzione della madre in epoca pediatrica. Possiamo quindi così schematizzare: Nessun sintomo: eradicazione non necessaria. Con sintomi (IBS, esofagite, dispepsia da dismotilità) l’eradicazione non porta nessun miglioramento dei sintomi Con sintomi (ulcera peptica, dispepsia simil-ulcerosa) l’eradicazione porta a miglioramento dei sintomi Perché non eradicare a tutti? Costi troppo alti, la maggior parte dei soggetti è asintomatico (bassa compliance), non svilupperà mai complicanze ma possibili effetti collaterali da terapia e possibile aumento di antibioticoresistenza (già alta nei bambini). Si devono identificare individui a rischio di sviluppare complicanze ed eradicare bambini con famigliarità di cancro gastrico. HP e cancro gastrico: il cancro gastrico è la seconda causa di morte per cancro nel mondo ( ~750.000 morti/anno) e la mortalità in Italia è scesa dal 36,6 al 17,1:100.000 con un decremento del -53,3%. È ormai accertato come l’infezione da Hp aumenti molto il rischio di sviluppare un carcinoma gastrico (si stima un R di 6 volte rispetto al soggetto non infetto e di 16 volte rispetto alla popolazione generale se c’è un familiare di primo grado con carcinoma gastrico); nonostante ciò l’infezione da HP in <0,1% dei casi evolve in cancro. La IARC (1994) ha definito l’HP un carcinogeno di tipo 1°. Il rischio di sviluppare cancro gastrico dipende da: o Fattori legati al germe: fattori di virulenza (CagA, VacA, ecc…) o Fattori legati all’ospite: densità della colonizzazione (genetici: es. polimorfismo IL-1b) e distribuzione dell’infezione (antro, fondo) o Fattori legati all’ambiente: età di acquisizione dell’infezione (più è precoce e più c’è rischio) e la dieta. Un aspetto interessante è la distribuzione dell’infezione a livello della mucosa gastrica. Nella pan gastrite la distruzione cellule parietali comporta ipoacidità gastrica con atrofia gastrica e possibilità di evoluzione in cancro gastrico; nella gastrite antrale invece c’è aumento gastrina con iperacidità gastrica e tendenza all’evoluzione in ulcera duodenale mentre meno in cancro. L’eradicazione dell’HP dalla mucosa gastrica di soggetti “a rischio” (ovvero con sintomatici per malattia non neoplastica o nei familiari di primo grado) deve essere il più precoce possibile, prima che il danno sia irreversibile; nei bambini asintomatici ma con parente di primo grado con cancro gastrico la terapia eradicante viene pagata dal SSN. o Dolori addominali ricorrenti e sindrome dell’intestino irritabile Il bambino con “mal di pancia” è un problema molto frequente e viene inquadrato come Dolore Addominale Ricorrente (DAR) o Recurrent Abdominal Pain (RAP). Per definizione di parla di DAR quando ci sono almeno 3 attacchi di dolore addominale severi da interferire con le normali attività del bambino (gioco, sonno, scuola), per un periodo di almeno 3 mesi e con una storia di episodi dolorosi nell’anno precedente. In realtà da questa definizione si è passati ad una tempistica più breve, con un limite di 2 mesi, che è sufficiente a fare la diagnosi tra acuto e cronico (ricorda che l’appendicite cronica non esiste!) ma soprattutto il bambino viene condotto dallo specialista per DAR dopo 3-4 anni, per cui non è nemmeno importante porsi il problema! Interessano circa il 10-15% (ma forse anche il 20%) dei bambini in età scolare e comprendono combinazioni variabili di sintomi cronici o ricorrenti; possono essere di origine funzionale o essere causati da patologie organiche. Il fatto che sia una patologia funzionale non vuol dire che sia da nervoso o una cosa psicosomatica, ma che non abbiamo ancora trovato le basi organiche; quindi oggi grazie alla tecnologia abbiamo diminuito la quota funzionale e aumentato quella organica (es. HP). A distanza di 5 anni un terzo dei casi guarisce ma i due terzi continuano ad accusare DAR; in un terzo il dolore rimane localizzato in sede di esordio mentre nell’altro IPP (Omeprazolo o Lansoprazolo) 1mg/Kg/die al mattino a digiuno; claritromicina 15mg/Kg/die divisi in 2 somministrazioni ogni 12 ore; metronidazolo 20mg/Kg/die suddivisi in 2 somministrazioni ogni 12 ore e amoxicillina 50mg/Kg/die suddivisi in 2 somministrazioni ogni 12 ore. 2 60 Lezioni di pediatria – 2011 terzo compare in un’altra sede. Oggi i DAR sono più frequenti nella popolazione ricca e benestante, al contrario di quello che avviene con l’HP e la diarrea acuta. Cause più comuni di DAR: o Sindrome dell’intestino irritabile (IBS) o Dispepsia funzionale o Reflusso gastroesofageo (RGE) o Infezione da Helicobacter pylori Definizione dolori addominali funzionali: o Dispepsia: dolore pre-prandiale o prevalentemente notturno, associato a nausea, vomito, pirosi o rigurgito acido, con o senza sazietà precoce, all’epigastrio. Si riconoscono 3 forme di dispepsia nell’adulto a seconda di quale sia il sintomo predominante: 1. Simil-ulcerosa: predomina il dolore a digiuno. 2. Simil-dismotilità: predomina il malessere con nausea dopo i pasti. 3. Simil-reflusso: predomina la pirosi. I bambini con dispepsia fanno l’esofagogastroduodenoscopia (EGDS) e in una buona percentuale dei casi si ritrova l’HP; poi alcuni hanno stipsi (e siccom il tratto digerente è un tubo c’è dispepsia) ma non lo sanno perché la mamma non guarda le feci e il bambino non sa quale sia la “consistenza e frequenza” normali. o IBS: dolore post-prandiale, accompagnato da alterazioni dell’alvo, eventualmente regredito con la defecazione diffuso o periombelicale o dei quadranti addominali inferiori o DAR funzionale: sintomatologia vaga, non classificabile come IBS o dispepsia DAR funzionale sabbia biliare gastrite Hp+ 35% 60% 30% 50% dispepsia 25% 40% IBS 20% 30% DAR funzionale 15% 20% esofagite dispepsia funzionale RGE ulcera duodenale IBS+dispepsia esofagogastroduodenite gastropatia post-virale gastrite 10% niente 10% 5% 0% 0% IBS stipsi IBS post-enteritico Nella casistica di Apley del 1958 si consideravano 1000 bambini, dei quali il 10% aveva una diagnosi clinica secondo i classici criteri di DAR (età variabile ma picco a 9-10 anni). Da quella casistica emergevano dati interessanti: il 10% dei DAR era correlato all’HP e spesso il bambino con DAR aveva una madre con sindrome dell’intestino irritabile (IBS). Sempre nella casistica il 70% aveva dolore mesogastrico, ma per distinguere dove viene è sufficiente capire se alto o basso: se alto è da esofago/stomaco/duodeno e se basso da colon/retto (perché l’intestino tenue non fa male); nonostante questo dato la localizzazione del dolore nel bimbo è l’ultima cosa che ci serve sapere perché non è esatta <10anni per immaturità delle fibre nervose. Ci sono disordini emotivi in 1/3 dei casi ma non sono la causa del dolore, semmai la conseguenza (l’ulcera causa dolore e di conseguenza irritabilità e nervosismo); se il bambino ha dolore solo a scuola è perché in quel momento la soglia del dolore è più bassa (dato che la soglia del dolore dipende dal tono dell’umore e l’ansia la abbassa), ma potrebbe succedere esattamente l’opposto, ovvero che il bambino stia male solo nel weekend quando è con i genitori se c’è una condizione familiare non facile. Quanti bambini con DAR hanno IBS? La diagnosi di IBS si fa sull’anamnesi ed è una DX positiva (non è una diagnosi di esclusione); il problema è che una volta si faceva la diagnosi per esclusione con un grande aumento di costi (facevano 2000 esami) ma soprattutto un grande costo emozionale, perché i genitori vedevano numerosi esami tutti negativi e in loro aumentava l’ansia, così quando alla fine si sentivano dire “non c’è nulla” non ci 61 Lezioni di pediatria – 2011 credevano e portavano il bambino da un altro medico, ma nel frattempo il bambino è diventato invalido (perché ha fatto 2000 esami a causa dell’insicurezza del medico, e tutti gli dicono che non ha nulla ma fa tanti esami ed il bambino non è scemo!). Tra i bambini americani con DAR il 67% ha IBP mentre a Novara circa ½ ce l’ha. La diagnosi anamnestica tiene conto di: o Dolori migliorati dalla defecazione o Associati ad alterazioni dell’alvo o Senso di distensione addominale o Aumentato meteorismo Nell’IBS è più frequente il dolore di tipo crampi forme associato ad alterazioni dell’alvo, meteorismo, digiuno al mattino e rigurgiti (infatti l’IBS è associato a reflusso perché l’apparato gastro-enterico è un tubo). Non ci aiuta la localizzazione del dolore ma piuttosto le tempistiche: se il dolore passa mangiando (in questo caso è alto) o se viene mangiando (in questo caso è da colite per attivazione del riflesso gastro-colico) e poi la relazione con l’alvo (migliora alla defecazione e all’emissione di aria). Patogenesi dell’Intestino Irritabile: sono state formulate diverse ipotesi. o Alterata motilità colica: studi manometrci hanno però trovato risultati contrastanti e soprattutto i farmaci anticolinergici (antispastici) si sa di certo che sono inefficaci. o Iperalgesia viscerale: alterazione del ‘Brain-Gut axis’. Può avere componente nocicettiva (nervo da organo periferico per percezione e trasmissione del dolore) o componente affettiva (stato mentale). Si divide in iperalgesia primaria (i nocicettori afferenti diventano ipersensibili dopo stimoli dolorosi ripetuti, trasmettono sensazioni di dolore da stimoli precedentemente sotto-soglia o dopo stimoli che in condizioni normali non causano dolore) ed iperalgesia secondaria (dovuta a cambiamenti al di sopra delle sinapsi tra neuroni sensoriali afferenti e interneuroni spinali). o Eccessiva crescita di batteri intestinali: (Small Intestinal Bacterial Overgrowth): aumentata escrezione di idrogeno al test del respiro dopo lattulosio: nell’84% di soggetti con IBS con BT al lattulosio alterato e il 75% di miglioramento dei sintomi dopo eradicazione. Oggi si predilige la teoria dell’iperalgesia viscerale associata ad aumentata crescita baterica (e questo spiegherebbe l’effetto del Reuterin [Lactobacillus Reuterii]nelle coliche del lattante perché diminuisce la produzione di IL-5). Nel modello psicolabile sull’etiologia della IBS le variabili che determinano up o down-regulation sulla nocicezione sono otto: 1. Carattere: un bambino piagnucolone avrà più possibilità di offrire di DAR mentre un bambino “forte” che sopporta molto, avrà un temperamento che non lo farà soffrire di DAR. 2. Maturità intellettuale: condiziona l’atteggiamento con il quale il bambino affronterà il problema 3. Attitudine verso i problemi: nelle famiglie dove ogni problema è un dramma anche il mal di pancia lo sarà mentre se nella famiglia i problemi vengono affrontati con serenità, il bimbo sarà convinto di poter vincere il problema. 4. Maturità emotiva: il bimbo impara per imitazione dai genitori. 5. Stress ambientale: l’ansia dei genitori. Più i genitori sono ansioni non appena il bambino avverte un sintomo doloroso, più il bambino sarà investito da quest’ansia e starà male (ricorda com spesso i bambini vomitano l’ansia dei genitori). 6. Attesa del dolore: temo che il dolore peggiorerà ed effettivamente il dolore peggiora, e questa viene detta teoria della profezia propria; a tal proposito basta pensare al mito di Edipo che, se non avesse saputo la profezia, non sarebbe scappato di casa e non si sarebbe realizzato tutto quanto3! In questi pazienti è spesso sufficiente sapere di avere una soluzione al dolore (es. antiacido come il Maalox) La storia ci tramanda come nella città di Tebe, il re Laio e la sua sposa Giocasta, vivessero felici come tutta la loro popolazione. Sfortuna volle che un giorno il re decise di interrogare l'oracolo di Delfi per chiedergli se avrebbe mai avuto figli. L'oracolo alla richiesta del re fu molto chiaro: gli predisse di guardarsi dal generare un figlio perchè, se fosse nato, avrebbe portato una grande sciagura a tutto il popolo tebano, uccidendo il sangue del suo stesso sangue e unendosi a colei che lo aveva generato. Laio, a sentire quelle parole rabbrividì tanto che quando, un po' di tempo dopo, Giocasta rimasta 3 62 Lezioni di pediatria – 2011 7. Valori culturali: se un bambino vede la madre che appena sta male si mette a letto, anche lui farà così non appena avrà male (nelle famiglie degli assenteisti ci sono molti più bambini con IBS) 8. Vantaggi secondari: sono il viziare i bambini, ovvero non appena stanno mal vengono trattati in un modo più amorevole (es. stanno davanti alla tele tutto il giorno) e il bambino, non appena avverirà un dolorino, si sentirà male per avere un vantaggio. Si è stimato come il 40% della popolazione soffra di IBS ma solo l’1% vada dal medico. Perché vanno dal medico? Non di certo perché hanno un dolore più forte ma perché vivono questa situazione da invalidi e tutto dipende dal loro atteggiamento mentale. Patogenesi della iperalgesia viscerale: non si è ben compresa la causa dell’iperalgesia ma si è sospettato un deficit di 5-HT (serotonina o 5-idrossitriptammina) con conseguente alterazione di motilità, secrezione e percezione. incinta mise alla luce un bambino, di comune accordo con la moglie decise di abbandonarlo alle pendici del monte Citerone dopo avergli perforato le piante dei piedi, sicuro che le fiere e gli stenti lo avrebbeto ucciso. In questo modo, i due sovrani pensavano di aver aggirato la profezia. Sfortuna volle però che il bimbo fosse trovato da Forba, un pastore che, sentiti i vagiti del piccolo, gli porse soccorso e lo portò da Polibo, re di Corinto. Sapeva infatti il pastore che il re non avendo avuto figli, avrebbe accolto come un dono del cielo quell'infante al quale diede nome Edipo che significava "dai piedi gonfi". Passarono gli anni ed Edipo cresceva forte e vigoroso circondato da tanto amore. Un giorno però un suo coetaneo durante un banchetto fece cenno alle sue origini oscure dicendogli che Polibo e la moglie Peribea, non erano i suoi veri genitori. A quelle parole Edipo decise di recarsi dall'oracolo di Delfi per sapere la verità e una volta arrivato ciò che ascoltò fu terribile: non avrebbe mai dovuto far ritorno in patria pena l'avverarsi di una antica maledizione. "Apollo però non rispose apertamente alla mia domanda, e mi predisse, invece, lacrimevoli ed orribili sciagure: essere mio destino mescolarmi in amore a mia madre, e aver da lei prole nefanda; inoltre avrei ucciso mio padre." Edipo sconvolto per quel responso, decise di non fare più ritorno a Corinto, convinto che quella fosse la sua vera patria ed iniziò così a vagare in giro per il mondo. Un'anima in pena in cerca di un luogo dove fermarsi. Il suo vagare lo portò nei pressi della città di Tebe. Arrivato in prossimità di una gola incontrò altri viaggiatori, con i quali inizia un alterco dai toni sempre più accesi che terminano con l'uccisione di un vecchio da parte di Edipo. Proseguendo Edipo il suo viaggio arrivò a Tebe dove incontra Giocasta che, a causa della misteriosa morte del marito, regnava assieme al fratello Creonte. Edipo si trovò di fronte una città sull'orlo della distruzione a causa di una grandissima minaccia: una sfinge, un essere per metà uomo e per metà leone alato, inviata da Era alla quale la popolazione di Tebe aveva arrecato offesa, che decimava la popolazione perchè nessun uomo o donna era in grado di rispondere ai suoi enigmi. Arrivato Edipo e decidendo che quella sarebbe stata una bella città per poter passare il resto della sua vita, decise di affrontare la Sfinge. Quando Edipo fu davanti alla creatura alata, ascoltò l'enigma che recitava:"chi è quell'animale che al mattino cammina a quattro zampe, al pomeriggio con due ed alla sera con tre?" La risposa di Edipo fu rapida: l'uomo. Così Tebe fu liberata dalla maledizione. Grande fu la gioia di tutta la popolazione e della stessa Giocasta che, innamoratasi del giovane, gli propose di sposarla e di regnare con lei su Tebe. Poco dopo però a Tebe scoppiò una terribile pestilenza tanto che la popolazione veniva decimata senza alcuna misericordia. Non sapendo più cosa fare Edipo decise di recarsi a Delfi per consultare l'oracolo, che diede un responso talmente oscuro che nessuno ne capì il significato. Disse infatti che la pestilenza sarebbe cessata solo quanto il responsabile della morte di Laio, il vecchio re di tebe, sarebbe stato punito. Edipo che non comprendeva il significato di quelle parole fece allora chiamare Tiresia, il più grande fra gli indovini del tempo che però era reticente a svelare il significato delle parole dell'oracolo tanto che alla fine Edipo fu costretto a minacciarlo per farsi raccontare la verità. Fu così che Edipo apprese che la sua patria non era Corinto ma Tebe e che non era un vecchio viandante che aveva ucciso prima di giungere nella città ma Laio, suo padre e che non avrebbe dovuto unirsi a Giocasta perchè era sua madre, quindi era lui, l'inconsapevole responsabile delle disgrazie che affliggevano Tebe. Giocasta, non credendo a quelle parole, cercò di convincere Edipo che il bambino, nato tanti anni fa, era ormai morto. Ma destino volle che in quei giorni capitò a Tebe un messaggero di Corinto il quale, interrogato da Edipo, svelò che lui non era figlio naturale di Polibo ma che era stato adottato perchè trovato, ancora in fasce, tra i monti Citerone. Nel contempo fu convocato a corte l'araldo che aveva accompagnato Laio al quale venne chiesto di fornire chiarimenti sulla morte del vecchio re e questi svelò ad Edipo che il viandante che lui aveva ucciso lungo la strada per Tebe in realtà era Laio. A quelle parole la mente di Giocasta vacillò e per il dolore e la vergogna si impicco. Edipo, non potendo sopportare tanto dolore si accecò e scacciato da Tebe, maledisse i figli ed iniziò un viaggio che lo avrebbe condotto in terre lontane fino ad essere dimenticato da ogni persona e cosa del creato. 63 Lezioni di pediatria – 2011 Esiste un test che fanno a Pitzburg per misurare l’ipersensibilità viscerale: si introduce un palloncino nell’ampolla rettale o in stomaco e si gonfia di acqua (carico di acqua o water load test) e si è visto come nei pazienti con IBS la distensione addominale provoca dolore per volumi di acqua inferiori a quelli della popolazione senza IBS; il dato statisticamente significativo più interessante di questi soggetti con IBS è che avevano poco “coping ability”, ovvero poca capacità di affrontare, gestire e vincere il dolore. Altra cosa molto importante è che la grande differenza tra i bambini che vengono portati dal pediatra per DAR e quelli che non vengono portati è l’ansia dei genitori (in particolare della madre): i due grandi quesiti che si pensano anche a livello inconscio sono: 1. Dopo qualche anno questo dolore diventerà cancro. 2. Durante un attacco di DAR la pancia gli scoppierà. Ovviamente la mamma non dirà al medico questo ma sta nella bravura del medico affrontare questi due problemi e rassicurare la mamma che l’IBS è una condizione con prognosi buonissima. È quindi la mamma che fa diventar il bambino malato trasmettendogli la sua paura; si è visto addirittura che, rispetto ai controlli, nelle mamme di bimbi con IBS c’è una più alta prevalenza di disturbi psichiatrici. Riassumendo il DAR del bambino è associato ad ansia nei genitori ma non è predittivo di un DAR nell’adulto mentre è predittivo di disturbi psichiatrici nell’adulto. Criteri di Manning per la sindrome dell’Intestino Irritabile: criteri maggiori. 1. Dolore addominale migliorato dalla defecazione 2. Feci più frequenti all’inizio del dolore addominale 3. Feci ‘più sfatte’ all’inizio del dolore addominale 4. Distensione addominale visibile 5. Evacuazioni con muco 6. Sensazione di evacuazione incompleta Criteri di Roma III per la sindrome dell’Intestino Irritabile A. Dolore o malessere addominale continuo o ricorrente migliorato dalla defecazione e/o associato a cambiamento della consistenza o della frequenza delle evacuazioni B. 2 o più dei seguenti sintomi per almeno il 25% del tempo 1. Frequenza delle defecazioni alterata (> 3/dì o < 3/sett.) 2. Alterata forma delle feci (dure e caprine o sfatte-acquose) 3. Alterata defecazione (sforzo, tenesmo, sensazione di evacuazione incompleta) 4. Evacuazioni con muco 5. Gonfiore o sensazione di distensione addominale La specificità dei criteri diagnostici aumenta sino al 100% se si include l’assenza di sintomi d’allarme. Sintomi di allarme: sintomi progressivamente ingravescenti, non-fluttuanti, sintomi notturni, diarrea diurna persistente, sanguinamento rettale e/o anemizzazione, perdita di peso o ritardo di accrescimento, vomito ricorrente, febbri ricorrenti, esame obiettivo positivo per rash cutaneo, anemia, ulcere orali, masse rettali, spiccata dolenzia alla palpazione profonda addominale, storia familiare positiva per carcinoma del colon e nell’adulto inizio dei sintomi dopo i 50 anni. La diagnosi dell’Intestino Irritabile (IBS) può essere una diagnosi positiva: storia di DAR con almeno 2 criteri di Manning o di Roma, esame obiettivo normale, accrescimento normale e ssenza di sintomi d’allarme: o risveglio notturno o ritardo di accrescimento o perdita di peso o sanguinamento rettale o pubertà ritardata o storia familiare di MICI Possono essere effettuati eventuali esami di laboratorio poco invasivi per sintomi persistenti soprattutto per rassicurare la famiglia: emocromo e VES (non esiste IBD senza VES elevata), parassiti e sangue feci, HpSA e carico di lattosio. Quando l’anamnesi è positiva e gli esami eventualmente effettuati sono negativi, bisogna indagare bene le abitudini di questi bambini: molti non assumono colazione o questa è sostituita solo da tè, altri invece guardano la televisione troppe ore al giorno e si rifiutano di eseguire attività ludiche o sportive. È 64 Lezioni di pediatria – 2011 necessario consigliare la correzione di questi errori (perché muovendosi attenua e percepisce meno i sintomi) e soprattutto effettuare un’anamnesi accurata sull’alvo di questi bambini: spesso la madre non conosce l’alvo del bambino (in particolare se ha più di 4-5 anni). Importante è che questi bambini (in realtà le mamme) tengano un diario in cui venga segnato, giorno per giorno, se è presente dolore addominale e di che grado (0 nessuno, 1 lieve che non interrompe le normali attività del bambino: gioco, sonno ecc., 2 moderato che interrompe le normali attività del bambino: smette di giocare, ecc.. e 3 grave in cui il bimbo non riesce a condurre una vita normale: perde giorni di scuola, o si sveglia di notte, ecc), l’orario del dolore e la durata, la sede (ma che è comunque la cosa che ci serve meno), i sintomi associati (nausea, bruciore o rigurgito acido e vomito), le caratteristiche delle feci (no, dure, formate, molli, liquide), la sazietà precoce e eventuali osservazioni della mamma. Gli adulti con IBS hanno maggior probabilità di chirurgia, ma soloperchè il chirurgo è stufo o vuole fare soldi, e li opera senza la giusta indicazione; infatti sono molto più frequenti che nei controlli interventi per colecistectomia (14% verso 4%), appendicectomia (21% verso 11%), isterectomia (33% verso 17%) mentre la chirurgia maggiore (che ha indicazioni molto rigide, come quella coronarica) non è più elevata. Esistono delle forme di IBS post-enteritico in bambini che dopo una diarrea acuta hanno IBS; si è visto dalle casistiche come il RR di sviluppare un IBS dopo enterite sia 11,9! Non si sa la causa e sicuramente non è legata al tipo di microrganismo, ma si è visto che sono tutti pazienti ipocondriaci e verosimilmente la diarrea acuta slatentizza un IBS. Inoltre sono quasi tutte forme di IBS “diarrea prevalente”. Trattamento dell’Intestino Irritabile: o Rassicurazione efficace: la prognosi è buona anche se il dolore crea disagio l’evoluzione del disturbo è benigna. Ricorda di dire sempre che non viene il cancro e che la pancia non scoppierà. Va invitato il bambino a fare attività fisica per percepire meno i sintomi e nel momento del dolore è molto utile il massaggio addominale che fa la madre distraendo il bambino (ad es. raccontando una storia) e che presto anche lui stesso imparerà a farsi per calmare il male. o Una breve spiegazione della genesi del dolore (alterazioni motilità e/o della sensibilità viscerale da ansia o stress); ad es. dire che è come nelle fratture dell’osso: l’osso guarisce ma quando c’è una diminuita soglia del dolore perché si è stanchi, stressati o cambia il tempo, fa male! o La presenza e la gravità del dolore non devono mai essere messi in discussione ed il bambino va creduto ed aiutato. Non è giusto che la mamma dia uno schiaffo fuori dallo studio dicendo “mi hai detto tutte balle” e il bambino che racconta di aver mal di pancia solo quando va a scuola va creduto! Fondamentale è evitare l’eccessiva medicalizzazione del problema: se ogni volta che il bambino ha dolore si ricorre a farmaci o al pronto soccorso, il bambino finirà per convincersi di essere malato. A seconda poi delle diverse forme di IBS, si può: 1. Diarrea e/o distensione addominale: diminuire sorbitolo, fruttosio, legumi, forse lattosio (solo nei casi intolleranti e dopo un periodo di provata efficacia) 2. Stipsi o alvo alterno: aumentare contenuto di fibre (alimenti integrali graditi) nella dieta libera. Utile ammorbidenti fecali (lattulosio) o lubrificanti fecali. Ci sono tre tipi di fibre nella dieta: fibre della lignina (non servono a nulla e sono quelle contenute nelle verdure), fibre mucillaginose (non presenti nella nostra dieta, formano un gel, come lo psyllum) e fibre della cellulosa (presenti negli alimenti integrali: pasta e pane integrale, biscot integrali, cereali a colazione [ma non tutti] e i pop-corn). La dieta integrale deve essere libera e gradita (il bambino deve mangiare quello che vuole e solo se gli piace perché questa dieta andrà continuata a vita) perché sono necessari almeno 3 porzioni al giorno di alimenti integrali perché facciano effetto (se ne mangia meno rischia addirittura che facciano male). Si pensa che il colon umano sia stato pensato per veder transitare 30g di fibre al giorno mentre la nostra dieta ne introduce al massimo 3-4g). Questi alimenti integrali non vanno comprati in farmacia perché costano tanto e il bambino, che non è scemo, vede comprare alimenti in farmacia e pensa di essere malato per i suoi DAR. Concetto da ribadire è che la dieta deve essere 1. Libera e 2. Gradita. Questo perché molti bambini giungono all’osservazione dopo aver praticato diete senza latte e senza glutine, ipocaloriche o senza altri 65 Lezioni di pediatria – 2011 alimenti per mesi, senza attenuazione della sintomatologia e con l’unico risultato di diminuire l’appetito e rallentare la crescita. 3. Farmaci: efficacia dubbia. Gli unici che servirebbero sono gli antidepressivi triciclici (imipramina: efficacie su dolore non peggiora la stipsi, amitriptilina: maggior effetto sull’ansia, causa stipsi) mentre gli anticolinenrgici ad effetto antispastico si sa che non hanno dato nessun risultato di efficacia nei bambini. Argomento molto vicino al DAR è l’emicrania addominale, per fortuna rara, con vomito ciclico: si presenta con dolore molto forte, vomito incoercibile e completo benessere tra le crisi ma la caratteristica fondamentale è la ciclicità (1 volta l’anno, 1 al mese, ecc… ma si ripetono sempre così). Spesso in questi bambini si ha anamnesi familiare materna positiva per emicrania. La patogenesi non è ben chiarita ma si pensa ad una eccessiva attivazione vagale. Non esiste terapia dell’episodio ma si sta provando la terapia continuativa con propranololo (b-bloccante, quod vitam) ma che vale la pena assumere solo se le crisi sono frequenti (non di certo se 1 volta l’anno) e verificare che il bimbo non sia ipoteso. Coliche del lattante Con il termine di coliche del lattante si intendono: 1. Parossismi di pianto o irritabilità che dura più di 3 ore/die (media 5,6 ore/die, normale 1,7-2,7 ore/die), per almeno 3 giorni a settimana e daalmeno 3 settimane. 2. Con maggior frequenza verso 6-8 settimane di vita (15-30%), poi diminuisce e smette verso il 4° mese (continua nel 7-10%). 3. Possono essere accompagnati da eccessivo meteorismo e flatulenza (80%) o difficoltà di alimentazione (56%) Il pianto è inconsolabile durante l'esame obiettivo (28%) e la durata degli episodi di pianto è mediamente 38 minuti (controlli 23', smette subito se si interviene). Tipica la flessione della cosce sull’addome, il colorito acceso del volto e i pugni chiusi. La causa non è univoca: potrebbe trattarsi di eccessiva ingestione di aria durante il pasto (soprattutto i bambini che mangiano affamati), da meteorismo da eccessiva fermentazione intestinale o da iperattività costituzionale. Con l’anamnesi e l’esame obiettivo si devono escludere altre cause di pianto incoercibile. Molto utile è l’indicazione a tenere un diario settimanale per valutare le cause di pianto, che mostrano: variante normale della frequenza del pianto (65%), ansia dei genitori (10%), intolleranza proteine (latte vaccino o soia: 10% dei casi, con associati al pianto vomito e/o famigliarità per allergia), intestino irritabile (5%, tipica la distensione addominale, la defecazione difficoltosa e l’eccessiva flatulenza), reflusso GE (5% dei casi, con vomito, rifiuto dell’alimentazione, ritardo di crescita e peggiora dopo il 4° mese). Altre cause molto importanti sono otite/otalgia (in questi lattanti si ha interruzione della poppata perché dopo qualche minuto sentono male all’orecchio e smettono; all’EO c’è pianto alla compressione del trago e la terapia consiste in anestetici locali sul timpano 2’ prima di ogni pasto per almeno un mese per ridurre l’ipersensibilità della membrana timpanica), fratture (clavicola), dislocazione anca, abrasione corneale (abusi), eczema, trauma (bambino battuto), idrocefalo o fissurazione anale. Escluse le cause organiche, ed in particolare che ci siano ritardo dell’accrescimento o sintomi di allarme, la terapia consiste nel tranquillizzare i genitori (che spesso non sono solo preoccupati, ma anche molto stanchi visto che le coliche sono spesso notturne e causa di notti bianche), spiegando che la prognosi è buona: il 90% scompare entro il 4-5° mese. Recentemente è stato introdotto il Lactobacillus reuteri (Reuterin, probiotico, 5 gtt al giorno per 3-4 settimane) Consigli ai genitori su come cambiare l'atteggiamento in risposta al lattante con 'coliche': provare a non far piangere il bambino. Per provare a capire perché piange, considerare le seguenti ipotesi: o ha fame, vuol esser nutrito o vuole succhiare, anche se non ha fame (provare il succhiotto) o vuole esser preso in braccio 66 Lezioni di pediatria – 2011 o si annoia, vuol esser stimolato (musica, auto, passeggio) o è stanco, vuol dormire (lasciarlo nella culla senza tirarlo su) Se il pianto continua per più di 5' con una risposta, provarne un'altra. Decidere da soli in quale ordine tentare le suddette possibilità e non preoccuparsi di ipernutrire il bambino, non succederà; non preoccuparsi di viziare il bambino, non succederà. Stipsi cronica La stipsi è un problema molto frequente sia per gli adulti che per i bambini; si stima che il 10-20% dei bambini soffra di questo problema, che causa anche ansia nei genitori. Per stipsi cronico si intende l’evacuazione difficoltosa, spontanea o indotta, di feci con basso contenuto di acqua, che perdura da 6 mesi o più. Viene definita severa quando l’evacuazione viene ottenuta (se non eccezionalmente) soltanto con l’ausilio di clisteri. Nel 20-30% dei casi di DAR in realtà si hanno stipsi occulta perché non lo sanno (i genitori non guardano le loro feci per fortuna e poi il bambino non ha idea di cosa siano le feci “normali”). Dopo circa 3-4 ore dall’ingestione del cibo il bolo raggiunge il cieco, ma ci vogliono ancora molte ore prima che questo raggiunga il retto. La motilità del colon aumenta enormemente dopo il pasto (riflesso gastro-colico) e la mattina al risveglio al momento di alzarsi dal letto (riflesso ortocolico). Quando, per l’azione dell’aumentata peristalsi colica le feci raggiungono il retto, la distensione delle pareti rettali provoca una contrazione riflessa del retto (con aumento della pressione luminale) e una detensione riflessa dello sfintere anale interno con spinta delle feci nel canale anale, pronte ad essere espulse. La sensibilità dell’anoderma rende il soggetto consapevole della presenza delle feci (con anche la possibilità di cogliere la natura più o meno liquida del contenuto) e quindi in grado di decidere se evacuare e quindi di rilasciare lo sfintere anale esterno (attivando la defecazione volontaria con rilassamento del puborettale e dell’elevatore dell’ano, distensione rettale con contrazioni peristaltiche rettali e aumento volontario della pressione addominale), o trattenere le feci e rimandare la defecazione a un momento propizio, con la contrazione dello sfintere anale esterno e il muscolo pubo-rettale (defecazione differita con contrazione dei muscoli del pavimento pelvico, contrazione dello sfintere anale esterno e aumento della compliance dell’ampolla rettale). . In questo caso la defecazione è differita e per provocarla sarà necessaria la contrazione dei muscoli della parete addominale per spingere le feci nel canale rettale. Tutti questi riflessi sono già presenti nel neonato tranne la possibilità di contrarre lo sfintere esterno per ritardare l’evacuazione, che sarà presente solo dopo i 3 anni di vita, età in cui il bambino sarà in grado di controllare gli sfinteri. La stipsi in età peditrica è più frequente nel bambino (2:1 M:F) e rappresenta il 25% di casi che si presentano per visita specialistica dal gastro-enterologo pediatra. I disordini della defecazione secondo i criteri di Roma II sono: o Dischezia del lattante: pianto e sforzo defecatorio per almeno 10’ seguiti da passaggio di feci morbide in lattante in buona salute che spinge e diventa viola per lo sforzo. La causa è verosimilmente un incoordinamento tra pressione addominale e rilassamento del pavimento pelvico che scompare spontaneamente con il normale processo di apprendimento, poiché non ha ancora imparato a defecare. Ovviamente gli deve essere permesso di imparare, quindi non vanno fatte nessuna stimolazione anale con termometro (oltretutto il mercurio è molto tossico), clisteri, purganti o ammorbidenti fecali; in questi lattantini il vero problema è la mamma che è stitica e soffre a vedere il figlio che si sforza a fare la cacca: “l’ano è un foro di uscita e non di entrata”. o Stipsi funzionale: presente in lattanti o in età prescolare, caratterizzata da almeno 2 settimane di feci molto dure, pietrose a tutte le evacuazioni, o feci dure 2 volte la settimana o meno, e non malattie endocrine, metaboliche o neurologiche. o Ritenzione fecale: dai primi mesi di vita sino all’adolescenza, con almeno 3 mesi di feci di diametro molto aumentato <2 alla settimana e atteggiamento ritentivo con contrazione del pavimento pelvico e dei glutei per evitare la defecazione. Alla base c’è la decisione del bambino di non evacuare e solitamente consegue ad un’esperienza negativa, di defecazione dolorosa o che lo ha spaventato (stipsi ritentiva). I bambini infatti hanno un comportamento molto logico e se sanno che un’esperienza è dolorosa tendono ad evitarla, se si accorgono di poter trattenete feci dolorose da evacuare, lo fanno e non pensano che un piccolo dolore ora 67 Lezioni di pediatria – 2011 può evitarne uno maggiore poi. I bambini con questo tipo di stipsi ritentiva comportamentale hanno una mobilità del colon normale, ma quando il retto è pieno di feci lo svuotamento gastrico per via riflessa tende ad essere rallentato, con conseguente diminuzione dell’appetito e talora sintomi di MRGE, dolore e distensione addominale. L’unica vera alterazione motoria è a carico del retto che essendo molto dilatato perde elasticità e può non avere più contrazioni propulsive. Può esserci inoltre un “anismo”, cioè una contrazione paradossa dello sfintere anale esterno durante lo sforzo defecatorio: la risposta ritentiva (cioè la decisione di trattenere feci, che all’inizio era volontaria), con l’andare del tempo diventa automatica e riflessa; se dura per molto tempo si può trovare un ammasso di feci (fecaloma) molto voluminoso con riduzione riflessa degli sfinteri anali ed emissione involontaria di feci liquide che scivolano intorno alla massa fecale (encopresi ritentiva) o Encopresi non ritentiva: tipica dei bambini >4 anni con 1 o più volte alla settimana per almeno 3 mesi di evacuazioni in tempi e luoghi inadeguati in assenza di malattie infiammatorie o malformazioni e in assenza di segni di ritenzione fecale. Secondo i criteri di Loening-Baucke si parla di stipsi quando sono presenti almeno due e dei seguenti criteri: 1. Frequenza della defecazione: meno di 3/settimana (un giorno sì e uno no sono 4 volte la settimana e non è stipsi!). 