L’Interlingua di Peano Intorno all’inizio del Novecento, il mondo scientifico pare vivere un momento di vera babele linguistica. Il matematico Giuseppe Peano, al pari di molti suoi contemporanei, è preoccupato per questo stato di cose che potrebbe compromettere la collaborazione internazionale tra i ricercatori: egli rileva, ad esempio, che i giapponesi ricorrono sempre meno all’inglese, preferendo pubblicare nella propria lingua. Nel periodo dal 1903 al 1930 Peano dedica molti lavori all’argomento, proponendo una concreta soluzione del problema. Nel 1908 fonda l’Accademia dell’Interlingua, avente come scopo la diffusione di una lingua universale artificiale, sostanzialmente costituita dal latino, ma semplificata ed adeguata alle esigenze del mondo moderno. Peano la presenta come latino sine flexione: la grammatica è ridotta all’essenziale, spariscono i casi e la quasi totalità delle coniugazioni verbali, viene a cadere la distinzione tra i generi, come a voler imitare l’inglese. Peano utilizza effettivamente questa interlingua in alcuni suoi scritti matematici. Eccone un saggio, tratto dalla sua recensione ai Principia Mathematica di Russell e Whitehead (1910): il testo riportato è il commento alla dimostrazione di un teorema sui numeri cardinali enunciato da Cantor. “In demonstratione commune, occurre idea de numero naturale. Sed theorema es de logica, et non de arithmetica; ergo suo demonstratione debe es independente ab idea de numero, et in modo speciale, debe es independente ab principio de inductione; quod es facto ab plure auctore.” (cit. da G. Peano, Opere Scelte, vol. II, Ed. Cremonese, Roma 1958) Il problema della lingua universale era stato affrontato, nel corso della storia, da molti altri studiosi, tra cui Descartes, Leibniz e Leopardi. La formulazione delle regole dell’interlingua è frutto di un attento studio analitico della morfologia delle lingue neolatine. Peano dedica molti scritti al cosiddetto “calcolo grammaticale”, che consiste nell’esprimere e trattare le regole di formazione delle parole mediante formule algebriche. Per dare un’idea del suo singolare modo di procedere, riportiamo un esempio di algebra de grammatica, tratto da una sua omonima opera del 1930. Per maggiore chiarezza, lo traduciamo in italiano. Con le lettere A, V N vengono denotati, rispettivamente, aggettivo, verbo e nome. L’identità di significato viene espressa dal segno uguale. Le uguaglianze ardente = che arde = con ardore arde = è ardente = ha ardore possono essere riscritte nella forma: A = che + V = con + N V = è + A = ha + N. Eseguendo i dovuti passaggi algebrici si deduce una nuova identità di significato: con = A – N = (A - V) + (V - N) = che ha. Peano non è il primo matematico ad interessarsi alle strutture grammaticali. Un illustre precedente è costituito da Leon Battista Alberti, autore di uno studio sulle regole della lingua toscana.