artrosi_certezze e illusioni.

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ARTROSI
L’artrosi è un processo di progressiva degenerazione della cartilagine, definita “una sostanza elastica di uniforme compattezza, di
colore bianco, un po’ diafano, avente una superficie liscia coperta da una membrana”.
Questa struttura ha uno spessore variabile da 1 a 5 mm ed è formata da una componente cellulare (CONDROCITI-“condro” sta per
cartilagine) e da una matrice extracellulare composta da acqua e molecole complesse: principalmente il collagene, l’acido ialuronico
e i proteoglicani, complessi di zuccheri e proteine tra cui il condroitinsolfato e la glucosamina.
Queste sostanze, prodotte dai condrociti, si dispongono secondo un’impalcatura che risponde alle sollecitazioni meccaniche cui è
sottoposta l’articolazione: i proteoglicani garantiscono la compattezza, collagene e acido ialuronico l’elasticità.
La cartilagine non possiede vasi sanguigni o linfatici, né nervi: viene nutrita nel suo strato profondo dall’osso subcondrale, per il
resto tramite la sinovia, che è il liquido prodotto dalla membrana sinoviale, che riveste internamente l’articolazione: la sollecitazione
meccanica provoca un “effetto spugna” che permette il passaggio di nutrienti verso la cartilagine e di detriti verso il liquido
sinoviale.
Da qui un primo concetto di terapia:
poco movimento, poca sollecitazione, danneggia la cartilagine perché essa non viene nutrita;
un movimento adeguato stimola il flusso di liquido sinoviale, permettendo il nutrimento ma anche il drenaggio per
attivazione delle cellule linfatiche sinoviali;
ma se queste cellule intervengono in grandi quantità, così come viene richiesto da una sollecitazione meccanica eccessiva,
nasce una reazione infiammatoria: i condrociti iniziano a produrre una cartilagine deformata secondo la direzione dello
stress meccanico, che comincia a produrre sostanze (enzimi, prostaglandine…) che danneggiano la cartilagine stessa e la
membrana sinoviale. Il liquido sinoviale aumenta il suo flusso “inondando” la cartilagine ed aumentando l’eliminazione di
sostanze nutrienti. Conseguenze:
-i condrociti, sempre meno vitali, producono un collagene più scarso e meno elastico, per cui la cartilagine comincia
progressivamente a sfaldarsi ed assottigliarsi
-se il liquido non si riassorbe del tutto, coagula formando nel tempo delle aderenze, delle cicatrici che riducono il
movimento dell’articolazione
Contemporaneamente la sollecitazione eccessiva si risente anche a carico di muscoli e legamenti, con la produzione di acido lattico
che provoca la comparsa del dolore e di contratture.
Nella colonna vertebrale il disco, formato da un involucro elastico contenente un materiale gelatinoso che fa da ammortizzatore,
perde elasticità per le sollecitazioni eccessive o troppo scarse e si riduce di spessore; la vera causa del dolore vertebrale è l’eccessiva
trazione esercitata sui legamenti che avvolgono la vertebra, trazione dovuta a contratture muscolari.
SINTOMI
Dolore: il dolore vertebrale è dovuto all’eccessiva tensione di muscoli e legamenti; ovviamente se le alterazioni ossee viste prima
vanno a disturbare le radici dei nervi che escono vicino ad ogni vertebra, comparirà anche il dolore nevritico.
Anche nelle altre articolazioni, come detto, il primo dolore è muscolare, legato alla produzione di acido lattico; poiché la cartilagine
non ha vasi e nervi, il dolore comincia a partire dall’interno dell’articolazione solo quando la cartilagine è talmente assottigliata o
distrutta che inizia ad essere stimolato l’osso sottostante, che invece è ricco di vasi e nervi.
In genere il dolore non è presente la notte ma è più evidente al mattino, nei primi movimenti della giornata, proprio quando le
articolazioni sono rimaste inattive durante il riposo notturno; con l’inizio del movimento si attenua salvo ripresentarsi a fine giornata
per affaticamento; altrettanto si dica dopo essere stati fermi a lungo seduti sul divano o sulla poltrona quando, oltretutto, il
movimento di rialzarsi comporta un discreto sforzo muscolare.