2. Due o più episodi di encopresi/settimana 3. Feci di diametro molto aumentato per una settimana al mese 4. Massa addominale o fecale palpabile all’esame obiettivo. Nella stipsi del bambino sintomi associati sono encopresi o soiling (75-90%), feci di diametro aumentato e con frequenza <3 settimana (75%), sforzo alla defecazione (35%), dolore durante la defecazione (50-80%), postura ritentiva (40%), DAR (10-70% a seconda delle casistiche) e vanno sempre ricercate le infezioni delle vie urinarie e l’enuresi che sono associate (30%). Segni associati sono impatto fecale (50-100%), ragadi o emorroidi secondarie a clisteri (20%) e massa fecale palpabile all’EO (50%). Alla palpazione addominale si possono evidenziare feci nel colon discendente mentre l’esplorazione rettale non è dirimente non è dirimente nella DD tra stipsi organica e funzionale perché nella stipsi funzionale in ampolla rettale troviamo feci caprine, ma non sempre perché a volte il retto è vuoto e le feci sono nel colon, ma anche nella stipsi organica da megacolon di Hirshprung ultracorto troviamo feci in ampolla. È invece fondamentale l’ispezione dell’ano per evidenziare la presenza di ragadi. Molte sono le conseguenze sociali, comportamentali ed emozionali (ad esempio che il bambino stitico viene isolato dai compagni perché può avere encopresi e quindi puzza, con tutte le conseguenze del caso) ma si tratta sempre di conseguenze e non di cause della stipsi: la causa non è psicologica! Le cause sono diverse e spesso non conosciute: nel lattante e nel bambino <4 anni sono l’atteggiamento ritentivo, la presenza di ragadi anali (che facendo male aumentano l’atteggiamento ritentivo), il passaggio da LM a LV (perché c’è meno lattosio che viene fermentato a livello colico), molto più raramente malattia celiaca nella forma stitica o IPLV. Nell’adolescente, oltre banalmente ad escludere diabete mellito e ipotiroidismo, spesso bisogna pensare agli abusi sessuali o all’uso di droghe. Cause dell’atteggiamento ritentivo sono molteplici: o Errori nei tempi e metodi del toilet training (coercitivo): la mamma vuole abituare troppo precocemente il bambino alla continenza e così il bambino, sforzandosi per dare soddisfazioni alla mamma, trattiene per “differire” la defecazione e inizia il circolo vizioso della stipsi ritentiva. o Precedenti feci dure e di diametro aumentato (dolore), soprattutto per il fatto che si può formare una ragade e questo alimenta il processo. o Fissurazioni anali o infiammazione anale: sono sempre conseguenza della malsana abitudine dei pediatri italiani di considerare l’ano come un foro di ingresso e non di uscita. Non vanno mai fatti clisteri di glicerina (che agisce irritando la mucosa rettale); se il clistere serve si fa di acqua tiepida (e non bollita per due ragioni: il passaggio da bollita a bollente è rapido in una mamma confusa che rovina l’ano al bambino e poi è inutile mettere “acqua sterilizzata nella merda”). 68 Lezioni di pediatria – 2011 Disgusto ad usare il bagno della scuola/asilo: si osservano infatti 2 picchi di esordio della stipsi, a 3 e a 6 anni, periodi rispettivamente di ingresso nella scuola materna e in quella elementare. È fondamentale che il bambino cominci ad abituarsi a defecare al mattino (“Defecatio matutina bona tam quam medicina”4) o Mancanza di tempo per una defecazione regolare: il bambino viene svegliato in fretta e furia e non ha il tempo di defecare, per cui il bambino stitico va svegliato mezz’ora prima perché al mattino è il momento migliore grazie all’aiuto dei riflessi gastro-colico ed orto-colico. o Problemi comportamentali Riassumendo, i fenotipi dei bambini con stipsi funzionale possono così essere inquadrati: o Lattanti a LM con bassa frequenza di defecazioni (<3/sett.) o Lattanti che piangono durante la defecazione o Bambini (2-3 aa) con <3 evacuazioni / sett. e atteggiamento ritentivo o Bambini in età prescolare con ‘soiling’ o Bambini in età scolare con masse fecali all’EO e dolori addominali ricorrenti (non consapevoli della stipsi) o Bambini in età scolare con distensione addominale, feci enormi ed encopresi La stipsi occulta, come già ribadito, è una importante causa di DAR: il paziente non lamenta stipsi o sintomi che indichino stipsi al momento della raccolta della storia clinica perché non sa di esserlo: la stipsi occulta può essere facilmente identificata in un’alta percentuale di bambini con ‘DAR funzionale’ e trattata con successo. Il trattamento della stipsi deve trasformare la defecazione in un’esperienza non dolorosa con l’uso di ammorbidenti fecali affinchè il bambino capisca come il far uscire le feci sia di fatto un sollievo. A questo riguardo è necessario evitare qualunque manovra anale invasiva (supposte, clisteri, ec…) mentre è opportuno rendere le feci più morbide grazie all’uso di zuccheri che arrivano al colon non digeriti e trattengono acqua con meccanismo osmotico (lattulosio o lattitolo); questi non sono purganti (come il polietilenglicole) e non ci sono effetti collaterali nel loro uso anche ad alte dosi per anni. Se all’EO si nota la presenza di un fecaloma si inizia la terapia del disimpatto fecale con glicole polietilenico (Proctolin o Macrogol) per 10-15 giorni (massimo!) alla dose di 1,5g/Kg/die; se invece non c’è il fecaloma si passa subito alla terapia con ammorbidenti fecali. In alternativa si possono fare perette di acqua tiepida (non di glicerina per Dio!) ma solo se la terapia con Proctolin non è efficace. In caso il disimpatto farmacologico non funzioni, è necessario fare un disimpatto manuale in bambino sedato perché molto traumatizzante. Dopo il disimpatto fecale (se necessario) si passa alla seconda fase: mantenere vuoto il retto affinché riprenda la sua normale elasticità. Questo viene fatto con gli ammorbidenti fecali (Portolac, Levolac, ecc…) così quando le feci arrivano nel retto il bambino non trattiene ed evacua. La dose minima efficace può essere diversa per ogni bambino e sarà trovata dalla mamma: si inizia con una dose (10mg/die, es. un cucchiaio da minestra di portolac/levolac) per 3 giorni (il tempo necessario perché l’ammorbidente faccia il suo effetto) e si aumenta di 1 dose ogni 3 giorni fino a quando si arriva alla dose che produce 1 o meglio 2 evacuazioni di feci morbido-sfatte al giorno, proseguendo con quella dose per 6-12 mesi (la dose media è di 6-8). Le feci morbide insegneranno al bambino che l’evacuazione non è un’esperienza dolorosa. Bisogna in questa fase fare anche l’educazione materna affinché non dica che questi farmaci servono per fare la cacca poiché il bambino non vuole evacuare: la terapia non va spiegata perché lui è un essere logico). I bagni alla turca sono molto favorenti perché favoriscono la discesa del pavimento pelvico (a casa si può consigliare alla mamma di mettere una panchina sotto il cesso). È indispensabile spiegare molto bene ai genitori tutti questi meccanismi per evitare comportamenti scorretti di eccessiva drammatizzazione o colpevolizzazione, ed è utile anche a dissipare le paure dei genitori (non verrà il cancro e non scoppierà la pancia). Quando il bambino evacua feci morbide e regolarmente da mesi può iniziare la terza fase, ovvero quella della terapia comportamentale: si abitua il bambino a svuotale l’alvo tutte le mattine al risveglio con una seduta di 10 minuti in atmosfera rilassata (non di più perché il bambino tratterrebbe se capisce che fin quando non evacua si rimane lì ad ascoltare la storia, ma neanche di meno perché se capisce che quel che conta è che lui faccia la cacca per ripicca non la farà; se dopo 10 minuti non la fa pazienza, la farà il giorno dopo), cercando di distrarlo con giochi o favole in modo da evitare che si verifichi la contrazione paradossa dello sfintere anale (se il bambino è o È una frase della scuola di Salerno. Più in generale rimangono famosi i versi: “Parce mero, coenato parum: non sit tibi vanum. Surgere post epulas: somnum fuge meridianum: non mictum retine, nec comprime fortiter anum. Haec bene si serves, tu longo tempore vives” 4 69 Lezioni di pediatria – 2011 concentrato sull’evacuazione quando inizia a spingere può contrarre lo sfintere). Solo in questa terza fase (e non prima!) si può iniziare ad inserire nella dieta del bambino alimenti ricchi di fibre della cellulosa (pane, grissini, biscotti integrali o pop-corn) ma a due condizioni: che la dieta sia libera (“le mamme scelgono al supermercato quello che piace o non piace loro, mentre il bambino lo sceglie a tavola ed è un loro diritto di farlo”) e gradita (solo se gli piace visto che dovrà mangiarle per i successivi 90 anni). Sono necessari almeno 3 dosi giornaliere di alimenti integrali (es. cereali integrali al mattino [occhio che solo alcuni sono integrali!], un piatto di pasta ed un pacchetto di crackers con nutella) e non vanno dati nella fase di impatto fecale o nella seconda fase, perché possono addirittura complicare le cose. Dopo l’introduzione regolare di alimenti integrali e la terapia comportamentale che abbia portato il bambino ad evacuare tutti i giorni da solo (ma sempre con la mamma che racconta per 10’) vengono scalati gli ammorbidenti di ½ dose ogni 7 giorni (e siccome mediamente si arriva a 8 dosi, per scalare servono 16 settimane: 4 mesi!). La terapia della stipsi è quindi una terpia lunga, di almeno 2 anni! Esiste però un sottogruppo di bambini nei quali questa stipsi non si risolve con la terapia. Esclusa la scarsa adesione alla terapia da parte del bimbo e dei genitori, bisogna andare a pensare a cause organiche quali il morbo di Hirshprung (far la manometria rettale che documenta l’assenza del riflesso inibitorio ano-rettale) e, nel bambino cerebroleso, può essere utile l’introduzione di fibre solubili quali il glucomannano. Endocrinologia Pediatrica Patologia tiroidea in pediatria Effetti biologici degli ormoni tiroidei o Effetto sullo sviluppo fetale: SNC/scheletrico (deficit: cretinisno/nanismo) o Stimolo consumo di O2 e termogenesi o Effetti sul sistema cardiovascolare: inotropo e cronotropo positivo, aumento numero/sensibilità recettori adrenenergici o Effetti su lipolisi e lipogenesi o Effetti su apparato respiratorio o Effetti su sistema endocrino o Stimolo emopoiesi o Effetti su osso e muscolo scheletrico: stimolazione turnover osseo (osteoporosi) e aumento velocità rilassamento muscolare Indagini funzionali: o Dosaggio degli ormoni tiroidei circolanti: quasi mai si valuta la frazione totale, quasi sempre la frazione libera: fT3, fT4. o Dosaggio di TSH (metodo ultrasensibile con Ab monoclonali anti-TSH) o Dosaggio tireoglobulina (marker di carcinoma differenziato e tireotossicosi factitia) o Determinazione degli anticorpi antitiroidei (anti-Tg, anti-TPO, anti-TMS, anti-recettore TSH o TrAb) o Dosaggio della calcitonina (sospetto di carcinoma midollare) Indagini morfologiche o Ecografia tiroidea (valutazione morfologica); o Scintigrafia Tiroidea (valutazione morfo-funzionale); o RX standard collo e mediastino superiore, TC o RMN. o Esame citomorfologico su agoaspirato con ago sottile (Fine Needle Aspiration Biopsy, FNAB) con/senza guida ecografica Embriogenesi: da 3 a 10-12 settimana di gestazione inizia la sintesi di tireoglobulina e a 10-12 settimane il rilascio di TSH. L’attività della tiroide è scarsa fino a metà gravidanza poi aumenta gradualmente fino al termine. Gli ormoni tiroidei subiscono repentini cambiamenti nell’immediato periodo post-natale: immediato rilascio di TSH nei primi minuti di vita con picchi fino a 80 mU/L a 30-90 minuti. I valori si assestano al di sotto di 10 mU/L entro la prima settimana. fFT4 e fT3 raggiungono picchi massimi entro 24 ore dalla nascita e decrescono lentamente nelle prime settimane 70 Lezioni di pediatria – 2011 Nel pretermine si verificano gli stessi cambiamenti di TSH, FT4, T3, anche se i valori assoluti sono più bassi; il TSH torna nei limiti in 3-5 giorni indipendentemente dall’età gestazionale. Funzioni: crescita, sviluppo neurologico, consumo di O2, termogenesi e metabolismo. Gli ormoni tiroidei influenzano direttamente lo sviluppo cerebrale. Periodo critico: 3° trimestre di vita fetale – 1° anno di vita extrauterina. La carenza di ormoni tiroidei, se non riconosciuta alla nascita, provoca danni irreversibili al SNC. Danno a tutti i livelli: riduzione del peso cerebrale, distensione vascolare, impoverimento cellulare corticale, degenerazione neuronica, mancato sviluppo di aree corticali, scarsa differenziazione delle lamine corticali e ritadata mielinizzazione. Ipotiroidismo congenito (IC): assenza o significativa riduzione delle funzionalità tiroidea. Può presentarsi in forma congenita (permanente o transitorio) ma non vanno dimenticate le altre cause di ipotiroidismo acquisito, e quindi che compaiono nel bambino o nell’adolescente. Esiste un registro nazionale dei casi di IC. L’IC ha incidenza di 1 ogni 3500-4500 nati; 85% sporadico e 15% ereditario. F:M = 2:1 ed è una condizione molto comune nella Sindrome di Down (1 ogni 140 nati). Fattori di rischio: familiarità, sesso femminile, età gestazionale, SGA. Forme permanenti di ipotiroidismo sono: o Disgenesia della tiroide (67%): agenesia (22%), iIpoplasia (11%), ectopia (34%). o Difetti dell’ormonogenesi (10%): difetto di captazione e trasporto di Iodio, difetto di concentrazione dello Iodio, difetto di organificazione dello Iodio, difetto nel metabolismo della tireoglobulina. o Alterazioni ipotalamo-ipofisarie (estremamente rare): deficit di TRH (ipotiroidismo terziario), deficit di TSH (ipotiroidismo secondario), disgenesia ipofisaria e TSH biologicamente inattivo o Resistenza periferica agli ormoni tiroidei (sindrome di Refetoff). Forme transitorie di IC sono: o Eccesso o deficit di Iodio o Farmaci antitiroidei materni o Anticorpi antitiroidei materni o Basso peso e/o prematurità L’ipotiroidismo transitorio (IT) è una condizione caratterizzata da alterati livelli allo screening di TSH e/o fT4, confermati al successivo controllo su siero, che tende alla normalizzazione spontanea. Lo screening è un metodo di medicina preventiva. Comprende le attività di selezione diagnostica, aventi come obiettivo l'individuazione, tra tutti i soggetti di una comunità, degli individui con un rischio specifico elevato per alcune patologie (screening di massa). Lo screening prevede anche il successivo programma di prevenzione e terapia attuato con lo scopo di migliorare lo stato di salute di una definita popolazione. Cosa rende un test uno screening? Lo Screening è usato per distinguere quei soggetti che probabilmente hanno una data malattia da quelli che probabilmente non hanno tale malattia. Per questo motivo uno screening positivo deve sempre essere seguito da un test diagnostico. Nel 1968 l'OMS ha definito i criteri che un programma di screening di massa deve soddisfare. Caratteristiche di un buon test di screening: economico, rapido, accurato, riproducibile, non invasivo e con un buon profilo statistico. Un test di screening è giustificato se la malattia è ben definita dal punto di vista clinico e biochimico, ha un’incidenza nota e rilevante nella popolazione in esame, si associa a morbidità e mortalità significative, può essere efficacemente trattata e migliora la prognosi iniziando precocemente il trattamento. Quali patologie? o Disordini “silenti”: i sintomi si manifestano quando la malattia è ormai conclamata ed il danno irreversibile (PKU) e per i quali la terapia è risolutiva (la dieta previene gli outcome). o Disordini che possono essere diagnosticati clinicamente ma per i quali la diagnosi precoce e l’intervento, per quanto non risolutivo, migliorano la prognosi (FC). Gli screening neonatali fanno parte di un programma di salute pubblica e vengono eseguiti in tutti i neonati dopo le 48 ore di vita al fine di identificare precocemente i bambini affetti da patologie genetico-metaboliche. I campioni vengono raccolti su carta assorbente prelevando degli spot ematici mediante puntura del tallone. I neonati devono essere in 2-3 giornata di vita e devono aver assunto proteine per almeno 24 ore. I campioni sono 71 Lezioni di pediatria – 2011 analizzati in centri di riferimento. In caso risultino insufficienti, border-line o francamenti positivi il test viene ripetuto. Importante deve essere: la rapidità di invio dei campioni al Centro Screening, la rapidità di valutazione del campione e la tempestiva comunicazione dei risultati alla Neonatologia. Se positivo allo screening viene richiamato, valutato su siero e se ancora positivo si avvia alla scintigrafia. Disordini endocrino-metabolici ricercati mediante screening neonatale in Piemonte: ipotiroidismo congenito, fenilchetonuria, sindrome adreno-genitale, galattosemia, fibrosi cistica e deficit di biotinidasi. Si fanno per l’ipotiroidismo esami di screening neonatale sul solo TSH, sul solo fT4 o su entrambi. o TSH primario seguito da fT4 se il TSH è aumentato: vantaggi sono l’utilizzo di metodiche non radioattive e la migliore sensibilità nell’individuare TSH alterati; svantaggi la mancata individuazione di IC centrale, ipotiroxinemia, e deficit di TG e la non applicabilità in bambini nati Low Birth Weight (LBW) e Very Low Birth Weight (VLBW) per ritardo nell’elevazione del TSH. Non indicato se c’è dimissione precoce. o fT4 primario seguito da TSH se ridotto: vantaggio che permette di individuare IC centrale, ipotiroxinemia, deficit di TBG mentre svantaggi sono la mancata diagnosi nei pazienti con quadri di ipotiroidismo parziale o subclinico e l’indice di richiamo più alto. o Dosaggio combinato TSH e fT4: vantaggio che identifica tutte le forme di IC mentre svantaggio i costi elevati. Indicazioni a ripetere il secondo spot sono: prematurità (<33 settimane di età gestazionale), basso peso alla nascita (LBW), gemellarità, eccesso di iodio, patologia autoimmune materna, cromosomopatie e malformazioni. La frequenza dei bambini Small for Gestational Age (SGA) rilevata nella popolazione di ipotiroidei congeniti è risultata essere significativamente più elevata rispetto a quella osservata nella popolazione neonatale italiana. Parallelamente è stata stimata la frequenza dei bambini Large for Gestational Age (LGA), anche in questo caso la frequenza di LGA nella popolazione con IC è risultata significativamente più elevata rispetto a quella osservata nella popolazione generale. Ipotiroidismo Congenito (IC) permanente: l’ipotiroidismo congenito è una delle più comuni cause prevenibili di ritardo mentale. Nella maggior parte dei casi il deficit è permanente ed è dovuto ad alterazione nello sviluppo della ghiandola (agenesia o disgenesia) o ad un difetto nell’ormonogenesi; meno frequentemente il deficit è transitorio ed è attribuibile al passaggio transplacentare di farmaci o anticorpi materni oppure ad eccesso o carenza iodica. In casi più rari può derivare da anomalie della ghiandola ipofisaria o ipotalamica (ipotiroidismo centrale). Elevata è la variabilità dell’incidenza nei diversi Centri, da 1 ogni 600 a uno ogni 6000 (mediamente 1 ogni 2800 nati vivi). L’ipotiroidismo alla nascita è molto difficile da diagnosticare per l’aspecificità dei sintomi e segni clinici ma può causare danni enormi; una diagnosi precoce è quindi giustificata e giustifica lo screening ch viene fanno in 3°-5° giornata. Sintomi precoci (entro 15 giorni) sono parto post-termine, LGA, pianto rauco, fontanella posteriore >0,5 cm, ipotonia, letargia, difficoltà di alimentazione, ittero protratto ed ernia ombelicale Sintomi tardivi (6 settimane) sono mixedema, cute secca e gialla per la ritenzione di carotenoidi (“brutta cera”), ipotonia, sonnolenza, pallore, bardicardia, ipotensione, stipsi, facies tipica (occhi inespressivi, socchiusi per il mixedema e distanziati mentre la radice del naso è larga e infossata: naso a sella) e macroglossia. Cosa fare? o Consulto con endocrinologo pediatra (diagnosi differenziale clinica molto difficile tra ipotiroidismo, ipopituitarismo in cui il ritardo è armonico, acondroplasia in cui il tronco ha dimensioni normali mentre ci sono arti brevi e il gargoilismo in cui si ricerca l’epatosplenomegalia, l’opacità corneale e la presenza di mucopolisaccaridi nelle urine). o Diagnosi con TSH (elevato a meno delle forme ipotalamiche), fT3 ed fT4 (bassi), scintigrafia tiroidea con Tecnezio che ben valuta la disgenesia e l’ectopia; nei difetti ormonali può essere descritta una “ghiandola troppo bella” che ipercapta il tracciante anche se non funziona. È importante l’esecuzione della scintigrafia prima di iniziare la terapia perché altrimenti si rimanda tutto dopo i 2 anni, visto che si deve sospendere la terapia per almeno 4 settimane e questo non è pensabile in un bambino in pieno sviluppo! Alle indagini di laboratorio è spesso presente un’anemia NC/NC iporigenerativa, un’ipercolesterolemia e al QPE un aumento di alfa e beta-gammaglobuline a discapito di una riduzione dell’albumina. 72 Lezioni di pediatria – 2011 Terapia: Levotiroxina (LT4) 10-15 mcg/Kg/die a digiuno (disciolta in acqua e non più nel latte; evitare concomitante assunzione di soia, fibre o ferro). Ottimale il mantenimento di FT4 1,4 – 2,3 ng/dL e TSH 0,5-2 mU/L durante i primi tre anni di vita. Oggi esiste in commercio la L-tiroxina in gocce. o Follow-up: monitoraggio di TSH, FT4 e valutazione clinica e di crescita a 2 e 4 settimane dall’inizio della terapia, poi ogni 1-2 mesi per i primi 6 mesi e poi ogni 3-4 mesi dai 6 ai 36 mesi. Follow-up più stretti sono raccomandati in caso di cambiamenti di dosaggio, valori anomali o cambiamento della sintomatologia o Valutazione NPI inizialmente annuale. Prognosi: recentemente si è visto che pazienti con diagnosi di ipotiroidismo congenito tramite screening neonatale possono avere un QI inferiore rispetto ai fratelli sani alla stessa età (QI 6,2 punti in meno nella scala WISC-R). Questa riduzione del QI si verifica negli ipotiroidei da agenesia totale della ghiandola, e in quelli a cui viene data una dose iniziale di L-tiroxina < a 8 mcg/Kg/die. Nessuna differenza invece di età ossea tra i gruppi confrontati, mentre sembrano essere ininfluenti i livelli di tiroxina alla diagnosi, o l'età all'inizio del trattamento. Molto importante poi è l’anamnesi materna, che deve escludere: a. Patologia tiroidea autoimmune materna, associata ad anticorpi bloccanti il recettore del TSH acquisiti per via transplacentare. b. Terapia materna con farmaci antitiroidei acquisiti per via transplacentare. c. Deficit materno di iodio o esposizione della madre e/o del neonato a quantità eccessiva di iodio. Algoritmi pratici per la gestione del bambino con sospetta patologia tiroidea: o TSH aumentato e fT4 ridotto: fare indagine morfologica (ecografia o scintigrafia) per valutare il tipo di danno, morfologico o funzionale, e poi iniziare la terapia con L-tiroxina. Se la tiroide è in sede rivalutare a 3 anni; un aumento del TSH durante il trattamento esclude l’ipotiroidismo transitorio. o o o TSH aumentato per l’età con fT4 normale (ipotiroidismo subclinico): fare una buona anamnesi per capire se ci sia alla base una patologia materna, un deficit di iodio, un eccesso di iodio o una condizione di prematurità. Se necessario iniziare la terapia con L-tiroxina e rivalutare a 3 anni. TSH diminuito o non dosabile con ridotto fT4: valutare deficit di altri ormoni ipofisari e valutare l’fT3. In questo senso è utile una RMN dell’ipofisi e bisogna considerare forme di IC secondario o terziario; necessita di terapia con L-T4 se i valori di cortisolo sono normali nei bambini sottoposti a trattamento. Nel neonato con ipopituitarismo congenito ipoglicemia e ipogonadismo nei neonati di sesso maschile (micropene e volume testicolare <1mL) sono sospetti di panipopituitarismo. È necessario dosare il cortisolo sierico prima di cominciare terapia con L-T4 per escludere presenza di insufficienza CRF-ACTH-surrene. Se il cortisolo è basso devono essere sottoposti a terapia con idrocortisone prima della terapia con L-T4 per prevenire induzione di insufficienza surrenalica acuta. Eutiroid sick Syndrome o Sindrome da bassa T3: transitoria riduzione della concentrazione sierica di fT3 associata a severe patologie sistemiche. Incidenza: molto frequente nei prematuri, aumenta la morbidità. Particolarmente frequente nei prematuri con sindrome da distress respiratorio. Diagnosi: bassi livelli di T3, associati a bassi o normali livelli di FT4 e normale TSH. Terapia: la funzionalità tiroidea rientra nella norma, con risoluzione della patologia di base. Tireotossicosi neonatale: eccessiva attività degli ormoni tiroidei che causano uno stato di iperattività metabolica nel neonato. Incidenza è di 1 su 70 nati da madre con patologia tiroidea autoimmune, la cui incidenza è 1-2 casi ogni 1000 madri. Fattori di rischio sono madre con Morbo di Graves in fase attiva o inattiva o con tiroidite di Hashimoto. Fisiopatologia: passaggio transplacentare di anticorpi materni stimolanti la tiroide (madre con Graves o Hashimoto) e mutazione del recettore del TSH o nella sindrome di Mc Cune-Albright. Clinica: tachicardia fetale nel III trimestre di gravidanza, irritabilità, tachicardia, ipertensione, tremori, iperemia cutanea, scarso accrescimento, epatomegalia, aritmie ed esoftalmo. Diagnosi: TSH, FT4, FT3. La terapia dipende dalla severità dei sintomi: 73 Lezioni di pediatria – 2011 o o o Lieve: non necessaria terapia. Attento monitoraggio. Moderata: soluzione di Lugol 1 goccia (8 mg) ogni 8 ore oppure propiltiouracile 5-10 mg/Kg/die in 3 dosi oppure metimazolo: 0,5-1 mg/Kg/die in 3 dosi. Severa: oltre ai farmaci menzionati pednisone 2 mg/Kg/die e propanololo 1-2 mg/Kg/die. Tiroidite autoimmune (TA): ha una prevalenza del 1-3% nella popolazione pediatrica ed è più frequente nel sesso femminile (F:M = 5:1). L’età di insorgenza varia molto tra 3 e 17 anni ma con picco d’incidenza durante l’adolescenza. Familiarità è presente nel 50% dei familiari e 33% dei fratelli. Frequente è l’associazione con cromosomopatie: sindrome di Down, sindrome di Turner, sindrome di Klinefelter. Se ne distinguono 2 forme: o Forma con gozzo: tiroidite di Hashimoto (forma più comune). o Forma senza gozzo tiroidite atrofica. La TA è il risultato della perdita della tolleranza immunitaria con conseguente espansione clonale dei linfociti B e T. Due diverse ipotesi: o Un’infezione da virus o batteri contenenti proteine simili alle proteine tiroidee potrebbe determinare l’attivazione di cloni linfocitari; o Tireociti aberranti potrebbero presentare proteine intracellulari. Il processo infiammatorio e l’infiltrazione linfocitaria che si vengono a creare determinano una riduzione dei tireociti e quindi della sintesi degli ormoni tiroidei, una riduzione della capacità di organificare lo iodio intratiroideo e il rilascio di tireoglobulina da parte dei tireociti lisati. Classificazione clinica del gozzo (Pan American Health Organization): o Grado 0: Tiroide non palpabile e non visibile anche a collo esteso. o Grado 1a: Tiroide palpabile ma non visibile anche a collo esteso. o Grado 1b: Tiroide palpabile e visibile solo a collo esteso. o Grado 2: Tiroide palpabile e visibile anche a collo non esteso. o Grado 3: Tiroide visibile anche a distanza. Utili alla diagnosi sono TSH, fT3, fT4, anticorpi anti-tireoglobulina (nel 30-60%), anticorpi anti-tireoperossidasi (nel 80-95%) e anticorpi anti-TSH-R (in caso di ipertiroidismo). Dirimente poi l’ecografia della tiroide: o Grado 1: Tiroide diffusamente ingrandita con pattern ecografico normoecogeno. o Grado 2: Tiroide diffusamente ingrandita con pattern ecografico caratterizzato da multiple aree ipoecogene nell’abito di una ghiandola normoecogena. o Grado 3: Tiroide diffusamente ingrandita con pattern ecografico caratterizzato da diffusa e lieve ipoecogenicità. o Grado 4: Tiroide diffusamente ingrandita con pattern ecografico caratterizzato da diffusa e marcata. Terapia della TA nella fase di ipotiroidismo è la L-tiroxina. Il dosaggio iniziale è basso, da modificare in rapporto agli ormoni tiroidei. Va assunta a digiuno, 20 minuti prima di colazione! Supplemento di calcio e ferro, sucralfato e antiacidi con Alluminio possono alterare la richiesta di L-T4. Nella fase di ipotiroidismo subclinico occorre trattare se: TSH > 10 UI/mL oppure TSH > 5-7 UI/mL in presenza di gozzo, anticorpi positivi e alterazioni ecografiche. Obiettivo è normalizzare fT4 e TSH entro 6-8 settimane. Occorre ripetere TSH, fT3, fT4 ogni 4-6 mesi, l’ecografia ogni 12-24 mesi mentre poco utile ripetere gli anticorpi. Molti studi hanno dimostrato l’associazione tra Malattia Celiaca (MC) e malattie autoimmuni della tiroide. Altri studi hanno individuato un’associazione tra MC e aumentata prevalenza di anticorpi anti-tiroide, in assenza di malattia tiroidea clinicamente manifesta. I soggetti affetti da ipotiroidismo, tiroidite e ipertiroidismo presentano un aumentato rischio di MC. La dieta priva di glutine non è sufficiente a prevenire lo sviluppo di tireopatie autoimmuni né a far regredire un eventuale danno tiroideo. Solo una diagnosi precoce risulta essere preventiva. La TA è frequente nei soggetti affetti da DM tipo I, sia in età pediatrica, sia in età giovane-adulta; vi è un’associazione anche con altre malattie autoimmuni organo-specifiche (APS) come morbo di Addison, ipoparatiroidismo, gastrite autoimmune o anemia perniciosa, malattia celiaca e vitiligine. Non vi sono ancora chiare linee guida per l’indicazione allo screening ed al trattamento nei pazienti con DM1 e positività anticorpale eutiroidea ed eutiroidismo o ipotiroidismo subclinico (necessità di studi randomizzati controllati ed ITT) 74 Lezioni di pediatria – 2011 Nei bambini obesi la prevalenza degli autoanticorpi è aumentata rispetto ai bambini normopeso, in particolare in quei soggetti con elevati valori di TSH. Diversi studi dimostrano che i livelli di TSH e di fT3 in bambini e adolescenti obesi sono aumentati rispetto ai coetanei normopeso mentre nessuna differenza è stata osservata nei livelli di fT4. I livelli di TSH e di fT3 correlano positivamente con il BMI e il BMI z-score. I bambini con importante calo ponderale mostrano una riduzione significativa dei livelli di TSH e fT3 oltre ad un miglioramento del profilo lipidico e dell’indice HOMA. Alterazioni opposte si osservano nell’aumento ponderale Tutti i soggetti obesi, in particolare in età pediatrica, soffrono quindi di ipotiroidismo? Numerosi studi hanno escluso la presenza di ipotiroidismo di rilevanza clinica nei soggetti obesi; tuttavia la presenza di ipotiroidismo subclinico (SH) in alcuni studi è risultata associata con aumento ponderale, dislipidemia, cardiopatia ischemica e mortalità da tutte le cause. L’obesità per se spiega tali patologie; risulta quindi difficile dimostrare l’associazione tra livelli di TSH moderatamente aumentati e tali condizioni. Risulta quindi necessario valutare la presenza di ipotiroidismo di rilevanza clinica nei soggetti obesi tramite follow-up della funzionalità tiroidea. L’aumento del TSH e del fT3 potrebbe rappresentare un processo adattativo all’aumento del dispendio energetico a riposo. In accordo con questa ipotesi è la normalizzazione del TSH dopo calo ponderale; inoltre la somministrazione di tiroxina in soggetti obesi con livelli di TSH moderatamente elevati non determina cambiamenti nel peso e nel profilo lipidico Questi risultati pongono in discussione la diagnosi di ipotiroidismo subclinico e aumentano le evidenze a favore del fatto che, livelli di TSH moderatamente aumentati siano una conseguenza piuttosto che una causa dell’obesità. L’ipertiroidismo: l’ipertiroidismo è una condizione caratterizzata da iperattività tiroidea, con aumentata produzione e secrezione di ormoni tiroidei. Determina la sindrome clinica della tireotossicosi. Va differenziata dal termine “tireotossicosi”, che invece è la sindrome clinica conseguente all’esposizione tissutale ad elevati livelli di ormoni tiroidei (es: da ipertirodismo o eccessiva assunzione di ormoni tiroidei, o eccessivo rilascio di ormoni tiroidei dalla ghiandola tiroidea durante flogosi acuta o cronica). Cause più frequenti di ipertiroidismo con tireotossicosi sono il gozzo tossico diffuso (morbo di GravesBasedow), l’adenoma tossico di Plummer, il gozzo multinodulare tossico e l’ ipertiroidismo da Iodio. Forme rare di ipertiroidismo sono: o ipertiroidismo autosomico dominante non-autoimmune o struma ovarico o carcinoma follicolare o tumori del trofoblasto (adenomi ipofisari TSH secernenti o resistenza ipofisaria agli ormoni tiroidei). Cause di sola tireotossicosi, senza ipertiroidismo, sono: tiroidite subacuta, fase tireotossica di tiroidite di Hashimoto, silente o post-partum e tireotossicosi iatrogena/factitia. L’incidenza varia da 0,1 ogni 100000 nel bambino a 3 ogni 100000 nell’adolescente. È più frequente nel sesso femminile (F:M = 3-5:1) ed è più frequente durante la pubertà. Patogenesi: l’eziologia è senza dubbio multifattoriale con autoanticorpi stimolanti il recettore del TSH, con conseguente attivazione. L’oftalmopatia è una conseguenza dell’azione degli autoanticorpi “contro” proteine analoghe al TSH-R a livello del tessuto connettivo retrorbitale. Tireotossicosi: segni e sintomi. o SNC: nervosismo, labilità emotiva, fini tremori; o Gastroenterico: alvo mosso, frequente, diarrea; o Apparato muscolare: debolezza dei muscoli prossimali, atrofia, iperriflessia. o Cute: calda, umida, eccessiva sudorazione, atrofia/distrofia degli annessi; o Metabolici: intolleranza al caldo, calo ponderale con appetito aumentato. o Altri: osteoporosi, alterazioni mestruali, ginecomastia. Clinica: ipertiroidismo (alterazioni della crescita, pubertà ritardata, sintomi CV, diarrea e malassorbimento, tremori, intolleranza al caldo…), gozzo e oftalmopatia con esoftalmo. In laboratorio TSH inibito, fT3 ed fT4 aumentati (a meno di ipertiroidismo centrale), anticorpi anti-TSH-R, anticorpi anti-tireoglobulina, anticorpi antitireoperossidasi, ecografia e scintigrafia tiroidea (Tecnezio99) 75 Lezioni di pediatria – 2011 Terapia farmacologica: è di prima scelta nel bambino. Determina la remissione nel 15-30% dei casi e ha durata fino a 2-4 anni. Il rischio di recidiva si riduce se si prolunga il primo ciclo di terapia medica e la metà dei soggetti negativizza i TR-ab in meno di un anno. o Metimazolo: dose di attacco: 0,5-1 mg/Kg/die per 3-6 settimane; alla normalizzazione di fT3 e fT4 ridurre la dose del 30%. o Propiltiouracile: importanti effetti collaterali come l’epatotossicità. Nel bambino, nel caso in cui non riesca ad ottenere un buon compenso, è possibile la terapia combinata metimazolo e L-tiroxina. Terapia chirurgica: tiroidectomia totale. Le indicazioni nel bambino sono: oftalmopatia severa, gozzo di volume elevato, noduli sospetti o carcinoma, età <5 anni, preferenza del paziente ed assente compliance alla terapia medica o con radioiodio. Complicanze possibili sono l’ipocalcemia, ipoparatiroidismo, ematomi, paralisi del nervo ricorrente, cicatrici. In genere si avvia alla chirurgia dopo il trezo fallimento con terapia medica. Terapia con radioiodio: porta a remissione nel 95% dei casi circa. Non va fatta nei bambini di età inferiore ai 5 anni. C’è forte rischio