CAPITOLO TERZO La parentesi giapponese e il

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CAPITOLO TERZO
La parentesi giapponese e il ritorno dei francesi
La sconfitta francese in Europa del giugno 1940 permise al Giappone di compiere in Asia un nuovo passo
in avanti. Il 19 giugno 1940, pochi giorni prima che la Francia firmasse l'armistizio con l'Asse, il governo
giapponese chiese ai francesi di lasciare che le truppe imperiali passassero attraverso il Vietnam del
Nord per attaccare i nazionalisti cinesi dello Yunnan. 1
Il giorno seguente, il governatore generale dell'Indocina, Catroux, autorizzò il controllo della ferrovia
dello Yunnan da parte di una missione giapponese.2
Nell'estate, il governo di Vichy inviò in Indocina come nuovo governatore Decoux, seguace di Pétain, il
quale cessò ogni resistenza contro Tokyo. Il Giappone, nell'agosto 1940, riconobbe la sovranità
dell'Indocina e l'integrità del suo territorio, che tuttavia incominciò a occupare in nome della Francia.
I francesi, nonostante fossero condizionati dalla passività del loro governo, avevano richiesto
l'equipaggiamento statunitense per fronteggiare un'eventuale e quanto mai probabile offensiva
giapponese. Il governo degli Stati Uniti però si rifiutò di vendere materiali di guerra alle truppe francesi.3
Secondo l'opinione del segretario dì Stato americano, Hull, "il Giappone non avrebbe osato lanciare un
attacco militare in quel momento". Il 22 settembre 1940, a mezzanotte, le truppe giapponesi
attraversarono il confine nordvietnamita a Lang-Son e Dong Dang e cominciarono l'attacco alle
postazioni del confine francese in un fronte di 45 chilometri. 4
Per i francesi gli avvenimenti precipitarono e il controllo francese sull'Indocina venne di fatto stabilito
con l'accordo del 22 settembre 1940, firmato dall'ammiraglio Decoux per conto del regime di Vichy.
A dispetto delle formule che affermavano il mantenimento della sovranità francese, il "compromesso di
settembre" concedeva alle truppe giapponesi il diritto di transitare per l'Indocina, il diritto di servirsi di
tre aeroporti e quello di mantenervi 6.000 uomini. 5
Per la maggior parte dei due anni della guerra europea, la politica comunista in Indocina, come altrove,
non teneva in considerazione la minaccia giapponese, ma attaccava principalmente le potenze coloniali
e la loro guerra imperialistica.
Gruppi comunisti fomentarono le insurrezioni popolari nel novembre 1940, dirette principalmente
contro la Francia. Solo dopo l'invasione nazista della Russia (giugno 1941), la resistenza vietnamita prese
un atteggiamento decisamente a favore degli alleati e contro il Giappone. Le autorità francesi, che
evidentemente erano ben informate su quelle azioni, le repressero efficacemente senza chiedere l'aiuto
giapponese.
Dopo questa iniziale sconfitta, il gruppo di Ho Chi Minh si dovette ritirare nel sud della Cina per
riorganizzarsi. Quando Ho Chi Minh giunse nella Cina meridionale si appoggiò al Partito comunista
cinese e riuscì a prendere contatto con il Comitato centrale del partito indocinese che si era trasferito
nelle zone montuose a ridosso dei confini con il Guangxi.
Il ricongiungimento dei membri del Partito comunista che operavano all'interno del paese (tra i più noti
Vo Nguyen Giap, Truong Chinh e Pham Van Dong) con Ho Chi Minh, produsse una svolta effettiva che
fece del comunismo vietnamita l'interprete principale delle istanze nazionali del Vietnam. 6
In questo periodo i comunisti cercarono di costituire nella Cina meridionale un fronte di lotta che
comprendesse anche forze nazionaliste e per far ciò entrarono in relazione con gli esponenti militari del
Kuomintang.
Nel maggio del 1941, nella piccola località di Tien Tsi a nord di Cao Bang, fu fondato il Viet-Nam Doc-Lap
Dong Minh (Lega per l'indipendenza del Vietnam), meglio conosciuto in seguito con il nome di Vietminh.
1
Cfr. BERNARD B. FALL, Dall’Indocina al Vietnam: storia di due guerre, Sugar Editore, Milano, 1968, p.18.
Cfr. J. CHESNEAUX, Storia del Vietnam, op.. cit., p.242.+
3
Cfr. K. STEINHAUS, Rivoluzione coloniale e lotta di classe internazionale, Laterza, Bari, 1968, p.22.
4
Cfr. BERNARD B. FALL, Dall’Indocina .., op. cit., p. 13.
5
Cfr. J. CHESNEAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.242.
6
Cfr. F. MONTESSORO, Rivoluzione nazionale e sociale in Indocina, in op. cit., p. 161.
2
La prima base di resistenza venne organizzata nel Viet Bac, una regione montagnosa abitata da
minoranze etniche e situata non lontano dalla frontiera cinese. In seguito i Comitati del Fronte Vietminh
si costituirono in tutto il paese.7
Il Vietminh abbandonava l'immagine artificiosa dell'Indocina e insisteva sulla pregiudiziale nazionale,
parlando di indipendenza, contro il Giappone e contro la Francia, e prospettava nello stesso tempo una
profonda riforma degli istituti politici ed economici, ma ancora in termini moderati (circa la riforma
agraria, ad esempio, si diceva solo d i "confiscare le terre dei traditori per dividerle fra i contadini
poveri"), riconoscendo implicitamente che il socialismo non era un obiettivo di immediata realizzazione:
in una formula, dunque, il programma del Vietminh era la rivoluzione nazionale e democratica.8
Offrendo una soluzione unica e globale al complesso dei problemi posti dallo sviluppo economico e
politico della nazione vietnamita, questo programma era in grado di ottenere l'adesione più ampia da
parte di tutti gli strati sociali e dei partiti politici, assicurando così la superiorità del Vietminh sulle
organizzazioni rivali come il VNQDD, che rimasero dei semplici gruppi isolati.
La strategia politico-militare del Vietminh impresse un'importante svolta al movimento di resistenza
vietnamita. Le città e il proletariato urbano non furono più considerati come l'obiettivo immediato e lo
strumento essenziale della lotta, come era avvenuto nel 1930-40. 9
L'avanguardia rivoluzionaria si mosse in direzione delle campagne e dei contadini, richiamandosi in
qualche modo al precedente cinese, anche se l'esiguità territoriale del Vietnam non consentì, almeno
all'inizio, di creare basi di insorti di grandi dimensioni.
Il governo cinese guardò con simpatia al movimento indocinese di indipendenza dopo che
l’amministrazione francese, tagliando la linea ferroviaria per Kunming, aveva agevolato ai giapponesi la
via per il confine della Cina meridionale.10
La Cina, però, irritata per le tendenze comuniste del Vietminh, nel 1942 tentò di organizzare un
movimento vietnamita antigiapponese e non comunista, il Viet-Nam Cach-Menh Dong-Minh Boi (Unione
patriottica rivoluzionaria vietnamita); ma nonostante il suo ambizioso programma di indipendenza
nazionale, si trattò solo di un piccolo gruppo militare i cui 1.000 o 1.500 membri erano integrati
nell'esercito cinese.11
Intanto, nel 1941, i generali del Kuomintang avevano arrestato Ho Chi Minh, accusato di spionaggio a
favore della Francia. Le autorità cinesi, però, si accorsero che se volevano tenersi in contatto nel
Vietnam con una solida organizzazione antigiapponese non potevano fare altro che rivolgersi a Ho Chi
Minh; così il capo dei Vietminh riacquistò la libertà agli inizi del 1943.
Durante questi anni il regime franco-giapponese dell'ammiraglio Decoux consolidò la struttura
autoritaria dell'amministrazione. Le poche concessioni liberali ed i rari organismi, anche solo consultivi,
che il movimento nazionale era riuscito a strappare nel periodo precedente, furono soppressi.
Nell'Indocina francese, tuttavia, gli sforzi propagandistici giapponesi erano un po' meno intensi che negli
altri paesi dell'Asia sudorientale, cosicché le autorità locali ebbero il permesso di dirigere
l'amministrazione. 12
La presenza giapponese, a sua volta, modificò in modo originale alcuni aspetti della vita economica
vietnamita. Essa, infatti, si sostituì alla Francia come partner dell'economia vietnamita; ma le sue
necessità, oltre che le sue disponibilità, non erano esattamente quelle della Francia.13
Il fatto che il Giappone dovesse procurarsi la maggiore quantità possibile di riso vietnamita fece sì che il
riso divenne sempre più raro con conseguente aumento del suo prezzo. Quando nel 1944-45
sopravvenne un cattivo raccolto, scoppiò una terribile carestia che uccise quasi due milioni di persone.