Generalmente (anche se non vi è una regola fissa) il dolore è accentuato dal freddo ma soprattutto dall’aumento del tasso di
umidità e dalle brusche diminuzioni della pressione atmosferica; questo per la presenza nei nostri tessuti articolari di cellule sensibili
a queste variazioni; specie per quanto riguarda la parte alta del corpo vi può anche essere sensibilità al vento.
Gonfiore: si verifica nella fase acuta di infiammazione, ma può mantenersi nel tempo per mancato riassorbimento del liquido
sinoviale. In certi casi cronici il liquido invade anche le pareti dell’articolazione “inzuppandole” come una spugna, per cui si ha
paradossalmente un’articolazione gonfia ma senza liquido all’interno..
Rigidità: inizialmente dovuta alle contratture muscolari e ad eventuali aderenze lasciate all’interno dai processi infiammatori, col
tempo, aumentando le deformazioni dell’osso, la rigidità è propriamente scheletrica: a questo punto è difficile (non impossibile)
avere risultati soddisfacenti se non dalla chirurgia.
CAUSE
L’artrosi, in quanto processo di invecchiamento della cartilagine, colpisce tutti ma vi sono fattori favorenti:
Genetici: non è una malattia ereditaria, nel senso che non si trasmette geneticamente di genitore in figlio, ma vi sono nuclei familiari
in cui l’evoluzione è più rapida ed aggressiva, per una predisposizione di causa sconosciuta; i soggetti longilinei, con una discreta
elasticità costituzionale, hanno meno artrosi dei brevilinei, predisposti ad una maggiore rigidità delle proprie articolazioni.
Dismorfici: alterazioni dell’asse di un’articolazione:
-congenite: ad esempio, il ginocchio varo o valgo.
-traumatiche: fratture che interessino l’articolazione o che siano guarite alterando il normale asse dell’osso.
Traumatici: a volte anche un forte trauma diretto dell’articolazione, pur non provocando fratture, crea nel tempo uno stato di
sofferenza delle strutture articolari con conseguente diminuito afflusso di sangue ai tessuti; ma anche microtraumi ripetuti, per
attività lavorative o sportive, possono creare danni lievi ma che, a lungo andare, l’articolazione non è più in grado di riparare.
Circolatori: disturbi arteriosi che riducano l’afflusso di sangue (diabete, fumo), ma anche un ristagno di sangue per insufficienza
venosa di solito agli arti inferiori, limitano anche il nutrimento dell’osso e della membrana sinoviale.
Ormonali: gli ormoni sessuali, sia maschili che femminili, hanno fra l’altro azione protettiva su muscolo ed osso; un
malfunzionamento sia in eccesso che in difetto della povera e spesso trascurata tiroide, fulcro di buona parte del nostro
metabolismo, può creare danni alle articolazioni.
Dismetabolici:
-quantitativi: sovrappeso (peggio in quei soggetti in cui la componente adiposa supera di molto la componente muscolare)
-qualitativi: diabete, gotta, ipercolesterolemia. Alimentazione errata. Inquinamento atmosferico ed ambientale
I disturbi ormonali e metabolici producono un aumento del tasso di acidità dei tessuti che:
-Produce tossine che vanno a ledere tutti i tessuti, compresi quelli scheletrici (proteasi, radicali liberi, ecc.)
-Riduce le capacità di riparazione dei tessuti stessi
Cattive abitudini di movimento ed attività sportiva: molte persone o non fanno un minimo di attività fisica o fanno attività inadatte:
questo, insieme alla cattiva alimentazione, spiega il riscontro sempre più frequente di alterazioni artrosi che in soggetti ben al di
sotto dei 30 anni. Tutto ciò è supportato da una conclusione del Congresso della SIOT del 2002, tutto dedicato all’artrosi:” In una
fase precoce l’aggravamento potrebbe essere evitato con la correzione dello stile di vita, alimentazione inclusa, in modo da non
dover ricorrere ai presìdi chirurgici più o meno invasivi”.
