Master Universitario di II livello in
MEDICINA SUBACQUEA ED IPERBARICA
Anno accademico 2006-2007
Immersione con ARA ed assetto neuro-ormonale:
similitudini e differenze tra immersioni in quota ed a
livello del mare
dr. Enrico FRANZINO
- DIMENSIONE ACQUA DOLCE gruppo subacqueo di ricerca lacustre e fluviale
in collaborazione con Istituto di Fisiologia Clinica
- CNR Pisa -
1
INDICE
RIASSUNTO
Pag.
INTRODUZIONE
3
5

Scopo dello studio
MATERIALI E METODI
8
9

Soggetti
9

Immersione in alta quota
10

Immersione a livello del mare
12

Protocollo esercizi (tab I)
15

Metodi di laboratorio
16

Acquisizione ed analisi ECG
17

Analisi statistica
20
RISULTATI
21

Tabelle riassuntive valori

Grafici singoli parametri
ormonali

Grafici variabilità frequenza
cardiaca
DISCUSSIONE
22
24
28
31

Ormoni
32

Variabilità frequenza cardiaca
38
CONCLUSIONI
45
BIBLIOGRAFIA
49
APPENDICE
55
RINGRAZIAMENTI
57
1
2
RIASSUNTO
Introduzione: Lo studio parte dall’ipotesi che una immersione in un lago alpino di alta quota
rispetto ad una immersione al mare risulti globalmente più stressante per l’organismo ed , in
particolare, comporti un maggiore impegno del sistema cardiovascolare e dei suoi meccanismi di
controllo sia nervosi che umorali. Esso si propone di quantificare l’effetto dei due ambienti sulla
risposta degli ormoni principalmente coinvolti nella reazione allo stress e sulle variazioni funzionali
del sistema nervoso autonomo indotte da un’immersione subacquea con ARA.
Metodi: sono stati arruolati 10 sommozzatori sani ed esperti in entrambi i tipi di immersione, i quali
hanno eseguito una prima sessione subacquea in un lago alpino a quota 2550mt ed una ulteriore
uscita a livello del mare in inverno, durante le quali è stato seguito un identico protocollo di esercizi
e sono state uniformate al massimo le condizioni tecniche e logistiche. Il protocollo prevedeva
un’immersione ad una profondità massima di 15 metri con due soste (una al 50% della profondità
max, l’altra a 15 metri) per eseguire manovre “respiratorie” (a. respiro a frequenza controllata a 15
atti/min; b. apnea di 30 sec; c. allagamento della maschera). Durante tutta la fase dell’immersione in
tutti i soggetti è stato eseguito un monitoraggio dell’ECG mediante registratore Holter.
Immediatamente prima ed appena dopo l’immersione, tutti i soggetti sono stati sottoposti a
ripetizione delle manovre “respiratorie” e ad un prelievo per dosaggi neuroormonali (ANP, BNP,
NT-proBNP, proBNP, Catecolamine, cortisolo, PRA ed aldosterone).
Risultati: dai dati bio-umorali, sia a livello del mare che in quota, è emersa una significativa
attivazione del sistema dei peptidi natriuretici (in particolare l’ANP) e del sistema simpatico, come
indicato dall’incremento delle concentrazioni della noradrenalina. Mentre altri ormoni dello stress
come adrenalina e cortisolo non hanno mostrato variazioni significative, così come gli ormoni legati
all’asse renina-angiotensina.-aldosterone.
Si è registrato un comportamento particolare del sistema dei peptidi di tipo B: infatti a fronte
dell’assenza di variazione dell’ormone biologicamente attivo BNP, è stato osservato un incremento
dell’NTproBNP e del proormone che, da una parte suggerisce un’anomalia del kit di laboratorio per
il dosaggio delll’NT-proBNP che probabilmente dosa anche il proormone, dall’altre indica, per la
prima volta, che in condizioni particolarmente stressanti anche il cuore sano è in grado di secernere
peptidi di tipo B, evenienza che normalmente viene osservata solo in corso di patologie
cardiovascolari.
Da segnalare che i valori medi di frequenza cardiaca registrati durante tutte le fasi del protocollo in
quota, ma anche a livello del mare in condizioni di minor pressione psicologica sono stati sempre
elevati, ad indicare l’impegno cardiovascolare che comunque un’immersione con ARA comporta
sul subacqueo. L’analisi spettrale della frequenza cardiaca ha mostrato la complessità dei riflessi e
delle interazioni che si realizzano durante immersione a carico del sistema nervoso autonomo:
l’interpretazione data ai risultati ottenuti è che, mentre nelle prime fasi dell’immersione prevale
l’attivazione simpatica legata al freddo e allo stress, alla massima profondità e dopo l’uscta
dall’acqua si manifestino con maggior peso i meccanismi riflessi (in primis il diving reflex) che
portano ad un incremento del tono vagale.
Il confronto delle immersioni ottenute in quota con quelle a livello del mare nel complesso non ha
mostrato differenze sostanziali, anche se alcuni parametri, specie ormonali hanno mostrato
differenze tra i due ambienti.
Conclusioni: l’immersione subacquea è sempre causa di stress per l’organismo a vari livelli,
inducendo la comparsa di potenti meccanismi di regolazione ed adattamento sia a livello endocrino
che autonomico; tali effetti sono in parte correlati sia al tipo di ambiente ed alla percezione che il
subacqueo ha dell’evento. Tuttavia, una buona parte della risposta appare stereotipata e non
influenzata dalla pressione barometrica esterna. Va comunque sottolineato che, rispetto ad una
immersione estiva al mare, immersioni in ambienti più “ostili” come quello di un lago alpino o, più
in generale, in acque fredde, comporta l’esposizione a fattori (freddo, psiche, ipossia, scarsa
visibilità….) in grado di influenzare ed esacerbare la fisiologica risposta all’immersione,
richiedendo quindi al sommozzatore che si cimenti in tale tipologia di immersioni il possesso di
condizioni psico-fisiche ottimali ed adeguato training.
3
4
INTRODUZIONE
In ogni campo di ricerca medica l’indagine si è sempre giustamente concentrata
sull’ uomo inteso come mammifero di superficie, ossia come “animale” nel suo
ambiente di vita abituale.
La normalità dell’ambiente, comune sia al ricercatore che all’oggetto di studio, fa sì
che nella maggior parte dei casi da sempre sia stato materialmente possibile studiare
direttamente e in tempo reale sia l’anatomia sia le funzioni fisiologiche dalle quali poter
trarre suggerimenti per la terapia delle patologie, oltre che per incrementare
la
conoscenza fine a se stessa.
La medicina subacquea invece è scienza relativamente giovane, proprio in quanto
legata ad una situazione innaturale per l’uomo, cioè una situazione nella quale la
fisiologia deve riuscire a far fronte in modo immediato ed efficace allo stravolgimento
completo dell’ambiente e quindi con relativa incompetenza dei vari meccanismi di
compenso e difesa che la specie umana ha affinato nel corso della sua evoluzione.
Incompetenza “relativa”, in quanto, se è vero che si assiste talora a reazioni
abbozzate o alla necessità di rimodellare dei meccanismi costruiti per condizioni di
superficie, è altresì vero che l’organismo riesce ancora a fare uso di meccanismi
ancestrali mai completamente persi che fanno riferimento alle primordiali esigenze di
vita in ambiente acquatico.
L’ ambiente acquatico allo stesso tempo costituisce già di per se anche un serio
elemento limitante alle indagini di ordine scientifico: ne deriva che a fronte dell’
enorme ampliarsi di teorie che necessitano solo di laboratorio e/o di simulazioni in
camera iperbarica, si avverte sempre più la carenza di indagini dirette su soggetti in
reale immersione, per indagare
aspetti che non possono essere studiati in altro modo.
Tali problematiche tecniche e logistiche si rendono acutamente presenti in ambienti
particolari od estremi per cui si rileva che, a fronte di sempre più frequenti indagini sul
campo nell’ambito della subacquea marina, ben poco è noto della risposta
dell’organismo a seguito di una immersione in alta quota e la ricerca di letteratura in
questo ambito offre risultati estremamente limitati.
Comunemente l’alta quota in ambito subacqueo ha una connotazione quasi sempre
legata alla riduzione di pressione atmosferica, che comporta una serie di problematiche
5
derivanti dalla diversa saturazione e desaturazione dei tessuti da parte dell’inerte, e che
quindi è quasi sempre stata vista e valutata solo in riferimento all’ aumento di rischio di
patologia da decompressione. Ciò comporta che nella letteratura riferente al diving in
alta quota gli studi convergano principalmente allo studio di profili decompressivi utili
in ambito principalmente lavorativo (cit. ad ex: (34 )(19)(20) ).
E’ noto però che sia l’esposizione all’alta quota che l’immersione subacquea sono
in grado di attivare varie componenti del sistema nervoso autonomo al fine di migliorare
l’adattamento dell’organismo ad un ambiente ostile e, a nostra conoscenza, non sono
noti studi completi in letteratura in cui si siano studiati gli effetti sul sistema neuroendocrino dall’insieme dei due differenti stimoli, ovvero immersione ed alta quota.
Il presente studio ha cercato quindi di focalizzarsi sugli adattamenti del sistema
cardiovascolare, nervoso ed endocrino all’ immersione in tale ambito, ove la riduzione
di PAtm rappresenta solo uno di tanti fattori che rendono diverso l’ambiente.
L’immersione così intesa non è che la sommatoria di varie componenti che
interagiscono a vario titolo sull’organismo: l’ambiente sia subacqueo che esterno, le
difficoltà di raggiungimento, il trasporto di attrezzature pesanti, la preparazione e
vestizione, i materiali e le tecniche di immersione, sino al subacqueo stesso con la sua
esperienza, preparazione atletica e l’impegno psicologico nell’affrontare l’evento.
Si è cercato di valutare l’impatto sull’organismo e la risposta autonomica derivante
da un tale evento “in toto”, anche ad integrazione di quanto già valutato in immersioni
in alta quota da altri Autori (16)(53), ponendo l’accento sullo stress funzionale a cui
viene sottoposto il sistema cardiocircolatorio anche al fine di convalidare o porre in
discussione il prezioso contributo di Gemmp (23) che riscontra un aumento dell’NT
pro-BNP dopo immersione, suggerendo che essa possa causare uno strain meccanico
sul cuore, con attività endocrina miocardica che persiste anche al termine dell’attività.
In effetti la risposta ormonale in risposta all’immersione ( intesa nel contesto più
ampio dello studio sistema vasocostrittore/sodioritentore e vasodilatatore/natriuretico ) è
stata studiata ampiamente ( tranne in merito al BNP in cui risulta unico il succitato
studio di Gempp ) ma i risultati e le conclusioni spesso contraddittorie dei vari Autori
offrono una lettura molto complessa per cui ci pare soluzione più adeguata rimandarne
l’analisi al capitolo “Discussione” in cui vengono analizzate in modo più articolato ed in
6
parallelo ai Ns. risultati: rileviamo qui solamente la comune concordanza a proposito
dell’ aumento di ANP e della NA.
Nella letteratura sono spesso analizzate separatamente le risposte evocate dallo
stress mentale e quelle indotte dall’immersione, seppure qualche tentativo di sintesi sia
stato effettuato ma con simulazione in camera iperbarica (5) in cui si è riscontrato un
aumento dei livelli di cortisolo e di ACTH dopo stress emozionale, dopo esposizione
prolungata, e a profondità aumentate; la CI ha consentito di indurre sperimentalmente
un aumento di adrenalina, mentre un aumento di noradrenalina è stata osservata più
direttamente dopo immersione in acqua fredda (5).
In particolare lo stress psicologico e mentale, (esercizio matematico) può aumentare
le catecolamine plasmatiche ed in particolare dell’adrenalina in circolo (21).
La situazione psicologica in immersione, ha effetto anche sulla bilancia
simpatovagale, inducendo una predominanza simpatica. Si assiste infatti ad una spiccata
vasocostrizione periferica ed un aumento della frequenza e della pressione sanguigna,
indotte dalla stimolazione del SN simpatico oltre che dalle suddette catecolamine. (47 )
Ai fini dello studio risulta importante l’osservazione in cui si è visto che l’ampiezza
dell’aumento dell’ attività muscolare simpatica
è correlata al grado dello stress
percepito, piuttosto che dal tipo di compito mentale in atto (4), come suggerito
dall’analisi spettrale della variabilità dell’R-R nel soggetto normale.
Durante immersione va considerata anche l’influenza della attività fisica sul SNA:
essa riduce la variabilità della FC con aumento del simpatico e riduzione del vago (6)
All’ effetto tachicardizzante indotto dal simpatico sottoposto a stress tende ad
opporsi la bradicardizzazione indotta dalla stimolazione vagale prodotta dal Diving
