contro la speculazione

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AFFOSSIAMO LA
SPECULAZIONE E TORNIAMO
ALL'ECONOMIA REALE
di Davide Reina - 4 Febbraio 2012
Per ogni dollaro di economia reale, ci sono quaranta dollari di finanza su
finanza. Una patologia del sistema economico, dove pochi si
arricchiscono a danno di moltissimi che s'impoveriscono. Eliminare la
speculazione si può, ma occorre un accordo politico a livello globale
s'impoveriscono, essa non aggiunge nessun valore al sistema economico. E la speculazione non
è utile nemmeno al funzionamento di un mercato perchè, se guardiamo al mercato (come
dovremmo fare ma non facciamo) come a un sistema che deve prima di tutto essere stabile e
resiliente, in modo tale da incentivare gli individui che lo animano ad investire nel futuro e nello
sviluppo, essa rappresenta un elemento perturbatore capace di generare veri e propri
terremoti finanziari, che lasciano gli investitori seri (cioè noi) letteralmente tramortiti in un angolo
a leccarsi le ferite. La conseguenza è la depressione economica che stiamo vivendo, in cui gli
investimenti del capitale sono schizofrenicamente divisi in due. Da una parte la bisca che si
assorbe tutto il capitale d'azzardo, dall'altra la povera economia reale letteralmente deprivata
dei soldi necessari per fare le cose, innovare, creare lavoro. Nel 2008 il PIL del mondo (vale a dire
l'economia reale fatta di lavoro e cose concrete) ammontava a circa 60 trilioni di dollari. Nello
stesso periodo la speculazione finanziaria fatta di derivati raggiungeva la cifra incredibile di 2.400
trilioni di dollari. Per ogni dollaro di economia reale, quaranta dollari di finanza su finanza: un
gigantesco capitale d'azzardo puntato sulla vorticosa roulette finanziaria globale. Una cifra
enorme che è ulteriormente aumentata nel 2011, che mai era stata raggiunta nella storia prima d'ora,
e che ci sta letteralmente soffocando.
E se la eliminassimo questa benedetta (maledetta) speculazione? E chi l'ha detto che non si possa
fare? Che succederebbe?
Incominciamo dalle banche. Certamente, le banche vedrebbero diminuire drasticamente il loro
ROI. Ma così facendo, questo ROI tornerebbe semplicemente al suo valore fisiologico. Quello
che le banche registravano quando facevano veramente le banche. E cioè, quando prestavano
il denaro all'economia reale per lavorare, innovare, fare sviluppo. Banche di questo tipo
diventerebbero immediatamente meno fragili rispetto a quelle attuali. Banche di questo tipo la
smetterebbero di usare i nostri depositi per speculare sul prezzo del rame o sul valore dell'oro sui
mercati internazionali, e tornerebbero invece a prestare i soldi ai nostri artigiani e piccoli
imprenditori. Il rischio si ricongiungerebbe al suo naturale compagno: la prudente (ma non ritrosa)
valutazione del finanziamento relativo ad azioni economiche concrete (aprire un nuovo
stabilimento, comprare macchinari, assumere personale). Avremmo messo in sicurezza il sistema
bancario semplicemente riportandolo al suo ruolo fisiologico, invece che creare tanti inutili
baluardi e ricapitalizzazioni che null'altro sono, se non doping patrimoniali fatti per permettere alla
macchina della speculazione finanziaria di correre sempre più forte, e in modo sempre più
spericolato, fino alla prossima rovinosa uscita di strada.
Quanto agli speculatori di professione, dovrebbero trovarsi un altro lavoro. Ma ricordiamoci
che stiamo parlando del futuro professionale di alcune migliaia di persone (in media piuttosto
ricche) che, con il loro magnifico (si fa per dire) lavoro, stanno impoverendo milioni di persone
(ad esempio quando hanno fatto esponenzialmente aumentare i prezzi delle materie prime nella
prima metà del 2011), o creando disoccupazione (perché, sottoponendo il sistema economico alle
scommesse sui default dei debiti degli stati, nella seconda metà del 2011, hanno costretto gli stati a
politiche draconiane e accelerate di rientro dei debiti pubblici, che porteranno l'Europa in recessione
nel 2012).
