L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù: costoro, infatti, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente. Orbene, l’amicizia di costoro perdura finché essi sono buoni, e, d’altra parte, la virtù è qualcosa di permanente. E ciascuno è buono sia in senso assoluto sia in relazione al suo amico, giacché i buoni sono sia buoni in senso assoluto sia utili gli uni agli altri. Etica Nicomachea, Libro VIII, 1156b I Libro della Politica All’interno della famiglia vengono individuati tre tipi di rapporti, che corrispondono ad altrettante parti dell’amministrazione domestica. 1. Padronale, tra padrone e schiavi: lo schiavo è uno «strumento animato» la cui funzione è utilizzare gli «strumenti inanimati» I, 4, 1253b 25-35, ed è di proprietà del padrone. Aristotele giustifica l’esistenza della schiavitù affermando che per natura certi esseri nascono per comandare e altri per essere comandati I, 5, 1253a 20-25. Il rapporto tra lo schiavo e il padrone è paragonato a quello tra corpo e anima, nel quale la seconda esercita un comando di tipo dispotico, oppure al governo che l’uomo esercita sugli animali domestici: vi sono uomini che non sanno governarsi da sé, ma sono in grado di comprendere gli ordini e obbedire. Esiste poi il caso di individui che sono schiavi per legge, e non sempre costoro sono schiavi anche per natura. Infine, gli schiavi sono necessari per svolgere attività pesanti e consentire agli uomini liberi di dedicarsi alla politica e alla filosofia. 2. Matrimoniale, tra marito e moglie: nei rapporti tra maschio e femmina è l’uomo a esercitare il comando, e anche questo accade secondo natura. La donna è un essere libero al pari del marito, ma non avendo l’indole del comando deve mantenere un ruolo subalterno. I, 12 3. Paterno, tra padre e figli: l’autorità del padre sui figli è simile a quella del re sui sudditi. Anche i figli come la madre sono individui liberi, ma essendo giovani è necessario che siano comandati da chi è più maturo, cioè il padre. I 9, 1257a 7-15 slide 1 L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù: costoro, infatti, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente. Orbene, l’amicizia di costoro perdura finché essi sono buoni, e, d’altra parte, la virtù è qualcosa di permanente. E ciascuno è buono sia in senso assoluto sia in relazione al suo amico, giacché i buoni sono sia buoni in senso assoluto sia utili gli uni agli altri. Etica Nicomachea, Libro VIII, 1156b slide 2 Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 3 I Vecchi hegeliani avevano compreso qualsiasi cosa, non appena l’avevano ricondotta ad una categoria logica hegeliana. I Giovani hegeliani criticarono qualsiasi cosa scoprendo in essa idee religiose o definendola teologica. I Giovani hegeliani concordano con i Vecchi hegeliani in quanto credono al predominio della religione, dei concetti, dell’universale nel mondo esistente; solo che gli uni combattono quel predominio come usurpazione, mentre gli altri lo esaltano come legittimo. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 4 La concezione feuerbachiana del mondo sensibile si limita da una parte alla semplice intuizione di esso, e dall’altra alla pura sensazione; egli dice «l’uomo» anziché gli «uomini storici reali». «L’uomo» è realiter «il tedesco». […] Fin tanto che Feuerbach è materialista, per lui la storia non appare, e fin tanto che prende in considerazione la storia, non è un materialista. Materialismo e storia per lui sono del tutto divergenti, come del resto si spiega già in base a ciò che si è detto. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 5 Gli individui non più sussunti sotto la divisione del lavoro sono stati immaginati dai filosofi come ideale, sotto il nome « l’uomo », e l’intero processo che abbiamo delineato è stato da loro concepito come il processo di sviluppo « dell’uomo », così che ad ogni grado della storia passata si è sostituito « l’uomo » agli individui esistenti e lo si è rappresentato come la forza motrice della storia. L’intero processo fu dunque inteso come processo di auto alienazione « dell’uomo », e ciò deriva essenzialmente dal fatto che l’individuo medio del periodo posteriore è sempre stato sostituito a quello del periodo precedente e la coscienza posteriore a quella degli individui precedenti. Con questo capovolgimento, che astrae senz’altro dalle condizioni reali, fu possibile trasformare l’intera storia in un processo di sviluppo della coscienza. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 6 Per esempio la questione importante dei rapporti degli uomini con la natura […], dalla quale sono uscite tutte le « sublimi, incommensurabili opere » sulla « sostanza » e l’« autocoscienza », finisce automaticamente nel nulla se ci si accorge che la celeberrima « unità dell’uomo con la natura » è sempre esistita nell’industria, e in ciascuna epoca è esistita in maniera diversa a seconda del maggiore o minore sviluppo dell’industria, così come la « lotta » dell’uomo con la natura esiste finché le sue forze produttive si sviluppino su una base adeguata. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 7 Finora tutta la concezione della storia ha puramente e semplicemente ignorato questa base reale della storia oppure l’ha considerata come un semplice fatto marginale, privo di qualsiasi legame con il corso storico. Per questa ragione si è sempre costretti a scrivere la storia secondo un metro che ne sta al di fuori; la produzione reale della vita appare come qualche cosa di preistorico, mentre ciò che è storico, inteso come qualche cosa che è separato dalla vita comune, appare come extra e sovramondano. Il rapporto dell’uomo con la natura è quindi escluso dalla storia, e con ciò è creato l’antagonismo, fra natura e storia. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 8 Il potere sociale, cioè la forza produttiva moltiplicata che ha origine attraverso la cooperazione dei diversi individui, determinata nella divisione del lavoro, appare a questi individui, poiché la cooperazione stessa non è volontaria ma naturale, non come il loro proprio potere unificato, ma come una potenza estranea, posta al di fuori di essi, della quale essi non sanno donde viene e dove va, che quindi non possono più dominare e che al contrario segue una sua propria successione di fasi e di gradi di sviluppo la quale è indipendente dal volere e dall’agire degli uomini e anzi dirige questo volere e agire. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 9 Esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende dal cielo sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si parte da ciò che gli uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né da ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per arrivare da qui agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita. Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell’uomo sono necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita, empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di giudicare si parte dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo modo, che corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e si considera la coscienza soltanto come la loro coscienza. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 10 Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza, un progresso che è condizionato dalla loro organizzazione fisica.. Producendo i loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale. […] Ciò che essi sono coincide dunque con la loro produzione [la quale] presuppone a sua volta relazioni fra gli individui. La forma di queste relazioni a sua volta è condizionata dalla produzione. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 11 Il fatto è dunque il seguente: individui determinati che svolgono un’attività produttiva secondo un modo determinato entrano in questi determinati rapporti sociali e politici. In ogni singolo caso l’osservazione empirica deve mostrare empiricamente e senza alcuna mistificazione e speculazione il legame fra l’organizzazione sociale e politica e la produzione. L’organizzazione sociale e lo Stato risultano costantemente dal processo della vita di individui determinati; ma di questi individui, non quali possono apparire nella rappresentazione propria o altrui, bensì quali sono realmente, cioè come operano e producono materialmente, e dunque agiscono fra limiti, presupposti e condizioni materiali determinate e indi pendenti dal loro arbitrio. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 12 Il modo in cui gli uomini producono i loro mezzi di sussistenza dipende prima di tutto dalla natura dei mezzi di sussistenza che essi trovano e che debbono riprodurre. Questo modo di produzione non si deve giudicare solo in quanto è la riproduzione dell’esistenza fisica degli individui; anzi, esso è già un modo determinato dell’attività di questi individui, un modo determinato di estrinsecare la loro vita, un modo di vita determinato. Come gli individui esternano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono coincide dunque con la loro produzione, tanto con ciò che producono quanto col modo come producono. Ciò che gli individui sono dipende dunque dalle condizioni materiali della loro produzione. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 13 non soltanto il rapporto di una nazione con altre, bensì anche l’intera organizzazione interna di questa stessa nazione dipende dal grado di sviluppo della sua produzione e delle sue relazioni interne ed esterne. Il grado di sviluppo delle forze produttive di una nazione è indicato nella maniera più chiara dal grado di sviluppo a cui è giunta la divisione del lavoro. […] La divisione del lavoro all’interno di una nazione porta con sé innanzi tutto la separazione del lavoro industriale e commerciale dal lavoro agricolo e con ciò la separazione fra città e campagna e il contrasto dei loro interessi. […] I diversi stadi di sviluppo della divisione del lavoro sono altrettante forme diverse della proprietà; vale a dire, ciascun nuovo stadio della divisione del lavoro determina anche i rapporti fra gli individui in relazione al materiale, allo strumento e al prodotto del lavoro. La prima forma di proprietà è la proprietà tribale. […] La seconda forma è la proprietà della comunità antica e dello Stato, che ha origine dall’unione di più tribù in una città, mediante patto o conquista, e in cui continua ad esistere la schiavitù. […] La terza forma è la proprietà feudale o degli ordini. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 14 La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale, quale essa si manifesta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc. di un popolo. Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ecc., ma gli uomini reali, operanti, cosi come sono condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La coscienza non può mai essere qualche cosa di diverso dall’essere cosciente, e l’essere degli uomini è il processo reale della loro vita. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 15 La divisione del lavoro diventa una divisione reale solo dal momento in cui interviene una divisione fra il lavoro manuale e il lavoro mentale. Da questo momento in poi la coscienza può realmente figurarsi di essere qualche cosa di diverso dalla coscienza della prassi esistente, concepire realmente qualche cosa senza concepire alcunché di reale: da questo momento la coscienza è in grado di emanciparsi dal mondo e di passare a formare la « pura » teoria, teologia, filosofia, morale, ecc. slide 16 Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 17 Questa concezione della storia si fonda dunque su questi punti: spiegare il processo reale della produzione, e precisamente muovendo dalla produzione materiale della vita immediata, assumere come fondamento di tutta la storia la forma di relazioni che è connessa con quel modo di produzione e che da esso è generata, dunque la società civile nei suoi diversi stadi, e sia rappresentarla nella sua azione come Stato, sia spiegare partendo da essa tutte le varie creazioni teoriche e le forme della coscienza, religione, filosofia, morale, ecc. ecc. e seguire sulla base di queste il processo della sua origine, ciò che consente naturalmente anche di rappresentare la cosa nella sua totalità (e quindi anche la reciproca influenza di questi lati diversi l’uno sull’altro). Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 18 Le condizioni sotto le quali gli individui, finché non è ancora apparsa la contraddizione, hanno relazioni tra loro, sono condizioni che appartengono alla loro individualità, non qualche cosa di esterno ad essi, condizioni sotto le quali soltanto questi individui determinati, esistenti in situazioni determinate, possono produrre la loro vita materiale e ciò che vi è connesso; esse sono quindi le condizioni della loro manifestazione personale e da questa sono prodotte […]. Queste diverse condizioni, che appaiono dapprima come condizioni della manifestazione personale e più tardi come un intralcio per essa, formano in tutto lo sviluppo storico una serie coerente di forme di relazioni, la cui connessione consiste in questo, che al posto della forma di relazioni precedente, diventata un intralcio, ne viene sostituita una nuova, corrispondente alle forze produttive più sviluppate e quindi al modo più progredito di manifestazione personale degli individui, e questa forma à son tour diventa poi un intralcio e quindi viene sostituita con un’altra. Poiché ad ogni stadio queste condizioni corrispondono allo sviluppo contemporaneo delle forze produttive, la loro storia è altresì la storia delle forze produttive che si sviluppano e che sono riprese da ogni nuova generazione, e pertanto è la storia dello sviluppo delle forze degli individui stessi. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 19 Secondo la nostra concezione, dunque, tutte le collisioni della storia hanno la loro origine nella contraddizione tra le forze produttive e la forma di relazioni. D’altronde non è necessario che per provocare delle collisioni in un paese questa contraddizione sia spinta all’estremo in questo paese stesso. La concorrenza con paesi industrialmente più progrediti, provocata dall’allargamento delle relazioni internazionali, è sufficiente per generare una contraddizione analoga anche nei paesi con industria meno sviluppata (per esempio il proletariato latente in Germania, fatto apparire dalla concorrenza dell’industria inglese). Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 20 La tessitura, lavoro che nella maggior parte dei casi richiede poca abilità e che si suddivide presto in un’infinità di rami, per sua natura riluttava assolutamente ai vincoli della corporazione. La tessitura fu quindi generalmente esercitata senza organizzazione corporativa […] Con la manifattura svincolata dalla corporazione mutarono immediatamente anche i rapporti di proprietà. Il primo passo avanti, rispetto al capitale naturale degli ordini sociali, fu segnato dalla comparsa dei commercianti, il cui capitale nacque subito come capitale mobile, capitale nel senso moderno […]. La manifattura diventò in pari tempo un rifugio per i contadini contro le corporazioni che li escludevano o li pagavano male, cos come prima le città corporative erano state un rifugio per i contadini contro i proprietari fondiari. slide 21 L’estendersi del commercio e della manifattura accelerò l’accumulazione del capitale mobile, mentre nelle corporazioni, che non ricevettero alcuno stimolo ad allargare la produzione, il capitale naturale restava statico o anche diminuiva. Il commercio e la manifattura crearono la grande borghesia, mentre nelle corporazioni si concentrava la piccola borghesia, che non dominava più come prima nelle città ma doveva piegarsi al dominio dei grandi mercanti e manifatturieri . Da qui il declino delle corporazioni, non appena entrarono in contatto con la manifattura. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 22 La concentrazione del commercio e della manifattura che nel secolo diciassettesimo si sviluppò ininterrottamente in un solo paese, l’Inghilterra, creò gradualmente per questo paese un mercato mondiale relativo e quindi […] la grande industria, — l’impiego delle forze elementari a scopi industriali, le macchine e la divisione del lavoro portata al massimo, — suscitò il terzo periodo della proprietà privata dal Medioevo in poi. […] La grande industria universalizzò la concorrenza […], stabilì i mezzi di comunicazione e il mercato mondiale moderno, sottomise a sé il commercio, trasformò ogni capitale in capitale industriale e […] costrinse tutti gli individui alla tensione estrema delle loro energie. Essa distrusse il più possibile l’ideologia, la religione, la morale, ecc. e quando ciò non le fu possibile ne fece flagranti menzogne. Essa produsse per la prima volta la storia mondiale […]. Sussunse le scienze naturali sotto il capitale e tolse alla divisione del lavoro l’ultima parvenza del suo carattere naturale. Per quanto ciò era possibile nell’ambito del lavoro, distrusse l’impronta naturale in genere e risolse tutti i rapporti naturali in rapporti di denaro. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 23 Nella grande industria e nella concorrenza tutte le condizioni d’esistenza, le limitazioni e le restrizioni degli individui sono fuse insieme nelle due forme più semplici: proprietà privata e lavoro. Col denaro ogni forma di relazione e le relazioni stesse sono poste come casuali per gli individui. Dunque dipende dalla stessa natura del denaro se ogni relazione finora esistita non è stata altro che relazione degli individui sotto condizioni determinate, non degli individui come individui. Queste condizioni si riducono a due: lavoro accumulato o proprietà privata e lavoro effettivo. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 24 Infine, dalla concezione della storia che abbiamo svolto otteniamo ancora i seguenti risultati: nello sviluppo delle forze produttive si presenta uno stadio nel quale vengono fatte sorgere forze produttive e mezzi di relazione che nelle situazioni esistenti fanno solo del male, che non sono più forze produttive ma forze distruttive (macchine e denaro) e, in connessione con tutto ciò, viene fatta sorgere una classe che deve sopportare tutti i pesi della società, forzata al più deciso antagonismo contro le altre classi; una classe che forma la maggioranza di tutti i membri della società e dalla quale prende le mosse la coscienza della necessità di una rivoluzione che vada al fondo, la coscienza comunista, la quale naturalmente si può formare anche fra le altre classi, in virtù della considerazione della posizione di questa classe […] Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 25 […] in tutte le rivoluzioni sinora avvenute non è mai stato toccato il tipo dell’attività, e si è trattato soltanto di un’altra distribuzione di questa attività, di una nuova distribuzione del lavoro ad altre persone, mentre la rivoluzione comunista si rivolge contro il modo dell’attività che si è avuto finora, sopprime il lavoro e abolisce il dominio di tutte le classi insieme con le classi stesse, poiché essa è compiuta dalla classe che nella società non conta più come classe, che non è riconosciuta come classe, che in seno alla società odierna è già l’espressione del dissolvimento di tutte le classi, nazionalità, ecc. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 26 Da tutta questa porcheria ricaviamo, come unico risultato, che questi tre momenti – la forza produttiva, la situazione sociale e la coscienza – possono e debbono entrare in contraddizione fra loro, perché con la divisione del lavoro si dà la possibilità, anzi la realtà, che l’attività spirituale e l’attività materiale, il godimento e il lavoro, la produzione e il consumo tocchino a individui diversi, e la possibilità che essi non entrino in contraddizione sta solo nel tornare ad abolire la divisione del lavoro. È di per sé evidente, del resto, che i « fantasmi », i « vincoli », l’«essere superiore », il « concetto », la « irresolutezza », altro non sono che l’espressione spirituale idealistica, la rappresentazione apparentemente dell’individuo isolato, in realtà di ceppi e barriere molto empirici entro i quali si muovono il modo di produzione della vita e la forma di relazioni che vi è connessa. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 27 Appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha una sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o critico critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere; laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera al levare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 28 Il comunismo noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 29 Come la religione è l’indice delle battaglie teoretiche degli uomini, lo stato politico lo è delle loro battaglie pratiche. Lo stato politico esprime quindi all’interno della sua forma, sub specie rei publicae, tutte le lotte, le esigenze, le verità sociali. (...). Il critico dunque non solo può, ma deve interessarsi dei problemi politici (...). Il nostro motto sarà quindi: riforma della coscienza, non mediante dogmi, bensì mediante l’analisi della coscienza mistica oscura a se stessa, sia che si presenti in modo religioso, sia in modo politico. Si vedrà allora come da tempi il mondo possiede il sogno di una cosa, di cui non ha che da possedere la coscienza, per possederla realmente. Sarà chiaro come non si tratti di tirare una linea retta tra passato e futuro, ma di realizzare le idee del passato. Si vedrà infine come l’umanità non incominci un lavoro nuovo, ma venga consapevolmente a capo del suo antico lavoro. Possiamo dunque sintetizzare in una parola la tendenza della nostra rivista: autochiarificazione (filosofia critica) del nostro tempo in relazione alle sue lotte e ai suoi desideri. Questo è un lavoro per il mondo e per noi. Esso può derivare solo da un unione di forze. Lettera a Ruge del settembre 1843 slide 30 Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo, reale ed empiricamente constatabile, sotto condizioni determinate. Non appena viene rappresentato questo processo di vita attivo, la storia cessa di essere una raccolta di fatti morti, come negli empiristi che sono anch’essi astratti, o un’azione immaginaria di soggetti immaginari, come negli idealisti. Ideologia tedesca, I. Feuerbach slide 31 Quando consideriamo un dato paese dal punto di vista economico-politico, incominciamo con la sua popolazione, la divisione di questa in classi, la città, la campagna, il mare, i diversi rami della produzione, esportazione e importazione, produzione e consumo annuo, prezzi delle merci ecc. Sembra giusto incominciare con ciò che è reale e concreto, con il presupposto reale, quindi ad esempio nell’economia con la popolazione, che è la base e il soggetto dell’intero atto sociale di produzione. Eppure, considerando le cose