di neoplasie ed aberrazioni genetiche; mancano studi a lungo termine. In Italia però la terapia con radioiodio nel bambino non viene effettuata. Tumore della tiroide: circa il 2% dei bambini sviluppa noduli tiroidei solitari. Il carcinoma tiroideo in età pediatrica è una malattia piuttosto rara (incidenza di 0,54 su 100000 casi nella popolazione) ma i noduli tiroidei sono più spesso maligni nel bambino che nell’adulto, con alta frequenza di metastasi linfonodali e a distanza alla diagnosi e alta percentuale di ricorrenza nella prima decade dalla diagnosi. Sospetto di malignità sono: sesso maschile, nodulo singolo, esposizione a radiazioni ionizzanti, sindromi o famigliarità per MEN2, disfonia, rapido accrescimento, aderenza ai tessuti contigui e adenopatie laterocervicali. Alla palpazione della tiroide dovremo valutare: consistenza, dimensioni, limiti, superficie, rapporti con le strutture adiacenti, cute sovrastante e presenza di linfoadenopatie laterocervicali. L’obesità pediatrica L’obesità è una condizione clinica caratterizzata da un eccesso di tessuto adiposo per un aumento di volume (componente ipertrofica) e/o di numero degli adipociti (componente iperplastica). Il tessuto adiposo costituisce circa il 10 % della massa corporea di un normale bambino alla nascita. Nell’uomo adulto la percentuale di tessuto adiposo è dell’ordine del 15-20 % mentre nella donna tale percentuale è maggiore raggiungendo circa il 25-30%. Nel 1997 la World Health Organization ha dichiarato l’obesità un’epidemia globale con importanti implicazioni sulla salute. Uno studio italiana con campione rappresentativo di bambini frequentanti la terza classe della Scuola primaria (8 anni) ha dimostrato che il 23,6% è sovrappeso e il 12,3% obeso. Inoltre ci sono notevoli differenze tra le diverse Regioni: 49% sovrappeso/obesi in Campania verso 23% sovrappeso/obesi in Valle D’Aosta. Generalmente le regioni del sud hanno valori più elevati. Nonostante questi dati molto preoccupanti, sembra si sia raggiunto un plateau e si stia fermando questo trend in crescita degli ultimi anni! I pediatri si occupano di bimbi obesi perché questo eccesso di peso viene mantenuto anche da adulto nell’80% dei casi e non è affatto veri il detto “si alza, si allunga e dimagrisce”. L'obesità viene distinta da un punto di vista eziologico in essenziale e secondaria: o Obesità essenziale: vengono coinvolti fattori genetici, alimentari e psico-comportamentali. o Obesità secondaria: conseguente per lo più a malattie endocrine, neuromuscolari o genetiche. Obesità secondaria: Obesità associata a sindromi genetiche: 76 Lezioni di pediatria – 2011 S. Prader Willi: identificata per la prima volta nel 1956, è causata da una delezione (q15-q13) nel 60% soggetti. L’incidenza è circa 1 ogni 16000 nati vivi (senza differenze di sesso). È caratterizzata da: ipotonia muscolare generalizzata nella prima infanzia con difficoltà alla suzione e all’alimentazione, ritardo di sviluppo motorio, obesità e iperfagia (nella seconda infanzia), bassa statura, facies tipica, alterazioni oculari (miopia, esotropia), mani e piedi piccoli, ipoplasia dei genitali esterni, ipogonadismo, ritardo mentale da lieve a moderato e soprattutto atteggiamento comportamentale tipico (compulsivo, tratti ossessivi, attacchi di violenza e aggressività). o Sindrome di Down o Trisomia 21: la più frequente aberrazione cromosomica nei nati vivi (1:700) e anche la più frequente causa di ritardo mentale. Caratteristiche cliniche: ritardo mentale, fenotipo tipico (microcefalia e brachicefalia, testa piccola e tonda e occipite piatto, profilo facciale piatto, rima palpebrale obliqua, radice nasale infossata, padiglioni auricolari piccoli, collo corto, bocca tendenzialmente aperta con lingua protrusa), arti corti, mani corte e tozze con plica palmare, ipotonia muscolare, cardiopatia congenita in un terzo- metà dei casi. Criteri specifici per la diagnosi del fenotipo neonatale: facies con profilo piatto e rime palpebrali rivolte verso l’alto, ipotonia, eccesso di cute sulla nuca e solco palmare unico. Nell’ infanzia: ritardo mentale, bassa statura, peculiarità della facies, anomalie oculari, anomalie delle mani e dei piedi e cute marmorata ipercheratosica. La sindrome di Down si associa spesso a malattie tiroidee, anomalie dei genitali e della funzionalità gonadica, menopausa precoce, bassa statura e deficit di GH, diabete insulino dipendente. o S. di Alström: autosomica recessiva, obesità tronculare entro il 5°anno, assenza di ritardo mentale, ipogonadismo ipogonadotropo maschile, diabete mellito tipo 2, retinite pigmentosa, sordità recettiva. o S. di Laurence-Moon: autosomica recessiva, obesità tronculare entro il 1°anno, distribuzione adiposa di tipo ginoide in entrambi i sessi, ritardo mentale di media entità, gliosi dei nuclei ipotalamici con conseguente iperfagia, ipogonadismo ipogonadotropo, ipostaturismo, distrofia retinica, paraparesi spastica. o S. di Bardet-Biedl: è simile alla s. di Laurence ma sono rare le complicanze neurologiche mentre sono tipici la polidattilia e i disturbi renali. o S. di Albright: X-linked; caratterizzata da obesità al volto, ipostaturismo, ritardo mentale variabile, facies tipica, arti corti, calcificazioni parti molli, dentizione ritardata. o S. di Steward-Morel-Morgagni: di incerta origine (è stata ipotizzata una trasmissione autosomica dominante); caratterizzata da obesità generalizzata e ispessimento delle ossa frontali. Obesità endocrine: o Ipotiroidismo: è caratterizzato da un incremento del peso e non da vera e propria obesità. La carenza di ormoni tiroidei provoca tuttavia un rallentamento di tutti i processi metabolici, tra cui l’ossidazione degli acidi grassi, oltre che dell’attività adrenergica che facilita il depositi di trigliceridi. La vera causa dell’incremento ponderale è il deposito di acido ialuronico, dotato di spiccata idrofilia che esita nel mixedema. o Ipogonadismo maschile: accumulo in sede gluteo-femorale sostenuto dalla prevalenza dell’effetto estrogenico. Ipogonadismo femminile: si associa ad obesità di grado lieve senza una netta distribuzione regionale del tessuto adiposo. o Deficit di GH: deficit delle azioni metaboliche (protido-anabolica e lipolitica) del GH. Modico aumento del tessuto adiposo. o Iperinsulismo organico da insulinoma: l’insulina stimola l’attività della LPL e inibisce la lipolisi promuovendo la formazione di adipe. In tali pazienti l’obesità è inoltre aggravata dall’aumentato introito calorico conseguente alle frequenti crisi ipoglicemiche che caratterizzano la malattia. Obesità farmacologiche: o Antistaminici, fenotiazine, antidepressivi triciclici, ciproeptadina: agiscono stimolando l’assunzione di cibo, interferendo direttamente o mediante neurotrasmettitori sui centri della fame e della sazietà. o Litio: compete con lo iodio per la sua captazione tiroidea interferendo così con la funzione ghiandolare. o Glicocorticoidi: habitus ‘cushingoide’ con accumulo di adipe a livello addominale. o Insulina e sulfaniluree: se in eccesso possono provocare iperfagia e incremento ponderale. o 77 Lezioni di pediatria – 2011 Obesità essenziale: E’ la forma più frequente di obesità; l’alterazione del bilancio energetico è causata da fattori genetici ed ambientali, etnici e socioculturali. La componente genetica è oggi considerata del 25-40% ma grossa parte è dovuta all’ssunzione di cibo quantitativamente eccessiva o qualitativamente non equilibrata. Mancano metodi semplici, affidabili e riproducibili per misurare il grasso corporeo nel bambino e nell’adolescente e cut-off in grado di individuare i soggetti a moderato od alto rischio cardiovascolare e metabolico. o Body Mass Index (BMI): il paziente deve essere pesato e misurato accuratamente per definirne l’indice di massa corporea (BMI, rapporto tra peso in Kg e altezza in metri al quadrato). Il BMI è un parametro sufficientemente valido per la valutazione del grasso corporeo effettuata per scopi clinici. Mentre nell’età adulta il valore normale di BMI è compreso tra valori fissi, nel bambino è importante utilizzare carte di riferimento con i centili per età, specifici per ogni paese. Definizione valida per gli adulti: sovrappeso per BMI compreso tra 25 e 29.9 Kg/m2 ed obesità per BMI≥a 30 Kg/m2. Definizione valida per i bambini: sovrappeso per BMI>95° percentile e A rischio di sovrappeso per BMI>85° percentile o Distribuzione del grasso corporeo “Apple shaped obesity”: nell’adulto >88 cm nelle donne e >102 cm nell’uomo si è a rischio CV e per DM aumentato. o Misurazione delle pliche cutanee: metodo veloce, semplice, economico. Monitorizza la quantità di grasso in diversi distretti corporei: bicipite, tricipite, sottoscapolare, sovrailiaco. Richiede personale addestrato, altrimenti è poco riproducibile, soprattutto in caso di elevato BMI. La misurazione tricipitale è correlata con la massa grassa e combinata col BMI aumenta la sensibilità nella determinazione della percentuale di grasso corporeo. o Impedenziometria: metodo semplice, veloce, non invasivo, relativamente economico. Poco riproducibile perché influenzato dai pasti, dall’attività fisica e da altre variabili quali lo stato di idratazione, il ciclo mestruale, malattie acute, renali e disturbi idro-eletrolitici. o Dual-energy x-ray absorptiometry (DEXA): metodo relativamente costoso, ma sicuro per misurare la massa grassa con precisione nel singolo soggetto. L’esposizione a raggi X è minima ma non può distinguere tra grasso sottocutaneo e viscerale. E’ un metodo utile a scopo di ricerca. Qual è la causa principale di obesità? Mangiare troppo e consumare poco! Nel bambino sono state proposte molte definizioni ma non sono ancora presenti criteri uniformi per indicare la Sindrome metabolica. Gli studi presenti hanno adattato i criteri usati nell’età adulta usando valori sessoed età-dipendenti: o NCEP ATP III modified (1992) o International Diabetes Federation (IDF 2007) Secondo I criteri NCEP occorre che siano presenti almeno 3 delle seguenti condizioni per parlare di sindrome metabolica: 1. BMI: ≥ 95° centile per età e sesso. 2. Pressione arteriosa: pressione sistolica o diastolica ≥ 90° centile per età e sesso. 3. Trigliceridi: ≥ 90° centile per età e sesso. 78 Lezioni di pediatria – 2011 4. Colesterolo HDL: ≤ 10° centile per età e sesso. 5. Intolleranza al glucosio: IFG glicemia a digiuno ≥100 mg/dL oppure IGT glicemia dopo due ore dal carico orale di glucosio ≥140 e < 200 mg/dL Sostanzialmente l’IFD 2007 utilizza questi criteri per i bambini tra 10 e 16 anni mentre per quelli da 6 a 10 anni parla di Sindrome metabolica (ovviamente nel bambino obeso) per una misurazione della circonferenza addominale >90° centile oppure, anche in assenza di questo parametro, se è presenta famigliarità per DM tipo 2, ipertensione, obesità, malattia cardiovascolare o displipidemia. La prevalenza di sindrome metabolica nel bambino è del 4-10% ma sale al 20-40% tra i bimbi obesi. E’ necessario, di fronte al bambino/adolescente obeso, indagare circa la familiarità per sovrappeso, diabete e ipertensione, perché possono indicarci un soggetto a rischio per sindrome metabolica. La circonferenza vita e il rapporto vita/altezza dovrebbero rientrare nella pratica clinica al fine di individuare i soggetti a rischio di sindrome metabolica. Tra le alterazioni del quadro lipidico, il valore di HDL, insieme a quello dei trigliceridi, sembra essere il dato più significativo per il rischio di complicanze (minore importanza rivestono colesterolo totale e LDL). La misurazione della pressione arteriosa dovrebbe rientrare nella pratica clinica quotidiana anche in età pediatrica. L’acanthosis nigricans correla positivamente con la presenza di sindrome metabolica: questa caratteristica clinica potrebbe essere considerata elemento di screening di sindrome metabolica. Le conseguenze dell’obesità si dividono in mediche e psicosociali. Quelle mediche a loro volta vengono suddivise in complicanze metaboliche (intolleranza al glucosio, tumori, dislipidemie, ipertensione arteriosa, NAFLD/NASH, PCOS, colelitiasi) e meccaniche (OSAS, complicanze ortopediche, pseudotumor cerebri) o Rischio neoplastico: soggetti adulti con Sindrome Metabolica presentano aumentato rischio di sviluppare carcinoma del pancreas (maschi) o del colon-retto (femmine). Non è invece aumentato il rischio per le femmine di neoplasie a livello di fegato, colecisti e VB, mammella ed endometrio. Farmaci per il controllo della SM non sembrano in grado di ridurre il rischio neoplastico. o Rischio di alterazione glicidica: il 9% degli obesi ha alterazione verso il diabete di tipo 2. o Rischio cardio-vascolare: gli adolescenti in sovrappeso sono 8,5 volte più predisposti a sviluppare ipertensione arteriosa rispetto ai coetanei normopeso. L’ipertensione arteriosa è una delle principali conseguenze dell’obesità in età adolescenziale, uno dei più importanti fattori di rischio che predispongono alle patologie cardiovascolari in età adulta. o Rischio gastro-enterico: NAFLD (non-alcoholic fatty liver disease) è spesso asintomatica, e viene fatta diagnosi incidentalmente (aumento ecogenicità parenchima epatico, ↑ transaminasi, trigliceridi, colesterolo); la NASH (non-alcoholic steatohepatitis) invece consiste in una infiltrazione grassa con degenerazione balloniforme degli epatociti e fibrosi pericellulare, grado più grave di NAFLD. o Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS): associata a iperandrogenismo, cicli mestruali irregolari, amenorrea, irsutismo, acne. o Patologie respiratorie: i bambini obesi hanno episodi di OSAS persistenti anche dopo intervento di adenotoinsillectomia percdiminuito tono delle vie aeree e collasso e/o diminuito calibro della vie aeree per aumentato tessuto adiposo nel collo. o Patologie ortopediche: tibia vara (malattia di Blount), epifisiolisi della testa del femore, fratture (soprattutto dell’avambraccio) e piedi piatti, osteoartrite da adulti. o Disordini psichici: ridotta autostima, depressione e disturbi dell’alimentazione. L’obesità nell’infanzia può essere considerata una condizione “patologica” cronica con molteplici complicanze mediche e psicosociali che non solo hanno un impatto immediato sul benessere dei bambini, ma anche sulla loro salute in età adulta. Fondamentale è convincere famiglie e popolazione generale a riconoscerne le conseguenze sulla salute dei bambini e degli adolescenti ed essere attivi nella prevenzione e nella gestione precoce di questa condizione in età evolutiva. Recentemente è stato visto come i bambini con buone concentrazioni di Vitamina D hanno una funzione metabolica migliore dei bimbi deficitari; a rischio sono i bambini con pelle molto scura che ne producono poca, 79 Lezioni di pediatria – 2011 ma anche quelli con pelle chiara che mettono chili di creme solari. Inoltre i bambini obesi hanno ridotte concentrazioni di Vitamina D perché, essendo liposolubile, viene sequestrata nel grasso. Come comportarsi durante la visita endocrinologica di fronte ad un bambino obeso? Diagnosi dietologica e nutrizionale: anamnesi alimentare fatta con il soggetto e/o con i genitori e stima dell’attività fisica abituale: o video: <2 ore al giorno accettabile, >2 ore al giorno rischio o attività fisica: <2 ore/settimana rischio, >2 ore/settimana accettabile o giochi all’aperto: <1 ora al giorno rischio, >1-2 ore al giorno accettabile Attenta visita clinica per evidenziare segni di sospetto di obesità secondaria. Esami da richiedere: profilo lipidico, glicemia a digiuno vs OGTT, insulinemia, funzionalità epatica, funzionalità tiroidea, Vitamina D e altri esami se ci sono problematiche particolari… ma sempre prendere la pressione! Terapia: apparentemente il trattamento del bambino obeso sembrerebbe scontato: mangiare di meno e aumentare l’attività fisica ma in pratica il trattamento del bambino obeso richiede tempo, è frustrante, difficile e dispendioso. È importante verificare il livello di comprensione di ciascun membro familiare riguardo il problema peso del bambino e le complicanze a cui andrebbe incontro. Molti i meccanismi di difesa: il peso non è così eccessivo, l’eccesso di peso è inevitabile e cambiare stile di vita è troppo difficile. Coinvolgimento della famiglia: l’intera famiglia deve comprendere l’importanza dello stile alimentare e di vita. I genitori infatti comprano il cibo, lo cucinano e insegnano i corretti comportamenti alimentari. I genitori autorizzano l’accesso alle varie attività, scoraggiando quelle sedentarie ed incoraggiando quelle motorie. Obiettivi non realistici riguardo al calo ponderale o al miglioramento della capacità di esercizio fisico possono portare a frustrazione e abbandono. Per il bambino in fase di crescita il mantenimento del peso è spesso un accettabile e realistico obiettivo. Inoltre la famiglia deve sapere che una perdita di peso del solo 5-10 % provoca un miglioramento di colesterolo, pressione arteriosa e glicemia. Il paziente obeso ha in genere un vissuto negativo, una storia di frustrazioni e fallimenti. L’anamnesi deve essere condotta in modo neutrale, evitando di mantenere un atteggiamento di giudizio, spiegando attentamente i rischi associati all’obesità Cattive abitudini alimentari: l’11% dei bambini non fa colazione, il 28% la fa in maniera non adeguata, l’82% fa una merenda di metà mattina troppo abbondante e il 23% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura. Le tre componenti maggiori della terapia per perdere peso sono: 1. dieta. 2. aumento dell’attività fisica. 3. terapia comportamentale. Dieta: quante calorie e quali calorie? Una lieve restrizione calorica è sicura ed è efficace se il bambino e la famiglia sono motivati ed incoraggiati a modificare il comportamento alimentare. Una significativa riduzione del peso è rara e spesso transitoria se la restrizione calorica non si associa ad un aumentato consumo energetico. La dieta deve essere bilanciata! E’ importante insegnare a tenere in considerazione: il valore energetico dei diversi cibi, la composizione dei cibi in termini di lipidi, carboidrati, proteine, la preparazione dei cibi, evitare il consumo di cibi ad alto contenuto calorico, assumere una adeguata quantità di acqua, ridurre le porzioni, limitare il consumo di alcool. L’alimentazione del bambino deve comprendere una vasta scelta di alimenti, la dieta potrà essere libera e mista. Una alimentazione varia ed equilibrata consentirà una adeguata crescita. L’alimentazione del bambino deve comprendere una vasta scelta di alimenti, la dieta potrà essere libera e mista. Una alimentazione varia ed equilibrata consentirà una adeguata crescita. Distribuzione: colazione 25%, pranzo 35-40%, merenda 10-15% e cena 25-30%. Zuccheri semplici non oltre il 10-12%, occorre un adeguato consumo di fibre alimentari (g/die pari circa all’età +5) e un adeguato apporto idrico. Carne 3-4 volte la settimana, pesce 3-4 volte la settimana, legumi 3-4 volte la settimana, formaggio 1-2 volte la settimana e uova 1-2 volte la settimana. Cosa fare? o Limitare gli spuntini e fuori pasto o Insegnare al bambino a masticare lentamente 80 Lezioni di pediatria – 2011 o Preferire cibi integrali che danno sazietà ed aumentano la peristalsi intestinale o Preferire cibi magri (latte scemato, carne e pesce cotti al vapore od arrosto) o Preferire acqua a bevande dolci o Dare frutta e verdura prima del pasto, per ridurre l’appetito o Dare il buon esempio, seguendo regole alimentari corrette o Aumentare l’attività fisica (lunghe camminate, scale a piedi, attività sportiva) o Evitare merendine ricche di zuccheri e grassi o Evitare bevande con zucchero o Non forzare a mangiare o completare i pasti, ma eliminare gli avanzi delle porzioni o Non dare da mangiare per distrarre il bambino o Non dare dolci o gelati come premio o Non dare da mangiare ad un lattante quando piange, interpretando ogni volta il pianto come fame Tecniche per ridurre il senso della fame: mangiare lentamente favorisce il senso di sazietà, mangiare molta frutta e verdura, eventualmente iniziando il pasto in questo modo, usare piatti piccoli nasconde la riduzione delle porzioni, bere una adeguata quantità di acqua e abituarsi a mangiare con regolarità per evitare la fame fuori pasto. Esercizio fisico: i soggetti obesi e i soggetti in sovrappeso necessitano di programmi di allenamento a lungo termine di sufficiente intensità, durata e frequenza, in associazione a misure dietetiche per perdere l’eccesso di massa grassa. L'esercizio fisico praticato razionalmente, in maniera programmata e con continuità, oltre alla perdita dell'eccesso ponderale, apporta nel tempo degli adattamenti fisiologici molto importanti nella terapia dell'obesità. Effetti dell’esercizio fisico sul metabolismo glucidico: L insulinemia, ↑ sensibilità insulinica, ↑ ormoni controregolatori (glucagone, catecolamine, GH, cortisolo), ↑ gluconeogenesi, ↑ anabolismo proteico, L del grasso viscerale per effetto di GH e catecolamine, L massa grassa ed ↑ massa magra. Effetti dell’esercizio fisico sul metabolismo lipidico ↑ ormoni controregolatori (glucagone, catecolamine, GH, cortisolo), ↑ lipolisi, L del grasso viscerale per effetto di GH e catecolamine, L dell’apporto acidi grassi esterificati al fegato e della produzione di VLDL, L trigliceridemia , L della lipasi epatica con aumento delle HDL. L’esercizio aerobico è in grado di determinare una diminuzione della pressione sistolica e diastolica nei bambini obesi ipertesi. La perdita di peso ottenuta mediante esercizio aerobico moderato si associa ad una riduzione dell’iperinsulinemia, dell’epatomegalia e degli enzimi epatici nei bambini obesi con steatosi epatica. L’attività fisica regolare si associa ad un aumento dell’autostima e ad una diminuzione dell’ansia e della depressione. Il costo dell'esercizio fisico per gli obesi: il rendimento dei soggetti obesi è nettamente inferiore a quello dei coetanei magri, causa di ciò è il più elevato costo metabolico dell'esercizio. Durante l'esercizio fisico gli obesi lavorano con percentuali più alte di frequenza cardiaca massima ed anche la pressione arteriosa è eccessivamente elevata rispetto ai magri di pari età. Gli obesi sono sottoposti ad un aumentato stress articolare soprattutto a carico degli arti inferiori, presentano delle masse muscolari non adeguate. A questi si aggiungono i problemi dovuti alla deficitaria coordinazione, alla minore capacità di risoluzione dei compiti motori e alla rallentata capacità di apprendimento motorio. Quale attività fisica? E' opportuno escludere l'attività agonistica, perché la condizione di eccesso ponderale impedisce al bambino di raggiungere determinate prestazioni ed ottenere risultati gratificanti. Il calo ponderale è tanto maggiore quanto maggiori sono le masse muscolari coinvolte, questo avviene per esempio in attività come la corsa, il nuoto e la ginnastica artistica. In base al livello di obesità è anche opportuno differenziare il tipo di attività in relazione alle sue caratteristiche antigravitarie. Sport come il nuoto e il ciclismo sono sempre raccomandabili poiché comportano una grande spesa energetica ma non un altrettanto grande stress articolare. Gli esercizi devono essere di intensità moderata e includere un’ampia varietà di attività come parte di sport, attività ricreative, spostamenti, lavori domestici, esercizi pianificati e attività fisica scolastica. Queste attività dovrebbero essere inizialmente non strutturate e divertenti cosi da ottenere una maggior compliance. È utile suggerire che i bambini sovrappeso prendano parte ad attività che si avantaggino della loro bassa statura e della loro forza muscolare, come sport acquatici e allenamenti della forza, piuttosto che sport che richiedono agilità (es. correre, saltare). 81 Lezioni di pediatria – 2011 Scelta del tipo di attività fisica in rapporto al grado di obesità: o Bambino con obesità grave: indicati esercizi non antigravitari come nuotare, andare in bicicletta in pianura, fare esercizi con gli arti superiori, fare ginnastica in posizione seduta o supina; o Bambino con obesità media: attività fisica prevalentemente non antigravitaria (esercizi come quelli già indicati per i bambini con obesità grave, a cui si può aggiungere il camminare con frequenti soste); o Bambino con obesità lieve: attività fisica antigravitaria come passeggiare a passo svelto, pattinare, fare escursionismo, giocare a tennis, praticare arti marziali, sciare, saltare la corda, fare ginnastica in casa, danzare. L'impegno di intensità, durata e frequenza settimanale deve essere inversamente proporzionale al grado di obesità: minore nella forma grave, maggiore nelle forme media e lieve. o Intensità dell'impegno fisico: lieve o moderata (circa il 50% della capacità aerobica massima), da mantenere per tutto il tempo necessario a rientrare nel peso normale. o Durata degli esercizi: 10-30 minuti all'inizio, con aumento graduale fino a 50-60 minuti in circa 10 settimane o Frequenza settimanale: da 1 a 3 giorni all'inizio, con aumento graduale fino a 5-6 alla decima settimana Con l'allenamento gradualmente viene a crescere l'efficienza fisica dell'individuo, progressivamente scompaiono i limiti fisici alla prestazione. Il peso corporeo diminuisce e migliora la composizione corporea (rapporto massa magra/massa grassa), aumentano la forza, la resistenza e migliora l'abilità motoria. Tutto ciò porta all'abbattimento dei miti psicologici spesso freno dei soggetti obesi, c'è una crescita dell'autostima e della fiducia in se stessi. Terapia comportamentale: tieni un diario alimentare, acquisisci la massima consapevolezza di ciò che mangi, analizza le caratteristiche della tua alimentazione, previeni l’assunzione automatica di alimenti, iIdentifica i fattori scatenanti dell’alimentazione, pesati regolarmente, tieni un grafico del peso, non fare nient’altro quando mangi, segui uno schema alimentare, mangia in un posto solo, non ripulire il tuo piatto, appoggia la forchetta tra un boccone e l’altro, fai delle pause durante il pasto, vai a fare la spesa a stomaco pieno e fai gli acquisti secondo una lista. Prevenzione dell’obesità: allattamento al seno nei primi 6 mesi di vita, dieta equilibrata normocalorica per età, ridurre introito di grassi saturi e cibi a elevato contenuto calorico, eliminare le bevande dolci, favorire consumo di frutta e verdura e fare attività fisica 60 minuti/die attività aerobica, con riduzione tempo-speso davanti a TV, videogiochi, PC. Allattamento al seno e obesità: importante incremento ponderale nei primi 24 mesi di vita è il miglior predittore di sovrappeso in età scolastica. Esiste un accrescimento differente tra allattati al seno e artificialmente: i bambini allattati artificialmente raggiungono un peso maggiore a un anno di età. Un importante introito proteico, tale da eccedere il fabbisogno metabolico, può aumentare la secrezione insulinica e dell’IGF-1 con conseguenti aumento ponderale tra 0 e 24 mesi e un aumento dell’attività adipogenica. Gli allattati artificialmente mostrano concentrazioni di insulina maggiori in sesta giornata rispetto agli allattati al seno. Il minor contenuto proteico del latte materno protegge dal rischio di sviluppare obesità riducendo il weight gain. Iperplasia congenita del surrene Il surrene Produce ormoni steroidei e non, in particolare cortisolo e catecolamine, indispensabili per l'organismo. o Corticale del surrene (corteccia esterna della ghiandola): 9 glucocorticoidi (cortisolo): azione principale su metabolismo glicidico, lipidico e proteico; 9 mineralcorticoidi (aldosterone): azione principale sul ricambio elettrolitico (sodio e potassio); 9 androgeni surrenalici (DHEA, androstendione, 170Hprogesterone e testosterone): azione androgena. o Midollare del surrene (parte centrale): catecolamine (adrenalina 70-80 % e noradrenalina 20-30%, minime quantità di dopamina): ruolo fondamentale nella risposta dell'organismo allo stress. Il termine “sindrome surreno-genitale” riunisce diverse condizioni con trasmissione autosomica recessiva, caratterizzate da alterazioni della funzione enzimatica a qualsiasi livello della cascata steroidogenica, che porta alla sintesi del cortisolo dal colesterolo da parte della corteccia surrenalica. È la patologia surrenalica più frequente nel bambino; le patologie della midollare sono rare in età pediatrica: solo il feocromocitoma è possibile ma nell’ambito di sindromi ereditarie. 82 Lezioni di pediatria – 2011 Deficit della 21-idrossilasi: Malattia ereditaria, a trasmissione autosomica recessiva, con incidenza uguale nei due sessi. Viene giustamente definita “sindrome” perché ha un interessamento multi organo e con la possibilità di molti fenotipi di malattia. Coinvolge una proteina che serve a produrre tre linee di ormoni nelle ghiandole surrenaliche: cortisolo, aldosterone e androgeni; la loro produzione e’ regolata dall’ipofisi mediante l’ACTH che regola esattamente la quantità di cortisolo per adeguarla alle necessità. Nel paziente SACG si ha: 1. ridotta sintesi di cortisolo (75% dei casi anche di aldosterone: perdita di sali); 2. accumulo dei composti intermedi fra cui il principale e’ il 17OHprogesterone (17OHP) ma anche DHEAS e androstenedione; al contrario di quel che si pensa, il 17OHP e il progesterone sono androgeni deboli! 3. aumento dei livelli di ACTH. Esistono diversi spettri clinici della malattia: o Forma classica molto severa: con perdita di sali e genitali femminili ambigui (sempre cercare i testicoli se sono nello scroto perché nelle forme gravi, quello che sembra essere uno scroto disabitato sono invece grandi labbra fuse tra loro). o Forma classica severa: senza perdita di sali ma con virilizzazione e possibilità di genitali ambigui (in questa condizione ci può essere sufficiente aldosterone perché la regolazione alla secrezione dipende anche da altri fattori oltre che l’ACTH e poi ne servono quantità inferiori rispetto al cortisolo). o Forma non classica (moderato): senza perdita di sali, irsutismo e senza sintomi alla nascita; tardivamente possono comparire pubarca prematuro, crescita accelerata, irsutismo e irregolarità mestruali perché si ha un’aumentata richiesta di cortisolo nel periodo di sviluppo che non viene prodotto adeguatamente dalla ghiandola con iperproduzione di androgeni surrenalici da parte della zona reticolare (infertilità e PCOS). L’anamnesi familiare sarà silente ma bisogna però ricordare che nel caso di un fratello/sorella affetti, il rischio di ricorrenza della malattia è del 25%. Variante con perdita di sali: si tratta di un neonato con scarso appetito, vomito, letargia, segni di disidratazione (occhi alonati, mucose secche), incapacità di guadagnare peso. La disidratazione da perdita di sali insorge dopo la prima settimana e può portare a morte o ad esiti cerebrali permanenti se non adeguatamente trattata. La virilizzazione dei genitali esterni delle femmine porta in genere alla diagnosi immediata, mentre nel sesso maschile i genitali sono normali. o Il maschio può presentare precocità somatica e sessuale già dal 1°anno di vita, anche se in genere la comparsa è più tardiva e graduale (4-5 anni). Si osservano: percentile dell’altezza aumentato rispetto al target familiare, pene ingrossato, scroto ruvido e iperpigmentato, testicoli piccoli rispetto al pene ingrossato, peluria pubica, acne, voce profonda. o Nelle femmine è presente virilizzazione di vario grado dei genitali esterni (ipertrofia clitoridea, gradi variabili di fusione delle grandi labbra). Se non curate, progressione della virilizzazione con: peluria pubica e ascellare precoce, acne, timbro di voce maschile, sviluppo muscolare ed aspetto di tipo maschile, precoce fusione 83 Lezioni di pediatria – 2011 delle cartilagini di accrescimento con ridotta altezza finale. Alla pubertà non compaiono le mestruazioni. Esiste una valutazione dell’irsutismo secondo Ferriman-Gaulmen (punteggio che è grave se >25); ricorda però che l’irsutismo è la comparsa di peli nelle zone androgeno-sensibili mentre l’ipertricosi è la comparsa di peli ovunque. Nelle donne non è rara l’alopecia tipo maschio (zona clericale e stempiamento). Variante non classica: la sintomatologia clinica è estremamente variabile, può presentarsi ad ogni età e comprende: pubarca prematuro, accelerazione della velocità di crescita con avanzamento dell’età ossea, acne cistica, alopecia androgenica, oligoamenorrea, sindrome dell’ovaio policistico, infertilità. Le mutazioni del gene CYP21 possono essere suddivise in 3 categorie, correlate con l’attività enzimatica: 1. Delezioni o mutazioni nonsense che aboliscono completamente l’azione dell’enzima: in genere associate alla forma classica di CAH, con perdita di sali. 2. Mutazioni che comportano una persistenza dell’attività enzimatica dell’ 1-2%, generalmente associate alla forma classica di CAH, con semplice virilizzazione. 3. Mutazioni che riducono l'attività enzimatica al 20-60% del normale, spesso associate alla forma non classica di CAH. Il gene CYP21 è sito sul cromosoma 6 vicino al locus HLA ed è vicino ad uno pseudo-gene CYP21 che tende ad incorporare le mutazioni; a volte però succede nella meiosi un errore di appaiamento e questo è responsabile della stragrande maggioranza delle nuove mutazioni che compaiono dei figli di genitori non portatori di SAG. Sebbene nell’ 80% dei pazienti vi è una correlazione tra difetto genico e conseguenza funzionale, non sempre il genotipo permette di stabilire il fenotipo risultante. Lo screening neonatale della SAGC e’ possibile dal 1987. L’obbiettivo è la diagnosi tempestiva per prevenire: 1. le crisi da perdita di sali; 2. gli errori nell’attribuzione di sesso a femmine fortemente virilizzate; 3. gli effetti da eccesso di androgeni nei maschi senza perdita di sali. È necessaria la precoce raccolta del campione entro 48-72 ore di vita: prima delle 48 h, l’interferenza della produzione placentare di 17OHP sarebbe eccessiva! Va inoltre fatta una pronta spedizione del campione al laboratorio, con analisi rapida. Tutti i bambini positivi allo screening vanno inviati a centri di 3° livello. Attenzione: neonati pretermine con valori elevati di 17OHP, imputabili a varie cause. Infatti, i valori soglia sono stati differenziati in base all’età gestazionale, ed il neonato pretermine effettua un controllo di routine a 15 giorni. Vi e’ anche una soglia di richiamo urgente per avviare immediatamente il caso all’osservazione dell’endocrinologo pediatra se il sospetto diagnostico e’ forte, senza ulteriore controllo laboratoristico. L’obiettivo, e’ quello di non superare il 10° giorno di vita come raccomandato dalla Società Europea di Endocrinologia Pediatrica (SIEDP). Per fare diagnosi di SAG nel neonato si dosano quindi: 17OHP, renina, androstenedione e nei casi dubbi si fa il test con ACTH. Utili ovviamente anche cariotipo, ecografia renale, vaginografia, Rx mano polso e confronto dei risultti sul nomogramma di New. Terapia: tutti i pazienti con SAG classica e con SAG non classica sintomatici sono trattati con glucocorticoidi per inibire l’eccessiva produzione di CRH ed ACTH da parte di ipotalamo ed ipofisi e ridurre la produzione surrenalica di androgeni. I pazienti che presentano la forma salt-wasting richiedono la supplementazione di NaCl e fludrocortisone soprattutto in età neonatale. Scopo della terapia nel bambino: 1. salva vita: nei casi con perdita salina. 2. sostituzione: permettere un normale accrescimento staturale ed una normale progressione della pubertà, evitando gli effetti collaterali. 3. soppressione: inibizione della produzione androgeni Scopo nell’adulto: o Riduzione dell’iperandrogenismo. o Evitare l’iperplasia surrenalica e/o ipofisaria. 9 Nel maschio: mantenere la fertilità. 