Mi pare, quindi, che il gioco di eliminare la speculazione varrebbe la candela, oltre che essere
sacrosanto dal punto di vista sociale. E poi, forse che non si sono sacrificati in Europa migliaia di
posti di lavoro in nome della supposta "competitività globale"?. Bene, sacrifichiamo allora i posti
di lavoro dei trader e dei gestori di hedge fund in nome di un sistema economico più stabile, e
per difendere i nostri posti di lavoro.
E qui finiscono le supposte conseguenze "negative" che verrebbero sventolate, come delle
bandierine, dai difensori dello status quo del turbo-capitalismo finanziario.
Passiamo a noi, all'economia reale. Che succederebbe? Beh, prima di tutto il denaro tornerebbe a
essere disponibile per fare cose come aprire un castelletto finanziario, ottenere un fido per
acquistare nuovi macchinari, finanziare l'avvio di attività imprenditoriali da parte dei giovani.
Insomma, la smetteremmo di vivere la situazione paradossale in cui ci troviamo, dove tutte queste
cose sono di fatto impossibili se non fornendo garanzie reali a copertura del 100% del prestito
richiesto. Per non dire poi che, se ci rechiamo presso la filiale della nostra banca per ritirare alcune
migliaia di euro in contanti, ci sentiamo rispondere che occorre prenotare il denaro qualche
giorno prima, per poterlo ritirare. E perché? Perché la nostra banca non ne dispone. Il denaro non
è più nelle nostre filiali (dove l'abbiamo depositato!), affacciate sulle strade e vicino a chi produce,
innova, lavora. Il denaro è lontano, lassù, in quella sorta d'iperspazio finanziario che, ogni tanto, fa
precipitare un meteorite sulle nostre teste, danneggiando le nostre vite, quelle si reali, di tutti i
giorni. Se abolissimo la speculazione, vietando l'uso scriteriato degli strumenti derivati che la
rendono possibile con dimensioni e velocità mai conosciute prima nella storia economica, tutta
questa bisca priva di senso finirebbe. E il capitale sarebbe di nuovo costretto a fare il suo sano,
faticoso lavoro, che è quello di essere impiegato in modo parcellizzato per finanziarie le decine
di migliaia d'iniziative produttive, imprenditoriali, professionali, che ogni giorno costruiscono
realmente l'economia, sana, di un paese.
E infine: se anche solo una minima parte della gigantesca quantità di denaro che si è in questi ultimi
vent'anni impiegata per puntare nella bisca, fosse stata invece utilizzata per finanziare progetti di
ricerca, l'innovazione tecnologica, le energie rinnovabili, quanti posti di lavoro in più, quanta
ricchezza reale in più, quanto benessere in più si sarebbero potuti creare?. Di preciso non lo
sappiamo, ma certamente moltissimi. Questo è il punto fondamentale: eliminare la speculazione
converrebbe non solo perché si renderebbe più robusto e sicuro il sistema economico, non solo
perché si smetterebbe di deprivare del denaro le famiglie e il lavoro produttivo, ma anche perché in
questo modo il capitale ritornerebbe a essere un alleato prezioso dello sviluppo sano, produttivo,
innovativo e creatore di posti di lavoro, senza il quale non si va da nessuna parte.
E allora, perché non si fa? Perché non si elimina questo capitale d'azzardo che sta attentando alla
salute dell'economia reale, che negli ultimi tre anni ha creato povertà in Europa e negli Stati Uniti, e
che di questo passo entro il 2013 potrebbe provocare una nuova catastrofe finanziaria (dopo quella
già avvenuta nel 2008,) tale per portata da fare impallidire quella del 1929?
