TESI Dieta e immagine corporea, l`influenza dei Media

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RIASSUNTO
Lo scopo di questo lavoro è quello di spiegare i meccanismi che fanno dei media i
principali responsabili della creazione nell’immaginario collettivo, ed in particolar modo
in quello femminile, di un ideale di bellezza standardizzato e irrealistico che esalta la
perfezione e demonizza il grasso, costringendo ad un continuo auto monitoraggio del
proprio corpo e a pratiche per modellarlo.
Il ricorso ad una dieta è il metodo preferito per tale scopo e diventa ben presto fattore di
rischio per lo sviluppo di patologie legate al cibo e all’alimentazione.
La tesi partendo da una descrizione dei Disturbi del Comportamento Alimentare e dei
principali fattori coinvolti nel loro sviluppo e mantenimento, continua con l’esposizione
delle principali teorie di quella disciplina, di recente istituzionalizzazione, che si occupa
della costruzione sociale dei corpi che è la Sociologia del corpo.
I corpi nelle società industriali occidentali sono diventati progetti da modellare a proprio
piacimento e questa disciplina spiega come le rappresentazioni sociali influenzino la loro
costruzione.
In particolar modo ci occuperemo dell’immagine femminile perché su questa sono
concentrate le attenzioni. Quotidianamente ci possiamo rendere conto dell’utilizzo
maggiore nei media di corpi di donne e ragazze, ed è ormai noto che i DCA colpiscono il
genere femminile quasi 10 volte più di quello maschile (anche se negli ultimi anni sono
aumentati i casi di ragazzi colpiti da DCA).
I media sono i principali diffusori delle rappresentazioni sociali e dei loro cambiamenti
nel tempo, e sono ormai diventati agenzie di socializzazione, per questo verranno
illustrati i cambiamenti che le rappresentazioni femminili hanno subito nel tempo e gli
attuali modelli corporei e di genere.
Molti studi si sono concentrati sulle influenze mediatiche nell’immagine corporea, nella
spinta alla magrezza e alle successive pratiche per la perdita di peso, e hanno mostrato
interessanti evidenze di come tali influenze siano fattori di rischio importanti in persone
già predisposte, per fattori individuali e familiari, allo sviluppo di patologie alimentari.
1
Dieta e Immagine Corporea : L’influenza dei Media
1. I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE p.4
1.1 Classificazione
p. 4
Anoressia nervosa (AN)
p. 5
Bulimia nervosa (BN)
p. 6
Disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati
p. 9
1.2 Distribuzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare
p. 9
1.3 Evoluzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare
p. 10
2. FATTORI PREDISPONENTI, PRECIPITANTI E
PERPETUANTI I DCA p. 12
2.1 Fattori predisponenti
p. 14
Fattori di rischio individuali
p. 14
Fattori di rischio familiari
p. 15
Fattori di rischio socioculturali
p. 16
2.2 Fattori precipitanti
p. 21
2.3 Fattori di mantenimento o perpetuanti
p. 22
3. SOCIOLOGIA DEL CORPO p. 23
3.1 L’approccio femminista
p. 24
3.2 Le teorie di Foucault
p. 25
3.3 La Costruzione e la rappresentazione sociale del corpo
p. 28
4. L’IDEALE CORPOREO ATTRAVERSO LA STORIA p. 30
4.1 Evoluzione delle rappresentazioni dei corpi
2
p. 35
4.2 Lo sguardo sul femminile e la consapevolezza del giudizio
p. 37
5. LA RAPPRESENTAZIONE DI GENERE
DIFFUSA DAI MEDIA p. 39
5.1 La donna moderna e l’ideale di snellezza
p. 40
5.2 L’uomo nuovo e l’ideale del corpo tonico e muscoloso
p. 41
5.3 Identità di genere e autostima
p. 42
6. L’ESPOSIZIONE AI MEDIA COME FATTORE DI RISCHIO
PER LO SVILUPPO DEI DCA p. 44
6.1 Immagine corporea
p. 44
6.2 I modelli ideali
p. 45
6.3 Teorie del “confronto sociale” e della “coltivazione”
p. 46
Teoria del ‘confronto sociale’ (Psicologia sociale)
p. 46
Teoria della ‘coltivazione’
p. 47
6.4 Effetto dei media
p. 48
6.5 Il contributo della ricerca
p. 50
Esposizione ai media e insoddisfazione corporea
p. 51
Esposizione ad immagini e insoddisfazione corporea
p. 51
Insoddisfazione corporea e metodi di controllo del peso
p. 53
6.6 Meccanismi d’azione
p. 54
Insoddisfazione corporea e spinta alla magrezza
p. 54
Mettersi a dieta
p. 55
Restrizioni e abbuffate
p. 56
3
1. I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE (DCA)
“Persistenti disturbi del comportamento alimentare e/o di comportamenti finalizzati al
controllo del peso corporeo, non secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica
conosciuta, che danneggiano la salute fisica e il funzionamento psicologico”
(C.Fairburn).
Questa definizione, completa e largamente approvata, riesce a comprendere l’ampio
spettro dei Disturbi del Comportamento Alimentare che anche se si presentano in modo
molto vario hanno tutti in comune il fatto che chi ne è colpito lega la propria autostima al
peso e all’aspetto fisico e ha una relazione con il proprio corpo, o con la percezione della
propria immagine corporea, disturbata e profondamente insoddisfacente. Avendo quindi
una percezione della propria immagine profondamente negativa la conseguenza è una
bassa o nulla autostima di chi è affetto da questi disturbi.
La compresenza di aspetti biologici e psicologici causa di un ampio spettro di
complicanze rende queste patologie molto complesse e difficile e delicato l’approccio
terapeutico.
L’età di massima insorgenza è tra i 12 e i 17 anni, con un rapporto femmine-maschi
fortemente sbilanciato verso il sesso femminile. Tale età correla con le naturali
problematiche di sviluppo adolescenziale, che possono trovare nel cambiamento
dell’immagina corporea un’area di criticità in relazione a particolari fattori di
vulnerabilità psicologica. 1-14
1.1 Classificazione
La classificazione dei DCA viene effettuata tramite il Manuale Diagnostico e Statistico
dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR). Accanto ai due disturbi dell’alimentazione
principali (anoressia nervosa e bulimia nervosa) è presente un’ampia ed eterogenea
categoria di disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati (NAS), cioè disturbi
dell’alimentazione di severità clinica che non soddisfano tutti i criteri diagnostici
dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa.
4
Anoressia nervosa (AN)
Il significato letterario di Anoressia Nervosa è “mancanza nervosa di appetito”.
Definizione errata in quanto le persone affette da questo disturbo si rifiutano di
mangiare, nonostante abbiano sempre un’intensa fame e appetito. Il rifiuto del cibo
dipende, infatti, dalla loro ricerca della magrezza e dalla necessità estrema di controllare
l’alimentazione. I comportamenti delle persone affette da anoressia nervosa per
mantenere un peso al di sotto di quello naturale includono il seguire una dieta ferrea, il
fare esercizio fisico in modo eccessivo e, in alcuni casi, l’indursi il vomito ogni volta che
ritengono di aver mangiato in eccesso.
Le manifestazioni essenziali dell’anoressia nervosa sono:
a. rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al minimo considerato normale
per età e statura.
b. paura di ingrassare anche quando si è sottopeso.
c. alterazione del modo di vivere il proprio corpo, con eccessiva influenza del peso
corporeo rispetto alla percezione di se, oppure rifiuto di ammettere la gravità della
condizione di sottopeso.
d. amenorrea per almeno tre mesi consecutivi.
e. basso peso corporeo (BMI<17,5).
Le persone affette da anoressia nervosa sono insoddisfatte del proprio peso e aspetto
fisico, in particolare considerano troppo grosse alcune parti del proprio corpo
(mammelle, pancia, sedere, gambe) anche quando questo non è vero. Basano la propria
autostima principalmente su quello che dice la bilancia; un aumento ponderale determina
sensazioni di frustrazione e auto-svalutazione; un calo di peso, al contrario, aumenta il
senso di autocontrollo, di fiducia personale e di senso di autoefficacia.
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Si possono distinguere due forme di Anoressia:
 nell’anoressia nervosa con restrizioni la perdita di peso è dovuta al digiuno ed al
rifiuto del cibo, accompagnato alcune volte da esercizio fisico esagerato.
 nell’anoressia nervosa con abbuffate e condotte di eliminazione sono presenti
anche abbuffate soggettive seguite da vomito auto-indotto oppure dall’utilizzo
improprio di lassativi e diuretici.
Le anoressiche con abbuffate e condotte di eliminazione spesso sono malate da molto
tempo, pesano di più all’inizio della malattia, hanno frequenti storie personali e familiari
di obesità e sono più impulsive, non soltanto nell’alimentazione, ma anche in altri
ambiti: abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, cleptomania, comportamenti
autolesionisti e tentativi di suicidio. Le anoressiche con restrizioni hanno invece una
personalità ossessiva e sono più isolate socialmente. 2
Bulimia nervosa (BN)
Il significato letterario di bulimia nervosa è "fame da bue", essa è caratterizzata da un
ciclo auto-perpetuante che partendo dalla preoccupazione per il peso e le forme del
corpo, passa attraverso l’adozione di una dieta ferrea, e arriva fino ad abbuffate e vomito
auto-indotto quando il terrore di ingrassare e vedere che l’ago della bilancia sale un po’
di più fa aumentare i sentimenti di fallimento e svalutazione in chi ne è affetto,
spingendo all’utilizzo di qualsiasi pratica che dia la speranza di dimagrire.
Sembra che siano più predisposte alla bulimia nervosa certe persone con peculiari
caratteristiche di personalità: scarso concetto di sé, elevati livelli di perfezionismo,
pensiero tutto o nulla e difficoltà a controllare gli impulsi.
Come le persone affette da anoressia nervosa, le persone bulimiche si preoccupano
molto del proprio peso e delle forme corporee e la loro autostima varia soprattutto in
base a questi due fattori. La diretta conseguenza di ciò è la ricerca della perdita di peso
principalmente seguendo una dieta e sentendosi sempre in dovere di seguirla. Le persone
che soffrono di bulimia nervosa però, non adottano regimi dietetici sani ed equilibrati,
6
ma diete "ferree" spesso “fai da te”, perché queste, oltre a essere fortemente
ipocaloriche, sono particolarmente rigide. Il fare la dieta in modo ferreo è probabilmente
legato al perfezionismo ed al il pensiero "tutto o nulla".
La dieta ferrea è la principale responsabile della comparsa di abbuffate attraverso tre
meccanismi:
1.
Pensiero "tutto o nulla" e perfezionismo - Seguire diete ferree in modo
perfezionistico porta prima o poi inevitabilmente a compiere piccole trasgressioni;
quando queste si verificano il soggetto pensa subito di aver perso il controllo, di aver
fallito e si abbuffa. Il comportamento bulimico è innescato da modalità di pensiero "tutto
o nulla" del tipo: "Ormai ho trasgredito alla mia dieta, tanto vale che mi abbuffi fino a
scoppiare, così poi potrò liberarmi di tutto il cibo con il vomito".
2.
Alterazione della fame e della sazietà - Numerosi studi hanno evidenziato che la
dieta ferrea porta a un aumento della fame e dell'appetito nei confronti dei carboidrati in
particolare, probabilmente a causa della modificazione di alcuni neurotrasmettitori
cerebrali, tra cui la serotonina, e questo effetto è più pronunciato nelle donne che negli
uomini.
3.
Emozioni negative - Le abbuffate, soprattutto nei primi momenti, possono
determinare del piacere, perché allentano la tensione del dover seguire in modo ferreo la
dieta. Questa sensazione piacevole iniziale può essere utilizzata da chi soffre di bulimia
nervosa per "bloccare" altre emozioni negative. Tale comportamento da però origine a
un circolo vizioso per due motivi:
 se uno continua a bloccare le emozioni con il cibo non risolve mai i problemi di
fondo e così le emozioni negative tendono a ripresentarsi e a favorire nuove
abbuffate.
 le abbuffate, passati i primi momenti piacevoli, determinano la comparsa di
emozioni negative (senso di colpa, disgusto, paura d'ingrassare), che a loro volta
possono innescare nuove abbuffate.
7
Le caratteristiche principali per la diagnosi sono:
a. Abbuffate compulsive ricorrenti con l’ingestione in un periodo di tempo
definito, di una quantità di cibo significativamente superiore a quello che la
maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in
circostanze simili, con sensazione di perdita di controllo sull’alimentazione
durante l’episodio.
b. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento
di peso, come: vomito auto-indotto, abuso di lassativi, diuretici,
enteroclismi, farmaci tiroidei, digiuno, intensa attività fisica.
c. Sia le abbuffate che i comportamenti per ristabilire il controllo del peso
avvengono, in media, almeno due volte alla settimana per tre mesi.
d. Livelli di autostima indebitamente influenzati dalla forma e dal peso
corporeo.
Nella pratica clinica vengono distinte due forme di Bulimia:
 una forma con condotte di eliminazione è caratterizzata da vomito e utilizzo di
lassativi,

l’altra senza condotte di eliminazione invece, da digiuni e periodi di intenso
esercizio fisico che si alternano alle abbuffate.
Le persone che adoperano condotte di eliminazione hanno, rispetto a quelle che non lo
fanno:
- un peso corporeo più basso;
- un'alterazione più marcata dell'immagine corporea;
- una maggior ansia nei confronti dell'alimentazione;
- una più elevata frequenza di comportamenti autolesionisti e progetti di suicidio;
- un'età più precoce d'insorgenza del disturbo;
- un elevato tasso di comorbidità per depressione, disturbi d'ansia e di abuso d'alcol;
- un'elevata incidenza di abusi fisici e sessuali subiti;
- maggiori problemi di disidratazione e di squilibrio elettrolitico (in particolare
l'ipopotassiemia). 3
8
Disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati
In questa categoria vengono raggruppati tutti quei disturbi dell’alimentazione
caratterizzati da comportamenti disfunzionali sia sulle condotte alimentari che sulle
condotte compensatorie ma che non soddisfano pienamente i criteri di diagnosi per
l’anoressia o per la bulimia, e che comunque presentano un quadro clinico significativo.