9 Nella donna: mantenere il normale ritmo mestruale e la fertilità. I farmaci a disposizione si distinguono in: o specifici: idrocortisone, cortone acetato, fluoridrocortisone e desametasone 84 Lezioni di pediatria – 2011 di supporto o associazione: LHRH analogo, ciproterone acetato, finasteride, testosterone, carbenoxolone, RECGH, estro progestinici. I farmaci specifici sono quindi: 1. idrocortisone: alla dose di 10-20 mg/m2 (fino a 40 mg/m2) suddiviso in 3 somministrazioni die, con dose serale pari al 50% della dose quotidiana al fine di ottenere la maggior soppressione possibile di ACTH. La breve emivita influenza in maniera minore la crescita staturale. La breve emivita richiede 1 somministrazione in dosi refratte durante la giornata: 1 singola dose di idrocortisone non sarebbe sufficiente a controllare la secrezione corticosurrenalica. Il farmaco non rientra nella farmacopea Italiana. Queste dosi eccedono la fisiologica secrezione di cortisolo da parte di surreni di bambini ed adolescenti sani (6-7 mg/m2/die) ma risultano indispensabili per sopprimere adeguatamente a produzione di androgeni surrenalici e per prevenire le crisi di iposurrenalismo. 2. α-fluoridrocortisone (florinef): 0,05 mg/m2 per os in monosomministrazione giornaliera. Dose media 0.050.1 mg/m2 (fino a 0.2 mg/die). Non in commercio in Italia (possibilità di ottenerlo galenico da alcune farmacie specializzate). Si supplementa in questi casi anche con NaCl: 1-2 gr/die in 3-4 somministrazioni fino a 2 anni perché il latte è povero di NaCl. 3. cortone acetato: non è il farmaco di I° scelta nelle sindromi surreno-genitali, soprattutto nella preadolescenza: presenta solo l’80% di biodisponibilità rispetto all’idrocortisone ed approssimativamente 2/3 della sua potenza. Inoltre, poiché deve essere convertito a cortisolo biologicamente attivo, nelle SAG, il deficit di 11-b-idrossisteroido-deidrogenasi, potrebbe ridurne ulteriormente l’efficacia. 4. In età post-puberale: prednisone: 5-7,5 mg/die, in 2 somministrazioni quotidiane o desametasone: 0,250.5 mg/die in 1 somministrazione quotidiana. Gli uomini con residui surrenalici a livello testicolare possono richiedere una dose più elevata di desametazone per sopprimere i livelli di ACTH (e occorre sempre fare una ecografia testicolare 1 volta all’anno)! In caso di stress fisico (febbre, interventi chirurgici, trauma ecc) o psichico i dosaggi terapeutici vanno triplicati! L’efficacia del trattamento viene monitorizzata mediante la valutazione dei livelli di: 17-OH-P, dell’androstenedione, in corrispondenza del picco fisiolgico di ACTH e del nadir della concentrazione di idrocortisone (immediatamente prima dell’assunzione della dose mattutina). Nelle donne e nei maschi prepuberi può essere utilizzato come utile parametro la concentrazione di testosterone. I valori di PRA possono essere utilizzati come parametro dell’adeguateza della sostituzione mineralcorticoicde e di sodio. I valori di ACTH rappresentano un altro indice guida per gli adeguamenti della terapia. In ogni paziente ricoverato con SAG va sempre messo un accesso venoso prima che le vene collassino durante lo stress. Il trattamento si definisce efficace quando previene le crisi di iposurrenalismo non compromettendo l’accrescimento staturale del bambino e la sua identità di genere. Ogni bambino affetto da SAG dovrebbe essere sottoposto almeno 2 volte l’anno ad una valutazione auxologica e 1 volta l’anno alla valutazione dell’età ossea. La maggior parte delle casistiche, anche nelle migliori condizioni di trattamento, riportano una altezza media di 23 DS inferiore rispetto al bersaglio genetico. Effetti collaterali: o sindrome di Cushing iatrogena: rapido incremento ponderale, ipertensione arteriosa, striae rubre ed ed osteopenia. o Eccesso iatrogeno di mineralcorticoidi: ipertensione, tachicardia e valori soppressi di PRA. Lo stress: a causa della relativa incapacità dei pazienti affetti da SAG di affrontare episodi di stress con una maggiore produzione endogena di cortisolo è necessario supplementare farmacologicamente queste richiesta! Pertanto, in caso di eventi particolarmente stressanti (interventi chirurgici, trattamenti odontoiatrici, febbre, traumi) o in caso di ipotensione, nausea, vomito e dolori addominali è necessario supplementare le dosi di glucocorticoidi secondo istruzioni che vengono fornite al paziente attraverso la cosiddetta “carta steroidea”. In caso di eventi particolarmente stressanti o di incapacità all’assunzione di farmaci per os è necessaria la somministrazione parenterale mediante idrocortisone succinato i.m. o e.v. (Flebocortid fl 100 mg; Solucortef fl 100 mg) ponendo particolare attenzione a che il paziente mantenga un adeguato equilibrio idro-elettrolitico. La posologia in caso di interventi chirurgici è di 100 mg/m2/die, in 2-4 somministrazioni quotidiane. L’idrocortisone quando è somministrato ad alte dosi è sufficiente, per la sua attività mineraloattiva, anche a o 85 Lezioni di pediatria – 2011 sostituire la dose orale di fludrocortisone. Qualora le condizioni pressorie ed idro-elettrolitiche richiedessero una specifica supplementazione parenterale di mineralcoriticoidi, si somministra desossicortisterone acetato (Cortiron fl 10 mg) alla posologia di 1-4 mg/die. Le opzioni chirurgiche della SAG sono limitate: la surrenalectomia può essere proposta come profilattica o come terapeutica nelle iperplasie nodulari. Ovviamente c’è un rischio importante: 1. Rischio chirurgico in paziente poco tollerante lo stress; 2. Iposurrenalismo iatrogeno: il profilo lipidico, la libido e la qualità della vita di pazienti surrenectomizzati potrebbe risentire negativamente della mancanza di DHEA-S. 3. Sviluppo di residui surrenalici in ambito gonadico: con produzione di potenti precursodi androgenici con annullamento dei benefici della surrenectomia. SAG e pubertà precoce: l’esposizione cronica agli androgeni surrenalici può causare una precoce maturazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonade. Nell’ambito delle SAG, sia in caso di inadeguato trattamento sia quando il trattamento con glucocorticoidi è iniziato in bambini con marcato incremento dell’età ossea, vi può essere un inizio precoce degli eventi puberali. L’avanzamento negli stadi puberali, il dosaggio del testosterone con un avanzamento dell’età ossea, sono indici di una pubertà precoce centrale. La conferma diagnostica richiede l’esecuzione del test con LHRH. Benchè sono stati riportati casi aneddotici di risoluzione spontanea di questo fenomeno, in genere la diagnosi di pubertà precoce centrale si accompagna all’esigenza di intraprendere una terapia con LHRH analogo, con l’obiettivo di bloccare la produzione steroido-genetica gonadica e quindi di ritardare la fusione delle epifisi: per raggiungere una altezza definitiva quanto più possibile vicina al bersaglio genetico! Inoltre la terapia avrebbe i vantaggi di evitare le spiacevoli conseguenze psicologiche di una pubertà prematura. Forma non classica: il trattamento indicato solo nelle forme sintomatiche. In età pediatrica: idrocortisone 10-20 mg/m2; in età adulta: prednisone 5-7.5 mg/die o desametazone 0.25-0.5 mg/die. Utilizzare il dosaggio più basso che permetta una buona soppressione degli androgeni surrenalici ed una crescita adeguata. Monitoraggio terapia: livelli ematici di 17OHP tra 1 e 10 ng/mL, androstenedione e testosterone adeguati all’età. Non sono necessarie supplementazioni di idrocortisone in caso di eventi stressanti, nemmeno in caso di chirurgie maggiori, a meno che non abbiano ricevuto un trattamento con glucocorticoidi che potrebbe aver soppresso la funzione surrenalica endogena. Personalmente consiglio, però, la somministrazione di Flebocortid in caso di interventi chirurgici. Forme meno frequenti di SAG (<15% dei casi) sono: o Deficit della 3β-idrossisteroido-deidrogenasi: si ha riduzione del 17OHP e aumento del DHEAS con pseudoermafroditismo meno grave (perché c’è solo il DHEAS a causarlo), con nel maschio ipogenitlimo perché è ridotto il testosterone e l’androstenedione; frequente l’ipercaliemia e l’ipotensione da ipoaldoteronismo. o Deficit della 11β-idrossilasi: in genere si vede nei bambini con accumulo di DOC (deossicorticosterone) e 11-desossicortisolo che hanno azione mineralcorticoide, che porta a ipertensione (con ipocaliemia) e virilizzazione, pubertà precoce nel maschio (alti livelli di androgeni) e oligo-amenorrea nella femmina. Viene anche detta “sindrome da eccesso di mineralcorticoidi responsivi al cortisone” e raramente la diagnosi è occasionale (bambino iperteso che fa terapia con cortisone risolvendo il quadro). Questo enzima è inibito dalla liquerizia (motivo quindi dell’aumento della pressione e dell’ipocaliemia) e dalla coca-cola. o Deficit della 17α-idrossilasi: rarissimo deficit della produzione di steroidi gonadici con ipertensione ed ipogonadismo ipergonadotropo da aumento di LH/FSH (femmine: amenorrea primaria, ridotto sviluppo caratteri sessuali Iiari; maschi: genitali ambigui, pseudoermafroditismo); si ha poi accumulo di DOC e corticosterone (effetto mineralcorticoide) e bassi valori di 17OH progesterone. SAG e feto: è possibile la diagnosi prenatale sul il DNA fetale, estratto dalle cellule in coltura ottenute dall’amniocentesi o dal prelievo dei villi coriali, che viene amplificato mediante PCR utilizzando specifici primers. I prodotti della PCR vengono poi blottati e successivamente ibridizzati con sonde marcate allele-specifiche. Vengono ricercate le principali mutazioni note dei geni CYP21 e CYP11B1, a seconda della patologia sospettata 86 Lezioni di pediatria – 2011 (ovviamente se ci sono altri casi in famiglia di fratelli o un genitore). Il cortisolo ha un picco a 10 settimane di gestazione, età critica per la differenziazione del sesso mentre è il DHEAS che aumenta progressivamente fino alla nascita perché importante per la produzione del surfactante (e nella SAG il DHEAS è elevato, quindi non serve dare cortisone alla madre fino alla nascita ma solo nel periodo di differenziazione dei genitali nel maschio). Si può fare terapia prenatale: il desametasone non ha attività sodio-ritentiva, attraversa la placenta non essendo metabolizzato dalla 11-b-idrossi-steroido-deidrogenasi. La posologia è di 20 mcg/Kg/die suddiviso in tre dosi giornaliere a cominciare dalla 6°-8° settimana di gestazione (periodo importante per lo sviluppo dei genitali esterni) e continuo la terapia solo nella femmina, non nel maschio. L’obbiettivo della terapia è quello di evitare la chirurgia dei genitali esterni nella femmina. Nonostante la possibilità di terapia, spesso di opta per l’aborto terapeutico. Il diabete nel bambino Epidemiologia: è una malattia in aumento negli ultimi 60 anni (3,3% all’anno). Attualmente si hanno circa 14 esordi su 100.000 soggetti, all’anno (si riferisce l’incidenza per bambini 0-14 anni). I paesi in via di sviluppo stano presentando la maggior accelerazione di incidenza. L’incidenza del T1DM è altamente variabile nelle diverse popolazioni (0,1-40/100.000/anno, Cina e Finlandia, Sardegna), mediamente in Italia 12,26/100.000/anno soggetti 0-14 aa , leggermente più frequente nei maschi (13,13 vs 11,35) con differenze regionali: 18,67 in provincia di Trento. È in rapido aumento 3,3% all’anno con una tendenza ad esordi più precoci nei primi 5 anni di vita. È avvenuto in Piemonte un significativo incremento del rischio nei tre quinquenni esaminati (1990-2004), da 10.9 nel periodo 1990-94 a 14.4 nel periodo 2000-04, pari al 32% (p=0.0004). L’incremento è evidente in entrambi i sessi e in tutte le fasce di età, ma in particolare nel bimbo molto piccolo e questo proverebbe che ci sia un aumento dei fattori pro-diabetogeni nel bimbo piccolo. I paesi emergenti sono quelli in cui l’incidenza aumenta più rapidamente. Istologia: il quadro istologico tipico del Diabete Mellito tipo 1 (DM1) è l’insulite, cioè infiammazione delle insule caratterizzata da infiltrazione di linfociti e polimrfonucleati con esito di perdita selettiva delle β-cellule, irreversibile. In realtà esisterebbero fenomeni di rigenerazione nel soggetto normale, ma comunque non utili ai fini terapeutici oggi (ma un possibile risvolto nel futuro). Quando inizia la malattia la secrezione residua è di circa 10% del normale. Immuno-patogenesi: il processo immunologico inizia dopo riconoscimento di autoantigeni, con processazione da parte delle APC (antigen Processing Cells), attivazione di CD4 (Linfociti Helper), seconda risposta immune di CD8 (linfociti citotossici) e poi coinvolgimento dei linfociti regolatori (Treg). Per scatenarsi il processo è quindi necessaria un’ttivazione del processo autoimmune, su un genotipo particolare, scatenato da un fattore ambientale. Genetica: specifici antigeni di classe II HLA DR3 e DR4, presenti sulla superficie di β-cellule, permettono il riconoscimento di T-linfociti (con aggancio del recettore) ed attivano il processo autoimmune; esistono anche geni HLA di protezione da T1D (DR2). I genotipi HLA DR3 e DR4 sono condizioni predisponenti al DM1 (forse più DQ2 e DQ8) mentre protettivo è DR2. L’incidenza del DM1 nei pazienti con DR3 e DR4 è di 15 volte rispetto al controllo. Esiste una correlazione genotipo-fenotipo ed una “stele di rosetta” per tradurre: o genotipo: HLA-DRB1*03 / DQA1*0501 - DQB1*0201, fenotipo corrispondente: DR3-DQ2 o genotipo: HLA-DRB1*04 / DQA1*0301 - DQB1*0302, fenotipo corrispondente: DR4-DQ8 Riconoscimento antigenico: 40% di coloro che hanno un diabete di tipo 1 sono omozigoti sia per l'assenza di un acido aspartico nella posizione 57 del DQB1 (sostituito da valina, serina, o alanina) che per la presenza di arginina nella posizione 52 della DQA1, il 97% ha soltanto l'assenza dell'acido aspartico nella posizione 57 del DQB1. 87 Lezioni di pediatria – 2011 Ambiente: sono stati tirati in causa molti fattori, ma nessuno in modo definitivo: o Infezioni virali (enterovirus, parotite, rosolia in utero che però da DM1 nel ragazzo >20 anni); o Igenizzazione eccessiva nelle prime fasi di vita; o Aumento del sovrappeso (fattore molto dubbio visto che di solito sono bambini magri; o Inquinanti ambientali (nitriti) o Alimenti (glutine), ma non si sa bene visto che probabilmente si tratta di una coincidenza avere entrambe le malattie, visto poi che nelle autoimmunità è frequente l’overlap sindrome. Recentemente è stato dimostrato ch il latte materno ha un ruolo protettivo nei confronti del DM1 e si è ipotizzato che ci possano essere proteine nel LV che si comportino come fattore ambientale in grado di scatenare la malattia autoimmune. o Deficit di vitamina D o di grassi omega-3: si è visto che nei decenni quando si usava dare olio di fegato di merluzzo l’incidenza nel bambino il DM1 era più bassa, probabilmente per un ruolo immunomodulatorio della vitamina D. Più che un singola causa ambientale, un insieme di eventi condiziona la penetranza di un difetto immunitario geneticamente trasmesso durante i primi anni di vita, sia in senso di favorire che di proteggere dall’insorgere della malattia. Vale d’esempio il ruolo delle eventi infettivi: è dimostrato un aumento di rischio di malattia per infezioni neonatali e, per contro un ruolo protettivo, anche se modesto, dell’ asilo prescolare. Ciò supporta il concetto di un ruolo delle infezioni età-dipendente. Nosografia: o Diabete mellito tipo 1 (T1DM), insulino carente, non sempre insulino-dipendente all’esordio, spesso con comparsa oltre l’età giovanile, può essere: tipo 1A immunomediato o tipo 1B non immune. o Diabete tipo 2 (T2DM) indica forme idiopatiche di DM con insulinoresistenza e senza drastica carenza insulinica o perdita del patrimonio βcellulare o Diabete tipo 3, secondario ad altre malattie (fibrosi cistica, talassemia) o Diabete gestazionale (GD) è categoria a se, in corso di gravidanza o Altri tipi specifici di diabete sono sindromi genetiche come per es. mutazioni di fattore epatocitico nucleare o difetto della glucochinasi (MODY= Maturity Onset Diabetes in the Young), NPD o diabete neonatale permanente, S. Wolfram Diagnosi: i criteri di diagnosi sono stati rivisti da ADA, integrando criteri OMS precedenti, come segue: diabete è caratterizzato da sintomi di DM (poliuria, polifagia, dimagrimento inspiegabile) e glicemia occasionale >200 mg% o una glicemia a digiuno (FG = Fasting Glucose) > 126 mg% (7 mmOsml/L) o superiore a 200 mg% dopo 2 h da OGTT (Oral Glucose Tollerance Test), con 75 g per adulto e o 1,75 g/Kg di glucosio per il bambino, oppure glicata >6,5%. La normalità è inferiore a 100 mg% di glicemia a digiuno. L’OGTT (oral glucose tollerance test): nell’adulto si somministra 75 g di glucosio e si valuta la glicemia al tempo 0 e dopo 2 ore, nel bambino 1,75 g/Kg peso di glucosio, max. 75. Si pratica con paziente a riposo, che assuma dieta normale da 23 gg, ed in assenza di farmaci capaci di interferire con la glicemia. È patologica se alla 2° ora la glicemia è > 140 mg% (IGT) e significa diabete se > di 200 mg%. IFG e IGT: una categoria intermedia tra diabete manifesto e normalità e rappresentata da elevata glicemia a digiuno o IFG (Impaired Fasting Glucose) se glicemia > 100 e < 126 mg% e ridotta tolleranza glicidica IGT (Impaired Glucose Tollerance) definita per valori glicemici a 2h da OGTT > 140 e <200 mg% Diabete Mellito tipo 2: virtualmente sconosciuto in età pediatrica fino a pochi anni fa, è divenuto oggi più frequente in adolescenti, marcatamente sovrappeso. Può avere caratteristiche più sfuggenti, e quindi è meno spesso o più tardivamente diagnosticato rispetto a T1DM. Come però ogni condizione di iperglicemia espone il soggetto a rischio di complicanze, cardiovascolari, renali, oculari e neurologiche, in relazione al grado del 88 Lezioni di pediatria – 2011 compenso metabolico. Si cura con la dieta, e riduzione del peso, aumento di attività fisica, ed eventualmente antidiabetici orali, o metformina (che aumenta la sensibilità insulinica). A Novara, su 160 bambini seguiti per diabete, solo 2 hanno DM2 e sono ragazzine obese con acantosi nigricans. MODY: condizioni genetiche trasmesse, con carattere autosomico dominante, caratterizzate da alterato metabolismo glicidico, con iperglicemia ed esordio abitualmente prima di 30 anni. MODY 2, legato a deficit di glucokinasi, è il più frequente nella nostra popolazione; MODY “Non richiede terapia farmacologica, ma solo dieta ed attività fisica”. MODY 2 non si associa a complicanze. Clinica del DM1: Sintomi classici della malattia sono poliuria, nicturia, polidipsia, polifagia, dimagrimento inspiegabile, alterazioni della visione, e talora, micosi genitale. Altri segni e sintomi che si osservano all’esordio sono astenia, sonnolenza, ipotonia ed iporeflessia, cute arida ed ipoelastica, pannicolo adiposo ridotto, labbra rosso ciliegia, alito acetonico (corpi chetonici). La triade poliuria, polifagia, dimagrimento è molto suggestiva. La presentazione all’esordio di DM può essere caratterizzata da gravi sintomi come coma, confusione mentale, collasso cardiocircolatorio per grave stato di disidratazione, respiro difficoltoso (di Kussmaul) ed addome simile a quello chirurgico; questo corredo sintomatologico è da riferire in gradi diversi a chetoacidosi metabolica, disidratazione, iperosmolarità plasmatica e sofferenza cerebrale. Quando un bimbo arriva in chtoacidosi ha i bulbi affossati, le pupille miotiche, l’addome teso, il polso piccolo e celere e ovviamente la perdita di coscienza. Quando uno ci pensa, la DX è facilissima! Il livello di sospetto diagnostico dei medici e dei pazienti stessi è essenziale nel porre diagnosi tempestiva e ridurre il rischio di morte all’esordio. Il decorso iniziale della malattia può comportare edema cerebrale spesso di difficile controllo. Anche il decorso della malattia nel tempo è più severo quando il grado di scompenso all’esordio è maggiore. Diagnosi differenziale: nell’infanzia, di fronte alla triade poliuria, polidipsia e dimagramento si pongono tre possibilità diagnostiche: il DM1, la polidipsia psicogena (eccessiva introduzione di acqua ma si ha contrazione della diuresi quando viene impedito al bimbo di bere) e il diabete insipido (insorgenza lenta e graduale, non cheto acidosi, con 4-10L di urine al giorno, sete intensa e perdita di peso). Il coma diabetico deve essere differenziato da altre forme di coma di origine centrale: o Nel coma da meningite ci sono segni di irritazione meningea da ipertensione endocranica (rigidità nucale, segni di Kernig e Brudzinski, fontanella tesa e testa protesa del lattante) o Nel coma da encefalite sono presenti segni di focolaio. o Nel coma uremico c’è poliuria, disidratazione e calo ponderale ma sono assenti l’ipoglicemia e la glicosuria; l’alito è urinoso ed i riflessi sono normali. o Nel coma ipoglicemico (da eccesso di insulina, raro da insulinoma) è opposto al coma diabetico: glicemia <40mg/dL, pronta interruzione della crisi da assunzione di glucosio, alito indifferente, fame intensa, tremori, ipertonia ed ipereflessia, cute umida, midriasi e talora convulsioni. Non dare insulina! Autoanticorpi: il T1DM è una malattia autoimmune con progressiva distruzione del patrimonio β-cellulare, mediata da T linfociti, e può associarsi ad altre malattie autoimmuni. Autoanticorpi ICA (Islet Cell Ab), IAA (Insulin Auto Ab), GADA (Glutammic Acid Decarboxilase Ab) IA-2 (Tirosino-fosfatasi Ab) e Ab-ZnT8 (proteina trasportrtrice di zinco), sono presenti nel diabetico all’esordio e compaiono prima della fase clinica della malattia, come marcatori del processo autoimmune. Ricorda però che gli ICA non andrebbero richiesti perché poco specifici visto che si dovrebbero fare su pancreas di scimmia che il laboratorio ovviamente non ha. Complicanze: micro vascolari (occhio, rene, sistema nervoso: centrale e periferico, anche autonomico) e macrovascolari da ateroscerosi “accellerata” (arti inferiori, coronarie e disfunzione erettile). La microangiopatia diabetica determina danno a livello dei piccoli vasi sanguigni con coinvolgimento di occhio, rene e SNC e sta alla base della nefropatia, retinopatia e della neuropatia diabetiche, tutte complicanze potenzialmente molto gravi. La macroangiopatia diabetica, di aspetto simile alla aterosclerosi, è alla base della vasculopatia dei grossi vasi, e determina i danni a livello degli arti inferiori, piede (piede diabetico), e cuore (cardiopatia ischemica) L’emoglobina glicata (HbA1c) è il test di riferimento per valutare l’andamento complessivo delle glicemie. Esprime la percentuale di emoglobina legata stabilmente al glucosio; poiché l’emoglobina ha vita media di tre 89 Lezioni di pediatria – 2011 mesi (rinnovandosi con la distruzione degli eritrociti), l’HbA1c, esprime la media delle glicemie degli ultimi tre mesi. Glicemia media (mg/dl) = 35,6 x HbA1c – 77,3 Una glicemia media sotto 150 mg/dL (corrispondente a 7% di emoglobina glicata) minimizza il rischio di complicanze. Ogni 30 mg/dL in più (pari ad 1% di emoglobina glicata) aumentano nefropatia del 25%, retinopatia del 33%, malattia cardiovascolare del 40%. Terapia: è composta di numerosi step e “stiamo addosso” a questi bambini per evitare che arrivino le complicanze. 1. Terapia sostitutiva con insulina: o Terapia multi-iniettiva (MDI): cerca di mimare la normale secrezione del pancreas. Prevede una insulina regolare (Actrapid o Humulin R) prima (1/2 ora) dei tre pasti principali e una insulina ritardata (Protaphane o Humulin I) alla sera prima del sonno. L’azione di insulina pronta dura 4-6 ore, e copre i fabbisogni diurni e per i pasti, quella ritardata il fabbisogno notturno. o Terapia basal-bolus: prevede un “basale” con insulina glargine (Lantus) o detemir (Levemir), 1 o 2 volte al giorno a dosi ed ore fisse. E “boli” di insulina ultrarapida aspart (Novorapid) o lys-pro (Humalog), appena prima (o subito dopo) di pasti, con dosaggi perlopiù adeguati ai carboidrati contenuti nei pasti. Fino a 6 anni si usa come basale la NPH (che è sospensione con protamina) e >6 anni si usa la glargina. 2. Alimentazione con preminente apporto di carboidrati: nessun alimento preso singolarmente è in grado di soddisfare le esigenze nutrizionali di un individuo; limitare al massimo dolci e condimenti e alternare e moderare il consumo di salumi, uova, carne, pesce, formaggio. Verdura e frutta non devono mai mancare; pane e pasta devono essere assunti ogni giorno. 3. Attività fisica programmata: “la natura ci ha programmati per farci correre dalla mattina a sera”. 4. Supporto educativo e autocontrollo (diario) 5. Supporto psicologico Oggi il trapianto di insule nel fegato si fa solo se devo trapiantare il bambino d’altro per la presenza di complicanze (es. rene) dato che devo fare necessariamente la terapia immunosoppressiva; però la ricerca sta portando ad avere insule incapsulate sottocute per le quali basta la terapia immunosoppressiva sottocure. Il bimbo con cheto acidosi può simulare una bronchite o possono vomitare ed avere addome acuto chirurgico; va subito valutato con EGA e iniziare la terapia della chetoacidosi diabetica: occorre somministrare liquidi per ridurre lo shock ipovolemico (fisiologica senza insulina e poi con insulina), poi insulina 0,1 U/Kg/ora e.v. e correggere gli squilibri elettolitici, fra cui costante quello del potassio e frequente quello del sodio e magnesio. Somministrare glucosata al 5% o 10%, assieme ad insulina appena inizia la riduzione della glicemia al di sotto di 250-300 mg/dl per evitare ipoglicemia. Si danno 11U insulina ogni 50g di glucosio. Bisogna somministrare zuccheri perché le cellule del bambino sono svuotate di zuccheri! Bassa statura Si definisce “bassa” una statura che si colloca: o al di sotto di -2 SD per l’età o al di sotto del 3° percentile per l’età sulle curve di crescita di riferimento della popolazione; o al di sotto di -2 SD per il bersaglio genetico. Valutazione auxologia: 1. Valutazione della statura: è necessaria un’accurata misurazione della statura perché anche minimi errori in difetto o in eccesso ci portano poi a calcolare velocità di crescita molto diverse. o Statura da eretto: si valuta mediante lo statimetro di Harpenden (variabile inter e intraoperatore <2mm) o Statura da supino: nella prima infanzia, fino ai 2 anni di età si misura la lunghezza da supino utilizzando un infantometro. La lunghezza supina è, in media superiore di 2 cm alla statura da eretto. o Statura da seduto: è data dalla distanza fra il vertice e il piano orizzontale tangente alle protuberanze ischiatiche. Il rapporto tra statura da seduto e statura da eretto è molto utile 90 Lezioni di pediatria – 2011 in quanto ci informa sulla lunghezza relativa degli arti inferiori. Tale rapporto è alterato in alcune patologie quali l’acondroplasia, la sindrome di Turner, l’ipotiroidismo e nelle sequele da radioterapia Il peso viene valutato con una bilancia che assicuri un’approssimazione di 0.1 2. kg. 3. La velocità di crescita staturale viene valutata su un intervallo di tempo non inferiore a 4-6 mesi (perché alcune settimane si cresce tanto, altre si sta fermi, e non solo per l’intercorrenza di periodi di malattia dove si cresce meno): il calcolo viene effettuato dividendo la differenza fra 2 misurazioni successive per l’intervallo di tempo intercorso. Velocità di crescita: 1° anno: +50%, 2° anno: +1cm/mese, 3° anno-pubertà: 5 cm/anno ed infine spurt puberale: 8-12 cm/anno. Il maschio cresce di più perché inizia lo scatto puberale 2 anni dopo la femmina (accumulando 10cm circa di bonus) e hanno picco più grande di 3 cm (questo giustifica i 13cm di differenza quando si calcola il target genetico, TG). 4. Stadi dello sviluppo puberale: sistema di valutazione sia ispettiva che palpatoria che permette di paragonare lo sviluppo fisico dei genitali esterni nel maschio, della mammella nella femmina e della peluria pubica. La valutazione del volume dei testicoli nel maschio viene effettuata con l’orchidometro di Prader. o Sviluppo pilifero al pube: PH1-5 o stadi dello sviluppo mammario: B1-5 o Stadi dello sviluppo genitale maschile: G1-5 5. Età scheletrica: è la variabile più idonea ad esprimere il livello globale di maturazione biologica individuale. Lo scheletro presenta modificazioni maturative visibili sui radiogrammi che si realizzano lungo l’intero periodo dell’età evolutiva. Per l’interpretazione esiste metodo ad atlante di Greulich e Pyle, metodo a punteggio di Tanner e Whitehouse e metodo Fels. La correlazione con il target parentale è solo dopo i 2 anni perché prima sono ancora troppo importanti i fattori legati al parto e allo sviluppo intrauterino. Si riconoscono cause di bassa statura endocrine e non endocrine. Da cause non endocrine: o Bassa statura armonica: 9 Ritardo costituzionale di crescita: bassa statura e ritardo puberale. Rappresenta circa un terzo delle basse stature. Si caratterizza generalmente per un rallentamento della velocità di crescita nei primi 2-3 anni di vita con una successiva normalizzazione. La curva di crescita corre parallela al 3° centile con una velocità di crescita normale o leggermente inferiore. L’età ossea è ritardata rispetto all’età cronologica. La pubertà si instaura con ritardo ma lo spurt puberale avviene normalmente e pertanto la statura finale dei pazienti raggiunge la statura bersaglio. 9 Bassa statura familiare: rappresenta la forma più frequente di ipostaturismo. È presente bassa statura in altri componenti del nucleo familiare. I pazienti con bassa statura familiare hanno un aspetto armonico, e sviluppo puberale in età normale. Le loro curve di crescita decorrono parallele sotto il 3° centile, la velocità di crescita è nella norma, l’età ossea corrisponde all’età cronologica e la previsione di statura finale è compresa nella loro età bersaglio. 9 Nati piccoli per età gestazionale (SGA) Occorre differenziare IUGR ( Intrauterine growth retardation; minor potenziale di crescita fetale conseguente a processi patologici di origine materna, placentare o fetale) dagli SGA (small for gestational age; indica un neonato con peso alla nascita <3° percentile o a -2DS in relazione all’età gestazionale). La maggior parte (70-80%) dei neonati IUGR presenta una crescita di recupero entro i primi 2 anni di vita. In caso contrario i nati IUGR difficilmente avranno ulteriori possibilità di recupero e manterranno il percentile raggiunto a 2 anni o, in casi di pubertà anticipata comprometteranno ancor di più il loro ritmo accrescitivo. La pubertà tende a iniziare anticipatamente. Lo spurt puberale è più breve e meno marcato con conseguente aggravamento dell’ipostaturalità in età adulta. In molti soggetti IUGR e’ stata documentata un’aumentata secrezione di GH e di proteine vettrici dell’IGF-I con bassi livelli di IGF-I (condizione assimilabile ad una resistenza al GH). È stata anche osservata una ridotta secrezione di GH , non evidenziabile con gli stimoli classici ma solo in condizioni fisiologiche (anormale pulsatilità o ridotta concentrazione media). 91 Lezioni di pediatria – 2011 Un neonato piccolo per l'età gestazionale (SGA) presenta alla nascita, peso e/o lunghezza al di sotto di 2DS dalla media. L'80-85% degli SGA presenta una crescita di recupero entro il 2° anno di vita mentre il 10-20%, invece, mantiene una statura inadeguata durante tutta l’infanzia. Circa il 10-20% dei nati SGA raggiunge una statura da adulto inferiore a 2 SD e inferiore al target ed i bambini SGA sono a rischio di sindrome metabolica e di cardiopatia in età adulta. L’alterazione dell’asse GH-IGF-I e’ stata riscontrata negli SGA che non mostrano un recupero spontaneo di crescita e ha giustificato l’impiego dell’ormone della crescita in terapia. Terapia con GH negli SGA: il principale obiettivo e’ quello di normalizzare la statura e di mantenerla tale per tutto il periodo accrescitivo al fine di raggiungere una statura normale in età adulta. In Italia revisione nota AIFA 39 (GU n. 238 del 13/10/09): recepita l’indicazione della terapia con GH negli SGA, a carico del SSN previa autorizzazione della Commissione Regionale. Dose: 2,45-4,9 mg/Kg/settimana: dosaggi elevati nei primi anni di terapia, poi più ridotti effetto a lungo termine GH meno dose-dipendente; la durata varia dai 4-6 anni di età fino a fine crescita: VC < 2 cm/aa o età ossea ≥14 nelle femmine e a 16 nei maschi. Efficacia: guadagno di 1,2 - 2 DS in statura. Fattori legati alla risposta: età e altezza SDS all'inizio della terapia, target genetico, dose di GH. La risposta alla terapia è principalmente influenzata dalla dose di GH, dall’età di inizio e dalla statura iniziale. La dose ha effetti più evidenti a breve che a lungo termine. Bambini con la delezione dell’esone 3 del gene del recettore del GH sembra rispondano con una VC maggiore di quelli senza la delezione (non tutti gli studi concordano). 9 Deficit accrescitivo da cause organiche: cardiopatie, malassorbimento, insufficienza renale cronica (IRC), malattie del sangue, epatopatie croniche, malattie polmonari croniche (es. FC). Esempio la malattia celiaca: questa malattia rappresenta una causa relativamente frequente di bassa statura ed il ritardo di crescita può rappresentare l’unico sintomo clinico evidente; la eliminazione del glutine dalla dieta comporta un netto miglioramento delle condizioni generali e della velocità di crescita, con un recupero ed un miglioramento della previsione di statura definitiva che, tuttavia, talora può rimanere sotto l’altezza bersaglio. È presente una età ossea ritardata. I livelli di IGF-1 sono bassi e, se il malassorbimento è marcato, anche le risposte del GH ai tests di stimolo sono deficitarie. Pertanto la diagnosi differenziale con il deficit di GH è generalmente difficile. La diagnosi si raggiunge tramite la misura degli anticorpi antigliadina e/o antitransglutaminasi. 