Intervento del Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, On. Gianfranco Miccichè, tenuto il 27 febbraio 2004 a Portlaoise, in occasione dell’incontro informale dei Ministri per le Politiche di Coesione, nell’ambito della presidenza irlandese del Consiglio dell’Unione europea “La concentrazione geografica della politica di coesione” Grazie Signor Presidente, grazie Tom, intendo innanzitutto esprimere il vivo apprezzamento per il contenuto del III Rapporto sulla coesione economica e sociale presentato nei giorni scorsi dal Commissario Barnier. Il Rapporto riafferma la centralità della politica di coesione, coglie le opportunità dell’allargamento dell’Unione nel quadro degli obiettivi di Lisbona e Goteborg, e, nel delineare le linee di riforma della politica di coesione, recepisce alcune importanti indicazioni anticipate in Italia, nelle conclusioni della riunione dei Ministri delle Politiche di coesione dell’Unione, svoltasi a Roma lo scorso 20 ottobre. E’ noto che, sulla riforma dei fondi strutturali e delle politiche di coesione, esistono ancora, tra i nostri Paesi, divergenze di opinioni su alcuni punti, anche importanti e, quindi, non sottovaluto lo sforzo che dovremo compiere per trovare una intesa complessiva che ci permetta di giungere al negoziato con posizioni il più convergenti possibile. Credo pertanto che, proprio in tale prospettiva, si debba ringraziare il Commissario Barnier per avere raggiunto un risultato che, ritengo, risponda all’auspicio di tutti noi: quello di evidenziare la centralità delle politiche di coesione nella nuova Europa allargata. 1 Sulla centralità della politica di coesione ritengo altresì doveroso reagire all’intervento del Regno Unito, che mi ha preceduto, e che ha voluto toccare, anche se non previsto tra gli argomenti in discussione a questo tavolo, il tema delle prospettive finanziarie 2007/2013. La posizione inglese al riguardo, che qui è stata ribadita - e che si contrappone a quella della Commissione europea in quanto postula una riduzione del bilancio comunitario dall’1,24 all’1% del PIL dell’Unione – si muove, evidentemente, prescindendo a priori dalla portata, dagli effetti e dal valore aggiunto specifico delle varie rubriche di spesa del bilancio comunitario. Così formulata, la proposta inglese finisce per minare pressoché esclusivamente le prospettive delle politiche di coesione dell’Europa a 25/27 e questo non può essere condivisibile. Ritengo, viceversa, di dover ribadire e richiamare in questa sede il valore aggiunto fondamentale delle politiche di coesione anche come veicolo insostituibile, per tutti i Paesi, di regole comuni ed unificanti e, come tali, esse stesse strumento irrinunciabile di coesione. Se i costi del finanziamento del bilancio comunitario sono da ritenersi non sopportabili per alcuni Paesi dell’Unione, sarebbe utile che, insieme alla proposta di una riduzione del bilancio, si indicassero concretamente le rubriche di spesa su cui far ricadere i tagli. Si vuole comprimere la politica agricola? Si vuole ridimensionare le politiche interne ed esterne? Si vuole intervenire sulla coesione? In ogni caso sarà necessario discuterne senza l’aprioristico e acritico congelamento di nessuna delle rubriche di spesa. L’Italia è il terzo contribuente netto dell’Unione e non intende prescindere dalla qualità della spesa e dalla portata economica e sociale delle varie 2 rubriche rispetto all’obiettivo politico di costruire un’Europea effettivamente unita e competitiva rispetto al resto del mondo. D’altro canto, entrando nel merito di questa sessione e della necessità della concentrazione geografica delle risorse nella politica di coesione, che ne costituisce l’oggetto specifico, va rilevato innanzi tutto che la fase di forte compressione dei bilanci pubblici che attraversiamo in tutta Europa impone, comunque, di conseguire la massima efficacia e il più alto valore aggiunto nell’uso delle risorse comunitarie e nazionali, anche e soprattutto attraverso la loro concentrazione. In tale prospettiva, quindi, indipendentemente dalla quantità di risorse che sarà definitivamente accordata dagli Stati Membri alle Politiche di coesione, un punto fermo del futuro scenario dovrà essere proprio la concentrazione degli interventi nelle Regioni in cui maggiori sono le necessità di crescita e di coesione economica e sociale. L’Italia, a titolo della posizione che occupa tra i principali contribuenti netti al bilancio comunitario, considera fondamentale, al riguardo, il livello di attenzione da riservare ai profili legati all’efficacia della spesa e al valore aggiunto dalla stessa prodotto. Non è un mistero, inoltre, che l’Italia persegua e condivida fortemente la posizione di destinare gli interventi direttamente alle Regioni più svantaggiate dell’intera Unione allargata. Oggi, infatti, la Comunità sta dimostrando che uno dei maggiori risultati dello stare insieme consiste proprio nella condivisione di regole comuni a tutti gli Stati e nella attenzione da parte degli stessi Stati affinché tali regole siano rispettate da tutti. 