Giovanni Lorè
ALITI D’AUTUNNO
Prefazione di
Rodolfo Tommasi
Edizioni Helicon
ALLE FRUSTATE DEL ROVAIO
AI BRIVIDII D’OMBRA DELLA SERA
Alle frustate del rovaio
s’affolta di nuvolaglia il cielo.
Non lembi chiari, ma di color fosco
divallano e infioccano come ragne
alberi pensosi, dalle fronde ripiegate.
Sfuma il lume della lucerna della luna
e le colline apriche d’ombra si tingono.
Ratta la pioggia greve cade
e ogni cosa s’intrista.
Il mare già irrequieto illividisce,
illividisce e il suo gemere cresce.
S’inarca e le barche nella cala all’ancora
roteano svelte, pipistrelli in girotondo
ad uno sfiaccolante e svettante lampione.
Abbandonano i gabbiani le sballottate boe
e nell’aria torbida remeggiano
e sui lucidi tetti delle case si rifugiano.
Nella malata luce della sera
trascina il passo un canuto viandante
che sfugge a un rimpotìo inappagato
celandosi tra acervi alti di ghiaia.
Non più ansima il suo cuore
ma una muta volontà di pianto sale.
Ai brividii d’ombra della sera
s’ammutoliscono le voci nei broli
s’affievoliscono le luci dei lampioni
s’addolciscono i pensieri
e il sonno arriva
e la mente vola in groppa
a lameggianti aquiloni.
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STRALUZZA IL SOLE
L’ULTIMO SUO RAGGIO
Straluzza il sole l’ultimo suo raggio
sulle creste delle aride colline
e accende di porpora i mannelli dell’occaso.
Turbinìo di vento e nuvole vagolanti,
bradi destrieri, stampano orme sulla campagna
e ombrìa sui declivi di case sospirose.
Esala il borgo effluvi di tristezza.
Vanno le genti corrucciate al vespro,
come passeri in cerca di ristoro,
a pregare che torni il sole tra le nubi rotte.
Redimisce la croce del campanile
un filo di luce palpebrante
e il silenzio del sagrato si sbricia
e gli animi aggrevati riassaporano
gli aromi di fiorenti giorni spersi.
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ATTESA
Traballa il giorno
e l’ombra già bruca il davanzale
della stanza taciturna.
Tra flebili rintocchi di campane
e il tintinnio dei vetri al rugliare del vento
ad una luce scialba d’una piantana antica
sta dubbiosa la generosa nonna.
Divaga la sua mente tra immagini
gioiose d’una lontana pargoletta
e di malinconia l’animo s’ingombra.
Stanche tremulano le palpebre
come petali agli aliti degli asoli,
e velano gli occhi lacrime arrossate.
Il ricordo della bimba che s’apre al sorriso
qual nivea margherita ai baci del sole,
attorto d’edera viene ben celato
nelle forre del cuore.
L’ansia di rinnovellati abbracci la ravvolge.
Adombra il sopore le sue pupille
e nel buio lo stridere di nubi s’allontana.
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AFFANNI
BANDIERE GAIE
Sono gli affanni sorsi di assenzio
nel capriolare dei giorni.
Tra capricci di sole
e sussurri di vento
si mostrano nel brolo
come fiaccole in processione
candide e altere margherite,
spuntate all’improvviso
tra ciuffi d’erba in umile danza,
nella dolcezza d’un novembre bizzarro.
Gioiosi nel rifiorito giardino
si riversano numerosi i bimbi.
Si rincorrono, fan capriole e s’agitano
a salutar le genti con bandiere gaie.
Gorgogliano sorrisi nel cuore dei nonni
e i mille desideri dormienti
le ali spiegano e riprendono
ad abbriccarsi per le crode del cielo.
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AL CREPUSCOLO DELL’INFOCATA ESTATE
BOLLE DI SAPONE
Al crepuscolo dell’infocata estate
l’autunno trascolora triste il borgo.
Non più svolii di farfalle,
non più palpitanti fiammelle di lucciole,
non più raspe di cicale,
non più sguizzi di rondini
non più litanie di grilli
solo corteggio di nuvole fumose
ad ingannare il sorriso
del tepido e smarrito sole.
Rapiscono folate
robbie e ferrugigne foglie
che paventose, rassegnate e frali
sfarfallano e si posano
a guisa di frusciante tappeto
sulle vie di brago intrise.
Precipita a briglie sbandite il tempo
come l’acqua dalle sonanti gronde
e non sparge granelli di parole,
ma solo echi distesi di silenzi.
Al rifiorire del biancore d’alba
si cangiano i sogni in bolle di sapone
e in balìa delle dita del vento
si lasciano svanire.
Non arride il sole
e l’ombra aduggia il cuore.
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