Reflex (nell’uomo è più influenzata dallo stress, paura o fastidio rispetto all’animale),
che però allo stesso tempo incrementa invece la suddetta vasocostrizione periferica .
Il termine “Diving Reflex” indica il complesso delle modificazioni cardiovascolari
che l’organismo mette in atto a seguito dell’immersione in acqua dell’intero corpo o
solo del volto, ed è un riflesso volto alla conservazione dell’O2. Esso causa bradicardia
e vasocostrizione selettiva che portano ad un minor consumo del gas (3).
La bradicardia è più evidenziabile in immersione in apnea rispetto ad ARA poichè è
stimolata anche dalla progressiva ipossia ed ipercapnia (sebbene questi ultimi due fattori
risultino meno influenti nella determinazione del Diving Reflex) (27).
7
Ai fini del nostro studio ( con ARA) risulta ovviamente importante la componente
relativa ai riflessi indotti dal contatto del volto con l’acqua : sia calda che fredda porta
ad un aumento del parasimpatico, con un netto incremento degli R-R e delle oscillazioni
HF e da una riduzione del rapporto LF/HF: quindi il diving reflex pare mediato dalla
attivazione delle efferente vagali sebbene il riflesso più che dal freddo pare essere
indotto principalmente dalla sensazione di bagnato sulla cute facciale. (8),ma in relativo
contrasto a ciò si pone la situazione riscontrata
nel nostro studio con il contatto
dell’acqua estremamente fredda del lago, tale da essere rapportabile all’ effetto ottenuto
da un “cold pressor test”, in cui l’ acqua ghiacciata determina un riflesso di
vasocostrizione arteriolare che causa un aumento della pressione arteriosa e della gittata
(derivanti dall’aumento delle resistenze vascolari stimolate dalla attivazione simpatica ),
probabilmente scatenata da dolore cutaneo e dai recettori termici del freddo. Il cold
pressor test quindi coinvolge anche i nervi sensitivi afferenti (freddo e dolore) nella
integrazione a livello del SNC con le vie simpatiche efferenti, i nervi simpatici periferici
ed i recettori vascolari. (45)
Lo studio dell’effetto finale derivante dall’integrazione della stimolazione simpatica
da stress psicofisico e della stimolazione vagale da diving reflex in acqua fredda
costituisce uno dei fini del presente lavoro.
SCOPO DELLO STUDIO
Lo scopo dello studio è stato quello di valutare gli effetti di un immersione ad alta
quota in un lago alpino, confrontandoli con i risultati ottenuti in un’immersione al
Mare,sul sistema neuroormonale: in particolare
1. sul controllo autonomico del sistema cardiovascolare, sfruttando
l’analisi della variabilità della frequenza cardiaca
2.
sui principali assi ormonali
a.
sistema
vasodilatatore/natriuretuci
(peptidi
natriuretici
cardiaci)
b. sistema vasocostrittore sodioritentore (catecolamine, PRA,
aldosterone, cortisolo)
8
MATERIALI E METODI
Lo studio è stato condotto in due fasi, con una prima seduta di immersioni in quota
ed una seconda a livello del mare, mantenendo invariato il protocollo, le condizioni prepost- e di immersione ed i soggetti di studio.
SOGGETTI
Lo studio è stato condotto grazie alla preziosa collaborazione
volontaria dei membri del “DIMENSIONE ACQUA DOLCE
- Gruppo Subacqueo di Ricerca Lacustre e Fluviale- con sede
a Feletto ( TO ) che dal 1988 si occupa di immersione in alta
quota
a
fini
di
rilevamento
scientifico
in
ambito
topobatimetrico e chimico biologico dell’ambiente limnico.
Alla prima immersione in quota hanno partecipato 14
soggetti sani, tutti di sesso maschile: di essi 10 hanno effettuato anche la seconda
immersione al mare. Ogni soggetto, pur non professionista, era dotato di ampia
esperienza sia inerente l’immersione in quota sia legata all’immersione in genere, con
brevetto da un minimo di “ARA Estensione” FIAS ( 3 stelle CMAS) sino al livello di
Istruttore Subacqueo. Per tale motivo tutti i componenti si sottopongono annualmente a
visita medico-sportiva di abilitazione all’attività subacquea..
Il range di età varia da 33 a 59 anni con media di 43.3 e mediana a 43.5 anni.
L’attività lavorativa è nella maggior parte dei casi di tipo semi-sedentario.
Non evidenziate anamnesticamente patologie degne di nota.
I teams di immersione che si sono avvicendati nelle due indagini erano costituiti da
4 componenti, uno dei quali in funzione di leader, cui erano devoluti la conduzione
globale dell’immersione, la registrazione ed il controllo dei tempi da un unico orologio
subacqueo (sincronizzato con altro orologio a terra e con gli Holter ), ed il comando per
l’inizio e fine delle varie fasi dell’esercizio ( l’attività direttrice a bordo lago veniva
svolta da uno dei medici presenti).
9
IMMERSIONE IN QUOTA
-Località, e parametri
ambientali –
L’immersione
si
è
svolta il 17 settembre 2006,
nel
Lago
Nivolét
(
valdostano
Minore
sul
del
del
versante
Parco
Nazionale Gran Paradiso ) a
Lago Minore del Nivolèt – PNGP- mt 2550 ( AO )
quota 2550, dalle ore 11.00
circa alle ore 15.00 (turn-over dei teams).
La pressione barometrica ( P Atm) misurata a bordo lago nel corso della mattinata è
variata da 0.712 a 0.714 Bar ( media per studio: 0.713), e temperatura aria da 9 a 13 °C
con condizioni meteo in lieve miglioramento rispetto al giorno precedente ( pioggia e
neve): cielo coperto con alcuni piovaschi di modesta entità, vento 0-1 Beaufort. Tali
condizioni climatiche giustificavano la ridotta P Atm registrata rispetto al valore medio
atteso in base alla quota ( 7.45 Bar ). In effetti una Patm di 0.713 è riferibile in
normalità meteo ad un quota di 2750mt.
Temperatura acqua: 12 °C superficie, 10° C a –15 mt. con termoclino a –12mt. e
visibilità discreta di 5-7 mt. in profondità. Assenza assoluta di corrente sia in superficie
che in profondità.
Il pernottamento dal giorno precedente è avvenuto in ambiente caldo ( rifugio9 , e
nello stesso ambiente si è svolta la prima colazione (di circa 400Kcal) che ha preceduto
di 3-5 ore l’immersione.
-Tecnica di immersione.
Secondo i comuni criteri di immersione in quota per ottenere la “garanzia” della
desaturazione completa di tutti i tessuti dall’ inerte N2 sono necessarie 48 ore di
stazionamento in quota.
Poiché per il presente studio sussisteva l'impossibilità materiale di tutti i subacquei
a recarsi in quota già 2 gg. prima, tale preadattamento è stato ridotto a 24 ore per
ottenere almeno una parziale riduzione di sovrasaturazione rispetto all’ambiente e
10
ridurre nel possibile il rischio di PDD in quanto l’handicap legato alla diminuita PAtm
era già di netta entità, gravato da un CDP iniziale =1.4. ( V.Append. Tab. IV).
Non essendo trascorse interamente le previste 48 ore per la desaturazione completa
secondo i criteri sopraddetti, ai fini della programmazione dell’immersione
il
coefficiente C di pre-immersione (C3) viene artificiosamente considerato come
invariato rispetto al momento dell’arrivo in quota ( C2),.
Come si può facilmente evincere dall’allegata Tabella la programmazione teorica
secondo i comuni criteri di calcolo dell’immersione in quota avrebbe richiesto tempi di
esecuzione
(legati
alla
decompressione)
assolutamente incompatibili né
con il protocollo del presente
studio
né
comunque
con
di
una
l’esecuzione
immersione
routinaria
richiedendo al sommozzatore
una
esposizione
al
freddo
estremamente pericolosa di per
sé e quale fattore di rischio di PDD.
Ritorno a riva (in basso a dx) dopo l’immersionen con nuoto di
superficie dal punti di immersione
Per tale motivo è stata deciso di seguire il protocollo previsto, ( V. pag.15 Tab. I ).
seguito da una pausa di rispetto di 3’ a –5mt. : è da rilevare comunque che nessuno dei
14 computer subacquei in dotazione ai vari componenti, tarati per immersione in quota
ha segnalato una carenza negli obblighi decompressivi .
I materiali di immersione prevedevano l’impiego di attrezzature subacquee
personali di uso comune ( G.A.V., erogatori, monobombola da 15 lt.,ecc. ) ed in
particolare la muta stagna garantiva la protezione termica e l’isolamento per l’Holter.
Il punto di immersione di adeguata profondità è stato preventivamente localizzato
con ecoscandaglio ed attrezzato con trapezio munito di 2 sbarre metalliche orizzontali
alle profondità di –7,5 e –15mt
alle quali i subacquei si agganciavano mediante
moschettone per ridurre al minimo l’attività fisica di equilibratura durante l’esercizio.
11
Il raggiungimento dei palloni di sostentamento del trapezio ( e ritorno ) di circa 7075 mt è stato effettuato in nuoto di superficie completamente attrezzati, seguito da
immersione sulla verticale in posizione eretta, con velocità di discesa di 10 mt/min.
Il tempo di discesa ( 1.5’ ) è considerato come valore unico che è la somma dei due
segmenti di discesa: da 0 a -7,5 e da –7,5 a –15mt.
Il tempo di fondo totale di 18’ viene inteso come la somma del tempo impiegato
nelle due tappe per gli esercizi ( a –7,5 e –15mt), ciascuno dei quali calcolato di 9
minuti e composti da 6 minuti di esercizi effettivi con relative pause come stabiliti dal
protocollo e 3 minuti omnicomprensivi di pre- e post-esercizi per azioni varie
( equilibratura/aggancio al trapezio/ compensazione/risoluzione di eventuali problemi).
La fine degli esercizi a –15mt. dava inizio alla riemersione ad una velocità di 10
mt/min ( per omologare già alla successiva immersione al mare, in quanto in base alla
quota si sarebbe dovuta osservare una risalita di 7.04 mt/min) .
Sia durante le traversate di superficie, sia durante l’immersione vi era
l’accompagnamento di un natante gonfiabile per eventuale appoggio e soccorso.
IMMERSIONE
AL
MARE
-
Località, e parametri ambientali
L’indagine al mare si è
svolta in una sola giornata: 18
febbraio 2007 a Capo Noli ( SV ),
con
arrivo
partecipanti
stesso,
in
solo
dopo
loco
al
dei
mattino
viaggio
in
automobile di circa 2 ore; anche
qui l’ entrata in acqua si è svolta
dalle ore 11.00 circa alle ore
Controllo dei tempi del protocollo in fase pre- di apnea 30”. In
2° piano il punto di immersione (boe) – Noli ( SV )
15.00 durante le quali si sono succedute le squadre in immersione.
La colazione e la cena della serata precedente sono state gestite autonomamente al
domicilio, cercando di rispettare ( almeno per la colazione ) le stesse caratteristiche di
quella effettuata in montagna).
12
Pressione barometrica 1.010 Bar costante nel corso della mattinata con temperatura
esterna da 13° a 17°con situazione meteo stabile tendenzialmente soleggiata, e vento 1-2
Beaufort da S-E.
Acqua con Temperatura di 15° senza apparente termoclino, visibilità ottima di
>15mt anche in profondità. Quasi assente moto ondoso di superficie ma con corrente
trasversale sia in superficie che sul fondo.
La scelta di tempi e luoghi dell’immersione marina è stata dettata da esigenze di
opportunità per omologare il più possibile l’immersione a quella precedente in
montagna.
In primo luogo si è deciso di eseguire tale immersione marina nel mese di febbraio,
per usufruire della più fredda temperatura dell’acqua: ciò al fine di abbattere il più
possibile una eventuale eccessiva differenza tra le due imprese, evitando che le
variazioni organismiche eventualmente rilevate potessero essere imputate al solo freddo
in quota, cioè che il parametro della temperatura potesse assumere una troppo grande
preponderanza rispetto agli altri, tale da falsare l’interpretazione e l’analisi critica finale
che devono essere invece rivolte alle variazioni autonomiche dell’immersione “in toto”.
In merito va comunque sottolineato che è oggi abitudine comune per la stragrande
maggioranza dei subacquei sportivi l’eseguire immersioni in mare in ogni mese
dell’anno, e quindi una immersione invernale ha pari dignità statistica quanto una
immersione estiva in acque calde
La seconda scelta è stata invece rivolta alla profondità di immersione.
A differenza della temperatura, proprio per evidenziare le variazioni ambientali tra alta
quota e mare incidenti sull’immersione stessa si è voluto mantenere invariate le quote di
profondità anziché ricalcolarle in base alle comuni procedure di programmazione.
Il
punto di immersione è stato preventivamente scelto identificando con
ecoscandaglio la profondità max voluta in un settore della costa relativamente ridossata
ma comunque ad una distanza da riva più ridotta ( 50 mt circa) rispetto al lago, per
compensare la residua presenza di vento,onde e corrente contrarie, tale da ottenere nella
fase di nuoto di superficie uno sforzo fisico il più possibile analogo a quello