7
Cfr. G. CHAILAND, I contadini del Nord-Vietnam e la guerra, Jaca Book Edizioni, Milano, 1969, p. 34.
Cfr. G. CALCHI NOVATI, op. cit., p. 164.
9
Cfr. J. CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.250.
10
Cfr. J. ROMEIN, op.cit., p.367.
11
Cfr. J. CHESNEAUX , Storia del Vietnam, op. cit., p.251.
12
Cfr. J. F. CADY, La conquista e l’occupazione giapponese, in Storia dell’Asia sud-orientale, op. cit., 1965 p.878.
13
Cfr. J. CHESNEAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.244.
8
Appare evidente che se il livello di vita nelle città si era indiscutibilmente elevato, la cosa era meno certa
per le campagne che nel 1943 rappresentavano l'ottanta per cento della popolazione. L'abbassamento
del tenore di vita complessivo fu reso possibile, oltre che dall'aumento del prezzo del riso, anche dal
fatto che l'incremento demografico era in effetti tale da annullare i progressi economici.
In questa situazione, la lotta armata lanciata in grande stile dal Vietminh nel 1943-44 doveva mirare a
mobilitare tutto il popolo contro il regime franco-giapponese, stabilendo un rapporto di mutuo
scambio fra partito e masse.14
Essa, di fatto, assumeva una forma quanto mai originale e non mirava, come in Cina, alla creazione
immediata di un potere stabile su un certo territorio, e nemmeno alla distruzione diretta delle forze
militari nemiche, ma alla propaganda tra il popolo.
Nel 1944 le unità di propaganda furono riunite in un "esercito vietnamita di liberazione con la
propaganda" (Viet-Nam Tuyen-Truyen Giai-Phong-Quan) del quale era comandante in capo Vo Nguyen
Giap.
Le basi militari, organizzate nell'illegalità, erano allora limitate a qualche distretto nelle province di Cao
Bang, Bac Can, Lang Son, nella giungla del nord. Quanto alle forze armate rivoluzionarie, esse
comprendevano soltanto delle unità popolari di autodifesa e qualche gruppo e squadra completamente
disimpegnati dai lavori di produzione. 15
Il 9 marzo 1945, quando ormai in Asia il conflitto mondiale era alla sua conclusione, le forze ni pponiche
posero termine bruscamente al condominio franco-giapponese in Indocina. All'estromissione delle
autorità vichyste dell’ammiraglio Decoux subentrò un governo nazionale e formalmente indipendente
(ma in realtà dominato dai giapponesi e dalle loro creature vietnamite come Tran Trong Kim), posto
sotto l'egida dell'imperatore Bao Dai. L'11 marzo l'imperatore annunciò che "il paese riacquista il suo
diritto all'indipendenza", invitando la popolazione a credere nella "lealtà del Giappone".16
In Cambogia, il re Sihanouk cedette alla violenza nipponica, denunziando i trattati e proclamando
l'indipendenza del regno (12 marzo 1945). Il re di Luang Prabang, invece, riuscì a non cedere e rimase
fedele all'alleanza francese, ma il suo primo ministro Pethsarath si affiancò alle mire nipponiche. Gruppi
armati franco-laotiani si dettero alla macchia e condussero la guerriglia contro i giapponesi fino alla loro
capitolazione.
Il Vietminh ricusò qualsiasi adesione alla politica del governo costituito dagli esponenti dell'ala
"collaborazionista" e indisse la lotta ad oltranza per la liberazione del paese, bollando il "fascismo
giapponese" come "l'unico elemento della rivoluzione vietnamita". 17
Ormai diventata la sola forza politica e militare opposta alla potenza occupante, il Vietminh, passò dalla
propaganda alla lotta annata propriamente detta, con l'intenzione di scacciare completamente i
giapponesi da larghe zone del territorio nazionale.
Al momento dell'instaurazione del potere popolare nelle regioni rurali delle sei province del Viet Bac
(marzo 1945), costituito in zona libera, le organizzazioni armate esistenti si fusero per formare l'Esercito
di liberazione del Vietnam. 18 Ai primi di giugno le zone liberate si estesero fino a 60 chilometri da Hanoi.
Il Vietminh era considerato un alleato dell'Occidente nella lotta contro il Giappone. In riconoscimento di
questo fatto, il 6 giugno 1945, gli Stati Uniti paracadutarono nel Vietnam una missione militare
accreditata al quartier generale di Ho Chi Minh. Il principale compito di tale missione era quello di
collaborare con i guerriglieri Vietminh nella lotta contro i giapponesi e nel ricupero dei piloti americani i
cui aerei fossero stati abbattuti durante azioni contro le truppe del Sol Levante che presidiavano la Cina.
I piloti avevano istruzioni di dirigersi verso il territorio controllato dai Vietminh nel caso avessero avuto
l'aereo in avaria. In quegli anni gli Stati Uniti si erano impegnati ad appoggiare ciò che Ho Chi Minh
chiedeva, cioè la completa indipendenza del Suo paese dalla Francia.19
14
Cfr. G. CALCHI NOVATI, op. cit., pp.164-165.
Cfr. VO NGUYEN GIAP, Guerra di popolo, Editori Riuniti, Roma, 1968, p.40.
16
Cfr. G. CALCHI NOVATI, op. cit., p.165
17
Ibidem.
18
Cfr. VO NGUYEN GIAP, op. cit., p. 40.
19
Cfr. W. BURCHETT, Vietnam:1945-1968, in I contadini del Nord-Vietnam e la guerra, op. cit., p.245.
15
All'indomani del crollo del Giappone il Vietminh, che aveva potenziato le proprie basi "liberate" dell'alta
regione, radicandosi profondamente tra le masse rurali e tra le minoranze nazionali del Viet Bac, fu
messo nelle condizioni migliori per agire.
Dal 10 al 13 agosto venne convocato a Tan Trao, nella provincia di Tuyen-Quang, un Congresso
Nazionale che formò un comitato di liberazione che era in pratica un governo provvisorio. 20 Secondo
Truong Chinh, (...) il Partito comunista Indocinese (ICP) si riunì in un Congresso Nazionale, decretò
l'insurrezione e istituì il regime repubblicano democratico vietnamita (...).21
Nel corso di questo storico Congresso l'ICP propose un programma semplice e preciso: guidare i ribelli al
fine di disarmare i giapponesi prima dell'arrivo degli Alleati in Indocina; assumere il potere che si trovava
nelle mani dei giapponesi e dei loro fantocci; ricevere come autorità che aveva il controllo del paese le
forze alleate che giungevano per smobilitare i giapponesi.22
Il 13 agosto veniva lanciato l'appello all'insurrezione generale cui faceva seguito, il 15 agosto, la
capitolazione giapponese. Il primo distaccamento dell'esercito di liberazione entrò ad Hanoi il 16 agosto
e il 25 Bao Dai abdicò, mentre a Saigon una gigantesca manifestazione mise al potere un comitato
esecutivo in cui erano presenti nazionalisti e comunisti.
Il 29 agosto si costituì un governo provvisorio vietnamita e il 2 settembre Ho Chi Minh proclamò
l'indipendenza della Repubblica del Vietnam con un documento che si richiamava alla Dichiarazione
americana del 1776 e alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789.
Durante l'insurrezione d'agosto, a fianco del popolo e dei distaccamenti d'autodifesa, l'Esercito di
liberazione contribuì alla conquista del potere. Questa rivoluzione d'agosto, però, non aveva un
carattere socialista; era piuttosto un movimento di liberazione nazionale, al quale partecipavano in un
fronte unito i patrioti e i democratici di tutte le tendenze. 23
Secondo gli accordi presi a Potsdam (luglio-agosto 1945), il Vietnam doveva essere occupato, dopo la
resa delle truppe giapponesi, dalla Cina e dalla Gran Bretagna, rispettivamente a nord e a sud del 16°
parallelo. Si trattava solamente di una misura "tecnica" che doveva garantire nel più breve tempo
possibile il disarmo delle truppe nipponiche.
Tuttavia gli interessi finanziari coloniali dei francesi erano ancora molto forti e fin da prima della
capitolazione giapponese riuscirono - seguendo in ciò le dichiarazioni politiche e i disegni di De Gaulle - a
piazzare i propri uomini. Infatti, la mancanza di una vera opposizione alle avventure coloniali favorì in
Francia la scelta dei settori più conservatori degli apparati ministeriali e dell’ammiraglio Thierry
d'Argenlieu.