Tra questi una forma molto frequente è il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI
o BED-binge eating disorder), caratterizzato da abbuffate senza condotte compensatorie.
8
1.2 Distribuzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare
Nella Tabella 1 è sintetizzata la conoscenza sulla distribuzione dei disturbi
dell’alimentazione principali, che sono diventati sempre più frequenti nelle ultime
decadi, mentre poco si sa su quella dei disturbi dell’alimentazione NAS. Questi ultimi,
giudicando dall’esperienza clinica, sembrano colpire in modo particolare le adolescenti
e sembrano costituire circa il 50% dei pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione. Uno
studio recente ha osservato una prevalenza del 2,37% in femmine tra i 12 e i 23 anni.
Esistono altri tipi di “problemi alimentari” che non raggiungono i livelli di severità
clinica per ricevere la diagnosi di disturbo dell’alimentazione, la prevalenza di tali
problemi sembra elevata, sebbene i dati non siano disponibili per l’assenza di una chiara
definizione del termine “problema alimentare”. 1-14
9
Tabella 1. Distribuzione dei disturbi dell'alimentazione
Anoressia nervosa
Bulimia nervosa
Distribuzione mondiale
Società occidentali
in modo predominante
Società occidentali
in modo predominante
Origini razziali
Soprattutto razza bianca
Soprattutto razza bianca
Età media di esordio
Adolescenza (alcuni giovani
adulti)
Giovani adulti (alcuni
adolescenti)
Sesso
90% femmine
Femmine in modo
predominante
(proporzione incerta)
Classe sociale
Possibile maggior prevalenza
nelle classi sociali elevate
Distribuzione uniforme in tutte
le classi
Prevalenza
0,3% (nelle adolescenti)
1% (nelle femmine tra 16-35
anni)
Incidenza (per 100.000
abitanti/anno)
19 nelle femmine, 2 nei
maschi
29 nelle femmine, 1 nei
maschi
Modificazioni secolari
Possibile incremento
Incremento
Da Faiburn CG et al (2003). Eating Disorders. THE LANCET - Vol 361 - February 1, 2003
1.3 Evoluzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare
Gran parte degli studi sperimentali riguardanti l’evoluzione nel tempo di anoressia e
bulimia mostrano che un numero di pazienti superiore al 50% guarisce dal disturbo, in
alcuni casi il disturbo si auto-limitata e richiede un breve intervento (soprattutto nei più
giovani con una malattia di breve durata, il 20% non presenta remissione dei sintomi, il
disturbo diventa cronico e richiede un trattamento intensivo ed il 30% ha qualche
miglioramento ma non la completa guarigione. Cinque e dieci anni più tardi il 30-50%
dei pazienti ha ancora un disturbo dell’alimentazione (a volte nella forma atipica).
Anche per le pazienti che guariscono di solito si riscontra un percorso caratterizzato da
miglioramenti e ricadute.
L’anoressia può essere talvolta può essere anche mortale, a causa del suicidio o delle
complicanze della malnutrizione, fenomeno questo gravissimo sulla cui frequenza gli
studi presenti in letteratura sono in disaccordo (Favaro e Santonastaso, 2002).
10
La bulimia nervosa ha un esordio un po’ più tardivo rispetto all’anoressia nervosa. Il
disturbo è auto-perpetuante e, mediamente, i pazienti ricevono la prima cura cinque anni
dopo l’esordio.
Poco si sa sul decorso dei disturbi dell’alimentazione atipici; uno studio ha, comunque,
evidenziato che il disturbo dopo tre anni persiste nella maggior parte dei casi e che nella
metà dei casi evolve in anoressia nervosa o bulimia nervosa.
Se si studia l’andamento temporale dei disturbi dell’alimentazione si osserva di
frequente il passaggio da un disturbo all’altro. Gli studi degli ultimi anni hanno
evidenziato che nei pazienti che non guariscono dall’anoressia nervosa il passaggio alla
bulimia nervosa è frequente con il risultato che circa un quarto dei pazienti con bulimia
nervosa ha una storia pregressa di anoressia nervosa. Lo stesso si può dire per i disturbi
dell’alimentazione atipici. Questi, infatti, sono l’esito comune dell’anoressia nervosa e
della bulimia nervosa, che a sua volta tipicamente inizia come anoressia nervosa o
disturbo dell’alimentazione atipico.
Uno studio di comunità, su individui affetti da anoressia nervosa e bulimia nervosa, del
2003 (Rastam e coll., 2003) ha rilevato che, in un follow-up a 10 anni il 27% dei pazienti
erano ancora affetti da DCA e più di 1/3 presentava un altro disturbo in comorbidità.
Figura 1 mostra le migrazioni temporali dei disturbi dell’alimentazione
11
2. FATTORI PREDISPONENTI, PRECIPITANTI
E PERPETUANTI I DCA
Il caos dietetico e biologico è solo la punta dell’iceberg, la parte più evidente di queste
patologie. Guardando più in profondità medici e studiosi hanno capito che un nucleo
fondamentale del problema risiede nell’autostima1.
Caos dietetico e biologico
Disturbi dell’immagine corporea
Deficit dell’autostima
La bassa autostima di cui soffrono le persone con DCA, rimane tale dal momento che
esse la collegano indebitamente al proprio peso e alle forme corporee. Data l’attuale
importanza attribuita all’aspetto fisico e all’apparenza, non è difficile capire come in
persone più fragili e predisposte una disturbata immagine corporea possa causare
sentimenti di fallimento personale, fino al punto di affidare la risoluzione di tutti i
1
L’autostima è il valore che ognuno da a se stesso ed in questo è compreso anche il senso di auto-efficacia.
Fattori intrinseci biologici e fattori ambientali, in particolar modo quelli incontrati nella fase di
accrescimento dell’individuo, concorrono nella costruzione dell’autostima.
12
problemi non a capacità e competenze, bensì all’ago della bilancia, al peso e al cibo,
apparentemente più semplici da controllare, rispetto a problemi come quelli legati alle
emozioni e alle relazioni interpersonali, perché concreti e misurabili.
La dieta sembra essere così la soluzione ad ogni problema, promessa di felicità e
successo che si rivela presto poco efficace principalmente per due motivi: perché i livelli
di peso desiderati sono irrealistici; e i veri problemi sono altri dal peso.
Così che in queste persone una perdita di peso riesce a donare un senso di autoefficacia
momentaneo e di vita breve che richiede subito un ulteriore calo ponderale.
La dieta di per se è un fattore di rischio2, un primo passo verso un DCA che però si
manifesta solo in compresenza di una serie di fattori predisponesti individuali, familiari
e socio-culturali.
2
L’inizio di una dieta può essere intrapreso per vari motivi con la speranza di ottenere felicità e
soddisfazioni grazie al raggiungimento di un livello di peso che si rivela assolutamente non realistico. Il
rischio di sviluppare tali disturbi nelle ragazze di 15 anni che seguono una dieta, è otto volte maggiore
rispetto alle ragazze della stessa età che non seguono alcun regime dietetico (Patton et al.,1990).
13
2.1Fattori predisponenti
Diversi sono i fattori predisponenti:
 Fattori di rischio individuali
 Fattori di rischio familiari
 Fattori di rischio socioculturali
Fattori di rischio individuali
Il primo di questi è il genere: i disturbi del comportamento alimentare sono più comuni
tra le donne che tra gli uomini ad eccezione del BED per il quale non c’è grande
differenza.
Le donne si mettono a dieta più frequentemente degli uomini, la pressione sociale verso
la magrezza è rivolta soprattutto a loro che sono più portate a basare il proprio valore
sulle forme corporee.
Le relazioni interpersonali importanti per la donna, per la definizione di se e della
propria identità, nella nostra società sono fortemente influenzate dalle forme corporee e
della magrezza.
Un altro fattore è l’etnia: anoressia nervosa e bulimia nervosa sono presenti soprattutto
tra le donne bianche, mentre non si riscontrano grosse differenze per quanto riguarda il
BED.
Tra le persone che si sottopongono ad un trattamento vi è una maggioranza di individui
delle classi sociali media e superiore, ma non è detto che questo rifletta la reale
situazione.
L’età adolescenziale e la prima giovinezza sono le fasce maggiormente colpite da
problemi alimentari.
14
Proprio in questo periodo della vita le donne iniziano a sottoporsi a diete e a giudicare il
proprio valore in termini di appartenenza, è un periodo nel quale l’autostima e l’autoefficacia sono in declino, inoltre durante la pubertà le ragazze vanno incontro a profonde
modificazioni fisiche, in particolare ad un aumento del grasso corporeo, che le
allontanano significativamente dall’ideale di bellezza femminile attualmente
consolidato. Contemporaneamente la tendenza al confronto sociale è al suo apice.
I fattori individuali psichici e psicologici che accomunano le persone che hanno un DCA
sono: scarsa autostima; insicurezza; problemi di identità e di autonomia; depressione
(tuttavia nella maggior parte dei casi la depressione sembra essere una conseguenza della
perdita di peso corporeo, della dieta, delle abbuffate e del vomito); elevata frequenza di
“sintomi d’ansia” e di “disturbo ossessivo compulsivo” sia nell’anoressia nervosa che
nella bulimia nervosa, ma non esiste nessuna prova che essi precedano l’insorgenza dei
problemi alimentari; rabbia; vergogna; sensi di colpa; pensiero tutto o nulla;
perfezionismo; impulsività; disturbo dell’immagine corporea e preoccupazione riguardo
al peso e alle forme corporee; esperienze traumatiche; difficoltà interpersonali; bisogno
di approvazione; anassertività; paura e sfiducia nell’autenticità delle proprie emozioni.
Gran parte delle ragazze che sviluppano anoressia nervosa sono state bambine
coscienziose e condiscendenti, timide e solitarie con notevoli difficoltà a sviluppare
relazioni con coetanei. Un tratto comune è il loro forte senso di competitività e il loro
continuo perseguire mete difficili da raggiungere.
Questi tratti sembrano fattori particolarmente importanti nello sviluppo di uno “scarso
concetto di se” e del perfezionismo.
Anche fattori di rischio fisici importanti come l’obesità, il soprappeso e difetti evidenti
hanno un’associazione con lo sviluppo dei disturbi del comportamento alimentare.
Fattori di rischio familiari
Una storia familiare psichiatrica è sicuramente un fattore importante. I DCA sono tre
volte più frequenti nei familiari di primo grado di soggetti affetti da anoressia nervosa e
15
bulimia nervosa. I familiari di primo e secondo grado dei soggetti affetti da queste
patologie hanno una frequenza tre volte superiore di “disturbi affettivi” rispetto alla
popolazione di controllo normale. Nonostante tutto numerosi studi hanno dimostrato che
le famiglie di soggetti che sviluppano un DCA sono perlopiù famiglie come le altre e
che i nuclei centrali per lo sviluppo possono essere: una modalità di comunicazione e di
rapporto poco funzionale e quindi a rischio (in particolare la relazione tra madre e
figlia); conflittualità tra i genitori; legami troppo stretti e controllanti che non permettono
il processo di separazione e individuazione (distinzione della figlia dalle figure
genitoriali e assunzione di un’identità distinta e autonoma) e autonomia; atteggiamenti
rigidi e conformisti; iperprotettività; confusione di ruoli ed altro ancora.
L’ipotesi della predisposizione genetica è nata dall’osservazione che i disturbi
dell’alimentazione e certi tratti di personalità sono più frequenti tra i famigliari degli
individui colpiti (Strober e coll.,2000; Lilenfeld e coll.,1998) e da una maggiore
prevalenza di questi disturbi nei gemelli monozigoti rispetto agli eterozigoti (Treasure &
Holland,1989). 9
Fattori di rischio sociocultrali
Numerose ricerche hanno evidenziato che la presenza nella popolazione dei disturbi del
comportamento alimentare è una caratteristica tipicamente occidentale e che ha visto un
significativo aumento dell’incidenza di queste patologie soprattutto negli ultimi 50 anni.
Queste evidenze hanno rafforzato l’ipotesi di un ruolo socio-culturale nello sviluppo dei
disturbi del comportamento alimentare.
L’attuale società occidentale espone insistentemente la popolazione ad una forte
pressione verso la dieta e ad un ideale estetico di magrezza e all’illusione che esso sia
raggiungibile solo con un minimo sforzo. L’insoddisfazione corporea e il desiderio di
magrezza sono particolarmente diffusi tra le donne bianche delle società occidentali e
queste più frequentemente si sottopongono a dieta. Le donne che non possiedono le
caratteristiche richieste per avere successo in questo tipo di società, e che non riescono
ad ottenerle neanche attraverso l’autoimposizione di diete ferree (in quanto tali ideali di
16
magrezza risultano essere irraggiungibili per la maggior parte della popolazione), e che
hanno anche problemi di autostima e di relazione con gli altri, possono essere
particolarmente predisposte a sviluppare un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le
forme corporee.
E’ accertato da diversi studi che una forte preoccupazione per l’aspetto fisico e l’inizio
di una dieta, sono importanti fattori di rischio per disturbi del comportamento alimentare
e che ne precedono le manifestazioni cliniche.
Il ruolo dei fattori di rischio ambientali deriva da alcuni studi prospettici (Stice, 2002) e
da una serie di studi caso-controllo retrospettivi sulla comunità (Fairburn e coll.,1997;
Fairburn e coll., 1999). Tali fattori differiscono per la loro natura e specificità. Nel
settimo capitolo saranno esaminati gli studi che analizzarono fattori socio culturali
indagati nell’agevolazione dell’interiorizzazione dell’ideale di magrezza.