precedentemente sperimentato.
13
-Tecnica di immersione.
Oltre alla stretta osservanza dello specifico protocollo degli esercizi e dello schema
di immersione, si è cercato di operare il più possibile nelle stesse condizioni, mezzi ed
operatività applicate in alta quota: per tale motivo ognuno ha usato le stesse attrezzature
e stessa vestizione (muta stagna e sottomuta) già usate in quota.
Come già detto le profondità sono state le stesse della montagna di –7.5 e –15 mt,
quindi senza compensare la differenza di saturazione sfruttando le profondità relative al
mare (derivanti dall’Indice di Pericolosità di pari rapporto PAss/PAtm per la quota:
rispettivamente di –10 mt e –20mt ) e/o applicando la Profondità Equivalente di pari
PAss per deco (-4,6mt e -12mt ).
La velocità di discesa e risalita, come al lago, è stata quella classica di 10 mt/min ed
eseguita la tappa di rispetto a –5mt x 3 minuti, oltre a considerare anche in
quest’occasione come di 9’ cadauno i tempi di fondo alle due quote.
Secondo una classica programmazione con Tabelle US Navy l’immersione ricadeva
nel
novero
immersioni
in
senza
delle
curva
obblighi
decompressivi.
Sia in quota che al
mare si è accettato un
profilo dell’immersione
di
tipo
“invertito”
( ossia con prof. max
non raggiunta a fine
Trasferimento al punto di immersione con nuoto di superficie attrezzato
durante la sessione a livello del mare
discesa ma solo in fase
successiva) , poiché in
base ai più recenti dati statistici del DAN non pare dare evidenza di aumentato rischio di
insorgenza di PDD.
Anche in quest’occasione non si sono registrati incidenti “in” o “per” l’immersione.
14
Tab. I
PROTOCOLLO ESERCIZI IN SUPERFICIE E PROFONDITA’
Pre immersione:
1. prelievo di sangue
+ 2. applicazione di Holter:
( # = artefatti per ECG)
vestiti con attrezzatura, seduti a bordo lago :
a. # 3 min. basale a frequenza resp. controllata
(15 br/min) con erogatore in bocca #
b: pausa 1min- respiraz libera di prepar. ad
apnea
c. # 30 sec apnea #
In immersione a 1/2 P max:
In immersione a P max:
a. # 3 min. basale a frequenza resp. controllata (15 br/min)
b: pausa 1min- respiraz libera di prepar. ad
apnea #
c. # 30 sec apnea #
d: pausa 1min- respiraz normale libera
e. # allagamento maschera per 30 sec #
a. # 3 min. basale a frequenza resp.controll. (15 br/min) #
b: pausa 1min- respiraz libera di prepar. ad apnea
c. # 30 sec apnea #
d: pausa 1min- respiraz normale libera
e. # allagamento maschera per 30 sec #
Post immersione:
vestiti con attrezzatura, seduti a bordo lago :
a. # 3 min. basale a frequenza resp. Controll. (15 br/min) #
b: pausa 1min- respiraz libera di prepar. ad
apnea
c: # 30 sec apnea #
1. rimozione Holter + 2. prelievo di sangue
Esecuzione dell’artefatto per l’identificazione delle singole fasi in
ECG-Holter : 3 colpi su elettrodo su scapola sx – Fase post-
Protocollo: fase Pre- di respirazione
controllata (15 br ./ ’ ) a bordo lago
15
METODI DI LABORATORIO
Peptidi natriuretici cardiaci
L’ANP ed il BNP plasmatici sono stati dosati con il metodo two-site IRMA. Dopo
il prelievo i campioni di sangue (5 ml) sono stati rapidamente separati e messi in
ghiaccio in provette di polipropilene. Il siero è stato rapidamente separato tramite
centrifugazione per 15 minuti a 4°C e congelato a -20°C.
L’NT-proBNP è stato misurato attraverso un metodo “sandwich” ECLIA totalmente
automatizzato, usando un analizzatore Elecsys® 2010 (Roche Diagnostics, Germany).
Questo metodo ECLIA è basato su due anticorpi policlonali, un anticorpo biotinilato ed
un anticorpo marcato con un derivato del rutenio. L’anticorpo biotinilato riconosce un
epitopo includente i primi 20 aminoacidi del frammento NT terminale del proBNP (176); l’anticorpo marcato con il derivato del rutenio riconosce invece un epitopo
includente il frammento aminoacidico 40-50 dello stesso peptide.
Il proBNP (proormone) è stato dosato con un test “processing-independent” in cui
viene usata la digestione tripsinica delle proteine plasmatiche per liberare il frammento
terminale NH2- del proBNP ed i peptidi così ottenuti misurati con tecnica RIA con
anticorpi diretti contro il terminale NH2 del proBNP (24).
Catecolamine
I campioni di sangue (10 mL) sono stati versati all’interno di provette preraffreddate, contenenti EGTA (0.2 ml di soluzione al 9% W/V) come anticoagulante, e
glutatione (0.012 g) come antiossidante dopo mescolamento attraverso delicata
inversione.
Il plasma è stato successivamente separato dalle cellule ematiche entro 30 minuti
attraverso centrifugazione (3000 x g) a 4°C per 10 minuti e conservate a –70 °C.
La misura delle catecolamine nel plasma è stata automaticamente estratta da HLC
(Eurogenetics-Tosoh, Torino, Italia) in due fasi. Nel primo step l’adrenalina, e la
noradrenalina sono state purificate attraverso l’uso di differenti colonne; il secondo step
comprende la derivazione delle catecolamine con DPE e la rilevazione a fluorescenza a
480 nm con un’eccitazione ad una lunghezza d’onda di 340 nm.
PRA e aldosterone
L’attività reninica plasmatica (PRA) e l’aldosterone sono state misurate mediante
metodica commerciale RIA (DiaSorin S.r.l., Saluggia, Italia).
16
ACQUISIZIONE ED ANALISI DELL’ELETTROCARDIOGRAMMA.
Le registrazioni elettrocardiografiche sono state ottenute mediante l’applicazione di
registratori Holter a memoria solida (Elamedical) con una frequenza di campionamento
dell’ECG di 500 Hz. Appositi markers venivano registrati al fine di identificare i diversi
brani di ECG corrispondenti alle diverse manovre eseguite durante le successive fasi del
protocollo.
I complessi QRS di ogni sequenza e il picco di ogni onda R sono stati identificati
tramite il software commerciale di lettura delle registrazioni Holter: da questi dati si
sono ottenuti gli intervalli R-R ed esportate le serie temporali che sono state sottoposte
ad analisi spettrale.
L'analisi spettrale della serie degli intervalli RR e' usata per valutare le componenti
di variabilita' della frequenza cardiaca principalmente al fine di avere informazione
sullo stato di attivazione delle branche simpatica e parasimpatica del sistema nervoso
autonomo.
In letteratura sono state descritte varie bande di frequenza di cui le meglio studiate
sono le LF (Low Frequency, da 0.04 a 0.15 Hz) e le HF (High Frequency, da 0.15 a
0.40 Hz): semplificando, le HF sono espressione dell’aritmia sinusale respiratoria e
sono di origine vagale, le LF riconoscono invece, a livello di frequenza cardiaca, un
contributo sia del simpatico che del parasimpatico. A livello vascolare (ad esempio a
livello di variabilità della pressione arteriosa) le LF sono invece espressione della sola
modulazione simpatica (56).
I metodi di analisi spettrale possono essere suddivisi in non parametrici e
parametrici. I primi si basano sulla trasformata di Fourier, sono semplici e robusti ma
forniscono una risoluzione in frequenza scarsa quando si abbiano a disposizione serie
RR di breve durata. Data l'incertezza associata ai limiti delle bande VLF, LF, HF questa
scarsa risoluzione non e' un problema nella stima delle potenze nelle bande. Differente
e' il caso ove interessi identificare delle oscillazioni vicine in frequenza o stimare con
precisione le frequenze dei picchi nelle bande.
L'applicazione della trasformata discreta di Fourier su una serie RR di durata N
secondi porta ad una distanza in frequenza (risoluzione) tra le righe spettrali di 1/N Hz,
tuttavia lo spettro di potenza, ottenuto prendendo il modulo quadro della trasformata, ha
17
una deviazione standard dell'ampiezza di ogni componente spettrale dello stesso ordine
dell'ampiezza stessa. Pertanto i picchi dello spettro non sono significativi e possono
essere di origine casuale.
Vi sono due metodi per diminuire detta variabilita' e quindi ottenere ragionevoli
stime dello spettro, il primo opera una media in frequenza, il secondo divide la serie
originale in spezzoni e media gli spettri da essi ottenuti. In entrambi questi metodi
l'aumentata robustezza statistica dello spettro si ottiene al prezzo di una diminuzione
della risoluzione in frequenza. Il metodo di Welch, da noi usato, e' una variante del
secondo e opera una suddivisione della serie RR in intervalli parzialmente sovrapposti,
tale sovrapposizione e' giustificata dal fatto che ogni spezzone e' pesato con una
“finestra” di tipo coseno rialzato (Hamming), questo al fine di ridurre le oscillazioni
dovute all'effetto di troncamento dello serie ai bordi dello spezzone. Con tale
finestratura i dati vicini agli estremi dello spezzone sono poco usati e pertanto il loro
inserimento anche nello spezzone successivo (sovrapposizione) non diminuisce troppo
l'indipendenza degli spettri e quindi la riduzione della variabilita' prodotta dalla media.
I metodi di analisi spettrale parametrici presuppongono che la serie di dati da
analizzare sia generata da un sistema che appartiene ad un certa classe cioe' che soddisfi
un certo modello.
Il modello piu' semplice e' quello autoregressivo (AR), in esso la serie di dati e' vista
come uscita di un sistema lineare a soli poli che ha come ingresso rumore bianco.
Equivalentemente il dato al tempo “t” risulta una combinazione lineare di “L” dati
precedenti piu' rumore bianco; questo modello si presta ad approssimare una gran parte
di serie RR ed e' pertanto il piu' usato. Nelle stime spettrali parametriche si procede alla
identificazione del sistema stimando i parametri del modello.
Lo spettro e' pertanto dato in modo analitico dal modulo quadro della funzione di
trasferimento del sistema moltiplicata per la potenza del rumore bianco.
La stima del modello avviene a minimizzazione dell'errore di predizione e la
potenza di quest'ultimo fornisce una stima della potenza del rumore bianco in ingresso.
I parametri da stimare (coefficienti della combinazione lineare che predice “meglio”
il dato al tempo “t” usando gli “L” dati precedenti) sono in genere un numero piccolo
(per la serie RR si usano valori da 7 a 30) pertanto si possono avere stime abbastanza
robuste anche per serie RR di pochi valori. Teoricamente non vi sono problemi di
18
risoluzione spettrale in quanto lo spettro e' dato in forma analitica ed e' quindi definito
per ogni valore di frequenza, tuttavia con modelli di ordine basso non si riescono a
risolvere modi oscillatori vicini in frequenza soprattutto quando le serie a disposizione
sono di breve durata.
Se si e' interessati a risolvere frequenze vicine si devono usare modelli
sovradimensionati che hanno l'inconveniente di produrre picchi spuri nello spettro.
L'inconveniente maggiore delle stime spettrali parametriche e' tuttavia la loro alta
sensibilita' ad artefatti eventualmente presenti nella serie di dati. Nel caso della serie RR
questi includono, oltre agli artefatti veri e propri dovuti ad errori nella individuazione
del complesso QRS, le extrasistole sia di tipo ventricolare che sopraventricolare ed in
generale tutti i battiti anomali dovuti a difetti di conduzione. Il modello autoregressivo,
infatti, ben si presta a descrivere la serie di eventi di origine sinusale ma e'
completamente incapace di gestire gli intervalli RR generati battiti ectopici.
L'enorme errore di predizione che si genera quando un tale valore di RR entra nel
processo di stima conduce a stime dei parametri completamente errate.
Per questo motivo la serie degli intervalli RR e' stata corretta da artefatti e valori
anomali dovuti a battiti ectopici con un metodo basato sulla stima di un modello
predittivo adattativo ed una soglia sull'errore di predizione (58).
Nonostante questo le stime spettrali parametriche hanno mostrato un'alta variabilita'
dovuta ad artefatti residui e, forse, alla inadeguatezza del modello dovuta alle particolari
condizioni sperimentali (venir meno dell'ipotesi di stazionarieta'). Le stime spettrali di
Welch, sebbene risentano anch'esse degli artefatti e della mancanza di stazionarieta' si
sono dimostrate piu' robuste.
Pertanto i risultati presentati sono relativi a stime spettrali ottenute con quest'ultimo
metodo.
I parametri che condizionano le stime spettrali con il metodo di Welch sono
intimamente legati tra loro, in particolare:
piu' grande e' numero di spezzoni piu' statisticamente robuste sono le stime spettrali,
nell'ipotesi di indipendenza la deviazione standard si riduce con la radice quadrata
del loro numero.