TERAPIA
CHIRURGIA
Vi sono tante possibilità di intervento chirurgico in caso di artrosi:
- regolarizzazione meniscale: si può fare una “pulizia” del menisco danneggiato quando i sintomi siano attribuibili più al danno
meniscale che all’artrosi; però il dolore artrosico prima o poi si farà sentire comunque: un articolo di un’importante rivista scientifica
(New Engl J Med, March 19, 2013) conclude affermando:” In caso di lacerazioni del menisco in presenza di artrosi del ginocchio,
l’intervento chirurgico non migliora il recupero della funzionalità più di quanto faccia la terapia fisica”.
- perforazioni: quando l’osso è ormai scoperto vengono fatti dei fori che stimolano la produzione di un tessuto cicatriziale che,
tuttavia, non ha le stesse caratteristiche della cartilagine.
- osteotomie correttive: sono interventi atti a correggere un asse alterato, come nel caso del ginocchio varo; sono un po’ passate di
moda, perché andrebbero eseguite in fase precoce: ma in questi casi la sintomatologia è ancora modesta, per cui non è proponibile
un intervento non così semplice.
-innesti di condrociti: promettevano risultati notevoli in caso di danni localizzati (diametro massimo 2,5 cm) della cartilagine, ma la
cosa si è un po’ arenata. Motivi: sono richiesti due interventi, il primo in artroscopia per prelevare cartilagine sana da una zona non
sottoposta al carico; poi, dopo qualche settimana in cui la cartilagine viene “coltivata” in laboratorio, un secondo più complesso e
non artroscopico per impiantare la nuova cartilagine nella sede danneggiata. Inoltre non sempre il nuovo tessuto attecchisce una
volta posto in sede.
-miscellanea: qui dipende dalla sede dell’artrosi. Un esempio su tutti: in caso di artrosi trapezio-metacarpale vi sono vari tipi di
intervento; quello che preferisco è l’artrodesi, cioè la saldatura delle due ossa, trapezio e primo osso metacarpale, fissata con mezzi
di vario genere.
-protesi: consistono nel sostituire l’articolazione danneggiata con un congegno che ne riproduce la forma. i primi interventi di
protesi d’anca in Italia risalgono agli anni 70, e da allora vi è stato un enorme progresso nelle tecniche chirurgiche e nei materiali;
inoltre attualmente si può usare un sistema computerizzato che permette di scegliere durante l’intervento le misure adatte per ogni
singolo caso. Restano comunque interventi invasivi e pesanti anche come decorso riabilitativo per cui io cercherei di lasciarli sempre
come ultima chance. Protesi vengono messe in molte articolazioni, spalla, gomito, polso, dita ma ovviamente le più frequenti sono
quelle di anca e ginocchio.
FISIOTERAPIA
Le applicazioni di onde di vario genere, ultrasuoni, correnti elettriche o magnetiche, radiofrequenze ecc., riducono l’infiammazione
aiutando anche a rallentare l’evoluzione dell’artrosi, tanto che si diceva di ripeterle regolarmente ai cambi di stagione.
Il loro principale meccanismo d’azione consiste nel riattivare la circolazione in profondità, in modo da poter nutrire meglio il tessuto
e favorire l’eliminazione dei materiali tossici accumulati.
I problemi che attualmente ne limitano l’uso sono a mio avviso:
Non sono più convenzionate (salvo rare eccezioni che richiedono comunque lunghe procedure burocratiche), visto che dal
2002 lo Stato le considera “cure non essenziali”
In molti centri, fortunatamente non in tutti, queste terapie non sono eseguite in maniera non adeguata.
Una maggior accessibilità dovrebbe essere data anche alle cure termali che sono, a mio parere, uno dei trattamenti più completi in
assoluto: le controindicazioni sono i problemi cardio-circolatori e, per quanto concerne i fanghi, l’osteoporosi di grado elevato. Il
problema che un ciclo valido dovrebbe durare due settimane.