Purtroppo non si fa nulla perché prevalgono il tatticismo, la real politik puramente
opportunistica, la considerazione continua degli interessi (quelli forti) costituiti da parte delle
grandi banche internazionali. Non solo, questi interessi ispirando la politica, si sta formando un
conventional wisdom secondo il quale la soluzione alla speculazione eccessiva risiederebbe nel
tassare le transazioni finanziarie. Una soluzione che peggiorerebbe il problema della speculazione e
che si tradurrebbe in un aumento del rischio sistemico. Perché le banche d'investimento e gli hedge
funds a quel punto, non farebbero altro che includere il peso della tassa all'interno dei loro obiettivi
di ROI e, per non mancarli, finirebbero per aumentare le prese di rischio o per inventarsi strumenti
finanziari ancora più aggressivi e pericolosi. La soluzione risiede, invece, nel cambiamento del
sistema. In pratica, nella definizione di un accordo politico a livello globale che preveda un
percorso di rientro inesorabile, e rapido, della leva finanziaria di tipo speculativo. Come si
potrebbe fare? Occorrerebbe in primo luogo aumentare i livelli di garanzia a copertura dei derivati
e, in secondo luogo, vietare la possibilità di speculare su eventi futuri dissociati dalle prese di
rischio. In altre parole, nessuno dovrebbe potere più acquistare uno strumento di copertura contro il
rischio di fallimento di uno stato, se non sarà in grado di provare il contestuale possesso di
obbligazioni di quel medesimo stato. Infine, bisognerebbe rendere accessibili gli strumenti
speculativi unicamente a coloro che ne abbiano la reale necessità, per la copertura del rischio
derivante dalla loro attività economica concreta. Il che significherebbe, in pratica, riportare gli
strumenti derivati indietro nel tempo fino al loro uso sano e fisiologico, quando furono creati
per la prima volta nel XVII secolo, dalle grandi compagnie mercantili olandesi. A quel tempo, i
mercanti che importavano le spezie e le materie prime da tutto il mondo fino al porto di Amsterdam,
non potevano certo permettersi che oscillazioni impreviste nel prezzo di quelle spezie e materie
prime li rovinassero. Di conseguenza, s'inventarono i primi strumenti di copertura da questo tipo di
rischio. Questa è la ragione storica che giustifica l'esistenza di questi strumenti: economia reale.
Nient'altro. Bene, ritorniamo all'antico. E soltanto a coloro che, data l'attività d'impresa ne abbiano
veramente bisogno, sia consentito l'uso di tali strumenti. Diversamente, no. Questo è sano. Il resto
(vale a dire quello che accade oggi sui mercati finanziari) è gioco d'azzardo legalizzato, e ben più
pericoloso di quello che si fa nei Casinò.
Certo, questi provvedimenti richiederebbero un'azione politico-economica concertata a livello
internazionale. E se quest'azione non si realizzasse? Basta notare come siano stati sufficienti alcuni
giorni di "sereno" sui mercati finanziari, per fare velocemente rientrare il dibattito a livello EU, in
merito ad eventuali provvedimenti di regolamentazione e ridimensionamento della speculazione.
Di fronte ad uno scenario di questo tipo, noi cittadini non siamo comunque del tutto impotenti.
Infatti, i famosi 40 dollari di speculazione finanziaria hanno bisogno del nostro dollaro per potersi
innescare. E allora noi togliamoglielo da sotto i piedi. Ricordiamoci, che i prestatori di prima
istanza della speculazione siamo noi, quando depositiamo i nostri risparmi in banca. Di
conseguenza, dovremmo adottare la buona abitudine di richiedere alla nostra banca di
illustrarci come impiega i depositi. E se notassimo che tra i suoi investimenti c'è della
speculazione finanza su finanza allora, beh, potremmo sempre ritirare i nostri soldi e andare a
depositarli presso un'altra banca. Diamo il nostro dollaro di lavoro vero a banche le quali lo
prestino ad altri che, come noi, producono cose vere. In attesa che la politica internazionale, in
perenne e ormai ingiustificato ritardo, faccia il proprio dovere, incominciamo a non dare più il
nostro denaro, realizzato con il sudore della fronte, alla bisca. Pretendiamo, in una sorta di classaction dell'economia reale contro la speculazione finanziaria, che le banche certifichino lo 0% di
partecipazione alla bisca. E' una buona battaglia da combattere, per il nostro presente e per il
nostro futuro.
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