piu' lunghi sono gli spezzoni migliore e' la risoluzione spettrale, la distanza tra due
righe dello spettro in Hertz e' pari all'inverso della durata in secondi.
19

minore e' la sovrapposizione maggiore e' l'indipendenza statistica degli spettri e
quindi maggiore e' la diminuzione della deviazione standard.
Pertanto per avere buone stime spettrali e' necessario avere un ragionevole numero
di spezzoni di non breve durata e possibilmente non troppo sovrapposti. Nel caso di
serie brevi queste esigenze sono inconciliabili e si deve accettare un compromesso.
Data la lunghezza delle serie da analizzare (180s), il metodo di Welch e' stato
applicato usando la finestra di Hamming su spezzoni di 60s (risoluzione di 0.0167Hz)
sovrapposti del 50%. La stima spettrale e' stata ottenuta come media degli spettri
ottenuti dai 5 spezzoni. Ciascun di essi e' stato calcolato dopo aver tolto sia il valor
medio sia l'eventuale trend da ogni singolo intervallo.
La trasformata discreta di Fourier e' stata calcolata aggiungendo zeri ad ogni
spezzone in modo tale da avere una lunghezza in campioni pari quattro volte il valore
della potenza di 2 superiore, risultandone una risoluzione “apparente” in frequenza di
0.00175Hz.
La serie RR ha valori ad intervalli di tempo non uniformi (un valore di RR ogni
ciclo cardiaco), il metodo di Welch e' stato applicato direttamente a tale serie senza
interpolazione. Le frequenze sono state riportate da cicli/battito a cicli/secondo (Hertz)
usando l'RR medio.
L’analisi spettrale è stata applicata solo alle serie temporale ottenute durante respiro
controllato a 15 atti/minuto. Algoritmi tempo-varianti sono necessari per l’analisi dei
segmenti ottenuti durante le fasi di apnea e di allagamento della maschera, che non
possono essere definite “stazionarie”. Questa analisi, al momento della stesura di questa
tesi non è ancora stata effettuata.
ANALISI STATISTICA
A causa della distribuzione non-normale di alcune variabili (neuro-ormoni e
parametri spettrali in particolare), l’analisi statistica è stata effettuata solo dopo
trasformazione logaritmica delle variabili non distribuite normalmente. I dati sono
espressi come media±SEM. per i confronti tra coppie di variabili è stato utilizzato il Ttest per dati appaiati, mentre per il confronto di variabili con più di due misure (i.e. dati
spettrali) è stato utilizzata l’analisi della varianza per misure ripetute.
Un valore di p < 0.05 è stato considerato significativo.
20
RISULTATI
Effetti dell’immersione a liv. del mare sull’assetto neuroormonale ( V. p.22 Tab. II )
L’immersione a livello del mare ha determinato un rialzo sia di CPK che di LDH.
Per quanto riguarda i neuroormoni la noradrenalina è significativamente aumentata
dopo l’immersione, mentre non si sono osservate variazioni significative dell’adrenalina.
Nessuna significativa variazione anche a carico di cortisolo, PRA ed aldosterone.
Al contrario si è assistito ad un significativo incremento di ANP in seguito
all’immersione. BNP ed NT-proBNPsi sono comportati diversamente con un
incremento dei valori di quest’ultimo a fronte della assenza di variazioni dei valori di
BNP. Infine il proormone e’ risultato significativamente incrementato dopo
l’immersione.
Espressione visiva dei risultati nei grafici: n° 111( pag 2427)
Effetti a liv. del mare sulla variabilità della frequenza cardiaca (V. pag.23 Tab. III )
La frequenza cardiaca si è mantenuta costantemente elevata durante tutte le fasi
dell’immersione.
Le variazioni dei valori medi della frequenza cardiaca, della deviazione standard e
degli indici spettrali nelle varie fasi del protocollo (basale, al 50% e 100 % della
pressione massima raggiunta e al termine dell’immersione) sono descritte visivamente
nei grafici: n° 1219 ( pag 2830). Un aumento della potenza totale e delle bande sia
HA che LF e’stato osservato allla massima profondità e nel post-immersione,
parallelamente ad una relativa bradicardizzazione osservata in queste due fasi sia se
confrontata con il basale sia soprattutto se confrontato con le misurazioni ottenute al
50% della pressione massima.
Effetti dell’immersione ad alta quota sull’assetto neuroormonale ( V.p.22 Tab. II )
Il comportamento dei neuroormoni ha ricalcato quanto osservato a livello del mare.
Si segnala rispetto ai valori a livello del mare valori basali significativamente aumentati
sia del cortisolo che del proBNP. ( grafici: n° 111, pag 2427 )
Effetti ad alta quota sulla variabilità della frequenza cardiaca ( V. p.23 Tab. III )
Come quanto osservato per i neurormoni l’andamento dei parametri misurati nelle
varie fasi del protocollo ha ricalcato le variazioni già descritte a livello del mare. Si
segnalano valori base di deviazione standard e di potenza totale e delle singole bande
leggermente, ma significativamente più elevati in alta quota rispetto al livello del mare.
21
Tab. n°II: riassuntivo ormoni : media ± SEM - signicatività statistica
sea level
altitude
pre
post
pre
post
High alt.
vs. Sea level
LDH
552.6
605
447.222
527.3
*
p < 0.05
*** p < 0.001
(UI/lt)
± 73.350
± 51.809
± 34.840
± 53.401
145.8
175
176.7
209.4
± 15.672
± 16.866
± 20.270
± 25.023
CPK
(UI/lt)
Noradrenalina
(ng/L)
#
#
754.04
1112.52
735.005
1292.656
± 111.652
± 180.264
± 93.134
± 190.235
##
99.25
92.909
66.715
± 25.719
± 23.574
± 14.300
± 9.247
Cortisolo
115.84
104.86
189.357
131.543
(ng/ml)
± 21.306
± 26.227
± 18.606
± 25.351
(ng/L)
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
##
116.87
Adrenalina
Post
vs. Pre
*
183.5
166.88
168.18
166.178
(ng/L)
± 19.071
± 17.471
± 24.871
± 31.581
PRA
0.472
0.56
0.461
0.455
± 0.074
± 0.117
± 0.095
± 0.108
ANP
15.6
27.6
18.845
28.18
(ng/L)
± 2.4
± 4.1
± 1.846
± 5.168
Aldosterone
(ng/ml/h)
#
Pro-BNP
(ng/L)
#
8
10.4
28.333
36
± 0.537
± 1.257
± 3.9
± 5.3
***
*** #
NT-proBNP
26.744
30.833
23.551
36.315
(ng/L)
± 4.986
± 4.498
± 5.113
± 6.777
#
***
###
3.3
2.99
4.87
4.58
± 0.4
± 0.296
± 0.836
± 0.706
BNP
(ng/L)
*
22
Tab.n° III - riassuntivo analisi spettrale :
media ± SEM - signicatività statistica
altitude
pre
Mean RR (ms)
603.3 ± 24.4
50%
100%
post
537.5 ± 16.9## 638.3 ± 24.1#††† 674.4 ± 23.4##†††
SD (ms)
33.5 ± 3.4
26.2 ± 3.3
53.4 ± 7.7#††
46.2 ± 9.5†
Ln pot Tot (ms2)
6.49 ± 0.29
5.77 ± 0.25#
7.45 ± 0.32#††
7.01 ± 0.40††
LnLF (ms2)
5.91 ± 0.32
5.00 ± 0.29##
6.68 ± 0.31#†††
6.24 ± 0.43††
LnHF (ms2)
4.99 ± 0.34
4.51 ± 0.27
6.30 ± 0.39##††
5.79 ± 0.41#†
Fmax LF (Hz)
0.087 ± 0.008
0.069 ± 0.011
0.108 ± 0.010
0.092 ± 0.009
Fmax HF (Hz)
0.229 ± 0.013
0.202 ± 0.015
0.172 ± 0.010
0.240 ± 0010
2.83 ± 0.41
1.99 ± 0.46
2.08± 0.65
1.94 ± 0.53
100%
post
LF/HF
sea level
pre
50%
Mean RR (ms)
544.6 ± 23.3
539.3 ± 22.4
584.7 ± 21.6#†††
584.2 ± 20.8**#††
SD (ms)
21.9 ± 3.1*
26.7 ± 4.9
31.9 ± 4.5#*
29.6 ± 3.9
Ln potTot (ms2)
5.39 ± 0.31**
5.80 ± 0.41
6.34 ± 0.28#**
5.95 ± 0.38
LnLF (ms2)
4.73 ± 0.37*
5.02 ± 0.49
5.80 ± 0.33*#
5.24 ± 0.42
LnHF (ms2)
3.60 ± 0.31**
4.57 ± 0.44#
4.86 ± 0.21###**
4.31 ± 0.45#*
Fmax LF (Hz)
0.080 ± 0.005
0.098 ± 0.013
0.122 ± 0.008
0.088 ± 0.007
Fmax HF (Hz)
0.228 ± 0.013
0.183 ± 0.011
0.156 ± 0.003
0.232 ± 0.009
LF/HF
3.96 ± 0.94
2.09 ± 0.54#
3.25 ± 0.65
3.09 ± 0.67
High alt. vs. Sea level:
vs. Pre :
vs. 50% :
* p < 0.05
# p < 0.05
† p < 0.05
** p < 0.01
## p < 0.01
†† p < 0.01
### p < 0.001
††† p < 0.001
23
ormoni
GRAFICI
graf. 1
#
#
250
C.P.K.
200
150
High alt. vs. Sea level
*
***
#
##
###
p < 0.05
p < 0.001
100
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
50
0
PRE_s
POST_s
PRE_a
SEA LEVEL
(UI/lt)
pre
Media
± SEM
HIGH ALTITUDE
post
145.8
± 15.672
POST_a
pre
145.8
± 15.672
post
176.7
± 20.270
209.4
± 25.023
graf. 2
700
L.D.H.
600
500
400
High alt. vs. Sea level
*
***
#
##
###
300
p < 0.05
p < 0.001
200
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
100
0
PRE_s
POST_s
SEA LEVEL
(UI/lt)
Media
± SEM
pre
552.6 ± 73.350
post
605 ± 51.809
PRE_a
POST_a
HIGH ALTITUDE
pre
post
447.222 ±
34.840
527.3 ± 53.401
24
graf. 4
120
adrenalina
100
80
60
High alt. vs. Sea level
*
***
p < 0.05
p < 0.001
40
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
#
##
###
20
0
PRE_s
POST_s
SEA LEVEL
(ng/L)
pre
Media
± SEM
post
116.87
± 25.719
PRE_a
HIGH ALTITUDE
pre
99.25
± 23.574
graf. .3
POST_a
post
92.909
± 14.300
66.715
± 9.247
###
###
1400
noradrenalina
1200
1000
800
High alt. vs. Sea level
*
***
600
p < 0.05
p < 0.001
400
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
#
##
###
200
0
PRE_s
POST_s
SEA LEVEL
(ng/L)
pre
Media
± SEM
post
754.04
± 111.652
PRE_a
HIGH ALTITUDE
pre
1112.52
± 180.264
post
735.005
± 93.134
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
cortisolo
High alt. vs. Sea level
#
##
###
p < 0.05
p < 0.001
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
PRE_s
POST_s
SEA LEVEL
(ng/L)
Media
± SEM
1292.656
± 190.235
*
graf 5
*
***
POST_a
pre
post
115.84
± 21.306
104.86
± 26.227
PRE_a
POST_a
HIGH ALTITUDE
pre
post
189.357
± 18.606
131.543
± 25.351
25
graf. 6
185
aldosterone
180
175
170
High alt. vs. Sea level
*
***
#
##
###
p < 0.05
p < 0.001
165
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
160
155
PRE_s
POST_s
SEA LEVEL
(ng/L)
pre
Media
± SEM
POST_a
HIGH ALTITUDE
post
183.5
± 19.071
PRE_a
pre
166.88
± 17.471
post
168.18
± 24.871
166.17
± 31.581
graf. 7
0,6
P.R.A.
0,5
0,4
0,3
High alt. vs. Sea level
*
***
#
##
###
p < 0.05
p < 0.001
0,2
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
0,1
0
PRE_s
POST_s
PRE_a
SEA LEVEL
(ng/ml/h)
pre
Media
± SEM
post
0.472
± 0.074
HIGH ALTITUDE
pre
0.56
± 0.117
graf. 8
POST_a
post
0.461
± 0.095
0.455
± 0.108
#
#
30
A.N.P.
25
20
High alt. vs. Sea level
*
***
#
##
###
15
p < 0.05
p < 0.001
10
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
5
0
PRE_s
POST_s
SEA LEVEL
(ng/L)
Media
± SEM
pre
post
15,6
± 2,4
PRE_a
HIGH ALTITUDE
pre
27,6
± 4,1
POST_a
post
18,845
± 1,846
28,18
± 6,168
26
***
***
#
PRE_a
POST_a
graf. 9
40
Pro B.N.P.
35
30
25
20
High alt. vs. Sea level
*
***
p < 0.05
p < 0.001
15
10
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
#
##
###
5
0
PRE_s
POST_s
SEA LEVEL
(ng/L)
pre
Media
± SEM
HIGH ALTITUDE
post
8
± 0.537
pre
10.4
± 1.257
post
28.333
± 3.9
graf .10
36
± 5.3
***
#
###
40
NT-pro B.N.P.
35
30
25
20
High alt. vs. Sea level
*
***
p < 0.05
p < 0.001
15
10
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
#
##
###
5
0
PRE_s
POST_S
PRE_a
SEA LEVEL
(ng/L)
pre
Media
± SEM
HIGH ALTITUDE
post
26.744
± 4.986
pre
30.833
± 4.498
post
23.551
± 5.113
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
B.N.P.
High alt. vs. Sea level
#
##
###
p < 0.05
p < 0.001
Post vs. Pre
p < 0.05
p < 0.01
p < 0.001
PRE_s
POST_S
SEA LEVEL
(ng/L)
Media
± SEM
36.315
± 6.777
*
graf .11
*
***
POST_a
pre
post
3.3
± 0.4
PRE_a
HIGH ALTITUDE
pre
2.99
± 0.296
POST_a
post
4.87
± 0.836
4.58
± 0.706
27
Variabilità della frequenza cardiaca
GRAFICI
##
graf. 12
#
†††
#
†††
**
##
†††
#
††
700
mean RR
600
500
High alt. vs.
Sea level
*
**
p < 0.05
p < 0. 01
vs. Pre
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
vs. 50%
†
p < 0.05
†† p < 0.01
††† p < 0.001
400
ms
300
200
100
0
pre
Mean RR -msec
50%
100%
post
pre
50%
100%
post
Sea level
544.6 ± 23.3
539.3 ± 22.4
584.7 ± 21.6
584.2 ± 20.8
High Alt
603.3 ± 24.4
537.5 ± 16.9
638.3 ± 24.1
674.4 ± 23.4
#
††
graf. 13
S.D.
†
60
50
High alt. vs.
Sea level
*
**
p < 0.05
p < 0. 01
vs. Pre
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
vs. 50%
†
p < 0.05
†† p < 0.01
††† p < 0.001
40
ms 30
20
10
0
pre
Mean RR -msec
50%
100%
post
pre
50%
100%
post
Sea level
21.9 ± 3.1
26.7 ± 4.9
31.9 ± 4.5
29.6 ± 3.9
High Alt
33.5 ± 3.4
26.2 ± 3.3
53.4 ± 7.7
46.2 ± 9.5
28
**
graf. 14
#
#
**
††
††
8
Ln. Pot. Tot.
7
6
High alt. vs.
Sea level
*
**
p < 0.05
p < 0. 01
5
ms2 4
vs. Pre
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
vs. 50%
†
p < 0.05
†† p < 0.01
††† p < 0.001
3
2
1
0
pre
Mean RR -msec
50%
100%
post
pre
50%
100%
post
Sea level
5.39 ± 0.31
5.80 ± 0.41
6.34 ± 0.28
5.95 ± 0.38
High Alt
6.49 ± 0.29
5.77 ± 0.25
7.45 ± 0.32
7.01 ± 0.40
*
graf. 15
##
#
*
#
†††
††
7
Ln. LF
6
5
High alt. vs.
Sea level
*
**
p < 0.05
p < 0. 01
4
ms2
3
vs. Pre
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
vs. 50%
†
p < 0.05
†† p < 0.01
††† p < 0.001
2
1
0
pre
Mean RR -msec
50%
100%
post
pre
50%
100%
post
Sea level
4.73 ± 0.37
5.02 ± 0.49
5.80 ± 0.33
5.24 ± 0.42
High Alt
5.91 ± 0.32
5.00 ± 0.29
6.68 ± 0.31
6.24 ± 0.43
**
graf. 16
#
###
**
##
††
*
#
#
†
7
Ln. HF
6
5
High alt. vs.
Sea level
*
**
p < 0.05
p < 0. 01
vs. Pre
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
vs. 50%
†
p < 0.05
†† p < 0.01
††† p < 0.001
4
ms2
3
2
1
0
pre
Mean RR -msec
50%
100%
post
pre
50%
100%
post
Sea level
3.60 ± 0.31
4.57 ± 0.44
4.86 ± 0.21
4.31 ± 0.45
High Alt
4.99 ± 0.34
4.51 ± 0.27
6.30 ± 0.39
5.79 ± 0.41
29
graf. 17
0,14
F. max LF
0,12
0,1
High alt. vs.
Sea level
*
**
p < 0.05
p < 0. 01
0,08
Hz
0,06
vs. Pre
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
vs. 50%
†
p < 0.05
†† p < 0.01
††† p < 0.001
0,04
0,02
0
pre
Mean RR -msec
50%
100%
post
pre
50%
100%
post
Sea level
0.080 ± 0.005
0.098 ± 0.013
0.122 ± 0.008
0.088 ± 0.007
High Alt
0.087 ± 0.008
0.069 ± 0.011
0.108 ± 0.010
0.092 ± 0.009
graf. 18
0,25
F. max HF
0,2
High alt. vs.
Sea level
*
**
p < 0.05
p < 0. 01
vs. Pre
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
vs. 50%
†
p < 0.05
†† p < 0.01
††† p < 0.001
0,15
Hz
0,1
0,05
0
pre
Mean RR -msec
50%
100%
post
pre
50%
100%
post
Sea level
0.228 ± 0.013
0.183 ± 0.011
0.156 ± 0.003
0.232 ± 0.009
High Alt
0.229 ± 0.013
0.202 ± 0.015
0.172 ± 0.010
0.240 ± 0010
#
graf. 19
LF / HF
4
3,5
3
High alt. vs.
Sea level
*
**
p < 0.05
p < 0. 01
vs. Pre
#
p < 0.05
## p < 0.01
### p < 0.001
vs. 50%
†
p < 0.05
†† p < 0.01
††† p < 0.001
2,5
2
1,5
1
0,5
0
pre
Mean RR -msec
50%
100%
post
pre
50%
100%
post
Sea level
3.96 ± 0.94
2.09 ± 0.54
3.25 ± 0.65
3.09 ± 0.67
High Alt
2.83 ± 0.41
1.99 ± 0.46
2.08± 0.65
1.94 ± 0.53
30
DISCUSSIONE
L’immersione, indipendentemente dall’ambiente in cui essa viene effettuata, risulta
per l’organismo come un evento complessivamente stressante, sia dal punto di vista
meramente somatico sia psicologico, quest’ultimo messo anche in relazione ad
aumentati livelli di prolattina in funzione di marker in quanto riflette uno stato di
elevata attivazione mentale di vigilanza (5). L’attività mentale, in particolare se
associata a calcolo di tipo aritmetico o alla necessità di seguire un preciso compito
mentale (come nel nostro caso la fidelizzazione alle fasi del protocollo) riesce ad
indurre una lieve riduzione del diving reflex con relativa riduzione della bradicardia da
