LAW AND THE HUMANITIES

Direttore
Vittorio Capuzza
Pietro Pellegrino
Fundamentum iuris
Natura, parola, relazione
Capitoli di filosofia del diritto
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: febbraio 
Ad Alessandro Argiroffi
In memoriam
Indice

Introduzione

Capitolo I
Principio, fondamento, cominciamento

Capitolo II
Fondamento come nascondimento

Capitolo III
Fondamento e verità

Capitolo IV
Diritto e Paideia

Capitolo V
Voci di diritto

Capitolo VI
Uomo, persona, relazione, limite

Capitolo VII
Perdita del centro

Capitolo VIII
Verità della natura e del suo ordine

Capitolo IX
Regolarità naturale e convergenze universali antropologiche e giuridiche

Capitolo X
Fundamentum iuris

Introduzione
Ecco il terzo corso di lezioni, anzi di percorsi, che presento, dopo il lusinghiero successo dei primi due, all’attenzione dei cultori di filosofia del diritto
e delle persone curiose e colte in genere.
Ho avvertito, nel pensare e scrivere ciascuno degli interventi che compongono il volume, l’esigenza, dopo essermi soffermato in passato su temi
di postmodernismo giuridico, di scavare ancora, di indagare a fondo, o di
provare a farlo, in questi tempi di crisi indiscutibile, alla ricerca della radice
prima, della scaturigine intima, di ciò che ancora chiamiamo “diritto”.
L’istanza è complessa, e naturalmente non posso minimamente garantire
di avere trovato la risposta o le risposte, se di definitive mai ve ne siano.
Dei libri che ho scritto questo è, ovviamente, quello più teoreticamente
impegnativo.
Talvolta il tecnicismo ha preso la mano e me ne scuso, perché il target
dei lettori cui ho pensato è costituito comunque da studenti universitari, più
che da studiosi già formati.
Magari, ecco, studenti un po’ più curiosi della media. . .
A differenza delle mie due precedenti raccolte di lezioni, questo corso,
pur pensato per le aule accademiche, non ha ancora avuto il battesimo della
divulgazione ai discenti.
Per questo, a tratti, il tono potrà risultare meno colloquiale e discorsivo
del solito.
Ciascuno dei dieci percorsi (o, più tradizionalmente, capitoli) di cui si
compone la silloge — due o tre dei quali, in realtà, vere e proprie piccole
monografie — è autoconclusivo e leggibile autonomamente.
Questo ha comportato che talvolta vi sia qualche marginale ripetizione tra
un capitoletto e l’altro, a esclusivo vantaggio della completezza espositiva.
In ogni caso, naturalmente, sarebbe auspicabile seguire l’ordine numerico delle lezioni.
Come al solito ho cercato di curare l’apparato delle note a piè di pagina
in modo da renderlo completo e dettagliato.
In realtà si tratta di un libro nel libro.
Personalmente non ne trascurerei affatto la lettura, visto il numero e la
qualità, almeno così auspico, delle informazioni che possono ricavarsene.
Per alcune osservazioni di letteratura latina e greca mi ha aiutato — pur
essendo solo mia la responsabilità del testo, dell’esposizione, dell’imposta