9 Sindromi con o senza alterazioni geniche o cromosomiche: ¾ La sindrome di Turner è caratterizzata da un cariotipo X0 e cromatina di Barr negativa, con fenotipo femminile ma assenza del secondo cromosoma X. Sebbene il quadro 45 X0 sia il più frequente, alcuni soggetti con sindrome di Turner presentano quadri di mosaicismo quali X0/XX oppure X0/XX/XXX; in questi pazienti l’alterazione deriva da una mancata disgiunzione all’inizio delle meiosi dello zigote. La sindrome di Turner compare in circa 1:2500 femmine nate vive. Il quadro clinico è caratterizzato da basso peso alla nascita e crescita lenta, con eccessivo rallentamento dopo il 6° anno di età. Spesso in queste pazienti si osserva collo a vela e lo “pterigium colli” in genere bilaterale (plica cutanea simmetrica triangolare della pelle che si estende dalla regione dell’orecchio alla spalla, a comparsa dalla terza infanzia); il viso è triste, il padiglione auricolare anteroruotato, c’è bassa attaccatura posteriore dei capelli, epicanto e rima palpebrale antimongoloide, rima buccale rivolta in basso, ipoplasia mandibolare triangolare con impianto basso delle orecchie (faccia da sfinge). La sindrome di Turner in età neonatale si presenta talora con un netto edema del dorso delle mani, dei piedi e della regione pretibiale (linfedema) che dopo alcuni mesi scompare. Sono frequenti anomalie scheletriche quali il torace lungo (a scudo) con capezzoli poco sviluppati e distanziati, valgismo del gomito (segno di Madelung) e più raramente del ginocchio. Accrescimento: la lunghezza alla nascita è normale ma la velocità di crescita tende progressivamente a ridursi ed il deficit staturale diventa evidente dopo il 4°-5° anno di vita, con ovviamente uno spurt di crescita puberale assente. In ogni bambina con deficit staturale e ritardo di maturazione ossea deve essere presa in considerazione la diagnosi di S. Turner, particolarmente nelle adolescenti con altezza 92 Lezioni di pediatria – 2011 <140 cm all’epoca della fisiologica comparsa della pubertà, anche in presenza di segni di sviluppo puberale. Le ovaie di queste pazienti presentano una progressiva trasformazione fibrotica durante la vita extrauterina che esita in età variabile nella formazione di benderelle fibrotiche (streak gonads). Lo sviluppo puberale anche se presente, è costantemente ritardato e incompleto (telarca assente o scarsamente rappresentato, pubarca assente o presenza di rari peli pubici, amenorrea primaria o menarca seguito da cicli irregolari con amenorrea secondaria). Di frequente riscontro sono le malformazioni: cardiovascolari, in particolare la coartazione aortica (con mancanza della pulsazione delle arterie femorali), il rene a ferro di cavallo, e le malattie autoimmuni (DM1, malattia celiaca, tiroidite di Hashimoto). ¾ La sindrome di Down è una anomalia genetica autosomica a carico del cromosoma 21, con un’incidenza di 1:800 – 1:1000 nati. Nel 95% vi è una trisomia 21 (47 cromosomi) dovuta ad una non disgiunzione della coppia del 21 nella meiosi. Questo difetto non ereditario è quasi sempre di origine materna, ed in particolare di madri anziane (rischio del 30% delle gravidanze a 42 anni). In un 4% dei casi vi è una traslocazione, 50% sporadica (i genitori hanno cariotipo normale) e 50% ereditaria (uno dei due genitori ha t(21;22) o t(14;21)); il restante 1-3% dei casi è un mosaicismo nella quale la non disgiunzione avviene in divisioni successive a quello zigotico. La sintomatologia è presente fin dalla nascita: occhio mongoloide (rima palpebrale obliqua dall’alto al basso e dall’esterno all’interno), epicanto (piega verticale all’angolo interno dell’occhio), macchie biancastre sull’iride (macchie di Brushfield), naso appiattito a sella, piccolo e rivolto all’insù, lingua scrotale e protrusa tra i denti. Tipici sono poi la voce rauca, i pomelli arrossati, il collo corto con pliche nucali sovrabbondanti (già visibili all’ecografia prenatale), l’attaccatura bassa delle orecchie e l’ernia ombelicale da ipotonia dei muscoli addominali. Le mani hanno dita tozze, corte, a tridente; le tre dita centrali sono di lunghezza uguale, le due laterali corte, il palmo presenta un solco unico. Le capacità mentali, deficitarie, comportano un ritardo mentale da moderato a grave delle funzioni intellettive e del linguaggio, mentre la sfera affettiva è meno compromessa: il bimbo Down è spesso mansueto, affettuoso e tende a essere vivace (mentre l’ipotiroideo è abulico). Crescita e sviluppo puberale: alla nascita lunghezza e peso sono di circa 0,5 SD ma a 3 anni la lunghezza è 2SD al di sotto della norma e il peso è 1,5 SD al di sopra della norma ma la tendenza al sovrappeso continua durante tutta l’infanzia. Lo spurt puberale è ridotto per una rallentata crescita degli arti. L’altezza media finale e’ 153 cm nel maschio e 145 cm nella femmina. La sindrome di Down si associa frequentemente a cardiopatie congenite (50%: PFO, DIV), difetti visivi (50%: strabismo e cataratta congenita), patologie autoimmuni (tiroidite, DM, malattia celiaca), deficit immunitari. Nei primi anni di vita c’è un alto rischio di leucemia acuta (LLA) in presenza del cromosoma Philadelphia. La conferma della diagnosi si fa con esame del cariotipo da sangue periferico. ¾ Sindrome Prader Willi: ipotonia muscolare generalizzata nella prima infanzia con difficoltà alla suzione e all’alimentazione, ritardo di sviluppo motorio, obesità e iperfagia (nella seconda infanzia), bassa statura, facies tipica, alterazioni oculari (miopia, esotropia), mani e piedi piccoli, ipoplasia dei genitali esterni, ipogonadismo, ritardo mentale da lieve a moderato e a atteggiamento comportamentale tipico (compulsivo, tratti ossessivi, attacchi di violenza e aggressività). Lunghezza alla nascita normale o lievemente ridotta ma nei primi mesi di vita rallentamento della crescita, stabilizzazione nella seconda infanzia e successivo grave rallentamento nell’adolescenza. Pubertà’ ritardata (casi di adrenarca precoce) e nella post-adolescenza nei maschi virilizzazione incompleta e nelle femmine oligomenorrea. Altezza finale: maschi 155, femmine 147 cm; diabete 20% casi. 9 Sindrome da deprivazione affettiva o Bassa statura disarmonica: acondroplasia ed ipocondroplasia. Le malattie genetiche dell’osso si caratterizzano per una bassa statura disarmonica, per brevità relativa degli arti (acondroplasia) o del tronco 93 Lezioni di pediatria – 2011 (displasia spondiloipofisaria). La crescita è scarsa fin dai primi mesi di vita. L’età ossea è in accordo con l’età cronologica, lo sviluppo puberale normale. Le anomalie dismorfiche tendono a evidenziarsi intorno ai 2-3 anni. La forma più frequente è l’acondroplasia la cui prevalenza è stimata fra 1/10.000 e 1/100.000. Complicanze: neurologiche ( idrocefalo, compressione midollare), respiratorie ( apnee ostruttive e centrali, torace ristretto), ORL (otiti, ipoacusie, infezioni vie respiratorie), obesità, odontoiatriche (prognatismo, malocclusione). 9 Acondroplasia: malattia genetica autosomica dominante caratterizzata da bassa statura disarmonica, cifoscoliosi e iperlordosi lombare, craniomegalia, ipoplasia mascellare e prognatismo mandibola, mani a tridente e lassità legamentosa. Caratteristiche radiologiche: cranio voluminoso, base e foramen magnum ridotto; riduzione distanza interpeduncolare e canale vertebrale ristretto, corpi vertebrali corti a concavità posteriore; bacino quadrangolare, collo femorale corto e tozzo; ossa lunghe brevi, metafisi slargate. 9 Ipocondroplasia: malattia genetica autosomica dominante. Clinica: eterogeneità clinica con bassa statura disarmonica, brevità segmenti prossimali degli arti, accentuazione lordosi lombare, brachidattilia, craniomegalia relativa. Caratteristiche radiologiche: riduzione o stabilita’ distanza interpeduncolare delle vertebre lombari, conformazione alterata delle vertebre lombari, colli femorali corti e tozzi, brachidattilia. Terapia: ormone della crescita ed allungamento chirurgico degli arti inferiori Accanto alle forme non endocrine ci sono poi tutte le forme di bassa statura da cause endocrine: o Deficit di GH o Sindrome di Laron o Ipotiroidismo: congenito o acquisito o Ipercortisolismo o Pseudoipoparatiroidismo o Pubertà precoce non trattata o Ipogonadismo o Diabete mellito non compensato Cause di deficit di GH isolato (o nell’ambito di ipopituitarismo) 9 Congenito: da malformazioni congenite della regione ipotalamo-ipofisaria (es displasia setto-ottica, oloprosencefalia), delezioni o mutazioni gene GH, mutazioni gene recettore GHRH o mutazioni dei fattori di trascrizione necessari per lo sviluppo dell’ipofisi: Prop1, Pit-1,Hesx1, Lhx3 9 Acquisito: tumori regione ipotalamo-ipofisaria (craniofaringiomi- germinomi, istiocitosi a cell. Langherans), irradiazione, traumi, infiltrazioni o infezioni ed idiopatico ( comprese anomalie regione ipotalamo-ipofisaria) Le mutazioni a carico dei geni che codificano per i fattori di trascrizione PROP1, PIT1, HESX1 ed LHX4 implicati nello sviluppo e differenziazione ipofisaria sono alla base di deficit ipofisari combinati (CPHD), con o senza alterazioni neuroanatomiche. GHD e GHI severi sono agli estremi e presentano fenotipi sostanzialmente indistinguibili. Deficit di GH isolato (IGHD): cause genetiche. Gene Trasmissione Fenotipo Gene Mutazioni IA AR Grave ritardo di crescita, GH non dosabile, sviluppo anticorpi anti-GH esogeno GH1 Delezioni Frameshift Nonsense IB AR Ritardo di crescita meno severo, GH basso ma dosabile, non anticorpi anti-GH GH1 GHRHR Splice site, Frameshift Missense, Nonsense II AD Deficit staturale variabile, Ipofisi normale o ipoplasica Possibili altri deficit ormonali ipofisari GH1 Splice site, Delezioni introni che, Missense Splice enhancer 94 Lezioni di pediatria – 2011 III X-linked GHD + Agammaglobulinemia GHD ± ritardo mentale e neuroipofisi ectopica SOX3, HESX1, Altri geni? Delezioni, Espansioni Altre mutazioni? Eziologia genetica nell’11% circa dei casi di IGHD, nel 34% delle forme familiari e nel 20% delle forme con grave deficit staturale (height SDS ≤ - 4.5) Mutazioni di sintesi, rilascio o azione di IGF-1: 9 Difetti di IGF-1: omozigoti (molto rari) con grave ritardo di crescita intrauterino (IUGR) e post-natale (da -12 a -8 DS) ed eterozigoti in associazione con perdita staturale di circa 1 DS. 9 Difetti di IGF-ALS: omozigoti con deficit staturale molto variabile (da -4.2 a 0.5 DS, possibile statura finale normale) ed eterozigoti in associazione con perdita staturale di circa 1 DS 9 Difetti di IGF1R: solo eterozigoti con deficit staturale da -4 a -2 DS. 9 Difetti del signaling di IGF-1? Esami ematochimici generali ed urinari o Valutazioni ormonali: FT3, FT4 TSH, cortisolo e ACTH , UFC, FSH, LH 17 betaE2 o testosterone, IGF-I/IGFBP3 o Secrezione di GH: 9 Test fisiologici: secrezione spontanea 24 ore o 12 ore notturne o esercizio fisico (non riproducibile) 9 Test farmacologici: test classici (clonidina, arginina, glucagone, ipoglicemia insulinica, L-dopa, GHRH) o test massimale (arginina o piridostigmina + GHRH). 9 Test dei generazione somatomedinica o Valutazioni strumentali 9 Rx mano sinistra per eta’ ossea 9 Rx cranio 9 RMN encefalo Test di stimolo della secrezione di GH: Il controllo della secrezione di GH si esplica attraverso l’attivazione di strutture del SNC deputate al controllo della funziona ipotalamica. Dall’ipotalamo vengono secreti due neuropeptidi: uno ad azione stimolante, il GHRH (growth hormone releasing hormone) e l’altro ad azione inibente, la SS (Somatostatina) i quali vanno ad agire attraverso il sistema portale ipotalamo-ipofisario sulle cellule ipofisarie GH produttrici. Strutture extraipotalamiche producono monoamine e neuropeptidi che controllano indirettamente la secrezione del GH andando ad agire sui neuroni ipotalamici produttori di GHRH e SS. Gli esami che valutano la funzionalità endocrina nei bambini, di norma, richiedono il prelievo di campioni di sangue in seguito alla somministrazione di agenti capaci di stimolare o sopprimere livelli circolanti di ormoni. Tali procedure possono essere poco gradite o dare degli effetti collaterali. Per tali ragioni devono essere eseguite su preciso sospetto clinico, in ambiente ospedaliero specialistico e sotto attenta sorveglianza del medico e dell’infermiera pediatrica. Di regola nei bambini, a differenza di quanto avviene negli adulti, campioni di sangue prelevati random per il dosaggio degli ormoni non hanno valore. Giacchè esami dinamici endocrini in eta’ pediatrica possono essere tecnicamente difficili e’ di estrema importanza che non vengano fatti errori nella preparazione del paziente, nei tempi e volumi dei campioni, nel compilare le richieste e nel trasporto dei campioni all’appropriato laboratorio. Se questo non accade, non sarà possibile una corretta interpretazione dei risultati e il bambino dovrà essere sottoposto ad ulteriori procedure poco gradite che potevano essere evitate. Quindi i tests di stimolo utilizzano sostanze che agiscono attivando vie nervose che modulano la produzione di GHRH e/o di somatostatina a livello ipotalamico. Solo il GHRH possiede sicuramente un azione diretta sulle cellule ipofisarie GH-secernenti. Il test GHRH + arginina agisce sulla duplice via, potenziando il GHRH e inibendo la SS. 95 Lezioni di pediatria – 2011 Test di stimolo modalità di esecuzione: bambino a digiuno da almeno 8 ore, pesare il bambino, spiegare la modalità del test, posizionare ago butterfly ed eseguire prelievo basale per GH, somministrare la sostanza stimolante secondo le modalità e le dosi proprie di ciascun test in infusione lenta di soluzione fisiologica ed eseguire prelievi per GH ogni 15-30 minuti. Valori di riferimento: 9 Secrezione spontanea notturna: > 3 ng/ml 9 Test di stimolo: classici: >10 ng/ml o massimale: >20 ng/ml. 9 test di generazione somatomedinica: incremento IGF- I > 50% del basale. Questo test si fa quando il test per la secrezione di GH è normale ma sono bassi i livelli di IGFs (somministrando GH ricombinante per 4 giorni e dosando IGF-I al 5° giorno). La secrezione spontanea di GH è di tipo intermittente con picchi irregolari durante il giorno. Durante la notte di regola i picchi compaiono in rapporto al ritmo veglia-sonno, 60-90 minuti dopo l’addormentamento, in coincidenza della fasi 3 e 4 del sonno. Terapia: nota 39 G.U. Classe A. Limitatamente alle seguenti indicazioni nell’età evolutiva: bassa statura da deficit di GH, sindrome di Turner citogeneticamente dimostrata, deficit staturale nell’insufficienza renale cronica e sindrome di Prader Willi in soggetti prepuberi. In età pediatrica la carenza di ormone della crescita (GH) deve essere documentata da: o dati auxologici (statura, velocità di crescita, età ossea, target genetico); o dati laboratoristici: picchi massimi di GH dopo uno o più test di stimolo diversi da riportare in triplice copia sulla scheda epidemiologica da inviare alla USL di provenienza, alla Regione e all’Istituto Superiore di Sanità Il trattamento con l’ormone va effettuato in bambini con bassa statura e/o bassa velocità di crescita determinati da deficit di GH: la carenza può essere quantitativa, determinata da cause ipofisarie e/o ipotalamiche, ma anche qualitativa, determinata da inattività biologica dell’ormone. Il deficit di GH deve essere dimostrato: a) deficit a patogenesi ipofisaria: mancata risposta di GH a due test provocativi classici (picco di GH ripetutamente inferiore a 10 mcg/l) oppure a un test massimale con GHRH + arginina o piridostigmina (picco inferiore a 20 mcg/L). b) deficit a patogenesi ipotalamica: secrezione spontanea media di GH nelle 24 ore o quantomeno nelle 12 ore notturne inferiore a 3 mcg/L ancche in presenza di normale risposta ai test provocativi. c) deficit dell’attivita’ biologica: bassi livelli di IGF-I normoresponsivi al test di generazione somatomedinica in pazienti con normale secrezione spontanea e stimolata. Il trattamento con GH biosintetico deve protrarsi in tutti i bambini fino al raggiungimento della statura definitiva al termine dell’epoca puberale. Il trattamento non va effettuato in bambini con bassa statura costituzionale o familiare in cui non siano state chiaramente documentate le alterazioni sopra specificate. Per una sorveglianza epidemiologica e’ opportuno che le Autorità Sanitarie preposte tengano presente che la prevalenza dell’ipostaturalismo da deficit di GH e’ dell’ordine di 1/4000 abitanti. Follow-up: clinico-auxologico (ogni 6 mesi) e di laboratorio (annuale): glicemia ed IGF-I Effetti collaterali: cefalea (per qualche settimana, è il più frequente nella sua rarità), artralgie, iperglicemia (passa con la sospensione della terapia raggiunto il bersaglio), epifisiolisi femorale prossimale e ipertendione endocranica. Insensibilità o resistenza al GH: consiste nell’incapacità del GH a espletare i suoi difetti biologici a causa di difetti genetici del recettore del GH o alterazioni della catena postrecettoriale (forme primitive), anticorpi circolanti anti-GH o condizioni patologiche come malassorbimento, a mlattie infiammatorie sepsi o insufficienza epatica (forme secondarie). o Sindrome di Laron: l’accrescimento è gravemente compromesso fin dai primi anni di vita, con statura prepubere tra -6 e -10 SD, età ossea ritardata, esordio ed evoluzione della pubertà normali o ritardati (manca un vero spurt puberale) e sviluppo puberale completo e normale funzione riproduttiva. Stature finali: maschi 119-142 cm, femmine 108-135 cm, senza correlazione con statura dei genitori. 96 Lezioni di pediatria – 2011 Proporzioni corporee: sono variabili ma tendenza ad arti corti rispetto al tronco, con acromicria, genitali piccoli fin dalla nascita. Caratteristiche somatiche sono capelli radi, testa relativamente grande rispetto alla statura, bozze frontali prominenti, naso a sella, sovrappeso fin dalla nascita, ridotta mineralizzazione ossea, ritardo di dentizione e muscolatura iposviluppata. Esami di laboratorio: crisi ipoglicemiche fin dalla nascita, colesterolo e TG normali o bassi nell’infanzia, ma tendono ad aumentare con l’età, livelli basali di GH più elevati del normale, soprattutto durante la notte ( fino a 200-300 ng/ml), risposte di GH agli stimoli provocativi normali-alte, livelli di IGF-I e IGFBP3 bassi e indosabili e non aumentano dopo test di generazione somatomedinica, GHBP bassa o indosabile e restante funzionalità endocrina nella norma. Bassa statura: la scoperta del gene SHOX Il gene SHOX (Short stature homeobox-containing gene) è contenuto all'interno della regione pseudoautosomiale PAR1 sul braccio corto dei cromosomi X e Y (Xp22.32 e Yp11.3). In questa posizione i geni non subiscono l'inattivazione del cromosoma X, (entrambe le copie del gene sono espresse in entrambi i sessi): per il corretto sviluppo delle strutture ossee è necessaria la dose diploide della proteina. La proteina trascritta dal gene si comporta da fattore di trascrizione e viene espressa prevalentemente nelle cellule osteogeniche. Mutazioni o delezioni del gene SHOX rappresentano la causa monogenica più frequente di bassa statura isolata o familiare. L'insufficienza del gene SHOX viene ereditata come carattere autosomico dominante. È stato ipotizzato che l'aploinsufficienza di SHOX possa causare una precoce differenziazione dei condrociti proliferativi e come conseguenza un'accelerazione della fusione delle piastre di crescita. L’aploinsufficienza del gene SHOX causa bassa statura con gravità ed espressione clinica largamente variabili (bassa statura senza caratteristiche dismorfiche come la bassa statura idiopatica, basse stature sindromiche quali la sindrome di Leri Weill e la sindrome di Langer, sindrome di Turner). La deformità di Madelung potrebbe derivare da una crescita disorganizzata di una parte dell’epifisi radiale, che determinerebbe un incurvamento del radio, una prematura fusione dell’epifisi e una dislocazione dorsale dell’ulna e ossa carpali serrate le une alle altre. Il radio, corto e ispessito, incurvato in prevalenza nella sua parte distale con l'estremità distale dell'ulna che appare dislocata. 9 La sindrome di Leri-Weill (LWD) è una rara osteocondrodisplasia (1/100.000 individui). La LWS è quattro volte più frequente nel sesso femminile in cui ha manifestazioni cliniche più gravi. La trasmissione avviene con meccanismo dominante in quanto è associata a mutazioni in eterozigosi del gene SHOX. Le mutazioni del gene SHOX sono state riportate nel 55-100% degli individui con LWS, di cui la maggior parte presentano completa delezione del gene e raramente, mutazioni puntiformi. È stato suggerito che il gene SHOX agisca da repressore della fusione delle cartilagini di crescita nelle ossa e della maturazione scheletrica negli arti e controbilanci l’azione degli ormoni estrogeni. Ciò spiegherebbe le più gravi manifestazioni scheletriche riscontrate nelle femmine. 9 SHOX e sindrome di Turner: la maggioranza dei tratti clinici osservati è ascrivibile all’aploinsufficienza del gene SHOX. Circa il 3% della popolazione presenta una statura inferiore al 3° percentile con normale proporzione tra i segmenti corporei e potrebbe pertanto rientrare nella categoria della bassa statura idiopatica. Se il 3% dei soggetti hanno bassa statura idiopatica e se consideriamo che circa 3% di essi hanno un SHOX-D dovremmo aspettarci una prevalenza di SHOX-D nella popolazione generale di circa 1/1000. questa prevalenza è ben maggiore di quella del GHD 1/3500 e della S. di Turner (1/2500 femmine). La bassa statura idiopatica può essere un fattore di rischio per problemi psicosociali, anche se una vera psicopatologia è rara. Trattamento: negli ultimi 10 anni studi clinici hanno dimostrato l’efficacia dell’ormone della crescita ricombinante (rhGH) nell’aumentare l’altezza finale in bambini con sindrome di Turner e bassa statura idiopatica. Considerando questo dato ci si è chiesti: la terapia con rhGH può migliorare il pattern di crescita e l’altezza finale anche in bambini con aploinsufficienza del gene SHOX? Alcuni autori suggeriscono che l'uso degli antagonisti del GnRH potrebbe migliorare l’altezza definitiva e attenuare o prevenire la deformità di Madelung. I soggetti con mutazioni del gene SHOX possono usufruire, come quelli con sindrome di Turner, della terapia con rhGH. Ci sono evidenze che la risposta alla terapia con GH sia dose-dipendente, inoltre come atteso i risultati sono migliori nei soggetti che iniziano precocemente la terapia. 97 Lezioni di pediatria – 2011 I disordini della pubertà La pubertà è la fase dello sviluppo dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi volta al completamento dello sviluppo sessuale e al raggiungimento della fertilità. È caratterizzata dalla maturazione dei caratteri sessuali primari e secondari e dall’accelerazione della crescita (“growth spurt”), con cui si raggiunge la statura definitiva. Mediamente l’età nella femmina è 8-13 anni e nel maschio 9-14 anni. o Nella femmina gradatamente va a formarsi il bottone mammario (telarca), successivamente si sviluppano le piccole labbra, inizia l’accrescimento dell’utero, appaiono i primi peli pubici (pubarca). Verso gli 11-12 anni (e comunque dopo 18-24 mesi dal telarca) per la maturazione dell’ovaio dipendente da LH ed FSH, i follicoli producono estrogeni e si ha il menarca (prima mestruazione); inizia così il ciclo mensile che, anovulare nei primi tempi, si ripete spesso con irregolarità. o Nel maschio, con un ritardo di 1-2 anni, aumenta il volume dei testicoli (<4mL) e si ha la loro maturazione: l’LH stimola le cellule di Leydig aprodurre androgeni mentre l’FSH stimola le cellule del Sertoli a produrre spermatozoi. Gli androgeni inducono la comparsa dei caratteri sessuali secondari: crescita della barba e dei peli pubici (distribuiti a “losanga” lungo la linea alba, a differenza di quelli femminili che formano un “triangolo” a base superiore), aumento della lunghezza del pene, aumento della massa muscolare, modificazioni della voce e spesso acne. Negli ultimi secoli i cambiamenti nella crescita e nello sviluppo rappresentano indicatori delle condizioni socioeconomiche, socio-igeniche e dello stato di salute della popolazione. Il termine “secular trend” è spesso usato per descrivere un lento e continuo cambiamento nella crescita e nello sviluppo durante generazioni successive che vivono negli stessi territori. Questo secular trend è strettamente correlato al miglioramento dello stato nutrizionale e di salute, per cui la crescita di una popolazione è stata definita come “lo specchio delle condizioni della società”. Ridefinizione dei limiti della pubertà fisiologica: 6 anni nelle ragazze americane di razza nera, 7 anni nelle ragazze americane di razza bianca, 8 anni nelle ragazze europee mentre nei maschi non è evidente lo stesso trend puberale e l’età è la stessa in tutto il mondo. In Italia è stato recentemente dimostrato che l’anticipo del menarca è di circa 0,1 anni per decade, a sostegno dell’ipotesi che il secular trend stia giungendo a un arresto. L’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi riconosce diverse cause: 1. Fattori genetici: ci sono evidenze della regolazione genetica del timing puberale: forte concordanza fra gemelli monozigoti, correlazione con l’età di inizio della pubertà materna e differenze nei diversi gruppi etnici. L’insieme dei dati suggerisce che il 50-80% della variazione dell’epoca puberale è determinata da fattori genetici. 2. Eccesso ponderale: numerosi studi hanno dimostrato un’associazione tra un aumentato BMI e un precoce inizio della pubertà o del menarca negli Stati Uniti e in Europa. Altri hanno suggerito che i contemporanei cambiamenti nel BMI e nel timing puberale sono coincidenti ma indipendenti. Questa associazione tra massa grassa e anticipato sviluppo puberale non è stata dimostrata nel sesso maschile. Tutti questi studi hanno mostrato la relazione tra anticipo puberale e obesità nelle ragazze, ma l’aumento della massa grassa e del BMI predispone all’anticipo puberale o l’anticipo puberale conduce in alcuni casi a un aumento estrogeno-mediato della massa grassa? Non si sa. Leptina svolge un effetto stimolatorio diretto sull’asse riproduttivo e sembra essere il requisito per un corretto funzionamento di questo asse. Inoltre ha il compito di informare il SNC riguardo lo stato delle riserve energetiche, essendo essa rilasciata dal tessuto adiposo. 3. Esposizione a disregolatori endocrini: composti esogeni sintetici o naturali capaci di interferire con la sintesi, la secrezione, il trasporto, l’azione o il catabolismo degli ormoni endogeni con conseguente alterazione dell’omeostasi endocrina dell’organismo. Esercitano effetti endocrini a concetrazioni/dosi 1000 volte inferiori rispetto a quelle considerate tossiche. Sono agonisti/antagonisti deboli con una potenza 100-3.000 volte inferiore agli ormoni endogeni; per questo sono stati sottovalutati per molto tempo. I DE possono agire a diversi livelli dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi sia in epoca perinatale che pre-puberale determinando diversi outcomes. Il diclorodifeniltricloroetano (DDT) è stato il pesticida clorurato più usato negli anni ’40 e ’50. Attraverso il suo utilizzo la malaria è stata eradicata da molte regioni dell’Europa e del Nord America. Nel 1948 Paul Hermann Müller fu premiato con il Premio 98 Lezioni di pediatria – 2011 Nobel per la Medicina per la scoperta della grande efficacia del DDT come veleno da contatto contro molti artropodi, ma è un inquinante organico persistente e altamente resistente all’ambiente con un tempo di dimezzamento di 2-15 anni. Alcuni dei suoi prodotti di degradazione sono altamente persistenti e con proprietà chimico-fisiche simili a quelle del DDT. Dal 1972 il suo utilizzo è stato proibito negli USA e dal 1978 anche in Italia. Nei Paesi in via di sviluppo, le differenze legate allo stato socio-economico o all’ ambiente di vita (urbano o rurale) potrebbero spiegare le importanti variazioni nel timing della pubertà. 4. Condizioni socio-economiche: nei Paesi sottosviluppati il secular trends può ancora essere osservato e diventa evidente quando si confrontano ragazze di differente stato socio-economico. 5. Imprinting prenatale: alcune variazioni dell’età di comparsa del menarca possono essere correlate con un basso peso alla nascita. Nel Regno Unito l’età al menarca era anticipata di 0,2 anni nelle ragazze con un peso alla nascita inferiore a 2,85 kg rispetto a quello con peso superiore 3,75 kg. Tra le ragazze spagnole con pubertà anticipata, il menarca compariva un anno prima in quelle con un peso alla nascita inferiore a 2,7 kg rispetto al resto della coorte. Uno studio israeliano ha mostrato un’età media al menarca avanzata di circa 1,3 anni nelle ragazze IUGR rispetto a quelle AGA. Alcune variazioni dell’età di comparsa del menarca possono essere correlate con un basso peso alla nascita. Nei soggetti SGA è stata dimostrata una maggior prevalenza di pubertà precoce rispetto ai soggetti AGA e una minor prevalenza di ritardo puberale. 6. Modulazione neuroendocrina: esiste un GnRH pulse generator, ovvero neuroni ipotalamici che traducono segnali neuronali in un rilascio periodico di un segnale chimico con rilascio di LHRH. Durante la pubertà si ha attivazione del GnRH pulse generator che, dall’infanzia alla pubertà è soppresso (feed-back negativo degli steroidi gonadici, meccanismi inibitori centrali). Si è osservato recentemente che a regolare i neuorini GnRH secernenti sarebbe un neuro-trasmettitore, la kisspeptina (che deve il suo nome alla golosità del suo scopritore, pensando ai “baci di cioccolato”). Mutazioni disattivanti il gene per recettore della kisspeptina determinano mancato sviluppo puberale e infertilità in età adulta. Mentre la somministrazione di kisspeptina in topi e scimmie perpuberi induce una precoce secrezione di gonadotropine. Insieme a Kisspeptina anche la neurochinina B (NKB), tachichinina codificata dal gene Tac2, è stata recentemente coinvolta nella regolazione della pubertà e della riproduzione. Caratteristiche ormonali principali della pubertà: aumento di ampiezza e frequenza pulses LH, risposta LH a LHRH, secrezione estradiolo in ragazze e testosterone in ragazzi, secrezione GH e IGF-I e aumento della secrezione prolattina nelle ragazze. C’è poi aumento dell’attività surrenalica con incremento di androgeni surrenalici (DHEAS, 17OHPG, androstendione). Modificazioni in epoca puberale: o somatiche: caratteri sessuali primari e secondari, sviluppo gonadi, scatto accrescitivo, composizione corporea. o ormonali e metaboliche: maturazione asse ipotalamo-ipofisigonadi. o comportamentali Classificazione di Marshall e Tanner: nel maschio: aumento dimensioni testicoli (diametro long. > 2.5 cm o volume testicolare > 4 ml è il 1° segno inizio pubertà) e sviluppo peli pubici e ascellari; nella femmina: sviluppo mammario (dipendente da estrogeni ovarici) e sviluppo peli pubici e ascellari (dipendente da androgeni ovarici e surrenalici). 99 Lezioni di pediatria – 2011 Scatto di crescita puberale: spiccato aumento della velocità di crescita (cm/anno) che caratterizza il periodo puberale. Si compone di 3 fasi: deflessione della velocità di crescita, picco di velocità di crescita (PHV) e arresto accrescimento e saldatura epifisi. Composizione corporea: pre-pubertà: maschi e femmine hanno massa magra, massa scheletrica e massa grassa simili. Maschio adulto ha massa magra, scheletrica e muscolare 1.5 volte > femmina. Femmina adulta ha massa grassa 2 volte > maschio. Pubertà precoce Comparsa dei primi segni puberali ad una età significativemente inferiore (-2.5 DS) rispetto alla media della popolazione generale, in pratica prima degli 8 anni nella femmina e prima dei 9 anni nel maschio. È importante differenziare quadri patologici da varianti parafisiologiche: telarca precoce isolato (transitorio, prima infanzia), pubarca precoce isolato (o semplice) e gonadarca nel maschio (macroorchidismo isolato, raro) Classificazione della pubertà precoce: 1. Pubertà precoce vera (GnRH dipendente o centrale) o pubertà precoce vera idiopatica (prematura riattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi) o affezioni organiche del SNC o ipotiroidismo primario 2. Pseudopubertà precoce (GnRH indipendente o periferica) o tumori secernenti hCG o ipersecrezione steroidi sessuali (tumori steroido-secernenti, iperplasia corticosurrenalica congenita, testotossicosi) o sindrome di McCune Albright o cause iatrogene 3. Forme incomplete o Telarca precoce o Pubarca precoce Pubertà precoce centrale (PPC): analogamente a quanto avviene nella pubertà fisiologica, la pubertà precoce vera è provocata da un aumento della secrezione pulsatile di GnRH. Viene considerata idiopatica (secondo la letteratura internazionale rappresenta dal 69 al 98% nelle femmine e dall’1 al 60% nei maschi) o secondaria ad alterazioni del SNC: amartoma ipotalamico, tumori (craniofaringiomi, meningiomi, gliomi, cordomi, ependimomi, germinomi), malformazioni congenite (cisti aracnoide, cisti soprasellare, idrocefalo, displasia settoottica) e forme acquisite (infezioni del SNC, irradiazione cranica, chemioterapia, traumi cranici). Condizioni predisponenti PPC: neurofibromatosi tipo I, idrocefalo, meningomielocele, encefalopatia neonatale, irradiazione cranica e adozione di bambini da paesi in via di sviluppo. 1. Amartoma: lesione simil-tumorale, congenita, formata da materiale gliale, neuronale, fibroso. Solitamente è localizzato a livello del pavimento del terzo ventricolo, vicino al tuber cinereum e ai corpi mammillari. È responsabile di pubertà precoce nel 12-28% dei casi di PPC a seconda delle casistiche. La pubertà precoce si presenta in genere ad una età molto precoce, spesso sotto i 4 anni. Quando sospettare la presenza di amartoma? Insorgenza della pubertà molto precoce (anche <4anni), pattern ormonale compatibile con attivazione centrale del GnRH pulse generator, assenza di segni di 100 Lezioni di pediatria – 2011 pseudopubertà precoce e ovviamente dalle caratteristihe all’esame RMN. Unica caratteristica sono le crisi gelastiche (crisi di riso senza motivo) 2. Neurofibromatosi tipo 1 (malattia di Von Reckligausen) è caratterizzata da displasia fibrosa poliostotica, pigmentazione cutanea con chiazze color caffè-latte e pubertà precoce; i trasmette come disordine autosomico dominante con incidenza di 1:3500 nati vivi. La diagnosi richiede la presenza di 2 o più criteri maggiori: o 6 o più macchie caffelatte o 2 o più neurofibromi cutanei o 1 neurofibroma plexiforme o caratteristiche lesioni ossee o glioma ottico o 2 o più noduli di Lish o parenti di primo grado con NF1 Cosa dobbiamo valutare? Familiarità positiva per pubertà precoce, età di comparsa dei caratteri sessuali secondari, velocità di progressione dei segni puberali, esame auxologico: percentile dell’altezza, peso, proporzioni corporee, velocità di crescita (“spurt” di crescita puberale) e presenza di eventuale adrenarca anticipato. Poi: o Clinica: nel maschio aumento del volume testicolare, comparsa di peli pubici e ascellari e modifiche maturative dei genitali; nella femmina ingrossamento delle piccole labbra, telarca, presenza di peli pubici e ascellari, leucorrea e menarca. o Esami ormonali: il test GnRH è fondamentale per differenziare l’eziologia della pubertà precoce tra centrale e periferica. Si effettua il GnRH test alla dose di 60 µg/m2 con dosaggio di FSH e LH ai tempi 0, 30, 60 minuti e con valutazione degli steroidi sessuali. Il test GnRH è fondamentale per differenziare l’eziologia della pubertà precoce tra centrale e periferica. Alcuni autori effettuano il dosaggio al solo tempo 30 minuti, suggerendo che il dosaggio degli altri tempi non aggiunge valore diagnostico. Nella PPC la risposta di LH è di tipo puberale e la risposta di LH risulta predominante rispetto a quella di FSH (inversione del rapporto FSH/LH); i livelli basali di gonadotropine non sono di grande utilità diagnostica. Con i comuni metodi di dosaggio, i livelli plasmatici di testosterone sono in genere elevati nel maschio con PPC, mentre i livelli di estrogeni nella femmina non sono aumentati in circa la metà dei casi o Rx mano sinistra: la valutazione dell’età ossea fornisce informazioni sulla maturità scheletrica. Un riscontro di età ossea avanzata di due anni o più rispetto all’età cronologica è fortemente sospetto. o Ecografia pelvica: è un importante strumento per la valutazione diagnostica. Il volume delle ovaie è un importante marker di pubertà precoce, soprattutto se aumento bilaterale, ma si valutano poi anche struttura delle ovaie, lunghezza dell’utero, forma dell’utero, rapporto corpo/collo dell’utero e linea endometriale. o RMN del sistema nervoso centrale: è l’esame necessario in ogni nuova diagnosi di PPC per escludere una lesione cerebrale. Abbiamo visto come le alterazioni a livello del SNC sono più frequenti nel maschio e in determinate età, comunque una lesione del SNC non può essere mai esclusa a priori. La PPC può essere la prima manifestazione di un tumore cerebrale e quindi può permettere una diagnosi precoce (ma ricorda che l’amartoma è in genere asintomatico, a parte la presenza di PPC) Terapia: il razionale è inibire l’attività del “GnRH pulse generator” ipotalamico e l’attività delle cellule gonadotrope a livello ipofisario. Meccanismi: desesitizzazione (“down-regulation”) dei recettori del GnRH a livello ipofisario e feedback negativo degli steroidi sessuali a livello sia ipofisario sia ipotalamico. Elementi da considerare a favore del trattamento: età cronologica <7/8 (F/M) anni, età ossea oltre 3 SD, statura corretta per età ossea < statura bersaglio, statura bersaglio bassa, potenziale di crescita in deterioramento e problemi psicologici gravi. GnRH superagonisti (I scelta): analoghi sintetici del decapeptide naturale GnRH. Somministrati in modo continuativo inducono, dopo un’iniziale stimolazione della secrezione gonadotropinica (“flare up effect”), down regolazione del recettore del GnRH e conseguente inibizione della secrezione di FSH e LH e quindi dell’attività gonadica. GnRH antagonisti: si legano al recettore del GnRH bloccando l’accesso al GnRH endogeno con conseguente inibizione della secrezione di FSH, LH e steroidi gonadici immediata (Cetrorelix, Abarelix, Ganarelix, Teverelix). 