Esposizione ai media, immagine corporea e problemi alimentari
Sono i mass media i principali agenti responsabili della promozione del valore sociale
della magrezza e dell’interiorizzazione di tale ideale di bellezza. Essi incoraggiano a
diete restrittive ponendo come scopo il corpo rimodellato ritenuto utile per un
miglioramento sociale ed economico. Inoltre contribuiscono all’aumento di
insoddisfazione corporea e preoccupazione per l’alimentazione, il peso e la figura
corporea in coloro che non riescono a raggiungere tali modelli, con un conseguente
aumento dell’incidenza e prevalenza dei DCA.
Trasmissione sociale dell’ ideale di magrezza diffuso dai media
L’ideale di magrezza dei personaggi e delle modelle sottopeso proposto dai media
sembra anche diffondersi e rafforzarsi attraverso varie e complesse reti sociali come, ad
esempio, i pari e la famiglia, le esperienze di derisione e i processi di acculturazione.
Influenza dei pari
Reti sociali localizzate e microambienti, come la scuola, i vicini e i gruppi dei pari,
sembrano giocare un ruolo importante nel trasmettere e rinforzare l’ideale di magrezza e
17
nell’aumentare il rischio di sviluppare insoddisfazione corporea e DCA (Becker & Fay,
2006).
Recenti studi hanno confermato l’osservazione originale di Garner e Garfinkel (1980),
trovando un più alto tasso di problemi alimentari e preoccupazioni per il peso nelle
persone coinvolte in attività sportive nelle quali la magrezza è valutata e incoraggiata,
come ad esempio la danza, il nuoto e la ginnastica (Davison e coll., 2002; Thompson &
Digsby, 2004). 9-10
Influenza della famiglia
La famiglia può avere un ruolo importante nel rinforzare gli ideali di magrezza culturali
e nel favorire lo sviluppo di un disturbo dell’alimentazione. Il rinforzo dei familiari può
essere diretto, ad esempio attraverso espliciti incoraggiamenti alla dieta o alla perdita di
peso, o indiretto, ad esempio attraverso comportamenti e attitudini modellanti come il
seguire delle diete per perdere peso (Becker & Fay, 2006). Inoltre, il modellamento
genitoriale tramite comportamenti disfunzionali tipici del disturbo dell’alimentazione
(es. seguire una dieta in modo ferreo) si associa a un incremento dell’insoddisfazione
corporea (Blowers e coll., 2003).
Tra le ragazze preadolescenti, la pressione familiare a essere magre sembra favorire
l’insoddisfazione corporea più della pressione dei media o dei pari.
Uno studio effettuato su donne universitarie ha evidenziato che la focalizzazione della
famiglia sull’aspetto fisico si correla alla preoccupazione per il peso in quelle che
ottengono punteggi di nevroticismo sopra la norma (Davis e coll., 2004). Un altro studio
su un ampio campione di adolescenti ha trovato che le regole e le abitudini familiari sul
peso (ad esempio diete dei genitori o incoraggiamento ai bambini di perdere peso) sono
predittori di comportamenti disfunzionali di controllo del peso (Neumark-Sztainer e
coll., 2002). 9-10
Esperienze di derisione per il peso e le forme del corpo
Le adolescenti prese in giro per il peso corporeo da parte dei pari e dei membri della
famiglia riportano maggiore insoddisfazione corporea, spinta alla magrezza e restrizione
18
alimentare e una più bassa autostima (Eisenberg e coll., 2003). In più, l’impatto delle
derisioni sull’autostima e la soddisfazione corporea sembrano essere indipendenti dal
peso attuale degli adolescenti (Eisenberg e coll., 2003).
Derisioni e discriminazioni legate alla razza sembrano pure giocare un ruolo nello
sviluppo dei disturbi dell’alimentazione. 9-10
Acculturazione, accrescimento socio-economico ed etnicità
Dagli anni ’80 ad oggi, un gran numero di studi epidemiologici ha suggerito che le
transizioni sociali aumentano il rischio di DCA in individui vulnerabili. Per esempio, da
studi su giovani donne dell’Asia del sud, Egitto, Pakistan e Grecia, risulta che il rischio
di sviluppare un DCA è maggiore nelle popolazioni con esperienze di migrazione
transnazionale rispetto a spostamenti interni al paese di origine. Inoltre, la
modernizzazione e l’esposizione a prodotti, immagini, idee e valori occidentali
sembrano contribuire al rischio sebbene con un meccanismo non completamente chiaro
(Becker & Fay, 2006).
La ricerca nella patogenesi dei disturbi dell’alimentazione si è focalizzata quasi
esclusivamente sull’anoressia nervosa e la bulimia nervosa.
Negli ultimi 20 anni sono stati eseguiti numerosi studi per testare l’ipotesi eziologica
socio-culturale e oggi abbiamo un’ampia mole di dati indicanti che alcuni fattori di
rischio sociali, interagendo con altri fattori di rischio genetici (predisposizione genetica)
e ambientali, svolgono un ruolo determinante nello sviluppo dei disturbi
dell’alimentazione.
Quindi nonostante l’importanza assunta dai fattori nocivi presenti nell’ambiente, non va
comunque dimenticato che per lo sviluppo di un disturbo dell’alimentazione sembra sia
fondamentale l’interiorizzazione dei modelli proposti e la predisposizione individuale.
La tabella 2 riporta una sintesi dei principali fattori di rischio per i DCA
19
Tabella 2. Principali fattori di rischio dei disturbi dell’alimentazione evidenziati dalla
ricerca (24,25,26)
Sesso femminile
Adolescenza e prima età adulta
Vivere in una società occidentale
Fattori di rischio
generali
Disturbi dell’alimentazione di qualsiasi
tipo
Depressione
Alcolismo (bulimia nervosa)
Obesità (bulimia nervosa)
Tratti ossessivi e perfezionistici (anoressia
nervosa)
Storia familiare
Fattori di rischio
individuali-specifici
Esperienze premorbose
Complicazioni ostetriche
Problemi con i genitori (specialmente
basso contatto, alte aspettative, dispute
genitoriali)
Abusi sessuali
Diete tra i familiari
Commenti negativi sull’alimentazione, il
peso e le forme corporee da familiari o
altri
Lavori o attività ricreative che
incoraggiano la magrezza
Esposizione ad immagini di persone
magre nei media
Obesità (bulimia nervosa)
Bassa auto-stima
Perfezionismo (anoressia nervosa e in
minor misura bulimia nervosa)
Interiorizzazione dell’ideale di magrezza
Ansia e disturbi d’ansia
Caratteristiche
premorbose
1. Da Faiburn CG et al (2003). Eating Disorders. THE LANCET - Vol 361 - February 1, 2003
2. Dalle Grave R. School-Based Prevention Programs for Eating Disorders: Achievements
and Opportunities. Disease Management and Health Outcomes. 2003.
3. Striegel-Moore RH, Bulik CM. Risk factors for eating disorders. Am Psychol. 2007 Apr.
20
2.2 Fattori precipitanti
Sono eventi difficili da gestire che per una persona “vulnerabile” e “predisposta”
possono essere la causa scatenante un disturbo del comportamento alimentare e
solitamente si verificano nell’anno che precede l’esordio del disturbo dell’alimentazione.
Sono in genere dei cambiamenti che minano l’autostima e il senso di autoefficacia, il
senso del proprio valore e delle proprie capacità.
Possono essere:

















Cambio di città o paese
Soffrire di una malattia importante
Avere una gravidanza o aver avuto un bambino
La morte di una persona cara
La malattia di una persona cara
Cambio di casa
L’abbandono della casa da parte di una persona cara
Una nuova persona che viene a vivere in casa
L’inizio di una relazione sentimentale
Un abuso sessuale
Un abuso fisico
Fallimenti scolastici o sportivi
Esami scolastici, o un anno scolastico, impegnativi
Impegno lavorativo intenso
Stress
Commenti critici per alimentazione, peso, forme corporee
Altro
Il senso di insoddisfazione di se allora viene tradotto in insoddisfazione verso il proprio
corpo e la dieta viene vista come soluzione a tutti i problemi, in quanto ti permette di
concentrarti su qualcosa di ben definito, concreto su cui sembra possibile avere completo
controllo. Però non è così, la perdita di controllo sulla dieta fa si che essa diventi molto
squilibrata e che porti ad una malnutrizione e ad una più facile insorgenza di DCA.
21
2.3 Fattori di mantenimento o perpetuanti
Sono quelli che permettono il perpetuarsi del disturbo. Con l’aumentare del periodo di
malattia diventa sempre più difficile la guarigione completa, e ciò a causa dei fattori di
mantenimento. Il disturbo può così mantenersi per vari anni e a volte per tutta la vita.
Tra questi fattori ci sono :
 rinforzi personali e socio-ambientali: adesione ad un modello estetico, commenti
positivi da parte di conoscenti e amici in merito al peso e alle forme corporee,
sensazione di forza nel riuscire a controllare la fame.
 “guadagni” secondari alla malattia: cose che la malattia permette di acquisire o di
evitare, ad esempio l’attenzione degli altri, l’evitamento delle responsabilità, ecc.
 fattori predisponenti e precipitanti non risolti: preoccupazione per il peso e per la
forma fisica che non diminuisce con l’effettivo calo ponderale, ecc.
 riuscire a calare di peso e sentirsi meglio.
 sintomi da digiuno: la malnutrizione porta a tutta una serie di modificazioni
fisiche, cognitive, emotive e sociali e di atteggiamento nei confronti del cibo, che
alimentano la paura dell’aumento di peso e del non riuscire a controllare
l’alimentazione, con il mantenimento così dei pensieri e dei comportamenti
disfunzionali verso il cibo e il corpo.
Riferimenti 1-9-10-14
22
Tabella 3. Effetti del digiuno in volontari psicologicamente e fisicamente sani
Atteggiamenti e
comportamenti nei
confronti del cibo
Modificazioni emotive e
sociali
preoccupazioni per il cibo
collezione di ricette, libri di cucina e menu
inusuali abitudini alimentari
incremento del consumo di caffè, tè e spezie
occasionale introito esagerato e incontrollato di cibo
depressione
ansia
irritabilità e rabbia
labilità
episodi psicotici
cambiamenti di personalità confermati dai test psicologici
isolamento sociale
Modificazioni cognitive
diminuita capacità di concentrazione
diminuita capacità di pensiero astratto
apatia
Modificazioni fisiche
disturbi del sonno
debolezza
disturbi gastrointestinali
ipersensibilità al rumore e alla luce
edema
ipotermia
parestesie
diminuzione del metabolismo basale
diminuzione dell’interesse sessuale
KEYS, A., et al., “The biology of human starvation”, Minneapolis, University of Minnesota Press,
1950.
3. SOCIOLOGIA DEL CORPO
L’interesse della Sociologia verso il corpo iniziò ad essere consistente a metà degli anni
‘80 del secolo scorso, quando nelle società industriali avanzate il corpo ha iniziato ad
essere un soggetto nelle interazioni e relazioni sociali, mentre prima il corpo rimaneva
invisibile alla sociologia classica tanto che il suo contributo nello sviluppo del filone è
considerato scarso o nullo.
23
Le condizioni sociali e la situazione storica di tali società, hanno fatto si che queste
mutassero nelle cosiddette somatic societies, nelle quali il corpo diventa il principale
campo di attività politica e culturale.
La crescente problematicità sociale del corpo e quindi una sua maggiore visibilità, hanno
fatto si che l’interesse della sociologia si rivolgesse in questa direzione.
Svariati sono i fenomeni emergenti che possono aver portato al formarsi di tale
interesse, tra questi: il femminismo di seconda ondata, la crisi dei modelli di genere
sessuale, le trasformazioni della famiglia e dei ruoli sessuali, i movimenti gay,
l’invecchiamento della popolazione, la pornografia, il doping, le nuove tecnologie
biomediche e la crescente medicalizzazione (dai quali il corpo esce socialmente
sovradeterminato), realtà e comunità virtuali, la cultura del narcisismo, ecc. Il corpo non
è più produttore ma consumatore.(Borgna, 2005)
3.1 L’approccio femminista
Non si può parlare di sociologia del corpo senza fare riferimento all’apporto fornitole
dalla riflessione femminista, non a caso quando il corpo ha iniziato ad avere sempre più
visibilità sociale, l’impatto del femminismo spinse la sociologia ad occuparsi di esso.
Il nucleo della riflessione femminista sta nell’affermare che il corpo femminile è un
‘territorio socialmente definito e storicamente ‘colonizzato’’ e che quindi esso non è una
forma puramente naturale: anche se la biologia decide il sesso di un individuo, il
risultato non può essere slegato dai condizionamenti della storia, esso è quindi
indubbiamente legato alla cultura a cui si riferisce.
Nel discutere il secolare dibattito della differenza tra uomini e donne il femminismo si
sofferma sull’importante distinzione tra la corporeità materiale del sesso e la socialità
del genere3 e su quest’ultima pone le basi del discorso sul corpo come luogo del potere
in cui si inscrivono i rapporto prevalenti di dominio e di subordinazione. A differenza
del sesso che è biologicamente definito, il genere è un concetto che esprime quanto c’è
3 Sesso e genere non sono la stessa cosa: mentre il sesso è la differenza biologica tra uomo e donna
naturalmente determinata, il genere è la costruzione sociale della differenza biologica.
24
di socialmente costruito nella disuguaglianza tra i sessi e aggiunge altre disparità alla
relazione tra uomini e donne oltre quelle date biologicamente.
In questo dibattito però le posizioni femministe non sono assolute, e ci sono tre posizioni
differenti fondamentali:
1. Il femminismo egualitario, sostiene che la mente di uomini e donne è
sessualmente neutrale e che è solo il corpo ad essere sessualmente determinato e
perciò solo i ruoli sessuali sono un ostacolo all’uguaglianza (ne deriva il rifiuto di
maternità, la contraccezione, la riproduzione assistita, ecc.).
2. Il costruzionismo sociale, anche in questo caso il corpo è considerato
biologicamente determinato e la disuguaglianza è dovuta ai modelli di genere
diffusi nella società, sulle rappresentazioni dei corpi devono lavorare le politiche
per trasformare i modelli di genere e raggiungere l’uguaglianza.