3 L’Italia considera, ad esempio, cruciale e dirimente, tra le regole sull’uso dei Fondi Strutturali, quella che riguarda l’applicazione del principio di addizionalità dei fondi stessi rispetto alle risorse messe in campo a livello nazionale per il perseguimento delle stesse politiche. Se volete, consideriamo tale principio molto importante proprio perché in passato, in Italia, non ne è stata colta la portata dirompente e positiva e detto principio pertanto, non è stato applicato compiutamente ed efficacemente, al punto da farci rendere conto, a posteriori, oggi, di un’occasione perduta per il nostro Paese. Ciò premesso, l’Italia conferma la richiesta di concentrazione già esplicitata nel Memorandum presentato lo scorso anno, delle risorse da destinare alle Regioni in obiettivo 1 e in sostegno transitorio. La concentrazione geografica degli interventi, peraltro, assume rilievo anche nella impostazione del nuovo obiettivo 2, verso il quale il nostro Paese, come altri, nutre forte interesse e condivide la scelta di non prevedere limitazioni territoriali a priori, (per intenderci quella della cosiddetta “zonizzazione”), all’intervento comunitario. Una questione che, in particolare, oggi debbo sollevare, e sulla quale il mio Paese è certo che verrà trovata una soluzione soddisfacente, riguarda l’adeguatezza del pro capite finanziario attribuito. Per conseguire una idonea concentrazione geografica degli interventi in tutte le aree in ritardo di sviluppo, non è sufficiente selezionare e circoscrivere le Regioni destinatarie. E’ necessario anche garantire a “tutte” queste Regioni una adeguata attribuzione di risorse pro capite, che, nel rispetto del tetto del 4% del PIL, assicuri congruità ed equità di trattamento. 4 Il meccanismo oggi in vigore per fissare i valori pro-capite, viceversa, ha determinato forti sperequazioni fra le regioni obiettivo 1 dei vari Stati Membri. Differenze di trattamento che risultano difficili da capire, almeno per me. E’ mia abitudine di diffidare di ciò che non comprendo, in questo caso, purtroppo, continuo a non capire come sia possibile che Regioni con popolazione e reddito pro capite analogo ricevano un sostegno finanziario notevolmente divergente fra loro, addirittura, in qualche caso, con un rapporto di 1 a 2. In base alle attuali regole il mio Paese risulta, per via di questo strano meccanismo, fortemente penalizzato. Questa è una situazione che non potrà ripetersi nella futura programmazione. Paradossalmente, a rendere più beffarda la discriminazione subita vengono in soccorso persino le argomentazioni della stessa Commissione che nel terzo rapporto (per la precisione alla pag. 148 della versione inglese), ammette che: “le regioni che hanno ricevuto un più elevato sostegno pro capite hanno mostrato una tendenza a crescere di più e viceversa”. Ciò non di meno va precisato che, malgrado questa penalizzazione, il Mezzogiorno d’Italia è cresciuto comunque più del resto del Paese anche se, purtroppo , certamente, a livelli inferiori di quanto non avrebbe potuto se fossero stati applicati criteri più equi di sostegno pro capite. Credo che nessuno possa negare che, sino ad oggi, il contributo che l’Italia ha dato a questo tavolo è stato improntato ad un atteggiamento che non ha mai anteposto gli specifici interessi nazionali all’interesse generale di crescita collettiva. Ma, proprio per questo, il nostro Paese ha pieno titolo a pretendere equità e a chiedere, quindi, sull’argomento, una attenta riflessione da parte di tutti. 5 Signor Presidente, Signor Commissario, colleghi tutti, siamo giunti al momento cruciale, del “raccolto” che segue la lunga e faticosa “semina” che ci ha visti coinvolti tutti. Come dicevo in apertura del mio intervento, sono ancora evidenti alcune divergenze di opinione tra i nostri Paesi, ma spero che questa riunione così come le altre riunioni che seguiranno - tra i Ministri responsabili delle politiche di coesione, possano servire per trovare i giusti compromessi e consentire una gestione del negoziato tra coloro che hanno realmente a cuore le politiche di coesione, senza dare alibi a chi, trovando spazi tra le nostre possibili divisioni, ne approfitterebbe volentieri per rendere le politiche di coesione solo un facile boccone da usare come oggetto di scambio. Grazie. 6