Le terapie manuali valgono soprattutto per la colonna vertebrale, dove abbiamo visto che il dolore è dato quasi sempre dalle
eccessive tensioni muscolari e legamentose: il tipo di terapia va individuato in base al quadro clinico e radiografico del paziente.
Da ultimo può essere utile un sostegno passivo della muscolatura, soprattutto a livello lombare con un corsetto; così come la
correzione con plantari di alcuni difetti di appoggio del piede che, a lungo andare, potrebbero influenzare la postura e l’andatura
danneggiando le articolazioni del ginocchio, dell’anca, della colonna vertebrale.
Vi è poi l’agopuntura, indicata dall’OMS come ampiamente efficace nel dolore artrosico; ovviamente il risultato sarà limitato o più
lento, come per tutte le terapie, se il quadro clinico è avanzato o di vecchia data.
ATTIVITÀ FISICA
Non vi è uno sport in assoluto migliore di altri; chiaro che eviterò pesi e attrezzi in palestra, o sport di contatto (calcio, rugby, boxe),
e comunque qualunque sport fatto a livello agonistico.
E’ utile tutto ciò che si fa in piscina (nuoto, aquagym); vi possono essere alcune precauzioni, come evitare la rana in persone che
abbiano una iperlordosi lombare, perché il nuoto a rana accentua questa curvatura. Il problema principale del nuoto è dato dalla
fretta: poiché siamo sempre di corsa, non abbiamo tempo di asciugarci bene, per cui usciamo dalla piscina ancora umidi e ci
prendiamo un bel colpo d’aria!
La bicicletta è utilissima per le articolazioni dell’arto inferiore, anca ma soprattutto ginocchio e caviglia; ovviamente pedalando in
pianura e senza volersi allenare per il giro d’Italia…
La ginnastica a corpo libero è anch’essa importantissima, soprattutto abbinandovi esercizi di stretching per dare elasticità a muscoli
ed articolazioni; il Pilates è una tecnica molto valida ma non così dolce: io lo consiglio a chi abbia già un po’ di preparazione atletica
alle spalle. Vi sono poi tante ginnastiche, valide non solo per lo scheletro ma per tutto il corpo: una fra tutte il Tai Chi Quan, derivata
da un’arte marziale orientale, che permette di stimolare respirazione e coordinazione del movimento.
Ma anche solo camminare è salutare: gli esperti consigliano un’ora al giorno ad una velocità di 3-5 km/h per avere un ottimo effetto
sulla circolazione senza forzare troppo le articolazioni. Alcuni nutrizionisti consigliano per chi vuole approfittare per perdere peso, di
variare spesso l’andatura: sembra che questo permetta un maggiore consumo di calorie.
Morale: scegliere quello che si vuole, purché ci si muova. E aggiungo: scegliere uno sport che piace e che si possa fare vicino a casa,
altrimenti alla lunga ci si stanca e viene a mancare quella costanza che è fondamentale per trattare tutti i problemi cronici.
FARMACOLOGIA
Purtroppo la situazione attuale non è molto diversa da quella del 2002 quando, malgrado fossero già in uso trattamenti con acido
ialuronico e staminali, nel congresso della SIOT si disse :”i pazienti con artrosi non dispongono allo stato attuale di terapie mediche
risolutive essendo i farmaci, pur disponibili in larga misura, esclusivamente sintomatici”.
Per commentare lo stato dell’arte della farmacologia riporto alcune notizie tratte da un articolo scritto nel 2001 dal Dipartimento di
Farmacologia dell’Università di Milano.
Gli analgesici “centrali”
Sono analgesici, ma non antiinfiammatori
Il Paracetamolo
Il paracetamolo ha un discreto effetto senza dare grossi disturbi allo stomaco, ma non è immune da problemi: infatti si sa da tempo
che un uso prolungato può portare danni anche seri al fegato.