3. La differenza sessuale, sostiene l’irriducibilità della differenza tra i sessi in quanto
il corpo è un oggetto inscindibilmente naturale e culturale e perciò campo di
conflitti di diversa natura, economica, politica, sessuale, intellettuale.
L’elaborazione teorica femminista passa attraverso la trattazione e il dibattito su temi
come la relazione tra natura e cultura , essenzialismo e costruzionismo. I concetti di
costruzione sociale del corpo e di politica del corpo ( e corpo come sede di lotta politica)
che troviamo nella letteratura femminista e che analizzerò più tardi sono fondamentali
per comprendere processi e trasformazioni sociali che contribuiscono a definire e
ridefinire il corpo umano e le sue rappresentazioni (Borgna, 2005).
3.2
Le teorie di Foucalt
Altro capitolo fondamentale della sociologia del corpo è la produzione foucaultiana, che
cerca di spiegare i meccanismi con i quali le politiche del corpo riescono ad agire sugli
individui senza costrizione e portino i loro corpi alla normalizzazione e
omogeneizzazione: nessuno viene costretto a mantenere una immagine perfetta e snella,
25
ma in molti sono coloro che si sottopongono a diete rigorose a tale fine partecipando
attivamente alla riproduzione della cultura della società a cui appartengono.
Capitolo fondamentale della produzione di foucault è quello che riguarda i cosiddetti
‘corpi docili ’. Il sociologo cercò di fare luce su quei processi minori di varia origine che
contribuiscono a disegnare uno schema generale del metodo che rende mente e corpo
così docili4:
 investimento politico e dettagliato del corpo.
 anatomo-politica.
 meccanica o microfisica del potere.
Queste politiche, agiscono sui corpi come luogo del loro potere costruendoli
socialmente.
Dal XVII secolo il potere opera gestendo la vita attraverso l’anatomo-politica del corpo
umano e la bio-politica della popolazione.
L’anatomo-politica gestisce i corpi come macchine avvalendosi di regimi disciplinari
volti alla massimizzazione dell’efficienza e alla crescita dell’utilità e indirizzati a gruppi
di persone specifici ed omogenei come gli studenti nelle scuole, i militari nelle caserme,
e gli ospedalieri negli ospedali.
La biopolitica, nata a metà dello stesso secolo, è diretta ad un gruppo di persone più
ampio, la popolazione, che in quel periodo subì interventi e controlli regolatori in tema
di natalità, longevità, salute pubblica, tramite operazioni politiche, interventi economici
e campagne ideologiche.
Dall’anatomo-politica e dalla biopolitica si sviluppa la tecnologia politica della vita che :
agisce sull’individuo e la specie; sulle attività del corpo e i processi della vita; questa è
fatta di tecniche diverse e numerose per ottenere la subordinazione dei corpi e il
controllo delle popolazioni. Da tutto ciò ha origine il biopotere.
4
“… una molteplicità di processi spesso minori, di diversa origine, a localizzazione sparsa, che si
intersecano, si ripetono o si imitano, si appoggiano gli uni agli altri, si distinguono secondo il campo di
applicazione, entrano in convergenza e disegnano a poco a poco, lo schema di un metodo generale”(Foucault
1975°, p.150 trad. it. Cit. Borgna 2005).
26
In questo secolo quindi si moltiplicano le tecnologie politiche che si rivolgono a corpo,
salute, alimentazione, e all’intero spazio dell’esistenza e si moltiplicano anche i
meccanismi di potere per l’applicazione di esse. Tali meccanismi di potere sono ‘sottili e
mobili ’ e agiscono nei rapporti di forza all’interno di apparati di produzione, famiglie,
gruppi ristretti e istituzioni. In questo caso non esiste un RE, il biopotere proviene dal
basso ed è immanente. Questa situazione strategica complessa è destinata a produrre
nella società delle forze, a farle crescere e a ordinarle.
Il biopotere che “si esercita positivamente sulla vita, incomincia a gestirla e potenziarla,
a moltiplicarla e ad operare su di essa controlli precisi e regolazioni d’insieme” dal
XVII-XVIII secolo per ottenere prestazioni produttive diventando un elemento
indispensabile allo sviluppo del capitalismo.
I nuovi meccanismi di potere sono perciò diversi dalla sovranità, agiscono nella vita
quotidiana, nel rapporto tra i sessi, nelle famiglie, tra i malati di mente e le persone
ragionevoli, tra i malati e i medici.
Dei nuovi regimi disciplinari fanno parte il nuovo codice penale del XVIII secolo, che fa
del corpo del condannato un bene sociale e punto di applicazione della pena, e il grande
emergere di regolamenti militari, scolastici, ospedalieri, per i lavori delle grandi
manifatture tra il XVII e il XVIII secolo.
Queste discipline, sono tecniche per la regolamentazione, nate in risposta alla spinta
demografica del XVIII secolo e alla crescita dell’apparato produttivo, per dirigere l’
‘accumulazione’ degli uomini e quella del capitale.
Della tecnologia del potere è parte centrale la tecnologia del sesso. Nel XVII secolo la
sessualità viene in un certo senso repressa e racchiusa tra le mura familiari attraverso gli
effetti coercitivi delle istituzioni religiose, delle forme pedagogiche, delle pratiche
mediche e delle strutture familiari.
Il sesso dà luogo quindi a tutto un micropotere sul corpo e a misure massicce diventando
il tema di operazioni politiche, interventi economici, campagne ideologiche di
moralizzazione e di responsabilizzazione.
27
La sessualità è un punto di passaggio particolarmente denso per le relazioni di potere, ed
il potere arriva a regolare i comportamenti individuali più minuti5.
L’isterizzazione del corpo della donna, la pedagogizzazione del sesso del bambino, la
socializzazione delle condotte procreatrici, la psichiatrizzazione del piacere perverso
sono tutte politiche del corpo guidate da rappresentazioni del corpo che lo definiscono e
costruiscono socialmente.
Su questa base possiamo guardare alle politiche del corpo come a politiche disciplinari.
Esse producono e normalizzano i corpi, rendendoli funzionali ai rapporti di dominio e
subordinazione (negli apparati di produzione, nelle famiglie, ecc.), senza armi ne
violenza fisica, senza costrizioni materiali. Corpi diventati insomma disciplinati, corretti
o da correggere (Borgna 2005).
“Basta uno sguardo. Uno sguardo che sorveglia, uno sguardo che ciascun individuo,
sentendolo pesare su di sé, finirà per interiorizzare al punto di essere l’osservatore di se
stesso; così ciascuno eserciterà questa sorveglianza su di se e contro di se” (Michael
Foucalt 1977b, p.198).
3.3 La costruzione e la rappresentazione sociale del corpo
Gli oggetti di studio della sociologia del corpo sono la costruzione e la rappresentazione
sociale del corpo. Il processo di costruzione sociale del corpo è guidato dalle
5
Il sesso scrive Foucault “… dà luogo a sorveglianze infinitesimali, a controlli istante per istante, ad
organizzazioni dello spazio di un’estrema meticolosità, ad esami medici o psicologici interminabili, a tutto
un micro-potere sul corpo; ma dà luogo anche a misure massicce, a stime statistiche, ad interventi che
prendono di mira l’intero corpo sociale o gruppi presi nel loro insieme. … E’ per questo che , nel XIX
secolo, la sessualità è inseguita fin nei minimi particolari delle esistenze; è braccata nei comportamenti, le si
dà la caccia nei sogni, la si sospetta dietro le più piccole follie, la s’insegue fin nei primi anni dell’infanzia
…. Ma la si vede anche diventare tema di operazioni politiche, d’interventi economici (attraverso
incitazioni o freni alla procreazione), di campagne ideologiche di moralizzazione o di
responsabilizzazione”….(Foucault 1976°, p 129 trad. it. Cit. Borgna 2005).
28
Rappresentazioni sociali che in parte sono costruite e diffuse da attori sociali
specializzati, che esercitano una funzione normalizzatrice.
I modelli sociali della morfologia, della fisiologia, e del comportamento corporei
passano spesso attraverso l’ interiorizzazione più o meno consapevole e organizzata
delle rappresentazioni, ed in particolar modo delle ‘icone del corpo’, che sono, le
rappresentazioni corporee concrete, esplicite e ‘tangibili’, diffuse all’interno di un
sistema sociale o di un universo culturale e che insieme alle ‘immagini mentali’
intervengono nella costruzione sociale del corpo. Quest’ ultime sono prevalentemente
implicite, preconsapevoli e latenti, rimangono a priori e ovvie per l’individuo e per la
formazione sociale, intervengono nella costruzione sociale del corpo non solo come
contenuti, ma anche come modalità del suo processo.
Per Costruzione sociale del corpo si intendono i processi, i metodi, le strutture e i
contenuti espliciti e impliciti attraverso i quali una interazione o formazione sociale
agisce in modo organizzato e costante sulla morfologia, la fisiologia e i comportamenti
del corpo e/o di sue parti.
Si parla di costruzione sociale della morfologia quando il modellamento sociale riguarda
caratteristiche di antropologia fisica e antropometria: le mani, i piedi, il volto, ecc.
Si tratta di mutilazioni e deformazioni legate al genere, allo status sociale, alla
condizione socio-economica o professionale, all’alimentazione e ad altre variabili
sociologicamente rilevanti.
La costruzione sociale della fisiologia condensa il modellamento sociale del
funzionamento interno dei corpi. Si pensi ad esempio alle diversità sociali e culturali
riscontrabili nelle modalità e nei tempi dei bisogni e funzioni fisiologiche cosiddette
‘primarie’ (l’appetito e il mangiare, l’attività sessuale, i processi cognitivi, ecc.) e alle
correlate diversità nelle caratteristiche morfologiche e nel funzionamento degli organi
corrispondenti.
Il modellamento sociale del comportamento riguarda invece i gesti, gli atteggiamenti, le
posture, il lavoro, le scelte ‘spontanee’ delle attività di gioco e di tempo libero, le scelte
sportive, che obbediscono a rigidi pattern sociali, generazionali ecc.
Anche se sicuramente è più comodo lavorare sulle rappresentazioni, e in particolare sulle
icone (più accessibili rispetto a dimensioni latenti), e la costruzione sociale del corpo
29
eccede vistosamente il sistema delle rappresentazioni esplicite, tuttavia le immagini
mentali, in quanto sono soprattutto implicite e preconsapevoli, intervengono nella
costruzione sociale del corpo non solo come contenuti, ma anche come modalità del suo
processo. Infatti anche se tutti sono esposti alle stesse rappresentazioni, in ognuno queste
producono effetti diversi.
Interdipendenti e intrecciate, le costruzioni e le rappresentazioni sociali del corpo
producono il corpo come costrutto sociale, che è l’oggetto principale della sociologia del
corpo.
Ci sono però alcuni ostacoli da non sottovalutare per quanto riguarda lo studio del corpo.
Innanzitutto l’obiettivo della sociologia del corpo è molto vasto. Esso comprende tutte le
pratiche sociali in cui esso viene messo in gioco. E’ infatti supporto necessario di tutte le
attività individuali: è base per l’avvio del processo di socializzazione e di acquisizione
delle identità di genere ed è costantemente presente. Secondariamente, la comparsa di
pratiche e discorsi scientifici sul corpo, di dibattiti sociali, fanno si che esso appaia
sempre più pervasivo ma, al contempo, un concetto che resta sfuggente e difficilmente
indagabile. 12
4. L’IDEALE CORPOREO ATTRAVERSO LA STORIA
Da sempre la donna è considerata l’incarnazione della bellezza.
La comunicazione per immagini si impone precocemente all’interno dell’evoluzione
culturale dell’uomo, anticipando la funzione della parola e quindi una funzione
fondamentale. In questo contesto la riproduzione delle forme femminili ha assunto anche
un carattere simbolico per cui la bellezza è sempre stata associata a linee morbide,
rotonde, che possono essere ricondotte all’abbondanza e alla fertilità.
30
A partire dal paleolitico si
diffondono in un’area
vastissima (dall’Europa
occidentale alla Siberia)
delle sculture antropomorfe
rappresentanti figure
femminili dette “veneri”.
Tali immagini presentano
caratteristiche comuni che
esemplificano con chiarezza
un tipo di società patriarcale
e vanno intese come
simbolo di maternità e fecondità: i seni e i ventri abbondanti, i contorni rotondeggianti e
l’abbondanza delle forme.
Durante tutto il rinascimento Scrittori, poeti, pittori e scultori hanno riprodotto le forme
della donna chi con versi chi con opere d’arte, considerandole creazioni divine, e
apprezzandone sempre le linee morbide.
L’ideale corporeo in tutto il corso della storia, è stato difficile da raggiungere e spesso
innaturale. Le donne si sono dovute sacrificate e hanno sofferto per ottenerlo.
Così è cambiato nel tempo:
Nel periodo coloniale c’era bisogno che le donne lavorassero i campi e facessero figli
per lo stesso motivo. Infatti erano preferite donne fertili, forti fisicamente e abili.
All’inizio del diciannovesimo secolo si preferivano donne con vita sottile (era
desiderabile per un uomo dell’alta società riuscire a cingere la vita dell’amata con le
mani). Se le donne erano troppo fragili per lavorare, i proprietari delle piantagioni
potevano giustificare l’uso di schiavi, infatti molta enfasi è stata posta sulla fragilità
femminile che faceva di una donna un candidato più attraente per il matrimonio. In quel
31
periodo il corsetto diventa il top per la moda nonostante provocasse gravi danni: il fiato
era più corto (la mancanza di respiro poteva portare a polmonite), gli organi viscerali si
dislocavano, le donne con importanti risorse finanziarie arrivavano anche a farsi
rimuovere le costole.
Tra Ottocento e il Novecento i depositari della bellezza femminile, che vennero a
sostituire l’arte figurativa e plastica, furono la moda, la fotografia ed il cinema. Il loro
successo ebbe come sfondo la fase di espansione della società industriale europea, la
nascita delle metropoli e il fenomeno di urbanizzazione.