101 Lezioni di pediatria – 2011 Fine terapia: l’età cronologica a cui sospendere la terapia dipende da: età ossea, statura raggiunta, profilo psicologico, desideri del pazienti e della famiglia. In generale: risultati migliori se sospensione quando età ossea tra 12 e 12.5 anni nelle ♀ e tra 13 e 13.5 nei ♂; il 75% dei pazienti trattati raggiunge statura definitiva all’interno del target genetico e i risultati sono migliori se inizio precoce della terapia (non risultati in ♀ con inizio terapia a 8-10 aa). Alla fine della terapia, completa reversibilità della soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, con menarca 6-18 mesi dopo. Esempio di terapia: treptorelina (depot) 3,75 mg/28 gg, sc o im. Differenziare quadri patologici da varianti parafisiologiche: 1. Telarca precoce isolato: sviluppo del seno bilaterale o unilaterale, senza altri segni di secrezione di estrogeni. Età ossea e velocità di crescita nella norma; gonadotropine basali, testosterone ed estradiolo nel range normale prepubere ma FSH può essere aumentato. Eco pelvi nella norma (prepubere) e si consigliano controlli clinici e di laboratorio ogni 6 mesi per eventuale evoluzione a pubertà precoce. 2. Pubarca precoce isolato: presenza di peli pubici prima di 8 anni nella femmina e di 9 anni nel maschio. Possibile presenza di: ircarca, velocità di crescita aumentata, età ossea lievemente aumentata ma non progressione a pubertà precoce, statura definitiva non compromessa ed eventualmente si consiglia ACTH test per escludere forma non classica di Sindrome adrenogenitale (SAG). 3. Menarca precoce isolato: sanguinamenti vaginali isolati, senza altri segni di pubertà; l’età ossea non è avanzata e le gonadotropine basali ed estradiolo sono nel range normale prepubere. Pseudopubertà precoce: sviluppo prematuro dei caratteri sessuali secondari dovuto a produzione di steroidi indipendentemente dalla secrezione di gonadotropine. età ossea e velocità di crescita aumentati, testosterone o estradiolo aumentati ed LH e FSH basali e dopo stimolo con GnRH prepuberi o soppressi. Cause: o tumori: K che producono hCG (epatoma, corioepitelioma gonadico, teratoma extra-gonadico), K surrene, K testicolo, K cellule Leydig (o iperplasia) o K ovaio. o uso esogeno di steroidi o cisti ovarica autonoma o ipotiroidismo grave non trattato o iperplasia surrenalica congenita L’incremento di steroidi sessuali è indipendente dal GnRH. Cause più comuni nel maschio: tumori hCG secernenti (tumori cellule germinali, epatoblastomi, teratomi), iperplasia surrenalica congenita, tumori surrenalici o ipotiroidismo primitivo. Ancora patologia recettoriale delle gonadotropine (Sindrome di McCune Albright): displasia fibrosa caratterizzato da sostituzione del tessuto osseo con tessuto fibroso, cute con macchie caffelatte comunemente localizzate alla regione lombo-sacrale, pubertà precoce, iperfunzioni endocrine autonome interessanti la tiroide, il surrene, l’adenoipofisi. La pubertà precoce è legata all’eccessiva produzione di estrogeni da parte di cisti ovariche iperfunzionanti. E’ caratterizzata da periodi alterni di rapida maturazione e di regressione dei caratteri puberali. Si possono verificare flussi mestruali prima delle manifestazioni mammarie e spesso sono presenti cisti ovariche. In alcune bambine, soprattutto in quelle con maturazione molto avanzata può presentarsi secondariamente una pubertà precoce centrale. Possibilità terapeutiche della pseudo-pubertà precoce: non efficaci GnRH analoghi ma si possono usare inibitori della steroidogenesi (medrossiprogesterone acetato), antiandrogeni (spironolattone, ciproterone acetato), inibitori dell’aromatasi inibitori della steroidogenesi surrenalica (ketoconazolo) e terapia sostitutiva con L-tiroxina in caso di ipotiroidismo. Pubertà ritardata: mancata comparsa dei caratteri sessuali secondari ad un’età significativamente superiore (+ 2.5 DS) alla media. Nella femmina: assenza del bottone mammario a 13 anni o assenza del menarca a 15 anni; nel maschio: volume testicolare <4mL a 14 anni. Inoltre: mancata progressione da uno stadio puberale all’altro nell’arco di 2 anni. La pubertà ritardata può avere un’origine funzionale (ritardo semplice) oppure può essere di origine organica: sono queste ultime le forme definite come ipogonadismi. 102 Lezioni di pediatria – 2011 Il ritardo semplice può essere di origine genetica o idiopatica, oppure può essere secondario a cause note (malattie sistemiche croniche, disturbi psicosociali, endocrinopatie…) ed in tutte queste condizioni il ritardo puberale si accompagna a ritardo staturale e dell’età ossea. L’ipogonadismo ipogonadotropo può essere dovuto a deficit isolato di gonadotropine (sindrome di Kallman con associata anosmia), deficit associato a sindromi mal formative (Laurence-Moon-Biedl, Prader-Willi, Frolich), panipopituitarismo, da tumori del SNC che abbiano distrutto l’ipofisi o dopo traumi. L’ipogonadismo ipergonadotropo (da causa gonadica) è invece legato a displasie (Turner, disgenesia gonadica pura, sindrome dell’ovaio rudimentale, deficit 17-idrossilasi, Klinefelter, anorchia, sindrome di Del Castillo), a lesioni acquisite (castrazioni accidentali da traumi o da torsione spontanea, radioterapia) o nelle sindomi mal formative con ipogonadismo (sindrome di Leopard, di Bar, di Thomson). Diagnosi: storia del paziente, esame obiettivo, valutazione auxologia, olfattometria (escludere sindrome di Kallmann), cariotipo, RMN encefalo, ecografia pelvica ed esami di laboratorio: FSH, LH, testosterone o estradiolo, prolattina, DHEAS, fT3, fT4, TSH, test LHRH per FSH, LH, secrezione spontanea LH e FSH. Terapia: sostituzione ormonale. Nel maschio testosterone enantato 50 mg im ogni mese per circa 9-12 mesi poi dosi gradualmente crescenti, sino a dose sostitutiva adulto: 200 mg im ogni 2 settimane. Nelle femmine: etinilestradiolo 5 ug p.o. o estrogeni coniugati 0.3 mg p.o. al giorno per primi 4-6 mesi poi terapia ciclica estroprogestinica Il bambino immigrato Uno degli aspetti che hanno caratterizzato il nostro paese negli ultimi anni è senza dubbio quello dell’immigrazione: negli ultimi 30 anni infatti, l’Italia da paese di emigrazione è diventato meta d’arrivo per un grande numero di persone provenienti da Paesi in via di sviluppo (PVS). Oggi si stima che nel nostro paese ci siano 4,2 milioni di immigrati con circa 800.000 soggetti di età compresa tra 0 e 18 anni. I bambini e gli adolescenti di origine straniera rappresentano una popolazione costituita da una serie di componenti molto diverse fra loro: o Nati in Italia da genitori immigrati (sono lo scorso anno 75.000 unità i figli di coppie in cui almeno un genitore è straniero, rappresentando il 16% di tutti i nuovi nati). A Novara c’è un incremento del 3-4% ogni anno, arrivando al 32,8% dei nati in ospedale. o Immigrati con i genitori: bambini nati nel paese d’origine e che arrivano nel nostro paese con i genitori oppure per il ricongiungimento familiare. o Adottati all’estero: sono 5-7.000 ogni anno, più dall’est europeo e dal sud America. Questi bambini rischiano molto di diventare sovrappeso/obesi come reazione normale nei confronti di una privazione per anni di cibo ed affetti. o Stranieri non accompagnati: bimbi che vivono da soli, come i meninos de rua, e arrivano senza possibilità e sono oggetto delle attenzioni della malavita. È comune nelle nostre realtà vedere bambini che praticano l’accantonaggio, le vendite ambulanti di merci e piccoli servizi. In alcuni casi questo sfruttamento è molto più grave con lavoro minorile, avvio alla prostituzione, spaccio e furti. o Nomadi: migranti con molti problemi per il loro continuo girovagare in condizioni difficili. o Profughi e rifugiati politici: questi arrivano da aree di guerra e non sono quantificabili. I tre paesi più rappresentati in Italia nel 2010 sono Romania, Marocco e Tunisia seguiti a distanza da nord e centro Africa, est Europa e centro-sud America; i cinesi sono e restano un mistero. Un problema di rilievo è costituito dagli insufficienti controlli delle gravidanze durante il periodo gestazionale, la cui conseguenza è un significativo aumento di infezioni, malformazioni, asfissia, distress e mortalità nei neonati. La letteratura medica ha messo in evidenza come i bambini provenienti dai PVS si ammalino prevalentemente di patologie del paese ospite, sovrapponibili a quelle della popolazione generale italiana: problematiche respiratorie e gastrointestinali. Esistono però alcune patologie endemiche nei PVS d’origine e rare nel bambino italiano che meritano di essere ricordate anche dai medici italiani: 103 Lezioni di pediatria – 2011 Tubercolosi: è ad alta endemia nei PVS e sono gli adulti e le scarse condizioni di vita, e l’affollamento, contribuire alla diffusione nel nostro paese più che i bambini. o Malaria: il bambino straniero non è fonte di contagio ma vittima di malattie tropicali, come appunto la malaria (che va sempre sospettata in un bambino con febbre che arriva al PS dopo la vacanza nel paese di origine); paradossalmente sono forme molto più gravi, anche con malaria encefalica. o Vermi intestinali: sono frequenti nei bambini molto piccoli appena arrivati nel nostro paese; questi bambini possono ospitare anche 2-3 specie di parassiti diversi. o Malattie genetiche rare da noi, come ad esempio le numerose emoglobinopatie (come l’anemia falciforme e l’alfa-talassemia tipica dell’est asiatico). o Disturbi nutrizionali: sono frequenti nelle famiglie immigrate di recente. Un aspetto particolare riguarda il rachitismo, che si osserva non di rado; allattati al seno, spesso di pelle scura, per la tendenza delle madri a non esporli al sole e di coprirli eccessivamente, questi bambini necessitano una dose doppia di Vitamina D per integrare (800U/die); in 4 anni in Piemonte se ne sono visti 100 casi. Un problema emergente è il sovrappeso e l’obesità o Pubertà precoce: condizione frequente nelle bambine adottate dall’estero, diretta conseguenza del rapido mutamento dell’ambiente e delle condizioni di vita. Questo comporta una bassa statura da adulta e per questo si “frena” la pubertà con analoghi del GnRH. Una verifica dello stato di immunizzazione deve essere fatta visionando il certificato vaccinale e se è incomprensibile facendolo tradurre. Si pone spesso la necessità di una integrazione rispetto alle vaccinazioni raccomandate in Italia, anche perché ogni stato adotta il suo programma vaccinale. Poi nei PVS non è sempre garantito il controllo di qualità della filiera (es. catena del freddo) e quindi il vaccino con virus vivo attenuato (es. trivalente) può non essere efficace. Qualora sia anche solo ipotizzabile una incompleta o inefficace immunizzazione non vale la pena fare gli anticorpi specifici (forse solo per il tetano e la tossina difterica) ed è pertanto sempre giustificato ripartire da zero con il nostro calendario vaccinale. o Maltrattamenti, incuria e abusi sui minori Quando si parla di maltrattamenti non si intendono solo le percosse o le botte (che entro certi limiti possono rientrare come mezzo educativo) ma si intende la voglia di far male, anche e soprattutto quella psicologica (il bambino come strumento per far male all’altro coniuge nelle famiglie che si stanno separando). Con il termine anglofono “child abuse and neglect” si intende proprio questa condizione di maltrattamenti e abusi fisici, psicologici, incuria ed abbandono: tutte facce della stessa medaglia. In Italia ci sono ogni anno 25.000 segnalazioni (ma è bene ricordare come il telefono azzurro non ha mai segnalato 1 solo caso al tribunale). Sono bambini questi che hanno ricoveri ripetuti in diversi ospedali (il cosiddetto “medical shopping”), oppure che cambiano spesso pediatra di base per paura che si insospettisca. Tipico è che i genitori si presentino al PS dopo 1-2 giorni dal trauma (a differenza degli altri che corrono subito) e frequentemente la mamma racconta una cosa e il papà un’altra contraddicendosi. Un aspetto molto furbo è che negli USA ogni verbale di PS prevede una croce imponendo il quesito: “hai sospettato un maltrattamento?” così da obbligare il medico a pensarci. Segni rilevabili sui bambini sono una faccia triste, impaurita o rassegnata e soprattutto un forte sospetto quando si fidano a prima vista di un camice bianco per sfuggire da mamma o papà; poi ovviamente le lesioni cutanee e tipiche le fratture multiple non contemporanee. Il bambino va sempre visitato nudo perché non ha pudore o vergogna del medico: se a 8-9 anni ha pudore gli è successo qualcosa. Gli esami ematochimici si fanno per escludere altre patologie “organiche” ma più spesso il bambino viene inviato dal pediatra di base al PS proprio per valutare un eventuale abuso. È poi importante fotografare il bambino (ovviamente dicendo ai genitori che così il dermatologo può vedere bene) e chiedere tutte le consulenze necessarie: NPI, dermatologica o medico-legale. Il segreto professionale nei confronti dei genitori abusanti non esiste in quanto il medico deve tutelare la salute del minorenne. L’incuria può riguardare diversi aspetti: 104 Lezioni di pediatria – 2011 Stato di salute: non rispettano il calendario vaccinale, disturbi visivi/uditivi non curati o patologie pediatriche non trattate adeguatamente. o Segni fisici: vestiti inadeguati per l’età (segnalati dagli insegnanti), scarsa igiene, dermatosi (pidocchi o scabbia), denutrizione, ipernutrizione (lasciar che mangia quello che vuole basta farlo star bravo), sviluppo psicomotorio inadeguato (per aver ricevuto pochi stimoli). o Segni comportamentali: bambini con inversione dei ruoli con i genitori perché costretti a cavarsela da soli fin da piccoli: stanchezza/pigrizia, scarso apprendimento, disturbi dell’attenzione e infortuni ripetuti. Con sindrome di Munchausen per procura si intende una simulazione intenzionale di segni e/o sintomi fisici o psicologici per risultare malato. Quella per procura è far credere al medico che dei segni/sintomi del bambino sono veri, quando invece sono creati artificialmente; di solito sono madri istruite (medici o infermiere) in una famiglia in cui il padre è quantomeno assente. La mamma inventa sintomi ed il bambino viene indagato inutilmente. Segni possono essere macchie di pennarello, emorragie simulate con sangue materno (anche quello mestruale), dissenteria indotta da lassativi, crisi causate da ipoglicemizzanti orali, ecc. A volte poi sono vere e proprie malattie provocate: iniezione di liquidi infettivi putridi di materiale bioptico o di feci! Ecchimosi e lesioni ai glutei si verificano quando c’è sotto la pelle un osso mentre sui tessuti molli le ecchimosi che si formano sono sempre lesioni. Karl Friedrich Hieronymus von Münchhausen, conosciuto come il Barone di Münchhausen, è stato un militare tedesco divenuto famoso per i suoi inverosimili racconti: tra questi, un viaggio sulla Luna, un viaggio a cavallo di una palla di cannone ed il suo uscire incolume dalle sabbie mobili tirandosi fuori per i propri capelli. Con sindrome di Münchhausen s'intende una patologia apparente provocata volontariamente dal paziente stesso e che produce segni clinici simili ad altre malattie. Tali disturbi fittizi spesso non sono riconosciuti subito dal medico come tali ma vengono, nella maggior parte dei casi, scoperti escludendo la presenza di tutte le affezioni che normalmente presentano il quadro sintomatologico in essere, ma che non potrebbero essere sufficienti ad escludere altre patologie. Solitamente i pazienti con disturbi fittizi sono preda di rimuginazioni su come convincere il medico a prendere sul serio la propria sofferenza. Il loro tono affettivo prevalente è la superficialità emotiva. Sindrome di Münchhausen per procura, conosciuta anche come sindrome di Polle (Polle era il figlio del barone di Münchhausen, morto infante in circostanze misteriose) è il nome di un disturbo mentale che affligge per lo più donne madri che le spinge ad arrecare un danno fisico al figlio/a per attirare l'attenzione su di sé. La madre viene così a godere della stima e dell'affetto delle altre persone perché si preoccupa della salute del proprio figlio/a. Questa sindrome costituisce un serio abuso sull'infanzia. La durata media per stabilire una diagnosi di MSP generalmente supera i sei mesi, spesso un fratello o una sorella è morto per cause non diagnosticate prima che sia scoperta la MSP. La caratteristica principale della MSP è il coinvolgimento di un genitore, solitamente la madre, che di fatto provoca i sintomi del figlio. Solitamente i sintomi non sono caratteristici di malattie conosciute e questo confonde i pediatri e gli altri clinici e li induce ad ulteriori accertamenti. In genere passa parecchio tempo prima che i medici inizino a prendere in considerazione l’idea che il malessere del piccolo paziente sia procurato dalla madre. I metodi usati per creare sintomi nei figli sono eterogenei e spesso crudeli. Ad alcuni bambini sono state iniettate segretamente feci, urine o saliva, oppure flora fecale e microbi vaginali. Altri sono stati avvelenati con veleno per topi, purganti, arsenico, olio minerale, lassativi, insulina, sale o pepe da tavola, zucchero, tranquillanti e sedativi e in un caso persino con massicce quantità di acqua. Tra gli attacchi fisici si sono verificati tra gli altri: punture di spillo sul viso e sul corpo, lesioni facciali da strumento o con unghie, e soffocamento premendo una mano o un cuscino sul volto. Altri attacchi fisici ugualmente pericolosi sono stati volontaria sottonutrizione e ambiente domestico sporco e trascurato, induzione di attacchi epilettici o perdita di coscienza. Una tecnica indiretta usata da queste madri è di falsificare le analisi di laboratorio, introducendo elementi estranei nei campioni, alterando i veri risultati delle analisi, o sostituendoli con altri di pazienti realmente malati. o 105 Lezioni di pediatria – 2011 Caratteristiche della madre affetta da MSP: solitamente la madre MSP è una donna abbastanza colta, in grado di esprimersi con proprietà. Talvolta ha una preparazione medica di qualche tipo. Può aver frequentato un corso di laurea in infermieristica o in medicina, senza necessariamente laurearsi o conseguire in titolo. Spesso segue con attenzione le serie televisive di ambientazione ospedaliera o medica, compra riviste che trattino dell’argomento e legge dizionari medici. Quando il figlio viene ricoverato si dimostra un’ottima interlocutrice per il personale sanitario, ascolta con attenzione e si dimostra collaborativa. È per questo che una diagnosi di MSP viene solitamente accolta con sorpresa dagli operatori, che la consideravano una madre affettuosa e amorevole. Gli aspetti patologici di una madre MSP sono da considerarsi le reazioni paranoidi, la convinzione maniacale che il figlio sia malato e la personalità sociopatica. Appare infatti evidente che queste donne adottano uno stile affascinante e subdolo per sfruttare gli altri violando le norme sociali e morali, senza senso di colpa o rimorso alcuno. Sono frequentemente affette da un disturbo di personalità più o meno marcato (istrionico, borderline, passivo-aggressivo, paranoide, narcisistico). Ruolo del padre in MSP: il ruolo del padre è misterioso e incerto. Il più delle volte è assente dalla vita familiare o resta lontano da casa per la maggioranza del tempo. Questo, naturalmente aiuta la madre nel fabbricare i sintomi senza che nessuno se ne accorga. Il fatto curioso, tuttavia, è che quando la donna viene scoperta e messa di fronte agli abusi perpetrati non di rado il marito la sostiene e può persino rendersi complice dei suoi inganni, facilitando tacitamente il suo comportamento. Molte madri affette da MSP hanno a loro volta precedenti di sindrome di Münchausen. Implicazioni legali: la sindrome di Münchausen per procura può essere a tutti gli effetti considerata un abuso sui minori. Questo tipo di abuso, tuttavia, non è ben noto, né tra il pubblico, né tra i medici che hanno in cura questi pazienti. In letteratura questi bambini vengono definiti "maltrattati chimicamente" o "batteriologicamente seviziati". Le persone affette da sindrome di Münchausen per procura si trovano, sia dal punto di vista legale che dal punto di vista medico, in una condizione particolare e bizzarra. Infatti, perché la sindrome sia riconosciuta è necessario che sia verificato un comportamento di tipo criminale, e il comportamento criminale è interpretabile solo sulla base della sindrome. Come è ovvio non è mai stato osservato un paziente affetto da sindrome di Münchausen per procura che non abbia maltrattato un figlio. Ustioni da liquidi rovesciati: hanno distribuzione a freccia invertita ( o a “V”) che è meno severa in punta, le zone sotto le sporgenze sono illese ed è fondamentale valutare le dimensioni dell’ustione e i dettagli sull’accaduto. Tipi di ustioni sono: fa fiamma, da contatto, da liquidi, da elettricità, da sostanze chimiche o da immersione. o Ustioni da immersione: si distinguono in non intenzionali (bordi sfumati, spessore variabile e presenza di schizzi) e intenzionali (bordi nitidi, assenza di schizzi e spessore uniforme). È importante il tempo in cui il bambino è a contatto con l’acqua calda o bollente; nell’ustione da immersione sono risparmiate le piante dei piedi (a contatto con la vasca), i glutei (seduto nella vasca) ed i cavi poplitei (perché tiene le gambe chiuse). o Ustioni per contatto: la bruciatura di sigaretta provoca la necrosi del tessuto sottocutaneo e quando guariscono hanno la forma di cratere per non totale guarigione dei tessuti; possono essere anche contatto con accendini o griglia dei phon. Per Shocked Baby Sindrome si intende quando il bambino è tenuto per le braccia e scosso. Il cervello così urta contro la scatola cranica con edema e rottura dei vasi a ponte (soprattutto le piccole vene) creando una emorragia subdurale con concomitante emorragia dei vasi retinici. A livello cutaneo può non vedersi nulla! Ci possono poi essere trauma cranico (principale causa di morte per maltrattamento <2 anni) e fratture costali per compressione o incidenti stradali, cadute dal balcone o altro (soprattutto in bambini prematuri con osteopenia e nutrizione parenterale per molto tempo). La scintigrafia è utile per far vedere anche piccole fratture non visualizzabili all’RX (nel quale però dobbiamo anche cercare i calli ossei). Le botte di solito danno fratture nel punto della lesione. Occorre sempre fare l’RX nei bambini <2 anni nel sospetto di abuso a tutte le ossa e non fare la semplice total body perché non si vedrebbe nulla. Le fratture delle metafisi sono invece più da rotazione e torsione. Le fratture sono allarmanti quando il bambino non cammina; le fratture da maltrattamenti sono a raggiera. 106 Lezioni di pediatria – 2011 Gli abusi sessuali vengono distinti in intra o extra-familiari e anche in una forma più subdola di sfruttamento sessuale. Il bambino tipicamente non comprende ciò che gli si sta facendo e, se non ha male, non si lamenta. Spesso poi il bambino è impreparato all’abuso e non centra nulla il consenso all’atto (sotto i 14 anni non è capace di intendere e volere, è abuso e punto). Nelle forme intra-familiari di solito le denuncie vengono fatte dalle sorelle maggiori per proteggere le sorelline. In quelle extra-familiari (causate da sconosciuti o non conviventi) sono i genitori quelli che denunciano. Esistono poi anche gli pseudo-abusi: convinzioni deliranti che il figlio sia stato abusato, accusa ad un coniuge (spesso nelle separazioni quando uno è contro l’altro) e dichiarazioni non veritiere di un minore. Lo sfruttamento sessuale invece comprende la prostituzione infantile, la prostituzione minorile, la pornografia e il turismo sessuale. I pedofili si possono suddividere in 4 tipologie: o Omosessuale: non fanno male fisico, amano i bambini come la sua mamma amava lui e voleva fosse amato. o Compulsivo: non vogliono far male e sono soprattutto incestosi; convince la vittima e perde il senso della realtà. o Repulsivo: ha dei seri problemi nei rapporti con i propri pari, e si sfoga coi bambini. o Perverso: ha il gusto della violenza ed usa i bambini come oggetto di piacere, spesso all’interno di rituali; possono anche essere serial killer. Ogni operatore sanitario deve segnalare alla procura della Repubblica dei minori o al tribunale dei minori se ha un sospetto fondato e questo serve a proteggere il minore. La denuncia invece è l’atto penale che va fatto a scopo di perseguire il reo, attore del reato. Si denuncia alla procura del tribunale ordinario ed è un obbligo degli operatori. I genitori non hanno il diritto all’obbligo del segreto professionale. Chirurgia pediatrica La chirurgia pediatrica si occupa di tutte le malattie chirurgiche del bambino eccetto quelle neurochirurgiche e cardiochirurgiche; una volta si occupava anche (e soprattutto) della traumatologia-ortopedia mentre ora questa specialità è a parte. Morale: si occupa di patologie chirurgiche del torace (cuore escluso), dell’addome (apparati digerente ed urinario) e delle condizioni di urgenza. Malformazioni della parete addominale e del canale digerente: Le strutture embrionali che danno origine all’apparato digerente sono 3: stomodeo, intestino primitivo e proctodeo. L’intestino primitivo è costituito da un tubo che va dalla membrana faringea alla membrana cloacale, ed è suddiviso in anteriore, medio e posteriore; quello anteriore a sua volta è diviso dal setto trasverso (futuro diaframma) in una parte toracica ed in una addominale. Ogni parte ha una sua peculiare vascolarizzazione: la parte toracica da ben 5 arterie, la parte addominale dell’anteriore dall’arteria celiaca, l’intestino medio dalla mesenterica superiore e quello inferiore dalla mesenterica inferiore. Per buona parte dello sviluppo, l’intestino medio resta in comunicazione con il sacco vitellino e l’intestino posteriore con l’allantoide; successivamente entrambi questi dotti vengono incorporati nel cordone ombelicale e si stringono fino a scomparire del tutto verso il sesto mese di gestazione. Gli organi addominali si formano come intraperitoneali e poi alcuni diventeranno secondariamente extraperitoneali (come il duodeno) e sono comunque in epoca fetale sospesi attraverso il mesentere che li ancora alla parete posteriore. Nella regione dello stomaco, oltre al mesentere dorsale, si forma anche una lamina che fissa l’intestino alla parete anteriore: il mesentere ventrale, che si forma perché questi organi rimangono a contatto con il setto trasverso. L’esofago è riconoscibile già alla quarta settimana di gestazione come il tratto che va dal diverticolo tracheale dell’intestino anteriore toracico alla dilatazione gastrica. 107 Lezioni di pediatria – 2011 Lo stomaco è un rigonfiamento dell’intestino anteriore; la parte dorsale cresce molto più rapidamente dell’altra, dando origine alla grande curvatura dello stomaco, mentre la parte ventrale si piega di meno e forma la piccola curva. Alla settima settimana lo stomaco subisce una rotazione di 90° così che la grande curva si sposta a destra ed in basso. Durante questi movimenti il mesentere dorsale dello stomaco (mesogastrio) deve coprire un’area che diventa sempre più estesa e questa proliferazione cellulare porta allo sviluppo di un mantello che si spinge nella cavità peritoneale formando il grande omento. Il duodeno comprende l’ultimo tratto dell’intestino anteriore il primo tratto dell’intestino medio. Le rotazioni dello stomaco lo ripiegano e lo spingono a destra, fino a portarlo contro la parete addominale con fusione delle membrane e diventando così un organo fisso retro peritoneale. Durante la quarta settimana compaiono sul duodeno le gemme endodermiche che formeranno gli abbozzi di fegato, cistifellea, pancreas e dei loro dotti. La gemma epatica compare sul mesentere ventrale dell’intestino all’inizio della quarta settimana di gestazione mentre alla fine della stessa compare sempre sul lato ventrale una seconda gemma che formerà il dotto cistico e la cistifellea. Subito dopo la formazione di questi abbozzi, il dotto cistico e il dotto epatico convergono in un solo canale (il coledoco); la porzione del mesentere ventrale che collega il fegato all’intestino forma una membrana traslucida che è detta piccolo omento. Il pancreas compare sul lato dorsale del duodeno in contemporanea alla comparsa della gemma della colecisti, e darà vita all’abbozzo pancreatico dorsale. Pochi giorni dopo, sul lato opposto compare un’altra gemma endodermica, l’abbozzo pancreatico ventrale. Durante la quinta settimana l’abbozzo pancreatico ventrale e il tratto di coledoco che lo unisce al duodeno ruotano insieme intorno al tubo digerente e migrano dal lato ventrale a quello dorsale, andando così a fondersi i due abbozzi. L’abbozzo dorsale da origine a tutto il pancreas (con il dotto di Santorini) mentre quello ventrale al processo uncinato (con il dotto di Wirsung). La milza è un derivato mesodermico e si forma dal mesentere dorsale dello stomaco; la rotazione dello stomaco e la crescita del mesogastrio spostano la milza sul lato sinistro della cavità addominale. L’intestino medi da origine nell’adulto a tutto il tenue (eccetto le prime due porzioni duodenali), al cieco, al colon ascendente ed ai due terzi del trasverso. Alla quinta settimana l’intestino medio comincia ad allungarsi molto rapidamente e forma un’ansa intestinale primaria che si ripiega ad U attorno alla mesenterica superiore. L’ansa primaria è diretta verso l’esterno dell’addome e va a premere contro il punto di attacco del cordone ombelicale; il continuo allargamento dell’intestino medio combinato con l’espansione del fegato portano l’ansa primaria ad uscire dall’addome ed a crescere nella cavità del cordone ombelicale, formando l’ernia fisiologica dell’intestino. Mentre l’ansa intestinale forma l’ernia ombelicale, essa compie anche una rotazione di 90° e quando l’intestino ritorna in addome, alla decima settimana, ruota di altri 180° così che la rotazione complessiva è di 270°. L’intestino posteriore è inizialmente chiuso alla sua estremità caudale dalla membrana cloacale; la porzione adiacente questa membrana si dilata molto e da origine così alla cloaca. La cloaca viene lentamente suddivisa in due cavità dal setto urorettale: una anteriore (il seno urogenitale) e una posteriore (il retto). Durante la sesta settimana di sviluppo, l’epitelio endodermico del tubo digerente prolifera in modo sovrabbondante e riempie il lume fino a determinarne l’occlusione totale. Nel corso delle due settimane successive il tubo digerente viene ricanalizzato. Se la ricanalizzazione del lume avviene in modo difettoso si avranno stenosi, atresie o duplicazioni. L’onfalocele è un difetto mediano della parete addominale anteriore, nella regione ombelicale, occupato da un sacco translucido, formato dal peritoneo e dalla membrana amniotica, a contenuto viscerale. È di aspetto rotondeggiante con un colletto più o meno ristretto e le sue dimensioni possono variare da pochi centimetri di diametro, col contenuto di poche anse del tenue, sino a raggiungere dimensioni cospicue ed occupazione interna da parte di fegato, stomaco, intera matassa 108 Lezioni di pediatria – 2011 intestinale. È comunque >4cm poiché, se inferiore, è da considerarsi come ernia intestinale. All’apice del sacco è presente il cordone ombelicale. È relativamente frequente, da 1/3.200 a 1/10.000 nati vivi, M=F. Dipenderebbe da un difetto di chiusura e di sviluppo della parete addominale, correlato ad un mancato ritorno del primitivo intestino medio dal cordone ombelicale alla cavità addominale, eventi che si svolgono tra la 5a e la 10a settimana di gestazione. La diagnosi ecografica prenatale quindi non è possibile prima della 12a settimana di gestazione. Associate all’onfalocele sono altre malformazioni nel 50% dei casi: difetti di rotazione intestinale, malformazioni cardiache (32%), difetti SNC (2-10%), Sindrome di Beckwith-Wiedemann (onfalocele, macroglossia, gigantismo, visceromegalia, ipoglicemia) e c’è maggior rischio di sviluppare un tumore maligno (710% dei casi). Nel 3-5% dei casi anomalie cromosomiche. La diagnosi dovrebbe essere sempre prenatale già tra la 13a e la 14a settimana di gestazione, caratterizzata dalla localizzazione centro-addominale del difetto, alla base del cordone ombelicale. Terapia: nelle forme piccole si può attendere la chiusura primaria mentre nelle forme più grandi è necessario l’intervento chirurgico con copertura di cute oppure si utilizzato trattamenti protesici. Importante è non rimettere in sede subito tutto l’intestino perché l’eccessiva compressione del fegato e dei visceri sul sistema venoso può portare a riduzione del ritorno venoso con shock e morte. La gastroschisi (laparoschisi): è un difetto paraombelicale completo della parete addominale, con eviscerazione di anse intestinali non ricoperte da peritoneo. Il difetto, sempre di piccole dimensioni, 2-4 cm., si trova sempre alla destra del cordone ombelicale (forma chiusa). Nella maggioranza dei casi le anse eviscerate si presentano con pareti spesse, edematose, con segni di stasi venosa e ricoperte da una matrice gelatinosa. Questo perché, non essendo contenute in un sacco erniario, sono irritate dal liquido amniotico con una peritonite chimica. Sarebbe in rapporto alla regressione della vena ombelicale dx., che determinerebbe un’area di minor resistenza. Raramente sono presenti anomalie associate: rare 15-20%, rappresentate sostanzialmente da stenosi ed atresie intestinali, secondarie alla patologia di base. La diagnosi dovrebbe essere sempre prenatale, caratterizzata da: localizzazione del difetto alla destra del cordone ombelicale, anse intestinali fluttuanti liberamente nel liquido amniotico, dilatazione ed ispessimento delle anse extracorporee. Terapia attraverso la chiusura primaria o con trattamento protesico temporaneo; non si può utilizzare alcun sacco erniario per il contenimento come nell’onfalocele. L’atresia esofagea è caratterizzata dalla mancata formazione di un segmento intermedio di esofago, con un moncone prossimale che generalmente (98% dei casi) termina a fondo cieco ed un moncone distale, in continuità con lo stomaco, che quasi sempre (86% dei casi) comunica con la trachea. 