L'Inghilterra, invece, se non sembrava mirare nel Vietnam ad alcun suo obiettivo particolare, appariva
piuttosto preoccupata per il pericolo che correva tutto il sistema coloniale nel sud-est asiatico. Questa
apprensione, del resto, si era già evidenziata durante la Conferenza di Yalta nel febbraio 1945.
In quell'occasione il presidente degli Stati Uniti Roosevelt disse: "Per due anni interi sono stato
terribilmente preoccupato circa l'Indocina (...). Proposi a Chiang Kai shek che l'Indocina fosse posta sotto
tutela: un francese, uno o due indocinesi, un cinese e un russo, perché i loro paesi si trovano sulla costa,
e magari un filippino e un americano, che insegnino al popolo indocinese ad autogovernarsi (...).
A Stalin e alla Cina il progetto piacque. Agli inglesi no. Esso rischiava di mandare in frantumi il loro
impero, perché se gli indocinesi avessero collaborato e raggiunto infine l'indipendenza, i birmani
avrebbero potuto essere indotti a fare altrettanto". 24
Così il progetto morì con Roosevelt pochi mesi dopo (aprile 1945) e l'Inghilterra, oltrepassando
ampiamente la missione affidatale a Potsdam, riaprì rapidamente il Vietnam ai colonialisti francesi.
Quando il 6 settembre 1945, le truppe britanniche (in gran parte indiane) sbarcarono presso Saigon, il
paese era saldamente nelle mani della Repubblica democratica del Vietnam (RDV). I partigiani dei
20
Cfr. F. MONTESSORO, Rivoluzione nazionale e sociale in Indocina, in op. cit., p.162.
Cfr. BERBARD B. FALL, Dall’Indocina, op. cit., p.27.
22
Ibidem.
23
Cfr. A. DEL BOCA, Vietnam: la guerra dei vent’anni, in Lotte di liberazioni e rivoluzioni, Einaudi, Torino, 1968, p.280.
24
Cfr. A. SCLESINGER jr., Vietnam, amara eredità, Rizzoli, Milano, 1967, pp. 11-12.
21
giapponesi, però, avevano conservato la propria influenza in seno al Comitato esecutivo del Nam Bo (la
Cocincina), che alla fine di agosto aveva preso il potere a Saigon e che vi rappresentava la RDV.
Ma rapidamente questi elementi fomentarono, contro le truppe inglesi e francesi, un gran numero di
incidenti a carattere xenofobo. Il loro scopo era quello di screditare i dirigenti Vietminh della
Cocincina.25
Sfruttando la tensione del momento, il comandante delle forze di occupazione britanniche, generale
Douglas Gracey, ordinò al presidente del Comitato esecutivo della Cocincina, Pham Ngoc Thach, di
disarmare subito i Vietminh e di passare a lui tutti i poteri. 26
Un corrispondente americano che si trovava sul posto, Harold Isaacs, diede un quadro obiettivo di
quanto accadde in seguito: "Le forze alleate di occupazione di fatto presero iniziative che andavano
molto al di là del limitato compito loro assegnato (...). Avendo con sé troppo poche truppe, Gracey
riarmò il grosso dei 5 mila soldati francesi che aveva trovato sul posto e permise ai loro capi di
organizzare il colpo di stato del 23 settembre, in seguito al quale il Vietminh perse il controllo del
governo di Saigon. In precedenza Gracey aveva riarmato anche i giapponesi, di cui si servì per "ripulire"
Saigon e dintorni dai Vietminh. Nel frattempo i francesi, con l'appoggio di Gracey, eliminavano la
nascente amministrazione Vietminh non soltanto a Saigon ma anche in altri distretti. Nel dicembre 1945,
il corpo di spedizione francese nel Sud Vietnam era già forte di 50 mila uomini, e il generale Gracey stava
per ritirarsi dal paese insieme alle sue truppe, avendo compiuto ciò che riteneva fosse stata la sua
missione (...)".27
Intanto, l'atteggiamento degli Stati Uniti verso l'Indocina era profondamente mutato. La morte del
presidente Roosevelt lasciò la decisione della politica del dipartimento di Stato nelle mani dei vecchi
funzionari di carriera del Foreign Service con un punto di vista totalmente orientato verso l'Europa. Le
richieste di Ho Chi Minh all'America per aiutare le aspirazioni dei nazionalisti vietnamiti passarono
inosservate a Washington.28
L'ascesa al potere del Vietminh, del resto, destava non poche preoccupazioni anche agli Stati Uniti, che
pure avevano sempre seguito con favore l'evoluzione nazionalista nei possedimenti asiatici dei suoi
partners europei, perché la forma in cui era avvenuta la liquidazione dell'imperialismo nel Vietnam
lasciava prevedere l'avveramento di una soluzione socialista che poteva costituire un precedente
pericoloso per gli interessi occidentali in Asia.29
Il 6 gennaio ebbero luogo le elezioni organizzate dalla Repubblica democratica del Vietnam. I risultati
delle elezioni per l'Assemblea Nazionale vietnamita diedero una chiara maggioranza al Vietminh,
rispecchiando verosimilmente il reale orientamento dell'opinione pubblica in quel tempo.
Il 28 gennaio 1946 Gracey passò le consegne alle autorità francesi e lasciò Saigon. Il 5 marzo, a
mezzanotte, gli inglesi rassegnarono ai francesi gli ultimi poteri di cui disponevano in Indocina. Essi,
inoltre, lasciarono i materiali che servirono ad equipaggiare le truppe francesi da poco riorganizzate. 30
Il giorno seguente, Ho Chi Minh firmò con l'Alto Commissario della Francia nel Tonchino, Stainteny, un
accordo poi divenuto noto come quello del 6 marzo. Il governo francese riconosceva la RDV come uno
Stato libero avente un suo governo, un parlamento, un suo esercito e le finanze proprie, facente parte
però della Federazione Indocinese e dell'Unione Francese.
Tale accordo veniva completato il 3 aprile da una convenzione che fissava la ripartizione delle
guarnigioni francesi e vietnamite dopo l'evacuazione dei reparti cinesi (che fu definitiva in maggiogiugno).
In precedenza, il 28 febbraio, era stato firmato un preliminare accordo militare tra la Francia e la Cina
che prevedeva il cambio delle truppe cinesi con quelle francesi a nord del 16° parallelo.31
25
Cfr. J. CHESNEAUX, Storia del Vietnam, op. cit., pp. 264-265.
Cfr. W. BURCHETT, Vietnam: 1945-1968, in op. cit., p.246.
27
ibidem
28
Cfr. J.F. CADY, La Conquista e l’occupazione giapponese, in op. cit., p.899.
29
Cfr. G. CALCHI NOVATI, op. cit., p.167.
30
Cfr. W. BURCHETT, Vietnam: 1945-1968, in op. cit., pp. 247-248.
31
Cfr. J. CHESNEAUX, Storia del Vietnam, op. cit., pp.266-267.
26
Tale sincronismo dimostrava come nello spirito dei negoziatori del governo di Parigi il ritorno delle
truppe francesi nel Tonchino costituiva l'obiettivo principale, mentre le concessioni politiche che
bisognava fare in cambio apparivano come secondarie.
Il compromesso del 6 marzo non significava la fine di tutte le divergenze. Su un punto soprattutto il
testo del trattato era oggetto di interpretazioni discordanti, quello cioè relativo allo status della
Cocincina che i delegati vietnamiti consideravano definito con l'integrazione nel Vietnam in osservanza
del principio dei "tre ky" (le tre province del Vietnam) e che invece la Francia si riservava di interpretare
e di riesaminare per rispettare il diritto di autodeterminazione della sua popolazione. 32
A questo proposito la Francia propose di far svolgere un referendum in Cocincina per decidere il futuro
del paese. Ma mentre Ho Chi Minh partiva per la Francia per incontrare i responsabili della politica
francese, l'ammiraglio d'Argenlieu, il 1° giugno 1946, violando gli accordi del 6 marzo, proclamava una
Repubblica di Cocincina.
Questo regime separatista, inserendosi nei piani federativi della destra francese, doveva contribuire a
spostare i rapporti di forza a sfavore del Vietminh, indebolendone le scelte di indipendenza e di unità.