Gli antidepressivi e anticonvulsivanti
Vengono utilizzati nel dolore neurologico in quanto agirebbero sul metabolismo della serotonina, ormone che regola la sensazione
del dolore ed ha effetto antidepressivo, ma non hanno alcun effetto sul dolore artrosico.
Gli oppiacei
La morfina resta il punto di riferimento di ogni farmaco oppiaceo. Ovviamente non si può pensare ad un suo utilizzo indiscriminato
nell’artrosi, ma in realtà esistono in commercio farmaci che contengono, oltre al paracetamolo, una sua cuginetta, la codeina, circa
dieci volte meno potente della morfina, ma con tutti i suoi effetti (assuefazione, depressione respiratoria, stipsi, sonnolenza).
Il tramadolo è un farmaco che può essere considerato un derivato della codeina, ma con minori effetti negativi.
Gli analgesici “periferici”
I FANS (Farmaci Antiinfiammatori Non Steroidei): sono tantissimi: negli anni la ricerca non ha inciso più di tanto sull’efficacia e non
ha risolto i problemi connessi al trattamento.
Il meccanismo d'azione dei FANS consiste principalmente nel bloccare degli enzimi, le cicloossigenasi (COX-1 e COX-2), responsabili
dei processi infiammatori che, come abbiamo visto, si instaurano nell’articolazione.
Ma poiché molti di questi enzimi hanno anche funzione protettiva sullo stomaco, non stupisce che gli antiinfiammatori, bloccandoli,
possano danneggiare anche seriamente, la mucosa gastrica: se dunque li somministro ad un soggetto con mucosa gastrica integra
ottengo un effetto antiinfiammatorio senza effetti collaterali, ma se il farmaco è dato a soggetti che già hanno una lesione gastrica,
questa è destinata a peggiorare; e visti i nostri ritmi e modi di vita, quante persone hanno lo stomaco perfettamente sano?
Gli effetti avversi possono essere anche a livello renale; da ultimo, poiché le cicloossigenasi hanno anche effetto anticoagulante, il
loro blocco può dare nel tempo problemi di coagulazione del sangue. Inoltre sappiamo che gli antiinfiammatori non vanno dati a
persone in cura con anticoagulanti.
E infine, i farmaci più “antichi” agiscono anche su cicloossigenasi che proteggono la cartilagine, per cui un loro uso prolungato può
danneggiare anche le articolazioni.
Cortisone: per via generale serve a poco nell’artrosi e, alla lunga, provoca molti effetti collaterali; l’infiltrazione locale va effettuata
solo nella fase acuta del dolore. Personalmente sono contrario a trattamenti prolungati, perché le preparazioni che si usano sono
fatte di una “pappa” che quasi mai viene assorbita del tutto, si deposita nei tessuti infiltrati danneggiandoli. Capita di operare
pazienti in sedi corporee dove sono state effettuate infiltrazioni di cortisone e trovare aree di tessuto decisamente degenerate.
Acido ialuronico: dovrebbe avere funzione “lubrificante”, cioè agevolare lo scorrimento delle superfici cartilaginee degenerate. A
me personalmente non ha mai convinto, perché delle molte persone che vengono a visita dopo cicli di queste infiltrazioni,
oltretutto costose, raramente riferiscono benefici rilevanti.
“Nei pazienti con gonartrosi, l'iniezione intrarticolare di acido ialuronico si associa a benefici clinici irrilevanti e a un aumentato
rischio di eventi avversi gravi”. Il pesante giudizio su una delle più diffuse terapie sintomatologiche per l'artrosi del ginocchio è stato
pronunciato da un board intemazionale (al quale ha partecipato, per l'Italia, l'università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti) che ha
effettuato una revisione sistematica di un totale di 12.667 pazienti adulti con gonartrosi. Ann Intern Med, 2012 Jun 11
Collagene: una revisione condotta dal centro universitario di Rotterdam ha evidenziato che solo alcune preparazioni di gelatina di
collagene hanno una discreta capacità di ridurre il dolore senza particolari effetti collaterali. Osteoarthritis Cartilage, 2012;
20(8):809-21
Glucosamina, condroitinsolfato, metilsulfonilmetano: sono sostanze costituenti della cartilagine, presenti in molti prodotti indicati
per la terapia di fondo dell’artrosi: anche la loro utilità è dubbia.