esso conseguente (48). L’immersione in montagna ,a sua volta, è caratterizzato da un
livello ancora superiore di stress rispetto a quella al mare, indotto dalla quota, dal
freddo, dall’attrezzatura e dalle diverse procedure di immersione (50).
Come preposto, proprio per porre l’accento solo sulla risposta indotta dal diverso
ambiente, nel presente studio sono stati annullati gli ultimi due parametri, facendo uso
di pari attrezzature e procedure, mentre si è cercato di ridurre anche il divario termico,
in modo che quanto infine osservato non venisse messo in conto al solo freddo a causa
di una esagerata differenza di temperatura.
L’immersione in acqua fredda (insieme all’esposizione ad una lievemente ridotta
PO2) favorisce l’innesco del diving reflex (60), aumentando il postcarico cardiaco
mediante vasostrizione periferica sino ad indurre bradiaritmia (41 ) sebbene alcuni
Autori ritengano che nel contributo dato al blood shift centripeto
l’effetto
vasocostrittivo indotto da acqua fredda sia meno importante di quello indotto dalla
contropressione idrostatica in immersione(15). Oltre alle modificazioni dirette sul
sistema cardiocircolatorio il freddo in immersione unitamente alla già detta situazione di
allerta induce il verificarsi di una cascata di eventi protettivi anti-stress sottoforma di
secrezione di ormoni, ma negli studi di Bosco conduce anche a modificazioni del
sistema emocoagulativo sotto forma di attivazione piastrinica, e di alterazione dei
fattori della coagulazione(12)
Nonostante i 10 soggetti studiati ( pur essendo abituati a tale tipo di imprese)
abbiano globalmente denunciato “a posteriori” un maggiore livello di stress in termini
di ansia e tensione mentale, di fatica in immersione e di globale spossatezza post
31
immersione a carico della sessione in quota, l’andamento sia dei dati ormonali che della
frequenza cardiaca e dei parametri di variabilità non ha mostrato grandi diversità di
comportamento confrontando l’immersione in quota rispetto a quella a livello del mare.
Con tale presupposto quindi si può ora analizzare i risultati ottenuti ponendo
l’accento sui parametri neuro-ormonali, tema centrale di questo studio.
ORMONI
a) CPK : si assiste ad incremento significativo dell’enzima durante le due singole
immersioni, indicando un netto interessamento muscolare per lo sforzo
compiuto, come pure di valori assoluti più elevati durante la sessione in quota.
Dalla letteratura viene descritto un netto incremento di tali enzimi in ambito
subacqueo solo in riferimento alla rabdomiolisi associata ad EGA da
immersione (54). Anche l’LDH, seppure più modestamente, ha mostrato lo steso
trend in aumento post-immersione.
b) CATECOLAMINE: la noradrenalina ( NA) risulta nettamente aumentata in
entrambe le esposizioni nel prelievo postimmersione, e con valori assoluti solo
leggermente più elevati in alta quota rispetto al mare, a fronte dell’assenza di
variazione significative di adrenalina.
Tale rilievo trova risultati talora contrastanti in letteratura: un massiccio
incremento di NA viene confermato da Smith DJ (55), oltre ad un modestissimo
aumento di A. ; Lenz conferma l’incremento di entrambe ma con rilevazione
durante l’esercizio del nuoto mentre nel subacqueo l’incremento è in relazione
inversa all’abilità (35) . Buhring riscontra un aumento di entrambi i parametri
riconducendoli ad una iperattività simpatica indotta dal freddo (14). Anche
Manalaysay rileva un netto incremento della sola NA durante immersione in
acqua fredda , ma sottolinea come tale parametro rifletta piuttosto lo stress
globale e non sia specifico di una sola causa (38). Lund non rileva alcuna
variazione delle catecolamine durante immersione a secco in Camera Iperbarica
a 2.5 Atm ( = a profondità del presente studio), per cui ci conferma
l’importanza dell’ambiente e della immersione face-in nella secrezione di
NA(36).
Lo studio condotto da Anegg su due gruppi selezionati in base al profilo
psicologico di controllo dello stress e su due immersioni con diverso impegno
32
stressanti mostrava un aumento globale delle catecolamine, ma senza rilevare
differenze nè tra i due tipi di immersione né tra il gruppo di “ansiosi” e quello
di “stress controller” (5). La NA, rilasciata dalle terminazioni nervose e quindi
più pronta nell’azione contro lo stress, com’è noto possiede una più spiccata
azione su - recettori e quindi sulla vasocostrizione arteriolare, mentre l’A.,
secreta prevalentemente dalla midollare del surrene, ha una cinetica di rilascio
più lenta e contribuisce più agli effetti metabolici delle catecolamine che al
controllo fine della frequenza cardiaca e del tono vascolare. Il fatto che si siano
riscontrate differenze significative solo per la NA potrebbe essere espressione
della differente cinetica di secrezione dei due neuro-ormoni (9) .
c) CORTISOLO: si è osservato un aumento statisticamente significativo dei livelli
basali in alta quota rispetto al mare, probabilmente indotto dallo stress
emozionale di preparazione all’impresa in ambiente difficile e dal clima esterno
freddo. A fronte di ciò si nota invece in entrambe le immersioni un trend in
riduzione seppure non statisticamente significativo tra il pre- ed il post : anche
per questo rilievo la letteratura non è univoca: anche Lund trova una riduzione,
ma dopo Camera Iperbarica (36), mentre Smith D.J. rileva solo incrementi
correlate sia alla durata di esposizione al freddo senza protezione da muta, sia
all’ora di immersione, legate al ciclo circadiano dell’ormone (55). Lenz rileva
incrementi significativi da immersione in parallelo all’incremento della NA
( nuoto), e comunque valori più elevati dopo immersione sub (35). Un
significativo incremento post- immersione era stato precedentemente descritto
anche dall’Autore della presente tesi a seguito di uno studio analogo condotto
nel 1990 in un altro lago alpino di pari quota ed indirizzato alla valutazione del
solo cortisolo: vanno però rilevate ampie diversità sia di campionamento che di
caratteristiche dell’immersione, che possono giustificarne la discrepanza di
risultati (22). Booth correla bassi valori di cortisolemia ad atleti ben allenati (11)
Si sottolinea che le immersioni del presente studio sono state effettuate in
un momento della giornata (tra le h.11 e le 15) abitualmente caratterizzata da un
relativo plateau di stabilità secretoria (59). Inoltre il minimo tempo intercorso
tra i due prelievi pre e post immersione non dovrebbe consentire alle variazioni
circadiane di interferire con i risultati ottenuti. Un valore ridotto di cortisolemia
33
post-immersione viene descritto anche nel lavoro di Anegg, anche se va
sottolineato che il dosaggio era effettuato su saliva e non era escludibile che la
concentrazione ridotta fosse dovuta a diluizione da acqua della saliva (5).
d) ALDOSTERONE e ATTIVITA’ RENINICA PLASMATICA: entrambi i valori non
hanno registrato variazioni di rilievo né all’interno delle singole immersioni né
tra le due sessioni. Anche in questo caso vi è omogeneità di risultato con Lund
in camera iperbarica (36), mentre Hope nel 2001 osserva un andamento bifasico
dell’Aldosterone, con una riduzione nei primi 30 minuti di immersione seguita
da un graduale incremento dello stesso con un trend parallelo ma specularmente
opposto all’andamento dell’ANP (28) . Lo stesso Autore in uno studio
successivo ( ’05) con PRA invariata, rileva un incremento di Aldosterone solo
dopo immersioni della durata di 1 e 2 ore a -8mt.(29).
Lenz infine rileva un incremento di entrambi sia durante il nuoto ed in
particolare dopo immersione subacquea (35).
e) PEPTIDE NATRIURETICO ATRIALE: ( ANP): nella nostra esperienza è
risultato significativamente aumentato dopo l’immersione sia a livello del mare
che in alta quota, in accordo con l’esperienza ormai acquisita in campo di
fisiologia subacquea che lo vede prodotto in risposta allo shear stress vascolare
per l’aumento di ritorno venoso indotto dall’immersione. Similmente Hope
rileva incrementi di ANP in tutte le immersioni effettuate di 1-2 e 4ore (28).
Nello studio di Lund non si osservano variazioni in ambiente iperbarico a secco
dell’ormone, a conferma che il blood shift indotto dall’immersione risulta
fondamentale nella stimolazione alla secrezione di questo ormone (36). Valori
aumentati invece per Myamoto ma riferiti a cicli di 4 giorni in saturazione ad
alta profondità con respirazione di miscela Heliox (42). Non abbiamo registrato
invece una variazione tra mare e montagna , se non un lieve incremento dei
valori assoluti a carico dell’alta quota. Ciò si spiega probabilmente dal fatto che
l’increzione di ANP dipende in primo luogo dalla pressione assoluta, dipendente
dalla idrostatica ( che abbiamo mantenuto uguale nelle due immersioni: a
strettissimo rigore i valori avrebbero dovuto essere inversi, con valori
lievemente più elevati al mare, in quanto la pressione assoluta al mare era
superiore : 2.5 bar contro 2.2 bar in quota)..
34
f) PEPTIDE NATRIURETICO CEREBRALE ( BNP) i livelli di BNP forniscono
una mezzo di valutazione e monitoraggio semplice ed obiettivo della
funzionalità e di varie patologie cardiache sebbene possano essere incrementati
anche da patologie non cardiache come le renali o polmonari. (18) Lo studio
negli ultimi anni si è però allargato ad indagare l’ormone anche in ambito non
meramente clinico. La letteratura offre vari spunti di studio del BNP in
correlazione a sport di elevata intensità ma per la stragrande maggioranza sono
riferiti ad attività di superficie (in particolare ciclismo e podismo in varie forme),
e la lettura che danno gli Autori ai risultati ottenuti è varia. L’unico filo comune
è che in atleti ben allenati i valori di base non si discostano da quelli della
popolazione comune nell’ambito della comune variabilità biologica, ed i livelli
pre- e post competizione non cambiano in quanto il BNP non viene influenzato
da attività fisiche, anche quelle affaticanti come il triathlon, come sostenuto da
Banfi, il quale ritiene che un aumento dell’ ormone possa essere indotto solo da
pesanti patologie (17). Anche Ohba osserva che un incremento pre-post – in una
attività sportiva intensa (maratona) condotta da soggetti precedentemente ritenuti
sani implichi l’evenienza di una disfunzione transitoria ma con danno
miocardico irreversibile che sopravvenga durante la gara stessa (43). Meno
estremo il commento di altri Autori che comunque vincolano un aumento di
BNP a condizioni particolari. Almeida correla un incremento di valori pre- postall’indice di massa ventricolare sinistra ( LVM) ma sottolineando che esso si
esprime solo quando l’aumento di massa è causato dall’ ipertensione , ma non
nell’ipertrofia cardiaca dello sportivo (2). Konig notando un incremento netto
solo nei ciclisti più vecchi ritiene che la disfunzione cardiaca, principalmente a
carico della fase diastolica del ventricolo sx, sia invece reversibile e funzionale e
da rapportare al tipo di sport ed all’età (26): questa osservazione risulta
particolarmente interessante quando rapportata ai nostri risultati, ottenuti da un
campione di età media più avanzata rispetto agli atleti abitualmente arruolati per
gli studi in ambito sportivo. Ulteriormente ottimistico il parere di Scharhag che
riscontra un aumento di NT - proBNP in una parte importante di atleti sani dopo
una prolungata e strenua attività fisica ( podismo veloce) sostenendo che il
rilascio di BNP durante e dopo l'esercizio non può avere come conseguenza un
35
danno del miocardio, ma anzi può avere un effetto citoprotettivo e di crescita
(51) . Anche secondo Mair il peptide, potrebbe costituire una sorta di ormone
“ di riserva” che viene attivato solo dopo un periodo prolungato di sovraccarico
di volume (39), in quanto viene secreto prevalentemente dai ventricoli cardiaci
in risposta ad uno stiramento o della tensione parietale del VSx, (62). Ciò in
effetti è quanto avviene in immersione per aumento del pre-carico da aumentato
ritorno venoso, ed in particolare dopo una sessione particolarmente faticosa.
Con la stessa nostra interpretazione è concorde Gempp: egli riscontrando un
incremento pre- post dell’ormone in sommozzatori militari sani ( e quindi con
un campione non sospetto di patologia cardiaca intercorrente) sostiene che esso
è indotto dallo strain meccanico sulla parete cardiaca e che l’attività endocrina
miocardica si mantiene anche dopo il termine dell’immersione (23).
Nel nostro studio a fronte di valori stabili di BNP si è osservato un
incremento dei valori di NT-proBNP (che rappresenta il frammento amino
terminale del proormone, che viene scisso da endopeptidasi nell’ NT-proBNP
ed in BNP che è l’ormone biologicamente attivo). Questo ha posto dei problemi
interpretativi in quanto derivando in parti uguali dal pro-ormone non era attesa
una modificazione di un peptide e non dell’altro. Per chiarire questo aspetto
abbiamo deciso di inviare campioni presso il laboratorio del dr. Goetze che è in
grado di misurare i valori del proormone (24). I risultati di questo dosaggio
hanno evidenziato come il proormone si elevi, anche se non di molto, dopo
immersione;
Le speculazioni derivanti da questa osservazione sono due:
1) Probabilmente la discrepanza è causata da un problema di tipo analitico, per
cui il kit abitualmente usato non distingue in modo adeguato tra NT proBNP e
pro-ormone (i cui livelli circolanti sono stati invece rilevati da Goetze), ossia
contrariamente a quanto atteso, si assiste alla presenza anche in circolo di proormone a seguito di una sua maggiore increzione dovuta allo stress globale
dell’immersione, ma mentre parte dello stesso viene normalmente scissa in
ormone attivo BNP + terminale NT-pro BNP, un’altra quota rimane
immodificata ma riconosciuta dal kit come ulteriore NT e messa in conto ad esso.
36
2) in riferimento allo studio in oggetto si deve rilevare che l’aumento seppur
modesto del pro BNP e dell’NT proBNP, viene probabilmente indotto
dall’evento globalmente inteso(concomitanza esercizio + stress psicologico +
ambiente ) che in certi momenti si era rivelato particolarmente intenso e
stressante, tale da portare alla pari condizione fisiologica normalmente registrata
nello scompenso cardiocircolatorio. Tale connubio di concause ha portato ad
una situazione in cui in un tempo relativamente breve l’organismo ( ed in
particolare il sistema cardiocircolatorio di soggetti con una età media di 43.3 aa)
è stato sottoposto ad un sovraccarico funzionale causato in sequenza da :