1/3.000 nati vivi, M=F. A) I° TIPO: AE senza fistola tracheo-esofagea (7.8%) B) II° TIPO: AE con fistola tracheo-esofagea moncone prossimale (0.8%) C) III° TIPO: AE con fistola tracheo-esofagea moncone distale (85.8%) D) IV° TIPO: AE con doppia fistola tracheo-esofagea (1.4%) E) V° TIPO: fistola tracheo-esofagea senza AE (4.2%) F) VI° TIPO: stenosi esofagea 109 Lezioni di pediatria – 2011 Le forme più frequenti sono i primi tre tipi (80% dei casi solo la forma C); i restanti tre sono eccezionali. A differenza dei difetti della parete addominale, queste anomalie si possono solo sospettare all’ecografia prenatale perché ci sarà polidramnios senza visualizzazione delle anse nel tipo A, ma nel tipo C può essere un reperto ecografico assolutamente normale. Anomalie associate: presenti nel 50%-70% dei casi, in particolare malformazioni cardio-vascolari 35%, malformazioni uro-genitali 24%, malformazioni apparato GI 24%, neurologiche 12%, muscolo-scheletriche 20%. Diversamente da altre malformazioni congenite, la diagnosi prenatale viene fatta di rado ed è caratterizzata dal reperto di una bolla gastrica piccola o assente in associazione a poli-idramnios. Il neonato con AE è sintomatico già nelle prime ore di vita: eccessiva salivazione, il primo pasto è seguito da rigurgito e tosse, impossibilità di far passare un sng, distress respiratorio, polmonite chimica (succo gastrico in trachea attraverso la fistola) e distensione gastrica. La conferma diagnostica di AE si ottiene introducendo un sondino semirigido attraverso la bocca in esofago fino al punto in cui si incontra resistenza. Si può iniettare aria come mezzo di contrasto o 0.5 – 1 ml di bario diluito o di mezzo di contrasto idrosolubile. La prognosi è in funzione delle condizioni del neonato e delle malformazioni associate (cardiopatie). La terapia è chirurgica con anastomosi chirurgica che può essere intrapleurica o extrapleurica; quella extrapleurica è più lunga e complessa ma se c’è deiscenza delle suture non si verifica l’empiema pleurico. Questi bambini comunque soffrono di MRGE perché il moncone esofageo inferiore viene stirato verso l’alto. Alternative chirurgiche sono l’esofago-colonplastica o nelle forme di tipo A l’esofago-gastroplastica; ovviamente occorre associare una plastica anti-reflusso secondo Niessen “morbida”. Stenosi ipertrofica del piloro: l’eziologia è a tutt’oggi sconosciuta perché non può essere congenita del tutto (anche ce c’è familiarità legata all’X) visto che insorge dopo alcune settimane ma nemmeno acquisita perché ci mette troppo poco tempo. M:F da 2:1 a 5:1. Quadro clinico: il neonato con SIP esordisce con un vomito non biliare fra le 2 e le 8 settimane di vita con un picco caratteristico fra le 3 e le 5 settimane di vita. Il vomito per frequenza ed intensità aumenta con il passare dei giorni diventando “a getto”; talvolta sono presenti con il vomito tracce di sangue (marron posa di caffè), segno di gastrite o esofagite. Alla palpazione l’ispessimento pilorico può anche essere percepito come una formazione simili ad un’oliva (oliva pilorica) al margine esterno del muscolo retto di destra e non è raro vedere onde peristaltiche gastriche nella loro progressione verso il piloro, nel tentativo di forzare la stenosi. Oggi non è più l’RX (con la gastectasiam l’immagine “a binario” ed il tragitto filiforme) a fare DX, ma l’ecografia, dove valori patognomonici sono il diametro trasverso >1,2cm e la lunghezza del canale >1,8cm. La DD si fa con pilorospasmo e RGE. Il trattamento preoperatorio è un momento fondamentale per preparare adeguatamente il neonato all’anestesia ed alla chirurgia. La durata della preparazione è in rapporto alla severità dello squilibrio idro-elettrolitico; infatti l’aumento dei bicarbonati indotto dal vomito porta ad alcalosi metabolica con disidratazione. Generalmente sono necessarie 24 ore per riequilibrare il paziente. L’intervento può essere con chirurgia open o in laparoscopia; secondo la tecnica di Bianchi si fa una incisione periombelicale così che la cicatrice coincide con quella ombelicale e non migra con la crescita. La ripresa dell’alimentazione viene effettuata dopo 3-4 ore: 30 ml di glucosata 5% subito, poi a distanza di 3 ore 30 ml di latte, 40 ml di latte, 50 ml. di latte, 60 ml di latte, 70 ml di latte e regime pieno. 110 Lezioni di pediatria – 2011 La stenoatresia duodenale: dall’endoderma prende origine il tubo intestinale a partire dalla IVa settimana dello sviluppo. Nel corso della VIa settimana l’epitelio intestinale prolifera rapidamente, determinando un’obliterazione del lume intestinale, cui segue nelle settimane successive una progressiva ricanalizzazione. Un arresto completo della ricanalizzazione determina l’atresia, parziale una stenosi. A sua volta si può distinguere: Ostruzione duodenale intrinseca parziale: o Diaframma mucoso incompleto o Diverticolo endoluminale Ostruzione duodenale estrinseca parziale o Pancreas anulare o Briglia di Ladd in malrotazione o Vena porta preduodenale È una anomalia questa non poi così rara, con da 1/5.000 a 1/40.000 nati vivi. In 1/3 dei casi è associata a Sindrome di Down e l’ostruzione duodenale in ¼ dei casi è data dalla presenza del pancreas anulare. Generalmente ormai è possibile fare sempre la diagnosi prenatale con polidramnios e doppia bolla; alla nascita c’è vomito fin dalle prime ore. Come terapia si fa una anastomosi a diamante e in casi eccezionale una duodeno-digiuno stomia; il pancreas se lo conosci, lo eviti nella chirurgia! Le atresie e stenosi digiuno-ileali: sono frequenti, da 1/400 a 1/1.500 nati vivi; generalmente isolata e sono il probabile risultato di un danno vascolare mesenterico intrauterino. Diversamente dall’atresia del duodeno la diagnosi prenatale è aspecifica: si possono osservare polidramnios e segmenti intestinali dilatati. Alla nascita il neonato avrà fin dalle prime ore vomito biliare, distensione addominale e all’RX diretta addome dei livelli idro-aerei. È necessario spesso fare un clisma del colon che indica la posizione del cieco e soprattutto evidenzia un micro colon da “non uso”. La diagnosi differenziale è quanto mai ampia: malrotazione, ileo da meconio (“vetro smerigliato” all’RX), peritonite meconiale, duplicazione, ernia interna, atresia colica, ileo adinamico da sepsi e aganglia colica totale. La terapia chirurgica consiste nella resezione estesa dell’atresia prossimale dilatata con anastosi termino-terminale (mai latero-laterale che causerebbe la formazione di un “cul di sacco” con sindrome d’ansa cieca). Qualora non sia possibile eseguire una resezione estesa dell’atresia prossimale, è necessario eseguire un “tapering” della stessa. Il diverticolo di Meckel è un diverticolo ileale congenito, che trae origine da un’anomala persistenza del dotto onfalo-mesenterico (o vitellino). È posto sul bordo antimesenterico dell’ileo terminale, ad una distanza dalla valvola ileociecale, che varia tra i 20 ed i 90 cm. Il DM si reperta nel 2% della popolazione, M:F da 3:1 a 4:1, generalmente asintomatico, ma più di 3/4 dei pz. sintomatici lo sono nelle prime due decadi di vita e spesso nei primi 2 anni. La sintomatologia è varia: emorragia digestiva 31-35% (mucosa gastrica eterotopica), occlusione intestinale 27-30%, diverticolite 22-25%, fistola o seno ombelicale 4-10% e altre lesiono ombelicali, ernie, tumori, miscellanea 1-10%. Per individuare il diverticolo di Meckel con mucosa gastrica eterotopica (quello più a rischio di sanguinare) si fa la scintigrafia con Tecnezio 99 metastabile partecnetato. Altra malattia è il megacolon congenito agangliare o morbo di Hirschsprung: è caratterizzato dall’assenza dei plessi mioenterici, sottomucoso di Meissner ed intramuscolare di Auerbach. L’estensione dell’aganglia interessa generalmente il segmento rettosigma, ma può interessare un tratto più esteso del colon, anche nella sua totalità e l’ultima parte dell’ileo 111 Lezioni di pediatria – 2011 Il danno embriologico ha una componente genetica ed una ambientale, che portano alla mancata migrazione dei neuroblasti della cresta neurale dal neuro ectoderma all’intestino posteriore embrionale. Da 1/4.000 a 1/7000 nati vivi, M:F 4:1. Quadro clinico: o Neonato: ritardata emissione di meconio, distensione addominale e vomito biliare. o Lattante: episodi subocclusivi e diarrea paradossa (enterocolite) con disidratazione, che sono causa di morte. o Bambino: stipsi ostinata. La diagnosi differenziale anche in questo caso è molto ampia, e deve tener conto di: o Occlusioni meccaniche: ileo da meconio, atresia ileale distale o colica, stenosi digiuno-ileale, MAR bassa. o Occlusioni intestinali funzionali: prematurità, sindrome del colon sin. Piccolo, sindrome da tappo di meconio, sepsi e squilibri idro-elettrolitici, cretinismo e mixedema, stipsi e displasia neuronale intestinale. La diagnosi si basa su criteri radiologici: RX diretta addome ed eventualmente clisma opaco, manometria Anorettale e infine la biopsia rettale Terapia: scopo dell’intervento è quello di eliminare o bypassare il segmento patologico, agangliare. Una volta si faceva la colostomia mentre oggi si fa la chirurgia di Soave abbassando la mucosa sana a ricoprire quella agangliare; oggi nelle forme “corte” si può intervenire anche per via trans-anale abbassando fino a 20-30cm. Le malformazioni ano-rettali (MAR) colpiscono 1:5000 nati vivi, M>F, più frequenti in certe aree geografiche (India). Sono causate da un errore nel processo di divisione della cloaca. La maggior parte dei neonati con MAR hanno una più malformazioni a carico di altri apparati. Con il termine di “ano imperforato” nella pratica clinica ci si riferisce genericamente ad un complesso gruppo di malformazioni dell’ano-retto (MAR), senza peraltro precisarne le caratteristiche anatomo-cliniche. Classificazione di Krickenbeck (2005): o Fistola (cutanea) perineale o Fistola retto uretrale: prostatica o bulbare o Fistola rettovescicale o Fistola vestibolare o Cloaca o Assenza di fistola o Stenosi anale 112 Lezioni di pediatria – 2011 a) Fistola rettovescicale b) Fistola rettouretrale o Prostatica o Bulbare c) Fistola (cutanea) perineale a) b) c) d) Fistola rettovaginale Fistola vestibolare Fistola (perineale) cutanea Cloaca Nel Maschio 9 Presenza di un orifizio: si tratta sempre di una forma bassa, con l’eccezione dell’atresia del retto. 9 Assenza di orifizio: si tratta sempre di una forma alta o intermedia, con l’eccezione dell’ano coperto completo. Nella Femmina 9 Presenza di un orifizio: implica la presenza di una fistola retto-cloacale 9 Presenza di due orifizi ed assenza dell’orifizio anale: la presenza dei due orifizi naturali, uretra e vagina, con emissione di meconio, è indicativa di una fistola retto-vaginale alta o bassa. 9 Presenza di tre orifizi: è la condizione più frequente. Uretra e vagina sboccano normalmente, mentre il terzo orifizio si apre in sede anale, perineale o vestibolare. o In sede anale: l’orifizio ha un aspetto che può risultare del tutto normale. Sono tutte forme rare. Distinguiamo: solco perineale, canale perineale (fistola ad H), stenosi ano-rettale (come nel maschio), membrana anale imperforata (come nel maschio), stenosi membranosa anale (come nel maschio), stenosi anale coperta, atresia del retto (come nel maschio). o In sede perineale: ano perineale anteriore o fistola ano-cutanea. o In sede vestibolare: ano vulvare, fistola ano-vulvare, fistola vestibolare Terapia: colostomia alla nascita nelle forme complesse (alte ed intermedie) con anorettoplastica sagittale posteriore a 6 mesi (PSARP sec. Peña) e chiusura colostomia dopo 2 mesi; nelle forme semplici (forme basse e fistola perineale) anoplastica o dilatazioni. Malformazioni toraco-addominali: La parte superiore dell’apparato respiratorio (cavità nasali e faringe) si sviluppa dall’intestino anteriore toracico e dalle parti dello stomodeo. La parte inferiore dell’albero respiratorio si sviluppa da un abbozzo, la doccia tracheale, che compare all’inizio della quarta settimana nella parte inferiore dell’intestino anteriore toracico. La doccia tracheale si forma sulla faccia anteriore del tubo intestinale e si allunga rapidamente verso il basso; dopo alcuni giorni i bordi si invaginano e si crea un setto che divide il tubo intestinale i due: tubo tracheale ed esofago. Verso la fine della quarta settimana la parte inferiore si rigonfia a palloncino e forma l’abbozzo dell’albero polmonare, la cosiddetta gemma bronchiale primitiva che si divide in due rami: destro e sinistro. Durante la quinta settimana la gemma destra (leggermente più grande) forma tre bronchi secondari mentre quella sinistra solo due, e questi vengono detti bronchi lobari perché daranno origine ai lobi polmonari. Durante la sesta settimana si ha un terzo turno di ramificazioni che portano alla formazione dei bronchi terziari (o segmentari). Questo periodo rappresenta la prima fase di sviluppo dell’albero respiratorio, la cosiddetta fase bronchiale. Dopo questa fase segue un periodo che va dalla sesta settimana ai primi anni di vita, così suddiviso: 1. Periodo pseudo-ghiandolare (secondo-quarto mese): i bronchi terziari vanno incontro a 16 ordini di ramificazioni portando alla formazione delle strutture architettoniche ma non in grado di scambiare i gas; i feti che nascono in questo periodo non possono sopravvivere. 2. Periodo canalicolare (quarto-settimo mese): i bronchioli terminali si dividono in due o più bronchioli respiratori e il mesoderma diventa altamente vascolarizzato. 3. Periodo sacculare (settimo-nono mese): ogni bronchiolo respiratorio si divide in due o più alveoli primitivi e attorno a questi si sviluppa una fitta rete di capillari. In questo periodo inizia anche la roduzione del surfactante. 4. Periodo alveolare (dalla nascita fino ad 8 anni): avviene la maturazione dei polmoni. 113 Lezioni di pediatria – 2011 La separazione tra cavità toracica ed addominale viene realizzata alla settima settimana di sviluppo con la formazione del diaframma. Questa barriera è formata dalla coalescenza di quattro strutture embrionali: il setto trasverso, le membrane pleuro-peritoneali, il mesentere dell’esofago e il mesoderma delle pareti del corpo. La maggior parte del setto trasverso da origine alla parte non muscolare del diaframma, il tendine centrale. Le altre tre strutture formano i vari muscoli che compongono il diaframma. L’ernia diaframmatica congenita è una condizione con incidenza da 1:2.000 a 1:5.000, M>F, prematuri; l’eziologia è sconosciuta. Anomalie associate dal 10 al 50%, in particolare quelle scheletriche nel 32% e quelle cardiache nel 24% dei casi. Si tratta di un difetto nella formazione delle pliche pleuroperitoneali e del setto trasverso, che andranno a formare il diaframma, separando il canale pleuroperitoneale unico nella cavità toracica da quella addominale. Tale difetto interferisce con un corretto sviluppo del polmone, determinando un quadro di ipoplasia polmonare. E’ oggi possibile già durante la gravidanza con un’accuratezza che va dal 40% al 90% dei casi. Prima della chirurgia è necessario stabilizzare il piccolo paziente ed effettuare un EGA; a volte si decide addirittura di non operare perché si è visto che questi piccoli andrebbero male comunque. Le malformazioni polmonari possono così essere schematizzate: 1. Malformazione adenomatoide cistica (CAM): viene diagnosticata in epoca prenatale. È suddivisa in 3 tipi dalla classificazione di Stocker: I° tipo a grandi bolle, II° tipo a medie bolle e III° tipo a piccole bolle, quasi solido. Può regredire completamente durante la vita fetale, dopo no! Generalmente asintomatica, qualche volta causa distress respiratorio. Tra il 3° ed il 6° mese di vita il pz. deve essere sottoposto ad una T.C. del torace per la conferma diagnostica. Indicazioni alla chirurgia sono la degenerazione neoplastica (occhio al blastoma polmonare su CAM) e le infezioni polmonari recidivanti. 2. Sequestrazione broncopolmonare: viene diagnosticata in epoca prenatale, può essere associata alla CAM. Generalmente asintomatica, tra il 3° ed il 6° mese di vita il pz. deve essere sottoposto ad una Angio T.C. del torace per la conferma diagnostica. 3. Enfisema lobare congenito. Le cause sono molteplici: 9 Displasia cartilagine bronchiale con chiusura del lume 9 Muco denso, ipertrofia mucosa con ostruzione 9 Compressione estrinseca (vasi o cardiopatia) Meccanismo fondamentale è che il bronco consente il passaggio di aria in inspirazione, ma soltanto una limitata espulsione di aria in espirazione, provocando un’iperespansione del lobo. Terapia: lobectomia in caso di distress respiratorio Malformazioni dell’apparato urinario: L’apparato urinario è formato da tre componenti: i reni (che derivano la metanefrio), le vie urinarie alte (che derivano dal mesonefrio) e le vie urinarie basse (che originano dal seno urogenitale). Alla fine della terza settimana dal mesoderma intermedio origina il pronefrio, che degenera rapidamente nell’uomo scomparendo entro la fine della quarta settimana. All’inizio della quarta settimana, sotto il pronefrio, si sviluppa il mesonefrio: vengono così prodotti circa 40 coppie di tubuli mesonefrici che presto si riducono a 20 nella sola regione dei somiti lombari. Poco dopo i tubuli compare un secondo tipo di strutture del mesonefrio, i dotti mesonfrici di Wolff, che si dirigono verso la cloaca dove vanno a confluire. I tubuli mesonefrici entrano in contatto con i dotti di Wolff e si forma così un sistema di canali continuo che va dai tubuli mesonefrici alla cloaca. Durante la quinta-sesta settimana si formano, sempre dal mesonefrio, i dotti paramesonefrici di Muller (che però non entrano a far parte dell’apparato urinario e contribuiscono soltanto alla differenziazione sessuale). Anche i tubuli mesonefrici e i dotti di Wolff hanno prevalentemente un destino genitale ma per un breve periodo, tra sesta e decima settimana, formano l’apparato urinario transitorio. 114 Lezioni di pediatria – 2011 Nella femmina regrediscono sia i tubuli mesonefrici che i dotti di Wolff, mentre i dotti di Muller danno origine alle vie genitali femminili; nel maschio invece regrediscono i dotti di Muller mentre i tubuli mesonefrici ed i dotti di Wolff si differenzieranno nelle vie genitali maschili. Esiste poi una porione di mesonefrio che da origine alla gemma ureterica, protuberanza alla base dei dotti di Wolff durante la quinta settimana e che si dirige verso la regione del metanefrio, dando origine alle vie urinarie e all’apparato escretore. Ciascuna gemma si dirige verso una parte del mesoderma sacrale che è detta blastema metanefrico e che darà origine al tessuto ghiandolare del rene. Fra la sesta e la nona settimana, i reni salgono dalla regione sacrale verso una posizione lombare, immediatamente sotto le ghiandole surrenali, seguendo due traiettorie che passano molto vicino all’aorta. Numerose sono le anomalie in campo urologico: o Anomalie renali di numero, posizione e forma: monorene, agenesia bilaterale (sindrome di Potter con oligoidroamnios che permette all’utero di comprimere il feto causando arti deformati, faccia schiacciata, occhi distanziati, naso a becco di pappagallo, orecchie basse, mento sfuggente e pelle raggrinzita), rene soprannumerario (di solito un abbozzo). Poi ci sono le anomalie di posizione: rene toracico, rene lombare basso, rene pelvico (DD con la ptosi per la lunghezza dell’uretere). o Displasie parenchimali “primitive”: malattie cistiche ereditarie (rene policistico AD, rene policistico AR, nefronoftisi) e non ereditarie (displasia renale, rene a spugna midollare o malattia di Cachi e Ricci). Il rene multi cistico è una patologia renale di tipo cistico, congenita e non ereditaria di più frequente riscontro in età perinatale e non è il rene policistico; sembra preferire il lato sinistro ed il M., 1:2000 nati vivi. Oggi giorno ormai la diagnosi è fatta sempre nel periodo prenatale e spesso non si interviene chirurgicamente poiché va incontro ad involuzione e sono quelli che avranno da grandi un rene unico. o Displasie parenchimali “secondarie”. o Uropatie ostruttive o pseudoostruttive sopravescicali 9 Idronefrosi primitiva: viene utilizzata per definire ogni dilatazione della pelvi e dei calici renali dovuta ad una anomalia congenita localizzata alla giunzione (o giunto) pieloureterale ed è quindi sinonimo di “malattia del GPU” (MGPU). Rappresenta il 40-60% di tutte le uropatie diagnosticate in epoca prenatale e si manifesta come dilatazione della pelvi, associata o meno a quella dell’uretere. Dilatazione non è sinonimo di ostruzione ma espressione di un ostacolo allo svuotamento dell’uretere a livello delle sue giunzioni, che, se non trattata, diventa causa di progressivo deterioramento renale. La dilatazione può essere temporanea, espressione di un ritardo di canalizzazione dell’uretere e delle sue giunzioni, quindi una condizione che non necessariamente necessita di un trattamento chirurgico. Ancora oggi è difficile stabilire le dimensioni della pelvi fetale, che richiederà in seguito ulteriori indagini tuttavia vi è un generale consenso nel ritenere che una dilatazione pelvica di almeno 5 mm. al secondo trimestre e/o di 7 mm. al terzo trimestre sia meritevole di un approfondimento diagnostico postnatale. È stato proposto da alcuni lo shunt pelvi-amniotico nelle forme bilaterali con oligoidramnios e ritardata maturità polmonare. Tuttavia attualmente tale metodica è raramente utilizzata, in quanto viene attuata troppo tardi per poter ottenere un miglioramento nella funzionalità renale, sebbene possa migliorare lo sviluppo polmonare. Rischio di lesioni iatrogene! Trattamento postnatale: tre sono le possibili opzioni terapeutiche: 1. trattamento conservativo è giustificato nella maggior parte dei casi, poiché un miglioramento spontaneo può verificarsi anche con una funzionalità renale relativamente compromessa 2. derivazione urinaria temporanea (nefrotomia per cutanea) 3. trattamento chirurgico dell’anomalia del GPU La terapia chirurgica consiste nella pieloplastica sec. Anderson Hynes, con reimpianto dell’uretere togliendo la parte dilatata a monte. Il trattamento chirurgico della malattia del GPU è indicato in caso di un GPU sintomatico, una riduzione della funzione del rene interessato alla scintigrafia renale (MAG-3), un aumento della dilatazione pelvica o in presenza di una dilatazione bilaterale moderata-severa. 9 Megauretere ostruttivo primitivo (non refluente, MP): rappresenta il 10% delle diagnosi prenatali di dilatazione del tratto urinario superiore con un’incidenza approssimativa di 1 ogni 6500 nati vivi, M:F è di 2:1 con un 25% di forme bilaterali. Il diametro dell’uretere deve essere > 10 mm. È provocato da 115 Lezioni di pediatria – 2011 o o o o o o un’alterazione strutturale del segmento distale dell’uretere, che determina un ostacolo al deflusso urinario con conseguente dilatazione dell’uretere a monte dell’ostruzione. La diagnosi prenatale durante la gravidanza potrà essere posta soltanto una generica diagnosi di dilatazione ureterale associata o meno a dilatazione pelvica. L’aspetto della vescica ed il volume del liquido amniotico sono di solito normali. Fondamentale la diagnosi differenziale con il RVU, che potrà essere posta soltanto dopo la nascita. Dopo la nascita dirimente l’ecografia delle vie urinarie e la cisto-uretrografia minzionale (CUM) associata o meno alla scintigrafia renale (MAG-3) Il trattamento postnatale conservativo è la regola. La risoluzione spontanea del quadro ostruttivo è frequente (mantenimento o miglioramento della FR) ma può essere fatta profilassi antibiotica; il followup: regolari controlli ecografici e scintigrafici (MAG-3). Uropatie ostruttive sottovescicali: le valvole dell’uretra posteriore (VUP) sono la causa più frequente di ostruzione fetale del distretto renale inferiore con il maggior tasso di mortalità e di morbilità nel campo delle uropatie congenite. Si tratta di formazioni endoluminali dell’uretra posteriore maschile che ostacolano in modo più o meno grave il flusso urinario. Si possono fare sia il trattamento endoscopico che quello chirurgico tradizionale. Uropatie da impianto anomalo dell’uretere in vescica. Il reflusso vescica-ureterale (RVU) è caratterizzato da un flusso costante o intermittente di urina dalla vescica nel tratto urinario superiore, causato da un’incompetenza della GUV. RVU può essere primitivo da un’alterazione anatomica L’ospedale è un luogo triste ma necessario. Nessuno vuole della giunzione uretero-vescicale o RVU andarci, ma per sanarsi, tutti ci vanno. Essere malati come lo secondario ad un’alterazione funzionale del ero io non è bello. Avere paura di morire o di rimanere ciechi. tratto urinario inferiore. L’incidenza nella La voglia d’esser normali, la voglia di poter dare quello che popolazione normale è stimata nell’ordine fanno gli altri. Giocare a pallone, fare atletica o box, correre dell’1-2%; di solito è diagnosticato nei sui prati, quest’è quel che comporta essere malati. lattanti, che vengono studiati per un’IVU. Sebbene il RVU non sia la causa diretta dell’infezione, la sua presenza può favorire la risalita dei batteri lungo il tratto urinario superiore fino a raggiungere il parenchima renale. La diagnosi può essere effettuata con cistouretrografia minzionale, ecografia renale e scintigrafia con DMSA. La risoluzione spontanea del RVU, specie di quello sospettato nel periodo prenatale, si verifica nel 40-60% dei casi all’età di 2-3 anni. Il trattamento conservativo sarà quindi quello di scelta nella maggior parte dei casi: sempre nelle forme di I e II grado, mentre nelle forme di III, IV e V si inizia con un trattamento conservativo per poi passare eventualmente ad una terapia endoscopica (si fa un pomfo in vescica vicino allo sbocco dell’uretere) per poi passare alla chirurgia tradizionale con reimpianto dell’uretere. Complesso estrofico: è una malformazione grave caratterizzata da vescica che sporge all’esterno dell’addome. È un difetto dovuto ad un anomalo sviluppo del mesoderma addominale, in particolare ad un deficit muscolare che non riesce a contenere la pressione degli organi addominali con rottura della parete. Malformazioni rare della vescica: normalmente l’allantoide si oblitera alla fine del terzo mese e si trasforma nel cordoncino fibroso dell’uraco che unisce l’ombelico alla vescica. A volte però l’uraco non si chiude con regioni che rimangono aperte al suo interno e danno vita a cisti, seni e fistole. Le fistole dell’uraco vengono individuate molto presto perché esce urina dall’ombelico mentre seni e cisti possono passare inosservati e vengono scoperte in genere quando si infettano; attenzione all’adenocarcinoma dell’uraco nell’adulto. Complesso ipospadia Criptorchidismo Neuropsichiatria infantile L’ospedalizzazione oggi più che mai rappresenta la risposta ad un bisogno fisico e/o psichico del bambino non adeguatamente affrontabile nel normale ambito di vita. Può capitare che la sua condizione di bambino ci porti a trascurare la sua esperienza di malattia come persona e nascono interventi di mimetizzazione, ma il bimbo è 116 Lezioni di pediatria – 2011 malato e ha bisogno di cure: non si deve trasformare l’ospedale in Disney ma approcciare il bambino nel modo più consapevole possibile, anche nella sofferenza. L’ingresso in ospedale rappresenta una perdita di benessere psicofisico ma anche dell’ambiente, dei rapporti e delle attività mentre diventa un momento di incontro con la malattia e con gli operatori sanitari. C’è disagio del bambino che vive in ospedale, ma oggi non esiste più perché si sono fatte importanti modificazioni. L’ospedale è punto importante perché l’ingresso è segno di perdita di benessere e distacco dalle proprie attività, con incontro della malattia propria e altrui. Il corpo diventa oggetto di investigazioni e/o di trattamenti, che (unitamente alla sintomatologia avvertita personalmente) sollecitano nel bambino timori più o meno rilevanti rispetto all’integrità fisica, allo stato di malattia, alla vita. Parallelamente prorompono intensi bisogni di normalità, per lo più espressi attraverso il desiderio di andare presto a casa, per giocare ed andare a scuola. Più il bimbo è piccolo e più registra le esperienze con il corpo. Non solo il dolore è importante, ma anche segnali come l’astenia per il bambino è segnale grave: “stanco morto” per il bambino è la condizione di non essere vivace nel fare il movimento, un segno di abbandono dell’energia vitale che lo sta abbandonando. Il bambino capisce tutto della morte; già a 3 anni ½ ricorda un caso di un bimbo con leucemia al quale nessuno gli aveva parlato, ma che cercava di capire e quando ha incontrato ascoltando una dottoressa ha detto “qui non mi dite mai niente e mi fate tante cose, ma io ho capito che sto male e mi sto consumando ma io sto attento, non mi muovo più perché mi si consumano anche i piedi e poi mi consumo tutto”; poi comunicano col modo di aggrapparsi l’angoscia. Spesso nel vissuto del piccolo ricoverato si inverte l’ottica interpretativa dell’esperienza contingente, passando dalla considerazione reale “sono in ospedale, perché sto male” alla valutazione soggettiva “sto male, perché sono in ospedale”. Si tratta di effettuare con il bambino un corretto e sincero esame di realtà, attraverso un dialogo diretto e attento, altre che ad informare sugli aspetti concreti, ad ascoltare le implicazioni emotive individuali (ansie, rabbie, incertezze, paure, speranze, desideri, ecc.) senza cercare immediatamente di rassicurarlo o di distrarlo. Nel brano sopra scritto appare bene il “fatemi solo scappare dall’ospedale” e l’operatore sanitario diventa un persecutore. Dobbiamo informare a cosa facciamo (es. PTL del bimbo 3 ½ anni con la leucemia citato prima) e non cercare immediatamente di rassicurare o distrare il bimbo: “ti faccio il prelievo ma non senti nulla”… ma se fa un prelievo qualcosa sente! La distrazione è utile se si affianca ad un buon incontro ma se lo si frega è un danno Bambino 9 anni C’era una volta… come far finta che basta scappare non C’era una volta un bambino che si chiamava Luca, era all’ospedale. Un serve. giorno pensò si scappare, perchè si era stancato di dovere prendere sempre medicinali e di stare chiuso in una stanza. Allora pensò di trasformare la sua inseparabile pompa in un divertentissimo burattino: Oggi vedo buio perchè tutto va storto; è una brutta giornata lo coprì con un lenzuolo bianco con sopra disegnati due occhi, un naso e mi annoio; mi sembrano tutti cattivi, mi sento perseguitato, e una grande bocca sorridente. Poi si infilò sotto il lenzuolo e si diresse voglio guarire, vedere i miei amici, non vedere mai più un ospedale. verso l’uscita, ma quando stava per farcela decise improvvisamente di ritornare indietro. Luca proprio in quel momento si era reso conto che Il racconto qui a fianco è di una bimba non poteva rinunciare così a lottare contro la sua malattia, e che poi in di 10 anni: aiuto fondamentale è fondo non era così brutto quell’ospedale. quello di non ignorare. Diventa allora fondamentale per il bambino essere aiutato a superare le proprie interpretazioni fantastiche sulla permanenza in ospedale e sugli atti a cui è sottoposto, per ritrovare “il senso della cura” e la propria possibilità di accettarla e di parteciparvi (anziché di subirla) nell’ambito di un’alleanza terapeutica. Se viene espressa, la sofferenza del bambino può essere condivisa e in parte consolata, se resta inespressa intensifica in lui sentimenti di solitudine e di esclusione. Gli operatori ospedalieri svolgono il loro lavoro nell’interesse del bambino, ma per essere da lui riconosciuti come “i propri curanti” 117 Vorrei tanto potermi svegliare Da questo incubo Che la vita mi ha preparato. Vorrei tanto Poter tornare indietro Vorrei tanto Che mi capissero Quanto soffro… Lezioni di pediatria – 2011 devono essere in grado di accogliere e di comprendere i suoi vissuti e le sue reazioni, aiutandolo a pensare sulla propria esperienza e a sostenerla, quindi incontrandolo come persona confrontata con una prova significativa. C'era una volta un bambino che si chiamava Matteo era ricoverato in ospedale perché aveva la leucemia linfoblastica acuta si stava curando perché deve guarire, la prima volta ha fatto la dauno che faceva vomitare e così fa l'anti vomito e gli passa la nauesea. Lui faceva l'endorachide che e la puntura alla schiena che fa un po’ male e il giorno dopo va a casa per 15 giorni. Quando rientrava in ospedale giocava con gli altri bambini malati come lui…. Matteo quando guarisce può tornare a casa sua con la mamma e papà e quando crescerà andrà alla scuola materna. Qui a destra è uno scritto di un bimbo di 7 anni, Matteo, completamente informato, ha una prospettiva di futuro: la prospettiva si mantiene chiarendo (parlare col bambino non lo angoscia) e non facendo finta di nulla. La consapevolezza del bisogno e della possibilità di ricevere aiuto nell’ambito della relazione terapeutica in genere attiva nel bambino un miglior adattamento e sollecita POESIA PER L’OSPEDALE investimenti positivi, Caro ospedale, tu mi hai salvato la vita,…. restituendogli una maggiore Mi piaci un mondo perché per le persone che hanno malattie c’è sempre integrazione e favorendo una sua qualcuno che li cura, li salva, gli fa compagnia e soprattutto gli vuole bene. più completa crescita. Il rapporto Se tu non ci fossi più i malati o i feriti non ci sarebbero. con l’ospedale può allora essere Meno male che ci sei tu, altrimenti… avrei potuto anche morire. riconsiderato con gratitudine. Questa composizione sinistra è di una bimba di 9 anni: è un grosso impegno parlare col bambino perché sono diretti, sinceri e ci spiazzano. Come affermato dal piccolo autore il compito di cura della malattia, ovviamente, comprende l’attenzione e l’interesse per la persona, di modo che l’intervento sanitario, indispensabile per la salute e/o per la vita, si inserisca nell’ambito di un “buon incontro”, che lascia in ogni caso una traccia positiva. L’esordio di una malattia importante nell’infanzia implica un’esperienza di intensa crisi per il bambino e i suoi familiari. A livello emotivo la crisi è una situazione in cui le persone si sentono allontanate bruscamente da una situazione precedente per precipitare in una condizione difficile e di esclusione, che comporta disagio sofferenza, e che non si vede rapidamente una possibilità di risoluzione (es. macchina nel baratro): sto male oggi e starò sempre male. L’esecuzione di accertamenti per un sospetto o per un controllo, quando richiede di entrare in ospedale, sia per il bambino sia per i genitori, rappresenta un’esperienza molto diversa dal contatto con il pediatra di famiglia. Il bambino che assistiamo si sente vittima; talora è veramente ferito nella sua integrità fisica o aggredito rispetto alla continuità della sua esistenza. Può attendere da parte nostra un aiuto o temere un ulteriore danno. “Quando vado a casa?”. La casa come fattore di: continuità, minor esclusione, normalità, maggiore autonomia e maggior benessere. Esperienza di ospedalizzazione è esperienza di separazione e perdita, emergenza di angosce di malattia e di morte, vissuti di aggressione anziché di cura, sentimenti di solitudine e di esclusione e desideri di normalità. Questo disegno a fianco mostra proprio un ospedale chiuso, con le finestre sbarrate e nessuno che guarda fuori; il sole die “Chissà come stanno i bambini in ospedale!” proprio per marcare questa visione di “ospedale prigione”. L’esperienza corporea si compone quindi di modificazioni somatiche transitorie o definitive, sofferenza fisica e modificazione dell’immagine di sé (es. 118 Lezioni di pediatria – 2011 di un bambino con leucemia che aveva perso i capelli ed era preoccupato perché pensava che la mamma non lo avrebbe più accarezzato in testa. È La mia storia. Questo scritto a sinistra è di un Mi chiamo… Era un bambino felice, ora sono in un letto d’ospedale. Tutte bambino di 6 ½ anni: le notti viene una strega cicciona. Voglio guarire, andare a casa, giocare con l’esperienza della malattia può mia sorella gemella. causare una crisi di identità. Ho un verme, che mi è entrati e i medici lo devono bruciare. È tanto che “era un bambino felice” sono in ospedale voglio giocare. segnale una discontinuità totale; la strega cicciona notturna è l’operatore sanitario. Vede il mal di pancia col verme e bruciarlo non si sa come finirà. Il verme è la malattia come risultato dell’invasione di un agente esterno: non è una alterazione del suo organo ma un’invasione dall’esterno. In generale il bambino si sente vittima di una violenza (il mondo intorno è crudele) ma non sempre come un castigo, che invece il bimbo ci dice che sa il motivo (la mamma mi ha detto tante volte che mi ha ascoltato). Esperienza emotiva: o Sofferenza: vi cito un bambino di 5 anni, in DH per una trasfusione, dice “adesso la smettete di studiare di notte tutti i buchi che ci fate di giorni”e l’amico vicino fa “non sembri così cattiva ma sarebbe meglio che tu cambiassi lavoro per non farci star male”. o Consapevolezza: il bambino cerca sempre di darsi una spiegazione. La solitudine è l’idea che quello succede a lui, in 1° persona, come l’esame; alcuni momenti dobbiamo sostenerli in 1° persona e questo li rende molto cresciuti ed accelera la consapevolezza. o Angoscia di morte o Solitudine o Diversità: non solo concreta (capelli, catetere, cibo) ma anche quella dei sentimenti (il bimbo malato è lontano e diverso dagli altri) o Dipendenza: purtroppo la malattia aumenta il grado di dipendenza ed è importante limitare all’essenziale la dipendenza rinforzando il fatto che non si senta indebolito dalla malattia per rinforzare l’autonomia. o Incertezza: se il bimbo era sicuro e tranquillo, la malattia lo confronta con l’incertezza dell’esistenza. o Rabbia e a volte anche rancore. Disegno di un bimbo di 4 ½ in DH come esempio di solitudine emotiva: il bimbo si disegna molto piccolo in un ambiente senza riparo e quel sole ti brucia; altra cosa lui è trasparente con occhi vuoti, ed ha terrore. In questa solitudine universale e angoscia la condizione emotiva si delinea come traumatica: schiacciati da una situazioni insostenibile e ci si sente impotenti. La Qualità di Vita con la malattia è collegata a numerosi fattori: a livello reale (situazione clinica, condizioni di vita) e a livello emotivo (assetto familiare, personalità). Questo scritto è di una bimba di 9 anni, con un percorso molto precario ed in solitudine, ma dal brutto al bello: c’è speranza e prospettiva, atmosfera di sostenibilità. 