Fattori di crescita: si preleva il sangue del paziente, lo si centrifuga per separare le cellule dal plasma, che è la parte liquida ricca di
nutrienti: il plasma viene poi iniettato nell’articolazione. Problemi: ci vuole una convenzione col Centro trasfusionale competente
per territorio; occorre una particolare centrifuga molto costosa. Inoltre io ho un dubbio: ma se il paziente è diabetico, o ha la gotta o
altre malattie che alterino i valori di alcuni esami, il plasma che gli do serve a qualcosa?
Cellule staminali: possiedono grandi potenzialità ma, viste la complessità delle normative, potranno essere utilizzate solo nei
centri di riferimento. Un altro dubbio che, a più riprese, ha rallentato un po’ l’evoluzione della cosa: ma se sono cellule capaci di
trasformarsi in qualsiasi tessuto, chi ci dice che non possano evolvere in senso maligno?
Nella 26esima riunione annuale della American Society of Pediatric Hematology Oncology, a Miami, è stato presentato uno studio
dell’ Hospital Cancer Center di Boston che evidenzia che quasi il 64% dei bambini che ricevono trapianti di cellule staminali
tornano in ospedale entro 6 mesi per il trattamento di febbri inspiegabili, infezioni o altri problemi. In particolare, i piccoli pazienti
che in cui sono state trapiantate cellule da un donatore hanno il doppio delle probabilità di aver bisogno di nuove cure rispetto a
quelli che hanno ricevuto le proprie staminali. Sono stati analizzati i dati di 129 bambini trattati fra il 2008 e il 2011. La fonte delle
cellule è risultata un elemento chiave: è stato ricoverato nuovamente il 79% dei pazienti che hanno ricevuto trapianti da donatore
imparentato o meno, rispetto al 38% dei bimbi che avevano ricevuto le proprie cellule (trapianto autologo).
FITOTERAPIA
Le erbe che hanno dimostrato capacità antiinfiammatorie a breve termine e a distanza sono davvero tante: qui ne cito solo alcune.
-artiglio del diavolo: pianta sudafricana con spiccata azione antiinfiammatoria, agisce con lo stesso meccanismo degli
antiinfiammatori, per cui un uso eccessivo e/o prolungato può nuocere allo stomaco;
-salice bianco: dalla sua corteccia si estrae l’acido salicilico, base per la produzione dell’aspirina e progenitore di tutti gli
antiinfiammatori;
-spirea ulmaria: altra pianta diffusa in natura, con alto contenuto in acido salicilico;
-frassino, pino, vite: le loro gemme sono utilizzate per il loro effetto diuretico e antiinfiammatorio, anche nella gotta; il pino
stimolerebbe anche l’attività delle cellule dell’osso;
-boswellia serrata: la sua resina, da cui si ricava un particolare tipo di incenso, ha effetti antiinfiammatori e regolatori del sistema
immunitario;.
-ribes nero: le sue gemme, oltre ad agire indirettamente sull’infiammazione stimolando la produzione di cortisone da parte del
surrene, hanno effetto diuretico;
Vi sono poi erbe ad effetto locale:
-il peperoncino contiene una sostanza, la capsaicina, che scaldando riattiva la circolazione agendo sul dolore articolare e muscolare;
-il rosmarino possiede un olio essenziale efficacissimo sul dolore;
-non è un’erba, ma sappiamo come siano utili le applicazioni locali di argilla;
-infine esiste la cura Pesce, un trattamento locale utile in tutti i dolori cronici, ideato in Italia già negli anni ’40, che consiste in ciclo
di impacchi di un preparato che contiene
-senape: azione vasodilatatrice;
-farina di lino: emolliente e rilassante muscolare;
-canfora: vasodilatante e miorilassante;
-gaulteria: erba ad alto contenuto di acido salicilico.