Proprio su questi due punti -indipendenza e unità - naufragò significativamente la Conferenza di
Fontainebleau dell'estate tra la Francia e la Repubblica democratica del Vietnam. 33
Per la maggior parte dei due mesi in cui si svolse la Conferenza di Fontainebleau (luglio-settembre
1946), i francesi tentarono di legalizzare l'annessione della Cocincina e del Delta del Mekong, principale
"granaio" del paese, e la separazione di queste due regioni dal resto del Vietnam. 34
Durante i negoziati, però, l'ammiraglio d'Argenlieu, nuovamente in contrasto con gli accordi del 6 marzo,
convocò la II Conferenza di Dalat (la prima si era tenuta nel maggio 1946). Ad essa parteciparono
solamente gli elementi filo-francesi del Laos, della Cambogia, della Repubblica autonoma della
Cocincina, dei comitati del Sud dell'Annam, mentre i rappresentanti della RDV non furono invitati.
Un altro passo verso la rottura era compiuto: non soltanto fu ricostituita la Federazione Indocinese ma
la Repubblica del Vietnam ne era esclusa in quanto organismo politico.
Quando arrivò in Francia la notizia dell'apertura della II Conferenza di Dalat senza la partecipazione del
Vietminh, i delegati vietnamiti abbandonarono in segno di protesta la Conferenza in corso a
Fontainebleau.
In settembre, dopo l'interruzione delle trattative di Fontainebleau, Ho Chi Minh firmò in extremis un
modus vivendi con il quale in ultimo gesto di conciliazione, egli accettò provvisoriamente l'unità
doganale e monetaria dell'Indocina sino a nuovi negoziati, mentre in Cocincina era previsto un "cessate
il fuoco".35
In realtà delle conferenze di Hanoi e Fontainebleau, nonché del modus vivendi, i francesi si servirono per
prendere tempo in vista di una loro rentrée in forze nell'intero Vietnam. Fin dagli accordi del 6 marzo,
infatti, il rientro nel Tonchino era per i francesi il primo obiettivo. L'eliminazione della Repubblica del
Vietnam doveva avvenire in seguito.
Una circolare del generale Valluy, datata 10 aprile 1946 confermava questa tendenza. Essa predisponeva
un piano di sicurezza da applicare in ogni città, per assicurare la difesa degli interessi francesi; e poi:
"(•••) Quando questo piano sarà delineato e aggiornato nelle sue grandi linee bisognerà completarlo al
più presto con lo studio di una serie di misure dirette a modificare progressivamente e a trasformare lo
scenario di un'operazione puramente militare in uno scenario di colpo di Stato".36
In novembre il Vietnam imponeva la propria moneta su tutto il territorio e adottava un progetto di
codice del lavoro, incompatibile con i metodi di amministrazione praticati per ottant'anni dalle imprese
coloniali.
32
Cfr. G. CALCHI NOVATI, op.cit., p.175.
Cfr. F. MONTESSORO, Rivoluzione nazionale e sociale in Indocina, in op. cit., p.164.
34
Cfr. W. BURCHETT, Vietnam: 1945-1968, in op. cit., p.248.
35
Cfr. J. CHESNEAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.276.
36
IDEM, p.277.
33
Ma proprio perché si rifiutarono di considerare finiti i loro privilegi di un tempo, gli interessi coloniali
ispirarono la politica di forza a cui le autorità francesi ricorsero in novembre e dicembre. 37
Il pretesto fu il rifiuto del governo vietnamita di far sgomberare le proprie forze armate da
Haiphong dopo l'imposizione unilaterale del controllo doganale francese.38
Da Saigon, il 21 novembre il generale Valluy telegrafò: "Seguito avvenimenti del 20 Haiphong, giudico
indispensabile approfittare incidente per migliorare nostra posizione Haiphong (...)". E il 22 sera: "Con
ogni mezzo a disposizione dovete impadronirvi di Haiphong e indurre governo e esercito vietnamita a
desistere".39
Il 23 novembre 1946, a poco più di due mesi da quando era stato firmato il "modus vivendi", la flotta
francese bombardò pesantemente Haiphong causando, si calcolò, circa seimila morti. Quindi le truppe
francesi sbarcarono e cominciarono a rioccupare la zona del delta del Fiume Rosso, compresa Hanoi.
Durante i primi dieci mesi del 1947 le offensive francesi si svilupparono su larga scala in tutto il paese.
Nell'autunno del 1947 un piano abbastanza ambizioso, denominato "Operazione Lea" che prevedeva
audaci lanci di paracadutisti insieme a profonde infiltrazioni di forze corazzate, cercò di porre fine alla
rivoluzione con la cattura dei suoi massimi dirigenti. L'8 novembre, un mese dopo il suo inizio, la "Lea" fu
sospesa.40
Fu seguita da un'altra operazione che durò un mese, che assunse il nome significativo di "Ceinture"
(Cintura), studiata per costringere le forze nemiche in un quadrato a nord-ovest di Hanoi e confinante
con Thai Nguyen e Tuyen Quang.41
Ad ogni modo la forte superiorità di cui disponeva il Corpo di spedizione francese gli permise di
assicurarsi il dominio dei grandi centri: Hanoi, Haiphong, Nam Dinh, la zona carbonifera, Hué, nonché
alcune grandi vie di comunicazione stradali e fluviali.
Giap fu costretto a guidare l'esercito vietnamita ad una resistenza disperata nella regione montagnosa
del nord, nelI'Annam settentrionale (Than Hoa, Nghe An ecc.) e nelle province a sud di Hué, mentre il
governo centrale si ritirò nella vecchia regione rivoluzionaria del Viet Bac.
Nella strategia adottata da Giap, vero artefice della vittoria finale contro la Francia, le tecniche della
guerriglia e dell'estrema mobilità di unità perfettamente addestrate erano strettamente legate all'opera
di penetrazione politica presso la popolazione.
L'importanza del popolo nella condotta della resistenza vietnamita era presente fin dall'inizio della
guerra generale. All'indomani stesso del 19 dicembre 1946, giorno dell'attacco francese ad Hanoi, Ho
Chi Minh lanciò l'appello alla resistenza generalizzata: "(...) chi ha un fucile si batta con un fucile, chi ha
una spada con la spada: chi non ha né fucile né spada, combatta con le zappe, i bastoni, i picconi (...)".42
E nel 1947 Ho Chi Minh riconfermò questo desiderio di appoggio alla massa della popolazione, di
subordinare le condizioni strategiche agli imperativi politici: "Noi perdiamo provvisoriamente terreno,
ma siamo decisi a non perdere il cuore del popolo. Conservare il cuore del popolo significa avere la
certezza di riconquistare il terreno provvisoriamente perduto". 43
Tutto il popolo partecipò alla lotta armata, combattendo in piccole unità, ma sempre seguendo una sola
linea di condotta e le stesse direttive, quelle del Comitato centrale del partito e del governo. 44 L'esercito
vietnamita, infatti, era un esercito del popolo, ma creato dal partito che continuò da allora la sua opera
di formazione e di educazione.
Coinvolgere tutto il popolo nella lotta per la liberazione dai francesi era una strategia che richiedeva un
po' di tempo. Per questo motivo la guerra doveva essere necessariamente una guerra di lunga durata.
Eventualità considerata sin dal 1947 da Truong Chinh, presidente dell'Associazione per la diffusione del
marxismo ed ex segretario del Partito comunista indocinese, nel suo opuscolo Noi vinceremo
37
Cfr. J. CHESNEAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.278.
Cfr. G. CALCHI NOVATI, op. cit., p.177.
39
Cfr. J. CHESNEAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.278.
40
Cfr. BERNARD B. FALL, Dall’Indocina, op. cit., pp. 23-25.
41
Ibidem.
42
Cfr. G. CALCHI NOVATI, op. cit., p. 78.
43
Cfr. J CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.284.
44
Cfr. CO NGUYEN GIAP, op. cit., p. 36.