più da presso, ciò si rivela sbagliato. La popolazione è un’astrazione, se ad esempio non tengo conto delle classi di cui si compone. Introduzione del ‘57 a Per la critica dell’economia politica slide 32 Il lavoro sembra una categoria semplicissima. Anche la nozione del lavoro in questa generalità – come lavoro in generale – è antichissima. Nondimeno, compreso in questa semplicità dal punto di vista economico il «lavoro» è una categoria moderna quanto i rapporti che creano questa semplice astrazione. Il sistema monetario, ad esempio, pone la ricchezza ancora in modo del tutto oggettivo, come cosa fuori di sé, nel denaro. Rispetto a questo punto di vista fu un grande progresso quando il sistema manifatturiero o commerciale trasferì la fonte della ricchezza dall’oggetto nell’attività soggettiva, nell’attività commerciale e manifatturiera, pur continuando ancor sempre a concepire questa attività stessa nell’aspetto limitato del far denaro. Rispetto a questo sistema fu poi un ulteriore progresso quello fisiocratico che pone una determinata forma di lavoro – l’agricoltura – come creatrice di ricchezza, e concepisce l’oggetto stesso non più nel travestimento del denaro, bensì come prodotto in generale, come risultato generale del lavoro. Questo prodotto, in conformità con la limitatezza dell’attività, è concepito come ancora sempre determinato dalla natura, prodotto agricolo, prodotto della terra. Introduzione del ‘57 a Per la critica dell’economia politica slide 33 Questo esempio del lavoro rivela con assoluta evidenza come anche le categorie più astratte, sebbene siano valide — proprio a causa della loro astrazione — per tutte le epoche, in ciò che vi è di determinato in questa astrazione stessa sono tuttavia il prodotto di condizioni storiche e hanno piena validità soltanto per e all’interno di tali condizioni. La società borghese è l’organizzazione storica più sviluppata e differenziata della produzione. Le categorie che esprimono i suoi rapporti, la comprensione della sua articolazione, permettono quindi in pari tempo di comprendere l’articolazione e i rapporti di produzione di tutte le forme di società scomparse, sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costruita, e di cui in parte in essa sopravvivono ancora residui parzialmente non superati, mentre ciò che in essa era solo accennato ha assunto significati compiuti ecc. L’anatomia dell’uomo fornisce una chiave per l’anatomia della scimmia. Gli accenni a momenti superiori nelle specie animali inferiori possono invece esser compresi solo se la forma superiore stessa è già nota. L’economia borghese fornisce quindi la chiave di quella antica ecc. In nessun caso però procedendo come fanne, gli economisti, i quali cancellano ogni differenza storica e in tutte le forme di società vedono sempre le forme borghesi. Si possono comprendere il tributo, le decime ecc. se si conosce la rendita fondiaria. Introduzione del ‘57 a Per la critica dell’economia politica slide 34 Nulla sembra ad esempio più naturale del cominciare con la rendita fondiaria, con la proprietà fondiaria, dal momento, che essa è legata alla terra, alla fonte di ogni produzione e di ogni esistenza, oltre che alla prima forma di produzione di tutte le società in qualche misura consolidate — l’agricoltura. E tuttavia nulla sarebbe più errato. […] Sarebbe dunque inopportuno ed errato far succedere serialmente le categorie economiche nell’ordine in cui sono state storicamente determinanti. La loro successione è invece determinata dalla relazione in cui esse si trovano l’una con l’altra nella moderna società borghese, e questa successione è esattamente l’inverso di quella che sembra essere la loro successione naturale o di ciò che corrisponde alla successione dello sviluppo storico. Non si tratta del posto che i rapporti economici assumono storicamente nel succedersi di differenti forme di società. Men che meno della loro successione «nell’idea» (Proudhon) (una rappresentazione confusa del movimento storico). Bensì della loro articolazione all’interno della Moderna società borghese. Introduzione del ‘57 a Per la critica dell’economia politica slide 35 Feuerbach prende le mosse dal fatto che la religione rende l’uomo estraneo a se stesso e sdoppia il mondo in un mondo religioso immaginario, e in un mondo reale. Il suo lavoro consiste nel dissolvere il mondo religioso nella sua base mondana. Egli non si accorge che, compiuto questo lavoro, la cosa principale rimane ancora da fare. Il fatto stesso che la base mondana si distacca da se stessa e si stabilisce nelle nuvole come regno indipendente non si può spiegare se non colla dissociazione interna e colla contraddizione di questa base mondana con se stessa. Questa deve pertanto essere compresa prima di tutto nella sua contraddizione e poi, attraverso la rimozione della contraddizione, rivoluzionata praticamente. Così, per esempio, dopo che si è scoperto che la famiglia terrena è il segreto della sacra famiglia, è la prima che deve essere criticata teoricamente e sovvertita nella pratica. Tesi su Feuerbach, IV slide 36 Feuerbach risolve l’essere religioso nell’essere umano. Ma l’essere umano non è un’astrazione immanente all’individuo singolo. Nella sua realtà, esso è l’insieme dei rapporti sociali. Feuerbach, che non s’addentra nella critica di questo essere reale, è perciò costretto: 1. a fare astrazione dal corso della storia, a fissare il sentimento religioso per sé e a presupporre un individuo umano astratto, isolato; 2. per lui perciò l’essere umano può essere concepito solo come "specie", come generalità interna, muta, che unisce in modo puramente naturale la molteplicità degli individui. Tesi su Feuerbach, VI slide 37 Perciò Feuerbach non vede che il "sentimento religioso" è anch’esso un prodotto sociale e che l’individuo astratto, che egli analizza, in realtà appartiene a una determinata forma sociale. Tesi su Feuerbach, VII slide 38 Feuerbach, non contento del pensiero astratto, fa appello all’intuizione sensibile; ma egli non concepisce il sensibile come attività pratica, come attività sensibile umana. Tesi su Feuerbach, V slide 39 L’altezza massima a cui può arrivare il materialismo intuitivo, cioè il materialismo che non concepisce il mondo sensibile come attività pratica, è l’intuizione dei singoli individui nella "società borghese". Tesi su Feuerbach, IX slide 40 Il difetto principale di ogni materialismo fino ad oggi, compreso quello di Feuerbach, è che l’oggetto, il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività umana sensibile, come attività pratica, non soggettivamente. E’ accaduto quindi che il lato attivo è stato sviluppato dall’idealismo in contrasto col materialismo, ma solo in modo astratto, poiché naturalmente l’idealismo ignora l’attività reale, sensibile come tale. Feuerbach vuole oggetti sensibili realmente distinti dagli oggetti del pensiero; ma egli non concepisce l’attività umana stessa come attività oggettiva. Perciò nell’Essenza del cristianesimo egli considera come schiettamente umano solo il modo di procedere teorico, mentre la pratica è concepita e fissata da lui soltanto nella sua raffigurazione sordidamente giudaica. Pertanto egli non concepisce l’importanza dell’attività "rivoluzionaria", dell’attività pratico-critica. Tesi su Feuerbach, I slide 41 Il punto di vista del vecchio materialismo è la società "borghese"; il punto di vista del nuovo materialismo è la società umana, o l’umanità socializzata. Tesi su Feuerbach, X slide 42 La dottrina materialistica che gli uomini sono prodotti dell’ambiente e dell’educazione, e che pertanto uomini mutati sono prodotti di un altro ambiente e di una mutata educazione, dimentica