L’ideale di bellezza femminile si riflette molto nella moda di quel periodo che non si
limitava a vestire il corpo, lo costruiva e lo rendeva bello con l’ausilio del faux cul, il
corsetto, le crinoline.
Questa costruzione artificiale della bellezza del corpo femminile si rifà ad un ideale di
donna con grandi natiche e genitali, un ideale
che qualche decennio prima era incarnato in
una donna di nome Saartjie Baartman6, che per
le sue forme venne soprannominata “Venere
ottentotta”. Dal momento che la moda prende
ancora più piede nella società e che un pubblico
sempre più ampio è interessato, in America
nasce la stampa di moda con le riviste Harper’s
Bazar (1867) e Vogue (1892) così che la
fotografia diventa uno strumento importante
nella diffusione di modelli, e di corpi divenuti
6
Saartjie Baartman (1789-1815), di origini Khoikhoi, venne portata in Inghilterra nel 1815 per essere esibita
come fenomeno da baraccone in giro per l’Europa, per mostrarne le sue “enormi” natiche e genitali (per le
quali le è stato attribuito il soprannome di “Venere ottentotta”, e per essere studiata dagli scienziati
dell’epoca. Morta a causa di una malattia infettiva, parti del suo corpo vennero esposte oscenamente in
mostra a Parigi.(29)
32
serialmente riproducibili. Nasce anche il cinema che con la fotografia contribuisce a
diffondere l’idea di una bellezza femminile in conflitto con la “naturalità”, ricca di
travestimenti, acconciature esagerate, e mascheramenti.
Dice Boudlaire “La seduzione che si sprigiona dalla moda è una sollecitazione verso il
bello quale ideale che muove lo spirito umano sempre insoddisfatto: ed è la donna che
incarna per eccellenza questa seduzione legata all’ornamento e all’apparenza”. Si può
presupporre che qui si pongano le basi moderne della concezione del “bel corpo” sia
come “corpo rivestito”, sia come corpo di genere femminile. E quindi del ruolo di
principali soggetti della moda assunto dalle donne.
Gli ideali di bellezza influenzano le mode, come abbiamo visto per il faux cul, e le mode
in quanto rappresentazioni hanno influenza sulla popolazione.
Tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 nuovi ideali muovono le donne e di conseguenza
influenzano le mode. Le istanze di emancipazione che si manifestano dalla metà dell’800
in Europa e in Nord America con la nascita del movimento femminista spinsero le donne
ad indossare giacca e pantaloni, fasciarsi il seno, tagliare i capelli e fumare sigarette. Le
nuove icone di bellezza erano senza curve, magre e mascoline, simboli di un bisogno e
una richiesta di uguaglianza e parità tra i sessi e dimostrazione di serietà, capacità e
voglia di votare, lavorare e andare a scuola.
Durante la seconda guerra mondiale, gli ideali cambiarono ancora una volta. Gli uomini
erano in guerra e le donne lavoravano e facevano sport nel tempo libero, alcune di loro
formarono squadre sportive professionali, di nuovo la società apprezzava donne
competenti, forti e abili fisicamente.
Dopo la seconda guerra mondiale, tornati a casa gli uomini, nuovamente si enfatizzano
gli ideali della famiglia e del patriarcato, con la donna a disposizione dei bisogni
dell’uomo. Di nuovo negli armadi abiti e gonne e si privilegiano le donne fertili e ricche
di curve come Marilyn Monroe.
33
Nella seconda metà del ventesimo secolo (soprattutto dagli anni sessanta) riprese campo
la lotta per l’emancipazione delle donne, cambiarono nuovamente le loro
rappresentazioni che non erano più unicamente espressione del ruolo di casalinga e
madre. Nasce in questo periodo e si afferma in Europa e Nord America negli anni 60
l’ideale della snellezza, rappresentato dall’emancipata supermodella Twiggy, ben
lontano dalle forme tonde e accoglienti della bellezza italiana del secondo dopoguerra7.
In Italia per più tempo resistette l’ideale di bellezza rappresentato dalle “maggiorate” il
cui corpo in quel periodo era metafora del sogno di opulenza che viveva il paese e che si
sarebbe tradotto nel boom economico.
Mentre nello stesso periodo in Inghilterra e negli Stati Uniti le donne diventarono
protagoniste di un dibattito politico e sociale, in Italia le donne rimanevano oggetto e
non soggetto sulle questioni intorno al loro ruolo nella società, che rimase per più tempo
quello esclusivo di madri e mogli e finalizzato alla riproduzione della specie.
L’ideale di snellezza (sviluppatosi tardivamente anche il Italia), ha radici in significati
ben diversi dal semplice piacere estetico: sminuisce il valore delle donne inducendole a
trasformarsi in oggetti sessuali; simboleggia l’allontanamento dal ruolo sessuale e
l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro (la ricerca di una carriera florida ha alzato
l’età media delle gravidanze), da cui deriva l’adesione a determinati valori maschili quali
l’autocontrollo, la disciplina e l’efficienza; la snellezza inoltre è l’espressione di un se
perfettamente gestito e che riesce a regolasi all’interno di una cultura consumistica nella
quale è difficile gestire gli stimoli di fame e sazietà.
Il compito di rappresentare la bellezza e i modelli femminili sono quindi passati dall’arte
pittorica e plastica dell’antichità e del Rinascimento, alla fotografia e al cinema, fino poi
al sistema di comunicazione di massa attuale dove ad affiancare il televisore che si è
trasformato da tubo catodico a schermo al plasma e non ha certo perso di attrattiva
7
Durante il secondo dopoguerra, in Italia la bellezza femminile era il tema centrale dei mezzi di
comunicazione ed evasione, primo fra tutti il cinema, che ne divenne il principale luogo di costruzione e
propagazione. Accanto al cinema si pongono i varietà e i concorsi di bellezza come Miss Italia.
34
(ancora più importanti sono i cambiamenti avvenuti nei suoi contenuti), sono la
pubblicità, le riviste e il mondo del web sempre più a portata di mano.
Con il tempo è cambiata l’idea della bellezza femminile la cui figura si è sempre più
assottigliata soprattutto negli ultimi decenni. Questo progressivo snellimento dell’ideale
femminile è stato analizzato in diversi studi che hanno preso in riferimento le copertine
delle riviste di moda nelle quali sono sempre presenti bellezze al femminile, e che
testimoniano in modo evidente il fenomeno. 13-16
4.1 Evoluzione delle rappresentazioni dei corpi
È ampiamente dimostrato che il modello di prototipo femminile che figura nei layout di
moda e pubblicità su riviste femminili negli ultimi 20-25 anni è giovane (sotto i 30 anni),
alto, gambe lunghe e molto sottili, pancia piatta.
Un notevole numero di studi ha documentato la tendenza ad un aumento della magrezza
nelle modelle delle copertine di Playboy e nelle concorrenti di miss America a partire
dagli anni 50.
Garner e colleghi (1980)(31) lo studio più vecchio, analizzò le copertine e le concorrenti
di Miss America nel periodo tra il 1959 e il 1978, mentre Wiseman e colleghi (32)
continuarono fino al 1988. Katzmarzyk e Davis (33) esaminarono i cambiamenti nel
peso e nelle forme corporee delle modelle nelle copertine di Playboy dal 1978 al 1998.
Lo studio più recente, di Voracek e colleghi (34) ha analizzato i dati antropometrici
(altezza, peso, circonferenza petto, vita e fianchi) delle modelle centro pagina di 577
numeri consecutivi della rivista dal dicembre 1953 al dicembre 2001. Tutti gli studi
hanno evidenziato una progressiva diminuzione dell’Indice di Massa Corporea (IMC),
della circonferenza del petto e dei fianchi ed un aumento della circonferenza vita. L’IMC
è passato da un valore medio leggermente al di sotto di 20 kg/m2 negli anni 50 ad un
valore medio di 18 kg/m2 nel 200l.
Un altro studio (Sypeck, Gray e Ahrens, 2004 (35)) ha esaminato la taglia del corpo
delle modelle di copertina di quattro riviste femminili (Cosmopolitan, Glamour,
Mademoiselle e Vogue) dal 1959 al 1999. La taglia corporea delle modelle è diminuita
35
significativamente dal 1980 al 1990, mentre tra il 1960 e il 1990 si è verificato un
aumento significativo nella frequenza di immagini raffiguranti l’intero corpo delle
modelle, rispetto agli anni ’50 in cui veniva rappresentato solamente il loro viso.
Un altro interessante studio si spinse più indietro nel tempo ed evidenzò altre variazioni:
Silverstein, Peterson, e Perdue (1986), misurando la rotondezza delle modelle riportate
nel Ladies Home Journal e Vogue dal 1901 fino al 1980, trovarono che questa diminuì
fortemente durante il periodo tra il 1910 e il 1930, aumentaò tra il 1930 e il 1950, e poi
bruscamente diminuì nel corso del 1960 ad un livello costantemente basso alla fine di
quel decennio e per tutto il 1970.
Inoltre fu evidente che l’aumento dell’incidenza dell’anoressia nervosa andò di pari
passo con la diminuzione del peso delle modelle, passando da 0,2 casi per 100.000
abitanti per anno nel 1941-1950 a 5,4 per 100.000 abitanti per anno nel 1991-2000 (36).
La figura 2 riporta le foto affiancate delle icone di bellezza di tre diversi periodi storici:
la moglie di Rubens (1636-8), Marilyn Monroe (1952) ed Eva Herzigova (2001).
Figura 2
36
4.2 Lo sguardo sul femminile e la consapevolezza del giudizio
Il cambiamento delle rappresentazioni avvenuto nel corso del tempo è stato
accompagnato da un significativo aumento della loro diffusione e fruibilità volontaria o
involontaria che sia. La quotidiana e continua esposizione di corpi femminili nudi o poco
vestiti, perfetti, giovani e snelli rende conto di quella che può essere chiamata la “norma
dell’esposizione” che fa in modo che sia considerato normale dalle donne sentirsi
esposte e sottoposte allo sguardo e al giudizio altrui, soprattutto quello maschile, dal
quale giudizio poi dovrebbe derivare la loro autostima (da questa norma deriva anche il
timore del giudizio stesso), condizione questa che rende sempre attuale il vecchio
squilibrio di potere dovuto alla disparità tra i sessi.
Accendendo la televisione (telefilm, programmi tv e pubblicità), buttando lo sguardo sui
cartelloni pubblicitari delle città o su una qualsiasi rivista rivolta al pubblico femminile o
maschile (che non parli di cucina o motori), ci possiamo accorgere di quanto sia parte
della nostra società l’esposizione femminile, esposizione che in tal modo diventa una
norma per qualsiasi donna che sa di doversi esporre allo sguardo e al giudizio altrui. Ne
deriva uno sbilanciamento dei rapporti di potere tra chi guarda e chi è guardato,
ridefinizione di un antico squilibrio di potere tra i sessi. Chi è guardato risulta
indubbiamente depotenziato e vulnerabile.
Il problema grosso è che questo giudizio non solo è accettato e ritenuto legittimo dalle
donne, ma da esse è anche interiorizzato in un continuo auto giudizio che segue i canoni
di valutazione maschili.
Le donne si sorvegliano come se fossero sotto lo sguardo maschile, ciò determina in
buona misura i rapporti tra uomini e donne ma ancor più importante il rapporto delle
donne con se stesse avendo dentro di se un sorvegliante maschio e un sorvegliato
femmina. Quindi con la crescita dell’autonomia, dei diritti e del potere delle donne è
cresciuta anche l’oggettivazione del loro corpo e della loro immagine costantemente
esposta e giudicata. Le donne consapevoli di essere sempre potenzialmente esposte al
37
controllo, sono costantemente preoccupate per il loro aspetto e spendono molto tempo ed
energie nel controllarne l’adeguatezza.
La regola dell’esposizione e l’irraggiungibilità dei modelli richiesti dal mito della
bellezza e della snellezza rendono vulnerabili le donne andando ad agire sulla loro
autostima. Mentre è facile osservare e capire la dilagante importanza attribuita
all’apparenza femminile e all’oggettivazione dei corpi delle donne, è meno
comprensibile il motivo per il quale questo fenomeno non viene combattuto dalle donne,
ma accettato e legittimato.
Una spiegazione può essere che lo squilibrio di potere operato dalla norma
dell’esposizione rafforza il senso di sicurezza negli uomini e allo stesso tempo quello di
dipendenza e bisogno di approvazione nelle donne.
Quali possono essere però i motivi che impediscono alle donne di ribellarsi a questo
fenomeno? In prima battuta ha un ruolo importante il fatto che questo meccanismo vada
a ledere l’autostima delle persone colpite le quali rimangono in silenzio a causa del
senso di vergogna creato dalla norma dell’esposizione. In secondo luogo non vi è un
chiaro specifico agente contro cui lottare. Ogni giorno le immagini della moda, quelle
circolanti attraverso i media si insinuano nella mente delle persone a piccole dosi fino a
far diventare l’esposizione una cosa normale e accettata.
Potrebbe poi essere posta la domanda: la donna che non cura il suo corpo, che ha un
fisico trascurato e il viso sciupato, non è forse lei stessa “colpevole” del suo aspetto?
Altro aspetto importante: la forma di azione basata sulla lotta e le rivendicazioni non può
avere successo in questo contesto, perché anche se come abbiamo detto si tratta di
questioni di rapporti di potere, questi non sono i primi a saltare all’occhio, infatti è molto
più evidente l’effetto che fa l’apprezzamento estetico sull’autostima femminile e sulla
convinzione di poter meritare amore, ed è difficile pensare ad una lotta contro ciò che ti
fa meritare amore ed essere oggetto di desiderio. Passano così in secondo piano l’effetto
depotenziante e le relazioni di potere tra i sessi. Ultimo ma non per importanza, il fatto
che la competitività che si forma tra donne per l’approvazione rende impossibile
un’azione comune contro la norme.