Fundamentum iuris
zione concettuale e dei giudizi — la salda dottrina della mia grande amica
Paola Mirella Giacalone, professore ordinario nei licei e classicista di livello
assoluto.
La ringrazio con molto affetto.
Molte pagine di questo libro le ho discusse negli anni, al telefono, per
email, nel suo studio privato, all’università, al ristorante, col mio straordinario, compianto Maestro e amico Alessandro Argiroffi (–), filosofo
vero e profondo, ma soprattutto uomo gentile, buono e autenticamente
disponibile.
Il Signore, nell’imperscrutabile saggezza del proprio progetto, raccogliendo l’invito pressante dei pensatori santi, Agostino e Tommaso, ha voluto
chiamarlo prematuramente a sé.
Forse in Cielo si era liberata una cattedra di Filosofia. . .
Le mie modeste pagine non ambiscono certo a colmare il vuoto abissale
della sua grave perdita.
Possano tuttavia perpetuarne almeno il grande, meritato ricordo terreno.
Ciao Alessandro. . .
Capitolo I
Principio, fondamento, cominciamento
Presagi archeo–logici in materia giuridica
La necessità di indagare il principio che governi l’ordine e l’andamento
degli eventi giuridici, in quanto piattaforma di verità da cui si irradiano
tutti i discorsi del relativo sapere, è un tratto che non può non essere
decisivo nella storia teoretica dell’intera speculazione sul diritto, dal suo
ancestrale inizio storico ad oggi , pur nell’eclettismo delle sue molteplici
sfaccettature.
Come ammoniva il grande e indimenticato Enrico Opocher (–),
il compito fondamentale della filosofia del diritto è cogliere il riflesso dell’intera vita della coscienza umana nell’immediata fenomenologia dell’esperienza giuridica con tutta la sua problematicità, aiutando in tal modo le
generazioni in formazione a capire che il valere del diritto come valore e
quindi la possibilità di intenderlo come oggetto di riflessione, vanno essen. Notava lucidamente, in proposito, Martin Heidegger come: “Ogni grande cosa può avere
solo un grande inizio e il suo inizio è sempre la cosa più importante”; cfr. M H,
Einführung in die Metaphysik, Max Niemeyer Verlag, Tubingen  (cfr. M H, Introduzione alla metafisica, trad. it., di Giuseppe Masi e presentazione di Gianni Vattimo, Mursia,
Milano ). Difficile non concordare con le parole del pensatore tedesco. La chiarezza sull’inizio
teoretico di ogni forma di pensiero — anche del pensiero giuridico — rende o renderebbe privi di
senso e di costrutto molti fraintendimenti speculativi. Il presagio del cominciamento, quest’ultimo
inteso come necessaria assenza di un ulteriore presupposto dialettico e/o cronologico, in Italia,
da molti anni ormai, costituisce il principale filone della profonda riflessione di Massimo Cacciari
(n. ), autore di livello europeo assoluto. L’Inizio, l’Origine, ciò che prospetta scaturigine al
tutto, può, per il filosofo veneziano, ove rettamente ipostatizzato/a, condizionare l’inevitabile
contraddittorietà degli enti e del loro esserci. Il cominciamento, se rettamente pensato, li riporta,
o comunque prova a farlo, al logos unificante dell’elemento primo: là dove metafisica, teologia,
morale e naturalmente anche diritto sono destinati ad incontrarsi nella dimensione pre–eziologica
dell’inizio teoretico di ogni pensiero o cosa, dove l’identità e la differenza possono finalmente
coesistere nella Gloria del Principio e il dispiegarsi della gioia presta ossequio alla verità dell’Essere,
dimensione libera dal contrasto con la solitudine della terra, ma anche sentiero della notte dove
ancora vagano errabondi i mortali. Nella nostra materia, più specificamente, ha dedicato, nel solco
di ricerca della grande scuola filosofico–giuridica patavina che fu dei compianti Enrico Opocher
(–), Ruggero Meneghelli (–) e Francesco Gentile (–), pagine magnifiche
all’individuazione dei canoni speculativi della nascita del pensiero giuridico fondativo, M
M in Ordo Iuris. La nascita del pensiero sistematico, FrancoAngeli, Milano .


