Multimodality imaging di un angiosarcoma cardiaco primitivo

PM33
MULTIMODALITY IMAGING DI UN ANGIOSARCOMA CARDIACO PRIMITIVO
Andrea Madeo, Vincenzo Polizzi, Piero Gentile, Marilena Mizzi, Vera Elena Bottari, Antonio Terranova,
Massimo Uguccioni, Franesco Musumeci, Paolo Giuseppe Pino
Ospedale San Camillo, Roma
Introduzione: I tumori cardiaci primitivi sono estremamente rari e l’angiosarcoma rappresenta la
forma maligna più comune. La sua localizzazione più frequente è l’atrio destro, ma può interessare
tutte le camere cardiache ed il pericardio. Generalmente la prognosi è sfavorevole, a causa di una
diagnosi tardiva e di un’evoluzione rapidamente fatale, con una sopravvivenza media di 6-12 mesi
dalla diagnosi.
Caso clinico: Una donna di 36 anni giungeva al Pronto Soccorso per dispnea ingravescente presentandosi ipotesa, tachicardica, tachipnoica e con evidente turgore giugulare. L’Rx torace mostrava
cardiomegalia e l’ECG bassi voltaggi nelle precordiali. L’ecoscopia mostrava versamento pericardico
tamponante, per il quale si eseguiva pericardiocentesi, con drenaggio di 1100 ml di liquido ematico.
L’esame citologico del liquido pericardico non presentava cellule neoplastiche. Un ulteriore ecocardiogramma 2D mostrava una massa di 6,0 x 5,5 cm a livello della parete laterale dell’atrio destro,
sporgente nella cavità atriale e con segni di infiltrazione della parete atriale stessa. La sua superficie
appariva eterogenea, con una componente interna di aspetto cavernoso-vascolare ed una esterna
di tipo parenchimatoso. Per una migliore definizione diagnostica si procedeva ad ecocontrastografia
con Sonovue che metteva in evidenza una flusso continuo nella sua parte vascolare e un’acquisizione tardiva ed eterogenea del contrasto nella sua componente parenchimatosa, verosimilmente
secondari ad una connessione ematogena tra la massa e l’atrio destro. Si eseguiva pertanto RMN
che documentava una neoformazione atriale destra di forma rotondeggiante, composta da una base
di impianto di 3,5 cm ed una parte capsulata, sul margine laterale e anteriore, inseparabile dalla
parete atriale stessa. Nella fase arteriosa, presentava rapido passaggio del mezzo di contrasto in
alcune delle lacune vascolari, mentre nella porzione più centrale presentava segni di impregnazione
emorragica. Queste caratteristiche deponevano per una neoformazione ipervascolarizzata. La coronarografia pre-operatoria risultava negativa per stenosi epicardiche e si evidenziava anche qui una
massa in corrispondenza dell’atrio destro vascolarizzata dalla coronaria destra. La paziente si sottoponeva quindi a minitoracotomia e l’ETE intraoperatorio confermava l’origine atriale della massa. La
neoplasia veniva asportata con parte di parete atriale e dalle caratteristiche macroscopiche e dalla
colorazione immunoistochimica si giungeva a diagnosi di angiosarcoma cardiaco. Inoltre si procedeva ad impianto di graft venoso con tecnica mini-invasiva per lesione iatrogena della coronaria destra
durante rimozione della massa.
Conclusioni: L’angiosarcoma cardiaco è una neoplasia rara le cui manifestazioni cliniche spesso tardive sono l’emopericardio e il tamponamento. La diagnosi iniziale è di solito suggerita dall’ecocardiografia, ma TC e RMN sono di fondamentale importanza per l’identificazione di eventuali metastasi e
per una migliore caratterizzazione tissutale. L’ecocontrastografia come nel nostro caso risulta essere
un mezzo utile per l’analisi della perfusione differenziando tumori maligni ipervascolarizzati da tumori
benigni o trombi.