che sono proprio gli uomini che modificano l’ambiente e che l’educatore stesso deve essere educato. Essa perciò giunge necessariamente a scindere la società in due parti, una delle quali sta al di sopra della società (per esempio in Roberto Owen). La coincidenza nel variare dell’ambiente e dell’attività umana può solo essere concepita e compresa razionalmente come pratica rivoluzionaria. Tesi su Feuerbach, III slide 43 La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teorica, ma pratica. E’ nell’attività pratica che l’uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica. Tesi su Feuerbach, II slide 44 La vita sociale è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che sviano la teoria verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nella attività pratica umana e nella comprensione di questa attività pratica. Tesi su Feuerbach, VIII slide 45 I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di trasformarlo. Tesi su Feuerbach, XI slide 46 Affermiamo che essi [gli ebrei] sopprimeranno la loro limitatezza religiosa non appena avranno soppresso i loro limiti mondani. Noi non trasformiamo le questioni mondane in questioni teologiche. Trasformiamo le questioni teologiche in questioni mondane. Dopo che per lungo tempo la storia è stata risolta in superstizione, noi risolviamo la superstizione in storia. La questione del rapporto tra l’emancipazione politica e la religione, diviene per noi la questione del rapporto tra l’emancipazione politica e l’emancipazione umana. […] Il limite dell’emancipazione politica appare immediatamente nel fatto che lo Stato può liberarsi da un limite senza che l’uomo ne sia realmente libero, che lo Stato può essere un libero Stato senza che l’uomo sia un uomo libero. La Questione ebraica slide 47 l’uomo, liberandosi politicamente, si libera per via indiretta, attraverso un mezzo, anche se un mezzo necessario. Ne consegue infine che l’uomo, anche se con la mediazione dello Stato si proclama ateo, cioè se proclama ateo lo Stato, rimane ancor sempre prigioniero del pregiudizio religioso, appunto perché riconosce se stesso solo per via indiretta, solo attraverso un mezzo. La religione è appunto il riconoscersi dell’uomo per via indiretta. Attraverso un mediatore. Lo Stato è il mediatore tra l’uomo e la libertà dell’uomo. Come Cristo è il mediatore che l’uomo carica di tutta la sua divinità, di tutto il suo pregiudizio religioso, così lo Stato è il mediatore nel quale egli trasferisce tutta la sua mondanità, tutta la sua spregiudicatezza umana. La Questione ebraica slide 48 Lo Stato sopprime alla sua maniera, le differenze di nascita, di condizione, di cultura, di professione, dichiarando che nascita, condizione, cultura, professione non sono differenze politiche, proclamando ciascun membro del popolo partecipe in egual misura della sovranità popolare, senza riguardo a tali differenze, trattando tutti gli elementi della vita reale del popolo dal punto di vista dello Stato. Nondimeno lo Stato lascia che la proprietà privata, la cultura, la professione operino nel loro modo, cioè come proprietà privata, come cultura, come professione, e facciano valere la loro particolare essenza. Ben lungi dal sopprimere queste differenze di fatto, lo Stato esiste piuttosto soltanto in quanto le presuppone, sente se stesso come Stato politico, e fa valere la propria universalità solo in opposizione con questi suoi elementi. […] Lo Stato politico perfetto è per sua essenza la vita generica dell’uomo, in opposizione alla sua vita materiale. Tutti i presupposti di questa vita egoistica continuano a sussistere al di fuori della sfera dello Stato, nella società civile, ma come caratteristiche della società civile. La Questione ebraica slide 49 Là dove lo Stato politico ha raggiunto il suo vero sviluppo, l’uomo conduce non soltanto nel pensiero, nella coscienza, bensì nella realtà, nella vita, una doppia vita, una celeste e una terrena, la vita nella comunità politica nella quale egli si considera come ente comunitario, e la vita nella società civile nella quale agisce come uomo privato, che considera gli altri uomini come mezzo, degrada se stesso a mezzo e diviene trastullo di forze estranee. Alla società civile lo Stato politico si rapporta nel modo spiritualistico in cui il cielo si rapporta alla terra. La Questione ebraica slide 50 Questa è la sofistica dello Stato politico stesso. La differenza tra l’uomo religioso e il cittadino e la differenza tra il commerciante e il cittadino, tra il salariato giornaliero e il cittadino, tra il proprietario fondiario e il cittadino, tra l’individuo vivente e il cittadino. La contraddizione nella quale si trova l’uomo religioso con l’uomo politico, è la medesima contraddizione nella quale si trova il bourgeois con il citoyen, nella quale si trova il membro della società civile con la sua pelle di leone politica. La Questione ebraica slide 51 I membri dello Stato politico sono religiosi a causa del dualismo tra la vita individuale e la vita del genere, tra la vita della società civile e la vita politica, sono religiosi in quanto l’uomo considera la vita statale, posta al di là della sua vera individualità, come la sua vita vera, sono religiosi poiché la religione è qui lo spirito della società civile, l’espressione della separazione e dell’allontanamento dell’uomo dall’uomo. La democrazia politica è cristiana perché in essa l’uomo, non soltanto un uomo, ma ogni uomo, vale come essere sovrano, come essere supremo; si tratta però dell’uomo nella sua forma fenomenica incivile e asociale, l’uomo nella sua esistenza casuale, l’uomo così come si trova, l’uomo corrotto, perduto e alienato a se stesso, assoggettato a rapporti ed elementi disumani ad opera dell’organizzazione della nostra società nel suo insieme, in una parola, l’uomo che non è ancora un reale ente generico. La Questione ebraica slide 52 I droits de l’homme, i diritti dell’uomo, vengono in quanto tali distinti dai droits du citoyen, dai diritti del cittadino. Chi è l’homme distinto dal citoyen? Nient’altro che il membro della società civile. Perché il membro della società civile viene chiamato «uomo», uomo senz’altro, perché i suoi diritti vengono chiamati «diritti dell’uomo»? Donde spieghiamo questo fatto? Dal rapporto dello Stato politico con la società civile, dall’essenza dell’emancipazione politica La Questione ebraica slide 53 Nessuno dei cosiddetti diritti dell’uomo oltrepassa dunque l’uomo egoista, l’uomo in quanto è membro della società civile, cioè individuo ripiegato su se stesso, sul suo interesse privato e sul suo arbitrio privato, e isolato dalla comunità. Ben lungi dall’essere l’uomo inteso in essi come ente generico, la stessa vita del genere, la società, appare piuttosto come una cornice esterna agli individui, come limitazione della loro indipendenza originaria. L’unico legame che li tiene insieme è la necessità naturale, il bisogno e l’interesse privato, la conservazione della loro proprietà e della loro persona egoistica. La Questione ebraica slide 54 Ma il compimento dell’idealismo dello Stato fu contemporaneamente il compimento del materialismo della società civile. L’abbattimento del giogo politico fu contemporaneamente l’abbattimento dei legami che tenevano vincolato lo spirito egoista della società civile. L’emancipazione politica fu contemporaneamente l’emancipazione della società civile dalla politica, dall’apparenza stessa di un contenuto universale. […] Ma la libertà dell’uomo egoista e il riconoscimento di questa libertà sono piuttosto il riconoscimento dello sfrenato movimento degli elementi spirituali e materiali che formano il contenuto della sua vita. L’uomo