38
Il fatto che le donne ricorrano a diete pericolose, alla cosmesi, alla chirurgia estetica e a
tutto ciò che può aiutarle a migliorare il loro aspetto non deve essere visto come una
libera scelta, semplice narcisismo o piaceri che le donne concedono a loro stesse, ma è la
risposta ad una norma che impone loro di adeguarsi a determinati standard considerati la
“normalità”.
Il corpo modellato dalle donne non è un corpo “per se” ma un corpo “per gli altri”. 13
5 LA RAPPRESENTAZIONE DI GENERE DIFFUSA DAI MEDIA
I media rappresentano da tempo uno degli indicatori più importanti per comprendere e
analizzare il mutamento sociale. Ma allo stesso tempo sono loro stessi importanti
soggetti nella costruzione della realtà sociale.
Un primo aspetto importante da considerare è l’impatto che i modelli di genere veicolati
dai media esercitano sull’immaginario giovanile e sul processo di costruzione
dell’identità soggettiva. Essi dal momento in cui danno valore positivo o negativo a
determinati modelli femminili e maschili (ruoli, comportamenti, azioni, aspetto fisico, e
abbigliamento), influenzano i processi di socializzazione al genere e orientano i giovani
nella formulazione dei propri progetti identitari, avendo anche posizione privilegiata
rispetto alle agenzie di socializzazione tradizionali, grazie alla loro facile accessibilità, e
alla varietà e appetibilità dei contenuti.
A partire dalle rivendicazioni femministe degli anni Sessanta e Settanta è iniziato un
periodo di mutamenti sociali che hanno visto modificarsi i vecchi stereotipi attribuiti ai
generi femminile e maschile, anche la rappresentazione di genere proposta dai media è
diventata piuttosto varia e diversificata, ossia sempre meno ancorata ai tradizionali
stereotipi di genere (come la classica casalinga o l’uomo di successo). Nascono così, per
esempio, la donna moderna e l’uomo nuovo. Attualmente i modelli proposti sono
molteplici, con messaggi e informazioni contrastanti, non c’è più un’unica definizione
39
dei concetti di “femminilità” e “mascolinità”, i cui confini sono diventati sempre più
permeabili. Alla molteplicità delle rappresentazioni di genere si contrappone l’univocità
delle rappresentazioni dei corpi, per quanto riguarda nello specifico l’aspetto fisico di
donne e di uomini si tende a valorizzare un solo modello corporeo.Vige l’ideale di
snellezza per le donne e quello della tonicità muscolare per gli uomini. Entrambi i sessi
inoltre sono invitati a mantenersi “giovani” il più a lungo possibile.
5.1 La donna moderna e l’ideale di snellezza
Ad affiancare le immagini della casalinga e della donna oggetto arriva la figura della
donna moderna, emancipata, indipendente e lavoratrice, sempre molto curata, bella e
giovane e sessualmente audace. La rappresentazione di questo tipo di donna è però ricca
di contraddizioni e ambivalenze. Ne sono un esempio i contenuti di una famosissima
rivista di moda, Cosmopolitan (nata nel 1964 negli stati uniti), e la serie televisiva Sex
and the city. La donna qui rappresentata è interprete delle istanze femministe della
liberazione sessuale della donna e della parità tra i sessi ma al contempo è evidente che
ogni sua azione è in funzione dell’uomo che rimane perennemente al centro dei suoi
pensieri, ed è rimasta, come nella cultura patriarcale dipendente dall’approvazione degli
uomini (approvazione che la rende sicura). La cura ossessiva del corpo per una perfetta
forma fisica (secondo l’ideale di snellezza) e del look (cosmesi, abiti, biancheria intima
sexy), la volontà di apparire sexy può essere letta come fonte di gratificazione personale
e di autoaffermazione, ma ancor più come bisogno di piacere e di essere desiderate,
come strumento per l’approvazione da parte degli uomini. In queste rappresentazioni
troviamo la coesistenza di valori conservatori legati alla tradizione come il sogno
romantico del matrimonio e della famiglia, e di valori contemporanei come
l’individualizzazione (desiderio di affermazione personale che esprime la capacità di
investire e contare su di sé).
Secondo alcune studiose nei prodotti dei media che hanno come soggetto la donna
moderna, il femminismo viene soppiantato da una posizione postfemminista secondo la
quale le donne sono libere di pianificare la propria vita (valore dell’individualizzazione
40
femminile) senza che sia necessario escludere il romanticismo o il piacere di piacere,
desideri che il femminismo storico induceva a sacrificare (“essere libere di decidere per
se”) (Arthurs 2003(37)).
Il Femminismo viene soppiantato anche dal narcisismo, il “il piacere di piacere a se
stesse” (Rosalind Gill, 2007), l’autoaffermazione, la seduzione attiva e consapevole e
l’autoerotismo. La studiosa critica il fatto che il corpo viene presentato come una forma
di potere femminile (il potere di sedurre), le donne non normalizzano e oggettivano il
loro corpo solo per piacere agli uomini, ma per piacersi, e si guardano con occhi
maschili perché ormai hanno interiorizzato lo sguardo con cui vengono osservate dagli
uomini. E le donne (la maggior parte di esse) si piacciono solo se il loro corpo rientra nei
canoni di bellezza dominanti, quelli dell’ideale della snellezza, e del mito dell’eterna
giovinezza e sensualità ( i personaggi pubblici femminili sono sanzionati negativamente
quando sono “fuori forma” o esibiscono il look “sbagliato” trasgredendo quella che è
diventata la norma e un obbligo sociale: essere sexy sfidando il tempo che passa, il corpo
perfetto è il requisito richiesto obbligatoriamente alle donne di successo).
Nasce il mito della Superwoman, è la donna che ha successo in ogni campo della vita, da
quello professionale a quello sessuale e amoroso, dalle relazioni sociali ai figli.
“Se le donne oggi godono di una pseudo-liberazione dai ruoli familiari, sono però
divenute schiave della nuova cultura del narcisismo e del consumismo” Turne 2008.
5.2 L’uomo nuovo e l’ideale del corpo tonico e muscoloso
A seguire il mutamento dei modelli femminili e delle sue rappresentazioni è stato il
mutamento dei modelli maschili, dei loro ruoli e del concetto di mascolinità. I nuovi
ruoli femminili di donne mogli madri e lavoratrici hanno scardinato l’ideale dell’uomo
capofamiglia rigido e tradizionalista, che si è adattato al cambiamento dei tempi e si è
aperto alle novità. E’ diventato libero di esprimere i propri sentimenti (ad esempio quelli
verso i figli) e le proprie sensibilità. Il così detto uomo moderno è un uomo al passo con
41
i processi di modernizzazione della società, tra i quali ricordiamo il nuovo ruolo
femminile e l’incremento dei consumi.
Segue così il cambiamento della rappresentazione dell’uomo trasmessa dai media. A
sostituire l’immagine dell’uomo di successo e macho, emerge un uomo più sensibile,
padre, capace di occuparsi delle faccende domestiche e al tempo stesso impegnato a
curare e mostrare il proprio corpo e look con un accentuato narcisismo e un forte piacere
nel consumare, è l’uomo nuovo.
La novità è che non è più il solo corpo femminile ad essere mostrato ed oggettivato (ed
erotizzato), ma anche quello maschile mostrato spesso nudo e seminudo a richiamare e
legittimare lo sguardo femminile o (female gaze), e come è avvenuto per le donne, anche
per gli uomini si è imposto un unico modello di corpo ideale, quello tonico e muscoloso
da progettare e costruire. Modello che viene sfruttato commercialmente. Cresce in
maniera esponenziale il mercato della cosmesi, della moda, del fitness e della chirurgia
estetica indirizzato specificatamente all’uomo, nascono riviste di moda maschile come
Loaded, Men’s Healt, For Man Magazine, Fox Uomo. Il corpo tonico e muscoloso è
diventato al tempo stesso un’icona culturale, simbolo del successo sia in campo
lavorativo che sentimentale e sessuale. Curare il proprio corpo e allenarsi nelle palestre è
considerato un atteggiamento corretto per sconfiggere il tempo e poter essere giovani e
belli per sempre.
5.3 Identità di genere e autostima
Le rappresentazioni dei concetti di femminilità e maschilità trasmesse dai media sono in
un certo senso contraddittorie. A uomini e donne vengono richieste contemporaneamente
caratteristiche di entrambi i sessi. Ad esempio le donne devono essere al contempo
indipendenti e docili, carrieristiche e materne, vengono rappresentate magrissime e con
atteggiamenti maschili mentre mostrano gambe, glutei e seni che rievocano la
femminilità tradizionalmente intesa. Mentre agli uomini viene chiesta dolcezza,
sensibilità ed espressione della propria affettività, ma devono essere anche forti e di
successo, vengono rappresentati spesso con corpi forti e muscolosi e lineamenti del viso
42
dolci e femminei. Viene così rappresentata una più libera distribuzione di ruoli e
caratteristiche tra i due sessi, così che ognuno possa essere ciò che vuole, o almeno
questa potrebbe essere a prima vista l’idea trasmessa che però viene subito bilanciata da
un unico modello di forma corporea che come abbiamo detto per le donne è quello
dell’ideale di snellezza e per gli uomini quello del corpo tonico e muscoloso, unici
modelli associati a bellezza e desiderabilità.
Il messaggio che passa attraverso i media è quello della possibilità di modellare il
proprio corpo a piacimento e con risultati immediati e soddisfacenti tramite diete e
prodotti miracolosi o chirurgia estetica, un corpo che diviene progetto, e il successo di
questo progetto è legato direttamente al successo nella vita. L’adesione a certi canoni è
espressione del desiderio di appartenenza e di integrazione sociale.
Il messaggio trasmesso sulla facilità di modificazione a piacimento del proprio corpo
può portare chi non riesce in questo intento ad una sensazione di fallimento e ad una
diminuzione dell’autostima. La pressione creata dall’enfasi posta sul culto del corpo dai
media colpisce prevalentemente le donne che più degli uomini non riescono ad accettare
di avere un corpo “imperfetto”, perché sono educate a far derivare gran parte dei giudizi
positivi altrui dal loro aspetto fisico, parte integrante dell’identità femminile. Le donne
sono inoltre abituate a guardarsi con occhi maschili e a giudicarsi inadeguate rispetto ai
canoni di bellezza attuali, e considerano il grasso un segno di inferiorità. I modelli
corporei premiati dai media hanno reso più difficile accettarsi come si è, anche perché
si pensa che vengano preferiti dall’altro sesso molto più di quanto non accada nella
realtà. 13
43
6. L’ESPOSIZIONE AI MEDIA COME FATTORE DI RISCHIO
PER LO SVILUPPO DEI DCA
L’argomento qui trattato, negli ultimi decenni ha coinvolto fasce sempre più ampie di
popolazione e suscitato l’interesse di moltissimi studiosi e medici che si occupano di
DCA.
Riporterò i risultati di alcuni studi che hanno contribuito alla dimostrazione del ruolo
assunto dai Media nello sviluppo dei DCA, e a spiegare il loro meccanismo d’azione.
6.1 Immagine corporea
La maggior parte delle persone limitano l’idea di immagine8 corporea all’apparenza
fisica, alla bellezza e all’essere attraenti. Ma ovviamente non è solo questo. È la
rappresentazione mentale di noi stessi. Uomini e donne hanno un’immagine interiore
ideale del proprio corpo attuale o percepito come tale. Questa è differente nelle diverse
situazioni (come per esempio essere vestiti oppure essere sulla spiaggia in costume da
bagno). Non è influenzata solamente dai nostri sentimenti, ed influenza gran parte del
nostro comportamento, emozioni, pensieri ed autostima operando sia a livello della
coscienza sia al di fuori della nostra consapevolezza, nel privato e nello spazio sociale.
La percezione del corpo, le emozioni e le nostre convinzioni orientano i nostri progetti di
vita, ma anche le nostre azioni quotidiane, chi incontriamo, chi sposiamo, la natura delle
nostre interazioni, il nostro benessere quotidiano e la tendenza ad avere disturbi di natura
psicologica.
Le esperienze che ognuno ha all’interno della propria cultura sicuramente sono
influenzate anche da caratteristiche fisiche come peso, altezza, taglie corporee, e in
8
“L’immagine del nostro corpo che ci formiamo nella mente, e cioè il modo in cui il nostro corpo ci appare”
(Schilder, 1935).
44
modo diverso da persona a persona. Esperienze, con la famiglia, gli amici, il coniuge e i
partners che interessano l’immagine corporea che possono essere positive o negative.
Fattori individuali psicoemotivi come la tendenza verso la depressione, l’ansia, un senso
generale di benessere influenzano i sentimenti e le percezioni che riguardano il corpo.
Perciò possiamo affermare che i fattori culturali giocano un ruolo centrale: noi siamo
influenzati dagli stereotipi culturali riguardanti l’ apparenza fisica e dai modelli che li
rappresentano. 6-17
6.2 I modelli ideali
L’attuale società occidentale è sempre più fondata sul mondo dell’apparenza e
dell’esteriorità divulgato da riviste, televisione, radio e mezzi multimediali.
I modelli estetici rappresentati seppur spesso irrealizzabili per la maggior parte delle
persone, vengono presentati come facilmente raggiungibili con un po’ di buona volontà,
fino a confondere i limiti tra un ideale di fantasia e la realtà. I livelli di magrezza
proposti pericolosi per la salute si scontrano con la normale fisiologia e fisionomia della
maggior parte delle persone. Spesso inoltre non si tiene conto del lavoro che si cela
dietro le immagini proposte e uniformate all’insegna della magrezza, non si parla
dell’esercizio fisico, delle restrizioni alimentari, delle operazioni di trucco e di
fotomontaggio, che portano al risultato finale.
Purtroppo questo ideale diffuso dai media non assume soltanto un significato estetico ma
è associato a valori più profondi, al successo in qualsiasi campo della vita,
all’apprezzamento e all’accettazione sociale al punto che la magrezza e il rigido
controllo del peso vengono apertamente “glorificati” mentre la grassezza è svilita fino ad
essere definita non salutare, immorale e brutta. L’adesione a certi canoni è diventato così
un bisogno e una necessità.