38
sicuramente. Egli vi definiva già le tre fasi attraverso le quali doveva passare la guerra: la fase difensiva,
quella dell'equilibrio delle forze, quella della controffensiva generale.45
Quest'ultima fase, però, doveva essere lanciata solo quando le forze delle truppe vietminh fossero
aumentate e quelle dei francesi diminuite. Giap confermava questa tattica: "Solo con una lunga e dura
resistenza avremmo potuto logorare a poco a poco le forze vive dell'avversario, rafforzando nel
frattempo le nostre, far pendere gradualmente la bilancia delle forze in nostro favore e strappare
finalmente la vittoria. Non avevamo scelta".46
La guerra popolare di lunga durata nel Vietnam esigeva anche una forma di combattimento appropriata;
questa era la guerriglia. Si può dire che la guerra di liberazione del popolo vietnamita fu una lunga e
vasta guerriglia, prima elementare, poi sempre più complessa, sino ad arrivare alla guerra di movimento
negli ultimi anni della resistenza.47
Nel marzo 1947 l'ammiraglio d'Argenlieu fu sostituito dal prefetto radicale Bollaert. Anche con il nuovo
proconsole gli interessi finanziari francesi continuavano ad avere una notevole influenza sulla condotta
della guerra. "In Indocina - prometteva Bollaert il 15 maggio 1947 in un discorso pronunciato ad Hanoi noi abbiamo diritti e legittimi interessi. Abbiamo seminato molto e non ci vergogniamo di dire che non
intendiamo essere defraudati del raccolto". 48
Il 26aprile Hoang Minh Giam, a nome di Ho Chi Minh, aveva rivolto al nuovo alto commissario un
messaggio che parlava dell'amicizia "del Vietnam per il popolo francese" e proponeva "la cessazione
immediata delle ostilità e l'apertura di negoziati in vista di un regolamento pacifico del conflitto".49
Perciò Bollaert inviò presso il leader del Vietminh, Ho Chi Minh, il professore Paul Mus per una missione
resa inevitabile dal messaggio di Hoang Minh Giam del 26 aprile. Bollaert gli impose di formulare, per
una sospensione delle ostilità, condizioni che gli interlocutori furono inevitabilmente costretti a
respingere.
Queste costringevano l'avversario (il Vietminh) a: "consegnare tutte le armi (...) accettare la libera
circolazione delle truppe francesi su tutto il territorio vietnamita (...) concentrare le proprie forze
disarmate entro perimetri determinati (...) consegnare in mano nostra (francese) tutti i non vietnamiti
che sono presso di lui (...)".50
Senza la minima illusione Mus trasmise il messaggio di cui era incaricato e sentì senza sorpresa Ho
rispondergli: "Nell'Unione Francese non c'è posto per i vigliacchi, se accettassi queste condizioni, sarei
uno di loro'.51
La Francia, d'altra parte, capì che era necessario combattere il Vietminh con le sue stesse armi e tentò di
accontentare le esigenze essenziali del nazionalismo vietnamita perfezionando l'iter dell'indipendenza
appena abbozzato con gli accordi del 1946, del resto largamente inattuati.
A questo proposito si rivolse a Bao Dai, l'ex imperatore che aveva abdicato nel 1945 in concomitanza
della vittoria del Vietminh contro il Giappone. La reputazione di Bao Dai era piuttosto in ribasso ma la
Francia lo considerava abbastanza popolare per poter impersonare un nazionalismo che fosse nello
stesso tempo suggestivo per i sentimenti della popolazione e arrendevole alle esigenze superiori della
politica francese.52
Nel tentativo di contrastare l'influenza di Ho Chi Minh, quindi, il governo di Parigi si adoperò per creare
un fittizio organismo di rappresentanza di tutto il popolo del Vietnam, che sostituisse il Vietminh al
tavolo delle trattative.
Venne formato un "Fronte di unità nazionale" alla cui testa fu posto l'ex imperatore dell’Annam Bao Dai.
Creata una parte più malleabile fu relativamente facile raggiungere un accordo: il cosiddetto "accordo
dell'Eliseo" dell'8 marzo 1949 con il quale si riconosceva in linea di principio l'Indipendenza del Vietnam
45
Cfr. J. CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., pp.284-285.
Cfr. VO NGUYEN GIAP, op. cit., p.32.
47
IDEM, p.34.
48
Cfr. J. CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.315.
49
Cfr.J. LACOUTRE, Ho Chi Minh, Il Saggiatore, Milano, 1967, p.200.
50
IDEM, p.201.
51
IDEM, p.202
52
Cfr. G. CALCHI NOVATI, op. cit., pp.180-181.
46
mentre, di fatto, tutta la parte centrale (l'Annam) e quella meridionale (la Cocincina) restavano sotto il
controllo dei francesi.
Al regime di Bao Dai, sostenuto dagli Stati Uniti sempre diffidenti di fronte alla colonizzazione diretta, il
governo francese cedette in tappe successive una parte dei poteri politici formali, pur continuando a
gestire direttamente la repressione militare contro il regime di Ho Chi Minh.53
Nel frattempo, aggirato l'ostacolo vietnamita, fu possibile formalizzare la partecipazione del Laos e della
Cambogia all'Union Française, con la proclamazione dell'indipendenza dei tre Stati (il 2 luglio 1949 il
Vietnam; il 6 febbraio 1950 il Laos; l'8 febbraio 1951 la Cambogia).
Tuttavia le basi su cui i tre governi poggiavano erano troppo fragili. Non solo nel Vietnam ma anche nel
Laos e nella Cambogia i governi sostenuti dai francesi non riuscirono a mettere radici autonome. Per di
più, il tentativo di isolare diplomaticamente la repubblica proclamata dai Vietminh si risolse in un
completo fallimento poiché nel gennaio 1950, accogliendo un appello lanciato da Hanoi, i paesi del
blocco sovietico risposero in modo compatto riconoscendo lo Stato del Vietminh. In particolare, la
neonata Repubblica popolare cinese (1° ottobre 1949) offrì al regime di Ho Chi Minh il suo appoggio
nella lotta di liberazione nazionale. Parallelamente giungevano a Parigi i riconoscimenti degli "Stati
associati" da parte delle nazioni occidentali. Così il processo di decolonizzazione indocinese confluiva nel
più ampio confronto della guerra fredda.54
Infatti la vittoria di Mao in Cina modificò l'equilibrio internazionale, e asiatico in modo particolare,
determinando nei paesi occidentali l'adozione di una politica di contenimento del comunismo. Da una
motivazione ideologica di tipo coloniale e imperiale, imperniata sulla retorica della missione civilizzatrice
della Francia, la giustificazione del conflitto evolveva verso la difesa dell'Occidente dal comunismo. 55
Alla fine del 1949 tre quarti del territorio agricolo vietnamita erano controllati dal Vietminh, che
disponeva di propri giornali, di università e di un esercito di guerriglieri in costante aumento.56
I gruppi di guerriglieri del 1946-1949 si trasformarono prima in battaglioni, quindi in reggimenti e infine
cominciarono ad assumere il loro definitivo assetto di divisioni da 10.000 uomini.
Al tempo stesso un altro importante risultato era stato raggiunto. Fin dalla prima settimana della sua
instaurazione il governo della Repubblica democratica firmò un decreto con cui si creava il Dipartimento
dell'Educazione popolare, con l'obiettivo principale di liquidare l'analfabetismo.57
Nel 1949 il numero complessivo delle persone che avevano imparato a leggere dopo la rivoluzione
dell'agosto 1945 ammontava a 11.580.000 (al posto di 2.720.000 nel 1946).58
L'alfabetizzazione era stata soprattutto un lavoro politico. Il risultato di questa campagna fu che in capo
ad un anno due milioni di persone avevano imparato a leggere e a scrivere (nel 1945 la popolazione
analfabeta era il 95%), venendo così a costituire un capitale umano prezioso per le lotte rivoluzionarie
successive.59
A partire dal 1°ottobre 1950 Giap attaccò uno dopo l'altro la striscia dei forti francesi lungo il confine
cinese. Il 17 ottobre tutte le guarnigioni francesi erano state completamente distrutte. I francesi
avevano perso 6.000 uomini e abbandonato un materiale che bastava da solo ad equipaggiare
un'intera divisione supplementare del Vietminh. 60
I guerriglieri del Vietminh, quindi, dal settembre al dicembre 1950 cominciarono ad occupare le
città fortificate lungo il confine cinese (Lao Kay, Cao Bang e Lang Son).
Nel gennaio 1951 i francesi avevano perso il controllo di tutto il Vietnam del nord a settentrione del
Fiume Rosso e tentavano ora disperatamente di conservare la pedina più importante di tutta la guerra di
Indocina: il delta del Fiume Rosso.
53
Cfr. F. MONTESSORO, Rivoluzione nazionale e sociale in Indocina, in op. cit., p.165.
Cfr. E. DI NOLFO, Storia delle relazioni internazionali (1918-1992), Edizioni Laterza, Bari, 1995, pp. 938-939.
55
Cfr. F. MONTESSORO, Rivoluzione nazionale e sociale in Indocina, in op. cit., p.167.
56
Cfr. J. ROMEIN, op. cit., p.426.
57
Cfr. E. COLLOTTI PISCHEL, Il Vietnam vincerà. Politica, strategia, organizzazione. Einaudi editore, Torino, 1968, p.219.
58
Cfr. J CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.310.
59
Cfr. E. COLLOTTI PISCHEL, op. cit., p.220.