non venne perciò liberato dalla religione, egli ricevette la libertà religiosa. Egli non venne liberato dalla proprietà. Ricevette la libertà della proprietà. Egli non venne liberato dall’egoismo del mestiere, ricevette la libertà del mestiere. La Questione ebraica slide 55 Solo quando l’uomo reale, individuale, riassume in sé il cittadino astratto, e come uomo individuale nella sua vita empirica, nel suo lavoro individuale, nei suoi rapporti individuali è divenuto ente generico, soltanto quando l’uomo ha riconosciuto e organizzato le sue «forces propres» come forze sociali, e perciò non separa più da sé la forza sociale nella figura della forza politica, soltanto allora l’emancipazione umana è compiuta. La Questione ebraica slide 56 A prima vista, una merce sembra una cosa triviale, ovvia. Dalla sua analisi, risulta che è una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici. Finché è valore d’uso, non c’è nulla di misterioso in essa, sia che la si consideri dal punto di vista che soddisfa, con le sue qualità, bisogni umani, sia che riceva tali qualità soltanto come prodotto di lavoro umano. E’ chiaro come la luce del sole che l’uomo con la sua attività cambia in maniera utile a se stesso le forme dei materiali naturali. P. es. quando se ne fa un tavolo, la forma del legno viene trasformata. Ciò non di meno, il tavolo rimane legno, cosa sensibile e ordinaria. Ma appena si presenta come merce, il tavolo si trasforma in una cosa sensibilmente sovrasensibile. Non solo sta coi piedi per terra, ma, di fronte a tutte le altre merci, si mette a testa in giù, e sgomitola dalla sua testa di legno dei grilli molto più mirabili che se cominciasse spontaneamente a ballare. Il capitale, I.I.4 slide 57 Gli uomini dunque riferiscono l’uno all’altro i prodotti del loro lavoro come valori, non certo per il fatto che queste cose contino per loro soltanto come puri involucri materiali di lavoro umano omogeneo. Viceversa. Gli uomini equiparano l’un con l’altro i loro differenti lavori come lavoro umano, equiparando l’uno con l’altro, come valori, nello scambio, i loro prodotti eterogenei. Non sanno di far ciò, ma lo fanno. [… ] Quel che interessa praticamente in primo luogo coloro che scambiano prodotti, è il problema di quanti prodotti altrui riceveranno per il proprio prodotto, quindi, in quale proporzione si scambiano i prodotti. Appena queste proporzioni sono maturate raggiungendo una certa stabilità abituale, sembrano sgorgare dalla natura dei prodotti del lavoro, cosicché p. es. una tonnellata di ferro e due once d’oro sono di egual valore allo stesso modo che una libbra d’oro e una libbra di ferro sono di egual peso nonostante le loro differenti qualità chimiche e fisiche. Il capitale, I.I.4 slide 58 L’arcano della forma di merce consiste dunque semplicemente nel fatto che tale forma rimanda agli uomini come uno specchio i caratteri sociali del loro proprio lavoro trasformati in caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, in proprietà sociali naturali di quelle cose, e quindi rispecchia anche il rapporto sociale fra produttori e lavoro complessivo come un rapporto sociale di oggetti, avente esistenza al di fuori dei prodotti stessi. Mediante questo quid pro quo i prodotti del lavoro diventano merci, cose sensibilmente sovrasensibili cioè cose sociali. Il capitale, I.I.4 slide 59 Di dove sorge dunque il carattere enigmatico del prodotto di lavoro appena assume forma di merce? Evidentemente, proprio da tale forma. L’eguaglianza dei lavori umani riceve la forma reale di eguale oggettività di valore dei prodotti del lavoro, la misura del dispendio di forza-lavoro umana mediante la sua durata temporale riceve la forma di grandezza di valore dei prodotti del lavoro, ed infine i rapporti fra i produttori, nei quali si attuano quelle determinazioni sociali dei loro lavori, ricevono la forma d’un rapporto sociale dei prodotti del lavoro. Il capitale, I.I.4 slide 60 L’eguaglianza dei lavori umani riceve la forma reale di eguale oggettività di valore dei prodotti del lavoro, la misura del dispendio di forza-lavoro umana mediante la sua durata temporale riceve la forma di grandezza di valore dei prodotti del lavoro, ed infine i rapporti fra i produttori, nei quali si attuano quelle determinazioni sociali dei loro lavori, ricevono la forma d’un rapporto sociale dei prodotti del lavoro. […] L’eguaglianza di lavori toto coelo differenti può consistere soltanto in un far astrazione dalla loro reale diseguaglianza, nel ridurli al carattere comune che essi posseggono, di dispendio di forza-lavoro umana, di lavoro astrattamente umano. Il capitale, I.I.4 slide 61 Per una società di produttori di merci, il cui rapporto di produzione generalmente sociale consiste nell’essere in rapporto coi propri prodotti in quanto sono merci, e dunque valori, e nel riferire i propri lavori privati l’uno all’altro in questa forma oggettiva come eguale lavoro umano, il cristianesimo col suo culto dell’uomo astratto, e in ispecie nel suo svolgimento borghese, nel protestantesimo, deismo, ecc., è la forma di religione più corrispondente. Il capitale, I.I.4 slide 62 La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi. […] La nostra epoca, l’epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aver semplificato gli antagonismi di classe. L’intera società si va scindendo sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte l’una all’altra: borghesia e proletariato. Manifesto del partito comunista, I slide 63 La borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria. Dove ha raggiunto il dominio, la borghesia ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l’uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo "pagamento in contanti". Ha affogato nell’acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell’esaltazione devota, dell’entusiasmo cavalleresco, della malinconia filistea. Ha disciolto la dignità personale nel valore di scambio e al posto delle innumerevoli libertà patentate e onestamente conquistate, ha messo, unica, la libertà di commercio priva di scrupoli. In una parola: ha messo lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido al posto dello sfruttamento mascherato d’illusioni religiose e politiche. La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le attività che fino allora erano venerate e considerate con pio timore. Ha tramutato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l’uomo della scienza, in salariati ai suoi stipendi. Manifesto del partito comunista, I slide 64 La borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto familiare e lo ha ricondotto a un puro rapporto di denaro. La borghesia ha svelato come la brutale manifestazione di forza che la reazione ammira tanto nel medioevo, avesse la sua appropriata integrazione nella più pigra infingardaggine. Solo la borghesia ha dimostrato che cosa possa compiere l’attività dell’uomo. Essa ha compiuto ben altre meraviglie che le piramidi egiziane, acquedotti romani e cattedrali gotiche, ha portato a termine ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate. La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Manifesto del partito comunista, I slide 65 […] I prodotti intellettuali delle singole nazioni divengono bene comune. […] la borghesia trascina nella civiltà tutte le nazioni, anche le più barbare. I bassi prezzi delle sue merci sono l’artiglieria pesante con la quale spiana tutte le muraglie cinesi, con la quale costringe alla capitolazione la più tenace xenofobia dei barbari. […] La borghesia ha assoggettato la campagna al dominio della città. Ha creato città enormi, ha accresciuto su grande scala la cifra della