Fundamentum iuris
zialmente colti nella sua irriducibilità alla mera esteriorità normativa e nella
conseguente inevitabilità del riferimento all’esistenza di un fondamento .
Ogni filosofia è, in sé, del resto, un discorso che verte sull’originario .
Nel I libro della Metafisica di Aristotele (/– a. C.) è detto con precisione invidiabile che “tutti ritengono che la cosiddetta sapienza concerna
le cause prime ed i principi” .
In tutta la propria evoluzione storica la filosofia in quanto conoscere
epistemico, è stata ligia all’indicazione aristotelica, costituendo il sapere
teoretico come sapere dell’origine, intesa quest’ultima come ciò che si situa
prima, nell’ordine dello spazio, del tempo, della conoscenza diffusa.
Lo stesso Immanuel Kant (–) menziona come degna di attenzione la disposizione innata, naturale (Naturanlage), dell’uomo alla metafisica,
l’avvertita necessità, cioè, di dare risposta a determinati interrogativi che
direttamente provengono dalla natura della ragione umana universale (aus
der Natur der allgemeinen Menschenvernunft) .
. Cfr. E O, Filosofia del diritto, in Enciclopedia del diritto, vol. XVII, Giuffrè, Milano
, specialmente p.  e ss.
. In fondo, come con definitiva chiarezza ha detto Massimo Cacciari, ogni discorso filosofico–metafisico, ogni ricerca basica, porta in sé la traccia di questa tensione, e la porta proprio là dove
affronta il suo problema, la sua aporia costitutiva, cioè che l’ente è, che nella sua singolare identità
mai coincide con le determinazioni che il logos ne predica e che la sua sostanza non può disvelarsi
nella finitezza del suo apparire. Ogni ricerca del fondamento deve basarsi su questa diffidenza. Non si
mira, cioè alla differenza tra essere ed essente, ma alla differenza immanente alla realtà dello stesso
essente, e in particolare proprio di quello straordinario essente che ha corpo e mente ed è persona,
dunque è, in sé, fundamentum iuris. Oltre l’esercizio sempre più vacuo delle decostruzioni, oltre
gli astratti specialismi, oltre le accademie e le scuole, oltre tutti i riduzionismi positivistici, sarà a
tale problema, eterno aporoúmenon, che occorrerà far ritorno, per svilupparlo ancora una volta; cfr.
M C, Labirinto filosofico, Adelphi, Milano , passim.
. Il sostantivo la “metafisica”, condensa in una sola parola una locuzione greca che ne comporta
ben tre: meta ta physika. Ta meta ta physika è prima di tutto un titolo. Il titolo cioè di un insieme di
trattati di Aristotele. L’indicazione sicuramente non è del filosofo stesso. Essa apparve per la prima
volta nel I secolo avanti Cristo, in un testo di Nicola Damasceno — un giovane studioso vicino alla
scuola del contemporaneo Andronico di Rodi — che oggi abbiamo solo in siriaco e nel quale ciò che
ora decliniamo come metafisica risultava tradotto da quell’antica lingua semitica letteralmente con la
perifrasi oltre la natura (d–batar kyanayata), quasi a significare, sin dalle origini, l’aspirazione della
nuova disciplina ad indagare oltre la fisicità dei fenomeni naturali, in ossequio all’ansia conoscitiva
profonda dell’uomo; cfr. R B, Ancore nel cielo. L’infrastruttura metafisica, Vita e Pensiero,
Milano , p. . Si dilunga molto sull’origine e la paternità del termine metafisica, segnalando le
diverse tesi filologiche sulla sua origine e sulla sua primogenitura letteraria, anche Christian Ferraro
in Appunti di metafisica, Lateran University Press, Roma , p. .
. A, Metafisica, Libro I,  b, –.
. I K, Kritik der reinen Vernunft, Introduzione, VI, B – (trad. it., Critica della
ragion pura, Laterza, Roma–Bari , p. ). Arthur Schopenhauer (–), che si professava in
larghissima misura un discepolo di Kant, definiva l’uomo come animale metafisico; cfr. A
S, Die Welt als Wille und Vorstellung, t. II, II, cap. XVII, in Samtliche Werke, Wissenschaftliche Burgesellschaft, Darmstadt , p.  (trad. it., Supplementi a Il mondo come volontà e
rappresentazione, Laterza, Roma–Bari , p. ). La formula venne giudicata come particolarmente
interessante. Essa riprendeva la definizione tradizionale di uomo come animale razionale (zoon logon
. Principio, fondamento, cominciamento