60
Cfr. BERNARD B. FALL, Dall’Indocina, op. cit., p.30.
54
II Corpo di spedizione francese, rinsanguato dall'aiuto sempre più sostanzioso degli Stati Uniti,
fortificò il delta con una serie di blockhaus di cemento. Il maresciallo De Lattre, al comando del Corpo
di spedizione, estese il raggio d'azione alla regione strategicamente importantissima di Hoa Binh e ai
vescovi cattolici di Phat Diem e Bin Cheu. Questi successi, però, furono solo momentanei. Alla morte di
De Lattre, avvenuta nel gennaio 1952, la linea di blockhaus non fu in grado di impedire alle truppe
vietnamite l'accesso al delta e di rioccupare Hoa Binh.61
Durante questo periodo il Vietminh aveva deciso di ricostituire il partito comunista indocinese sciolto
nel 1945. L'11 febbraio 1951 un congresso rivoluzionario, riunito con la partecipazione di duecento
delegati, creò il Viet Dang Lao Dong (Partito dei lavoratori del Vietnam). 62
Secondo il programma politico del nuovo partito "i compiti fondamentali della rivoluzione vietnamita
sono i seguenti: scacciare gli imperialisti aggressori, abolire il regime coloniale, cancellare le vestigia
feudali e semifeudali, dare la terra ai contadini, sviluppare la democrazia popolare perché serva di base
al socialismo". 63
Nel 1952 una nuova iniziativa francese già annunciava la tattica che venne usata in seguito dal generale
Navarre al momento di Dien Bien Phu: truppe aerotrasportate si installarono a Na San, nel nord-ovest,
molto lontano dalle linee nemiche, per immobilizzare un numero ingente di truppe vietnamite. Questa
strategia non mancava di efficacia, poiché i vietnamiti non potevano contendere agli avversari il dominio
dell'aria e quindi impedir loro di approvvigionare liberamente le proprie posizioni avanzate.64
Ma all'inizio del novembre 1952 il "nemico" aveva raggiunto il Fiume Nero e Nam Ma (Fiume Ma), dove i
francesi avevano organizzato il caposaldo di Na San. Di fronte al rapido peggioramento della situazione,
l'Alto Comando francese, con a capo il generale Salan, decise di rischiare ancora una volta operando una
profonda infiltrazione nelle linee di comunicazione e nei sistema di rifornimenti del "nemico" lungo il
Fiume Rosso, nella speranza che questa mossa avrebbe indotto il comando nemico a ritirare buona
parte delle sue divisioni d'assalto nel nord-ovest a difesa delle sue zone di retroguardia. Questo fu
l'assunto strategico che diede l'avvio, da parte francese, alla preparazione dell'Operazione Lorraine". 65
Sebbene impegnasse quasi 30.000 uomini, compresi molti battaglioni di paracadutisti e di fanteria
pesante, essa non solo si indebolì e si esaurì prima di poter raggiungere Yen Bay, ma nel ritorno verso il
delta (del Fiume Rosso) una parte delle truppe francesi cadde in un'imboscata nelle gole del Chan
Muong e subì gravi perdite. 66
Durante l'operazione vennero scoperti dei carri armati sovietici (Molotova) a Phu Doan. Si aveva così
finalmente la prova tangibile che il blocco sovietico aveva aderito concretamente a quella guerra,
confermata quasi subito dopo dalla scoperta di armi automatiche russe nella stessa Phu Doan da parte
degli uomini del 4° gruppo mobile. 67 Con la fine dell'Operazione Lorraine" si era conclusa l'ultima
infiltrazione francese in profondità in territorio comunista.
E questo era solo l'inizio. Quando, nel 1953, i sovietici consegnarono ai Viet nuovi eccellenti cannoni
antiaerei e mortai pesanti da 120 mm insieme all'aiuto degli esperti cinesi di artiglieria, il Vietminh
cominciò ad avere un vantaggio effettivo nella potenza di fuoco terrestre, nonostante gli aiuti americani
inviati ai francesi.68
Nel 1953 gli Stati Uniti sostenevano già quasi l'80% della spesa bellica francese; essi fornivano inoltre i
piloti, il personale di terra per l'aviazione e si incaricavano del trasporto di truppe e materiali.69
I depositi nemici caduti nelle mani dei francesi a Phu Doan, pur essendo un importante obiettivo, erano
comunque un obiettivo secondario rispetto allo scopo principale che i francesi perseguivano da quasi
due anni: poter cioè costringere le divisioni regolari del nemico in una situazione dove avrebbero potuto
61
Cfr. J CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.320.
Cfr. J. LACOUTURE, op. cit., pp. 203-204.
63
Ibidem
64
Cfr. J CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.321.
65
Cfr. BERNARD B. FALL, Dall’Indocina, op. cit., p.76.
66
Cfr. BERNARD B. FALL, I terribili 56 giorni, Rizzoli, Milano, 1969, p. 65.
67
Cfr. BERNARD B. FALL, Dall’Indocina, op. cit., p.85.
68
Ibidem
69
Cfr. K. STEINHAUS, op. cit., p. 25.
62
essere distrutte in un'unica grande battaglia. Questa disperata ricerca della battaglia decisiva divenne
un'ossessione per i successivi comandanti in capo francesi sino alla fine della guerra.
Parallelamente ai successi militari, la Repubblica democratica del Vietnam divenne tanto forte da poter
attuare una nuova politica agraria che a sua volta andò a rafforzarla. Il nuovo orientamento fu indicato il
19 dicembre 1952 dal presidente Ho (VII anniversario della resistenza), il quale ricordò pubblicamente
che i contadini, costituenti il 90% della popolazione e dell'esercito, continuavano ad essere i meno
fortunati, e proclamò da quel momento una mobilitazione di massa per liquidare il regime feudale.70
Centinaia di migliaia di volontari si offrirono di partire per il fronte, o di rifornire il teatro di operazioni.
Questa dialettica di riforma sociale e lotta è efficacemente evidenziata dalle parole di Giap: "Grazie a
queste misure (della riforma agraria) la combattività di milioni di contadini venne potentemente
stimolata, e l'alleanza di questi con gli operai risultò rafforzata. Il Fronte nazionale si consolidò, il potere
e l'esercito si rafforzarono e le molteplici attività della resistenza ricevettero nuovo impulso. (...) Non
sarà mai abbastanza sottolineato il notevole peso che ebbe questa politica agraria nelle vittorie
dell'inverno e della primavera 1953-54, specialmente a Dien Bien Phu". 71
La legge della riforma agraria venne adottata dall'Assemblea il 4 dicembre. Il principio da cui muoveva
era piuttosto semplice: i beni di tutti i proprietari venivano spartiti tra i contadini poveri, compresi gli
stranieri e i soldati baodaisti. Variavano però le modalità della spartizione. Ai coloni francesi le terre
erano puramente e semplicemente confiscate e così anche gli altri beni. Invece le terre e i beni dei
"proprietari fondiari traditori e dei notabili che si erano macchiati di crudeltà" venivano confiscati
soltanto in proporzione "alle colpe commesse". Quanto alle "personalità democratiche" queste
venivano indennizzate delle loro terre, dei loro capitali e strumenti agricoli, mentre invece gli altri beni
erano loro lasciati.72
Il 14 dicembre 1953 Ho Chi Minh indicava i due compiti fondamentali dell'anno seguente: combattere gli
invasori e realizzare la riforma agraria. "Ogni altro lavoro deve essere orientato verso questi due compiti
fondamentali e contribuire alla loro realizzazione. Nel 1954 dovremo fare il possibile per realizzare con
successo tre importanti obiettivi, coordinandoli con la riforma agraria:
1.
Sviluppare le forze armate (esercito regolare, unità regolari, formazioni partigiane) sotto ogni
punto di vista: organizzazioni, istruzione, continuo elevamento della coscienza politica, del livello
tecnico e de! potenziale di combattimento.
2. Parallelamente, sviluppare la formazione ideologica dei quadri, destinarli a compiti adeguati,
riorganizzare le basi del partito nelle campagne.
3.
Intensificare la produzione agricola per soddisfare il bisogno della resistenza e garantire il
vettovagliamento della popolazione, dare un forte impulso all'economia nazionale". 73
Alla fine del 1952, simultaneamente all"Operazione Lorraine", Giap si inoltrò nel territorio thai,
eliminando tutte le piccole protezioni di copertura sparse tra Na San e il confine del Laos. L'Alto
Comando francese si rese subito conto del nuovo pericolo e inviò rapidamente da Sam Nema a Dien
Bien Phu un battaglione laotiano di fanteria leggera. Questo battaglione non era però assolutamente
sufficiente contro la 316° divisione vietminh, spalleggiata dal 148° reggimento indipendente e Dien Bien
Phu dovette essere evacuata, senza lotta, il 30 novembre 1952.