45
Esempi di messaggi trasmessi dai media possono essere i seguenti:
1. La bellezza è il principale obbiettivo nella vita di una donna.
2. La magrezza è cruciale per raggiungere il successo e il benessere.
3. L’immagine è sostanziale.
4. È naturale che le donne siano consapevoli del proprio corpo e che siano
indissolubilmente legate ad esso.
5. Il “grasso” dimostra la loro personale responsabilità per essere deboli, delle fallite
ed impotenti.
6. Una donna “volitiva” e “vincente “ può rinnovarsi e trasformarsi attraverso la
moda, la dieta e l’esercizio fisico rigoroso.
Ho già trattato nel capitolo quattro quali sono stati i cambiamenti dell’ideale corporeo
attraverso la storia, e riportato i vari studi che analizzano in particolar modo i
cambiamenti avvenuti a partire dagli anni 50. È ampiamente dimostrata la tendenza ad
un aumento della magrezza dei corpi femminili diffusi dai media, e il contemporaneo
aumento di incidenza dei disturbi del comportamento alimentare. 7
6.3 Teorie del confronto sociale e della coltivazione
Per comprendere meglio l’influenza che hanno i mass media su immagine corporea,
spinta alla magrezza e disturbi alimentari, è interessante conoscere il significato della
teoria del confronto sociale e della teoria della coltivazione. 18
Teoria del confronto sociale (Psicologia sociale)
In accordo con la teoria del confronto sociale di Leon Festinger (1954), gli individui
hanno una tendenza a giudicare e valutare se stessi attraverso il confronto con gli altri.
Questa teoria distingue due tipi di confronto: quello verso il basso e quello verso l’alto.
Quando una persona si ritiene giusta, o confronta se stessa con qualcuno che ritiene
peggiore, mostra accresciuta autostima e minor rabbia. Quando viceversa si confronta
46
con coloro che ritiene essere superiori, l’aumento della depressione e della rabbia si
fanno sentire insieme ad una diminuzione del senso di autostima. Questa teoria afferma
anche che noi siamo spinti a cercare persone con caratteristiche simili alle nostre ma con
qualità maggiori per poi avere un confronto verso l’alto. Poiché le immagini di modelle e
persone dello spettacolo sono prontamente visibili al pubblico esse diventano riferimenti
sociali per molti individui.
Questa teoria aiuta a spiegare la spinta verso la magrezza espressa da molte donne e in
particolar modo da quelle con problemi alimentari. Per la persona media un confronto
con un modello raffigurato dai media molto magro e attraente è un confronto verso
l’alto. E’ più facile capire quindi il legame tra l’esposizione ai media e i successivi effetti
sull’immagine corporea, la spinta verso la magrezza e altri sintomi dei disturbi
alimentari. L’esposizione a immagini snelle degli individui in televisione o nelle riviste
(o altri media), creano soprattutto nelle donne una tendenza ad internalizzare e
idealizzare tali tipi di corpo, confrontandosi con queste immagini e sentendo il divario
molto grande, cercano di chiuderlo per diminuire l’insoddisfazione corporea che da
questo deriva. La teoria del confronto sociale sembra essere una spiegazione
autosufficiente per gli effetti negativi dei media sulla soddisfazione corporea. 18
Teoria della coltivazione
Questa teoria fu per la prima volta sviluppata da Gorge Gerbner (1969) a metà del 1960
e si riferisce soprattutto all’esposizione televisiva. In accordo con questa teoria
l’esposizione ai media “coltiva” credenze e atteggiamenti che corrispondono al mondo
dipinto dai media, che non può essere uguagliato a quello reale. La realtà mostrata in
televisione o in altre creazioni dei media non si traduce nella realtà sociale (per esempio,
se uno show televisivo mostra una donna snella e attraente mentre consuma cibi
preconfezionati e non fa esercizio, vengono comunicate allo spettatore informazioni
incomplete circa il legame tra dieta, fitness e aspetto fisico). Questa teoria predice che la
gente che è esposta a maggiori livelli di televisione avrà atteggiamenti che sono più
riflessivi della realtà dei media, e meno riflessivi delle realtà sociali del mondo reale.
Quindi predice anche come l’esposizione ai media potrebbe influenzare gli atteggiamenti
47
e i comportamenti relativi all’immagine corporea, alla spinta verso la magrezza e ai
disturbi alimentari. Se gli individui sono ripetutamente esposti alla visione del corpo
ideale del mondo televisivo, possono interpretare male tali rappresentazioni come
rappresentative del mondo reale piuttosto che del mondo dei media.
Chi è più esposto ai media vede il mondo dei media come riflettente il mondo reale, e
più guarda le immagini medianiche come sinonimi di vita quotidiana, più è probabile
che percepisca gli individui presentati dai mass media come immagini speculari di se
stesso. E dal momento che celebrità e altre figure sono spesso ritratte con vite più
glamour e appaganti rispetto alle persone di tutti i giorni, una forte esposizione a questi
modelli aumenta la possibilità di un confronto verso l’alto, in ascesa sociale. 18
6.4
Effetto dei media
Alla luce di queste considerazioni è più comprensibile una correlazione positiva tra il
livello di esposizione ai media e :
1. Maggiore spinta verso la magrezza.
2. Maggiori livelli di disordini alimentari.
3. Una forte internalizzazione dell’ideale magro.
Un esempio degli effetti negativi proposti dai mass media in relazione ai disturbi del
comportamento alimentare 19

promozione dell'importanza dell'immagine come sostanza

patrocinio di individualità pur limitando gli standard di bellezza fisica ad un campo ristretto

creazione di snellezza come il "gold standard" per una gamma ristretta di forme del corpo
ideale, che a sua volta crea ansia diffusa, la coscienza di sé e insoddisfazione per il peso
corporeo e la forma del corpo

glorificazione della snellezza come un testamento alla bellezza, forma fisica, morale e
femminile che però si rivelano irrealizzabili senza l’utilizzo di abitudini alimentari
pericolose
48

promozione della snellezza come il percorso per il successo sociale, sessuale, e
professionale per le donne

aperta avversione al grasso e alle donne grasse

comunicazione a chi non ha una forma ideale che la propria vita potrebbe essere migliore
con un corpo magro.

l'accento sulla possibilità, opportunità, e la sicurezza di trasformazione personale attraverso
la moda e la dieta

creazione di ruoli di genere sulla base di aspettative impossibili

attribuzione di altri significati al cibo (nostalgia, sensualità, essere una brava madre e
moglie, divertimento) e creazione di un innaturale bisogno di esso
Molti modelli multifattoriali dei disturbi del comportamento alimentare (per esempio,
Garfinkel & Garner, 1982) collocano i media sotto il titolo di “fattori di rischio
socioculturali” senza una grande attenzione al meccanismo di influenza. In analisi più
elaborate i media sono interpretati come strumenti di propaganda al servizio del
patriarcato e delle grandi imprese (Bordo,1993; Wolf,1991). Qualunque sia il consenso
teorico che esiste sembra ruotare intorno a due punti. In primo luogo, i mass media
producono e riflettono le forme del corpo, gli stili dell’abbigliamento, e altre immagini
che simboleggiano complessi temi di genere, razza, classe, bellezza, identità, desiderio,
successo, e autocontrollo nelle società postindustriali (Bordo,1993; Gordon, 1990;
Kilbourne,1994; Nichter & Nichter, 1991; Stice,1994). In secondo luogo, i mass media
sono parte di una rete socio-culturale (che include le famiglie, i coetanei(la rete dei pari),
le scuole, lo sport, gli affari, e gli operatori sanitari ) che genera e legittima una serie di
effetti, principalmente nelle femmine, che si combinano con diversi moderatori per
produrre il continuum dei disturbi alimentari (Stice,1994). 19
49
6.5 Il contributo della ricerca
Il tema dell’influenza mediatica sui comportamenti alimentari delle persone ha suscitato
molto interesse, interesse che continua a crescere dal momento che è necessario
conoscere i fattori causali dei problemi alimentari per poi attuare politiche di
prevenzione e nuove strategie terapeutiche. Di seguito sono riportati alcuni dei numerosi
studi che confermano la teoria dell’ipotesi eziologica socio-culturale dei DCA.
Uno studio fondamentale per dimostrare l’influenza dei Media sull’immagine corporea e
i disturbi alimentari, è quello condotto da Anne Becker su due campioni di studentesse
nella provincia di Nandroga delle isole Fiji nel 1995 (qualche settimana prima
dell’introduzione della televisione satellitare) e nel 1998 (dopo tre anni di esposizione
alla televisione satellitare).
Le ragazze delle Fiji che erano tradizionalmente incoraggiate ad un sano appetito
avevano come ideale un tipo di corpo rotondo a significare salute e fertilità. La forte
identità culturale era protettiva nei confronti dei disordini alimentari; c’era stato un solo
caso di anoressia nervosa nell’isola prima del 1995.
A seguito di esposizione prolungata alla televisione, la percentuale di persone che
facevano diete è aumentata dallo 0% al 69%, quella di studentesse che hanno riferito
l’uso del vomito auto-indotto dallo 0% all’11%, ed è aumentata significativamente la
prevalenza degli indicatori chiave dei disturbi alimentari.(Becker e coll. 2002, Becker
2004) Uno studio narrativo correlato ha evidenziato che le ragazze delle Isole Fiji
esposte alla televisione percepivano di avere maggiori opportunità economiche e sociali
con la perdita di peso e che citavano come ispiratori della loro perdita di peso gli
attraenti attori di shows come Beverly Hills 90210 e Melrose Place. In questo contesto
culturale, i media sembrerebbero avere promosso il valore sociale di magrezza e aver
incoraggiato diete restrittive e un corpo rimodellato come strategia per il progresso
sociale ed economico ( Becker & Hamburg, 1996).
50
Una serie di studi ha esaminato la correlazione tra la fruizione dei media e la
soddisfazione corporea, la sintomatologia dei disturbi alimentari e le influenze negative.
La maggioranza degli studi ha dimostrato una relazione diretta tra esposizione mediatica
e patologia alimentare, insoddisfazione corporea e influenze negative (Stice e coll.1994,
Stice & Shaw 1994, Utter e coll. 2003).
Esposizione ai media e insoddisfazione corporea
Tiggermann e Slater hanno evidenziano che una breve esposizione a video musicali
enfatizzanti la magrezza e con donne magre e attraenti induce ad aumentare il confronto
sociale e l’insoddisfazione corporea (Tiggemann & Slater , 2004).
Esposizione ad immagini e insoddisfazione corporea
Halliwell e Dittmar hanno assegnato casualmente a dei partecipanti di sesso femminile il
compito di guardare stampe di pubblicità con modelle magre, modelle di corporatura
media e ragazze non modelle. Tra le donne che avevano interiorizzato un ideale fisico di
magrezza, il guardare foto di modelle magre si è associato allo sviluppo di
preoccupazioni più elevate sul peso, rispetto all’esposizione di modelle normopeso o non
modelle (Halliwell & Dittmar, 2004).
Pinhas e colleghi e Cameron e Ferraro hanno evidenziato che l’esposizione a immagini
di modelle magre influisce negativamente sul tono dell’umore e aumenta
l’insoddisfazione per il proprio aspetto fisico e il peggioramento è maggiore in chi già
parte da livelli più alti d’insoddisfazione corporea (Pinhas e coll.1999, Cameron &
Ferraro 2004).
Questi e molti altri studi sperimentali controllati sono stati condotti per comprendere
meglio il rapporto diretto di causalità tra l'esposizione mediatica e l'insoddisfazione del
corpo e disturbi alimentari. I ricercatori hanno esaminato sperimentalmente il ruolo dei
media nel causare disturbi del comportamento alimentare tramite l’esposizione di
giovani donne ad immagini di modelle snelle delle riviste di moda, e misurando la
51
soddisfazione corporea, la spinta alla magrezza, la patologia alimentare, l’umore, e
l’autostima prima e immediatamente dopo l’esposizione (Stice & Shaw 1994, Pinhas e
coll.1999, Martin & Kennedy 1993).
Hanno mostrato che i giovani frequentemente riferiscono insoddisfazione corporea, e
che le ragazze adolescenti sperimentano più insoddisfazione corporea rispetto ai ragazzi
(Field e coll. 1999, Labre 2002). Le ragazze adolescenti generalmente vogliono pesare di
meno, mentre i ragazzi adolescenti vogliono essere più grandi e forti.
I risultati di questi studi sperimentali controllati sono stati uniti ad alcuni studi che
dimostrano anch’essi che le donne esposte alle immagini snelle dei media subiscono un
incremento di insoddisfazione del corpo e il disagio emotivo (Stice & Shaw 1994,
Pinhas e coll.1999), e altri che invece non trovando effetti immediati (Martin & Kennedy
1993, Champion & Furnham 1999).
Tutti questi risultati spinsero Groesz e colleghi a condurre una meta-analisi di 25
esperimenti controllati che coinvolgevano soggetti di sesso femminile, perciò esaminò
l’effetto dell’esposizione a immagini dei media raffiguranti l’ideale di corpo snello. I
risultati della meta-analisi hanno dimostrato che la soddisfazione del corpo per le
femmine è significativamente più bassa dopo aver visto le immagini di donne magre che
dopo la visione delle immagini di controllo sia delle modelle di taglia media , che
grande, sia di oggetti inanimati. Effetto che fu trovato essere più forte in donne più
giovani di 19 anni. Le dimensioni dei risultati di questa revisione meta-analitica
sostengono la teoria socio-culturale secondo la quale i media creano e promuovono un
modello di bellezza femminile che porta molti adolescenti e adulti a sperimentare
significativa insoddisfazione corporea (Groesz e coll. 2002). Supporta anche la teoria
secondo la quale i media promuovono e garantiscono il "malcontento normativo"9 che le
femmine sperimentano del proprio corpo ( Spettigue e coll. 2004).
9
Questa pervasiva insoddisfazione corporea e preoccupazione per il peso sono diventati parte dell'esperienza
femminile in Nord America, tanto che "gli psicologi hanno coniato il termine 'normative discontent' per
spiegare l'idea che è normale una femmina sia infelice a causa del proprio peso" (Oliver-Pyatt, 2003).
