La criminalità organizzata tra crisi economica e

La criminalità organizzata tra crisi
economica e vuoti dell’essere
Note a margine di due convegni al Centro Culturale “Gesù Nuovo”
di ANTONIO M. CERVO
Il 15 gennaio scorso si è tenuto presso la sala Valeriano un incontro sul perché Napoli sia
una delle principali piazze di spaccio, focalizzato sul “business” criminale della droga e sul
ruolo che Napoli riveste all’interno di questo planetario. Successivamente, il 5 febbraio, si è
svolto il secondo Convegno sulla presenza dei “colletti bianchi” negli apparati economicoprofessionali.
Ha avuto inizio, così, l’anno sociale 2012/2013 del Centro culturale “Gesù Nuovo”, sezione
legalità.
Terminato l’anno scorso il ciclo di riunioni pubbliche sulla tematica delle “ecomafie “,
quest’anno il Centro Culturale vuole accompagnare i partecipanti, credenti e non, lungo un
percorso che si articolerà sulla frontiera economico-finanziaria dove opera la criminalità
organizzata, le nuove strade in cui essa si inserisce nei tessuti del sistema-Paese,
influenzandone surrettiziamente le dinamiche.
L’intento comune, sulla scia anche degli appelli dell’Arcivescovo di Napoli ad una ritrovata
sensibilità per il bene comune e l’etica pubblica, è quello di venire incontro al bisogno
stringente di divulgare una cultura della legalità “attuale”, cioè perfettamente calata entro
i meccanismi della realtà sociale. Il rischio, infatti, che talvolta si è corso, sta nella lettura
del mondo odierno della malavita organizzata con gli “occhiali” di ieri, scordando che essa
si evolve in continuazione ed apre fronti nuovi, spesso impensati, su cui si devono
accendere i riflettori.
Lo scenario, con cui oggi ci si rapporta, è quello della crisi economica e degli effetti
depressivi, che travolgono ogni giorno migliaia di imprese e di lavoratori, alimentando una
spirale perversa, che vede, tra i suoi motori, anche il calo dell’offerta di credito da parte
delle banche.
In controtendenza, si materializza allora un contesto socio-culturale parallelo, che vede
come protagonista il potere negoziale della malavita organizzata, forte di una straordinaria
liquidità finanziaria, utilizzata per inserirsi nelle brecce dell’economia legale.
Di ciò colpisce, innanzitutto, l’acume ed il sottile senso imprenditoriale della malavita tale
da intuire i momenti più critici – ma per essa più propizi - per entrare in azione e per
mettere in moto il proprio sistema di aziende. Si pensi, come emerse nell’ultimo convegno,
alla tempestività con cui la criminalità organizzata corse all’accaparramento nel Meridione
dei settori inesplorati della “green economy” per la produzione (in regimi di sostanziale
monopolio) di attrezzature della promettente energia eolica!
Sulla medesima strada va letta la proliferazione nelle nostre città di società finanziarie e di
“compro oro”, dietro cui si celano di solito impianti usurai che approfittano della scarsa
attività creditizia da parte delle banche, così che, dove ciò che è legale latita, subentra non
tanto più l’illegale ma, con un salto di qualità, il “falsamente legale”.
Nell’attuale crisi le statistiche specializzate individuano, inoltre, l’accresciuta attività della
criminalità organizzata nel reimpiego di capitali illeciti nei settori commerciali della
distribuzione di carburanti, delle ricevitorie, video poker, società di trasporto su gomma.
Durante il più recente incontro sono anche emersi altri interessanti aspetti relativi alla
situazione della Campania. Qui, infatti, i silenzi colpevoli della Pubblica Amministrazione, la
collusione fra camorra ed alcuni rami della politica locale, nonché l’ombra dei “colletti
bianchi”, facilitano il radicamento del “business” criminale, aggravando il ritardo del
Meridione rispetto al resto dell’Italia, che ormai da tempo ha individuato nella criminalità
organizzata un fattore di mancato sviluppo economico e degli insussistenti investimenti
stranieri nel Sud. Si ha così una configurazione della malavita diversa da quella “standard”,
quasi restia alle sparatorie perché prioritaria è la gestione del proprio monte d’affari, a tal
punto da diventare ben più necessario inserirsi negli ingranaggi politico-amministrativi e
gestire le vaste sacche di disoccupazione in una crescente diminuzione della concorrenza.
Esiste, infine, anche un altro aspetto critico, non meno importante dei precedenti, su cui la
collettività non deve abbassare la guardia, cioè la risposta dei giovani a tutto il contesto.
Specialmente nelle aree più disagiate di Napoli, e in genere del Meridione, spesso la
sostanziale assenza delle istituzioni e delle associazioni ha consegnato all’”anti- Stato” il
monopolio valoriale ed umano di tanti ragazzi, che hanno trovato nella camorra il proprio
paradigma di vita.
In ragione di ciò – è stato ribadito tra gli obiettivi del Centro Culturale “Gesù Nuovo” bisogna continuare ad operare, sia con incontri nelle scuole - tenuti da magistrati e da
esponenti della società civile, per educare alla legalità - sia con la più profonda azione nel
dare risposte morali a ciascun giovane (parrocchie, associazioni, ecc., che spesso
costituiscono gli unici luoghi ed occasioni di socializzazione in territori di frontiera).
Percorsi umani ed istruzione devono essere offerti indipendentemente dai momenti
economici più o meno favorevoli, con cifre adeguate ai diversi contesti sociali, perché, al di
là dell’ illegalità e della repressione, deve essere la componente antropologica a dare la
chiave di lettura: nessun uomo può rendere schiavo un altro uomo.
E qui corre la provocazione di Antonino Caponnetto:”La mafia non ha paura delle sentenze
ma della cultura!”.
La criminalità organizzata tra crisi economica e vuoti dell’essere
di Antonio M. Cervo