La filosofia, insomma, cerca — deve farlo — il principio, come inizio,
come fondamento, come archetipo , come primum cognitum, secondo la
terminologia di Tommaso d’Aquino (–).
Solo per esigenza di precisione metodologica, prima di andare avanti è
doveroso pertanto sottolineare come con il termine fondamento si convenga
di indicare quel particolare atteggiamento della riflessione e della coscienza
che ove riferito, come in genere avviene, ai fatti dell’esperienza umana
calata nel reale, risponda alla domanda, appunto, su quali siano il senso ed il
principio costitutivo di essa.
Naturalmente, per estensione, con l’espressione fondamento del diritto — che sarà il portolano di tutte le divagazioni di questi nostri percorsi
divulgativi — si designerà, ove mai sia possibile averne una, la risposta all’interrogativo che sempre quel particolare atteggiamento della coscienza vuole
porsi e che dunque verte su quale sia il senso ed il principio costitutivo dell’esperienza giuridica , quale sia, in altre parole, l’idea che abbia dato avvio
alla vita intellettiva applicata al diritto e alla riflessione su di esso, accompagnando tutte le rappresentazioni intellettuali dell’esperienza e del vissuto
della giuridicità stessa in sé e garantendo in modo definitivo e inattaccabile
l’inserimento attivo della coscienza nella realtà effettiva ordinamentale.
È e sarà una continua ricognizione, affascinante e impegnativa, resa
talvolta sfuggente dal fatto che non sempre e non volentieri il principio
speculativo basico di una disciplina — e del diritto in ispecie — si offre
docile all’apertura di senso.
In questi casi ogni ermeneuta può ovviamente decidere di fermarsi, di
non approcciare un sentiero irto di difficoltà.
echon), ma non senza perfezionarla, con la precisazione che il possesso del logos — o almeno lo sforzo
di detto possesso — non è altro e niente di meno che la possibilità di fare metafisica. Una breve, ma
densa e interessantissima esposizione di queste problematiche, in altre parole una vera affascinante
introduzione alla metafisica si deve oggi a R B, Ancore nel cielo. L’infrastruttura metafisica,
Vita e Pensiero, Milano . Remi Brague (n. ), docente di diritto e filosofia araba alla Sorbona e
di filosofia teoretica all’Università Ludwig–Maximilians di Monaco di Baviera, nonché esponente di
spicco della nouvelle vague della speculazione francese è alquanto noto anche in Italia. A lui si deve il
denso volume di molti anni fa intitolato Europe, la voie romaine del  (trad. it., R B, Il futuro
dell’Occidente. Nel modello romano la salvezza dell’Europa, Rusconi, Milano ), che ha esplicitamente
teorizzato la plausibilità di una possibile ri–moralizzazione del decadente contesto dell’Occidente
europeo solo guardando alla tradizione politico–giuridica di Roma antica, considerata dall’autore
— che coglie la perdurante influenza di simbologie romanistiche nella cultura giuridica europea di
derivazione codicistico–napoleonica — di livello assolutamente straordinario.
. Cfr. S N, Il linguaggio della verità. Logica ermeneutica, Morcelliana, Brescia ,
p. .
. Straordinarie riflessioni sul senso e sul fondamento generale del diritto sono in R
M, Relazione introduttiva a I fondamenti del diritto, Editrice Gregoriana, Padova , pp.
–. Meneghelli, scomparso nel , autore dimenticato dalla stessa Accademia che col proprio
magistero filosofico–giuridico egli aveva servito per decenni, sarebbe un classico da rileggere in
qualsiasi ricerca come la nostra.