un aumentato ritorno venoso indotto dalla immersione, ed una
progressiva vasocostrizione periferica indotta dal freddo con incremento
netto del precarico ed azione strain sul VSx.

vasocostrizione da diving reflex ( esacerbata nell’esercizio senza
maschera),

un debito di ossigeno periferico derivante dalla traversata di superficie
di per sè relativamente pesante, che anziché essere pagato veniva
ulteriormente aggravato da un esercizio di apnea in profondità, ancora dal
freddo , ed ancora dalla fase di ritorno in superficie ed uscita dall’acqua
attrezzati. Bisogna tener conto che se è vero che buona parte
dell’immersione si svolgeva con relativamente scarso lavoro muscolare ( fasi
degli esercizi) è altresì vero che altre fasi richiedevano un impegno fisico
nettamente superiore ( traslazioni di superficie) con punte di elevato lavoro
muscolare eseguite per lo più in condizione di apnea sotto sforzo come la
fase di uscita dall’acqua attrezzati ( peso medio di una attrezzatura: 35kg )
con raggiungimento della riva camminando con acqua al ginocchio su fondo
per lo più sconnesso e viscido. Tutto questo tra l’altro testimoniato sia a
livello del mare che in quota dalle frequenza cardiache piuttosto elevate
anche nelle registrazioni “ a riposo”.