Se nel quadro deprimente della situazione nel Vietnam nord-occidentale la perdita di Dien Bien Phu fu
considerata un incidente minore, essa tuttavia apriva ai Vietminh la porta per il Laos settentrionale.
Il generale Salan, però, era perfettamente consapevole dell'importanza della valle di Dien Bien Phu. In
una nota del 25 maggio 1953 indirizzata dal comandante in capo in Indocina al ministro delle Relazioni
con gli Stati associati si legge: "(•••) Avevo proposto la riconquista di questa località fin dai primi giorni
del gennaio 1953, perché mi sembrava indispensabile occuparla per assicurare la difesa di Luang
70
Cfr. J. CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.323.
Cfr. E. COLLOTTI PISCHEL, op. cit., p.244.
72
Cfr. J. CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.324.
73
Cfr. HO CHI MINH, Lo spirito del Vietnam, Editori Riuniti, Roma, 1968, pp.99-100.
71
Prabang. Gli avvenimenti dello scorso aprile e del maggio rendono evidente l'urgenza di tale operazione
che soltanto per difetto di mezzi aerei non è stata realizzata prima dell'ultima offensiva vietminh". 74
Il 28 maggio il generale Navarre sostituì Salan e prese la guida dei destini dell'Indocina. Prima di andare
ad assumere il comando si recò a Washington. Il "piano Navarre" venne elaborato durante tale viaggio:
si pensava di costituire un corpo d'urto per "ripulire" il delta; incursioni alle spalle della Repubblica
democratica dovevano permettere di ristabilire il collegamento con gli elementi feudali preoccupati per
la politica agraria ed etnica del governo di Ho Chi Minh. 75
A Parigi, il 24 luglio, si riunì il Comitato di difesa nazionale. Il maresciallo Juin, portavoce dei capi di stato
maggiore, insistette perché la difesa del Laos fosse platonicamente affidata al ministro degli Affari
Esteri. Questi venne incaricato di chiedere agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna di garantire l'integrità
territoriale del Laos come pure di attirare l'attenzione della Russia sovietica e della Cina sul fatto che
l'invasione di quel paese avrebbe potuto provocare un conflitto internazionale.76
Il giorno seguente, lo Stato maggiore di Navarre, a Saigon, diramò la circolare n. 563, che rappresentava
il primo documento sul progetto dell'occupazione di Dien Bien Phu.
Questa circolare presentava l'operazione come un'azione preventiva contro la pressione comunista nel
bacino superiore del Mekong (Laos settentrionale). Si erano così gettate le basi politiche per il dramma
militare che ne doveva seguire.77
Per poter consentire la riuscita di quest'operazione, il 12 agosto 1953 fu evacuata la piazzaforte di Na
San. Il 22 ottobre 1953 la Francia firmò con l'allora primo ministro del Laos, principe Souvanna Phouma,
un trattato d'alleanza e numerose convenzioni che riaffermarono nello stesso tempo l'indipendenza del
Laos e la sua condizione di membro dell'Unione Francese. Anche se non comprendeva una clausola che
chiamasse automaticamente la Francia in aiuto del Laos, tuttavia questa circostanza era chiaramente
sottintesa.78
La firma del trattato franco-laotiano poteva aver rinforzato l'impressione di Navarre di dover difendere il
Laos, e che Dien Bien Phu fosse la base da cui poterlo fare. Così, il 2 novembre del 1953, il comando
diramò la circolare n. 852 che tracciava le linee direttive per l'operazione.79 Questa, predisposta per il 20
novembre, prevedeva la creazione a Dien Bien Phu di una base aerea che avrebbe servito da
collegamento con le truppe francesi del Laos settentrionale e avrebbe aiutato Lai Chau fino al
momento della sua probabile evacuazione.
Parallelamente Giap poteva ormai contare su 125 mila soldati regolari, 150 mila guerriglieri e 75 mila
uomini delle unità regionali e poteva dar inizio alla terza fase, quella della controffensiva, operando
contemporaneamente nel Delta del Fiume Rosso, nel Laos e intorno al campo fortificato di Dien Bien
Phu. 80
D'altra parte, però, grazie ad un considerevole aumento degli aiuti militari americani in Indocina, i
francesi mantenevano l'iniziativa in tutta la regione e per una volta il nemico sembrava incerto sul da
farsi.
Infatti il capo dei vietminh, Ho Chi Minh, aveva concesso il 29 novembre un'importante intervista al
giornale svedese "Expressen" nella quale dichiarava che "il governo e il popolo della Repubblica
democratica del Vietminh sono pronti a discutere le proposte francesi per un armistizio e per una
soluzione negoziata della questione indocinese".81 Le dichiarazioni di Ho Chi Minh all'Expressen"
vengono diffuse a Mosca e censurate ad Hanoi dal governo vietnamita.82
Tuttavia il 14 dicembre Ho Chi Minh si rivolgeva al popolo vietnamita con un messaggio. In esso si
diceva: "Se il governo francese desidera un armistizio mediante negoziati, se vuole risolvere la questione
74
Cfr. J. ROY, La tigre e l’elefante, Mondadori editore, Milano, 1968, p.449.
Cfr. J. CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.331.
76
Cfr. J ROY, op. cit., p.455.
77
Cfr. BERNARD B FALL, I terribili, op. cit., p. 56.
78
IDEM, p.57.
79
Ibidem
80
Cfr. A. DEL BOCA, op. cit., p.285.
81
Cfr. BERNARD B. FALL, op. cit., p.71.
82
Cfr. J. ROY, op. cit., p.465.
75
vietnamita con mezzi pacifici, il popolo e il governo della Repubblica democratica del Vietnam sono
pronti a trattare". Il 17 dicembre Ho Chi Minh ripeteva da radio Pechino la sua offerta di negoziare, ma
non otteneva risposta dal governo francese.83
Sul finire di dicembre divenne chiaro ai francesi che si sarebbe presto scesi ad un conflitto con le forze
comuniste più numerose e con un migliore armamento pesante. Il 1° gennaio 1954, indirizzando il suo
rapporto annuale al governo francese, Navarre scriveva: "I mezzi materiali dell'armata vietminh sono
assai aumentati da qualche mese. (...) L'aiuto cinese rinforza il Vietminh con mezzi nuovi. (...) Tuttavia il
maggiore aiuto ricevuto dal combattente vietminh è quello fornitogli dai suoi dirigenti politici. Costoro
hanno saputo impegnare nella guerra l'intero paese. (...) Risulta da questo insieme di considerazioni che
dovremo affrontare una campagna assai dura.(...)". 84
Il 25 gennaio 1954 ebbe inizio a Berlino la conferenza quadripartita (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e
U.R.S.S.) proposta dal ministro degli Esteri britannico Eden per discutere i problemi europei. Essa venne
sospesa il 18 febbraio senza che fosse raggiunto alcun risultato ma con l'impegno di riprendere i lavori in
aprile, con la partecipazione di rappresentanti della Cina popolare e delle due Coree per discutere la
situazione seguita all'armistizio di Panmunjon e la crisi indocinese.
L'idea di un conferenza internazionale per risolvere le crisi asiatiche in Corea e in Indocina era stata
lanciata dal governo sovietico, che nel conflitto aveva tenuto un basso profilo ma che nel contempo
aveva fornito al Vietminh ingenti aiuti militari tramite la Cina popolare.
A questo punto la Francia trovò conveniente accettare. Infatti, l'opinione pubblica, e non solo quella
legata all'estrema sinistra, si sentiva sempre più lontana dalle ragioni di un conflitto remoto al quale
apparivano interessati solo certi ambienti militari, economici e finanziari. Persino all'interno dello stesso
governo di Joseph Laniel esistevano ministri avversi alla continuazione della sale guerre. Benché i
ministri più importanti (come lo stesso Laniel, Bidault e Pleven) sostenessero lo sforzo bellico, altri
propendevano per il negoziato.85
In seguito a questi avvenimenti Giap decise di cercare la battaglia risolutiva a Dien Bien Phu e di tentare
di vincerla a trattative ancora in corso.
Per i vietminh il 13 marzo segnò la felice conclusione di circa cinque mesi di faticosi preparativi, quali il
trasporto di migliaia di tonnellate di materiale attraverso centinaia di miglia di giungla.