119 Lezioni di pediatria – 2011 Genitori: o Responsabilità: connaturale alla loro posizione genitoriale: “l’ho fatto nascere io e guardi cosa sta passando ora, se non l’avessi fatto nascere”. o Sofferenza: la sofferenza emotiva è enorme e totale perché vorrebbero averlo loro quel problema. o Angoscia di morte o Solitudine o Impotenza: “non ha fatto nulla per evitarlo e non fai nulla adesso”. o Diversità o Incertezza o Rabbia Tutti stanno male sugli stessi punti e quando è così è difficile aiutarsi a vicenda. La malattia in molti casi distanzia la coppia invece di unire; l’operatore sanitario ha il dovere di non aggravare. Es. c’è la mamma che si lamenta del marito che non è presente e la dott.ssa rincara la dose (“sti uomini non capiscono nulla, tutto sulle spalle di noi donne”) e per contro il marito che si sfoga con il medico dicendo che la moglie non gli dedica più le attenzioni ma c’è solo il figlio, e il medico ribatte “le donne prima si fanno sposare e poi addio”. Fratelli: i fratellini sani sono coinvolti, possono soffrire per il fratello malato, perché si sentono trascurati e soli perché mancano quei momenti classici come andare alla processione, a messa, ecc… Il disagio può essere somatizzato sfociando in disturbi del comportamento e somatizzazioni varie. L’autismo Il traguardo. Secondo il DSM IV l’autismo Mi sveglio la mattina, chiedo che giorno è, vorrei che il tempo passasse per deve essere considerato in una me, ma più guardo il traguardo e più mi accorgo che è lungo e faticoso categoria più ampia, ovvero in senza di te. È il pensiero che mi aiuta a far si che nella mia tristezza ci sia un continuum che va dalla un po’ di felicità, tornare a casa mi da la forza per affrontare le difficoltà. normalità fino ai casi più gravi, e si deve quindi parlare di disturbi pervasivi dello sviluppo. Il termine autismo è stato coniato da Bleuler nell’ambito della schizofrenia (come una caratteristica del paziente) mentre oggi da aggettivo è un sostantivo, ovvero un’entità nosografica a se stante. Per autismo si intende una patologia con eziologia sconosciuta ad insorgenza prima dei 3 anni, con isolamento dal mondo e nel ¾ dei casi ritardo mentale senza segni neurologici; venivano da Kanner descritti i genitori come soggetti “freddi” che davano al bambino un ambiente poco accogliente e per anni si è dato la colpa ai genitori. Quindi Kanner pensava ad un “ritiro depressivo” perché aveva confuso il risultato con la causa, ovvero osservava genitori che diventavano a loro volta autistici a forza di stare con un bambino che era completamente isolato dal mondo. Una delle ipotesi per spiegare l’autismo è analizzando i neuroni specchio: esistono de neuroni motori che riecheggiano quello che noi facciamo (o meglio, vedo fare una cosa e i neuroni specchio motori mimano dentro di me il movimento e allora ne capisco il significato; addirittura il bimbo molto piccolo lo fa proprio. Per esempio noi capiamo il dolore di un torturato perché si attivano gli stessi neuroni dentro di noi) e nell’autistico questo manca, con una compromissione dei neuroni specchio. Ci sono forti prove genetiche (90% di concordanza nei gemelli monozigoti e un rischio di 10 volte nel fratello di un bimbo autistico), oltre al fatto che esistono sindromi genetiche correlate all’autismo e così anche un aumentato numero di casi psichiatrici nei familiari di bambini autistici. Esiste poi la teoria dell’avvelenamento: esterno (inquinanti atmosferici, vaccini) o interno (metalli poco metabolizzati per mancanza di un enzima). Si dice tra l’altro che l’impero romano sia decaduto perché i romani si sono rincretiniti abbeverandosi in acquedotti fatti di piombo e che cuocevano i cibi con il rame. La clinica è caratterizzata da una triade: disturbo dell’interazione sociale, disturbo della comunicazione verbale e non, comportamenti ristretti, ripetitivi e stereotipati + un quarto che è il ritardo mentale (¾ dei casi) ed epilessia (20% dei casi); questa quarta caratteristica ci dice come ci sia alla base qualche difetto di tipo organico. 120 Lezioni di pediatria – 2011 1. Compromissione dell’interazione sociale: nel primo anno di vita si vede o la normalità (perché può esordire dopo il primo anno) o iniziare con un deficit occhi-occhi, sono bambini molli, poveri di sorriso e con facili atti di collera e pianto. Dal secondo anno di vita si aggirano nella stanza e danno l’impressione di fregarsene degli altri, non rispondono se chiamati (molti bimbi vengono mandati dall’ORL perché si pensava fossero sordi dopo i potenziali evocati uditivi), hanno scarsa attenzione condivisa (normalmente quando uno indica un oggetto, dopo guarda se l’altro sta guardando nella stessa direzione: nell’autistico manca questo) e l’altro viene considerato come un oggetto o una protesi del corpo. Poi il bambino autistico difficilmente coglie la direzione del nostro sguardo e non sorridono se gli si sorride (manca il noi). C’è poi il pointing richiestivo (indica l’oggetto che vuole) ma non quello dichiarativo (ovvero indicare un oggetto per il piacere di condividere un’emozione). La prova del nove è chiedere come stanno con i coetanei: l’autistico evita i coetanei. 2. Disturbi della comunicazione: la maggior parte dei bambini non parlano a 2-3 anni (ed è questo che porta i genitori ad allarmarsi), sembrano sordi e non comunicano perché hanno una mimica molto povera; quando parlano ripetono spesso le stesse cose ed hanno difficoltà a ad usare la prima persona, hanno ecolalia differita (ripetono molto le pubblicità mentre invece non gradiscono cartoni animati e film), non colgono i doppi sensi (es. un bambino che piange quando gli si è detto “hai gli occhi di tuo padre”, oppure un bambino autistico non avrà mai la fantasia di usare una banana come cellulare) e non guardano negli occhi quando un interlocutore parla ma guardano nella bocca (poiché il linguaggio esce dalla bocca). 3. Disturbi comportamentali: dondolano spesso, girano su se stessi ed è molto difficile l’inserimento scolastico (perché la base dell’apprendimento è l’imitare, ma al bambino autistico non interessa e non apprende, con conseguente ritardo mentale); ci sono però poi problemi disciplinari con scoppi di rabbia e soprattutto c’è tendenza alla routine (se il padre non fa la stessa strada per andare a scuola, il bambino inizia a piangere). Molto frequente è l’iperattività e a volte si vedono condotte autoagressive (mordono le mani) perché non hanno la stessa nostra sensibilità al dolore. Se gli tiri una palla l’autistico non te la tira indietro mai! Si tratta quindi di bambini soprattutto visivi (hanno una memoria visiva incredibile: fanno puzzle ma non usano il modello perché lavorano sui contorni perché memorizzano alla perfezione, un modo molto diverso dal nostro per affrontare il mondo) e sono poco uditivi, anche se odiano alcuni rumori (ad esempio una bambina che urla ogni volta che un compagno tossisce). La terapia non è standard e prevede la costruzione di un ambiente adeguato per almeno 20-40 ore a settimana, precoce e intensivo, evitando la precoce introduzione nella comunità. Si dice ai genitori di introdurre pochi stimoli (dare pochi giochi), abituare il bambino a guardare negli occhi a chi parla, abituare il bambino a non dargli quello che chiede fino a quando non lo indica (ma attenzione a quando il bambino ti usa come una protesi: ti prende la mano per aiutarlo ad aprire la maniglia della porta). Le epilessie in ambito pediatrico Il termine epilessia deriva dal termine greco “essere colti di soprassalto”. La crisi epilettica rappresenta l’espressione clinica di un’improvvisa e ipersincrona scarica di neuroni cerebrali mentre l’epilessia è una condizione clinica caratterizzata dalla ricorrenza di più crisi epilettiche; va inoltre detto come non esista epilessia senza crisi clinicamente dimostrate. Le crisi epilettiche vengono suddivise in due tipi: parziali e generalizzate. o Una crisi è definita parziale quando l’attività epilettica è limitata ad un’area più o meno circoscritta dell’encefalo. A loro volta vengono suddivise in parziali semplici (senza alterazioni dello stato di coscienza) e parziali complesse (con compromissione dello stato di coscienza). Occhio come le crisi parziali possano diventare secondariamente generalizzate. o Una crisi è detta generalizzata quando la scarica epilettica interessa entrambi gli emisferi diffusamente e simultaneamente fin dall’inizio dell’attacco. 121 Lezioni di pediatria – 2011 L’epilessia è una malattia cronica strana perché ci sono crisi che si ripetono nel tempo (scatenati da stanchezza, discoteca, luci intermittenti, alcool) ma più spesso senza una precisa causa (ovvero sono parossistiche). Le crisi insorgono più nell’età infantile e nelle fasce più anziane (come una curva gaussiana rovesciata): il 30% sono epilessie idiopatiche (senza causa organica), il 46% sintomatiche (ovvero secondarie a lesioni come la sclerosi ippocampale) e il 24% sono probabilmente sintomatiche (ex criptogenetiche, ovvero pensiamo siano sintomatiche ma non ne abbiamo prova). Inoltre 1/3 dei casi sono generalizzate mentre 2/3 sono focali, ma occhio che all’osservazione molte focali diventano secondariamente generalizzate. Non c’è una stretta correlazione tra sindromi epilettiche idiopatiche e crisi generalizzate o tra sindromi epilettiche sintomatiche e crisi focali (vedi epilessia Rolandica oppure la sindrome di West) come invece si pensava in passato. In alcune sindromi epilettiche l’EEG può essere negativo in quanto l’area epilettogena si trova in aree poco esplorabili dagli elettrodi di superficie (ad esempio nelle epilessie frontali mesiali o basali) e comunque un’epilessia infantile raramente è secondaria ad un tumore cerebrale (che per lo più sono sotto-tentoriali), più spesso è espressione di una displasia corticale. Ultimamente sono state identificate sindromi epilettiche idiopatiche benigne anche nella prima infanzia. Si parla invece di encefalopatie epilettiche quando si ha l’arresto o la regressione psicomotoria secondaria non solo alla noxa organica causa della sindrome, ma anche all’attività epilettica. L’esame principe accanto all’EEG è la RMN dell’encefalo che però nel bambino va fatta in sedazione (è impensabile che un bimbo resti fermo 45 minuti in un tubo) per cui una corretta semeiotica è fondamentale. Un’attenta osservazione della crisi può indirizzare e facilitare le indagini neurofisiologiche e neuroradiologiche e può evitare al bambino esami inutili che spesso richiedono la sedazione o l’anestesia. in quasi il 50% dei casi in occasione della presunta prima crisi si ritrovano antecedenti misconosciuti di crisi; le crisi più misconosciute sono le assenze, le mioclonie, le crisi parziali e talvolta gli spasmi. Il bambino non è spesso in grado di descrivere le aure (sensazioni soggettive secondarie ad attivazione delle aree sensoriali) è importante la rilevazione oggettiva della crisi. Le crisi più frequenti sotto i tre anni sono le crisi toniche, cloniche, ipomotorie e gli spasmi. Le crisi motorie focali per lo più sono dipendenti da processi epilettogenetici focali, mentre le crisi motorie generalizzate o ipomotorie possono avere un’origine sia focale che generalizzata.Sotto l’anno il termine di crisi generalizzata va usato con cautela. Sono età dipendenti ( ad es. gli spasmi sono tipici della prima infanzia). Cosa si deve rilevare nel paziente? Descrizione della sintomatologia critica: 1. Posizione del paziente: crisi da sdraiato o in piedi, ma soprattutto si era appena alzato (DD con sincope). 2. Distribuzione della crisi: destra-sinistra, assiale, generalizzata, bilaterale asimmetrica, localizzata ad una parte del corpo. Eventuale presenza di versione del capo e degli occhi o anche del tronco 3. Modificazioni neurovegetative: colorito del viso, cianosi perilabiale, midriasi, salivazione, sudorazione, alterazione del respiro e della frequenza cardiaca (che è una causa di morte in bambini con anomalie cardiache), enuresi (che può essere l’unico segno di una crisi notturna), encopresi, vomito. 4. Modificazioni motorie:ipotono, ipertono, clonie (in particolare palpebrali e della commissura labiale), distonie. 5. Automatismi motori: oroalimentari (mastica, biascica parole, succhia, deglutisce) e gestuali (strofina, si abbottona ecc.) 6. Durata della crisi (i genitori diranno sempre “non finiva mai” ma è importante dirgli di guardare l’orologio e dire quanto dura la crisi). Manovre da attuare sul paziente durante la crisi: o Scoprire il paziente se si trova a letto per poterlo osservare meglio. o Tastare gli arti e la faccia per rilevare eventuale ipotono o ipertono. o Si fa parlare il paziente facendo domande sempre più semplici per capire il grado di contatto (da chi è il presidente della repubblica a come ti chiami, fino a forme non verbali come stringi la mia mano). o Si cerca di evocare il riflesso alla minaccia partendo da una posizione laterale, la manovra va ripetuta più volte. Fondamentale è poi la descrizione della sintomatologia clinica dopo la crisi: amnesia, stato confusionale, automatismi, paralisi di Todd (muscoli stanchi, che dura massimo 30’ e se durasse di più è necessaria la DD con lo stroke, che però nei bimbi è molto raro), dolori muscolari (se si lamenta durante la crisi ed è una donna 122 Lezioni di pediatria – 2011 bisogna sospettare un’isteria: per fare la DD si deve dire alla paziente che gli si causerà una crisi con una flebo e la si sospenderà con un altro farmaco; in realtà gli si da solamente fisiologica e se è isterica finge la crisi!), sonno post-critico (molto frequente), cefalea, afasia, astenia intensa e disturbi psichiatrici (entro 7 giorni) che vanno conosciuti perché sembra schizzo per qualche giorno ma non è una malattia psichiatrica. Cause di morte durante la crisi: edema polmonare (molto raro), annegamento (a questi bambini viene sconsiglito di fare il bagno nella vasca e si raccomanda di andare al mare o in piscina sempre accompagnati), aritmie cardiache (nei soggetti predisposti), traumi (cadono a peso morto e battono su uno spigolo), stato epilettico (crisi >15-20’ che non finiscono oppure sono crisi subentranti; questi pazienti vanno ricoverati in RIA) e malattie concomitanti. Il tasso di mortalità negli epilettici è 2-3 volte superiore a quello della popolazione generale. Interventi a salvaguardia del paziente: togliere eventuali oggetti taglienti, se è a terra posizionare un cuscino sotto il capo, togliere gli occhiali e slacciare il colletto, non introdurre dita in bocca al paziente per evitare il morso della lingua o ostruzioni delle vie aeree con la lingua ( è inutile perché la morsicatura avviene ad inizio crisi, nessun paziente rischia di soffocarsi con la propria lingua, si rischia di procurare morsicature alle proprie dita e lesioni dentali, buccali o all’articolazione temporo-mandibolare al paziente), non cercare di impedire i movimenti degli arti: si rischiano fratture. A fine crisi posizionare il paziente di fianco per far defluire la saliva accumulata, non offrire nulla da bere o da mangiare finché la persona non sia completamente sveglia e se la crisi dura oltre i 3-5’ o tende a ripetersi praticare diazepam rettale o EV (micronoan). Per fare diagnosi di epilessia servono almeno 2 crisi (“perché la rondine non fa primavera”) e quindi non si mette in terapia dopo 1 sola crisi perché bisogna vedere se ne fa un’altra anche se questo porta a stress nei genitori (ma il fatto di avere a casa il micronoan li tranquillizza). L’esame fondamentale che si fa è l’EEG e ci sono due modi per slatentizzare una crisi: l’iperpnea e gli stimoli luminosi intermittenti; a volte poi si valuta l’EEG post-critico per vedere “i lenti” entro le 12 ore. Nonostante ciò, a volte non è sufficiente e quindi è importante fare la registrazione EEG in sonno. Il sonno infatti è un forte attivatore e, non meno importante, prima di fare l’esame si fa stancare bene il bambino con una deprivazione di sonno: si tratta però di una poligrafia dove si registrano EEG, frequenza respiratoria, frequenza cardiaca (anche per eliminare gli artefatti del cuore), il movimento muscolare degli occhi (per distinguere sonno REM e non REM) e di altri gruppi muscolari con elettrodi di superficie. Classificazione semiologica delle crisi epilettiche proposta da Hans Luders: o Crisi con automatismi: sono movimenti motori complessi che sembrano movimenti normali, ma appaiono stereotipati. Si osservano nelle crisi del lobo temporale, frontale, occipitale e nelle assenze prolungate. Spesso, ma non sempre, sono associati a rottura del contatto. Frequenti gli automatismi oro-alimentari (masticazione, deglutizione, suzione, leccamento delle labbra), automatismi gestuali (grattamento, strofinamento dei vestiti, afferramento, manipolazione, atto di pedalare), spesso associati a postura distonica dell’arto contro laterale. o Crisi con rottura del contatto: alterazione della coscienza con diminuita o assente risposta agli stimoli non causata da alterazioni motorie, con arresto dell’attività motoria e sguardo fisso. Parziale o totale amnesia dell’evento critico; possono essere presenti componenti cloniche, atoniche, automatismi. Si ritrovano nelle epilessie generalizzate (Piccolo Male , Ep. Mioclonica Giovanile e Lennox ) e focali ( frontali e temporali) e sono spesso misconosciute. o Crisi miocloniche: improvvise contrazioni muscolari della durata di meno di 100 ms. possono essere generalizzate o limitate ad un distretto corporeo. Se in cluster sono aritmiche e spesso con diversa localizzazione; sono l’espressione dell’attivazione della corteccia motoria o se generalizzate di strutture sottocorticali. Spesso misconosciute, coinvolgono i muscoli agonisti e antagonisti. È necessario EEG con elettromiografia di superficie. Es. epilessia mioclonica giovanile, epilessia fotosensibile, epilessia miocloniche progressive. o Spasmi: durano 0,5-2 secondi, più a lungo delle mioclonie, sono più brevi delle crisi toniche. La muscolatura assiale è sempre coinvolta e sono forme tipiche della prima infanzia, possono ritrovarsi in epoche successive, sono espressione di immaturità dello sviluppo cerebrale. Esempio di crisi generalizzata che può essere secondaria a lesione focali 123 Lezioni di pediatria – 2011 Parossimi non epilettici che simulano spasmi o crisi toniche: mioclono benigno della prima infanzia (sobbalzi all’addormentamento), mioclono benigno neonatale nel sonno (che è sottocorticale perché la corteccia non inibisce il movimento perché lesa da un evento anossi-ischemico da parto), dolore addominale o posture con coliche, sincope infantile, reflusso gastroesofageo, iperexplexia e masturbazione infantile. o Crisi cloniche: si tratta di mioclonie ritmiche che si succedono ad intervalli regolari tra 0,5-5 al secondo per un tempo prolungato, interessano lo stesso gruppo muscolare. Sono espressione di coinvolgimento della regione rolandica e di solito non c’è compromissione della coscienza. Tipicamente interessano la faccia e gli arti sup. ed è presente nelle epilessie rolandiche, temporali, frontali e nei neonati. Nelle epilessie rolandiche (20% di tutti i bimbi), che hanno esordio a 4-5 anni e scompaiono all’adolescenza, non si fa terapia perché si sa che il piccolo paziente avrà al massimo 8-10 crisi nella vita e vale la pena di fare micronoan al bisogno. o Crisi toniche: contrazione muscolare che perdura oltre i 3-5 secondi, spesso terminano con qualche clonia (e sono presenti nelle epilessie brutte). Espressione del coinvolgimento della regione frontale mesiale (area suppl. motoria) e spesso accompagnate da perdita della coscienza. Nel neonato, nelle encefalopatie del primo anno di vita, nella West, nella Lennox, nella epilessia mioclono-astatica. o Crisi tonico-cloniche: sono rare prima dei tre anni, probabilmente per immaturità dello sviluppo cerebrale e non completamento del processo di mielinizzazione. Nei bambini dura di più la fase clonica rispetto all’adulto. Dopo la fase tonica, tremore generalizzato che introduce la fase clonica o Crisi versive: movimenti clonici della testa o degli occhi o di entrambi sovraimposti ad un movimento forzato a carattere tonico verso un lato con conseguente raggiungimento di una postura estrema e innaturale. Spesso aiutano a localizzare l’origine della scarica ( per lo più occipitale o frontale) o Crisi ipermotorie: sono interessati i segmenti prossimali del corpo e il tronco; i movimenti sono grossolani, rapidi e violenti. Si ricollegano ad attivazioni delle aree frontali e la coscienza è spesso conservata. o Crisi atoniche: perdita del tono posturale. La caduta è lenta e il paziente di solito non si fa male e son frequenti nella sindrome di Lennox. o Crisi di caduta: chiamate anche astatiche, la caduta improvvisa può essere causata da una crisi tonica o mioclonica seguita da una componente atonica. Si manifestano nella Lennox,nella mioclono-astatica, nelle epilessie frontali. o Crisi ipomotorie: notevole riduzione o arresto dell’attività motoria,in assenza di clonie, mioclonie contrazioni toniche o automatismi. Si presentano in soggetti non valutabili per quanto riguarda lo stato di coscienza a causa della giovane età o del ritardo mentale degli adulti e sono spesso correlate a lesioni nella regione temporale in un continuum con le crisi con automatismi dei bambini più grandi e degli adulti. o Crisi afasiche: sono caratterizzate dall’incapacità di parlare e/o comprendere il linguaggio parlato o scritto. Una crisi di afasia produttiva può mimare una sospensione della coscienza e sono crisi rare di per sé, mentre la disfasia o afasia può spesso accompagnare altre crisi. o Mioclono negativo: è caratterizzato da brevi episodi di atonia muscolare, assomiglia da una successione di mioclonie, tuttavia il movimento è dovuto all’interruzione dell’attività tonica muscolare e non ad uno scoppio di potenziali muscolare. Espressione dell’attivazione di neuroni inibitori della corteccia motoria primaria, può essere presente nell’epilessia rolandica e in epilessie miocloniche progressive o Crisi motorie non classificabili: sono caratterizzate da movimenti che non possono essere chiaramente definiti come volontari o involontari. Tali movimenti non sono definibili come clonici, tonici, atonici, distonici o automatismi. o Crisi riflesse: si evidenzia una chiara correlazione temporale tra un determinato stimolo e la crisi per stimoli visivi, soprassalto, stimoli somatosensoriali, da attività complesse come mangiare, ascoltare musica, leggere, da immersione in acqua calda o da altri stimoli. Lo stato di male è uno stato di male convulsivo (caratterizzato da crisi motorie che durano oltre 20’ o da crisi subentranti) mentre lo stato di male non convulsivo si ritrova nei soggetti con ritardo mentale non sempre è facilmente diagnosticabile. Nei neonati è difficile stabilire se la convulsione è parziale o generalizzata a causa dell’immaturità dello sviluppo cerebrale e dell’ipereccitabilità della corteccia. Una serie di parossismi una volta interpretati come manifestazioni critiche sono in realtà attivazioni di patterns primitivi a origine sottocorticale liberati dal primitivo controllo 124 Lezioni di pediatria – 2011 inibitorio corticale in relazione a sofferenza della corteccia. Le crisi focali toniche e cloniche sono di solito epilettiche, le toniche generalizzate, i disturbi oculari,gli automatismi oro-alimentari, i movimenti delle braccia e delle gambe possono essere non epilettici, così come le apnee e le mioclonie. Le epilessie (sindromi caratterizzate da più crisi epilettiche) sono così classificate: o Epilessie localizzate idiopatiche: tipiche dell’età infantile-adolescenziale, ad evoluzione molto favorevole, nelle quali è importante la componente genetica. 9 Epilessia benigna dell’infanzia con punte centro-temporali (epilessia rolandica): esordio a 3-13 anni con picco a 7-8 anni. Sono presenti crisi parziali motorie che coinvolgono l’emiviso e l’arto superiore, ad insorgenza prevalentemente notturna ed amnesia dell’evento. Tale forma si risolve autonomamente entro i 20 anni e non è necessario alcun approccio terapeutico. All’EEG si vedono punte di alto voltaggio in sede centro-temporale. 9 Epilessia dell’infanzia con parossismi occipitali (epilessia occipitale benigna): rara, ad insorgenza soprattutto tra 5 e 7 anni. Le crisi sono caratterizzate da manifestazioni tipo illusioni, allucinazioni e amaurosi; seguono crisi parziali complesse con automatismi e crisi tonico-cloniche generalizzate. All’EEG si vedono onde a punta in sede occipitale. La prognosi è buona. 9 Epilessia di lettura primitiva: la lettura ad alta voce provoca la comparsa di crisi parziali semplici con fenomeni motori o sensitivi, tipica dell’adolescente con esordio a 17 anni. o Epilessie localizzate sintomatiche: sono causate da lesioni cerebrali specifiche (tumori, emorragie, ischemie, MAV, infezioni) e vengono suddivise in base alla sede anatomica. 9 Epilessia del lobo temporale: è la forma più frequente con esordio in epoca infantile. Tipiche sono le crisi parziali semplici o complesse, raramente con secondaria generalizzazione. L’esordio tipico è con una epigastralgia spesso associata ad altri sintomi autonomini (pallore, caldo, apnea, ecc…) ed automatismi oro-alimentari. Il substrato anatomico in epoca infantile è la sclerosi ippocampale mesiale del corno d’Ammone. Sono queste epilessie farmaco resistenti ma che rispondo alla terapia chirurgica. 9 Epilessia del lobo frontale: durano pochi secondi e hanno esordio brusco, possono presentarsi molte volte durante la giornata. Sono associati automatismi bizzarri (schioccare le dita, pedalare), deviazione dello sguardo e del capo contro laterale ed abduzione-elevazione dell’arto superiore. 9 Epilessia del lobo occipitale: crisi parziali semplici con fenomeni visivi elementari e deviazione dello sguardo contro laterale con nistagmo epilettico di Gastaut. 9 Epilessia parziale continua cronica progressiva dell’infanzia (sindrome di Kojewnikow): contrazioni muscolari ripetitive e localizzate ad una parte ristretta dell’emicorpo (soprattutto faccia e mano) con possibilità di marcia jacksoniana. o Epilessie generalizzate idiopatiche: sono forme frequenti e genetiche, con esordio in età infantile-adolescenziale e prognosi buona. 9 Convulsioni neonatali familiari benigne: trasmissione AD si presentano con crisi cloniche, tonicocloniche o di apnea tra 1 e 3 giorni; solo il 15% evolve in epilessia. 9 Convulsioni neonatali benigne: ripetute crisi cloniche o apnoiche che compaiono dal 5° giorno di vita. 9 Epilessia con assenza dell’infanzia (picnolessia): costituisce l’8% delle epilessie in epoca scolare con picco a 7 anni. Le assenze tipiche sono molto frequenti (anche 200/die) e le crisi sono più frequenti nei momenti di sonnolenza. Dopo 10 anni possono presentarsi crisi tonico-cloniche nel 40% dei casi. 9 Epilessia mioclonica giovanile (sindorme di Janz): esordio alla pubertà con crisi mio cloniche al collo, alle spalle e all’arto superiore senza disturbi della coscienza. o Epilessie generalizzate sintomatiche: comprende le encefalopatie epilettiche, nelle quali l’espilessia è solo un sintomo di una malattia più diffusa. 9 Sindrome di West: estremamente severa con esordio tra 3 e 5 mesi e triade caratteristica: 1. Spasmi infantili, 2. Arresto dello sviluppo psicomotorio e 3. Ipsaritmia. Gli spasmi sono flessori nella maggiorparte dei casi e compaiono in serie al risveglio o all’addormentamento. Le cause principali sono la sclerosi tuberosa, l’encefalopatia anossica, le malformazioni cerebrali e le displasie corticali. Nella maggior parte dei casi diventano sindromi di Lennox e nel 10-20% muore in età infantile. 125 Lezioni di pediatria – 2011 9 Sindrome di Lennox-Gestaut: esordio tra 1 e 8 anni con crisi toniche nel sonno NREM (patognomoniche) con estensione del tronco e versione dei bulbi verso l’alto. 9 Epilessia con crisi mioclono-astatiche (sindrome di Doose): esordio tra 1 e 5 anni con crisi mio cloniche, astatiche, assenze e crisi tonico-cloniche. Esistono epilessie generalizzate sintomatiche da eziologia specifica: sindrome di Aicardi (agenesia del corpo calloso, lacune retiniche e spasmi infantili), sclerosi tuberosa (o malattia di Bourneville), angiomatosi encefalotrigeminale o malattia di Struge-Weber (con macchie a color vino di Porto) e neurofibromatosi (malattia di Von Recklinghausen). Le convulsioni febbrili non sono crisi, non insorgono mai oltre i 6 anni, hanno una forte familiarità e compaiono con la febbre alta. Ci preoccupano quando durano molto, se non sono generalizzate e nella femmina. Si fa EEG perché comunque bisogna escludere che la febbre abbia slatentizzato una forma di epilessia, ma pensa sempre ad escludere una meningo-encefalite nel bambino! La terapia non si fa, eccetto tachipirina quando sale la febbre e micronoan al bisogno. Vengono distinte in crisi convulsive semplici quelle con età compresa tra 6 mesi e 5 anni, generalizzate (di solito tonico-cloniche), di durata non superiore a 15’ e con risoluzione senza paralisi post-critica. Sono dette complesse quelle crisi febbrili a semeiologia atipica: lateralizzate o focali, generalizzate (come le semplici) ma di durata superiore a 15’ oppure se seguiti da paralisi post-critica di Todd. Si parla invece di stato di male convulsivo febbrile quando l’episodio è prolungato sino ed oltre i 30 minuti senza che ci sia ripresa dello stato di coscienza. 126 Lezioni di pediatria – 2011 Sommario Fisiologia dell’accrescimento............................................................................................................................... 3 Screening nel neonato................................................................................................................................... 13 Le vaccinazioni ............................................................................................................................................. 15 Malattie esantematiche ed infettive dell’infanzia ................................................................................................ 19 Gastro-enterologia pediatrica ............................................................................................................................ 26 L’apparato digerente ..................................................................................................................................... 26 I componenti della dieta e la digestione......................................................................................................... 28 Alimentazione del neonato e del lattante ....................................................................................................... 30 Malattia da reflusso gastro-esofageo.............................................................................................................. 33 La diarrea acuta............................................................................................................................................. 37 Intolleranza al latte........................................................................................................................................ 43 La Malattia Celiaca........................................................................................................................................ 48 Fibrosi Cistica (Mucoviscidosi) ..................................................................................................................... 52 La dispepsia funzionale................................................................................................................................. 56 L’Helicobacter Pylori......................................................................................................................................... 58 Dolori addominali ricorrenti e sindrome dell’intestino irritabile..................................................................... 60 Coliche del lattante ....................................................................................................................................... 66 Stipsi cronica ................................................................................................................................................ 67 Endocrinologia Pediatrica ................................................................................................................................. 70 Patologia tiroidea in pediatria........................................................................................................................ 70 L’obesità pediatrica ....................................................................................................................................... 76 Iperplasia congenita del surrene .................................................................................................................... 82 Il diabete nel bambino .................................................................................................................................. 87 Bassa statura ................................................................................................................................................. 90 I disordini della pubertà ................................................................................................................................ 98 Il bambino immigrato ..................................................................................................................................... 103 Maltrattamenti, incuria e abusi sui minori........................................................................................................ 104 Chirurgia pediatrica......................................................................................................................................... 107 Malformazioni della parete addominale e del canale digerente: .................................................................... 107 Malformazioni toraco-addominali: .............................................................................................................. 113 Malformazioni dell’apparato urinario: ......................................................................................................... 114 Neuropsichiatria infantile................................................................................................................................ 116 L’autismo.................................................................................................................................................... 120 Le epilessie in ambito pediatrico ................................................................................................................. 121 127 Lezioni di pediatria – 2011 128