dalla una ventilazione meno efficace con ARA, resa più difficoltosa
dall’aumento della densità dell’aria, dall’aumento dello spazio morto
richiesto dall’erogatore, dalla costrizione laringea per il colletto elastico delle
37
mute stagne) e più rapida ( aumento di richiesta metabolica per il freddo e
stress psicologico di ansia da prestazione).
Ne potrebbe derivare che la sommatoria di microeffetti multipli (seppur
inapparenti valutati singolarmente ) possano aver condotto a brevi periodi di
temporanea insufficienza funzionale dell’ efficacia di pompa cardiaca tale da
giustificare il seppur minimo incremento di proBNP ed ormone attivo (fatte
salve le giustificazioni alla metodologia di cui sopra), in accordo a quanto
sostenuto dai già menzionati
Konig, Mair
e Gempp (26)(39)(23).
E’
rimarchevole notare che, come già detto, ognuno dei soggetti indagati risulti
annualmente abilitato allo sport subacqueo specie in virtù di un normale
riscontro all’ECG da sforzo, che seppure globalmente più intenso subisce un
incremento graduale e non porta ad un pari stress il SNA o altri organi ed
apparati. Seppur non quantificabile in quanto soggettiva, risultava palese per
tutti i componenti ( come per altre precedenti immersioni lavorative in quota )
una sensazione post-immersione di spossatezza decisamente superiore a quella
conseguente ad una prova al cicloergometro che ci pare quindi più indicativo
nella valutazione dell’atleta di superficie.
ANALISI DELLA VARIABILITA’ DELLA FREQUENZA CARDIACA
Il paragone tra la risposta di un organismo ad una immersione in alta quota vs.
analoga al mare può essere effettuato attraverso l’analisi delle variazioni di equilibrio
simpato-vagale durante fasi diverse delle immersione valutando le reciproche influenze
tra sistema simpatico e parasimpatico sulla modulazione della frequenza cardiaca.
Ciò è possibile mediante l’analisi della variabilità della frequenza cardiaca, ottenuta
dalle registrazioni Holter, sia nel dominio del tempo (valori medi e deviazione standard)
sia nel dominio delle frequenza (analisi spettrale con valutazione della potenza totale e
delle varie bande, LF ed HF) .
E’ noto che la frequenza cardiaca può variare in modo altamente significativo tra
riposo ed esercizio fisico (6)(44), così pure tra uno stato di tranquillità ed uno stato di
stress mentale. Più interessante è invece il fatto che anche in condizioni basali stabili,
38
come ad esempio in posizione supina a riposo, è evidenziabile un certo grado di
variabilità della frequenza cardiaca.
L'esistenza di queste variazioni dell'intervallo R-R, e più precisamente di quelle che
si realizzano durante la respirazione, è nota già dai tempi di Galeno, che ne faceva un
indice di buona salute dell'apparato cardiovascolare. Si deve a Mayer la prima
descrizione precisa della variabilità della frequenza cardiaca; questo ricercatore
identificò due ordini di oscillazioni nella registrazione della pressione arteriosa di un
soggetto a riposo: oscillazioni rapide, sincrone con la frequenza respiratoria ed
oscillazioni più lente con periodo di circa 10 secondi.
Infatti l'attività cardiaca, anche quando appare stabile, presenta una durata dei
singoli cicli variabile, tant'è vero che, se si misurano gli intervalli tra due onde R
consecutive su un tracciato elettrocardiografico, questi risultano simili, ma non identici
tra loro. Se da queste sequenze viene sottratto il loro valore medio, si ottiene la
cosiddetta variabilità temporale, che in passato, a causa degli insufficienti mezzi di
indagine, era stata considerata rumore, e che ora si ritiene sia espressione della
complessa attività modulatrice del sistema nervoso autonomo. Quest'ultimo, dopo aver
elaborato ed integrato le informazioni afferenti, fondamentalmente, dai barorecettori e
dai chemocettori, è in grado, attraverso le vie efferenti, costituite da ortosimpatico e
parasimpatico, di influenzare la frequenza cardiaca (funzione cronotropa), la
contrattilità del miocardio (funzione inotropa), conduzione atrio-ventricolare (funzione
dromotropa) e di esercitare un'azione rilevante a livello della circolazione periferica,
inducendo importanti modificazioni del tono vasomotorio sia arterioso, sia venoso che
si traducono, rispettivamente, in variazioni della pressione arteriosa e del ritorno
venoso.
Attraverso metodiche di calcolo come l'analisi spettrale è stato possibile avere
un'idea più precisa della variabilità cardiovascolare. In particolare, in serie di tracciati
pressori ed elettrocardiografici sono state individuate, sia nel caso della pressione
arteriosa che della frequenza cardiaca, almeno due tipi si componenti oscillatorie.
Queste si mettono in evidenza con l'analisi spettrale sotto forma di picchi centrati su
diverse frequenze: la prima, che corrisponde al picco respiratorio ha un range di
frequenza compreso tra 0.15 e 0.45 Hz; la seconda è centrata intorno a 0.12 Hz. Sayers
nel 1973 e successivamente Chess e coll. nel 1975, attraverso l'analisi spettrale hanno
39
evidenziato la presenza di una terza componente oscillatoria, di origine e significato
tuttora sconosciuto, a frequenza molto bassa, con un picco compreso intorno agli 0.04
Hz.
Questi tre picchi sono stati successivamente denominati come: picco ad alta
frequenza o HF, picco a bassa frequenza o LF e picco a frequenza molto bassa o VLF .
Tali oscillazioni, in quanto espressione dell'attività del sistema nervoso autonomo,
possono essere impiegate per il controllo e la valutazione quantitativa dei meccanismi
nervosi del controllo cardiovascolare (37).
Per quanto riguarda il significato fisiologico e i meccanismi che regolano la
variabilità dei parametri cardiovascolari è stato ormai ampiamente dimostrato che il
picco ad alta frequenza (HF) del ritmo cardiaco è dovuto all'attività vagale, mentre ci
sono buone evidenze che il picco a bassa frequenza (LF) sia espressione sia dell'attività
dell'ortosimpatico sia del parasimpatico (1).
Nel presente studio in ogni fase del protocollo ( pre, 50%, 100% pressione max e
post) l’analisi è stato effettuata durante respiro controllato (a 0,25 Hz, i.e 15 atti/minuto)
per evitare che ritmi respiratori più lenti di 0,25 Hz creassero delle alterazioni dell’onda
per RSA, che secondo Kitney è responsabile di parte dell’attività nel range LF(33).
Il primo dato che emerge dalle nostre registrazioni è il rilievo costante di
tachicardia ( con una media di circa 110 b.p.m) in entrambe le sessioni di immersione
ed in tutte le fasi sia precedenti all’immersioni che successive: ciò può costituire un
problema in quanto, come è noto, una elevata frequenza di per sè riduce l’entità della
variabilità: non è stato possibile per il momento applicare algoritmi di correzione, e di
ciò va tenuto conto in questa analisi.
Nel loro complesso, le variazione delle componenti spettrali a livello del mare ed in
quota nelle varie fasi dell’immersione sono risultate sostanzialmente sovrapponibili.
In particolare a fronte di un’iniziale predominanza simpatica, nella prima fase
dell’immersione (50%), testimoniata dalla tachicardia relativa e dalla lieve riduzione
della componente HF, vagale, la registrazione ottenuta alla profondità massima
mostrava una bradicardizzazione rispetto al 50% ed al basale associata ad incremento
della potenza totale e della potenza in entrambe le bande (più marcata nella banda HF
rispetto a quella LF) ad indicare un recupero del tono vagale, probabilmente spinto dalla
prevalere del diving reflex sull’attivazione simpatica dovuta allo stress dell’immersione
40
ed al freddo. Questo effetto “vagale” si è mantenuto anche dopo l’immersione come
testimoniato dalla più bassa frequenza cardiaca e dalle potenze delle componenti
spettrali più elevate registrate nel “post” rispetto alla registrazione eseguita prima
dell’immersione nelle stesse identiche condizioni.
L’esposizione ad alta quota in condizioni di riposo induce attivazione simpatica.
Questo nel presente studio non è stato osservato, anzi al contrario, le registrazioni in
quota hanno mostrato una relativa minore predominanza simpatica (come suggerito da
SD e potenze spettrali “pre” più elevate e trend di FC meno tachicardico): questo può
essere spiegato dal fatto che le registrazioni effettuate sono state eseguite in condizioni
stabili , ma non di riposo, in quanto i soggetti erano in posizione ortostatica seduta, ma
vestiti con attrezzatura e bombole indossate e questo comporta, soprattutto a secco uno
sforzo isometrico non trascurabile che può “oscurare” l’incremento di attività simpatica
legato all’ambiente ipossico.
E’ difficile poter dire quale possa essere stata l’incidenza del freddo
sull’equilibrio autonomico in quanto è stato fatto uso di mute stagne di diverso tipo, il
che non concede una esatta taratura della temperatura effettiva agente sul corpo : ciò ha
una sua netta importanza in base a quanto riportato da Ulmer secondo cui va considerata
la neutralità termica dell’acqua in base all’attività svolta ( x es: 27° nel nuoto , 36° a
riposo) (57). E’ certo secondo esperienze riportate da Bonde-Petersen su immersioni
effettive in acque del Nord Europa che ne possa derivare un’incremento del sistema
simpatico (10). L’omogeneità del protocollo rispettata tra mare e montagna cerca di
ridurre al massimo il dubbio di Goldberger secondo cui il battito cardiaco registrato
potrebbe essere espressione di un ordine caotico e non omeostatico (25), per cui
l’immersione stessa potrebbe aumentare la complessità della frequenza cardiaca,
rendendolo assimilabile a rumore di disturbo e quindi non in grado di essere descritto
secondo i normali canoni. In effetti va tenuto presente che l’HRV non è referente solo
per l’azione del SNA ma anche per diversi altri fattori di complessità già presenti di
base come il filtraggio, algoritmo, età, sesso ed ora del giorno..
Si può cercare a questo punto una chiave di lettura per interpretare quanto sopra
nell’applicare i numeri alla evoluzione delle immersioni.
Nella fase pre : in quota la temperatura esterna è minore, la preparazione materiale
e logistica è stata più faticosa, si avverte nettamente l’eccezionalità dell’ ambiente e la
41
tensione per l’imminente esercizio ( che veniva svolto per la prima volta) per cui lo
stress globale è superiore: vi è già rilevanza nell’attività del sistema autonomo ,
classicamente più a carico della tonalità simpatica.
Al mare: la preparazione è risultata più agevole, l’accesso è migliore, l’ambiente
non presenta alcuna eccezionalità, l’esercizio è già conosciuto e l’ atmosfera globale più
distesa e rilassata: nonostante questo i valori di frequenza cardiaca sono risultati elevati
e si è osservata una variabilità della frequenza cardiaca sia nel dominio del tempo che
della frequenza più bassa rispetto all’alta quota (valgono le considerazioni fatte sopra).
50% della profondità massima : è l’unica fase in cui i valori sia in quota che al
mare si equivalgono per entrambe le branche del SNA: in effetti anche la situazione è
sovrapponibile sia come temperatura dell’acqua ( in quota siamo ancora sopra al
termoclino di
-12 mt) sia come attività fisica non eccessivamente faticosa per
raggiungere la postazione : in quota dopo la situazione descritta al pre- subentra la
maggior rilassatezza che deriva dall’azione diretta in attività sportiva già conosciuta;
l’attivazione simpatica ( ancora leggermente superiore ) indotta dallo sforzo fisico
risulta comunque inferiore a quella precedente, ed il lavoro muscolare stesso contrasta
efficacemente il freddo dell’acqua ( in entrambe le sessioni a questa quota reputiamo
che il freddo non abbia cominciato a dar segni di sé nell’ input simpatico, anche perché
l’esercizio senza maschera, in cui realmente incide la temperatura, è seguente alla fase
di respirazione controllata in cui si esegue il campionamento della frequenza ). In
entrambi i casi l’immersione ( prima head out e successivamente head –in) ha stimolato
la comparsa del diving reflex inducendo una bradicardizzazione relativa ( la frequenza
si mantiene comunque nettamente elevata) ed un globale incremento dell’ attività del
sistema vagale. Al mare il lavoro fisico induce una attivazione neurovegetativa globale
con modesta preponderanza simpatica analoga a quella del lago, ma che risulta già
superiore a quella della fase antecedente.
100% della profondità massima : a questa profondità emergono le vere differenze
negli stimoli ambientali: la pressione assoluta è più elevata in entrambi i casi ( > per il
mare di 0.3 Bar ca.) mentre la temperatura è nettamente più rigida in quota .
Il sistema parasimpatico ha incrementato la sua attività per ulteriore incremento del
diving reflex inducendo ulteriore relativa bradicardizzazione ma che non riesce a
controbattere completamente un elevato tono simpatico, il quale a sua volta ha elevato
42
il proprio livello e si rivela come componente principale : gli esercizi vengono eseguiti
da fermi e pur mancando l’attivazione da attività fisica, quella da freddo assume ruolo
preponderante diventando il drive per il simpatico ; va rilevato che in questa
registrazione molto probabilmente si avvertono ancora gli effetti dell’esercizio senza
maschera eseguito solo 4 minuti prima alla quota superiore in cui è stata riferita una
prepotente sensazione algida al volto sino a dare, specie negli ultimi 10” ( su 30”), una
effettiva sensazione di dolore acuto e quindi con stimolazione dei relativi recettori
dolorifici con elevato input neurosensoriale e risposta simpato-adrenergica .
Fase post: con il ritorno “alla normalità” assistiamo contestualmente ad una
riduzione della regolazione neurovegetativa globale, pur con le differenze tra mare e
montagna già espresse in precedenza a proposito delle frequenze cardiache e gli sforzi
muscolari all’uscita. Malgrado la riduzione relativa rispetto alla fase precedente, i valori
assoluti si mantengono comunque più elevati rispetto agli iniziali, legati probabilmente
agli effetti residui della quantità di lavoro fisico e psicologico appena terminato e
dell’insulto ambientale da freddo subito nelle ultime fasi dell’immersione.
Le considerazioni esposte suggeriscono che la bradicardizzazione relativa osservata sia
frutto di una maggiore attività vagale piuttosto che di una ridotta attività simpatica che,
anzi, ha mantenuto in entrambe le occasioni tutto il suo vigore a seguito delle varie
stimolazioni percepite, tale da mantenere comunque un elevata frequenza su tutte le
registrazioni (senza subire decondizionamenti cardiaci ). A tali conclusioni giunge
anche Yamazaki riferendole però a immersione in saturazione ad Heliox a 24 Aim(61) .