La strada per Dien Bien Phu richiese l'opera di circa 20.000 coolies e lavoratori reclutati nei villaggi vicini,
i quali lavorarono come schiavi per tre mesi per costruire ciò che rimaneva della strada 41, e per
allargare le curve in modo da permettere il passaggio dei pezzi di artiglieria e degli ottocento Molotova
russi, da due tonnellate e mezzo, che dovevano poi costituire la spina dorsale del sistema di
rifornimento. 86
Quando la battaglia iniziò il 13 marzo la forza effettiva dei vietminh a Dien Bien Phu fu calcolata a 49.500
combattenti e a 31.500 uomini addetti ad attività logistiche. Altri 23.000 uomini della riserva comunista
e personale ausiliario erano disposti lungo le linee di comunicazione. I francesi presenti nella valle
ammontavano a 13.200, dei quali 6.600 o 7.000 potevano essere considerati come truppe da prima
linea, sebbene di diversa qualità e preparazione. Così, oltre ad avere una superiorità schiacciante per
quanto riguarda la potenza di fuoco, le truppe del generale Giap avevano anche una superiorità
numerica di cinque a uno nei confronti dei francesi.87
Giap si atteneva ad un piano preciso: dopo aver riunito le sue forze, egli attaccava e batteva sempre
nello stesso posto. La sua contraerea appoggiata dall'artiglieria pesante finì per annientare il campo
d'aviazione che, a partire dal 27 marzo, divenne praticamente inutilizzabile.88
Il comandante in capo delle forze francesi isolate a Dien Bien Phu cominciava intanto a chiedere
l'assistenza militare americana. Pochi giorni dopo il vicepresidente Nixon arrivò a prospettare la
83
IDEM, pp. 469-470.
IDEM, p.475.
85
Cfr. E. DI NOLFO, op. cit. p.971.
86
Cfr. BERNARD B. FALL, I terribili, op. cit., pp.160-161.
87
IDEM, p.167.
88
Cfr. L. BONERT, Fien Bien Phu, Cino del Duca Editore, Milano, 1954, p.117.
84
possibilità di un intervento diretto dei soldati americani. Ad ogni modo, il presidente Eisenhower,
dubbioso circa l'opportunità di un intervento militare unilaterale decise di cercare la collaborazione
britannica: "Se (...) l'Indocina dovesse finire nelle mani dei comunisti"- scrisse Eisenhower al primo
ministro Winston Churchill il 4 aprile 1954 - "gli effetti finali sulla nostra e sulla vostra posizione
strategica globale (...) potrebbero essere disastrosi (...)".89
Tre giorni dopo lo stesso presidente americano ribadiva: "Le possibilità di una soluzione negoziata a
Ginevra non sono buone; tuttavia da parte degli Stati Uniti non ci sarà un'azione unilaterale; tale azione
può derivare unicamente da un concerto di opinioni. L'Occidente non può abbandonare l'Indocina al
comunismo". 90
Il 26 aprile 1954 si aprì la Conferenza di Ginevra i cui lavori avevano lo scopo di trattare due temi distinti:
la possibilità di trasformare in trattato di pace l'armistizio in Corea e la ricerca di una soluzione pacifica
per la questione vietnamita.
I principali protagonisti della Conferenza furono le maggiori potenze occidentali (la Gran Bretagna tenne
con l'U.R.S.S. la copresidenza dei lavori), l'Unione Sovietica, la Cina e le delegazioni della Repubblica
democratica del Vietnam, del Vietnam di Bao Dai, del Laos e della Cambogia.
Con l'annuncio della conferenza i Vietminh intensificarono l'offensiva per estendere quanto più possibile
la zona sotto il loro controllo, così da sedersi al tavolo dei negoziati in una posizione di forza.91
La data del 27 aprile mise fine ad ogni speranza francese di coinvolgere americani e inglesi in un
intervento diretto in Indocina. In quel giorno l'ambasciatore di Francia a Londra si incontrava con
Churchill.
Il primo ministro britannico esprimeva il suo dolore di non potere aiutare gli uomini che combattevano a
Dien Bien Phu, poi si recava alla Camera dei Comuni. Ad Attlee, che gli chiedeva se aveva qualcosa da
dire sull'incontro dei ministri degli Esteri a Parigi, Churchill dichiarava che Dien Bien Phu provocava in
tutti un'emozione violenta, ma che quella battaglia non doveva far perdere il senso delle proporzioni per
quel che riguardava il resto del mondo e che Londra non aveva preso alcun nuovo impegno sul piano
politico o militare. Poi aggiunse che il governo di Sua Maestà si rifiutava di fare qualunque promessa di
azione militare in Indocina prima di conoscere i risultati di Ginevra. 92 Quando anche il presidente
Eisenhower fece proprie queste parole, il destino di Dien Bien Phu divenne definitivamente segnato.
La tattica francese, vittoriosa due anni prima a Na San nelle stesse condizioni, fu frustrata questa volta
dall'immensa mobilitazione di massa che consentì al generale Giap di approvvigionare le unità che
assediavano il campo francese; a questo si aggiunse il fatto che l'artiglieria di origine cinese, di cui
disponevano in quel momento i vietnamiti, riuscì a togliere alle truppe del generale Navarre il dominio
del cielo che avevano fino ad allora mantenuto. 93
Il 7 maggio 1954 i difensori del campo trincerato cessarono il combattimento. La schiacciante e
risonante vittoria del generale Giap diede ai francesi la spinta risolutiva per decidere che i lavori
stancamente iniziati a Ginevra il 26 aprile dovessero invece acquistare un ritmo accelerato e portare
rapidamente a risultati concreti.
Il 12 giugno, per la prima volta dal 1947, un governo francese venne rovesciato su una questione
diplomatica estera: messo in minoranza con 306 voti contro 293, i ministri Laniel e Bidault dovettero
lasciare il posto a Mendès France.
Mendès France divenne primo ministro sulla base del solenne impegno a raggiungere un accordo a
Ginevra entro 100 giorni dalla data del voto di fiducia, che gli venne concesso il 18 giugno.
L'intesa venne raggiunta in luglio e prese la forma di tre distinti accordi militari firmati il 20 e il 21 luglio
tra l'Alto comando francese e l'Alto comando Vietminh. Secondo questi accordi il Vietnam sarebbe stato
diviso in due zone militari, l'una affidata al governo di Hanoi e l'altra ai francesi, separate dal 17°
parallelo. Dopo la fine delle ostilità vi sarebbe stato un mutuo scambio di prigionieri; entro 300 giorni
89
Cfr. A. SCHLESINGER jr., op. cit., p.16.
Cfr. J. ROY, op. cit., p.502.
91
Cfr. E. DI NOLFO, op. cit., p.973.
92
Cfr. J. ROY, op. cit., p.514.
93
Cfr. J. CHESNAUX, Storia del Vietnam, op. cit., p.332.
90
ciascuna delle parti avrebbe raggruppato le proprie forze trasferendole all'interno dell'area affidata alla
sua occupazione.
Al più tardi entro il 20 luglio 1956 libere elezioni, controllate da una commissione di armistizio composta
da un rappresentante indiano, uno canadese e uno polacco, avrebbero sancito l'assetto definitivo di
tutto il Vietnam.
Per quanto riguardava il Laos, gli accordi riconoscevano la sovranità del regime monarchico e la sua
piena indipendenza, respingendo la sovranità del governo comunista, ma consentendo che sotto le forze
del Pathet Lao rimanessero temporaneamente due province. Anche la Cambogia vedeva riconosciuta la
sua completa indipendenza.
Il compromesso di Ginevra, però, non eliminava tutte le divergenze; piuttosto suscitava allarmanti
proteste a Saigon e inquietanti segnali di ingerenza politica degli americani.
Una dichiarazione unilaterale del governo del Vietnam (costituitosi a Saigon e riconosciuto il 4 giugno
dal governo francese) protestava contro molte clausole dell'armistizio, definite senza che esso fosse
stato interpellato, e affermava di riservarsi piena libertà di azione per quanto riguardava la scadenza
prevista per la data delle elezioni. Dal canto loro gli Stati Uniti rifiutarono di sottoscrivere gli accordi
finali che recepivano le intese militari e manifestarono il loro dissenso rispetto al negoziato. Inoltre essi
dichiararono unilateralmente di prendere nota dei tre armistizi stipulati e della dichiarazione finale, di
impegnarsi ad astenersi dall'adottare qualsiasi iniziativa militare che potesse turbarne l'applicazione, ma
al tempo stesso di appoggiare la protesta del governo del Vietnam per la mancata consultazione che
esso aveva deplorato. 94
94
Cfr. E. DI NOLFO, op. cit., pp.974-975
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