52
Insoddisfazione corporea e metodi di controllo del peso
L’insoddisfazione corporea e i successivi comportamenti alimentari scorretti e pericolosi
sono problemi importanti per le ragazze adolescenti. Molte giovani donne credono di
essere soprappeso e vogliono pesare di meno. In uno studio , 44%delle ragazze
adolescenti credeva di essere soprappeso e il 60% stava adottando metodi per perdere
peso, anche se la maggioranza di queste ragazze era normopeso (Ozer e coll.1998).
Thomsen e colleghi osservarono che la lettura di giornali femminili di moda e bellezza
risulta associata all’uso di metodi non sani di controllo del peso corporeo (p.e. diete
ipocaloriche ingiustificate e uso di pillole anoressizzanti) (Thomsen e coll. 2002).
Diversi studi trasversali hanno riportato un’associazione positiva tra l’esposizione a
riviste di bellezza e di moda e aumentati livelli di preoccupazione per il peso e sintomi di
disturbi alimentari nelle ragazze.
Field e colleghi trovarono che l’importanza della magrezza e il provare ad assomigliare
alle donne della televisione, dei film o delle riviste era predittivo per le giovani ragazze
(dai 9 ai 14 anni) dell’inizio dell’uso di vomito autoindotto almeno mensilmente (Field e
coll. 1999).
In un altro studio prospettivo, questo stesso gruppo di studiosi trovò che sia i ragazzi che
le ragazze (di età compresa tra i 9 e i 14 anni), che si sforzavano di assomigliare alle
figure nei media avevano più probabilità rispetto ai loro pari di sviluppare
preoccupazione per il peso e di mettersi a dieta costante (Polivy & Herman, 1985).
In un’indagine trasversale di 548 ragazze, le partecipanti riferirono la frequenza con la
quale leggevano riviste di moda, e atteggiamenti e comportamenti, inclusi la dieta e
l’esercizio. In base anche alle variabili di peso, livello scolastico e gruppo razziale,
coloro che più di frequente leggevano riviste di moda avevano probabilità doppia di
mettersi a dieta e tre volte più probabilità di iniziare un programma di esercizi per
perdere peso, rispetto a chi leggeva quelle riviste di rado (Field e coll 1999).
53
Questi studi metodologicamente diversi illustrano come l’esposizione ad irrealistiche e
spesso malsane immagini corporee possa influenzare le percezioni dei giovani delle loro
forme e taglie corporee così come il loro senso di soddisfazione corporea. L’effetto dei
media può anche essere esteso allo sviluppo di specifici, e possibilmente nocivi,
comportamenti per perdere peso.
6.6 Meccanismi d’azione
Insoddisfazione corporea e spinta alla magrezza
Come dimostrano gli studi appena presentati, i media contribuiscano ad un ambiente
tossico in cui può essere più probabile che si sviluppino disturbi alimentari.
Non solo i media glorificano l’ideale snello, essi enfatizzano anche la sua importanza
come via per ottenere amore, accettazione e rispetto, e l’importanza dell’apparenza in
generale, allo stesso tempo demonizzano il grasso.
In un sondaggio, il primo desiderio delle ragazze tra gli 11 e i 17 anni a cui è stato
chiesto quali sarebbero stati i loro desideri se avessero avuto la possibilità di esprimerne
tre è stato quello di perdere peso e mantenerlo basso (Kilbourne, 1994).
In un altro sondaggio, alle donne di mezza età è stato chiesto che cosa avrebbero voluto
cambiare della loro vita, e più della metà di loro ha detto "il mio peso" (Kilbourne,
1994).
Chiedendo alle donne che cosa temano di più nella vita, la maggior parte di esse
risponde, la possibilità di prendere peso. Quando gli si chiede che cosa non gli piaccia di
loro stesse, molte affermano che sia una parte del loro corpo piuttosto che un attributo
non fisico, mentre gli uomini menzionano più facilmente attributi non fisici.
Questa pervasiva insoddisfazione corporea e preoccupazione per il peso è diventata parte
dell'esperienza femminile in Nord America, tanto che “gli psicologi hanno coniato un
termine per esprimere l’idea che per una donna è normale essere infelice per il proprio
peso: ‘normative discontent’ ” (Oliver-Pyatt, 2003).
Le pressioni verso un corpo snello e scolpito e quelle contemporanee verso il consumo
di una serie crescente di alimenti ricchi di grassi e calorie che hanno fatto aumentare il
54
peso medio della popolazione, hanno come risultato il crescente divario tra il peso e la
figura corporea ideale e quello normale.
In altre parole, i media non fanno sentire alla donna un bisogno di essere più sottili per
sé, ma possono far si che si sentano più grasse di quanto non siano. Così le donne
tendono a sopravvalutare le loro dimensioni corporee.
L’enfasi sulla magrezza porta quindi inevitabilmente ad insoddisfazione corporea e ad
eccessiva preoccupazione per il peso, e di conseguenza un abbassamento dell’autostima,
e alla spinta alla magrezza.
Mettersi a dieta
Il risultato di tutto questo è il desiderio sempre più diffuso di perdere peso ed il metodo
scelto maggiormente per raggiungere tale obiettivo è la dieta.
Negli ultimi vent’anni c’è stata così un’enorme diffusione delle diete che inizialmente
vennero prescritte con estrema facilità dai medici con l’assunto di base che tutti
potevano modificare il loro peso con u n po’ di forza di volontà, e che ne avrebbero
tratto sempre e comunque un vantaggio per la propria salute. Le diete divennero così una
nuova religione, e il “fare una dieta” divenne un rituale sociale considerato positivo,
segno di distinzione, autocontrollo, e forza di carattere.
I media hanno contribuito alla diffusione delle diete non solo pubblicizzando determinati
modelli di bellezza ma anche con un bombardamento continuo di consigli dietetici e di
prodotti di ogni tipo.
Wiseman e colleghi (1992) hanno trovato un aumento significativo della pubblicità di
alimenti dietetici e prodotti dietetici per gli anni 1973-1991. Le riviste femminili
contenevano 10,5 volte più promozioni di diete rispetto alle riviste per uomini (Anderson
& DiDomenico 1992).
Un altro studio di Guillen e Barr ha mostrato che nel periodo tra il 1959 e il 1978 i
contenuti multimediali hanno visto una diminuzione dei modelli curvilinei e
contemporaneamente un aumento degli articoli sul controllo del peso che avevano come
tema sia il fitness che la dieta, e come fine quello di dare istruzioni per diventare più
magri e attraenti. 17
55
La nuova moda della dieta associata agli aumentati livelli di insoddisfazione corporea e
spinta alla magrezza fa si che sempre più persone si mettano a dieta, nonostante il fatto
che la metà di esse non è nemmeno in soprappeso.
Iniziare una dieta, e altri comportamenti per tenere il peso sotto controllo, sono un
importantissimo fattore di rischio per lo sviluppo dei disturbi del comportamento
alimentare.
Restrizioni e abbuffate
Chi intraprende una dieta la maggior parte delle volte tende a riacquistare il peso perso e
quindi a riprovare un’altra dieta. Infatti le restrizioni alimentari (eccessive e malsane)
sono modelli di auto-privazione, e il mangiare compulsivo è il risultato diretto di
ribellione contro questa privazione alimentare. Il successivo aumento di peso porta ad un
ulteriore peggioramento della propria immagine e aumenta ulteriormente il rischio di un
rapporto disturbato con il cibo.
Polivy & Herman hanno per primi collegato la restrizione dietetica con la comparsa delle
abbuffate alimentari (Polivy & Herman 1985). Patton e colleghi hanno riportato un
rischio otto volte maggiore di sviluppare un disturbo alimentare in adolescenti che
seguivano una dieta rispetto a chi non la seguiva (Patton e coll.1990).
Non è chiaro ancora quali fattori facciano evolvere una dieta in un disturbo alimentare;
esistono tuttavia molti aspetti in comune tra persone a dieta e persone con disturbi
alimentari. Entrambe tendono ad abbuffarsi dopo un periodo di restrizione, mangiano in
risposta alle emozioni o in seguito all’idea di aver trasgredito le loro regole dietetiche.
Hanno anche stessi tratti di personalità: bassa autostima, insoddisfazione per il proprio
corpo, mancanza di riconoscimento dei segnali interni ed elevata emotività. Ovviamente
non tutte le persone che si sottopongono ad una dieta sviluppano un disturbo
dell’alimentazione: chi passa da una dieta ad un disturbo alimentare è affetto da una
maggior sintomatologia psichiatrica e, nei casi di anoressia nervosa, ha sperimentato
come antecedenti la depressione e /o situazioni di vita particolarmente stressanti ( Patton
e coll.1990).
56
CONCLUSIONE
La difficoltà del trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare dovuta alla
loro problematicità risulta evidente dal momento che una persona su due non riesce a
guarire da questa patologia ( in un 20% dei casi il disturbo cronicizza, nel 30% migliora
ma non scompare completamente), sottolineando così la necessità di interventi di
prevenzione primaria (la prevenzione primaria è definita come un'attività che mira ad
eliminare o rendere inefficaci, i fattori coinvolti nella genesi di un disturbo e di
un'attività che mira a rafforzare lo scudo contro le influenze nocive).
I DCA sono disturbi ad eziologia multifattoriale derivanti dall’interazione di numerosi
fattori di rischio. Nonostante la necessità della presenza di fattori individuali e familiari,
è stato dimostrato da molti studi il ruolo importante dei fattori socio-culturali nello
sviluppo dei disturbi dell’alimentazione. La migliore conoscenza di questi e dei
meccanismi con cui interagiscono con gli altri fattori è una condizione cruciale per
migliorare l’efficacia dei programmi di prevenzione e ridurre l’incidenza di queste
patologie nella popolazione.
La ricerca effettuata negli ultimi anni ha dimostrato che la pressione dei media verso la
magrezza, favorendo lo sviluppo di un’immagine corporea negativa e di comportamenti
non salutari di controllo del peso, sembra essere particolarmente importante. Tale
pressione può essere rinforzata dai pari, dalla famiglia, dalla pratica di alcuni sport o
professioni che incoraggiano la magrezza. Le derisioni per il peso e la forma corporea e
il confronto sociale sembrano essere due importanti meccanismi che favoriscono
l’interiorizzazione dell’ideale di magrezza proposto dai media.
Sembra perciò necessario un cambiamento di rotta indirizzato a far diminuire
l’insoddisfazione corporea nella popolazione e di conseguenza l’incidenza dei disturbi
del comportamento alimentare come, ad esempio, incoraggiare un programma di salute
pubblica in cui i politici, le società scientifiche, gli stilisti, le case di moda, i produttori
televisivi e cinematografici possano produrre linee guida, regolamenti e codici di
autoregolamentazione per creare un ambiente in cui le donne e, in particolar modo, i
giovani non siano esposti in continuazione a immagini pericolose di donne sottopeso ed
emaciate:
57
 presentando una maggiore varietà di forme e taglie corporee in televisione, nelle
riviste, nel settore della musica, nelle pubblicità, ecc
 scoraggiando l’utilizzo di diete, in particolar modo quelle squilibrate
 aiutando le persone che hanno influenza sui giovani (genitori, insegnanti) a
trasmettere il fatto che il peso non è un problema
 mostrando modelli rotondi e formosi in modo positivo
 evitando di elogiare le celebrità che perdono peso
Essendo però questo un cambiamento difficile e che richiede tempi lunghi, per il fatto
che la maggior parte delle rappresentazioni di corpi belli e snelli viene utilizzata nei
media per fini commerciali ed economici, sarebbe utile attuare nel frattempo dei
programmi di educazione e alfabetizzazione mediatica importanti per la resistenza alle
pressioni tossiche dei media. Una componente importante dell'educazione ai media è
l’analisi critica dei loro messaggi. I media sono un insieme molto importante di
strumenti educativi e l’alfabetizzazione culturale e mediatica può essere pensata come un
"occhiale" che ci aiuta ad utilizzare gli strumenti multimediali in modo più produttivo e
interessante, e a vedere ciò che deve essere messo in discussione e ciò che deve essere
cambiato così da poter operare scelte più sane.
Essa può insegnare a distinguere tra le aspettative del mondo reale e le rappresentazioni
fittizie di cinema e tv, può educare a valutare criticamente i contenuti multimediali e
responsabilizzare i genitori, gli insegnanti, i professionisti sanitari, i politici e i volontari
impegnati nella sensibilizzazione del pubblico, nel trattamento e nella prevenzione. Gli
appartenenti a tutte queste categorie devono essere consapevoli del tipo di programmi a
cui i giovani sono esposti, del loro contenuto e dei rischi della salute associati ai media
in modo che possano essere sostenitori validi e adeguati per la promozione della salute e
dei comportamenti sani per mezzo dei media.
Uno studio americano ha osservato che l’associazione tra magrezza e successo nella vita
è causa degli effetti negativi del confronto sociale (Evans, 2003). In questo studio le
studentesse universitarie statunitensi sottoposte ad informazioni che disapprovavano gli
stereotipi associati alla magrezza sviluppavano un atteggiamento più ottimistico sul
58
futuro, miglior tono dell’umore e autostima rispetto a quelle che avevano ricevuto
informazioni che confermavano determinati stereotipi. Questi risultati dimostrano
l’importanza, nelle strategie di prevenzione dei DCA, della demolizione degli stereotipi
negativi associati alle immagini dei media e dello sforzo nel difficile compito di far
sviluppare un’immagine corporea positiva in chi crede a certi stereotipi così da ridurre i
confronti sociali basati sull’aspetto.
Infine i media possono essere utilizzati anche come un importante strumento per la
promozione della salute e del benessere e per la divulgazione di strategie di prevenzione
con l’ausilio di campagne di sensibilizzazione, fonte di preziose informazioni che
aumenterebbero la consapevolezza dei disturbi alimentari, e dei pericoli a cui essi
possono portare. 18-19-21
59
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