OMEOPATIA
Si usano piante in natura tossiche, estremamente diluite (almeno 1000 volte) secondo i meccanismi che ho spiegato l’anno scorso.
Cito soltanto:
-arnica: per uso locale si può usare come pianta fresca, ma per via generale deve essere diluita per avere effetto sul dolore senza
effetti collaterali; utile soprattutto nei traumi.
-rhus toxicodendron: il principale rimedio omeopatico per l’artrosi, perché agisce sul dolore che migliora col calore e col movimento
e si accentua col troppo riposo o troppo sforzo;
-bryonia: utile nelle riacutizzazioni, specie con articolazione gonfia e con dolore peggiorato dal movimento;
-dulcamara-ledum palustre: sono due piante che crescono ai bordi o dentro i corsi d’acqua per cui, per similitudine, agiscono su tutti
i sintomi peggiorati dalle variazioni atmosferiche e dall’umidità.
Tutte queste sostanze possono essere anche iniettate nelle articolazioni e nei tessuti con diverse metodiche di terapia del dolore.
ALIMENTAZIONE
Sappiamo che è importante la quantità di cibo che introduciamo, perché abbiamo visto che il sovrappeso non aiuta le articolazioni:
in particolare limiteremo formaggi grassi, carni grasse, salumi grassi (salame, coppa, cotechino), dolci soprattutto industriali,
superalcoolici, che sono i cibi in generale con maggior apporto calorico; noi, in effetti, mangiamo sicuramente più di quello che ci
serve.
Ma è soprattutto importante la qualità di ciò che mangiamo: non esistono alimenti specifici per l’artrosi, ma tutte le malattie
croniche sono caratterizzate da
lesioni dei tessuti dovute all’aumento dell’acidità dei tessuti (consideriamo che tutti i farmaci antiinfiammatori sono
anch’essi acidi). Allora si potrebbe dire: mangio come mi pare, poi prendo un bell’antiacido e risolvo tutto. E’ un errore
gravissimo, perché lo stomaco, per sua natura, ha un ambiente molto acido che gli serve a distruggere le proteine; ma se io,
subito dopo mangiato, prendo l’antiacido, le proteine non vengono ben digerite nello stomaco e creano
disordini dell’intestino tenue, che è l’organo dove avviene la massima parte delle trasformazioni alimentari e che contiene il
90% circa del nostro sistema immunitario (allergie, intolleranze); da qui l’importanza di proteggerlo con particolari fermenti
lattici ed altre sostanze che ne mantengano l’integrità.
Quali sono dunque gli alimenti da evitare o da privilegiare? Come e quando assumerli? Le indicazioni che vi do ora sono di massima
perché l’argomento richiederebbe una trattazione a parte, molto più articolata, magari il prossimo anno.
ACIDIFICANTI
carni e derivati (bianche o rosse)
Viscere di animali
Legumi secchi: fagioli,piselli,lenticchie,ceci,soja etc.
Latticini: formaggi, latte, burro, caglio, panna.
Cioccolata e derivati
Frutta secca e derivati
Uova e derivati
Bibite alcoliche, caffè, the
Spinaci, indivia, rapanelli, melanzane, pomodori, rape rosse .
Frutta acida mescolata con carboidrati (per esempio: torte o zucchero
con frutta fresca acida, gelato con macedonia di frutta acida)
Grassi in genere
Cereali: mais,avena,grano etc.
ALCALINIZZANTI
Verdura: principalmente cruda nei centrifugati o nelle
insalate
Frutta dolce: principalmente cruda
Frutta acida (lontana dai carboidrati)
Yogurt magro fresco (possibilmente biologico)
Miele
Fibre solubili ed insolubili
Melassa di canna da zucchero
Legumi freschi
La frutta acida è riportata in entrambe le tabelle e può sembrare un controsenso: in realtà la frutta “acida” produce sostanze acide
solo se abbinata ai carboidrati (produzione acido ossalico).
Ricordiamo anche che la frutta andrebbe mangiata lontano dai pasti, perché produce sostanze utili per la digestione e perché, a fine
pasto, fermenta.
