Compiti a casa: ricordando una vecchia circolare di tanto tempo fa….. Elisabetta Formaggi Eh si’, anche il ministero della Pubblica Istruzione intervenne a proposito dell’annosa, mai spenta, questione dei troppi compiti a casa, nel lontano 1969, con la circolare 14 maggio n° 177, con la quale l’allora ministro Mario Ferrari Aggradi richiamava la classe docente e i dirigenti scolastici alla necessità’ di regolarizzare il riposo degli studenti nei giorni festivi. Si cita testualmente: “con circ. 20 febbraio 1964, n. 62, avente per oggetto: “compiti scolastici da svolgere a casa e in classe”, viene richiamata l’attenzione dei capi d’istituto e degli insegnanti sulla necessità di non sottoporre gli alunni ad un carico eccessivo di lavoro per compiti scolastici da svolgere a casa. […] inoltre, va considerato che nelle giornate festive e, in genere, anche nel pomeriggio del sabato, moltissime famiglie italiane, in cui entrambi i genitori svolgono un’attività lavorativa, trovano l’unica occasione di un incontro dei propri membri – innanzi tutto genitori e figli – più disteso nel tempo e, quando possibile, in ambiente diverso da quello dell’abituale dimora cittadina, più sereno nel riposo dal lavoro, di un incontro nel quale trovano alimento il rafforzarsi dei rapporti affettivi, lo scambio delle esperienze, il confronto dei comportamenti tra giovani e adulti; in una parola, si ricompone l’unità della famiglia…» e, «…questo ministero è venuto nella determinazione di disporre che agli alunni delle scuole elementari e secondarie di ogni grado e tipo non vengano assegnati compiti scolastici da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo,» di guisa che nel predetto giorno non abbiano luogo, in linea di massima, interrogazioni degli alunni, almeno che non si tratti, ovviamente, di materia, il cui orario cada soltanto in detto giorno…” La circolare richiamò altresì l’attenzione sull’importanza educativa e formativa, forse sottovalutata dai docenti, di attività’ extra-scolastiche (quali lo sport, la natura, i contatti familiari …) da favorire riducendo piuttosto i compiti a casa per dare l’opportunità agli alunni di esprimere se stessi in altri modi ritenuti altrettanto validi. La circolare non ha perso nel tempo il suo valore, ma resta oggi come allora, inascoltata da molti docenti, forse addirittura dimenticata o mai conosciuta, lasciando ancora aperta la questione dell’eccessivo carico di compiti a casa. Eppure un’indagine recente dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha portato alla luce un primato tutto italiano. Il nostro è il paese dove si danno più compiti a casa: i nostri studenti studiano a casa il doppio rispetto a quelli degli altri 29 paesi monitorati, con effetti, sembra, assolutamente inutili: ”l’esercizio in più’” a casa, sempre secondo l’OCSE, non inciderebbe minimamente sui risultati dell’apprendimento dei nostri alunni che conseguono risultati più’ bassi dei loro “colleghi europei”. Proprio di lavoro si tratta perché se misuriamo le ore di studio a scuola e quelle impiegate per svolgere i compiti a casa, ci rendiamo conto che i nostri bambini e ragazzi svolgono veri e propri turni lavorativi e aggiungerei in situazione antisindacale. Una sorta di lavoro a cottimo, peraltro condizione lavorativa questa già ampiamente combattuta in Italia dai sindacati degli operai nei primi anni del ‘900 e oggi propria solo di quei paesi dell’area orientale che negano ogni diritto lavorativo a bambini e adulti. Più’ volte mi è capitato d’incontrare alunni che frequentano il tempo pieno tornare a casa con il carico dei compiti da svolgere nonostante uscissero da scuola dopo la bellezza di 8 ore di lavoro, e sentirmi dire: “per rivedere il lavoro fatto”,” per terminare quello che non ha fatto a scuola perché sa è un bambino lento”. E’ possibile che sia lento ma certo non sarà l’aria di casa a renderlo più veloce senza considerare che la stanchezza della giornata passata non lo affretterà e soprattutto non gli permetterà quell’attenzione necessaria perché il compito sia efficace sul piano dell’apprendimento. Certo i bambini che frequentano il tempo pieno sono in Italia solo una parte degli alunni, ma l’annosa questione del diario pieno di lezione da fare riguarda buona parte degli studenti italiani. Mi è capitato anche di conoscere genitori che nello “studio a cottimo” dei figli ci credono davvero, convinti che è lì la chiave del successo scolastico dei loro figli, nel fare di più , nello studiare di più. Ed ecco allora intere giornate passate sui compiti compreso il giorno, biblicamente considerato festivo, della domenica. Senza tralasciare che il più delle volte questi compiti sono svolti in buona parte proprio da loro, i genitori, o da nonni e fratelli. E qui si ripropone un antico dilemma sul quale la classe docente è chiamata a riflettere ultimamente in modo ancora più pressante: spesso la quantità dei compiti e la loro insita difficoltà richiede per essere svolta, la presenza di almeno un genitore o di un parente preparato, ma questo oltre a porre in gioco differenze sociali forti, appare negli ultimi tempi sempre più difficile in quanto oramai entrambi i genitori lavorano e sempre di più i nostri studenti restano a casa da soli con tutta la loro difficolta di sapersi autogestire ed affidano piuttosto l’onere dell’esercizio ad altri (nonni, compagni di scuola generosi, ecc.) o preferiscono di gran lunga affidarsi alle cure consolatorie e gratificanti dell’amata tv . Proprio per richiamare l’attenzione sull’inefficacia dei compiti a casa, specie se in quantità eccessiva, piuttosto che un equilibrato “ripensamento casalingo” di quanto fatto in classe, singolare ma significativa è stata la rivolta dei genitori in Francia nel 2012, ideata dalla FCPE (la principale associazione che raccoglie i genitori degli alunni iscritti alla scuola pubblica transalpina), che ha deciso di boicottare i compiti a casa e ha chiesto a genitori e insegnanti, con un appello lanciato attraverso un blog, di immaginare assieme altri modi per comunicare il lavoro fatto in classe. Secondo i contestatori non solo i benefici degli esercizi scolastici a casa non sono mai stati provati scientificamente (in America un recente studio ne conferma l’assoluta inutilità), ma i compiti sono spesso causa di profondi litigi tra genitori e figli. Infine questi rinforzano le ineguaglianze tra i bambini perché non tutti hanno la possibilità di essere seguiti quotidianamente dai propri familiari. Eppure anche in Francia esiste una legge del 1956 che, seppure datata nel tempo, come la nostra circolare è ancora valida, che vieta di assegnare compiti a casa ai bambini delle scuole primarie, ma proprio come in Italia i docenti ignorano, volutamente o no che sia, la normativa. Ma la soluzione può’ essere solo normativa, cioè può bastare una nuova circolare o una nuova legge a colmare un vuoto che a mio avviso non è’ legislativo? Forse l’annosa questione andrebbe affrontata attraverso un confronto diretto tra le parti in gioco coinvolgendo i docenti e i genitori. Ritengo inoltre che si debba investire in misura maggiore rispetto al passato nella formazione del corpo docente, una formazione non solo costante ma continua e soprattutto in una certa misura obbligatoria, che rispecchi da vicino le problematiche legate all’apprendimento e alle difficoltà ad esso inerenti.