Troviamo accordo anche con Sagawa secondo cui la bradicardizzazione mediata dal
parasimpatico è legata all’incremento pressorio (49) , sebbene non vengano riferiti
ulteriori altri effetti sulla frequenza cardiaca oltre i 2 Bar (31). Parallele ai risultati di
questo studio anche le conclusioni di Schipke per il quale l’immersione in acque più
profonde, fredde e con scarsa visibilità , forse dopo una traversata difficoltosa in barca
( contro la nostra a nuoto di superficie attrezzati) può probabilmente attivare il sistema
simpatico e comunque aumentare la frequenza cardiaca (52). Secondo lo stesso Autore,
però, l’aumento di variabilità nel range LF è probabilmente anche dovuta ad una “fuga”
dell’RSA ( aritmia respiratoria sinusale) in questa banda a partire da quella HF (cosa
che nel nostro caso è stata evitata mantenendo la frequenza respiratoria fissa a 15br/’) e
ciò avviene precipuamente in immersione subacquea , imitando una aumentata attività
43
simpatica mentre una sconosciuta attività parasimpatica viene a coprire il buco lasciato
in HF dalla fuga dell’RSA, e comunque l’attività parasimpatica nel passaggio da
immersione superficiale a subacquea è indotta da alterazioni vasomotorie piuttosto che
dal diving reflex;
la sua osservazione
come nell’attività subacquea “controllata”
( piscina) si assista ad una pressoché parallelo aumento di entrambe le componenti LF e
HF sì da non alterare l’ equilibrio finale della bilancia del SNA (52) , avvalora le nostre
osservazioni sul campo: osserviamo però come ad ambiente diverso pur restando
pressappoco invariato l’equilibrio della bilancia, cambia invece il carico sostenuto dai
suoi piatti, con un aumento dei valori assoluti dell’attività autonomica in situazioni più
estreme.
Resta infine da valutare quanto dei risultati da noi ottenuti in montagna sia da
mettere in conto alla sola immersione e quanto possa essere indotto dalla quota, poiché
sia il sistema simpatico quanto il vagale vengono interessati nei primi giorni (1 solo per
noi) di adattamento cardiocircolatorio all’altitudine, ed in particolare l’aumento di
frequenza cardiaca sia imputabile ad un ipertono simpatico.(30) (46). In considerazione
del fatto che comunque non si sono osservate discrepanze macroscopiche nei risultati
ottenuti a livello del mare ed in quota, è verosimile che l’effetto della quota sia in realtà
poco rilevante nell’indurre le modificazioni neuro-oromonali osservate. Anche la
problematica inerente all’attività mentale, ed in particolare alla concentrazione sull’
attività da svolgere può incidere manifestamente sulla variabilità della frequenza
cardiaca attraverso cambi della frequenza respiratoria, sebbene l’analisi durante respiro
controllato dovrebbe ridurre l’incidenza dell’ errore indotto ( 7 ).
44
CONCLUSIONI
Ogni attività sportiva comporta inevitabilmente una variabile dose di stress,
dipendente a sua volta da diversi fattori di ordine psicologico, somatico ed ambientale e,
quanto più ci si addentra nell’ambito degli sport definiti “estremi”, tanto più
quest’ultimo fattore diventa importante.
L’immersione
subacquea,
ovviamente
per
sua
precipua
caratteristica,
è
probabilmente quello che più ne risente: è l’unico, infatti, in cui l’uomo non opera in un
ambiente aereo, consono alla sua natura. Quindi, malgrado l’esperienza e l’abitudine
alla pratica possano comportare importanti variazioni individuali, l’immersione viene
sempre registrata dall’organismo come una situazione eccezionale, sia in risposta alla
sensazione di allarme, sia in risposta agli stimoli oggettivi che l’ambiente esercita
sull’organismo stesso. Quando poi l’immersione viene eseguita in un ambiente ancor
più estremo quale un lago di alta quota, essa viene gravata da una ulteriore tara di
eccezionalità per cui viene vissuta e performata a livelli che richiedono un superiore
impegno all’organismo.
L’organismo stesso, inteso come insieme coordinato e
dinamico delle funzioni vitali, è tenuto quindi a dare una risposta adeguata alla
situazione contingente al fine di mantenere l’omeostasi.
I risultati di questo studio, esplicitati in fase di discussione, sono riusciti in parte a
quantificare il gap di superiore eccezionalità del lago di montagna rispetto al mare
indagando la risposta dei principali ormoni coinvolti nello stress e le variazioni
funzionali dell’equilibrio autonomico, ossia gli adattamenti difensivi che vengono messi
in opera per la difesa immediata dell’individuo.
La maggior parte di quanto ottenuto ha trovato conferma nell’opinione e nelle
esperienze sperimentali ed osservazionali di diversi Autori, sia nel campo
dell’immersione fine a se stessa, sia specificamente riferita all’alta quota o al mare.
I dati emersi sono analizzabili sia nella chiave principale dello studio “interimmersione”, ossia di confronto diretto tra immersione in mare ed in alta quota, sia in
chiave secondaria definibile come “intra-immersione”, ossia delle variazioni indotte
nella singola immersione per uno specifico ambiente.
L’indirizzo preciso nel cercare di uniformare al massimo le condizioni tra le due
diverse sessioni (riduzione ma non annullamento del divario di temperatura,
mantenimento delle quote di profondità, pari procedure operative e carico di lavoro
45
muscolare) se da un lato può sembrare controproducente in quanto ovviamente ha
portato ad un abbattimento dei valori differenziali, dall’altro invece ha ottenuto gli scopi
prefissi, offrendo una funzione di filtro da cui emergono in effetti solo le differenze
“pure”.
Alcuni dei valori ottenuti, sia nell’ambito endocrino che di analisi spettrale,
sottoposti a tale filtro hanno infatti denunciato variazioni che non superano il valore
minimo di significatività statistica di p<0.05 assunto come presupposto indispensabile
alla valutazione.
Ciononostante non si può non rilevare che in effetti variazioni ci sono state anche
per tali parametri, anche se più diluite dalla specificità biologica individuale e, quando
valutate nel loro complesso, assumono globalmente importanza e forniscono ulteriore
autorevolezza ai dati che possono invece fregiarsi di “significatività”.
Contribuiscono anche a rafforzare il proposito introduttivo di voler valutare la
risposta all’immersione in senso olistico ossia la sfera dell’individuo subacqueo
completa nelle sue componenti fisiche e psichiche che si contrappone ed interagisce con
la sfera ambientale omnicomprensiva.
Sulla ridotta significatività finale di alcuni parametri ha sicuramente inciso anche l’
eterogeneità dei partecipanti allo studio, in termini di età /abitudini di vita / parametri
fisici che con le loro individualità biologiche hanno sicuramente ampliato il range delle
deviazioni standard e quindi le variabili statistiche che ne derivano. E’ altresì vero che
proprio tale eterogeneità rende il campione più aderente alla realtà effettiva dei
sommozzatori, rispetto a campioni estratti in ambienti militari o sportivi con soggetti
estremamente più omogenei ma svincolati dal panorama subacqueo attuale.
Il risultato finale è che viene data conferma al presupposto di gap fisiologico a
seguito delle due immersioni, con un impegno organismico superiore a seguito di
immersione in quota.
L’analisi finale consente di enunciare quindi le considerazioni più notevoli emerse:
1) Il profilo di secrezione delle catecolamine nelle due immersioni vede un
aumento pre-post della NA sia in alta quota che al mare suggerendo che sia
l’immersione in quota che a livello del mare siano in grado di indurre una
marcata stimolazione dell’ormone.
46
2) Il comportamento “neutro” o con un trend non significativo in riduzione del
cortisolo osservato in entrambe le condizioni si presta a varie interpretazioni
funzionali : tale comportamento si manifesta in controtendenza a vari Autori
mentre viene supportato da altri, suggerendo che probabilmente proprio questa
sua “irregolarità” possa essere vista invece come “peculiarità” ed ulteriormente
indagata come un marker specifico per ogni tipologia di immersione e di
individuo. E’ netto invece l’incremento dei valori in quota rispetto al mare,
confermando il presupposto di maggiore stress globale.
3) Il comportamento dell’ANP è risultato quello atteso, ovvero un suo aumento
dopo immersione sia a livello del mare che in quota in relazione all’effetto del
blood shift che determina stretch atriale. Al contrario il comportamento dei
peptidi di tipo Brain è stato peculiare: infatti a fronte di valori di BNP stabili, si
è osservato un un aumento dell’ NT-proBNP. L’ulteriore dosaggio a carico del
proormone, proBNP, che è risultato aumentato post-immersione, suggerisce che
una quota di proormone possa passare in circolo a seguito di una situazione di
stress funzionale cardiaco e che parte di esso ( per un cross-match analitico)
venga messo in conto all’NT-proBNP, il cui dosaggio risulta quindi costituito da
NT+ proBNPintegro. Il motivo dell’incremento, significativo seppur minimo, di
un ormone che notoriamente si eleva in caso di patologie cardiovascolari, può
essere
ricondotto
all’elevato
sovraccarico
funzionale
cardiocircolatorio
temporaneo richiesto dall’immersione, per cui il peptide svolge una azione di
soccorso di “secondo livello” per il perdurare di una intensa azione di strain
sulla parete miocardica in diverse fasi dell’immersione.
4) L’analisi spettrale della variabilità della frequenza cardiaca indica che l’attività
sia del sistema simpatico che del parasimpatico sono sempre aumentate in
immersione, mantenendo discretamente l’equilibrio tra di essi . Malgrado la
preponderanza del simpatico sia pressoché costante ( mantenuta da freddo, sforzi,
emozione,) si riconosce dietro di esso la fluttuazione del sistema vagale che
assume un incremento relativo in immersione a seguito del diving reflex ,
modulando in senso bradicardico una frequenza che si mantiene comunque
sempre alta, e che tale fluttuazione vagale è lievemente più sensibile
nell’immersione in quota.
47
Da tali conclusioni si evince e si ha conferma di quale sia l’importanza
dell’ambiente di immersione e di quali effetti diversi possa richiedere ed allo stesso
tempo indurre all’organismo, e della parallela importanza e parimenti diversi effetti
vi siano nella percezione che il sommozzatore ha della immersione stessa e quindi
dell’impegno emozionale ed intellettivo che in essa profonde .
La risposta dei vari parametri valutati sottolinea quale incidenza possa avere
l’effetto del freddo globalmente inteso, e più in particolare
l’ impatto
sull’organismo anche per differenze di pochi gradi di temperatura come da noi
ricercata nella realizzazione delle due sessioni.
Emerge dal presente studio oltre al contributo che si è voluto apportare alle
conoscenze in questo campo ancora troppo inesplorato, anche una speculazione di
ordine pratico, inerente l’opportunità per chi si accinge ad affrontare immersioni in
alta quota o comunque in ambienti subacquei non comuni di sottoporsi
preventivamente a visita medica e indagini strumentali più accurate e specifiche
ponendo particolare accento all’analisi dell’ assetto autonomico, con particolare
riferimento al “cold pressor test” o analoghi.
Il presente lavoro, se da una parte ha fornito ragguagli di vario interesse su
aspetti fisiologici ancora poco conosciuti della risposta all’ immersione, e
specificamente a quella in laghi montani d’alta quota, d’altra parte apre la strada ad
ulteriori interrogativi che meritano ampiamente di essere studiati ed approfonditi
con indagini sul campo.
48
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53
54
APPENDICE:
Tab. IV
H
Hp
Ho
CFA
CDP
C1
C2
Qr
Qf
HAD
Vr
Pr
Ha
Ham
Hao
Ip
C3
Pf
Pe
Td
Tf
T1
T2
T3
Tc
Tdec
Tr
Vd
Tt
C4
LAGO NIVOLET MINORE
PROGRAMMAZIONE TEORICA IMMERSIONE
PARAMETRI LOCALI
pressione atmosferica al lagoNivolet
pressione atmosferica a 300mt slm
pressione atmosferica a 0 mt (l.m.)
coeff.fittizio di altitudine ( Ho/H)
coeff. diminuita pressione ( Hp/H)
PARAMETRI COSTANTI
tempo tra arrivo ed inizio immersione
coeff.C di partenza da 300 mt slm
coeff.C di arrivo a quota 2550
quote decompressione reali
quote decompressione fittizie [ Qr*(H/Ho) ]
pressione assoluta alle quote deco [H+(Qf/10)]
velocità di risalita ( 10/ CFA)
CALCOLI
profondità max di immersione
pressione assoluta in quota [ H+(Pr/10)]
pressione assoluta media [ H+ (Pr/2 /10)
pressione assoluta al mare [ Ho+(Pr/10)]
indice di pericolosità [Ha/H]
coeff C pre-immersione (teor. invariato da C2)
profondità teorica per calcoli [ Pr*(CFA]
profondità corrisp. da tab.USNavy
prof.equivalente ( quota mare con Hao= Ha)
tempo discesa [Qr/Vd]
Tempo di fondo
tempo reale di immersione [ Td+ Tf ]
maggiorazione tempo per immersione
maggiorazione tempo per Vr=18 7.06 m/’
tempo corretto per tabella (T1+T2+T3)
tempo corretto arrotondato per tabelle
 imm FUORI curva di sicurezza
decompressione
tempo di risalita [Pr/Vr]
velocità discesa
tempo totale di immersione [T1+Tr+Tdec]
coeff C postimmersione
Mt 2550
0.713 bar
0.977 bar
1.013
1,42
1.37
24 ore
1
1,4
-3; -6mt
- 2.2; -4.4 mt
1.06 bar
7,04 mt/min
-15mt
2,21 bar
1,463 bar
2,51 bar
3,06 = -20mt mare
1,37 = F
-21,3mt
-24 mt
-12,2 mt
1,5’
18’
19,5’
47’
2,14’
68,64’
70
23’ a –3mt
2,14’
10mt/’
40,36’ = 40’ 22” ca
M
55
56
RINGRAZIAMENTI
E’ mio dovere, oltrechè personale piacere, rivolgere un sentito ringraziamento a
quanti con la loro preziosa collaborazione hanno reso possibile la realizzazione di
questo lavoro:
o Dr. Claudio PASSINO – S.S.S.Anna- Ist. Fisiologia Clinica – CNR Pisa
per l’insostituibile azione di suggerimento, supporto, stimolo e critica
nel corso del lavoro e la revisione fattiva della stesura finale.
o “DIMENSIONE ACQUA DOLCE “ – Gruppo Subacqueo di Ricerca
Lacustre e Fluviale - Feletto ( TO) - per l’aiuto nell’organizzazione ed in
tutte le fasi sul campo oltre alla partecipazione diretta alle varie analisi
o Dr. Alberto
GIANNONI , sig.ra Claudia CIURLI e sig.ra Francesca
BRAMANTI - IFC – CNR Pisa, per la raccolta dati sul campo
o dr.ssa Concetta PORNTERA per i dosaggi ormonali
o Prof Aldo CLERICO per l'interpretazione dei dati ormonali.
o Dr.Ing Remo BEDINI - IFC CNR Pisa e Prof.Antonio L’ABBATE –
S.S.S.Anna- IFC CNR Pisa per la collaborazione in varie fasi di
realizzazione dell’ impresa .
o Direzione Ente “PARCO NAZIONALE GRAN PARADISO” – Torino,
per il permesso concesso all’immersione in acque protette.
o Rifugio “MILA” – Ceresole Reale ( TO) per l’ospitalità in montagna
o Diving “DIVENJOY” Capo Noli ( SV ) per l’ospitalità al mare
o “AIR LIQUIDE” - sede di Torino , per la fornitura del materiale
refrigerante
o …alla mia famiglia per la pazienza, il supporto e l’amore profusi durante
tutto il corso del Master…
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