Così la verdura andrebbe consumata all’inizio del pasto, per favorire la digestione e dare quel senso di pienezza che dovrebbe
indurre a mangiare meno.
FRUTTA ACIDA
Ananas
Prugna fresca
Mela verde
Limone
Uva verde
Arancia
Fragola
Ribes
Kiwi
Mandarino
Maracuja (passion fruit)
Mango
FRUTTA DOLCE
Banana
Cachi
Anguria ( da consumare da sola )
Pera
Mela rossa
Uva rossa
Melone ( da consumare da solo)
Avocado
Papaya
Cocco
Pesca
Lime
Come cuocere?
Possibilmente a vapore o comunque con metodi che non portino a T° troppo alte (forno, frittura, microonde) che distruggono
proteine e vitamine e, specialmente nelle carni grasse, liberano sostanze tossiche potenzialmente cancerogene.
Come condire?
Con olio extravergine d’oliva; esistono anche oli di noce, di enotera, di colza altrettanto validi ma meno reperibili. Evitare comunque
i grassi saturi (burro, strutto, margarina); le spezie si possono usare con una certa libertà.
Come distribuire i cibi nella giornata?
Attualmente sono di moda diete ad alto carico di proteine ma queste, se protratte nel tempo, sono dannose, specie a livello renale,
per la grande quantità di sostanze acide che producono.
La dieta equilibrata prevede che le calorie assunte derivino:
Carboidrati 55-65%
Proteine 10-15%
Grassi
20-25%
Sembrano tanti i grassi richiesti, ma ricordo che dal colesterolo e dagli acidi grassi il nostro corpo produce cortisone, ormoni, guaine
delle cellule nervose.
Nella prima parte della giornata, in cui è necessario che venga prodotta adrenalina per fornire il maggior apporto di energia, si
devono privilegiare i carboidrati con piccole dosi di proteine e grassi; nella seconda parte inizia l’eliminazione dei rifiuti ma
soprattutto la ricostruzione dei tessuti danneggiati, che richiede soprattutto proteine.
Quindi, schematizzando, potremmo indicare un esempio di alimentazione giornaliera:
-colazione abbondante con caffè o the, succo di frutta o marmellate, biscotti, fette biscottate.
-pranzo: pasta o riso con condimento leggero, verdura fresca, affettati magri
-cena leggera con carne, pesce o uovo, verdura fresca
Non eliminare il vino: un bicchiere di vino rosso a pasto contiene acido salicilico e sostanze protettive per i tessuti.
Ovviamente queste sono indicazioni generali: in realtà ognuno dovrebbe avere la sua alimentazione, basata sui propri gusti e su
eventuali patologie concomitanti; e là dove certi cibi sono controindicati, le sostanze utili mancanti possono essere fornite con
integratori specifici, che vengono individuati in base ad esami di laboratorio e tests computerizzati.
Quindi, in conclusione, l’alimentazione è la base della terapia di tutte le malattie croniche: già nel 2003 la Società Italiana di
Reumatologia aveva indicato, fra i punti da approfondire in tema di artrosi, la necessità di “dare indicazioni più precise sul ruolo
degli additivi alimentari e, in senso più largo, dell’alimentazione”.
Certamente, però, il problema è che in Italia si mangia bene e non molti sono disposti a modificare le proprie abitudini alimentari; e
già se ne era reso conto il grande medico dell’antichità, Ippocrate, che nel 5° secolo a.C. affermava:” "Quando una persona
veramente desidera la salute, è necessario domandarle prima se è disposta a sopprimere le cause della sua malattia. Soltanto allora
è possibile curarla."
(Ippocrate, 460 a.C.).
DDOOOTTTTTT.. FFEEDDEERRIICCO
O SSIIM
MO
ONNCCIINNII
Specialista in Ortopedia
Diplomato in Agopuntura e in Farmacologia Tradizionale Cinese
Esperto in Medicina Naturale
Via Papa Giovanni XXIII 6 - 20032 Cormano (MI)
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