popolazione urbana in confronto di quella rurale, strappando in tal modo una parte notevole della popolazione all’idiotismo della vita rurale. […] La borghesia elimina sempre più la dispersione dei mezzi di produzione, della proprietà e della popolazione. Ha agglomerato la popolazione, ha centralizzato i mezzi di produzione, e ha concentrato in poche mani la proprietà. Ne è stata conseguenza necessaria la centralizzazione politica. Manifesto del partito comunista, I slide 66 Sotto i nostri occhi si svolge un moto analogo. I rapporti borghesi di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la società borghese moderna che ha creato per incanto mezzi di produzione e di scambio così potenti, rassomiglia al mago che non riesce più a dominare le potenze degli inferi da lui evocate. […] Basti ricordare le crisi commerciali che col loro periodico ritorno mettono in forse sempre più minacciosamente l’esistenza di tutta la società borghese. Nelle crisi commerciali viene regolarmente distrutta non solo una parte dei prodotti ottenuti, ma addirittura gran parte delle forze produttive già create. Nelle crisi scoppia una epidemia sociale che in tutte le epoche precedenti sarebbe apparsa un assurdo: l’epidemia della sovrapproduzione. La società si trova all’improvviso ricondotta a uno stato di momentanea barbarie; sembra che una carestia, una guerra generale di sterminio le abbiano tagliato tutti i mezzi di sussistenza; l’industria, il commercio sembrano distrutti. E perché? Manifesto del partito comunista, I slide 67 Perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio. Le forze produttive che sono a sua disposizione non servono più a promuovere la civiltà borghese e i rapporti borghesi di proprietà; anzi, sono divenute troppo potenti per quei rapporti e ne vengono ostacolate, e appena superano questo ostacolo mettono in disordine tutta la società borghese, mettono in pericolo l’esistenza della proprietà borghese. I rapporti borghesi sono divenuti troppo angusti per poter contenere la ricchezza da essi stessi prodotta. – Con quale mezzo la borghesia supera le crisi? Da un lato, con la distruzione coatta di una massa di forze produttive; dall’altro, con la conquista di nuovi mercati e con lo sfruttamento più intenso dei vecchi. Dunque, con quali mezzi? Mediante la preparazione di crisi più generali e più violente e la diminuzione dei mezzi per prevenire le crisi stesse. Manifesto del partito comunista, I slide 68 Essi non dirigono i loro attacchi soltanto contro i rapporti borghesi di produzione, ma contro gli stessi strumenti di produzione; distruggono le merci straniere che fan loro concorrenza, fracassano le macchine, danno fuoco alle fabbriche, cercano di riconquistarsi la tramontata posizione del lavoratore medievale. In questo stadio gli operai costituiscono una massa disseminata per tutto il paese e dispersa a causa della concorrenza. La solidarietà di maggiori masse operaie non è ancora il risultato della loro propria unione, ma della unione della borghesia […]. Il vero e proprio risultato delle lotte non è il successo immediato, ma il fatto che l’unione degli operai si estende sempre più. Manifesto del partito comunista, I slide 69 Da tutto ciò appare manifesto che la borghesia non è in grado di rimanere ancora più a lungo la classe dominante della società e di imporre alla società le condizioni di vita della propria classe come legge regolatrice. Non è capace di dominare, perché non è capace di garantire l’esistenza al proprio schiavo neppure entro la sua schiavitù, perché è costretta a lasciarlo sprofondare in una situazione nella quale, invece di esser da lui nutrita, essa è costretta a nutrirlo. La società non può più vivere sotto la classe borghese, vale a dire la esistenza della classe borghese non è più compatibile con la società. […] Con lo sviluppo della grande industria, dunque, vien tolto di sotto ai piedi della borghesia il terreno stesso sul quale essa produce e si appropria i prodotti. Essa produce anzitutto i suoi seppellitori. Il suo tramonto e la vittoria del proletariato sono del pari inevitabili. Manifesto del partito comunista, I slide 70 Ma il proletariato, con lo sviluppo dell’industria, non solo si moltiplica; viene addensato in masse più grandi, la sua forza cresce, ed esso la sente di più. […] ogni lotta di classi è lotta politica. E quella unione per la quale i cittadini del medioevo con le loro strade vicinali ebbero bisogno di secoli, i proletari moderni con le ferrovie la attuano in pochi anni. […] Il progresso dell’industria, del quale la borghesia è veicolo involontario e passivo, fa subentrare all’isolamento degli operai risultante dalla concorrenza, la loro unione rivoluzionaria, risultante dall’associazione. Manifesto del partito comunista, I slide 71 Quindi in pratica i comunisti sono la parte progressiva più risoluta dei partiti operai di tutti i paesi, e quanto alla teoria essi hanno il vantaggio sulla restante massa del proletariato, di comprendere le condizioni, l’andamento e i risultati generali del movimento proletario. Manifesto del partito comunista, II slide 72 Questo schizzo nel corso dei miei studi nel campo dell’economia politica deve solamente servire a dimostrare che le mie concezioni, in qualsiasi modo si voglia giudicarle e per quanto coincidano ben poco con i pregiudizi interessati delle classi dominanti, sono il risultato di lunghe e coscienziose ricerche. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 73 Sopprimo una introduzione generale che avevo abbozzato perché, dopo aver ben riflettuto, mi pare che ogni anticipazione di risultati ancora da dimostrare disturbi, e il lettore che avrà deciso di seguirmi dovrà decidere a salire dal particolare al generale. Mi sembra invece che trovino qui il loro posto alcuni accenni al corso dei miei studi politico-economici. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 74 Il primo lavoro intrapreso per sciogliere i dubbi che mi assalivano fu una revisione critica della filosofia del diritto di Hegel, lavoro di cui apparve l’introduzione nei Deutsch-französische Jahrbücher pubblicati a Parigi nel 1844. La mia ricerca arrivò alla conclusione che tanto i rapporti giuridici quanto le forme dello Stato non possono essere compresi né per sé stessi, né per la cosiddetta evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici, piuttosto, nei rapporti materiali dell’esistenza il cui complesso viene abbracciato da Hegel, seguendo l’esempio degli inglesi e dei francesi del secolo XVIII, sotto il termine di «società civile»; e che l’anatomia della società civile è da cercare nell’economia politica. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 75 Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 76 A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 77 Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 78 Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 79 A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società. I rapporti di produzione borghese sono l’ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale; antagonistica non nel senso di un antagonismo individuale, ma di un antagonismo che sorga dalle condizioni di vita sociali degli individui. Ma le forze produttive che si sviluppano nel seno della società borghese creano in pari tempo le condizioni materiali per la soluzione di questo antagonismo. Con questa formazione sociale si chiude dunque la preistoria della società umana. Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica slide 80 Nell’economia politica quest’accumulazione originaria fa all’incirca la stessa parte del peccato originale nella teologia: Adamo dette un morso alla mela e con ciò il peccato colpì il genere umano. Se ne spiega l’origine raccontandola come aneddoto del passato. C’era una volta, in un’età da lungo tempo trascorsa, da una parte un’élite diligente, intelligente e soprattutto risparmiatrice, e dall’altra c’erano degli sciagurati oziosi che sperperavano tutto il proprio e anche più. Il capitale, I.XXIV.1 slide 81 appena entra in ballo la questione della proprietà, diventa sacro dovere tener fermo al punto di vista dell’abbiccì infantile come unico valido per tutte le classi d’età e tutti i gradi di sviluppo. Nella storia reale la parte importante è rappresentata, come è noto, dalla conquista, dal soggiogamento, dall’assassinio e dalla rapina, in breve dalla violenza. Nella mite economia politica ha regnato da sempre l’idillio. Diritto e «lavoro» sono stati da sempre gli unici mezzi d’arricchimento, facendosi eccezione, come è ovvio, volta per volta, per «quest’anno». Di fatto i metodi dell’accumulazione originaria sono tutto quel che si vuole fuorché idillici. Il capitale, I.XXIV.1 slide 82 Denaro e merce non sono capitale fin da principio, come non lo sono i mezzi di produzione e di sussistenza. Occorre che siano trasformati in capitale. Ma anche questa trasformazione può avvenire soltanto a certe condizioni che convergono in questo: debbono trovarsi di fronte, e mettersi in contatto due specie diversissime di possessori di merce, da una parte proprietari di denaro e di mezzi di produzione e sussistenza, ai quali importa di valorizzare mediante l’acquisto di forza-lavoro altrui la somma di valori posseduta; dall’altra parte lavoratori liberi, venditori della propria forza-lavoro e quindi venditori di lavoro. Lavoratori liberi nel duplice senso, che non fanno parte direttamente dei mezzi di produzione come gli schiavi, i servi della gleba ecc., né ad essi appartengono i mezzi di produzione, come al contadino coltivatore diretto ecc., anzi ne sono liberi, privi, spogli. Il capitale, I.XXIV.1 slide 83 Così il movimento storico che trasforma i produttori in operai salariati si presenta, da un lato, come loro liberazione dalla servitù e dalla coercizione corporativa; e per i nostri storiografi borghesi esiste solo questo lato. Ma dall’altro lato questi neo-affrancati diventano venditori di se stessi soltanto dopo essere stati spogliati di tutti i loro mezzi di produzione e di tutte le garanzie per la loro esistenza offerte dalle antiche istituzioni feudali. E la storia di questa espropriazione degli operai è scritta negli annali dell’umanità con caratteri di sangue e di fuoco. Il capitale, I.XXIV.1 slide 84 Dunque la cosiddetta accumulazione originaria non è altro che il processo storico di separazione del produttore dai mezzi di produzione. Esso appare «originario» perché costituisce la preistoria del capitale e del modo di produzione d esso corrispondente. Il capitale, I.XXIV.1 slide 85 Il furto dei beni ecclesiastici, l’alienazione fraudolenta dei beni dello Stato, il furto della proprietà comune, la trasformazione usurpatoria, compiuta con un terrorismo senza scrupoli, della proprietà feudale e della proprietà dei clan in proprietà privata moderna: ecco altrettanti metodi idillici dell’accumulazione originaria. Questi metodi conquistarono il campo all’agricoltura capitalistica, incorporarono la terra al capitale e crearono all’industria delle città la necessaria fornitura di proletariato eslege. Il capitale, I.XXIV.2 slide 86 Fin dall’inizio della tempesta rivoluzionaria la borghesia francese osò sottrarre agli operai il diritto d’associazione che si erano appena conquistato. Con decreto del 14 giugno 1791 la borghesia dichiarò che ogni coalizione operaia era un «attentato contro la libertà e la dichiarazione dei diritti dell’uomo», punibile con 500 livres di multa e con la privazione dei diritti civili attivi per un anno. Questa legge che costringe, con una misura di polizia statale, entro limiti comodi al capitale, la lotta di concorrenza fra capitale e lavoro, è sopravvissuta a rivoluzioni e a cambiamenti dinastici. Perfino il Terrore la lasciò intatta. Il capitale, I.XXIV.3 slide 87 A che cosa si riduce l’accumulazione originaria del capitale, cioè la sua genesi storica? In quanto non è trasformazione immediata di schiavi e di servi della gleba in operai salariati, cioè semplice cambiamento di forma, l’accumulazione originaria del capitale significa soltanto espropriazione dei produttori immediati, cioè dissoluzione della proprietà privata fondata sul lavoro personale. […] La trasformazione dei mezzi di produzione individuali e dispersi in mezzi di produzione socialmente concentrati, e quindi la trasformazione della proprietà minuscola di molti nella proprietà colossale di pochi, quindi l’espropriazione della gran massa della popolazione, che viene privata della terra, dei mezzi di sussistenza e degli strumenti di lavoro; questa terribile e difficile espropriazione della massa della popolazione costituisce la preistoria del capitale. Il capitale, I.XXIV.7 slide 88 Appena questo processo di trasformazione ha decomposto a sufficienza l’antica società in profondità e in estensione; appena i lavoratori sono trasformati in proletari e le loro condizioni di lavoro in capitale; appena il modo di produzione capitalistico si regge su basi proprie – assumono una nuova forma l’ulteriore socializzazione del lavoro e l’ulteriore trasformazione della terra e degli altri mezzi di produzione in mezzi di produzione sfruttati socialmente, cioè in mezzi di produzione collettivi, e quindi assume una forma nuova anche l’ulteriore espropriazione dei proprietari privati. Ora quello che deve essere espropriato non è più il lavoratore indipendente che lavora per sé, ma il capitalista che sfrutta molti operai. Il capitale, I.XXIV.7 slide 89 Questa espropriazione si compie attraverso il giuoco delle leggi immanenti della stessa produzione capitalistica, attraverso la centralizzazione dei capitali. Ogni capitalista ne ammazza molti altri. Di pari passo con questa centralizzazione ossia con l’espropriazione di molti capitalisti da parte di pochi, si sviluppano su scala sempre crescente la forma cooperativa del processo di lavoro, la consapevole applicazione tecnica della scienza, lo sfruttamento metodico della terra, la trasformazione dei mezzi di lavoro in mezzi di lavoro utilizzabili solo collettivamente, l’economia di tutti i mezzi di produzione mediante il loro uso come mezzi di produzione del lavoro sociale, combinato, mentre tutti i popoli vengono via via coinvolti nella rete del mercato mondiale e così si sviluppa in misura sempre crescente il carattere internazionale del regime capitalistico. Il capitale, I.XXIV.7 slide 90 Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la massa della miseria, della pressione, dell’asservimento, della degenerazione, dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre più s’ingrossa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso meccanismo del processo di produzione capitalistico. Il monopolio del capitale diventa un intralcio per il modo di produzione, che è sbocciato insieme ad esso e sotto di esso. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona l’ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati. Il capitale, I.XXIV.7 slide 91 Il modo di appropriazione capitalistico che nasce dal modo di produzione capitalistico, e quindi la proprietà privata capitalistica, sono la prima negazione della proprietà privata individuale, fondata sul lavoro personale. Ma la produzione capitalistica genera essa stessa, con l’ineluttabilità di un processo naturale, la propria negazione. È la negazione della negazione. Il capitale, I.XXIV.7